16 Settembre 2024

Zuckerberg ammette la censura durante il Covid: “Forti pressioni ma non rifaremo errore”

Il ceo di Meta riconosce di aver ceduto in più di un’occasione a queste pressioni, privando quindi i cittadini statunitensi (e non solo) del diritto costituzionale a un’informazione libera e trasparente. Aveva anche impedito la diffusione della notizia del computer del figlio di Biden, Hunter, pubblicata dal NYP pochi giorni prima delle presidenziali del 2020. Non era disinformazione russa come l'Fbi fece "validare" ai fack-checkers, ma notizie vere

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Mark Zuckerberg, fondatore e Ceo di Meta, il colosso social che comprende Facebook, Instagram e WhatApp, ha ammesso di aver censurato post e notizie durante il periodo Covid-19, su pressione della Casa Bianca, da Biden-Harris in persona, e da altri enti federali, come l’Fbi. Evidentemente contenuti veri ma che erano sgraditi al sistema. Quindi il mondo dei cosiddetti complottisti, negazionisti, no-vax e tutti gli epiteti affibbiati dal mainstream contro chi nutriva dubbi, aveva ragione da vendere.

L’ammissione è avvenuta con una lettera scritta il 26 agosto 2024 a Jim Jordan, presidente della Commissione Giustizia della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Zuckerberg, ha spiegato che non si presterà più a queste pressioni e che ha cambiato le regole sui fact-checkers, “i guardiani di notizie” cosiddetti indipendenti – che rispondono solo ai loro diretti “superiori” – per bollare come false notizie vere ma appunto sgradite agli unici narratori possibili. La chiamavano “disinformazione”, quando invece era censura. Questo avviene contestualmente all’arresto in Francia di Pavel Durov, fondatore di Telegram, perché ufficialmente avrebbe commesso reati, ufficiosamente perché non avrebbe fornito ai paesi occidentali, Usa in testa, l’accesso a chat criptate e conversazioni riservate tra militari e 007 di varie agenzie del mondo. Il tutto mentre nel West e in Ue è crescente la preoccupazione per la forte limitazione alla libertà di parola e di pensiero, appesantita dal Digital Service Act in vigore nell’Unione Europea che col pretesto della disinformazione si vogliono censurare notizie sgradite all’èlite.

Scrive Zuckerberg al presidente Jordan: “Apprezzo l’interesse del Commissione per la moderazione dei contenuti sulle piattaforme online. Come saprà, Meta ha prodotto migliaia di documenti come parte della sua indagine e ha reso disponibili una dozzina di collaboratori per interviste trascritte. Oltre alla nostra collaborazione con la sua indagine, accolgo con favore l’opportunità di condividere ciò che ho tratto da questo processo.

Si parla molto in questo momento di come il governo degli Stati Uniti interagisce con aziende come Meta e voglio essere chiaro sulla nostra posizione. Le nostre piattaforme sono per tutti, ci occupiamo di promuovere la libertà di parola e aiutare le persone a connettersi in modo sicuro e protetto. Come parte di questo, sentiamo regolarmente i governi di tutto il mondo e altri con varie preoccupazioni in merito al dibattito pubblico e alla sicurezza pubblica.

Nel 2021 – spiega il Ceo di Meta -, alti funzionari dell’amministrazione Biden, inclusa la Casa Bianca, hanno ripetutamente fatto pressione sui nostri team per mesi affinché censurassero determinati contenuti sul COVID-19, tra cui anche umorismo e satira, e hanno espresso molta delusione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d’accordo. In definitiva, è stata una nostra decisione se rimuovere o meno i contenuti e siamo responsabili delle nostre decisioni, comprese le modifiche relative al COVID-19 che abbiamo apportato alla nostra applicazione sulla scia di queste pressioni. Credo che la pressione del governo fosse sbagliata e mi rammarico di non essere stati più espliciti al riguardo. Penso anche che abbiamo fatto alcune scelte che, con il senno di poi e con nuove informazioni, non faremmo oggi. Come ho detto ai nostri team all’epoca, sono fermamente convinto che non dovremmo compromettere i nostri standard sui contenuti a causa delle pressioni di qualsiasi amministrazione in entrambe le direzioni e siamo pronti a reagire se qualcosa del genere dovesse accadere di nuovo.

In una situazione distinta, l’FBI ci ha messo in guardia su una potenziale operazione di disinformazione russa sulla famiglia Biden e Burisma in vista delle elezioni del 2020. Quell’autunno, quando abbiamo visto un articolo del New York Post che riportava accuse di corruzione che coinvolgevano la famiglia dell’allora candidato democratico alla presidenza Joe Biden, abbiamo inviato quell’articolo ai fact-checkers per la revisione e l’abbiamo temporaneamente declassato in attesa di una risposta. Da allora è stato chiarito che il reportage non era disinformazione russa e, a posteriori, non avremmo dovuto declassare l’articolo. Abbiamo modificato le nostre politiche e procedure (coi fact-checkers) per assicurarci che ciò non accada di nuovo, ad esempio, non declassiamo più temporaneamente le cose negli Stati Uniti in attesa dei fack-checkers.

Oltre alla moderazione dei contenuti, vorrei parlare dei contributi che ho dato durante l’ultimo ciclo presidenziale per supportare l’infrastruttura elettorale. L’idea qui era di assicurarmi che le giurisdizioni elettorali locali in tutto il paese avessero le risorse necessarie per aiutare le persone a votare in sicurezza durante una pandemia globale. Ho dato questi contributi tramite la Chan Zuckerberg Initiative. Sono stati progettati per essere imparziali, distribuiti tra comunità urbane, rurali e suburbane. Tuttavia, nonostante le analisi che ho visto dimostrino il contrario, so che alcune persone credono che questo lavoro abbia avvantaggiato un partito rispetto all’altro. Il mio obiettivo è essere neutrale e non svolgere un ruolo in un modo o nell’altro o anche solo sembrare di svolgere un ruolo. Non ho intenzione di dare un contributo simile in questo ciclo”, conclude Zuckerberg.

“Sembra una violazione del Primo Emendamento”, commenta il patron di 𝕏 Elon Musk, la notizia della lettera di Zuckerberg al presidente Jim Jordan in cui ammette la censura “ordinata” dall’amministrazione Biden-Harris e la bufala dell’Fbi della “disinformazione russa” sul compromettente computer di Hunter Biden, poi risultata vera.


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