Uccide ladro entrato a rubare in casa sua, il gip lo lascia in carcere

Per la vittima del furto da parte di tre malviventi siciliani ci sarebbero "gravi indizi di colpevolezza" in ordine all'accoltellamento in cui ha ucciso un rapinatore e ne ha ferito un altro. Rigettata dal giudice pure l'istanza dei legali per gli arresti domiciliari. Contestato l'omicidio volontario

Carlomagno

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Ci sono “gravi indizi di colpevolezza a carico di Francesco Putortì in ordine ai reati ascritti nella provvisoria imputazione”.

Con queste parole il gip Giovanna Sergi ha convalidato l’arresto e ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del macellaio reggino, di 48 anni, che lunedì mattina ha ucciso uno ladro, Alfio Stancampiano di 30 anni originario di Catania, che era entrato all’interno della sua abitazione in contrada Oliveto di Rosario Valanidi a Reggio Calabria, e ne ha ferito un altro, Giovanni Bruno, di 46 anni anche lui catanese.

Il primo, ferito con un colpo di coltello, è stato abbandonato dai complici nei giardini dell’ospedale Morelli, dove poi è morto, mentre il secondo, dopo aver traghettato per la Sicilia, è stato costretto a recarsi all’ospedale di Messina dove è ricoverato.

Nel motivare l’arresto in carcere accogliendo la richiesta del pm Nunzio De Salvo, il gip sostiene che la circostanza per la quale Putortì , “non abbia riportato alcuna lesione, il numero di colpi inferti ai due malcapitati in parti vitali e, quanto al Bruno, alla schiena, il fatto che i due non avessero brandito armi contro l’indagato, la stessa ricostruzione dei fatti fornita da quest’ultimo allorquando descriveva l’allontanamento immediato dei ladri da casa non appena si era aperta loro la via di fuga giù per le scale, lasciano ritenere come l’intento manifesto dei malviventi, allertati della presenza in casa del proprietario, fosse proprio quello di darsi alla fuga immediata da quei luoghi, magari spintonando il proprietario per farsi strada, e non quello di nuocere alla sua incolumità”.

Difeso dagli avvocati Maurizio Condipodero e Giulia Dieni, Putortì secondo il giudice non era in pericolo di vita. “Pur in presenza di un’offesa al patrimonio in atto (considerata la presenza dei due in casa), – scrive il gip – nel caso di specie risulta difettare proprio il pericolo, inteso come probabilità o rilevante possibilità di subire un’aggressione alla propria incolumità fisica”.

Da qui, si legge nell’ordinanza, “l’uomo, infatti, sapendo che moglie e figlio erano fuori casa e spinto a difendere la sua proprietà, piuttosto che ricorrere alle forze dell’ordine, come avrebbe potuto fare agevolmente tanto più che i ladri non si erano accorti del suo arrivo, aveva deciso di armarsi di coltello e di sorprendere i due che poi aveva colpito anche mortalmente. Non a caso, a confermare la siffatta ricostruzione vi è il numero di colpi inferti in danno delle vittime, che lascia intendere un trasmodare della condotta reattiva e non necessaria dell’indagato”.

Nei confronti di Putortì, per il quale è stata rigettata la richiesta di arresti domiciliari avanzata dai legali, il gip Sergi ha riconosciuto non solo il pericolo di fuga e di inquinamento del materiale probatorio ma anche “il concreto e attuale pericolo che l’indagato commetta altri gravi delitti della stessa specie di quello per cui si procede, considerate le modalità e le circostanze della condotta criminosa, che manifestano una scaltrezza ed una facilità nell’agire illecito che promettono il ripetersi di analoghi comportamenti”.