Spunta un assegno da 100.000 euro per il giudice Petrini. I “favori” alla famiglia Saraco

Il titolo, trovato a casa di Emilio Santoro. sarebbe servito a Petrini a fare assolvere dalle accuse Antonio Saraco, padre dell'avvocato Francesco, entrambi indagati dalla Dda di Salerno

Carlomagno
L’assegno incriminato

Spunta un assegno da centomila euro nell’inchiesta che ha portato fra gli altri all’arresto del giudice Marco Petrini e di Emilio Santoro detto Mario.

Gli investigatori, delegati dalla Dda di Salerno, hanno trovato il titolo durante una perquisizione a casa di Santoro, medico di Castrovillari e figura centrale nell’inchiesta Genesi che ha svelato un giro di corruzione nel distretto giudiziario di Catanzaro.

L’assegno sarebbe stato consegnato al magistrato per ottenere l’assoluzione in un processo di appello dove il giudice in qualità di presidente di sezione aveva il potere di aggiustare i processi in cambio di regali, sesso e grosse somme di denaro, come è ampiamente emerso dalle indagini.

Sull’assegno da centomila euro, datato 20 maggio 2019, emerge però una stranezza: era intestato originariamente a Marco Petrini, ma poi il nome è stato corretto – in modo abbastanza maldestro – in “Mario Santoro”, e non come Emilio, il nome del medico all’anagrafe. Nella foto appare chiara la marcata manomissione. In teoria l’assegno sarebbe invalidato, ma tutto è possibile in questi contesti di corruzione.

Sarebbe stato lo stesso Petrini a consegnarlo a Santoro al fine di custodirlo, poi modificato in fretta e furia, per via delle indagini. Il titolo, non trasferibile, apparterrebbe ad un blocchetto di assegni del Banco di Napoli di Soverato che sarebbe riconducibile alla famiglia Saraco. Il capo famiglia Antonio Saraco, classe 1953, è il padre dell’avvocato Francesco. Il primo è indagato (e non arrestato, ndr), mentre il legale è finito in manette insieme a Petrini e altri nell’operazione della Dda salernitana.

L’obiettivo della grossa dazione di denaro al giudice, secondo l’accusa, sarebbe stata finalizzata a scagionare dalle accuse Antonio Saraco, imputato nel processo Itaca Free Boat.

Antonio Saraco è ritenuto dagli inquirenti uno dei capi della consorteria Gallace-Gallelli-Saraco attiva a Guardavalle, Badolato e sulla fascia jonica del capoluogo. La famiglia Saraco in una nota a “Secondo Piano News” precisa che non è così. Saraco Antonio è imputato solo per estorsione e non appartiene alla ‘ndrangheta men che meno alla Locale di Guardavalle. In calce le precisazione della famiglia.

Tuttavia, nell’ordinanza si legge testualmente che il “soggetto portatore di interesse” appariva l’odierno indagato, Saraco Francesco (il figlio di Antonio), di professione avvocato. Nello specifico della vicenda, costui agiva a tutela degli interessi patrimoniali della propria famiglia che erano stati fortemente pregiudicati dal provvedimento di sequestro e conseguente confisca (in basso il passaggio, ndr), reso dal Tribunale di Catanzaro, sezione Misure di Prevenzione. Si accertava che quella misura cautelare era stata disposta sulla base della riconosciuta appartenenza del capostipite della famiglia, Saraco Antonio (padre del predetto Saraco Francesco) alla consorteria di ‘ndrangheta denominata “GALLACE-GALLELLI-SARACO”, attiva nel territorio di Guardavalle (CZ), Badolato (CZ) e su tutta la fascia del basso Ionio Catanzarese”. 

Petrini confessa la corruzione e parla di altri giudici corrotti
Nell’interrogatorio del pm a parlare dell’episodio corruttivo dell’assegno è lo stesso Marco Petrini a confessare gli addebiti della procura di Salerno, facendo i nomi di altri soggetti, tra colleghi giudici e avvocati corrotti.

“Accettai l’assegno con riserva” 
“Accettai la promessa (dei soldi di Saraco, ndr) e glielo dissi, anche se, – confessa Petrini -nella mia testa, avevo delle riserve sul fatto che qualora anche avessi ottenuto l’assoluzione di Saraco avrei ottenuto la somma di denaro indicata nell’assegno”.

Il magistrato aggiunge: “A richiesta preciso che corrisponde a verità che io dissi a Emilio Santoro di trattenere e custodire l’assegno in garanzia anche perché ritenevo molto pericoloso per me custodire questo documento compromettente perché si trattava di un assegno di 100mila euro a firma dell’imputato”.

Lo studio legale di Saraco
A Soverato c’è lo studio legale dell’avvocato Francesco Saraco. E’ nel centro catanzarese che il legale ha avuto alcuni incontri con il giudice Petrini ed Emilio Mario Santoro. L’obiettivo, secondo quanto emerge dall’inchiesta, era corrompere il magistrato per ottenere giudizi favorevoli, non solo in processi di mafia in cui erano coinvolti i parenti, ma anche in altri grossi contenziosi penali.

La pratica Saraco e Gallelli
Petrini, secondo l’accusa, si sarebbe attivato presso il collegio della Corte di Appello di Catanzaro “composto dai dottori De Franco, Bianchi e Luzzo al fine di assicurare la forte riduzione, previa esclusione del delitto associativo, delle pene irrogate in primo grado ad Antonio Saraco e Maurizio Gallelli nell’ambito del procedimento “Itaca Free Boat”, dove erano stati condannati rispettivamente a 10 anni per estorsione, e a 16 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso.

La confisca del patrimonio dei Saraco  
Nel 2017 il tribunale di Catanzaro confisca beni per un valore di oltre 30 milioni alla famiglia Saraco. Il giudice Petrini in qualità di presidente della seconda sezione della Corte d’assise d’appello doveva esaminare la richiesta di revoca del sequestro, istanza presentata dall’avvocato Francesco Gambardella, cugino della consorte di Marco Petrini. A luglio 2018 ecco che il giudice dispone il dissequestro degli immobili, dei conti e di alcune quote societarie riconducibili alla famiglia Saraco.

Le altre regalie di Saraco a Petrini, tramite Emilio Santoro
Il magistrato avrebbe ricevuto diverse altre utilità. A febbraio 2019 Francesco Saraco avrebbe consegnato a Emilio Santoro detto Mario (che era in compagnia di Pino Tursi Prato), una busta contenente denaro destinato a Marco Petrini. Dieci giorni dopo quest’ultimo riceveva da Santoro una somma di denaro non quantificata ma consistente in una pluralità di banconote da 50 euro.

A metà marzo 2019 Saraco avrebbe inviato a Santoro, sempre per il tramite di Santoro, 500 euro e altre regalie enogastronomiche. Cassette di vino, arance, pesce e altro con un messaggio da parte del legale a Santoro relativo ad un procedimento penale i cui atti erano in attesa di restituzione dalla Cassazione.

Sempre nello stesso periodo, Santoro avrebbe promesso a Petrini di fargli vedere presto “i soldi seri”, nonché la promessa di una casa a Rho realizzata dalla società ECOCASA Srl controllata di fatto e riconducibile alla famiglia Saraco.

Il soldi veri e seri, anche tanti, sarebbero arrivati qualche mese più tardi. Petrini il 16 maggio avrebbe accettato da Santoro (definito in questo caso “emissario dei Saraco”) la promessa del pagamento della somma di 100.000 euro. Si tratta dell’assegno consegnato dall’avvocato a Emilio Santoro affinché lo girasse a Petrini per far scagionare il padre Antonio.

L’indagine della procura di Salerno prosegue e dalle dichiarazioni rese ai magistrati da Petrini e Santoro (ma anche dallo stesso avvocato Saraco) si intuisce che presto l’inchiesta potrebbe allargarsi in modo clamoroso. Un marciume in cui sono coinvolti altri giudici, avvocati, massoni e colletti bianchi. Nel distretto giudiziario di Catanzaro e non solo.

Dino Granata

Le precisazioni della famiglia Saraco
La famiglia Saraco precisa che Antonio “non solo non ha alcuna contestazione in essere in merito all’appartenenza al locale di Guardavalle, ma la stessa non viene nemmeno menzionata in tutte le precedenti statuizioni giurisdizionali relative al locale in questione (vedasi a riguardo processo Appia e Mithos);
Nell’attuale procedimento Itaka Free Boat, dove un solo componente della famiglia Saraco (Saraco Antonio) è a processo per il reato di estorsione contestato dal mese di marzo al mese di maggio del 2008, si delinea proprio il locale di Guardavalle, al quale Saraco Antonio è ritenuto dallo stesso GIP, che ha emesso l’ordinanza, estraneo, rispetto agli altri indagati.
Tale dato di fatto – prosegue la famiglia Saraco – è ripreso dallo stesso GIP dott.ssa Pacifico nell’ordinanza Genesi, la quale ha correttamente rilevato come le precedenti statuizioni giurisdizionali, rendono estranei al “Locale di Guardavalle” i famigliari dell’attuale indagato.
E ancora: “Non esiste nessuna cosca Gallelli – Gallace -Saraco ma l’unica contestata prende il nome di Gallelli – Gallace ed ha a riferimento, come individuato dall’accusa, il locale di Guardavalle. (articolo modificato – ultimo aggiornamento ore 2.42 del 13 febbraio 2020)