Scrittore Usa attacca politici e banche e riceve premio 'Chandler'. "Preferisco un bandito onesto a un politico"

Carlomagno
Don Winslow
Lo scrittore Usa, Don Winslow

di Paolo Petroni per l’Ansa 

Si dice ”molto arrabbiato” Don Winslow e pensa che ”questo filtri inevitabilmente in quel che scrivo e magari non sia corretto” e lui, narratore della globalizzazione dei cartelli della droga e delle feroci lotte assassine tra fazioni, spiega che lo irrita molto ”la cosiddetta guerra alla droga, che causa indicibili sofferenze, in particolare al popolo messicano, per colpa di politici che ignorano i fatti e manipolano a loro vantaggio i dati economici”.

Don Winslow è al Festival per ricevere il premio internazionale Chandler, forte del successo di un film cone ‘Le belve’ di Olivier Stone, dal suo omonimo romanzo, di cui ora è uscito in italiano il prequel, ‘I re del mondo’, pubblicato da Einaudi, come tutte le sue opere.

Tra queste spicca ‘Il potere del cane’ che mostra tutta la corruzione e soprattutto l’incredibile violenza che si lega al traffico di cocaina tra Sud e Nord America, di cui il Messico è ponte. ”Ci sono voluti cinque anni di ricerche, di interviste e migliaia e migliaia di pagine da setacciare per scriverlo e il mio editor, man mano che lo leggeva, mi diceva che stavo esagerando, ma il guaio è che quel che raccontavo, lo sterminarsi di interi clan, era tutto vero, compresa quell’orribile scena in cui un criminale getta bambini vivi da un ponte”.

Dice queste cose, sapendo bene che, facendo di criminali i protagonisti di una narrazione che diventa best seller, ”il rischio è che qualcuno li veda come eroi o creda a una loro legittimazione, anche se involontaria. Allora l’importante è dare una visione corretta, non scrivere giudicando, ma avvicinandosi il piu’ possibile all’intimo, al vero cuore dei personaggi, lasciando quindi che li giudichi il lettore”.

L’autore de ‘L’inverno di Frankie Machine’ o ‘Pattuglie dell’alba’ aggiunge di odiare l’ipocrisia, ”per questo preferisco un onesto bandito che mi vuol rapinare a mano armata a un politico che mi vuol turlupinare con le parole, e se scrivo di crimine guardo a tutta l’organizzazione generale, non solo narrando del vero ladro, ma anche di quel che fa un banchiere”.

Se in letteratura, a questo punto, sia piu’ importante il vero o il verosimile, risponde che ”i giornalisti raccontano i fatti, lo scrittore la verita’, grazie alla sua immaginazione”. Non a caso, tra gli scrittori che hanno lasciato un segno su di lui, oltre a Ellroy e McCarthy, nomina a sorpresa Tolstoj (invece di Dostoevskij citato da molti suoi critici) e l’indiano Rohinton Mistry. Di quest’ultimo dice ”mi piacerebbe scrivere come lui.

E’ un modello cui non oso nemmeno paragonarmi: scrive grandi romanzi in maniera cosi’ dettagliata e con tale profondita’ umana, anche affrontando cose orribili, in cui pero’ il cuore viene sempre fuori”. Quanto a Tolstoj lo affascina ”il suo respiro epico nell’affrontare questioni sociali in modo coinvolgente e drammatico, con personaggi costruiti sempre con compassione e intelligenza”.

Anche parlando di cinema, che da spettatore ha profondamente influenzato il suo narrare ”visivo” rompendo anche tanti schemi formali classici, cita invece come suoi maestri Truffaut, Fellini e John Woo: ”grazie a loro conosco certe regole, ma so che le posso contravvenire, che, per esempio, non si dovrebbe cambiare punto di vista in uno stesso capitolo, ma io lo cambio anche all’interno di una frase, se mi interessa, e non uso mai 5 parole se ne bastano 4”.

Sono tante le cose che Winslow puo’ raccontare, ora poi che da una decina d’anni ha a che fare anche col mondo di Hollywood, ma lui va dalle donne che sono arrivate a capo di clan criminali per necessita’ (”a Tjuana c’era un famiglia con sette maschi, tutti morti o in galera, e allora e’ stato inevitabile, del resto non credo la capacita’ di violenza femminile sia inferiore a quella maschile”) alla sua fiducia in Obama, che, ”in un secondo mandato, puo’ agire piu’ liberamente” e spera ponga ”fine alla guerra alla droga, perche’ una guerra innesta un circolo vizioso, divenendo causa stessa di cio’ che vuol combattere”.