Scoperta a Roma, nei pressi della Stazione Termini, una dimora arcaica risalente all’inizio del VI secolo a.C. L’antica abitazione, situata all’interno di Palazzo Canevari (l’ex Istituto Geologico) si presenta come una delle più importanti scoperte archeologiche avvenute nella Capitale negli ultimi anni. La scoperta è stata presentata oggi alla stampa dal soprintendente del Colosseo, Museo Nazionale Romano e Area Archeologica di Roma, Francesco Prosperetti.
La struttura è stata rinvenuta questa estate durante gli scavi di archeologia preventiva della Soprintendenza condotti all’interno dell’ex Istituto Geologico diretti da Mirella Serlorenzi. La dimora, e i resti rinvenuti, d imostrano che questa parte della città, in epoca arcaica, non era destinata come si riteneva prima della scoperta soltanto all’uso funerario, ma era abitata. La scoperta della dimora, coeva al circuito delle mura serviane, si aggiunge a quella annunciata nel 2013 che hanno portato alla luce un gigantesco tempio databile all’inizio del V secolo a. C.
“Più di recente, approfondendo lo scavo fino alla quota corrispondente a quella della strada, sono stati ritrovati resti più antichi, quelli della dimora”. Si tratta, ha continuato Prosperetti, “di resti di una casa degli inizi del VI secolo a. C., un esempio di architettura arcaica come pochissimi ne restano in questa città”.
Il palazzo in cui è stata effettuata la scoperta, in ristrutturazione, è stato acquistato nel 2015 da CdP Immobiliare Srl. (100% Cassa Depositi e Prestiti) e sarà destinato a sede di società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti. I resti, comunque, dovrebbero essere offerti alla fruizione del pubblico. E’ allo studio, infatti, un progetto di musealizzazione dei reperti con la possibilità di renderli visitabili. “Nulla verrà rimosso e stiamo discutendo il modo in cui potrà essere fruito dal pubblico. Ciò che posso anticipare con certezza è che questi ritrovamenti non saranno reinterrati”, ha evidenziato il soprintendente.
I materiali rinvenuti indicherebbero una destinazione domestica, mentre la posizione in una zona elevata della città, le dimensioni, la pianta e la tecnica costruttiva fanno ipotizzare l’appartenenza ad una famiglia di rango. L’eccezionalità della scoperta, ha sottolineato l’archeologa Serlorenzi, consiste nel fatto che “Roma, all’inizio del VI secolo, era molto più ampia di come immaginavamo che fosse prima di quest’ultimo scoperta”.
Questo dipende dal fatto “che le ricerche realizzate in maniera massiva dopo l’Unità d’Italia purtroppo hanno cancellato le tracce più labili. Per cui della Roma arcaica o precedente alcune testimonianze sono state spazzate via”. Ciò significa, ancor più nel dettaglio, che la maggior parte delle informazioni erano sul “Foro e sull’Area Centrale. Si immaginava che quest’area non fosse abitata. Laddove si fanno scavi di emergenza, nelle poche parti di tessuto antico conservate, si vede che non è così”, ha concluso l’archeologa.