Vittoria del sì ai referendum per l’autonomia in Lombardia e Veneto. Un risultato che fa esultare la Lega Nord, nonostante i dati evidenzino una netta affermazione nella regione guidata da Luca Zaia rispetto alla Lombardia presieduta da Roberto Maroni, e da sempre ‘cuore’ del Carroccio (60% contro 40% sull’affluenza), l’affermazione dei sì rinsalda anche l’asse con Forza Italia e rafforza l’idea di Silvio Berlusconi che un centrodestra unito possa avere chance di vittoria. Un percorso però da costruire vista la contrarietà di Giorgia Meloni alla consultazione popolare appena conclusa. Esulta anche il Movimento Cinque Stelle da sempre sostenitore della democrazia diretta. Sul piede di guerra invece il Partito Democratico.
In Veneto, il sì ha prevalso con il 98,1%: E’ il dato definitivo diffuso nel sito del Consiglio Regionale. I no sono stati l’1,9%, ovvero 43.938. Ad andare ai seggi sono stati 2.328.949 elettori, pari al 57,2%. I voti validi sono stati 2.317.923, le schede bianche 5.165 pari allo 0,2%, le schede nulle 5.865 pari allo 0,3% e quelle contestate 9.
Secondo la Regione Lombardia, la stima del dato finale sull’affluenza nel referendum sull’autonomia “oscilla tra il 38 e il 39% per un numero di votanti di circa 3 milioni” quando sono state esaminate il 95% delle 24mila Voting machine. Allo stato – spiega la Regione in una nota – l’affluenza è pari 37,07. Si sono registrate alcune criticità tecniche nella fase di riversamento dei dati della rimanenti Voting machine e pertanto i risultati completi potranno essere resi noti a operazioni concluse.
In Veneto infatti i Dem invitano Zaia a ricordare che il risultato è frutto anche del loro impegno mentre in Lombardia il Pd evidenzia la scarsa affluenza. Chi si chiama ovviamente fuori dalla polemiche è il governo che con il sottosegretario agli affari regionali Gian Claudio Bressa annuncia di essere “pronto ad aprire una trattativa per definire le condizioni e le forme di maggiore autonomia”. In attesa di capire il timing delle due regioni (Zaia ha convocato la riunione della giunta per domani mattina), la vittoria del sì ha un evidente significato politico. Chi ne può beneficiare è sicuramente Matteo Salvini: “5 milioni di persone chiedono il cambiamento alla faccia di Renzi che invitava a stare a casa”, esulta.
Il leader della Lega, partito che ha fatto dell’autonomia uno dei suoi cavalli di battaglia non a caso parla dunque di “occasione unica”. Ma in ‘casa’ del Carroccio la vittoria del sì riporta sotto i riflettori Luca Zaia che, forte del successo nella sua regione, come uno dei possibili leader per la guida del centrodestra: “Non esiste il partito dell’autonomia, ma dei veneti che si esprimo su questo concetto”, ci tiene a precisare lo stesso Zaia mentre informa che un attacco hacker sta colpendo i siti di raccolta dati. Al di là delle critiche, anche Roberto Maroni si definisce “pienamente soddisfatto per il risultato che arriva al 40%”.
In attesa che il Carroccio faccia i conti con la competizione interna, Silvio Berlusconi incassa il ritrovato asse con la Lega e si prepara al prossimo appuntamento e cioè le elezioni siciliane, altro snodo fondamentale prima delle politiche. Anche gli azzurri, come dice Renato Brunetta, esprimono “grande soddisfazione per il risultato”. Critico invece il partito di Giorgia Meloni. La leader di Fdi nel corso delle settimane passate non ha mancato occasione per prendere le distanze dalla consultazione popolare e dagli alleati: “In una nazione – ribadisce – le riforme costituzionali si fanno insieme e non a pezzi per l’interesse di tutti e non per assecondare l’interesse particolare”.
In entrambe le regioni i cittadini sono stati chiamati a esprimersi sul cosiddetto “regionalismo differenziato”, ossia la possibilità, per le Regioni a statuto ordinario di vedersi attribuite “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” (come recita l’Articolo 116 della Costituzione) in alcune materie indicate nel successivo Articolo 117.
Il Sì è per chiedere la possibilità che le Regioni chiedano di intraprendere il percorso istituzionale per ottenere maggiori competenze dal Governo; il No è contrario all’iniziativa. In Lombardia non è previsto un quorum, ossia un numero minimo di votanti, mentre in Veneto sì: affinché la consultazione sia valida, nella regione governata da Luca Zaia era necessario il voto della metà più uno dei 4.068.558 aventi diritto, 2.034.280 elettori.
In Lombardia il quesito era: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?”.
Più stringata la domanda in Veneto: “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”. Un’altra differenza tra le due Regioni è stata il sistema di voto: elettronico in Lombardia (è la prima volta in Italia), tradizionale con scheda di carta e matita in Veneto. Gli elettori lombardi hanno trovato nella cabina una “voting machine”, un dispositivo simile a un tablet che sullo schermo touch screen riportava il testo integrale del quesito referendario.
I referendum non sono vincolanti. Con la vittoria del Sì, le Regioni potrebbero chiedere al governo centrale di avviare una trattativa per ottenere maggiori competenze nelle venti materie concorrenti (tra queste spiccano il coordinamento della finanza pubblica e tributario, lavoro, energia, infrastrutture e protezione civile) e in tre esclusive dello Stato: giustizia di pace, istruzione e tutela dell’ambiente e dei beni culturali. L’intesa tra lo Stato e la Regione interessata dovrà poi concretizzarsi in una proposta di legge che dovrà essere approvata a maggioranza assoluta da entrambe le Camere. (Ansa)