“Sicuramente il Ponte sullo Stretto verrà fatto prima o poi. L’importante è che prima portiamo a casa i risultati di opere incompiute perché qui ci son solo quelli che pensano di arrivare e portare a casa progetti faraonici”.
Lo ha detto il premier Matteo Renzi a Isoradio spiegando che dovrà essere “anche per i treni ad alta velocità”, ma “bisognerà capire costi e tempi”. Per il presidente del Consiglio “prima devono finire i lavori sulle strade in Sicilia e Calabria” perché alcuni tratti sono “indecenti”.
“Del Ponte sullo Stretto si è giocato un derby ideologico tra fautori e detrattori totalmente privo di aderenza alla realtà perché se ci mettiamo un pizzico di buonsenso, prima mettiamo a posto le strade in Sicilia, perché per un periodo è crollato un viadotto al mese, dopo che negli anni ’60 e ’70 sono stati fatti lavori coi piedi”, continua Renzi dice il premier.
“Primum vivere, deinde philosophari” (“Prima vivere, poi filosofare”), sottolinea Matteo Renzi citando un vecchio adagio latino che in sostanza è diretta a chi in Italia, negli ultimi anni teorizza soltanto. “In Sicilia vanno rimesse a posto strade e ferrovie. Se non uniamo Palermo, Catania e Messina di che parliamo?”.
Poi rimarca: “In alcuni momenti è stata impercorribile al suo interno ed è indecente per una regione così bella”. “In prospettiva, personalmente non ho niente contro il Ponte, anzi lo ritengo utile, l’importante è capire tempistica, costi, collegamento e quando ci sarà dovrà essere anche per i treni. Dovrà essere un pezzo della struttura di Alta velocità del Paese. Perché abbiamo la struttura ad alta velocità migliore al mondo”, aggiunge Renzi. “Ora bisogna andare da Napoli a Bari e da Napoli a Reggio Calabria e in prospettiva anche a Palermo”, ha concluso.
Le dichiarazioni di Renzi sul Ponte sullo Stretto seguono l’annuncio della fine dei lavori sull’A3 Salerno Reggio Calabria (“La inaugureremo il 22 dicembre 2016”), ed è un messaggio di scontro verso chi, prevalentemente a sinistra e nel suo partito, sono stati i detrattori più accaniti della realizzazione dell’opera, progetto portato avanti sin dalla sua scesa in campo dal leader del centrodestra, Silvio Berlusconi. Per ambientalisti e altri l’opera non doveva farsi perché, fra le tante cose, avrebbe disturbato la “rotta millenaria dei delfini” e favorito i clan di ‘ndrangheta. Uscito di scena il cavaliere, ecco che Renzi riprende un filo interrotto nel novembre 2011, anno della caduta dell’ex premier e l’inizio dell’avvento di tecnici e dei banchieri.
Il premier sa bene che questa uscita, vista molto bene a destra e nella stragrande maggioranza dei suoi elettori, è qualcosa di irrealizzabile nel breve periodo. Il che fa presumere che nel 2018 si ricandiderà per completare ciò che non era riuscito a Berlusconi. Vorrà essere l’ex sindaco di Firenze a posare la prima pietra dell’opera faraonica più contestata di sempre.