13 Ottobre 2024

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Omicidio cittadino polacco a Reggio, arrestata una terza persona

La Polizia ha arrestato una terza persona per l’omicidio del cittadino polacco Przemyslaw Krzysztof Grudniewski, di 47 anni, gestore di un autolavaggio, ucciso a Reggio Calabria il 7 marzo 2023.

Si tratta di un cittadino indiano, Jash Dubb, di 19 anni, rintracciato nello scalo aereo di Malpensa. Il giovane – fa sapere la Questura reggina – era stato già individuato, durante le indagini, come uno dei presunti autori del delitto ai danni del cittadino polacco, per questo, a suo carico, pendeva un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice del Tribunale di Reggio Calabria per i reati di omicidio e rapina pluriaggravata.

Le indagini condotte successivamente al delitto dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, coordinate dalla locale Procura guidata da Giovanni Bombardieri, e dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Roberto Placido Di Palma, avevano già portato nelle scorse settimane all’arresto di due soggetti di origine pakistana, uno dei quali minorenne.

Il rientro in Italia di Jash Dubb è stato censito grazie ad un specifico alert attivato in collaborazione con il Servizio cooperazione internazionale della Direzione Centrale della Polizia Criminale, che nei giorni scorsi aveva segnalato la sua presenza tra i passeggeri del volo proveniente da Abu Dabhi (capitale degli Emirati Arabi Uniti), con destinazione Milano Malpensa.

Presso la scalo aeroportuale il ricercato, dopo essere atterrato, è stato preso in carico da personale della Polizia di Frontiera che unitamente agli agenti della Squadra mobile di Reggio Calabria ha dato esecuzione al provvedimento restrittivo e lo hanno tradotto in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria.

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Omicidio a Reggio, ucciso il gestore di un autolavaggio

Omicidio cittadino polacco a Reggio, due arresti

Corruzione giudiziaria, condannati l’ex giudice Petrini e l’avvocato Manna

L’ex giudice della corte d’appello di Catanzaro Marco Petrini, e l’avvocato Marcello Manna, sindaco di Rende, sono stati condannati a 2 anni e 8 mesi di reclusione ciascuno dal gup di Salerno nell’ambito di un filone dell’inchiesta Genesi del gennaio 2020 condotta dalla Guardia di finanza di Crotone e coordinata dalla Dda di Salerno.

Il giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche ed escluso l’aggravante mafiosa che gravava sul capo di imputazione di corruzione in atti giudiziari.

Per i due, difesi, rispettivamente, dagli avvocati Francesco Calderaro e Nicola Carratelli, è stata disposta anche l’interdizione dai pubblici uffici. Il pm aveva chiesto la condanna a 8 anni per Petrini e 6 per Manna.

Secondo l’accusa, il 30 maggio 2019 Manna avrebbe consegnato a Petrini 5.000 euro in contanti all’interno una busta contenuta in una cartellina da studio, data al giudice nel suo ufficio. In cambio Petrini avrebbe alterato – afferma l’accusa -, “la dialettica processuale inquinando, metodologicamente, l’iter decisionale della Corte d’assise d’appello da lui presieduta” emettendo una sentenza di assoluzione nei confronti dell’imputato Francesco Patitucci, difeso da Manna, condannato in primo grado, in abbreviato, a 30 anni di reclusione per concorso nell’omicidio di Luca Bruni commesso a Castrolibero il 3 gennaio 2012. La sentenza d’appello che assolve Patitucci, secondo l’accusa, sarebbe stata “contaminata in radice dagli eventi corruttivi”.

Petrini, inoltre, avrebbe a sua volta sollecitato Manna a intervenire in favore di un giovane regista di Lamezia Terme, cugino della moglie di Petrini, sull’allora presidente della Calabria Film Commission per l’attribuzione di un contributo previsto da un bando del gennaio 2019 per il sostegno di produzioni audiovisive e cinematografiche. Contributo che fu erogato dopo la stipula di una convenzione dell’ottobre 2019.

I difensori di Marcello Manna “hanno appreso con vivo stupore e rincrescimento della sentenza del Gup, avendo esposto e dimostrato documentalmente plurime ragioni per le quali l’ipotesi accusatoria non poteva affatto essere ritenuta fondata”. E’ quanto si legge in una nota inviata da uno dei difensori di Manna, l’avvocato Nicola Carratelli.

“La decisione del Gup, che ha notevolmente ridimensionato le richieste di condanna del Pm – prosegue la nota – è evidentemente frutto di una considerazione della vicenda protesa verso le tesi accusatorie, peraltro in maniera illogica e contraddittoria perché nei confronti di coloro che dovevano essere concorrenti nel reato, ossia l’avvocato Gullo e lo stesso Patitucci, la Procura di Salerno aveva richiesto ed ottenuto decreto di archiviazione!”.

I difensori preannunciano, “ovviamente”, appello avverso quello che definiscono “un evidente e grave errore giudiziario”.

Dalla Giunta comunale di Rende solidarietà al sindaco Manna

“Esprimiamo massima vicinanza e incondizionata solidarietà a Marcello Manna in questo delicato momento”.

Lo afferma, in una nota, la Giunta comunale di Rende in relazione alla condanna del sindaco Marcello Manna a due anni ed otto mesi di reclusione da parte del Gup di Salerno con l’accusa di corruzione in atti giudiziari.

“Pur nel rispetto del lavoro della magistratura – aggiungono i componenti dell’esecutivo – non possiamo celare il timore che certe dinamiche possano avere altre finalità. Per l’ennesima volta ci troviamo di fronte ad un’eventuale sospensione che penalizzerebbe il sindaco, ma anche l’intera Città di Rende. In questi mesi stiamo assistendo e subendo un vero e proprio accanimento giudiziario senza precedenti. Da parte nostra c’é l’indiscussa certezza della levatura morale, prima che politica, di chi ha guidato la nostra città, facendola divenire tra le più fiorenti realtà del sud d’Italia. Certi, dunque che sarà la storia, unica giudice supra partes, ad assolverlo, continueremo proseguendo per la strada da lui tracciata”.

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Reggio, cinque indagati per un concorso truccato in ospedale

(ANSA) – REGGIO CALABRIA, 12 MAG – Abuso d’ufficio e falso nel concorso pubblico per il primario del reparto di dermatologia del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria. Con queste accuse la Procura di Reggio ha notificato l’avviso di conclusione indagini, con contestuale avviso di garanzia, a cinque persone.

Si tratta della primaria di dermatologia Giovanna Malara, di 57 anni, in questi giorni licenziata senza preavviso dall’Azienda ospedaliera al termine di un procedimento disciplinare per la stessa vicenda, dell’ex direttore sanitario del Gom Rosa Italia Albanese (69) e dei componenti della commissione del concorso, ai quali viene contestato solo l’abuso d’ufficio, Giuseppe Cannata, (71) di Sanremo, Maurizio Pettinato (70) di Catania e Emilio Franco Raia (70) di Caltanissetta.

Gli indagati sono accusati di avere cagionato un ingiusto vantaggio patrimoniale a Giovanna Malara e un danno ingiusto a Valeria Falcomatà, l’altro medico che nel 2017 ha sostenuto e perso il concorso. Secondo le indagini coordinate dal pm Stefano Musolino, i componenti la commissione avrebbero “previamente individuato Malara quale soggetto cui conferire l’incarico.

Al fine di agevolare pregiudizialmente lei – scrive il pm – individuavano indebitamente, quale criterio di valutazione preminente, la semplice anzianità nel Servizio sanitario nazionale del tutto svincolata dalla specificità dell’incarico da ricoprire”. In questo modo la commissione avrebbe operato “intenzionalmente al fine di procurare a Malara un ingiusto vantaggio consistito nell’aggiudicazione della procedura concorsuale”.

Per quanto riguarda il falso contestato a Malara, per gli inquirenti, quest’ultima avrebbe depositato falsi documenti apparentemente provenienti dall’Azienda ospedaliera Papardo, contenenti dati relativi sulle prestazioni non conformi al vero.

“Per gli anni 2014 e 2015 – si legge nell’avviso – la documentazione prodotta riportava un numero di prestazioni di chirurgia laser effettuati dalla predetta pari a 2500 ogni anno, a fronte di un numero di prestazioni di 5 e 26, rispettivamente per 2014 e 2015, effettuate dall’intera Uoc di appartenenza della Malara, risultante dalla documentazione proveniente dall’Azienda ospedaliera Papardo di Messina”.

Gli indagati sono da ritenersi innocenti fino al terzo grado di giudizio in un eventuale processo.

Morte Monica Sirianni, la Procura apre inchiesta. Lo spettro del vaccino sperimentale?

La procura della Repubblica di Lamezia Terme ha aperto un’inchiesta per accertare le cause ed eventuali responsabilità sulla morte di Monica Sirianni, di 37 anni, che nel 2011, quando aveva 25 anni, partecipò al Grande Fratello, edizione numero 12.

Monica Sirianni, nata a Sidney da genitori calabresi emigrati in Australia, era tornata da alcuni anni in Italia e risiedeva in una città della Lombardia, dove insegnava, ma aveva forti legami con Soveria Mannelli, centro del Reventino, nel Catanzarese, in cui si trovava da qualche giorno e di cui erano originari i suoi genitori.

L’ex concorrente del Grande Fratello nei giorni scorsi ha avvertito un malore mentre si trovava in un bar del luogo insieme ad un gruppo di amici. Portata in ospedale, la donna purtroppo è morta poco dopo il ricovero. Un decesso improvviso per molti inspiegabile. La donna, da quanto si apprende, non aveva patologie pregresse e godeva di buona salute. Il Corriere della Sera si è subito affrettato a scrivere che la donna avrebbe fatto abuso di alcool, ma la versione è poco credibile. Così – come scrivono altri media – sarebbe stata addirittura avvelenata. Ipotesi da prendere con le pinze.

Sul corpo di Monica Sirianni, su disposizione della procura di Lamezia, sarebbe stata anche effettuata l’autopsia i cui esiti dovrebbero svelare le cause del malore fatale. Le indagini sono state delegate ai carabinieri della Compagnia di Soveria Mannelli, spiega l’agenzia Ansa.

Non è dato sapere se alla donna fosse stato somministrato il vaccino sperimentale anti-covid che, purtroppo, sta causando in tutta Italia decine di migliaia di vittime, tra morti sospette e danneggiati dagli effetti avversi.

Monica Sirianni era una insegnante e, secondo le norme liberticide varate delle autorità, aveva l’obbligo di inocularsi, cosi come il personale Ata. Non pare che Monica fosse una “no-vax” incallita. A scuola fra l’altro era obbligata ad entrare con il discriminatorio green pass, rilasciato solo dopo aver dimostrato di aver fatto le dosi di vaccino. Un obbligo beffardo, dal momento che chiunque era costretto – pena il ricatto della sospensione dal lavoro senza stipendio – doveva anche sottoscrivere l’assunzione delle responsabilità tramite il consenso (dis)informato.

Ipotesi, quelle sui vaccini, sempre smentita dai colossi farmaceutici e dai cosiddetti fact-ceckers (che ripetono fino alla noia il mantra del “nessun nesso”, “nessuna correlazione”…), ma le inchieste di “Fuori dal Coro” stanno facendo emergere altre verità sul modus operandi, tra gli altri, dell’Aifa, Agenzia italiana del farmaco che – stando a quelle inchieste documentate -, avrebbe nascosto larga parte dei rischi sui quattro sieri commercializzati in via condizionale negli Usa, Regno Unito, Ue e appunto in Italia.

Per l’ex dg di Aifa Nicola Magrini, è scritto nei documenti svelati da FdC, bisognava occultare le segnalazioni per non ostacolare le campagne vaccinali: “Non si può uccidere il vaccino”, aveva scritto in una email interna di cui è venuta in possesso l’inviata del programma condotto da Mario Giordano.

Monica Sirianni faceva l’insegnante di inglese e, dopo la partecipazione al Grande Fratello, aveva intrapreso la carriera nel mondo dello spettacolo e della televisione, lasciandola subito dopo per dedicarsi all’insegnamento a scuola.

Monica Sirianni

Una donna bella, vivace e piena di vita, Monica Sirianni. Una donna innamorata della sua terra di origine e che era tornata in Calabria per rivedere parenti e amici. La conclusione del giornalone italiano sull’abuso di alcool appare affrettata, nonché bizzarra e al momento senza riscontri. Così come il presunto avvelenamento, manco fosse alla stregua di Sindona. Certo, magari avrà pure bevuto degli Spritz, ma è alquanto remoto che si muoia così, improvvisamente, per una sbronza. Nemmeno fosse una ubriacona alcolizzata. Un po’ come giustificare una morte improvvisa per il caldo, per il freddo, ora per una passeggiata, ora per uno starnuto, o perché uno ha il torcicollo piuttosto che ha guardato le stelle. Pretesti assurdi.

Aspettiamo gli esiti dell’inchiesta della magistratura lametina, ma non si può non insistere sull’ipotesi del vaccino killer a cui Monica era stata obbligata in quanto appartenente al comparto dell’istruzione, così come i sanitari, i corpi delle forze dell’ordine e altri ancora, verso i quali lo Stato, questo stato, li ha costretti a inocularsi sieri sperimentali inefficaci e del tutto insicuri, per ammissione inter nos delle stesse autorità regolatorie.
#LaVeritàRendeLiberi 

Dino Granata

Omicidio a Reggio, sospetti sul cognato della vittima. E’ ricercato dalla Polizia

Sarebbe stato il cognato della vittima ad uccidere oggi pomeriggio a Reggio Calabria Antonio Morelli, di 29 anni, assassinato con un colpo di pistola al torace.

L’assassino, che è fuggito subito dopo e di cui al momento non è stata resa nota l’identità, viene adesso ricercato dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, diretta da Alfonso Iadevaia.

L’omicidio, secondo quanto è emerso dai primi accertamenti, sarebbe avvenuto nel corso di una lite scatenatasi dopo un diverbio avvenuto in mattinata tra la sorella della vittima ed il marito.

Qualche ora più tardi Antonio Morelli, insieme al fratello, si è recato sotto casa della sorella dove ha incontrato il marito di quest’ultima. Tra i tre è sorta subito una discussione al culmine della quale il cognato dei fratelli Morelli avrebbe sparato con una pistola un solo colpo all’indirizzo di Antonio, dandosi immediatamente alla fuga.

Morelli è stato accompagnato dal fratello in ospedale, ma è morto poco dopo. Il fratello della vittima, nel lasciare in auto l’ospedale, ha avuto un incidente sulla rampa d’ingresso del nosocomio ed è stato ricoverato a causa delle ferite riportate. Le sue condizioni, comunque, non sono gravi.

Omicidio a Reggio, ucciso un 29enne. Indagini della Polizia

archivio

Un giovane di 29 anni, Antonio Morelli, è stato ucciso a Reggio Calabria in circostanze sulle quali ha avviato indagini la Squadra mobile.

Il giovane, dopo essere stato raggiunto da alcuni colpi di pistola, è stato portato da un conoscente nel pronto soccorso del Grande ospedale metropolitano, dove è morto poco dopo.

La persona che ha accompagnato la vittima in ospedale si è allontanata subito dopo. La Squadra mobile ha avviato indagini per identificarla ed avere notizie su quanto è accaduto e sulle modalità dell’omicidio.

L’omicidio è avvenuto nel rione “Marconi”, nella zona sud di Reggio Calabria. Non si sa ancora se Morelli, nel momento in cui è stato ucciso, fosse solo o insieme a qualcuno. La polizia sta accertando, in particolare, se il ventinovenne sia rimasto vittima di un agguato o se sia stato ucciso da qualcuno con cui si era incontrato.

Le indagini sono dirette dal sostituto procuratore della Repubblica Stefano Musolino, che si è recato sul luogo dell’omicidio per coordinare personalmente l’attività investigativa.

Strage a Torremaggiore, gip: “Malaj voleva chiaramente uccidere figlia e moglie”

“Il quadro indiziario” contro il 45enne Taulant Malaj (foto fb), il panettiere albanese che la notte tra sabato e domenica scorsi ha ucciso la figlia Jessica di 16 anni e il presunto amante di sua moglie, il 51enne Massimo De Santis, “si è consolidato con la visione dei filmati” delle telecamere in casa “che hanno ripreso le scene in cui l’uomo colpiva ripetutamente con chiara volontà omicida sia la moglie sia la figlia”.

Quanto “all’omicidio della giovane Jessica”, 16 anni, “che con coraggio ha cercato in tutti i modi e fino alla fine di difendere la madre (Tefta) dalla brutale aggressione del padre”, si evince “che i colpi sono stati inferti anche nei suoi confronti volontariamente, non solo quando interveniva in un primo momento nella camera da letto, ma anche quando l’aggressione continuava nel salone”.

Sul corpo di Jessica, si legge negli atti, “venivano riscontrate quattro coltellate al torace, sede di organi vitali”.

“Allo stesso modo – si legge ancora – si evince la pervicacia con cui si avventa contro la moglie sorprendendola in piena notte mentre si trova nel letto, sferrando molteplici coltellate anche nella parte superiore del corpo”. “Tutto questo – evidenzia il gip – avveniva sotto gli occhi del figlio più piccolo della coppia”.

Secondo gli inquirenti “le brutali modalità di realizzazione dei fatti mostrano nell’indagato una assoluta insensibilità verso la vita umana ed una comune propensione al delitto come mezzo di affermazione delle proprie convinzioni e del proprio ruolo all’intero della famiglia”.

La notte tra sabato e domenica scorsi, dopo avere ucciso Massimo De Santis, che riteneva fosse l’amante di sua moglie, Malaj ha spiegato agli inquirenti di essere andato in camera da letto “dove c’era mia moglie; l’ho colpita e nel mentre è entrata Jessica, la quale voleva proteggere la mamma. Allora io ho colpito anche Jessica e l’ho uccisa. Manco mi ero reso conto che fosse lei. Jessica purtroppo si è trovata nel momento sbagliato. Dal letto loro due sono scappate in cucina dove ho continuato a colpirle”. E’ un passaggio della confessione di Malaj.

Malaj ha usato un coltello a serramanico della lunghezza di 18 centimetri. A chiamare i soccorsi è stata la moglie dell’assassino, Tefta Malaj, sopravvissuta all’aggressione perché difesa da Jessica. All’operatore del 118 Tefta ripeteva “accoltellato”, e quando l’operatore le ha chiesto se fosse stata accoltellata la donna è riuscita a stento a rispondere “sì” e poi ha aggiungo: “mia figlia, mia figlia”.

Attacco a oleodotto Druzhba, Ungheria: “Una minaccia a nostra sicurezza energetica”

L’Ungheria considera l’attacco terroristico all’oleodotto Druzhba, che fornisce petrolio russo all’Europa, una minaccia per la sicurezza energetica del paese. Lo ha detto giovedì il ministro ungherese degli Affari esteri e del commercio Peter Szijjarto in una conferenza stampa dopo i colloqui con il ministro bulgaro dell’Energia Rossen Hristov in Budapest.

“In Europa, in particolare nell’Europa centrale, ci sono paesi che acquistano petrolio dalla Russia, motivo per cui è ovvio che l’attacco all’oleodotto che va dalla Russia all’Europa prende di mira la nostra sicurezza, mentre la nostra sicurezza energetica è una questione di nostra sovranità”, ha detto commentando le notizie di un attacco terroristico all’oleodotto Druzhba.

Il ministro ungherese condivide l’opinione del suo collega bulgaro secondo cui la sicurezza energetica fa parte della sicurezza nazionale. La conferenza stampa è stata trasmessa sulla pagina Facebook (vietata in Russia perché di proprietà di Meta, designato come estremista) del ministro ungherese.

L’Ungheria continua a ricevere la maggior parte del petrolio attraverso l’oleodotto Druzhba, che va dalla Russia attraverso l’Ucraina. Il governo russo ha affermato in precedenza che 4,9 milioni di tonnellate di petrolio sono state fornite attraverso la linea meridionale dell’oleodotto nel 2022. Il greggio viene anche consegnato da lì alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia. La linea settentrionale di Druzhba che corre verso la Polonia e la Germania non è attualmente utilizzata da quei paesi.

Mercoledì c’è stato un tentativo di attacco terroristico contro il sistema di oleodotti Druzhba al terminal di Bryansk. Nessuno è rimasto ferito, come ha detto alla Tass il portavoce di Transneft Igor Dyomin. Le autorità competenti stanno indagando sulle circostanze dell’incidente.

Attentato a scrittore russo, confessa presunto autore: “Addestrato da servizi ucraini”

“L’uomo accusato di aver tentato di uccidere lo scrittore russo Zakhar Prilepin non ha agito da solo e sono in corso indagini per accertare chi lo abbia aiutato”. Lo ha detto giovedì 11 maggio il presidente del comitato investigativo russo Alexander Bastrykin, citato da Tass.

Alexander Permyakov, di 30 anni, “non ha agito da solo. Era l’autore [dell’attacco]. Stiamo lavorando per risalire ai suoi complici”, ha detto a una sessione ospitata dal comitato del Forum legale internazionale di San Pietroburgo. Secondo Bastrykin, il presunto autore del reato “è stato sottoposto a un addestramento speciale”. Alexander Permyakov, avrebbe confessato il crimine e secondo i media, ha detto di aver agito su istruzioni delle agenzie di intelligence ucraine.

Permyakov, riporta “The Moscow Times” è stato “incriminato con l’accusa di terrorismo e contrabbando di armi”. il presunto autore “rischia fino a 20 anni di carcere con l’accusa di terrorismo e 15 anni per contrabbando di armi”, ha affermato in una nota il Comitato investigativo russo, che indaga sui crimini più gravi.

Permyakov è stato arrestato nella regione di Nizhny Novgorod a est di Mosca sabato 6 maggio, poche ore dopo l’esplosione che ha ferito Prilepin e ucciso il suo amico Alexander Shubin.

Il comitato investigativo, citato dal quotidiano moscovita, domenica ha pubblicato un filmato di Permyakov in cui confessa l’attentato e afferma di essere stato reclutato dai servizi speciali ucraini nel 2018.

‘Ndrangheta, assolto ex vicesindaco di Petilia Policastro

processo toga aula giustizia

Non ha mai avuto alcun rapporto con le cosche locali di ‘ndrangheta l’ex vicesindaco di Petilia Policastro, Francesca Costanzo, indagata nel gennaio del 2021 in stato di libertà in un’inchiesta, denominata “Eleo”, della Dda di Catanzaro e successivamente rinviata a giudizio con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

L’ex vicesindaco di Petilia è stata assolta, “perché il fatto non sussiste””, a conclusione del processo scaturito dall’inchiesta svoltosi davanti ai giudici del Tribunale di Crotone (presidente Massimo Forciniti). A causa del suo coinvolgimento nell’inchiesta Francesca Costanzo si era dimessa dalla carica.

Nello stesso processo il collegio giudicante ha condannato otto dei nove imputati (la nona era Francesca Costanzo) a pene varianti tra 13 anni ed otto mesi e sei anni di reclusione. “Oggi per me – ha scritto su Facebook Francesca Costanzo – è stato il giorno della rinascita. Dopo anni di sofferenza e dolore, finalmente posso dire che giustizia è stata fatta. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia, una fiducia che mi ha premiata. Mi sembra comunque doveroso ed onesto rivolgere i miei ringraziamenti a tutti coloro che hanno creduto in me”.

Media Uk: l’Occidente ha “calcolato male” con le sanzioni economiche contro la Russia

“I paesi occidentali non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi con la guerra economica che hanno scatenato contro la Russia in seguito all’inizio della sua operazione militare speciale in Ucraina”. E’ quanto si riporta in un editoriale sul settimanale britannico “The Spectator”, pubblicato giovedì sul suo sito web.

Secondo la rivista, citata da Tass, l’Occidente si è presto reso conto che altri paesi non erano pronti a smettere di fare affari con la Russia, che ha rapidamente reindirizzato le sue forniture di petrolio e gas alla Cina e all’India. I divieti introdotti dall’Occidente sono stati superati con le importazioni parallele. Detto questo, l’economia europea risente delle conseguenze del suo improvviso rifiuto dell’energia russa. “The Spectator” sottolinea che anche l’economia russa è stata danneggiata, ma non così gravemente come speravano gli alleati dell’Ucraina.

“L’Occidente ha intrapreso la sua guerra di sanzioni con un senso esagerato della propria influenza in tutto il mondo. Come abbiamo scoperto, che i paesi non occidentali non hanno la volontà di imporre sanzioni né alla Russia né agli oligarchi russi. I risultati dell’errore di calcolo sono lì sotto gli occhi di tutti. <...> L’economia russa non è stata distrutta, è stata semplicemente riconfigurata, riorientata per guardare verso est e verso sud piuttosto che verso ovest”, è scritto nell’articolo.

Gli autori ammettono che di per sé il piano di dichiarare la guerra delle sanzioni alla Russia “non era necessariamente sbagliato”, ma sottolineano che l’Occidente “si sbaglia di grosso” se continua a pensare che in futuro “può combattere le guerre esclusivamente con mezzi economici, senza bombe o proiettili”.

L’ONU sottolinea l’importanza delle esportazioni russe per la sicurezza alimentare globale

Intanto, il sottosegretario generale delle Nazioni Unite Martin Griffiths ha sottolineato l’importanza delle esportazioni russe per la sicurezza alimentare globale, ha dichiarato giovedì l’ufficio del segretario generale delle Nazioni Unite in una dichiarazione citata dalla Tass.

“Intervenendo all’incontro, il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e il coordinatore dei soccorsi di emergenza, Martin Griffiths, si è congratulato con le parti per aver facilitato l’esportazione sicura di oltre 30 milioni di tonnellate di grano e prodotti alimentari dall’Ucraina dall’inizio dell’iniziativa Ha ribadito l’importanza dell’iniziativa per la sicurezza alimentare globale e ha anche riconosciuto l’importante contributo delle esportazioni di cibo e fertilizzanti dalla Federazione Russa a questo proposito”, si legge nella dichiarazione.

Nomine in Cdm, il calabrese Vittorio Pisani è il nuovo Capo della Polizia

Il Consiglio dei ministri ha deliberato la nomina di Vittorio Pisani (attuale vicedirettore dell’Aisi – Agenzia informazioni e sicurezza interna) a capo della Polizia. L’uscente Lamberto Giannini sarà il prefetto di Roma. Pisani, 56 anni, è originario di Catanzaro ed è soprannonimato “superpoliziotto e “acchiappalatitanti”, nomignoli ‘conquistati’ per la cattura, fra le altre, di camorristi del calibro di Zagaria e Iovine.

“Desidero inviare i miei migliori auguri di buon lavoro al nuovo Capo della Polizia, Vittorio Pisani, e al nuovo Prefetto di Roma, Lamberto Giannini – così la premier Giorgia Meloni -. Abbiamo scelto due servitori dello Stato di grande competenza ed esperienza che contribuiranno a rafforzare la sicurezza dei cittadini e la difesa delle istituzioni”. “Siamo profondamente grati per il lavoro che la Polizia e le Forze dell’Ordine svolgono ogni giorno per mantenere l’ordine pubblico”. A Pisani e Giannini “auguro un grande successo in questo nuovo e delicato incarico, per il quale potranno contare sul pieno sostegno del governo”.

“C’è il grandissimo orgoglio per aver guidato la polizia – ha detto Lamberto Giannini -, dopo un lungo percorso iniziato come agente ausiliario, è una pagina indelebile della mia vita. Ora ho una nuova sfida nella mia città, che conosco molto bene, so quanto impegno ci vuole, ho già preso contatto con il sindaco. Amarezza per come è andata? No, adesso guardo alla nuova sfida che mi attende”.

Galletta nuovo Vice comandante generale dell’Arma dei Carabinieri
Il Consiglio dei ministri ha deliberato su proposta del ministro della Difesa Guido Crosetto la nomina del generale di corpo d’armata del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri in servizio permanente Riccardo Galletta a Vice comandante generale dell’Arma dei Carabinieri.

C’è l’accordo sulla Guardia di Finanza: secondo quanto si apprende è stato comunicato in Cdm l’accordo per la nomina a comandante del comandante in seconda Andrea De Gennaro. La formalizzazione dovrebbe però avvenire al prossimo Cdm perché a questa riunione è assente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, impegnato con il G7 in Giappone.

Il Cdm designa Sergio componente del Cda Rai
Designato Roberto Sergio componente del Cda Rai in rappresentanza del Mef. Si terrà lunedì alle 10 – secondo quanto si apprende – l’assemblea degli azionisti della Rai per la proposta di nomina dell’amministratore delegato Roberto Sergio. Successivamente, alle 10.30, è in programma il consiglio di amministrazione che provvederà alla sua nomina.

Ok al vitalizio da legge Bacchelli per 4 artisti
Il Cdm, su proposta della presidente Giorgia Meloni, ha deliberato la concessione di un assegno vitalizio – si legge nel comunicato finale del Cdm -, ai sensi della legge 8 agosto 1985, n. 440, (legge Bacchelli), in favore di: Roberto Baiocchi, tersicoreo, coreografo, scrittore; Elio Fidia Pulli, pittore, scultore, ceramista; Graziella Scotese, pittrice, fotografa e litografa; Giuseppe Scarpettini, musicista.

Zangrillo: ‘Ok Cdm a semplificazioni per turismo e disabilità’
Il Consiglio dei Consiglio dei ministri, delegato ad adottare entro il 31 agosto 2024 decreti legislativi di semplificazione, razionalizzazione e digitalizzazione dei procedimenti amministrativi, ha approvato oggi un provvedimento per la riduzione degli oneri amministrativi di cittadini e imprese, la semplificazione normativa, con riduzione delle autorizzazioni e degli adempimenti, e la digitalizzazione quale strumento per velocizzare e rendere maggiormente accessibili dati e servizi. Lo fa sapere il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo sottolineando che le misure riguardano il turismo, la disabilità, la farmaceutica e la prevenzione anti incendio. “Con questo provvedimento – sottolinea in una nota – proseguiamo con decisione il lavoro iniziato con il decreto legge Pnrr di recente convertito in legge, che ha semplificato oltre settanta procedure, e interveniamo su materie fondamentali per facilitare ulteriormente la vita di cittadini e imprese e il loro rapporto con la Pubblica amministrazione”.

Diede fuoco all’ex moglie, condanna definitiva per Ciro Russo

Da sinistra Ciro Russo e la vittima Maria Antonietta Rositani

È diventata definitiva la condanna per Ciro Russo, il 46enne di Ercolano, in provincia di Napoli, che il 13 marzo del 2019 a Reggio Calabria tentò di uccidere l’ex moglie, Maria Antonietta Rositani, anche lei di 46 anni, dandole fuoco dopo averla cosparsa di benzina mentre la donna era alla guida della propria auto.

La Corte di Cassazione, confermando la condanna di Russo, ha disposto la riduzione della pena inflitta all’uomo dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria da 18 anni e otto mesi a 17 anni e otto mesi annullando il reato di maltrattamenti perché assorbito da quello di tentato omicidio.

Russo, con lo scopo di uccidere l’ex moglie, evase dagli arresti domiciliari disposti per lui, con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, nella casa dei genitori ad Ercolano e raggiunse in auto Reggio Calabria, dove la donna, dopo la separazione, si era trasferita. L’uomo subito dopo fuggì e fu arrestato dalla polizia il giorno dopo sempre a Reggio Calabria mentre cenava in una pizzeria.

Maria Antonietta Rositani, che nel processo si è costituita parte civile contro l’ex marito, assistita dall’avvocato Alessandro Elia, a causa delle fiamme provocate da Russo riportò ustioni sul cinquanta per cento del corpo. La donna, ricoverata nel Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria, fu dimessa solo dopo 20 mesi nel corso dei quali è stata sottoposta a decine di interventi chirurgici.

Droga e telefonini in un carcere siciliano, 11 arresti

Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania e personale del Nucleo Investigativo Regionale di Palermo della Polizia Penitenziaria hanno dato esecuzione nelle province di Catania, Ragusa, Siracusa, Palermo, Cosenza e Udine a un’ordinanza con cui il Gip di Catania ha disposto l’applicazione di misure cautelari coercitive personali nei confronti di 11 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, dei delitti di traffico organizzato di sostanze stupefacenti e di spaccio delle predette sostanze all’interno della casa di reclusione di Augusta nonché di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. L’operazione si chiama in codice Alcatraz.

Gli arresti sono stati operati con il supporto dei finanzieri Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata (SCICO) nonché dei Comandi Provinciali di Palermo, Ragusa e Udine e, per la Polizia Penitenziaria, con l’ausilio di personale del Nucleo Investigativo di Padova e di Catanzaro, sotto il coordinamento del Nucleo Investigativo Centrale.

Nel dettaglio, l’indagine, diretta dalla locale Procura e condotta dal GICO del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catania e dal predetto Nucleo Investigativo Regionale di Palermo della Polizia Penitenziaria, trae origine dalle dichiarazioni di alcuni detenuti ristretti presso la casa di reclusione di Augusta in merito a presunte condotte di illecita introduzione di stupefacenti e telefoni cellulari all’interno della struttura carceraria.

Le investigazioni, svolte anche mediante attività tecniche e servizi di pedinamento, osservazione e controllo, hanno consentito, nell’attuale stato del procedimento in cui non è stato ancora instaurato il contradittorio con le parti, di individuare un’associazione criminale, composta da non meno di 8 soggetti, dedita in particolare all’approvvigionamento, al trasporto e all’introduzione clandestina dello stupefacente, principalmente hashish, all’interno del richiamato istituto di pena.

Il sodalizio sarebbe stato promosso, organizzato e coordinato dai due detenuti. Il primo avrebbe impartito dalla predetta struttura carceraria direttive ai propri sodali a piede libero su quantitativi, tipologia, prezzi e modalità di pagamento della droga, coordinando le successive fasi di introduzione clandestina e cessione ad altri detenuti.

Il secondo avrebbe curato l’approvvigionamento, il confezionamento, il trasporto e l’ingresso dello stupefacente all’interno del medesimo istituto di pena avvalendosi dell’ausilio, a vario titolo, di altri 6 sodali.

L’attività criminosa sarebbe stata resa possibile dall’utilizzo di telefoni cellulari illegalmente introdotti, dotati di sim intestate a soggetti inesistenti, i quali costituivano lo strumento fondamentale per le quotidiane comunicazioni con l’esterno.

Per l’ingresso della “merce” e dei citati telefoni cellulari all’interno della struttura carceraria sarebbero state utilizzate due consolidate strategie operative: la fruizione di permessi premio da parte dei detenuti e i colloqui visivi di questi ultimi con i propri familiari. Nel primo caso il detenuto di rientro nella struttura penitenziaria avrebbe, in più occasioni, abilmente occultato la sostanza stupefacente sulla persona in modo da superare i relativi controlli di rito, nel secondo caso sarebbero state utilizzate diverse modalità che prevedevano il trasporto e l’occultamento ad opera dei “visitatori” dei panetti o dei cellulari all’interno di involucri di patatine, di pannolini per bambini o di bricchi di succhi di frutta, poi cestinati in specifici contenitori dell’immondizia all’interno dell’istituto di pena, previamente indicati da uno dei due promotori dell’associazione, il quale, approfittando della sua mansione di addetto alle pulizie, avrebbe successivamente provveduto al recupero e alla consegna ai propri sodali detenuti.

La sostanza stupefacente avrebbe alimentato un mercato interno a favore dei “clienti-detenuti” interessati al relativo acquisto, con tanto di tariffario completo e aggiornato che variava a seconda della qualità della droga e del grado di conoscenza dell’acquirente. Di norma il prezzo di un panetto di hashish si sarebbe aggirato intorno alle 1.500/2.000 euro e il relativo pagamento sarebbe stato assicurato attraverso accreditamenti su diverse carte Postepay nella disponibilità di alcune sodali a piede libero, madri e compagne dei due dominus del sodalizio, addette alla gestione della cassa e alla tenuta della contabilità del denaro incassato e da incassare. La diversificazione delle carte da ricaricare a titolo di pagamento sarebbe stata finalizzata anche a evitare incongruenze tra l’esiguo ISEE dichiarato e il giro di denaro gestito, essendo taluni dei sodali percettori del reddito di cittadinanza.

Nel corso dell’attività d’indagine, a riscontro dell’operatività del descritto sodalizio, sono stati tratti in arresto, in flagranza di reato, 3 soggetti per detenzione ai fini della cessione di sostanze stupefacenti e si è proceduto al sequestro, in più momenti, di 15 panetti di hashish e apparecchi cellulari. Sono state inoltre individuate specifiche responsabilità a carico degli altri indagati che avrebbero, a vario titolo, preso parte alla florida attività criminosa posta in essere dal predetto sodalizio ponendo in essere attività di acquisto, trasporto o cessione dello stupefacente.

Alla luce delle evidenze investigative raccolte dal Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania e dal Nucleo Investigativo Regionale di Palermo della Polizia Penitenziaria, il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale – su richiesta del P.M. inquirente – ha dunque disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di 9 soggetti e gli arresti domiciliari per ulteriori 2 indagati.

Aveva armi clandestine e munizionamento, arrestato

I Carabinieri della Compagnia di Cirò Marina hanno arrestato un bracciante agricolo 35enne di nazionalità italiana poiché, presso la sua abitazione, disponeva illegalmente di armi clandestine, ovvero con matricola abrasa, nonché oltre 200 cartucce di varia tipologia e calibro.

Il controllo da parte dei militari è iniziato alle prime ore del mattino quando, con l’ausilio dell’unità del Nucleo cinofili dello Squadrone eliportato Cacciatori “Calabria” di Vibo Valentia, hanno effettuato una perquisizione domiciliare d’iniziativa presso l’abitazione di un bracciante agricolo, rinvenendo nella sua pronta disponibilità due pistole con matricola abrasa, di cui una oggetto di furto, perfettamente funzionanti e provviste dei rispettivi caricatori nella circostanza regolarmente inseriti e contenenti svariate munizioni di diverso calibro, anche per fucili di varia tipologia.

L’uomo, pertanto, sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone, è stato tratto in arresto per ricettazione e detenzione illegale di munizionamento e armi clandestine, venendo quindi tradotto presso la casa circondariale di Crotone in attesa della convalida che si terrà nei prossimi giorni. Le armi ed il munizionamento rinvenuto venivano sequestrate.

Aveva in casa mezzo kg di droga, arrestato

I Carabinieri della Stazione di Altomonte e dell’Aliquota operativa di Castrovillari hanno arrestato in flagranza di reato un uomo di 39 anni, residente ad Altomonte, indagato per detenzione illecita di droga ai fini dello spaccio.

In particolare, nel corso di una delle perquisizioni, i militari hanno rinvenuto all’interno di una villetta, sita nel centro abitato di Altomonte, delle sostanze stupefacenti parte delle quali già suddivise in dosi pronte per essere immesse nell’illecito mercato.

L’uomo che aveva in uso l’abitazione, alla vista dei Carabinieri giunti sul posto, probabilmente in un disperato tentativo di deviare l’attività di polizia consegnava spontaneamente una minima quantità dello stupefacente dichiarando di non avere null’altro di illecito.

Nonostante ciò gli operanti, insospettiti dall’atteggiamento palesemente nervoso del soggetto, approfondivano gli accertamenti rinvenendo ulteriore stupefacente occultato in vari punti dell’abitazione, anche all’interno di alcuni mobili della cucina tra diversi generi alimentari.

In particolare, i militari hanno rinvenuto e sequestrato quasi mezzo chilo di marijuana, suddivisa in 9 involucri in cellophane ed ulteriori 22 grammi di hashish contenuti in due bustine.

Continuando le operazioni di ricerca, è stato anche trovato in un altro mobile della cucina un bilancio di precisione, utilizzabile per il peso ed il successivo confezionamento delle singole dosi. Tutto il materiale rinvenuto è stato sottoposto a sequestro.

All’esito dell’attività espletata, in accordo con il magistrato di turno della Procura della Repubblica di Castrovillari, l’uomo è stato dapprima dichiarato in stato arresto, poi convalidato il giorno seguente dal locale Tribunale, e successivamente sottoposto agli arresti domiciliari.

Processo Rinascita-Scott, iniziata la requisitoria nell’aula bunker di Lamezia

E’ iniziata stamani, nell’aula bunker di Lamezia Terme, la requisitoria nel processo Rinascita-Scott che si celebra davanti ai giudici del tribunale di Vibo Valentia nei confronti di presunti boss e affiliati alle cosche della ‘ndrangheta del vibonese e dei loro collegamenti con il mondo istituzionale, politico, imprenditoriale e della massoneria deviata.

Gli imputati sono oltre 300 mentre 89 hanno scelto il rito abbreviato che è già giunto a sentenza e pende adesso l’appello.

A parlare per primo è il pm della Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, Antonio De Bernardo che si alternerà con altri due colleghi, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso, nell’esposizione dell’accusa. Secondo alcune stime, la requisitoria dovrebbe andare avanti per alcune settimane.

Prima che il pm iniziasse a parlare, la Dda catanzarese ha depositato agli atti del dibattimento il provvedimento di fermo eseguito ieri nei confronti di 61 soggetti accusati di appartenere a cosche di ‘ndrangheta nei comuni del Vibonese di Mileto, Filandari, Zungri, Briatico e Cessaniti. (Ansa)

Bancarotta, arrestati un imprenditore e un suo familiare

Militari della Guardia di Finanza di Crotone hanno dato esecuzione ad un provvedimento di custodia cautelare, emesso dal gip presso il Tribunale di Crotone, su richiesta della Procura della Repubblica pitagorica, sottoponendo agli arresti domiciliari un imprenditore di Petilia Policastro ed un suo familiare in quanto ritenuti responsabili della bancarotta di una società, operante nella lavorazione e nel commercio del legno, portata al dissesto dopo aver accumulato debiti erariali per complessivi 3 milioni di euro, sottratto risorse finanziarie per circa 400 mila euro e distratto i beni aziendali trasferendoli a due nuove società ad hoc costituite nel 2013 e nel 2017.

In esecuzione del citato provvedimento cautelare sono state, infatti, sottoposte a sequestro anche le quote societarie ed i beni mobili e immobili delle due New company, anch’esse con sede in Petilia Policastro (KR) ed operanti nel medesimo settore commerciale della fallita, in quanto ritenute lo strumento attraverso il quale l’imprenditore ha potuto proseguire la propria attività.

L’attività investigativa ha consentito di rilevare come il citato imprenditore, avvalendosi della collaborazione della sorella e della madre, alle quali ha affidato la rappresentanza delle nuove società ma di fatto ha continuato a gestirle in prima persona, nella fase immediatamente antecedente al fallimento ed al fine eludere gli effetti della procedura concorsuale avrebbe occultato la documentazione contabile della società fallita;

distratto, attraverso la disposizione di bonifici, pagamenti con carta di credito, prelevamenti di denaro contante e cessioni fittizie, la somma di circa quattrocentomila euro dalle casse sociali, nonché beni aziendali per un valore di cica trecentocinquanta mila euro, trasferiti nella società costituita nel 2013.

L’imprenditore avrebbe poi adottato un analogo schema fraudolento anche nella gestione di quest’ultima società, nel frattempo sottoposta a liquidazione giudiziale su istanza dell’Autorità giudiziaria inquirente (come previsto dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), la quale dopo aver accumulato ingenti debiti per oltre un milione e duecento mila euro nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, dell’Inps e dell’Inail, sarebbe stata svuotata mediante la cessione di beni aziendali, forza lavoro e dell’avviamento, questa volta a favore dell’ultima società attivata.

I beni aziendali sequestrati e la gestione della società ancora attiva sono stati affidati ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Crotone affinché possa garantirne la continuità preservando i diritti di lavoratori dipendenti, clienti e fornitori. Anche l’ulteriore familiare coinvolto è stato deferito, per le medesime ipotesi di reato, all’A.G. inquirente.

Società petrolifera: “Tentativo di colpire oleodotto Druzhba”

Una società russa di oleodotti ha confermato le notizie su un tentativo di compiere un attentato terroristico sul sistema di oleodotti Druzhba. L’oleodotto è il più grande dell’Europa, e trasporta petrolio e gas dalla Russia a larga parte di paesi Ue.

“In effetti, stamattina presto c’è stato un tentativo di commettere un atto terroristico contro il sistema di oleodotti Druzhba presso la stazione di carico di Bryansk (Russia). Nessuno è rimasto ferito. Le autorità competenti stanno indagando sulle circostanze dell’incidente”, ha detto il portavoce di Transneft Igor Dyomin, ha detto a Tass mercoledì.

Mercoledì scorso, il canale Telegram “Baza” ha riferito che la mattina del 10 maggio, il punto di carico dell’oleodotto Druzhba nel villaggio di Sven è stato preso di mira. Gli attacchi hanno colpito tre serbatoi di stoccaggio di petrolio vuoti. Non ci sono state perdite o incendi e nessuno è rimasto ferito.

L’oleodotto Druzhba fornisce forniture di petrolio alle raffinerie bielorusse e le trasporta in Europa. Il gasdotto inizia nella regione di Samara, attraversa Bryansk e poi si biforca nei rami nord e sud, attraversa Bielorussia, Ucraina, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Germania e Ungheria.

Dall’inizio di febbraio sono giunte segnalazioni di bombardamenti da parte delle forze armate ucraine sull’oleodotto di Druzhba e sulle sue infrastrutture.

In particolare, il 1 ° febbraio, Dyomin ha riferito a TASS di un tentativo di bombardare la stazione di pompaggio del petrolio di Novozybkov nella regione di Bryansk la sera del 31 gennaio.

Successivamente, il 3 febbraio, il canale Mash Telegram ha riferito che le forze armate ucraine avevano presumibilmente attaccato l’infrastruttura dell’oleodotto, ma Transneft ha affermato di non avere informazioni su eventuali attacchi e che Druzhba stava operando di nuovo normalmente. A metà marzo, Transneft ha scoperto ordigni esplosivi presso la stazione di pompaggio del petrolio di Novozybkov, ma la stazione non è stata danneggiata.

Il Riesame di Salerno ripristina interdizione per l’avvocato Marcello Manna

Il Tribunale del riesame di Salerno ha ripristinato la misura dell’interdizione della professione forense per un anno dell’avvocato Marcello Manna, sindaco di Rende e presidente di Anci Calabria.

Il provvedimento gli è stato notificato dai finanzieri del Nucleo di polizia economica e finanziaria di Crotone che già avevano condotto l’operazione Genesi.

Manna è imputato a Salerno per corruzione in atti giudiziari insieme all’ex giudice della Corte d’appello di Catanzaro Marco Petrini. La Procura della città campana è competente a gestire i procedimenti che vedono indagati o parte lesa magistrati del distretto di Corte d’appello di Catanzaro.

La decisione del tribunale del riesame di Salerno che, in accoglimento della richiesta della procura aveva annullato una precedente ordinanza del gip che aveva revocato la misura interdittiva, è divenuta definitiva dopo la sentenza della Corte di Cassazione che nei giorni scorsi ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai difensori di Manna.

Manna, in particolare, secondo l’accusa, il 30 maggio del 2019 avrebbe consegnato a Petrini cinquemila euro in contanti per ottenere l’assoluzione e la conseguente scarcerazione di Francesco Patitucci, difeso dallo stesso Manna, imputato per l’omicidio di Luca Bruni, avvenuto a Castrolibero il 3 gennaio del 2012. Patitucci, per quel delitto era già stato condannato in primo grado, con rito abbreviato, a 30 anni di reclusione.

Nel marzo scorso, la pm di Salerno Francesca Fittipaldi ha chiesto la condanna di Manna e di Petrucci, rispettivamente, a 6 e 8 anni di reclusione nel corso del processo con rito abbreviato che si celebra davanti al gup. Il 12 maggio è in programma una nuova udienza con le arringhe dell’avvocato Riccardo Olivo per Manna e dell’avvocato Francesco Calderaro per Petrini.

Legale Manna, interdizione anacronistica e ingiustificata

“Nel prendere atto del comunicato stampa predisposto e diffuso dal procuratore capo di Salerno, che evidentemente ha molto a cuore le vicende dell’avvocato Marcello Manna (!), occorre precisare, per amore di verità, che il provvedimento del tribunale di Salerno che ha ripristinato la misura interdittiva nei confronti del predetto professionista, è stato adottato in considerazione della vigenza, al momento della decisione, della misura del divieto di dimora a Rende a suo tempo disposta nei confronti dello stesso avvocato Manna”. Lo afferma, in una nota, l’avvocato Nicola Carratelli, uno dei difensori di Manna.

“Epperò, come ben noto finanche al procuratore capo di Salerno – prosegue il legale – tale misura è stata già da tempo revocata dal Tribunale della Libertà di Catanzaro per insussistenza della gravità indiziaria, sicchè il provvedimento del Tribunale di Salerno risulta palesemente anacronistico ed ingiustificato, per come verrà prontamente prospettato al Giudice del merito del procedimento. Pertanto, quanto alacremente diffuso dal procuratore capo di Salerno non può affatto costituire una conferma della fondatezza dell’accusa di corruzione in atti giudiziari a carico dell’avvocato Marcello Manna. Attendiamo, quindi, con serenità, l’esito del giudizio di merito che verrà pronunciato tra pochi giorni”.

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