12 Ottobre 2024

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Olio di Calabria e prosecco, gemellaggio tra due eccellenze

Un abbraccio virtuale identitario, istituzionale ed enogastronomico ma anche anche pregno di cultura e salute. E’ quello che sull’asse Calabria – Veneto sancisce il gemellaggio tra l’olio di Calabria Igp ed il prosecco Docg avvenuto nello scenario della storica “Locanda Condo” a Col San Martino, in provincia di Treviso.

Un abbinamento che unisce gusti e tradizioni nel nome di un “percorso” culinario che va avanti da anni. “Abbiamo voluto fare assaggiare il pesce della nostra terra e l’immancabile olio calabrese – ha detto il presidente del Consorzio Igp Olio di Calabria, Massimino Magliocchi a margine dell’evento – con il Prosecco Docg che ha valorizzato le pietanze e le degustazioni”.

“Puntiamo da sempre alla crescita dell’olio Igp di Calabria – ha aggiunto Magliocchi – coinvolgendo l’Italia. Non si tratta di singole iniziative o singoli episodi. L’Olio calabrese può abbracciare tutti i territori, tutti i palati, tutti i cittadini. Il nostro primario obiettivo è quello di fare conoscere le proprietà del prodotto, la qualità finalmente accertata e le mille sfaccettature legate alla bontà del vero oro di Calabria”.

Il tutto, secondo quanto espresso dai vertici del Consorzio, all’insegna della “competenza e dell’esperienza a sostegno della difesa e dello sviluppo delle nostre eccellenze e della nostra biodiversità. Bere bene e mangiare meglio, Nord e Sud, insieme”. (Ansa)

Intimidazione a sindaco di Villa, autori ripresi dalla videosorveglianza

(ANSA) – REGGIO CALABRIA, 05 GIU – Chi ha appiccato il fuoco all’ingresso dello studio legale della sindaca di Villa San Giovanni Giusy Caminiti è stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza.

È quanto si è appreso in merito all’indagine, coordinata dalla Procura di Reggio Calabria, sull’intimidazione consumata sabato sera ai danni della porta d’ingresso dello studio professionale dell’amministratrice locale.

Dai filmati che in queste ore i carabinieri stanno visionando, infatti, si vede un’auto di colore chiaro, con a bordo almeno due persone, avvicinarsi al portone dello studio legale. Dal lato passeggero è sceso un uomo con il volto parzialmente coperto e in mano una sorta di secchio giallo simile a quello utilizzato dai muratori. Lo stesso si è poi abbassato davanti all’ingresso dello stabile per posizionare la benzina e ha appiccato il fuoco. Le telecamere di videosorveglianza hanno registrato la fiammata e la fuga dei due soggetti a bordo della stessa auto.

I carabinieri hanno sequestrato non solo le telecamere di via Umberto I ma anche quelle delle strade vicine nel tentativo di individuare la targa del mezzo o elementi utili a identificare i due soggetti. Il principio di incendio, fortunatamente, non ha provocato molti danni perché segnalato quasi nell’immediatezza da un passante che si trovava nella zona con il proprio cane.

Naufragio sul Lago Maggiore, Oggi: “Ecco perché gli 007 italiani e israeliani erano a bordo”

“Il temporale improvviso, una raffica di vento oltre i 70 chilometri l’ora, una vecchia barca di nome Good…uria, adattata a navetta per turisti che viene sollevata sull’acqua, rovesciata e mandata ad affondare sul fondo del lago. Ventitrè le persone imbarcate (contro un’omologazione di 15), quattro morte. Del disastro avvenuto domenica sul Lago Maggiore è stata ricostruita sommariamente la dinamica, ma nessuno ancora ha spiegato e nessuno ha ancora capito cosa ci facevano a bordo, oltre allo skipper Claudio Carminati (indagato per naufragio e omicidio colposo) e alla moglie Anna Bozkhova, (una delle vittime) ventun agenti dei servizi segreti italiani e del Mossad israeliano. Lo riporta una inchiesta del settimanale Oggi.

UNA STRANA GITA – Era una gita di piacere tra le isole Borromee e Sesto Calende, per festeggiare il compleanno di uno degli 007, è stato detto. Ma è una spiegazione che non chiude la questione e lascia aperte mille ipotesi. Mentre la procura di Busto Arsizio e i carabinieri indagano sul disastro, su lago aleggia un’aria da intrigo internazionale. Una grana da chiudere quanto prima senza lasciar trapelare notizie ed evitando addirittura di effettuare l’autopsia sulle vittime. Un mistero fitto, complicato dalla presenza di otto uomini del Mossad e dalle modalità della loro precipitosa evacuazione, quasi una fuga avvenuta nelle ore successive all’incidente. Dopo un breve interrogatorio reso al magistrato, sono stati portati a Malpensa dove era in pista ad attenderli un jet privato arrivato di Israele e ripartito subito per riportare tutti a Tel Aviv. Compreso l’ex agente Shimoni Erez, 53, anni, morto nell’affondamento. Si ragiona su alcuni passaggi che secondo fonti romane «sono indegni di agenti dei servizi».

LA DINAMICA – Superficialità come il fatto di essere saliti in 23 su una barca vetusta omologata per quindici, il fatto di non essersi aggiornati attraverso i bollettini sull’evoluzione del meteo e di non aver lanciato il triplice may day, il segnale di emergenza per allertare i soccorsi. Non ultimo, viene sottolineato con un certo stupore che gli agenti possano essersi imbarcati su una barca in presenza della moglie dello skipper di nazionalità russa, figura potenzialmente a rischio per «l’aggressività» dimostrata in questi anni dai servizi agli ordini di Putin. Una tragedia sul piano umano, una figuraccia sul piano istituzionale. La domanda che però non trova ancora risposta è la ragione della riunione. E visto che i servizi sono per definizione segreti, anche a livello ufficiale e istituzionale, tanto meno da parte dei carabinieri e della procura che indagano sull’accaduto, non è facile ottenere risposte.

SOLO IPOTESI – Ragionamenti. Deduzioni. Vista proprio la tempestività dell’intervento israeliano per riportare in patria i propri uomini, osservano esperti di intelligence di una vicina capitale europea, è da escludere che si potesse trattare di un incontro tra colleghi per scambiare qualche brindisi e soffiare sulle candeline di una torta, in un noto ristorante sull’Isola dei Pescatori. È possibile invece che tutti i partecipanti fossero parte di una missione e una volta esaurita l’attività si siano concessi mezza giornata di svago. Tra le varie ipotesi, si fa strada la possibilità di un coordinamento investigativo per verificare se dietro alcune società impegnate a investire su dimore e strutture di prestigio nella zona del lago si possano nascondere oligarchi russi, entrati nel mirino dopo l’inizio dell’attacco all’Ucraina. Possibile, ma sembra esagerato il numero di uomini e donne mandati sul terreno, per un indagine che può essere svolta in modo più proficuo attraverso canali informativi di istituzioni finanziarie.

IN PERLUSTRAZIONE – Ancora da ambienti governativi a Roma, viene ipotizzato che il gruppo fosse in missione per valutare alcuni siti indicati per le riunioni del G7 che saranno effettuate in Italia nel semestre del 2024 a presidenza italiana. La valutazione dei luoghi da destinare a sede di incontri e la loro messa in sicurezza sono effettivamente attività affidate ai servizi che però non si muovono in gruppi allargati e di solito vengono svolte con la massima discrezione da gruppi di quattro o cinque persone. Partendo proprio dal numero elevato di agenti coinvolti, la cosa più probabile, secondo un’altra fonte, è che il gruppo fosse coinvolto in un’attività di formazione, che una volta terminata avrebbe lasciato ai partecipanti qualche ora di libertà. Ma che tipo di formazione avrebbero dovuto seguire? Dove e su quali temi? Erano gli agenti del Mossad che dovevano trasmettere informazioni ai nostri oppure il contrario? E da dove sono arrivati gli israeliani, da Tel Aviv, dove poi sono immediatamente tornati, oppure erano di stanza in Italia, in appoggio alle sedi diplomatiche del loro Paese? Chi dovrebbe sapere tutto è il capo area dell’Aisi di Milano. Ma era stato informato? Aveva autorizzato lui la riunione, sul territorio di sua competenza? Venirne a capo, assicurano da Roma, non sarà facile. I fatti, se mai saranno resi noti, potrebbero alla fine rivelarsi più semplici del previsto, ma rimangono i contorni di una vicenda connotata da imprudenze e superficialità gravi, soprattutto per un apparato chiamato a difendere gli interessi dello Stato in situazioni della massima delicatezza. L’incidente, secondo osservatori del settore, non passerà sotto silenzio e presto, all’interno dei nostri servizi, potrebbe esserci avvicendamento ai posti di comando…” (Oggi)

In cinquemila ai funerali della sfortunata Denise Galatà

L’hanno accolta piangendo, l’hanno coccolata, raccontata e salutata con un lancio di palloncini bianchi gli studenti del liceo linguistico Giuseppe Rechichi di Polistena radunati per dare l’ultimo saluto alla loro compagna Denise Galatà, la 19enne annegata nel fiume Lao durante una discesa di rafting martedì scorso.

Scene strazianti quelle viste al funerale della ragazza che si è svolto oggi nella Casa Famiglia di Nazaret, nel paese dove vive la sua famiglia, a Rizziconi.

Esequie celebrate da don Nino Larocca, il parroco della città, che ha ricordato la ragazza sin da quando, piccolissima, cominciava a “strimpellare” all’organo della piccola chiesa di Contrada Manduca, frazione di Rizziconi, fino a diventare organista della chiesa e del coro della parrocchia.

Alla presenza di numerosi sindaci della Piana e di rappresentanti del Comune di Laino Borgo, nel cosentino, teatro della tragedia, oltre cinquemila persone hanno portato il loro ultimo saluto a questa ragazza che i suoi compagni di classe hanno descritto come “solare, allegra, capace di amare oltre ogni confine”.

L’hanno aspettata in silenzio, insieme alle loro insegnanti, indossando tutti magliette bianche “segno di purezza e di lealtà”. I più commossi i ragazzi della V B, la sua classe, quelli che hanno partecipato alla gita sul Lao. Si sono stretti a gruppetti, abbracciandosi e avendo ancora fisse nella mente le scene drammatiche di quel giorno, quando le acque tortuose del Lao, si sono prese la loro compagna.

Durante la cerimonia i saluti del vescovo Milito, letti dal parroco, della sua prima maestra, del sindaco di Rizziconi Alessandro Giovinazzo. All’uscita, la salma di Denise è stata accompagnata dal lancio dei palloncini bianchi. (Ansa)

Raccolgono funghi velenosi e li mangiano, intossicati marito e moglie

Funghi della specie “Amanita verna”, non commestibili

Due coniugi di Corigliano-Rossano, residenti fuori regione ma rientrati nella propria città per il ponte del 2 Giugno, sono rimasti intossicati da funghi velenosi mangiati dopo averli raccolti. E’ accaduto il 31 maggio scorso.

Dopo il pranzo, nel corso della notte, sono comparsi i primi sintomi d’intossicazione con forti dolori addominali e vomito intenso il cui aggravarsi ha indotto la coppia a ricorrere alle cure del Pronto soccorso ospedaliero. Lo rende noto il dottore Ernesto Marra, micologo dell’Ispettorato micologico dell’Asp di Cosenza.

I sanitari hanno quindi attivato il protocollo regionale previsto nei casi d’intossicazione da funghi con la richiesta della consulenza del micologo dell’Ispettorato dell’Asp per individuare la specie responsabile e da qui la richiesta della consulenza del tossicologo del Centro antiveleni finalizzata a somministrare celermente le cure più appropriate. Non essendo disponibili residui della raccolta o del pasto assunto su cui svolgere le indagini macroscopiche e microscopiche, il tempo intercorso tra il consumo e l’insorgenza dei primi sintomi, oltre 12 ore, la gravità degli stessi e la descrizione dei funghi consumati, hanno portato il micologo ad ipotizzare l’Amanita verna quale specie responsabile del caso i cui effetti tossici apparivano compatibili con quadro clinico. Un fungo, viene spiegato, con ogni probabilità confuso con i comuni “prataioli” che la coppia ha riferito di aver raccolto e consumato.

L’Amanita verna, specie a nascita primaverile altamente tossica e responsabile di sindrome falloidea, condivide con i funghi conosciuti come “prataioli commestibili”, solo il colore bianco del cappello “differenziandosi però – è scritto in una nota – per una serie di altri particolari che se non perfettamente conosciuti posso indurre in un pericoloso errore il raccoglitore inesperto. Ad evitare tali gravi episodi, i micologi dell’Ispettorato delle Asp assicurano, gratuitamente ai privati raccoglitori, la certificazione di commestibilità.

Alla luce di questo nuovo episodio, ancora una volta, vale la pena sollecitare di avvalersi costantemente di tale servizio pubblico prima di portare in tavola i funghi raccolti in proprio”.

Intimidazione al sindaco di Villa San Giovanni, indagini

Ignoti hanno tentato di incendiare il portone dello studio legale del sindaco di Villa San Giovanni Giusy Caminiti. L’episodio è avvenuto nella serata di ieri in via Umberto I dove Caminiti, che oltre a essere prima cittadina è anche avvocato, ha il suo studio professionale.

Sul posto sono intervenuti i Vigili del fuoco e i Carabinieri che hanno rinvenuto la tanica di benzina utilizzata per portare a termine l’intimidazione. Proprio per questo non ci sono dubbi sulla natura dolosa del principio di incendio.

Le fiamme, comunque, non hanno danneggiato l’ingresso dello studio legale dotato anche di alcune telecamere che adesso sono al vaglio degli investigatori. Non è escluso, infatti, che l’impianto di videosorveglianza e le telecamere della zona abbiano registrato il soggetto (o i soggetti) che ha commesso il gesto.

Del fatto è stata avvertita la Procura della Repubblica di Reggio Calabria guidata da Giovanni Bombardieri che ha avviato le indagini sull’intimidazione. Indagini sono in corso. Si cerca di accertare se l’episodio è riconducibile all’attività amministrativa o alla professione legale di Giusy Caminiti.

Disordini e scontri dopo Brescia-Cosenza, scattati i primi 4 arresti

I disordini dopo Brescia Cosenza con la Polizia in campo (Ansa)

Sono scattati i primi quattro arresti per gli scontri avvenuti giovedì sera al termine di Brescia – Cosenza, gara che ha sancito la retrocessione in serie C dei lombardi dopo 38 anni e la permanenza in B per i calabresi grazie a una rete segnata da Meroni al 95′.

Il pm Carlotta Bernardini, come riporta Il Giornale di Brescia, ha firmato quattro arresti in differita di altrettanti tifosi del Brescia che sono ai domiciliari.

Gli arresti dovranno essere convalidati lunedì dal giudice. Determinanti i tanti video agli atti dell’indagine inseriti nell’informativa della Digos della Questura di Brescia che sta ricostruendo i molti episodi violenti avvenuti dentro e fuori lo stadio Rigamonti.

Alla rete del pareggio del Cosenza dal settore degli ultras bresciani sono piovuti in campo decine di fumogeni e petardi, azione seguita da una invasione di campo che ha costretto l’arbitro a far rientrare le due squadre negli spogliatoi. Nel rettangolo di gioco è entrata la Polizia che ha dovuto affrontare alcuni tifosi lombardi inviperiti per la beffa subita agli ultimi secondi della gara. Con la vittoria il Brescia aveva modo di andare ai supplementari, poi il pareggio dei Lupi ha spedito le Rondinelle in C per la vittoria dei cosentini al Marulla. Fuori dallo stadio Rigamonti ci sono stati ancora scontri tra forze dell’ordine e ultras.

Naufragio Cutro, ci sono dubbi sull’orario preciso della tragedia

Il decreto di perquisizione emesso dalla Procura di Crotone nell’ambito delle indagini sulla catena dei soccorsi al caicco carico di migranti naufragato il 26 febbraio a Steccato di Cutro – 94 morti accertati ed una decina di dispersi – solleva dubbi non solo sulla catena dei soccorsi ma anche sull’orario in cui è avvenuto lo scontro con la secca che ha provocato lo sfascio dell’imbarcazione.

Secondo i dati e le testimonianze dei giorni successivi alla tragedia, l’orario era stato fissato alle 4 di mattina, ma i dati riportati nel decreto dicono altro.

La prima rilevazione radar da parte del Gruppo aeronavale della Guardia di finanza di Vibo Valentia, secondo quanto riporta la Procura, avviene alle 3:34: la barca è a circa 3,7 miglia (6 km) da Le Castella ed a 8 miglia (13 km) dalla foce del fiume Tacina dove poi naufragherà.

L’imbarcazione veniva monitorata via radar per 38 minuti ma dalle relazioni negli atti della Procura citati dall’agenzia Ansa, si legge che alle 3:50 il Roan di Vibo acquisiva la posizione di un target a circa 2 miglia (3,2 km) da Le Castella “non immediatamente riconducibile all’imbarcazione segnalata da Frontex”. Dalle tracce radar poi emerge che l’ultimo aggancio prima del naufragio avveniva alle 4:12 quando il caicco era ancora a 2 miglia (3,6 km) dalla foce del fiume.

Qualche minuto prima – alle 3:58 – nonostante il monitoraggio durasse da 24 minuti, da una conversazione tra Roan e Capitaneria di porto Reggio Calabria, agli atti della Procura, si sente l’operatore di sala della Guardia di finanza dire “anche noi dal radar al momento non battiamo nulla”.

Il caicco era affondato prima dell’ultimo aggancio segnato alle 4:12? Anche perché alle 4:15, come si legge nelle carte del processo parallelo sugli scafisti, vengono allertati i Carabinieri e una pattuglia arriva sul posto alle 4:30 quando ormai il naufragio è avvenuto. Ma da quanto tempo?

Falsi certificati medici, chiuse le indagini a Locri: 44 indagati

La Procura della Repubblica di Locri ha chiuso l’inchiesta su un giro di false certificazioni sanitarie. Sono 44 i soggetti, tra cui anche alcuni medici in servizio negli ospedali di Locri e di Melito Porto Salvo, ai quali la Guardia di finanza in queste ore sta notificando l’avviso di conclusione indagini firmato dal sostituto procuratore Valentina Antonuccio.

L’inchiesta rappresenta uno dei filoni dell’operazione “Sua Sanità” che nelle settimane scorse aveva portato a 11 misure cautelari due delle quali hanno riguardato medici dell’ospedale di Locri, finiti agli arresti domiciliari.

Nell’indagine conclusa oggi, iniziata nel 2019, sono indagati non solo medici dei due nosocomi in provincia di Reggio Calabria ma anche medici convenzionati con l’Asp, componenti della commissione medica dell’Inps, professionisti, pazienti e loro familiari. Corruzione, falso, truffa aggravata e favoreggiamento personale sono i reati contestati dalla Procura.

L’inchiesta ruota attorno al patronato Inpal di Bovalino il cui responsabile, indagato – secondo il pm -, avrebbe istigato i medici dell’ospedale di Locri “a compiere atti contrari al loro dovere d’ufficio”. In questo modo, i sanitari avrebbero attestato “patologie inesistenti – si legge nel capo di imputazione – o comunque difformi da quelle reali per i soggetti da lui segnalati, corrispondendo o comunque promettendo la corresponsione di somme di denaro”.

Il tutto serviva per predisporre la documentazione da inoltrare all’Inps, così indotta in errore, al fine di far ottenere ad alcuni indagati il riconoscimento di invalidità e il diritto alla corresponsione di benefici economici.

Corruzione nella sanità reggina: arrestati medici, sospesi sanitari e avvocati. 90 indagati

Reggio, anziano muore schiacciato da una cisterna

Un 83enne è morto oggi, schiacciato da una cisterna, mentre stava facendo dei lavori in una sua proprietà. È accaduto a Bocale, una frazione di Pellaro, nella periferia sud di Reggio Calabria.

La vittima, Giuseppe Cogliandro, di 83 anni, è stato trovato esamine dai carabinieri della stazione di Pellaro intervenuti sul posto.

L’uomo si trovava nel giardino della sua abitazione, in via Del Mare, intento a effettuare dei lavori di rifacimento di una doccia. A causa del cedimento del terreno sottostante, accidentalmente la cisterna si è sganciata candendo addosso all’anziano che è rimasto schiacciato. Poco dopo Cogliandro è morto a causa delle gravi lesioni riportate.

Sul posto, oltre ai carabinieri, è intervenuto il personale del 118 che non ha potuto fare altro che constatare il decesso dell’anziano sul quale, di prassi, sono stati avviati degli accertamenti da parte del sostituto procuratore di turno. Il pm non ha ritenuto necessario disporre l’autopsia e la salma è stata affidata ai familiari.

Morte operaio a Rocca Imperiale, indagati i responsabili dell’impresa edìle

Il luogo dove è morto Giuseppe Spagna

La Procura della Repubblica di Castrovillari ha iscritto due persone nel registro degli indagati per la morte di Giuseppe Spagna, l’operaio 39enne deceduto martedì scorso, schiacciato da una lastra di cemento nel cantiere per i lavori di “riqualificazione e messa in sicurezza del torrente Canna”, a Rocca Imperiale (Cosenza).

Le due persone indagate per omicidio colposo sono due responsabili dell’impresa che stava effettuando i lavori di riqualificazione e di messa in sicurezza del torrente.

Stamani, nell’Ospedale “Giannettasio” di Corigliano Rossano, il perito anatomopatologo Matteo Sacco, nominato dalla Procura, ha effettuato l’autopsia stabilendo che il decesso è da attribuire a un trauma cranico.

I funerali di Giuseppe Spagna, sposato e padre di una bambina, sono in programma domani alle 15.30, nella chiesa di Sant’Anna, a Roseto Capo Spulico. Il sindaco Rosanna Mazzia, in concomitanza delle esequie, ha disposto il lutto cittadino.

Scontro tra treni in India, centinaia di morti e feriti

Disastro ferroviario di vaste dimensioni in India. In uno scontro tra treni avvenuto ieri presso la stazione di Bahanaga, nel distretto di Balasore, nell’est dell’India, a circa duecento km da Calcutta, sono morte circa 300 persone con centinaia di feriti tra cui molti gravi. Il bilancio è ancora provvisorio.

Secondo una prima ricostruzione, una decina di carrozze dello Shalimar-Chennai Coromandel Express sono deragliate vicino a Baleswar andando a finire sul binario opposto. “Un treno proveniente da Yeswanthpur e diretto a Howrah si è schiantato contro quei vagoni provocando il deragliamento delle sue 3-4 carrozze”, ha detto il portavoce delle Ferrovie Amitabh Sharma.

Nel disastro sarebbe coinvolto anche un secondo treno passeggeri, ma la dinamica degli eventi non è ancora chiara. “Non siamo ancora in grado di stabilire cosa sia successo, diverse squadre sono sul posto e tutti sono impegnati nelle operazioni di soccorso”, ha detto un funzionario di polizia. Al momento, sono 75 le ambulanze inviate al sito della tragedia per aiutare a trasportare i feriti alle strutture mediche della regione.

Sono almeno duemila i soccorritori della Protezione Civile e di altre agenzie impegnati in una lotta contro il tempo per estrarre persone ancora vive dai vagoni dei tre treni che si sono scontrati intorno alle 19 di venerdì, ora locale.

Secondo i responsabili dei soccorsi, numerosi vagoni sono ancora rovesciati e aggrovigliati sui binari dopo lo scontro che ha coinvolto due convogli passeggeri e un merci, a seguito del deragliamento di uno dei due treni passeggeri.

I cadaveri vengono trasferiti in una scuola della città di Balasore; l’amministrazione distrettuale fa sapere di avere avviato i lavori per trasformare in morgue un capannone nell’area industriale, passaggio necessario per consentire l’identificazione dei corpi da parte dei parenti.

Archeologia, recuperati diversi reperti dai Carabinieri per la Tutela dei beni culturali

I Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, hanno recentemente condotto, su tutto il territorio calabrese e nazionale, una serie di azioni investigative, che hanno consentito non solo il recupero di diversi reperti archeologici, frutto di scavi clandestini, ma anche il sequestro di numerosi beni d’antiquariato, tra cui importanti dipinti commercializzati in Calabria e provenienti da furti in abitazione consumati in tutta Italia, nonché di diverse opere d’arte contemporanea false.

Particolarmente significativa è risultata l’attività investigativa che ha portato al recupero di un dipinto raffigurante la Vergine con Bambino e Santa Lucia, realizzato nella prima metà del XIX secolo ed ascrivibile ad ignoto pittore campano.

L’opera, trafugata all’interno della Chiesa di San Pietro Apostolo di Valle di Maddaloni il 15 maggio 1993, è stata recuperata a Spinazzola (BT) in una abitazione privata, grazie alla quotidiana e incessante attività di indagine condotta dal Reparto specializzato dell’Arma, impegnato nella tutela del patrimonio culturale. Le indagini svolte, oltre ad assicurare il recupero ed a preservare l’integrità del dipinto, dal grande valore artistico e simbolico per la comunità religiosa di Valle di Maddaloni, hanno consentito di poter restituire il bene alla parrocchia di San Pietro Apostolo e San Pancrazio Martire,che lo custodirà e lo esporrà ai fedeli nel medesimo luogo dal quale venne rubato nel lontano 1993.

Il Nucleo di Cosenza ha proseguito, anche nel 2022,conuna incisiva attività di prevenzione che, associata ad una collaterale e costante attività repressiva, ha consentito di contrastare, in modo efficace, le varie forme di aggressioni criminali poste in atto nei confronti del patrimonio culturale locale regionale.

In merito alle attività condotte, si riportano, di seguito, i risultati ottenuti:
• 29 persone deferite in stato di libertà, alle Autorità Giudiziarie, di cui 3 per reati contro il paesaggio;
• 4 beni antiquariali recuperati;
• 116 reperti archeologici e paleontologici recuperati;
• 24 opere pittoriche false sequestrate;
• 4 reperti archeologici e paleontologici falsi sequestrati;
• 5 controlli di sicurezza a musei, biblioteche ed archivi, finalizzati a prevenire i reati di furto e danneggiamento;
• 77 controlli ad aree archeologiche finalizzati a prevenire le attività di scavo clandestino;
• 41 controlli ad aree paesaggistiche e monumentali finalizzati a prevenire abusi edilizi;
• 23 controlli ad attività antiquariali, fiere e mercatini di settore finalizzati a prevenire i reati di ricettazione e riciclaggio.

Scoperto deposito con chili di droga e armi clandestine, un arresto

Una importante attività di contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti è stata portata a termine nel capoluogo dalla Squadra Mobile della Questura di Crotone, con l’individuazione di un deposito di significativi quantitativi di eroina, cocaina, hashish e marjuana, nonché di armi da fuoco clandestine, che ha portato all’arresto di un giovane crotonese di 19 anni.

Gli operatori della Squadra Mobile, nel corso di mirati servizi effettuati nel quartiere Fondo Gesù, hanno notato i movimenti di un soggetto sospetto il quale, alla loro vista, ha cercato di allontanarsi velocemente, venendo però subito raggiunto e bloccato.

Durante la breve fuga, il giovane ha tentato di disfarsi di un borsello e di due involucri contenenti diverse dosi di eroina, già confezionate per essere cedute. All’interno del borsello, sono state trovate alcune chiavi di accesso a due locali situati nel piano sotterraneo di un edificio della zona.

Con l’ausilio delle unità cinofile antidroga e anti esplosivi del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e della Questura di Vibo Valentia, sono stati perquisiti i due locali, ed all’interno è stato rinvenuto un vero e proprio deposito di droga; diversi involucri contenenti, in totale, circa 2,5 kg di eroina, 150 grammi di hashish, 23 grammi di cocaina e 376 grammi di marjuana, oltre a due bilancini elettronici. Inoltre, sono state rinvenute due pistole semiautomatiche calibro 7, 65 con matricole abrase, e 130 cartucce di vario calibro.

Il materiale rinvenuto è stato sequestrato, ed il giovane, tratto in arresto per i reati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione di armi clandestine, è stato associato presso la locale casa circondariale, e posto a disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone.

Omicidio Tramontano, il compagno reoconfesso inviò messaggi a lei, già morta, per depistare

“Dicci solo che stai bene”, “finiscila con questa storia e batti un colpo”. Alessandro Impagnatiello aveva giù ucciso Giulia Tramontano ma le scriveva messaggi, allo scopo – secondo gli inquirenti – di depistare le indagini sulla sua scomparsa. Si lamentava di avere i “giornalisti” che “mi stanno molestando sotto casa. Ti prego – supplicava la donna morta quattro giorni prima – è invivibile così”.

Impagnatiello inizia a inviare messaggi dalla mezzanotte di sabato, poche ore dopo aver ucciso la 29enne. La mattina successiva le scrive dal lavoro, raccomandandole di riposarsi. E di fronte al silenzio di lei, ormai morta: “Hey ma sei ancora a letto?”. E così per tutta la giornata di domenica, quando viene sporta la denuncia di scomparsa.

I messaggi proseguono anche nei giorni successivi, mentre continua la disperata ricerca della 29enne. “So che non son stato un fidanzato ideale negli ultimi mesi. Ti ho mancato di rispetto. A te che sei stata la prima ed unica ragazza ad avere accolto mio figlio”, scrive Impagnatiello, già padre di un bambino avuto da una precedente relazione. “Mi hai fatto esplodere il cuore. Non volevo spezzare il tuo io invece. Non volevo che non ti brillassero più gli occhi quando stavamo insieme. Hai il pieno delle ragioni, ma voglio chiederti solo un favore: dicci solo che stai bene”, le parole che rivolge alla donna che ha ucciso due giorni prima.

La mattina del 31 maggio, dopo aver lasciato – stando alla confessione fatta la notte successiva – il corpo di Giulia in un’intercapedine, Alessandro le scrive ancora, chiamandola affettuosamente “Tata”. E dopo essersi lamentato dei giornalisti sotto casa, “Siamo al quarto giorno oggi, finiscila con questa storia e batti un colpo, ti supplico”. E’ l’ultimo messaggio, poche ore dopo Impagnatiello, di fronte alle prove ormai evidenti raccolte contro di lui dagli inquirenti, confesserà l’omicidio, facendo ritrovare il corpo della 29enne incinta.

“Amore non so di chi sia il rossetto”, così Impagnatiello negava tradimento
“Giuliet, Tata, ti giuro, non ho minimamente idea di chi sia quel rossetto, non so da quanto, né perché sia in macchina”. Così, in decine di messaggi inviati a Giulia Tramontano tra il 9 e il 10 maggio scorsi, Alessandro Impagnatiello negava le prove del suo tradimento. La 29enne incinta, che a gennaio aveva saputo che il compagno aveva un’altra relazione e a maggio continuava a nutrire sospetti sulla sua fedeltà, ne trova conferma nell’auto del 30enne: la cassa d’acqua appoggiata sul sedile del passeggero anteriore è stata spostata dietro e per terra c’è un rossetto.

“Mio non è, quindi è di qualcuno che è stato dal lato passeggero e gli sarà caduto. Chi è entrato in macchina?”, chiede ripetutamente Giulia sulle chat agli atti degli inquirenti. E lui: “Non è salito nessuno nella mia macchina. Non so proprio cosa dire, baby! Giuro!”. “Rispondi come si deve, sennò mi vedrai nel binocolo. Deficiente non sono”, lo incalza la compagna, ma Impagnatiello non cede: “Giulia non ho fatto niente, Dio mio! Amore non so di chi sia, giuro. Ti prego”.

Su Whatsapp i due tornano a discutere del rossetto trovato in auto giorni dopo: è il pomeriggio del 27 maggio, Giulia è stata contattata dall’altra ragazza con cui il 30enne ha una relazione. Le due, che si stanno per incontrare, si sono confidate, smascherando l’una all’altra le menzogne dell’uomo cui sono entrambe legate. “Il labello era suo” scrive la 29enne a Impagnatiello, poche ore prima di venire uccisa.

Con l’auto investe mortalmente una donna nel Catanzarese, arrestato

ambulanza

Una donna di 74 anni è morta nell’ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro dove era stata ricoverata nella tarda serata di mercoledì scorso dopo essere stata investita da un’auto mentre partecipava, lungo la via principale di Girifalco, ad una processione religiosa.

Il conducente della vettura che ha investito l’anziana, un cinquantenne, è stato arrestato e portato in carcere dai carabinieri della Compagnia di Girifalco con l’accusa di lesioni personali stradali gravi.

Nell’incidente è rimasto coinvolto anche il figlio di 53 anni dell’anziana deceduta, che si trovava accanto alla madre. L’uomo ha riportato una serie di fratture per le quali è stato ricoverato in ospedale.

Dagli accertamenti eseguiti dai militari è emerso che l’uomo, quando ha investito con la sua auto la 74enne, aveva un tasso alcolemico al di sopra del limite consentito. Nel momento in cui l’auto condotta dal 53enne ha investito la donna ed il figlio la strada lungo la quale si stava svolgendo la processione era molto affollata.

Omicidio Giulia Tramontano, Impagnatiello in carcere: “Ero stressato”. Gip: “No premeditazione”

E’ stato convalidato il fermo di Alessandro Impagnatiello, il presunto assassino “reoconfesso” di Giulia Tramontano, la 29enne incinta ammazzata a coltellate sabato scorso a Senago, nel milanese. Il giudice esclude la premeditazione, ma riconosce l’aggravante dei futili motivi: Tuttavia si tratta di un delitto “preordinato”, fa sapere il gip.

Impagnatiello avrebbe ucciso la compagna Giulia Tramontano “perché stressato dalla situazione che si era venuta a creare”. Questa la motivazione addotta da Alessandro Impagnatiello durante l’interrogatorio di convalida del fermo nel carcere di San Vittore, di fronte al giudice Angela Minerva.

Lo “stress” sarebbe stato determinato dalla “gestione delle due ragazze”, con cui intratteneva relazioni parallele, ma anche dal fatto che della sua doppia vita fossero venute a conoscenza altre persone, tra cui colleghi di lavoro. Un elemento, questo, che “addirittura aggrava la sproporzione tra i motivi e la condotta omicidiaria” per il gip, che nell’ordinanza di 26 pagine con cui convalida il fermo e applica la custodia cautelare in carcere per Impagnatiello riconosce l’aggravante dei futili motivi.

ESCLUSA LA PREMEDITAZIONE
Il magistrato, che ha convalidato il fermo del 30enne, ha anche disposto per il barman la custodia cautelare in carcere. Esclusa però l’aggravante della premeditazione dell’omicidio, contestata dalla procura che aveva emesso il decreto di fermo. Citando la giurisprudenza, il gip Minerva spiega che nell’omicidio di Giulia Tramontano non ci sarebbe premeditazione, bensì “preordinazione”, non essendoci un “previo studio delle occasioni ed opportunità per l’attuazione, un’adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalità esecutive”.

“È vero – scrive il giudice – che Impagnatiello, dopo aver ucciso Giulia ha in un primo momento tentato di bruciarne il cadavere nella vasca da bagno”. “Alle 19 di sabato scorso (27 maggio 2023), poco prima dell’omicidio, il presunto assassino “ha cercato sul web ‘ceramica bruciata vasca da bagno’. Una ricerca che il barman durante l’interrogatorio di convalida del fermo ha giustificato, spiegando di cercare “rimedi per l’eliminazione di una macchia della vasca da bagno manifestatasi nei giorni precedenti” e aggiungendo che “tale attività era un modo per distrarsi dalla situazione di forte stress che stava vivendo”.

Una spiegazione “priva di credibilità” per il giudice, che pur escludendo che “l’azione delittuosa dell’indagato sia stata conseguenza di un’azione totalmente estemporanea ed impetuosa”, non riconosce l’aggravante della premeditazione. Nell’ordinanza di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare in carcere viene esclusa anche l’aggravante della crudeltà, contestata invece dalla procura. Riconosciute invece le altre circostante aggravanti, ovvero i futili motivi e il vincolo di convivenza che legava Impagnatiello alla sua vittima.

IL CAMBIO DI VERSIONE: “GIULIA SI È FERITA MENTRE CUCINAVA”
Impagnatiello davanti al gip ha poi cambiato versione sul ferimento di Giulia Tramontano: non ha cercato di farsi male con un coltello da cucina poco prima che lui prendesse l’arma e la usasse per ucciderla, ma si è ferita “inavvertitamente” (accidentalmente) mentre stava cucinando. Ai pm, invece, mentre confessava l’omicidio, Impagnatiello aveva raccontato che la 29enne incinta si sarebbe procurata dei tagli sulle braccia da sola, con il coltello con cui stava cucinando e poi si sarebbe inferta anche “qualche colpo all’altezza del collo”. A quel punto lui “per non farla soffrire” le avrebbe a sua volta “inferto tre o quattro colpi all’altezza del collo”. Una versione che non convinceva gli inquirenti, ora smentita dallo stesso Impagnatiello.

LA MADRE IN LACLIME: MIO FIGLIO E’ UN MOSTRO”
“Alessandro è un mostro”, ha affermato tra le lacrime Sabrina Paulis, madre di Alessandro Impagnatiello, in un’intervista a ‘La vita in diretta’ su Rai1. “Non oso immaginare i familiari di Giulia, la mamma Loredana è una persona fantastica – dice piangendo la donna -. Alessandro è un mostro, io le chiedo perdono da madre ma non so cosa fare. Io le chiedo perdono – ripete – per aver fatto un figlio così, chiedo perdono a tutta la famiglia. E’ l’unica cosa che posso dire. Chiedo perdono per aver fatto un figlio così che nessuno sapeva – ripete ancora Sabrina Paulis -. Ma Ale non era così – aggiunge commuovendosi – non era così, credetemi. Non lo so cosa è successo. Io non ci credo ancora”.

Migranti, vìolano disposizioni del ministero, fermate le navi “Sea eye 4” e “Mare go”

Le due unità navali “Sea eye 4” e “Mare go”, impegnate nei giorni scorsi in soccorsi in mare e attualmente ormeggiate rispettivamente nei porti di Ortona e Lampedusa, oggi sono state sottoposte a fermo amministrativo. Ne da notizia la Guardia Costiera.

I provvedimenti sono stati emessi a seguito degli accertamenti effettuati da IMRCC Roma – autorità coordinatrice dei soccorsi – in base al DL 1/2023, convertito nella legge 15/2023 e recante “disposizioni urgenti in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare”.

In particolare, nella giornata odierna, si è provveduto al fermo della nave “Sea Eye 4” (in foto), giunta oggi nel porto di Ortona con a bordo 49 migranti, soccorsi su 2 diverse imbarcazioni (il primo evento – che ha interessato 17 migranti – avvenuto in aera SAR libica, il secondo – che ha interessato 32 persone – in area SAR italiana).

L’unità, nello specifico, dopo aver effettuato il primo intervento di soccorso in acque libiche, – spiega la nota della G.C. – “contravveniva all’impartita disposizione di raggiungere nel più breve tempo possibile il porto di Ortona, dirigendo invece su un’altra unità di migranti sulla quale, sotto il coordinamento di IMRCC Roma, stava già dirigendo in soccorso una motovedetta SAR della Guardia Costiera italiana”.

L’unità “Mare Go”, invece, “dopo aver eseguito il soccorso di 37 migranti, questa notte è giunta nel porto di Lampedusa, contravvenendo all’impartita disposizione di dirigersi al porto di Trapani, individuato quale porto di sbarco dei migranti dal Ministero dell’Interno”.​

Denise morta annegata. Spinta sott’acqua dalle correnti. Il salvagente trappola mortale?

Le fasi del recupero della salma di Denise Galatà, nel riquadro

È morta per annegamento Denise Galatà, la studente diciottenne finita martedì scorso nelle acque del fiume Lao, a Laino Borgo, sul Pollino, mentre faceva rafting insieme ad un gruppo di compagni e professori del liceo statale “Rechichi” di Polistena, in provincia di Reggio Calabria, con i quali era in gita scolastica.

Lo ha stabilito l’autopsia eseguita sul corpo della ragazza nell’ospedale di Corigliano-Rossano su disposizione della Procura della Repubblica di Castrovillari, che ha aperto un’inchiesta per accertare eventuali responsabilità per la morte della giovane. Per refertare l’annegamento, morte per asfissia, i medici hanno trovato acqua nei polmoni. Pare le siano state trovate anche una gamba e un braccio fratturati.

L’esame autoptico è stato effettuato dall’anatomopatologo Biagio Solarino, dell’università di Bari. All’autopsia ha preso parte anche Giuseppe Maurelli, perito di parte nominato dal sindaco di Laino Borgo, Mariangelina Russo, indagata nell’inchiesta insieme ad altre 9 persone.

Si tratta del presidente e del vicepresidente del “Canoa club Lao Pollino”, la società sportiva che gestisce l’attività di rafting sul fiume Lao (già sotto sequestro), Giuseppe Cosenza e Riccardo D’Onofrio, e delle guide Raffaele e Luigi Cosenza, Giampiero Bellavita, Gabriel Alacom Correa, Raffaele De Mare, Francesco De Stefano e Camila Andrea Ortegallancafio. Indagati, va sottolineato, non colpevoli fino ad un eventuale terzo grado di giudizio in un eventuale processo. L’ipotesi di reato contestata dalla Procura di Castrovillari guidata dal procuratore Alessandro D’Alessio, è di omicidio colposo.

Si attende adesso che la salma di Denise Galatà venga consegnata ai familiari della ragazza per la celebrazione dei funerali, che potrebbero svolgersi dopodomani, domenica 4 Giugno. Per il giorno delle esequie le Amministrazioni comunali di Rizziconi, dove la giovane risiedeva, e di Polistena, il comune in cui andava a scuola, hanno proclamato il lutto cittadino.

Alla luce dell’esame autoptico si può ipotizzare che Denise Galatà potrebbe essere morta annegata dopo pochi minuti dallo sbalzo nelle acque impetuose del fiume Lao, gonfio dalle piogge dei giorni precedenti l’escursione, quindi già nel primo pomeriggio del 30 Maggio.

Il giorno dopo, il 31 Maggio, con un massiccio dispiegamento di soccorsi, il corpo senza vita della ragazza è stato rinvenuto, dopo 24 ore, dai sommozzatori dei vigili del fuoco a qualche metro di profondità e a breve distanza dal luogo dell’incidente.

A quanto risulta, pare che la vittima fosse incagliata sott’acqua tra grossi massi adagiati nell’alveo del Lao e vari arbusti. Le fortissimi correnti evidentemente l’hanno trascinata subito giù nei vortici del fiume, e subito sbattuta violentemente contro le grosse pietre nel fondale. Ipotesi che collima con le testimonianze dei colleghi superstiti che hanno raccontato di aver visto gli altri studenti e docenti, recuperati, ma non Denise che evidentemente era stata inghiottita nell’immediatezza o quasi.

Probabilmente la povera Denise ha tentato di tutto per riemergere, ma purtroppo non ce l’ha fatta, nonostante il giubbotto di salvataggio (che ha delle fasce di allaccio molto resistenti) che con ogni probabilità è rimasto incagliato nelle sporgenze di rocce e alberi sott’acqua. Se fosse riuscita a sganciare il giubbotto, sapendo nuotare, sarebbe riemersa e forse si sarebbe salvata. Un giubbotto che, paradossalmente, è stato la sua trappola mortale.

Il video del recupero del corpo di Denise

Omicidio Tramontano, confessa il fidanzato: “Si sono stato io”

Ha confessato Alessandro Impagnatiello, il barman 30enne fermato per l’omicidio della fidanzata incinta al settimo mese, Giulia Tramontano. Il barman in sede di interrogatorio avrebbe affermato di aver compiuto tutto da solo ma nega la premeditazione.

L’uomo avrebbe ammesso di aver ucciso la fidanzata a coltellate, e per disfarsi del corpo avrebbe tentato di darle fuoco per farla sparire per sempre e cancellare ogni traccia. Tentativo che non è riuscito.

“Togliersi eventualmente la vita è l’unica forma di pentimento che lui ritiene corretta in questo momento, l’unica che abbia un senso”. Lo ha riferito Sebastiano Sartori, legale di Alessandro Impagnatiello, il 30enne reo confesso per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta di 7 mesi. “L’ha ripetuto l’altra notte più volte e lo ha ribadito” oggi durante l’interrogatorio, ha spiegato Sartori aggiungendo che Impagnatiello nega la premeditazione del delitto e ribadisce di aver fatto tutto da solo.

Intanto è lutto a Senago per la morte di Giulia Tramontano. La 29enne, incinta al settimo mese, è stata uccisa dal suo compagno, Alessandro Impagnatiello. Lo ha confessato lui stesso, nella notte, dopo che era stato indagato per omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale.

“Siamo tutti profondamente scioccati e senza parole”, ha detto il sindaco Magda Beretta, che ha già deciso di proclamare il lutto cittadino e ha dato disposizione di mettere le bandiere a mezz’asta. Incredulità anche tra gli abitanti. “E’ stato devastante. Si sente un’aria diversa oggi a Senago, anche tra i clienti, sapere che tocca da vicino, anche se poi non la conoscevamo personalmente … era entrata nel cuore di tutti e tutti speravamo in un finale diverso”, ha detto all’Adnkronos Claudia, dipendente del Panificio Lombardi, vicino alla casa della coppia.

Il dolore della famiglia
Devastante il dolore che sta provando la famiglia di Giulia. Una famiglia di cinque persone –mamma, papà e tre figli – da sempre molto unita. Nonostante la distanza ( i genitori abitano a Napoli, mentre Giulia viveva a Milano e Chiara a Genova), non mancavano dimostrazioni di affetto e supporto. Giulia e sua mamma si sentivano spesso durante il giorno. E’ stata proprio lei a lanciare l’allarme dopo che, domenica mattina, non aveva sentito sua figlia: nessuna risposta ai messaggi e nessuna telefonata, una chiamata che era ormai diventata un rito del fine settimana.

Il toccante messaggio della sorella
Durante i quattro giorni che sono passati tra la scomparsa 29enne e il ritrovamento del suo cadavere, la sorella, Chiara, non ha mai smesso di credere che l’avrebbe riabbracciata e a poche ore dal ritrovamento del corpo ha pubblicato un toccante messaggio di ringraziamento sul suo profilo Instagram, accanto a una fotografia che è un bellissimo ritratto di una famiglia felice.

“Grazie. Grazie di averci dato la speranza di trovarla. Grazie di averci creduto ed aiutato. Grazie dal profondo del cuore di una famiglia distrutta, di fratelli che non hanno avuto la possibilità di cullare il proprio nipote. Di genitori che sono stati privati del diritto di essere tali”, ha scritto la giovane. E ha aggiunto: “La nostra famiglia sarà per sempre unita come in questa foto”.

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