10 Ottobre 2024

Home Blog Pagina 65

Ucraina, accordo sul grano ed energia, incontro tra Erdogan e Putin a Sochi

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è arrivato a Sochi (Russia meridionale) per colloqui con il suo omologo russo Vladimir Putin. Lo riporta Tass.

L’aereo presidenziale è atterrato alle 12:15, ora di Mosca, ha riferito il quotidiano Aksam. In precedenza, una fonte dell’ufficio del leader turco aveva detto che i colloqui avrebbero avuto inizio alle 13:00, ora di Mosca. Il tema principale delle consultazioni sarà l’accordo sui cereali, ma anche della crisi ucraina con iniziative diplomatiche per la pace. Sul tavolo anche l’energia, oltre la centrale nucleare a Sinopi, in Turchia, l’hub turco cui dovrebbe giungere gas e petrolio russo. Rapporti economici bilaterali. Ankara punta a un interscambio con Mosca da 100 miliardi di dollari.

Per i presidenti di Russia e Turchia quello di oggi è il primo incontro di quest’anno. Nonostante le ripetute offerte del presidente turco di ospitare il suo omologo russo sul suolo turco, i colloqui si svolgeranno a Sochi, città russa sul Mar Nero.

L’ordine del giorno dei colloqui, indipendentemente dall’importanza delle varie questioni in discussione, sta attirando l’attenzione principalmente a causa delle speculazioni sulle opzioni per resuscitare la defunta “Black Sea Grain Initiative”, che prevedeva il passaggio sicuro delle spedizioni di grano ucraino e lo sblocco delle esportazioni agricole russe. Tuttavia, non vi è alcuna garanzia che verrà riattivato. Nonostante gli sforzi di Ankara nell’ultimo mese e mezzo per riportare la Russia nell’accordo, le parti sembrano per ora restare ferme, scrive Kommersant.

Erdogan ha immediatamente annunciato che si sarebbe incontrato con Putin per discutere del rilancio degli accordi di Istanbul alla base dell’accordo sul grano, che sono stati raggiunti nel luglio 2022 e hanno costituito la base dell’accordo sul grano fino a quando la Russia non si è ritirata rifiutando di estendere l’accordo dopo il 17 luglio fino al le disposizioni relative alla Russia sono state rispettate. Tuttavia, a questo punto sembra improbabile che eventuali nuove proposte di Ankara possano essere considerate alternative. Piuttosto, le parti dovrebbero discutere nuove opportunità che potrebbero essere utilizzate per convincere Mosca a riconsiderare il progetto del Mar Nero. I rappresentanti russi, da parte loro, hanno costantemente sottolineato la loro volontà di tornare all’accordo sul grano, come previsto dagli accordi di Istanbul, non appena tutte le condizioni di Mosca saranno soddisfatte.

In questo senso, Erdogan, che spera di riaffermarsi come il mediatore di maggior successo tra Russia e Ucraina, probabilmente si recherà a Sochi con qualcosa di più concreto di una richiesta di ritorno all’accordo sul grano e di una promessa di attuare tutte le disposizioni dell’accordo di Istanbul. Ieri i media turchi hanno riferito che l’ONU, in collaborazione con Ankara, aveva preparato un nuovo pacchetto di proposte per Mosca. Secondo quanto riportato dalla stampa, queste potrebbero includere la riconnessione della filiale europea della Banca agricola russa al sistema SWIFT, nonché lo scongelamento dei beni delle aziende russe coinvolte nella produzione di fertilizzanti in Europa.

Assiste a spettacolo pirotecnico e viene travolto da un treno, muore un 27enne

Stava assistendo in compagnia di altre persone ad uno spettacolo pirotecnico a conclusione della festa patronale quando, per cause in corso di accertamento, è stato travolto e ucciso da un treno in transito. E’ accaduto nella notte ad Amantea, in Calabria. La vittima è un 27enne, Francesco Paradiso. Il fatto è accaduto nella stazione ferroviaria Campora San Giovanni-Serra Ajello.

Secondo una prima ricostruzione, il giovane si trovava sul posto in compagnia di altre persone per assistere allo spettacolo pirotecnico a conclusione dei festeggiamenti in onore di San Francesco di Paola dove c’era stato un concerto di Adriano Pappalardo. Il luogo dove è avvenuto il fatto è la stazione in disuso di Campora San Giovanni, frazione di Amantea, situata a breve distanza dalla spiaggia nella quale sono stati accesi i fuochi d’artificio.

Francesco Paradiso si sarebbe seduto sulla banchina e non si sarebbe accorto dell’arrivo del treno proveniente a velocità sostenuta da Reggio Calabria e in procinto di fermarsi alla stazione di Amantea, qualche chilometro più a Nord.

Il convoglio lo ha centrato non lasciandogli scampo. Sul posto sono giunti i soccorsi che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso. Presente anche personale del posto di Polizia ferroviaria di Lamezia Terme che procede per gli accertamenti. La vittima, nata a Como ma residente ad Amantea, aveva preso parte alla serata conclusiva dei festeggiamenti per il Santo patrono della Calabria che in precedenza avevano visto l’esibizione nella piazza centrale di Campora del cantante Adriano Pappalardo.

Ristorante in fiamme ai Laghi di Sibari, accertato il dolo. Indagini

Un incendio di natura dolosa ha danneggiato la notte scorsa il ristorante Lux, ubicato nel complesso nautico dei Laghi di Sibari a Cassano allo Ionio, in provincia di Cosenza.

Ad andare a fuoco è stato un locale del retro situato tra il bar e la cucina che ospita alcuni macchinari come i frigoriferi e le forniture. I danni stimati ammonterebbero a circa cinquantamila euro. A certificare il dolo sono stati i Vigili del Fuoco di Corigliano Rossano intervenuti sul posto.

Nella notte tra sabato e domenica un altro incendio ha distrutto, nel quartiere Cappuccini, sempre a Cassano allo Ionio, un’automobile Seat Leon. Nel corso dell’incendio che ha interessato la Seat Leon anche una Smart è rimasta parzialmente danneggiata. Su entrambi i casi, allo scopo di fare piena luce, hanno avviato indagini i carabinieri della Compagnia di Cassano all’Ionio.

Serie B, Lecco Catanzaro 3-4 e i giallorossi volano al primo posto

Il Catanzaro ieri ha espugnato lo stadio del Lecco per 3-4 e vola al primo posto in classifica di serie B insieme al Parma. I giallorossi iniziano il primo tempo mostrando da subito il carattere. Al nono minuto Iemmello si gira al limite dell’area bluceleste, e colpisce il palo con un rasoterra velenoso.

Ecco il Lecco al 15′: schema da corner, Pontisso impegna Melgrati ma l’azione è viziata da un fuorigioco di Sounas. Il Lecco prende ritmo e al 24′ un destro di Lepore finisce tra le braccia di Fulignati, l’azione è però invalidata dal fuorigioco di Giudici.

Quattro minuti dopo la squadra di Vivarini va in rete. Colpo di testa di Brighenti che sbatte sulla spalla di Iemmello e s’infila in porta. L’arbitro annulla per fallo di mano visto alla moviola.

Al 31′ arriva la prima rete del Catanzaro. Da corner, cross tagliato di Vandeputte, Iemmello schiaccia di testa alle spalle di Melgrati. E’ 0-1. Passano cinque minuti e ancora i giallorossi sotto porta dei padroni di casa: Vandeputte libera Biasci che all’altezza del dischetto spreca allargando troppo il piattone.

Dopo un primo tempo dominato dai calabresi, al 56′ arriva il raddoppio: Sounas centra basso dal fondo, Vandeputte infila Melgrati di sinistro. Sette minuti dopo il Lecco sfiora il goal. Punizione di Lepora destinata all’incrocio, vola Fulignati. Ma era solo l’anticamera della rete. Un minuto più tardi corner di Lepore, Novakovich svetta in area e schiaccia di testa, il rimbalzo sorprende Fulignati. I blucelesti accorciano le distanze.

Vivarini sostituisce il bravo Iemmello con Donnarumma e Biasci per D’Andrea, che in campo si fanno subito notare. Al 74′ filtrante di D’Andrea per Donnarumma che a tu per tu con Melgrati incrocia troppo il sinistro, fuori.

All’83’ il risultato torna in parità. Da calcio d’angolo, miracolo di Fulignati su Novakovich, Caporale gira da due passi il piattone di Di Stefano. E’ 2-2. Dopo due minuti il Catanzaro nuovamente in vantaggio: cross di Vandeputte, Melgrati d’istinto respinge il colpo di testa di Donnarumma ma non può nulla sul rimpallo di Verna. 2-3.

All’88’ c’è un rinvio sbagliato di Melgrati intercettato di testa da Pompetti, Donnarumma scarta il portiere e deposita a porta vuota. Calabresi sul 2 a 4. Al 92′ il Lecco riaccorcia: Lepore scodella dalla sinistra, zampata ravvicinata di Eusepi, Fulingati respinge oltre la linea. Finisce 3-4 per il Catanzaro. Dopo la pausa prossima tappa domenica 17 settembre al Ceravolo. Arriva il Parma.

Lecco: Melgrati; Celjak, Bianconi, Caporale; Giudici (13’ st Tordini), Galli, Ionita (1’ st Sersanti), Crociata (1’ st Tenkorang), Lepore; Pinzauti (1’ st Di Stefano), Novakovich
A disposizione: Bonadeo, Saracco, Eusepi, Scapuzzi, Battistini, Donati, Marrone, Boci, Lemmens. Allenatore: L. Foschi

Catanzaro: Fulignati; Situm (12’ st Katseris), Scognamillo, Brighenti, Krajnc; Sounas (35’ st Pompetti), Pontisso (12’ st Verna), Ghion, Vandeputte; Biasci (22’ st D’Andrea), Iemmello (22’ st Donnarumma). A disposizione: Sala, Borrelli, Krastev, Brignola, Stoppa, Miranda, Veroli. Allenatore: V. Vivarini

Arbitro: Feliciani
Assistenti: Del Giovane – Niedda
Quarto ufficiale: Djurdjevic
Var: Giua. Ass. Var: Dionisi

Angoli: tre Lecco, sei Catanzaro
Recupero: 3‘ pt; 6’ st
Ammoniti: 37’ pt Crociata (L); 32’ st Katseris (C), 40’ st Sersanti (L)
Marcatori: 30’ pt Iemmello (C); 12’ st Vandeputte (C), 19’ st Novakovich (L), 38’ st Caporale (L), 42’ st Verna (C), 44’ st Donnarumma (C), 47’ st Eusepi (L)

Missili nucleari russi Sarmat, quotidiano britannico: “Londra scomparirà in 6 minuti”

“Un missile russo Sarmat potrebbe abbattere la capitale britannica in sei minuti”. Lo scrive Matthew Dooley, editorialista del quotidiano britannico Express citato da Ria Novosti.

“Putin ha messo in allerta un missile nucleare ipersonico capace di radere al suolo Londra in sei minuti”, si legge nell’articolo.

Secondo l’editorialista, il nuovo sviluppo degli ingegneri russi è stato utilizzato come avvertimento per l’Occidente, con gli Usa che minacciano costantemente l’esistenza della Russia col pretesto del conflitto in Ucraina.

“Il missile di nuova generazione è un’arma nucleare mostruosa in grado di trasportare fino a 15 testate ovunque sul pianeta”, ha ricordato l’autore.

“Sarmat” è un sistema missilistico strategico con un missile balistico intercontinentale a propellente liquido di classe pesante, il peso di uno di questi missili supera le 200 tonnellate. La NATO, per la sua estrema potenza distruttiva, lo ha soprannominato “Satan 2”.

Un supermissile Sarmat può raggiungere la velocità supersonica di 16.000 miglia orarie (circa 25mila km/h). In pochi minuti un solo razzo di questo tipo, con le testate nucleari agganciate, potrebbe annientare diverse metropoli in tutto il mondo, rendendo inutili i sistemi di difesa antimissili del nemico.

Il complesso è progettato per sostituire i missili Voevoda in servizio con le Forze Missilistiche Strategiche. Il direttore generale di Roskosmos, Yuri Borisov, ha da poco annunciato che questo sistema è stato messo in servizio di combattimento, quindi in stato di massima allerta nucleare.

L’uscita di Amato su Ustica per deviare l’attenzione sul sistema missilistico Sarmat di Putin?

Quando le interviste o gli interventi sono ad orologeria. Sembra il caso del colloquio che Repubblica, il giornalone del Gruppo Gedi – Elkann, ha avuto con l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato sulla strage di Ustica, in cui il dottor Sottile rilancia versioni o ‘verità’ già note da decenni e cioè che ad abbattere il DC9 Itavia (81 vittime) la sera del 27 Giugno 1980 fu un missile sganciato da un jet francese che inseguiva un mig su cui i servizi dell’Eliseo e occidentali ritenevano ci fosse il leader libico Gheddafi, allora inviso all’alleanza atlantica, per cui doveva essere soppresso. Tentativo che riuscì poi nel 2011, quando i servizi francesi e occidentali, Mossad compreso, consegnarono il colonnello alle tribù libiche ribelli che lo presero, lo torturarono e lo uccisero. Notizie già note, trite e ritrite. Ma l’intervista sul caso di Ustica ha avuto una grande eco e tiene banco.

Già Cossiga, all’epoca della strage presidente del Consiglio, prima della sua scomparsa disse all’incirca le stesse cose. A questa conclusione era arrivato anche il giudice istruttore Rosario Priore nella sua lunga ed articolatissima inchiesta composta da migliaia di pagine da cui emergevano solo indizi che però portavano ad altri indizi, su questa ipotesi. Non vi erano prove schiaccianti per inchiodare i francesi e la Nato alle loro responsabilità.

Segreti di Stato, palesi depistaggi, strani incidenti, morti anomale e suicidi sospetti. La ricostruzione che il magistrato fece sul mig libico caduto a Castel Silano, in Calabria, è la chiave di tutta la storia, oltre le manipolazioni dei tracciati radar sotto il comando della Nato. Dalle inchieste sul jet caduto in Sila viene avvalorata l’ipotesi tutt’altro che balzana che quel pomeriggio/sera vi fu una battaglia aerea nei cieli del Mediterraneo centro-meridionale. Tralasciando i dettagli su questo lungo e inquietante capitolo, possiamo accennare un solo episodio che la dice lunga su tutta la narrazione ufficiale delle autorità: il ritrovamento del mig libico venne fatto risalire ufficialmente al 18 Luglio 1980 e non al 27 Giugno, cioè 22 giorni dopo. Militari dell’Esercito in servizio a Cosenza hanno testimoniato al giudice istruttore che il giorno dopo il disastro, il 28 Giugno 1980, vennero mandati in Sila a fare da guardia ad un aereo da combattimento precipitato. Dissero che il jet era crivellato di colpi di arma da fuoco. Il pilota fatto rinvenire il 18 luglio venne trovato in avanzatissimo stato di decomposizione, a detta dei medici legali del tempo, morto almeno una ventina di giorni prima. Il velivolo era però curiosamente un altro, differente dal jet cui hanno fatto da guardia i militari cosentini.

Nella sostanza cosa è successo? I servizi, per depistare e fare confusione (come da loro manuale, ndr), hanno fatto risultare il ritrovamento del Mig dopo ventidue giorni, sostituendo però l’aereo e traslando il corpo putrefatto del pilota  Perché? Perché il primo velivolo era pieno di fori di proiettili, il secondo era integro, salvo i danni di un impatto indotto per rendere credibile la versione del 18 luglio. Questo per far capire ai ‘curiosoni’ che nei cieli del Mediterraneo la sera del 27 giugno non c’era stata alcuna battaglia aerea; che il mig libico ritrovato a luglio era caduto per caso e che sul DC9 Itavia, con 81 persone a bordo, era esplosa una bomba, la prima delle ipotesi fatta circolare insieme al cedimento strutturale e ad una ipotetica pista palestinese.

Tornando ad Amato, ma allora perché questo intervento di un ex premier oggi in pensione – da sempre legato al deep state italiano e internazionale -, che fra l’altro 43 anni fa, all’epoca del disastro, non aveva primari ruoli politici e soprattutto di governo? Nell’80 il dottor Sottile faceva il professore universitario alla Sapienza. Solo nel 1983 da dirigente socialista venne eletto in Parlamento e divenne – prima di avere tanti futuri incarichi politici ed istituzionali -, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nei due governi Craxi, fino all’87.

L’intervento di Amato a Repubblica sembra l’ennesimo “depistaggio”? Così sembra essere, ma su altre questioni attuali di politica estera. A cosa è servito? Evidentemente per distrarre l’opinione pubblica da un’altra vera notizia passata un po’ in sordina, “taciuta” da larga parte dei media mainstream, appunto perché tiene banco una ‘non notizia’ senza fra l’altro elementi di novità su uno dei più fitti misteri d’Italia.

La vera notizia passata sottotraccia è che la Russia di Putin, evidentemente stanca delle provocazioni del blocco Nato nella guerra che gli Usa stanno conducendo per procura in Ucraina, ha messo “in stato di combattimento” il moderno sistema missilistico strategico Sarmat, un supermissile intercontinentale capace di trasportare fino ad una quindicina di testate nucleari e in grado di colpire a velocità supersoniche obiettivi fino a 18, ventimila km di distanza senza farsi scalfire dai sistemi di difesa aerea nemici. In soldoni è sufficiente un solo “Sarmat” per radere al suolo – con un click – le maggiori metropoli europee, britanniche e statunitensi.

Una notizia “bomba”, è il caso di dire, che avrebbe suscitato una ondata di proteste di milioni di cittadini che invocano da tempo interventi diplomatici per la pace e lo stop all’invio di armi a Kiev. Se Washington non ascolta e prosegue ostinatamente ad armare Zelensky con l’obiettivo dichiarato di distruggere la Russia, Mosca – con le sue seimila testate nucleari -, dal canto suo avverte la minaccia e si difende alzando l’asticella dello scontro ai massimi livelli. E’ giunta l’ora che gli Stati Uniti e i suoi satelliti oltre oceano aprano bene occhi e orecchie e cessino di stuzzicare la Russia, prima che sia davvero troppo tardi.

Leggi anche

Strage di Ustica, “Sono stati i francesi” (Cossiga dixit). E per depistare, gli 007 massacrarono a Bologna altre 85 persone

 

Ustica, esperto che seguì il recupero del DC9: “I francesi sui fondali senza avvertirci”

Serie B, scivolone del Cosenza a Brescia: 1-0

Esordio in Serie B per il Brescia che dopo il ripescaggio dalla C ha incrociato in questa quarta giornata il Cosenza. Al Rigamonti, a porte chiuse, inizia il campionato delle Rondinelle che vincono 1-0 sui calabresi grazie alla rete al 53′ di Birkir Bjarnason: Gran sponda in area di Fogliata per l’inserimento del centrocampista, piatto e Micai viene battuto. E’ la seconda sconfitta consecutiva per la squadra di Caserta.

La sconfitta analizzata dal tecnico Fabio Caserta in conferenza stampa

BRESCIA (4-3-1-2) Lezzerini, Dickmann, Papetti, Cistana, Mangraviti, Bisoli,  Ndoj (56′ Olzer), Fogliata (86′ Besaggio), Bjarnason, Bianchi, Moncini (56′ Borrelli). A disp.: Andrenacci, Riviera, Maccherini, Nuamah, Adorni, Ferro. All. Gastaldello.

COSENZA: Micai; Rispoli, Sgarbi, Meroni,  D’Orazio; Zuccon, Calò (84′ Viviani);  Marras (54′ Canotto), Voca (84′ Fontanarosa) , Arioli (66′ Crespi), Tutino (84′ Zilli). A disp. : Marson, Venturi, Occhiuto, Praszelik. All. : Fabio Caserta.

ARBITRO: Fabio Maresca della Sezione di Napoli , assistenti: Valerio Colarossi di Roma 2 ed Edoardo Raspollini di Livorno,  Quarto ufficiale: Stefano Milone di Taurianova, Var: Pairetto di Pinerolo, Avar: Tremolada

Risultato: 1-0

Marcatori: 53′ Bjarnason,

 

Uomo scomparso il 9 agosto è stato trovato morto, si ipotizza l’omicidio

E’ stato trovato senza vita il quarantanovenne Carmine Morelo, scomparso il 9 agosto scorso a Corigliano Rossano, centro dell’alto Ionio cosentino.

Il cadavere di Morelo è stato individuato dai carabinieri del Reparto territoriale di Corigliano Rossano in una zona isolata in contrada “Strange” di Corigliano Rossano.

L’esame esterno ha consentito di rilevare sul corpo dell’uomo alcune ferite compatibili con colpi di arma da fuoco. Per avere la certezza, in questo senso, e dedurne che Morelo sia stato vittima di omicidio, si attende comunque l’esito dell’autopsia disposta dal pm di turno della Procura della Repubblica di Castrovillari.

L’ipotesi che Morelo sia stato ucciso trova fondamento anche sulla sua presunta vicinanza ad ambienti criminali dell’Alto Ionio cosentino, in particolare alla cosca Acri. Morelo era stato anche coinvolto anni fa in un’operazione contro la criminalità organizzata, denominata “Stop”. Dall’operazione scaturì un processo a conclusione del quale, comunque, il quarantanovenne fu assolto.

Giornalista reggino viene aggredito mentre riprende incidente stradale

Questura Reggio Calabria

Un giornalista, Cesare Minniti, collaboratore dell’emittente locale “Reggio TV”, è stato aggredito da alcune persone a Reggio Calabria mentre stava riprendendo le conseguenze di un incidente stradale accaduto poco prima.

L’episodio risale a giovedì scorso, ma se n’è avuta notizia soltanto oggi. “In quei terribili momenti – ha detto ancora Minniti – non mi sono mai perso d’animo. Non credo ci sia un clima di violenza a Reggio Calabria, ma mi sono reso conto che ci sono persone che controllano in maniera capillare il territorio e si sentono autorizzate a fare ciò che vogliono. Per quanto mi riguarda, comunque, continuerò senza titubanze a fare il mio mestiere di cronista, incoraggiato dalla parte sana della città”.

Per le lesioni subite il giornalista è stato portato nel pronto soccorso del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria, dove è stato medicato e giudicato guaribile in sette giorni. Il giornalista è stato colpito con calci e pugni dagli aggressori, che si sono poi allontanati. Minniti ha presentato denuncia alla Polizia di Stato.

“Ho cercato di parare i colpi – ha detto Minniti all’Ansa – ma la volontà di chi mi ha aggredito era di farmi male. Non so spiegarmi i motivi dell’aggressione e non riesco ancora a comprendere perché quelle persone si siano tanto infuriate”.

Il giornalista, per sottrarsi ai suoi aggressori, si è rifugiato in un negozio ubicato nelle vicinanze. Lo stesso negozio è dotato di telecamere di sorveglianza che potrebbero avere ripreso l’aggressione.

Ustica, ex sott’ufficiale dell’AM: “Ci sono ancora documenti classificati sulla strage”

Si chiama Giuseppe Dioguardi e quella notte d’estate del 1980, quando un Dc9 precipitò in mare sui cieli di Ustica, aveva appena 19 anni, uno tra i più giovani in servizio nella sala operativa della Prima regione aerea a Milano.

Ricorda tutto di quei momenti, le comunicazioni, i messaggi, la tensione e l’allarme. A distanza di 43 anni dalla strage costata la vita a 81 persone, l’ex maresciallo dell’aeronautica torna a parlare, come aveva già fatto nel 2013, dopo essere stato sentito dai magistrati ma, soprattutto, dopo essersi ‘liberato’ del nullaosta di sicurezza che non gli consentiva, in quanto militare, di poter parlare di quello che era successo quella notte.

“Finalmente anche Amato conferma quanto dissi io stesso dieci anni fa”, dice intervistato dall’Ansa aggiungendo che “i documenti dell’epoca ci sono ancora, bisognerebbe solo saperli cercare nel modo corretto”. Oggi Dioguardi ha 62 anni e una vita passata in divisa. Una carriera militare lunghissima che più volte si è intrecciata al caso Ustica, sin da quel 27 giugno del 1980, quando ha seguito minuto per minuto quanto stava accadendo sui cieli italiani. “Quella notte in volo c’erano i due Mirage e un Tomcat – ricorda -, i nostri lo avevano segnalato ma è stato dato l’ordine di silenzio assoluto. Un silenzio ripagato in alcuni casi con avanzamenti di carriera fuori dal comune e promozioni mai viste”.

“Quando sento che Tricarico dice di sentirsi sotto attacco, vorrei ricordare che all’epoca era al terzo reparto dello Stato maggiore, quello cioè che viene informato di qualsiasi velivolo o transito. non poteva non sapere”. Negli anni successivi ha lavorato nelle segreterie di numerosi ministri della Difesa, compreso Giovanni Spadolini, al quale consegnò personalmente il rapporto del Sismi sull’incidente. “Lo aveva chiesto lui che fossi io a portarglielo, si fidava ciecamente di me – racconta -. Ricordo ancora la sua espressione, sbatté i pugni sul tavolo, era infuriato. Io stesso lessi quel documento, di sette-otto pagine. Era l’aggiustamento della verità da parte degli ufficiali ordinata da qualcuno molto in alto”. L’ex maresciallo, oggi in pensione nella sua Bari, ripercorre la notte della strage, fin dalla prima segnalazione sulla presenza di voli cosiddetti speciali sui cieli d’Italia, “sulla rotta che portava dalla ex Jugoslavia alla Libia”.

“Si alzarono in volo i caccia intercettori da Grosseto, su input del centro Radar di difesa aerea di Poggio Ballone, che lanciarono l’allarme – ricorda -, poi ricevettero l’ordine di rientrare”. A bordo dei due F-104 c’erano Mario Naldini e Ivo Nutarelli, i due piloti delle Frecce Tricolore morti nel 1988 in un incidente durante una manifestazione a Ramstein, in Germania.

Una delle tanti “morti sospette”, come sottolinea Dioguardi, che il caso Ustica si porta dietro. “Quando venne fornito all’epoca l’elenco su chi avesse informazioni sulla strage di Ustica – sottolinea -, l’unico ancora in vita ero io. Gli altri erano tutti morti o per cause naturali o per strani incidenti”.

Sta di fatto che oggi le parole di Giuliano Amato hanno riaperto di nuovo il caso e da più parti si è alzato il coro per cercare i documenti che accertino quanto sostenuto dall’ex premier. “Ci sono tantissimi documenti classificati – spiega Dioguardi -, come quelli che certificano la presenza di un aereo libico e uno francese quella notte”. Entrambi i velivoli, infatti, si sarebbero fermati a far rifornimento di carburante in due aeroporti italiani, come certificherebbero alcuni verbali. “Ma esistono anche i messaggi classificati, come i tantissimi telegrammi inviati e arrivati quella notte, la cui copia non può essere distrutta – conclude Dioguardi -. E quel giorno tutti sapevano cosa era successo, ma è stato ordinato loro il silenzio”. Un silenzio che creò quel “muro di gomma” sul quale oggi potrebbe essersi formata, finalmente, una crepa.

Sequestrano minorenne per spillare soldi allo zio, arrestati 4 stranieri

archivio

Quattro persone, tutte di nazionalità straniera, sono state arrestate a Vibo Valentia dalla polizia, con la collaborazione dei carabinieri e della guardia di finanza, con l’accusa di avere sequestrato un minorenne allo scopo di estorcere una somma di denaro allo zio. Sia quest’ultimo che il ragazzo sequestrato sono della stessa nazionalità degli arrestati.

La vittima del tentativo di estorsione si è rivolta alla polizia per denunciare quanto era accaduto, consentendo così l’avvio delle indagini che, a distanza di poche ore, hanno portato all’individuazione del minore sequestrato e all’arresto di tre dei quattro responsabili del rapimento.

Il quarto componente del gruppo di sequestratori é stato bloccato poco dopo. Due dei responsabili del sequestro sono anche loro minorenni. Dalle indagini è emerso, tra l’altro, che uno dei quattro rapitori era già stato coinvolto come scafista in uno sbarco di migranti avvenuto nei giorni scorsi a Vibo Valentia.

Strage di Ustica, Amato: “È stato un missile francese. Macron chieda scusa”

Il Dc9 dell’Itavia, precipitato vicino a Ustica il 27 giugno 1980, fu abbattuto da un missile francese. “La versione più credibile è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno”. Così l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, in un’intervista a ‘la Repubblica’, parlando della strage di Ustica. “Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. E il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader libico: l’esercitazione era una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l’attentato come incidente involontario”, ha aggiunto.

“Gheddafi fu avvertito del pericolo e non salì sul suo aereo. E il missile sganciato contro il Mig libico finì per colpire il Dc9 dell’Itavia che si inabissò con dentro ottantuno innocenti – ha sottolineato Amato – L’ipotesi più accreditata è che quel missile sia stato lanciato da un caccia francese partito da una portaerei al largo della costa meridionale della Corsica o dalla base militare di Solenzara, quella sera molto trafficata. La Francia su questo non ha mai fatto luce”.

“Mi chiedo perché un giovane presidente come Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia di Ustica, non voglia togliere l’onta che pesa sulla Francia – ha detto ancora l’ex premier – E può toglierla solo in due modi: o dimostrando che questa tesi è infondata oppure, una volta verificata la sua fondatezza, porgendo le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo. Il protratto silenzio non mi pare una soluzione”.

Amato ha ricordato che “da principio i militari si erano chiusi in un silenzio blindato, ostacolando le indagini. E quando da sottosegretario alla Presidenza ebbi un ruolo in questa vicenda, nel 1986, cominciai a ricevere a Palazzo Chigi le visite dei generali che mi volevano convincere della tesi della bomba esplosa dentro l’aeromobile. Era da tempo crollata la menzogna del ‘cedimento strutturale’ dell’aeromobile e bisognava sostituirla con la tesi altrettanto falsa del ‘cedimento interno a causa dell’ordigno’”. “Ovviamente – ha osservato – mi chiedevo perché venissero a dirmi queste falsità. Capivo che c’era una verità che andava schermata. E la nostra aeronautica era schierata in difesa della menzogna. C’era qualcosa di molto inquietante in tutto questo. Se tanti militari, tutti con incarichi ufficiali molto importanti, dicevano la stessa cosa palesemente falsa dietro doveva esserci un segreto molto più grande di loro. Un segreto che riguardava la Nato”.

Amato ha affermato poi ancora che fu l’allora “presidente del Consiglio Bettino Craxi a chiedermi di occuparmi” del caso Ustica “nell’agosto del 1986. La sollecitazione era arrivata dal presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, su pressione di parlamentari e intellettuali. A quell’epoca navigavamo ancora nel buio”. “Io ricordo – ha quindi sottolineato Amato – che Craxi era insofferente alle mie perplessità sulle tesi dei generali. Andavo da lui per avere sostegno sui fatti che secondo me le smentivano e lui mi diceva senza mezzi termini che dovevo evitare di rompere le scatole ai militari. Poi mi faceva fare, perché questo era il nostro rapporto. Ma non era contento”.

Sul perché fosse insofferente, Amato sostiene: “Avrei saputo più tardi – ma senza averne prova – che era stato Bettino ad avvertire Gheddafi del pericolo nei cieli italiani. Non aveva certo interesse che venisse fuori una tale verità: sarebbe stato incolpato di infedeltà alla Nato e di spionaggio a favore dell’avversario. In fondo è sempre stata questa la sua parte. Amico di Gheddafi, amico di Arafat e dei palestinesi: uno statista trasgressivo in politica estera”.

Leggi anche

Strage di Ustica, “Sono stati i francesi” (Cossiga). E per depistare, gli 007 massacrarono a Bologna altre 85 persone

Bonfietti: “Le parole di Giuliano Amato sono molto importanti”

“Le parole di Giuliano Amato sono molto importanti, l’intervista ripercorre la lunga storia di questa vicenda e ricostruisce ciò che già sapevamo: il Dc9 è stato abbattuto” ha detto all’Agi Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, commentando le parole dell’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato al quotidiano La Repubblica. “Amato ribadisce ciò che aveva detto anche Cossiga e la Francia, fino a ora, ha risposto in maniera insoddisfacente e vergognosa – dice Bonfietti -. E’ il governo del nostro Paese che ora deve rivolgersi a Macron con forza per chiedere che emerga questa verità mai confessata”. “La mia gratitudine va ad Amato perché riporta all’attenzione dei più questa storia vergognosa, dopo 43 anni dobbiamo finalmente riuscire a mettere insieme i responsabili. Ci sta provando Amato insieme alla magistratura, ma deve intervenire la politica. Sono nostri alleati e devono rispondere”, conclude Bonfietti.

“Le affermazioni di Giuliano Amato sulla strage di Ustica aprono, dopo quarant’anni, scenari veramente inquietanti che impongono il giusto riconoscimento di quegli organi dello Stato che fin dall’inizio cercarono di ricostruire la verità dell’accaduto e le relative responsabilità. Tra questi mi pare doveroso ricordare Paolo Borsellino, a capo della Procura della Repubblica di Marsala”. È quanto dichiara il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Fabio Pinelli che annuncia: “condividerò con l’intero Consiglio Superiore di valutare l’opportunità di avanzare alla Procura della Repubblica di Marsala la richiesta di rendere accessibili tutti gli atti del procedimento di potenziale interesse di quell’inchiesta”.

“Borsellino – prosegue il vicepresidente del Csm – portò avanti, con la consueta e riconosciuta capacità professionale e rettitudine morale, una delicatissima attività di indagine scontrandosi sovente con reticenze e depistaggi. Basti ricordare la vicenda sul radar di Marsala, come ricostruito meritevolmente dal compianto giornalista Andrea Purgatori”.

“Per tali ragioni, condividerò con l’intero Consiglio Superiore di valutare l’opportunità di avanzare alla Procura della Repubblica di Marsala la richiesta di rendere accessibili tutti gli atti del procedimento di potenziale interesse di quell’inchiesta, nonché il compendio documentale delle iniziative portate avanti dal dottor Borsellino all’epoca. Tutto ciò, non solo per dare memoria ancora una volta dello straordinario contributo nell’interesse dello Stato da parte di Paolo Borsellino, ma anche per un dovere di carattere morale nei confronti dei familiari delle vittime, di vedere finalmente riconosciuto il diritto alla ricostruzione – per quanto possibile – della verità storica della tragedia di Ustica”, ha concluso Pinelli.

Nessun commento dall’Eliseo

“Non abbiamo commenti da fare”: così risponde il servizio stampa dell’Eliseo questa mattina alla richiesta di un commento all’intervista dell’ex presidente del Consiglio, Giuliano Amato, in cui si ribadiscono le responsabilità francesi nel disastro di Ustica e si chiede che il presidente Emmanuel Macron presenti le scuse della Francia.

Donselli (Copasir): ‘Da sempre chiediamo la desecretazione degli atti’

“Quello che facciamo al Copasir è segreto e non mi permetterei mai di rivelarlo. Amato ha detto delle cose importanti. Noi da sempre chiediamo la desecretazione di tutti gli atti e le pagine non chiare di quegli anni. Amato dice delle cose, in passato ha detto l’esatto opposto”. Lo afferma Giovanni Donzelli, vice presidente del Copasir e responsabile organizzazione di Fdi a margine della kermesse dei Conservatori e Riformisti a Reggio Calabria. “Ci chiediamo – prosegue Donzelli – perchè Amato oggi dica queste cose, lo spiegherà per bene e spiegherà anche perchè in passato ha detto altre cose, ma ben venga quando le persone parlano è una buona notizia e quando ciascuno dice la sua verità è una buona notizia. Il problema è quando le persone stanno in silenzio”.

Meloni: “Meloni: “Nessun atto riguardante la tragedia del DC9 è coperto da segreto di Stato”

“Quelle di Giuliano Amato su Ustica sono parole importanti che meritano attenzione. Il presidente Amato precisa però che queste parole sono frutto di personali deduzioni. Premesso che nessun atto riguardante la tragedia del DC9 è coperto da segreto di Stato, e che nel corso dei decenni è stato svolto dall’autorità giudiziaria e dalle Commissioni parlamentari di inchiesta un lungo lavoro, chiedo al Presidente Amato di sapere se, oltre alle deduzioni, sia in possesso di elementi che permettano di tornare sulle conclusioni della magistratura e del Parlamento, e di metterli eventualmente a disposizione, perché il governo possa compiere tutti i passi eventuali e conseguenti” scrive in un tweet la premier, Giorgia Meloni.

Scarica l’Ordinanza Sentenza del giudice Rosario Priore (Integrale)

Ex agente Usa: “l’Occidente ha commesso un grave errore a non ascoltare Putin”

L’Occidente ha commesso un errore colossale non ascoltando le richieste del presidente russo Vladimir Putin prima dell’inizio dell’operazione speciale, ha detto l’ex ufficiale dell’intelligence militare americana Tony Schaffer in un’intervista al canale YouTube di George Galloway, citata da Ria Novosti.

“L’Occidente, in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, non hanno ascoltato Vladimir Putin. Il capo della Federazione russa “ha spiegato molto chiaramente ciò che vuole ottenere. Invece di accettare il suo punto di vista, le sue parole continuavano ad essere ignorate”, ha osservato Schaffer.

L’esperto ha sottolineato che se l’Occidente continua sulla stessa linea, ciò porterà ad un’ulteriore escalation del conflitto, probabilmente con un intervento diretto della NATO , come temono gli stessi militari.

Vladimir Putin il 24 febbraio 2022, si è rivolto ai russi e ha annunciato l’avvio di un’operazione militare speciale, il cui scopo ha definito la protezione degli abitanti filorussi del Donbass, la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.

Parlando della NATO, il capo dello Stato ha ricordato che l’alleanza atlantica si sta avvicinando ai confini della Russia. Mosca, secondo il leader russo, cerca da 30 anni di accordarsi sulla non espansione del blocco verso est e ha subito inganni, tentativi di pressione e ricatti.

Ucraina, l’Occidente provoca e Mosca aziona il sistema missilistico intercontinentale Sarmat

Il direttore generale di Roskosmos Yuri Borisov ha affermato che il sistema missilistico strategico Sarmat russo ha assunto il servizio di combattimento. “Il complesso strategico Sarmat è stato messo in servizio di combattimento”, ha detto Borisov citato da Ria Novosti.

In precedenza, si presumeva che il primo Sarmat sarebbe stato in servizio di combattimento alla fine del 2022: Vladimir Putin ne ha parlato in un incontro con i diplomati delle istituzioni militari superiori. Nel febbraio 2023, il capo dello Stato ha annunciato che il complesso “con un nuovo missile pesante” sarebbe stato presto pronto per l’uso.

“Sarmat” è un sistema missilistico strategico con missili balistici intercontinentali a propellente liquido di classe pesante. Il peso di uno di questi missili supera le 200 tonnellate ed è capace di colpire obiettivi anche a 18.000 km di distanza. Il complesso è progettato per sostituire i missili Voevoda in servizio con le Forze Missilistiche Strategiche.

La decisione del Cremlino è scaturita dalle “continue provocazioni dell’Occidente che nella guerra per procura in Ucraina invece di promuovere iniziative diplomatiche per giungere alla pace, prosegue nell’armare il regime di Kiev, che da diverso tempo sta attaccando con droni il territorio della Federazione russa, Mosca compresa”, fanno sapere fonti russe.

Analista militare: “Sistema missilistico Sarmat aumenta potenza della triade nucleare russa”

“L’entrata in servizio del sistema missilistico strategico Sarmat aumenterà la potenza della triade nucleare russa”. Lo ha detto a Ria Novosti l’analista militare Igor Korotchenko in merito all’annuncio del direttore generale di Roscosmos, Yury Borisov della messa in combattimento sistema missilistico Sarmat.

“Sarmat” è in grado di attaccare sia attraverso il Polo Nord che attraverso il Polo Sud. Secondo varie stime, questo missile trasporta da 10 a 15 testate mirabili individualmente e una serie sviluppata di mezzi per superare la difesa missilistica. Senza dubbio, Sarmat aumenterà le capacità e la stabilità del gruppo russo di forze nucleari strategiche nel scoraggiare potenziali aggressori”, ha affermato Korotchenko.

Allo stesso tempo, l’esperto ha espresso la sua opinione sull’opportunità, nell’attuale situazione politico-militare, di rilanciare il progetto del “treno a razzo” – il BZHRK “Barguzin”, sistema di missili balistici intercontinentali mobili su rotaia ferroviaria.

“Barguzin” a causa dell’incertezza della sua posizione nell’area posizionale da Mosca a Vladivostok (la punta del territorio russo al confine con la Corea del Nord, circa 7mila km di distanza della capitale, ndr) e dell’inaccessibilità per la ricognizione satellitare di un potenziale nemico per rivelare la sua posizione darà un contributo significativo al potenziale di un attacco di ritorsione e diventerà un fattore serio nell’assicurare l’invulnerabilità strategica delle forze nucleari russe”, ha sottolineato Korotchenko.

Coghe (Pro Vita): “Con il Digital Services Act vera censura politica e ideologica”

“Il Digital Services Act è un regolamento dell’Unione Europea che limita fortemente la libertà di manifestazione del pensiero su internet, una vera censura politica e ideologica, che come una mannaia si abbatte su chi ha opinioni diverse dal pensiero unico dominante”. Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus

“In base al DSA – spiega Coghe – i motori di ricerca e le piattaforme dovranno esaminare, in particolare, i contenuti riguardanti temi come: violenza di genere, salute pubblica, protezione dei minori e benessere mentale e fisico. Sappiamo bene che quando l’Unione Europea utilizza questi termini si riferisce in realtà a temi come l’aborto, l’ideologia gender, droga e pedofilia”.

“Già prima dell’approvazione del DSA le associazioni pro life e pro family hanno sperimentato la censura. Con l’entrata in vigore di questo regolamento, il rischio di una cancellazione totale da parte di piattaforme, social network e testate online di opinioni e pensieri contrari al mainstream su queste tematiche, è assicurato”, conclude il portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus.

Sindaco di Reggio Brunetti: “La Reggina ammessa in serie D”

Un azione del derby Cosenza-Reggina del 5 Novembre 2021

La Federazione italiana giuoco calcio ha risposto positivamente alla richiesta del sindaco facente funzioni di Reggio Calabria, Paolo Brunetti, autorizzando l’iscrizione di una società, in rappresentanza della città, al prossimo campionato di serie D. La quota d’iscrizione è stata fissata dalla Figc in 400 mila euro. Lo rende noto il sindaco facente funzioni di Reggio Calabria, Paolo Brunetti.

La “Reggina 1914”, la precedente società di calcio cittadina, non era stata ammessa al campionato di serie B per irregolarità amministrative, nonostante i diversi ricorsi della dirigenza amaranto che sono stati respinti dalla giustizia sportiva e ordinaria, ultima in ordine la bocciatura del Consiglio di Stato.

“Nella giornata di domani – afferma Brunetti – pubblicheremo l’avviso pubblico per la ricezione delle manifestazioni d’interesse per individuare una nuova proprietà che possa raccogliere l’importante eredità e la storia centenaria del calcio reggino. Confidiamo nella più ampia partecipazione possibile del mondo dell’imprenditoria per riportare slancio e vigore ad un comparto che rappresenta, sul territorio, un autentico volano di sviluppo in chiave sportiva, sociale ed economica”.

Con la moto finisce su un rondò, muore un giovane carabiniere

Un carabiniere di 36 anni, Luca Guarino, è morto in un incidente stradale avvenuto nella tarda serata di ieri a Lamezia Terme.

Secondo quanto le prime informazioni, l’uomo era a bordo della sua moto, una Harley-Davidson, quando, per cause in corso di accertamenti da parte della Polizia stradale, avrebbe perso il controllo impattando violentemente contro la rotatoria del Bivio Bagni, all’entrata del quartiere di Sambiase.

Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, polizia e carabinieri. L’uomo è stato portato nell’ospedale cittadino e sottoposto ad un primo intervento chirurgico, poi trasportato a Catanzaro ma nella notte le sue condizioni sono peggiorate ed è morto. Il militare dell’Arma era in servizio alla Stazione dei carabinieri del quartiere di Sant’Eufenia.

Strage ferroviaria a Brandizzo, la Procura: “Gravi violazioni di sicurezza”. Presto indagati

Il luogo della tragedia e le cinque vittime dell’incidente ferroviario: da sinistra Saverio Giuseppe Lombardo, Michael Zanera, Kevin Laganà, Giuseppe Aversa e Giuseppe Sorvillo. (Ansa)

“Dalle prime indagini emergono gravi violazioni della procedura di sicurezza al momento dell’incidente. Ci sono profili di responsabilità per i quali saranno a breve indagate alcune persone”. Lo ha fatto sapere il procuratore capo di Ivrea, Gabriella Viglione, sulle indagini relative all’incidente alla stazione di Brandizzo, nel Torinese, che nella notte tra mercoledì e giovedì è costato la vita a cinque operai travolti da un treno in corsa sulla linea Milano Torino. La procura non esclude il dolo eventuale per i reati di disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo.

“Gli accertamenti proseguono per verificare se può essere considerata sicura la procedura complessiva. Quanto accaduto ha reso palese che il meccanismo di garanzia non era sufficiente a tutelare un lavoro così delicato in una sede pericolosa come quella dei binari ferroviari”, ha sottolineato il magistrato parlando dell’inchiesta.

La procura di Ivrea dovrà stabilire le cause della tragedia. Il macchinista che guidava il convoglio, dodici vagoni vuoti in viaggio da Alessandria a Torino, era sicuro che quello fosse un orario in cui nessuno avrebbe dovuto transitare e men che meno lavorare, come ha precisato Ferrovie dello Stato. Invece gli operai erano là. Due si sono miracolosamente salvati, ma non si sanno spiegare “cosa sia successo”. Tra le ipotesi c’è quella di un “errore di comunicazione”, come ha detto anche il sindaco di Brandizzo.

Chi erano gli operai
Gli operai travolti e uccisi si chiamavano Kevin Laganà, 22 anni, Michael Zanera, 34, Giuseppe Sorvillo, 43, Giuseppe Saverio Lombardo, 52 e Giuseppe Aversa, 49. Erano tutti dipendenti della Sigifer di Borgo Vercelli, impresa leader nel settore di costruzione e manutenzione degli impianti ferroviari. I due operai che hanno evitato il treno sono stati dimessi ieri sera, dopo ore di sostegno psicologico fornito nell’ospedale di Chivasso.

Il Consiglio di Stato accoglie ricorso contro bocciatura di una studente

Studenti a scuola (Archivio)

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dai legali dei genitori di una studente di un istituto comprensivo di Cutro, nel Crotonese, contro la bocciatura della figlia, affetta da disturbi nell’apprendimento.

Secondo gli avvocati Francesco e Giancarlo Pitaro, “la non ammissione dell’alunna alla classe successiva, motivata da un cumulo di insufficienze, era da imputare, in realtà, all’inerzia della scuola nel non aver approvato in modo tempestivo, né eseguito, il cosiddetto ‘Piano didattico personalizzato’ per venire incontro alle difficoltà oggettive della giovane e sostenerne e integrarne l’apprendimento scolastico con metodologie e verifiche differenti rispetto a quelle utilizzate per gli altri compagni di classe”. Ad accogliere il ricorso, in sede giurisdizionale, è stata la settima Sezione del Consiglio di Stato.

Secondo i giudici dell’organo supremo della giustizia amministrativa, “con la bocciatura non sono stati presi in considerazione gli oggettivi ritardi del sistema sanitario e della scuola frequentata nel certificare le difficoltà di apprendimento della studente, segnalate fin dal mese di settembre, e nel pianificare e svolgere le necessarie misure compensative previste dal piano approvato solo a febbraio e della cui attuazione non si hanno evidenze. Tali inadeguatezze – a detta ancora del Consiglio di Stato – non possono pregiudicare il diritto allo studio ed all’integrazione sociale costituzionalmente riconosciuti ad ogni persona”.

I giudici hanno inoltre ordinato al ministero dell’Istruzione e del Merito “di provvedere e vigilare, anche mediante la nomina di ispettori, sia sulla rivalutazione dell’ammissione dell’alunna alla classe successiva, sia sulla predisposizione e costante esecuzione, anche mediante adeguate risorse organizzative, di un piano didattico personalizzato per l’intera durata del prossimo anno scolastico”.

Strage ferroviaria, l’operaio saldava e gli è apparsa una Croce: “Dio vuole dirmi qualcosa”

“È la prima volta che mi succede mentre saldo la rotaia. Mi è uscito il crocifisso. Dio mi vuole dire qualcosa sicuramente. Nonostante lo richiamo tutti i giorni ultimamente perché non è un bel periodo per me”. È l’ultima storia pubblicata sui social da Michael Zanera, 34 anni, una della cinque vittime travolte questa notte da un treno a Brandizzo (Torino).

Il giovane prima della tragedia, mentre saldava le rotaie gli è apparsa una Croce ben visibile sul metallo incandescente, l’ha fotografata e ha pubblicato un post inquietante: “Dio mi vuole dire qualcosa sicuramente…”. Il post è diventato virale. Dopo un po’ il treno ha travolto e ucciso lui e altri quattro colleghi mentre lavoravano alla stazione ferroviaria di Brandizzo.

Dalle prime informazioni il treno viaggiava a circa 160 kmh. Il macchinista non li ha visti, e si sarebbe accorto della tragedia subito dopo il tonfo. I cinque operai sono morti sul colpo, mentre altri due hanno fatto in tempo a lanciarsi ai lati della massicciata, salvandosi. La procura di Ivrea ha aperto una inchiesta per disastro e omicidio plurimo colposo. Il capo della Procura ha detto che vi sono state gravi carenze di sicurezza. Presto i primi indagati.

NOTIZIE DALLA CALABRIA

ITALIA E MONDO