9 Ottobre 2024

Home Blog Pagina 53

Risolto il mistero di due omicidi tra Cosenza e Crotone, 3 arresti

blitz carabinieri ros

I carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di tre persone in relazione a due casi di “lupara bianca” risalenti al 2001 nell’area dell’Alto Ionio cosentino e collegate a contesti di ‘ndrangheta.

Le persone arrestate sono Rocco Azzaro, di 69 anni, di Corigliano Rossano, e Giuseppe Nicastri e Giuseppe Spagnolo, di 74 e 54 anni, entrambi di Cirò, ritenuti coinvolti in due omicidi avvenuti ventidue anni fa uno nel cosentino, l’altro nel crotonese.

Spagnolo era già detenuto nel carcere di Saluzzo (Cuneo), mentre Azzaro e Nicastri erano liberi. I provvedimenti restrittivi, emessi dal Gip distrettuale di Catanzaro su richiesta della Dda, sono stati eseguiti dai militari del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, con il supporto di quelli del Comando provinciale di Crotone.

Le due “lupare bianche” delle quali sono stati identificati a distanza di 22 anni, grazie all’apporto di alcuni collaboratori di giustizia, i presunti responsabili, hanno avuto come vittime Andrea Sacchetti e Salvatore Di Cicco, scomparsi, e mai più ritrovati, rispettivamente, il 6 febbraio ed il primo settembre del 2001.

Le indagini e gli approfondimenti effettuati dai carabinieri hanno consentito di riscontrare le dichiarazioni dei “pentiti” secondo le quali i due omicidi sarebbero maturati, è detto in una nota stampa, “nel contesto degli equilibri tra cosche di ‘ndrangheta, all’epoca operanti nel territorio di Rossano e Corigliano Calabro, ricostruendone, a livello indiziario e cautelare, anche se i procedimenti pendono ancora nella fase delle indagini preliminari e necessitano della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa, la dinamica e la causale”.

In particolare, riguardo l’omicidio di Salvatore Di Cicco, avvenuto a Crucoli, in provincia di Crotone, i carabinieri hanno ricostruito il movente, “maturato – si aggiunge nella nota stampa – nel contesto mafioso della Sibaritide, in un sistema di alleanze tra sodalizi operanti sull’area ionica cosentina, con l’avallo dell’articolazione di ‘ndrangheta di Cirò, il cosiddetto ‘Crimine di Cirò, diretto all’epoca dalla cosca egemone Farao-Marincola”.

L’omicidio fu eseguito nella stessa data della scomparsa. Condotto a Crucoli con un pretesto, Di Cicco fu ucciso con alcuni colpi di arma da fuoco ed il suo cadavere occultato. La scomparsa ed il successivo assassinio a Rossano, nel Cosentino, di Andrea Sacchetti, sarebbero invece da ricondurre al controllo del traffico di sostanze stupefacenti. L’omicidio fu messo in atto, anche in questo caso, lo stesso giorno della scomparsa, all’interno di un’azienda agricola , in cui la vittima fu portata con una scusa. Anche Sacchetti fu assassinato con colpi di arma da fuoco ed il suo corpo fatto sparire.

Euro24, Italia Malta 4-0. Doppietta di Berardi e gol di Bonaventura e Frattesi

Da Milano a Bari, dal successo (2-1) al ‘Meazza’ con l’Ucraina al 4-0 rifilato a Malta in un ‘San Nicola’ in festa e colorato d’azzurro da oltre 56.000 tifosi. La seconda vittoria consecutiva, la terza nel girone e la decima in dieci partite con Malta, consente all’Italia di fare un altro passo in avanti sulla strada che porta a EURO 2024: gli Azzurri sono secondi in classifica a quota 10 punti in compagnia dell’Ucraina, che nel pomeriggio ha battuto 2-0 la Nord Macedonia, ma con una gara in più da giocare. Martedì a Wembley la sfida alla capolista Inghilterra, ma è probabile che la qualificazione si deciderà nello scontro diretto con gli ucraini in programma il prossimo 20 novembre a Leverkusen.

A sbloccare il match con Malta è la prima rete in Nazionale di Jack Bonaventura, che festeggia al meglio il suo ritorno in azzurro dimostrando di attraversare un ottimo momento di forma. Poi l’Italia allunga grazie alla doppietta di Berardi fino alla rete sui titoli di coda di Frattesi, che conferma il suo feeling con il gol dopo la doppietta realizzata con l’Ucraina. Una bella serata dopo una settimana difficile.

LA PARTITA. Spalletti è costretto a fare i conti con diverse assenze, soprattutto in avanti. Ai forfait di Immobile e Retegui, si sono infatti aggiunte in settimana le defezioni di tre esterni offensivi: Chiesa, Zaniolo e Zaccagni. Il Ct lancia quindi un tridente inedito con Raspadori, Berardi e Kean, mentre a centrocampo c’è il ritorno dopo tre anni di Bonaventura. L’altra mezzala è Barella, in regia dopo l’ottima prova con l’Ucraina è confermato Locatelli. Davanti a Donnarumma spazio a Gianluca Mancini e agli interisti Bastoni, Darmian e Dimarco.

L’Italia sa quanto sia importante sbloccare subito il risultato e parte forte. Dopo una conclusione di poco a lato di Locatelli, è Mancini a sfiorare il vantaggio al 5’, ma la sua incornata di testa sull’angolo battuto da Raspadori colpisce la parte alta della traversa. A regalare agli Azzurri l’1-0 è una magia di Jack Bonaventura, che pesca il sette con un destro a giro dal vertice dell’area. E’ il primo gol in Nazionale in 16 presenze per il centrocampista della Fiorentina, al suo quinto centro stagionale. Il ritmo non è altissimo, Malta è tutta raccolta nella propria metà campo e gli spazi sono pochi. Il pertugio giusto lo trova Domenico Berardi, che al 46’ raddoppia con un sinistro a giro che bacia il palo e termina la sua corsa in rete. Un altro gol di pregevole fattura in un primo tempo per il resto poco spettacolare.

Nonostante il doppio svantaggio Malta continua a difendersi, senza scoprirsi per non lasciare possibili ripartenze agli Azzurri. Spalletti decide di spostare Kean al centro del tridente con Raspadori a sinistra: una mossa che dà i suoi frutti. L’attaccante del Napoli prima soffia il pallone al portiere maltese Bonello ma non riesce ad andare alla conclusione, poi crossa trovando sul secondo palo l’accorrente Berardi, che di destro realizza la sua prima doppietta in Nazionale e subito dopo tra gli applausi lascia il campo, sostituito da Orsolini. Esce anche Barella, al suo posto il compagno di club Frattesi. Nell’ultimo quarto d’ora c’è spazio per Scamacca e per l’esordio di Udogie. E nel recupero arriva anche l’acuto di Frattesi, al terzo gol consecutivo in azzurro dopo la doppietta di Milano con l’Ucraina

Martedì a Wembley, nello stadio dove due anni e mezzo fa si è laureata campione d’Europa, l’Italia andrà a far visita all’Inghilterra. In palio altri tre punti preziosi, ma la sensazione è che la corsa a EURO 2024 si deciderà in volata nelle ultime due gare di novembre.

CALENDARIO, RISULTATI E CLASSIFICA DEL GRUPPO C

Oggi: Italia-Malta 4-0
Oggi: Ucraina-Nord Macedonia 2-0
17 ottobre: Inghilterra-Italia
17 ottobre: Malta-Ucraina
17 novembre: Italia-Nord Macedonia
17 novembre: Inghilterra-Malta
20 novembre: Ucraina-Italia
20 novembre: Nord Macedonia-Inghilterra

*Classifica: Inghilterra 13 punti (5), Italia (5) e Ucraina 10 (6), Nord Macedonia 7 (6), Malta 0 (6)

*tra parentesi le gare disputate

Ancora un incidente a Mestre per un altro bus elettrico de ‘La Linea’: 15 feriti

Un altro incidente si è verificato a Mestre con un bus che è apparentemente sbandato finendo contro dei piloni. Il bilancio sarebbe di 14 persone ferite, oltre al conducente.

Ad essere coinvolto nell’incidente avvenuto stasera è un pullman di “La Linea”, la stessa compagnia a cui apparteneva l’autobus precipitato la scorsa settimana dal cavalcavia di Mestre, provocando 21 morti e decine di feriti

L’autobus – che da quanto appreso sarebbe elettrico come quello caduto sulla sopraelevata -, copriva a Mestre per conto del Comune di Venezia la tratta servita in passato dall’autobus numero 13.

Secondo quanto si è appreso, il pullman sarebbe improvvisamente uscito fuori corsia finendo contro un pilastro dalla parte opposta della strada. Avm, la società di gestione delle tratte di trasporto urbano ha annunciato che da lunedì sospenderà cautelativamente il servizio di tutti i bus de “La Linea”, sostituendoli con propri mezzi.

Da Israele massicci attacchi nella Striscia di Gaza: “Genocidio di civili palestinesi”

L’esercito israeliano ha iniziato a lanciare massicci attacchi via terra, aria e mare contro le sedi del movimento Hamas nella Striscia di Gaza, hanno riferito le Forze di difesa israeliane (IDF), citate dai media.

“L’IDF sta attualmente conducendo attacchi su larga scala contro i siti dell’organizzazione terroristica Hamas nella Striscia di Gaza”, si legge nella nota. Sabato, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha visitato l’area al confine con la Striscia di Gaza e ha chiesto alle truppe di stanza se fossero pronte per la “prossima fase dell’operazione”.

Secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Wafa 400 civili palestinesi “sono stati brutalmente massacrati e quasi altri 1.500 sono rimasti feriti nelle ultime 24 ore, mentre il genocidio portato avanti dalla macchina bellica israeliana nella Striscia di Gaza assediata entra nel vivo nell’ottavo giorno”.

Il corrispondente della Wafa sul posto ha riferito che “l’esercito israeliano ha effettuato una serie di attacchi aerei contro dieci case abitate a Deir al-Balah, nel centro di Gaza. Gli attacchi hanno provocato la tragica perdita di oltre 80 vite umane e il ferimento di altre 250 persone”.

Nella città di Gaza, “circa 260 civili sono stati uccisi sotto i pesanti bombardamenti israeliani sui quartieri di Tal al-Hawa, Al-Rimal e nel campo profughi di Shati’, così come sui quartieri di Shejaiya e Al-Zaytoun nella parte orientale della città. Nel campo profughi di Jabalia, circa 40 residenti hanno perso la vita mentre gli attacchi aerei israeliani hanno abbattuto le case con abitanti all’interno”.

Inoltre, “circa 10 civili sono stati selvaggiamente uccisi nella città di Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza, a seguito del massiccio bombardamento israeliano contro diverse case”.

A Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, “circa 20 civili sono stati tragicamente uccisi quando gli aerei da guerra israeliani hanno preso di mira edifici residenziali con civili all’interno”.

Questi attacchi aerei “non solo hanno provocato una devastante perdita di vite umane, ma hanno anche causato un’enorme distruzione delle infrastrutture delle aree prese di mira, con decine di case ed edifici residenziali rasi al suolo. La situazione rimane critica poiché gli sforzi di salvataggio e recupero continuano nel mezzo di questa aggressione in corso”.

L’Iran avverte Israele: “Fermare crimini a Gaza prima che sia troppo tardi”

L’Iran ha chiesto a Israele di fermare i suoi attacchi contro Gaza, avvertendo che la guerra potrebbe espandersi ad altre parti del Medio Oriente se Hezbollah si unisse alla battaglia, aggiungendo che Israele potrebbe subire “un enorme terremoto”. Lo riportano i media arabi.

Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha detto ai giornalisti a Beirut che il gruppo libanese Hezbollah ha preso in considerazione tutti gli scenari di guerra e che Israele dovrebbe fermare immediatamente i suoi attacchi a Gaza. Amir-Abdollahian ha detto di aver incontrato il leader di Hezbollah Sayyed Hassan Nasrallah.

“Conosco gli scenari che Hezbollah ha messo in atto. Qualsiasi passo compiuto dalla resistenza libanese causerà un enorme terremoto nell’entità sionista”, ha affermato.

“Voglio mettere in guardia i criminali di guerra e coloro che sostengono questa entità prima che sia troppo tardi per fermare i crimini contro i civili a Gaza, perché potrebbe essere troppo tardi tra poche ore”.

Intanto, dopo l’avvertimento del governo di Natanyahu di evacuare i palestinesi da nord a sud della Striscia di Gaza, – avvertimento ignorato dal gruppo di resistenza Hamas che invita i palestinesi a rimanere a casa -, l’esercito israeliano potrebbe invadere il territorio palestinese al più presto. Truppe israeliane a bordo di carri armati e altri veicoli blindati si stanno ammassando in un campo vicino alla città israeliana meridionale di Ashkelon.

I media occidentali stanno narrando che la volontà di Hamas a non lasciare andar via i civili palestinesi dalla Striscia significherebbe che le milizie vogliano usare i civili come “scudi umani”.

Calcioscommesse, Corona fa il nome del 4′ calciatore coinvolto: “Nicola Zalewski”

Anche Nicola Zalewski, terzino della Roma, sarebbe coinvolto nel presunto giro di scommesse, secondo le nuove rivelazioni su Dillingernews.it, il sito di Fabrizio Corona. Con Zalewski è il quarto nome di calciatore che fa l’ex re dei paparazzi, dopo quelli di Fagioli, Zaniolo e Tonali.

“E’ giusto cercare di aiutarli a difendersi, poi c’è la giustizia farà il suo corso: ma se sono state fatte delle cose irregolari è giusto pagare”. Così il ct della Nazionale Luciano Spalletti sul caso scommesse che ha coinvolto i due azzurri Tonali e Zaniolo, che hanno lasciato il ritiro della Nazionale a Coverciano dove era in preparazione la gara contro il Malta.

Nicolò Zaniolo intanto è rientrato in Inghilterra dopo aver lasciato Coverciano in seguito alla notifica degli atti di indagine sulle scommesse. Fonti vicine al giocatore – secondo quanto apprende l’Ansa – parlano di moderata serenità intorno alla vicenda. Il giocatore avrebbe ammesso di aver utilizzato una piattaforma, che non sapeva essere illegale, non per scommesse sul calcio, ma per giocare a carte (sembrerebbe blackjack). Il legale nominato stamani è l’avv. Antonio Conte, che lo ha seguito già nella causa d’affidamento del figlio. Adesso si attendono gli atti. Si valuterà poi la strategia e se essere affiancato da un penalista.

Il reato contestato a Zaniolo è esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa. Secondo quanto apprende l’agenzia di stampa, la fattispecie contestata all’ex calciatore della Roma finito nel registro degli indagati assieme a Fagioli e Tonali nell’indagine sul calcio scommesse. è quella prevista all’art 4 della legge 401 del 1989. Ieri gli inquirenti hanno proceduto al sequestro dei telefoni cellulari che verranno ora analizzati e in particolare si passeranno al setaccio le chat.

Sarà l’analisi delle copie forensi dei telefonini di Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo uno dei prossimi passaggi dell’inchiesta della procura di Torino sulle presunte scommesse illecite nel mondo del calcio. La polizia ieri si è presentata al raduno della Nazionale a Coverciano per consegnare un avviso di garanzia ai due azzurri: un atto imposto dal fatto che entrambi giocano all’estero. I loro nomi sono stati fatti ieri da Fabrizio Corona nel corso di un’audizione che si è svolta in questura a Milano. Una circostanza che incuriosisce gli inquirenti è l’identità della misteriosa fonte del fotografo.

Scommesse non lecite per un ammontare complessivo nell’ordine del milione di euro. Questo è il fronte degli accertamenti aperti dalla procura di Torino sul mondo del calcio. Per i tre giocatori iscritti nel registro degli indagati il fascicolo è aperto per ‘esercizio abusivo di gioco o di scommesse’, previsto dalla legge 401 del 1989, e in particolare il comma 3 dell’art 4, che punisce chi partecipa ad attività abusive organizzate e gestite da altri soggetti con l’arresto fino a tre mesi o un’ammenda.

Corona accusa anche la madre di Zaniolo
“Anche la mamma di Zaniolo aveva un ruolo da protagonista nel giro di scommesse del figlio”. E’ quanto avrebbe detto la cosiddetta “fonte” a Fabrizio Corona, stando a nuove rivelazioni riportate sul sito Dillingernews.it, in cui l’ex agente fotografico sta pubblicando in questi giorni dettagli e nomi sul nuovo fronte del calcioscommesse, su cui indagano i pm torinesi. Quello che Corona chiama “l’informatore” o la “gola profonda” gli avrebbe detto che Francesca Costa, madre dell’ex attaccante della Roma, avrebbe gestito “gli affari del figlio” e che sarebbe stata “a conoscenza di tutto”. Nel testo riportato sul sito si legge anche, a proposito delle “informazioni fornite dalla fonte di Fabrizio”, questo passaggio, sempre riferito alla presunta ‘talpa’: “una gola profonda nella Figc?”.

L’ex agente fotografico ha poi fatto il nome di Nicola Zalewski, terzino polacco della Roma,anche lui coinvolto nel presunto giro di scommesse. “Ho un nome di un giocatore della Roma (…) che gioca ora (…) italo-polacco”, dice a Corona il suo cosiddetto “informatore” in una telefonata ripresa in un video caricato sempre sul sito. Nel video, però, non si sente il nome del terzino romanista (pubblicato invece nell’articolo) perché in quel passaggio parte un suono a coprire la voce. “So anche Fagioli a chi deve parecchi soldi”, dice ancora la presunta fonte. “Alla malavita serba?”, chiede Corona. “No, no, ti assicuro che qui a Roma non solo i malavitosi hanno il banco, perché io ho saputo tramite delle amicizie con certezza che un cantante o un dj ha un banco molto importante a Roma”. E l’ex agente fotografico chiede: “Famosi?”. La ‘talpa’ risponde: “sì sì”. Ma altri nomi sono coperti da suoni. “Questo banco di scommesse – aggiunge la voce – so che faceva giocare alcuni giocatori tra cui … (partono altri suoni a coprire i nomi, ndr) Fagioli so che gli deve 70mila euro”. La voce della “fonte”, con accento romano, che si sente in questo video sembra diversa dalle altre due che facevano riferimenti ai casi Fagioli e Zaniolo e che si sentivano in altri filmati. “Qualcuno sul web ha parlato di metodo Amadeus per le rivelazioni di Dillingernews – si legge sul sito – Fabrizio Corona ha scelto di darvi i nomi uno alla volta”. In una storia su Instagram dice di avere “50 nomi”. L’informatore di Fabrizio, scrive il sito, “fino ad oggi, si è rivelato assolutamente attendibile. Una persona ben inserita nel mondo del calcio e delle scommesse. Che si tratti di qualcuno all’interno della Figc o di qualcuno inserito nel mondo del betting è ininfluente”.

Secondo ambienti investigativi a Torino, la talpa che sta rivelando a Fabrizio Corona dettagli sulle scommesse illegittime dei calciatori si trova in ambienti romani. I nomi di Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo, menzionati ieri dall’ex re dei paparazzi, erano comunque noti da tempo alla squadra mobile e a palazzo di Giustizia. L’inchiesta, che si riferisce a giri di scommesse on line non solo di natura sportiva, è aperta dal 2022. La prima comunicazione di Corona è del 2 agosto 2023, quando affermò che il bianconero Nicolò Fagioli soffriva di ludopatia, senza però menzionare che a Torino era aperto, in gran segreto, un procedimento giudiziario.

Omicidio Maria Chindamo, resta in carcere Salvatore Ascone

Omicidio Maria Chindamo, arrestato Salvatore Ascone
Salvatore Ascone

Resta in carcere Salvatore Ascone, di 57 anni, di Limbadi, accusato dalla Dda di Catanzaro di concorso in omicidio e della sparizione del cadavere di Maria Chindamo, l’imprenditrice di Laureana di Borrello sparita nel nulla il 6 maggio del 2016.

Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Catanzaro rigettando il ricorso presentato dagli avvocati Salvatore Staiano e Antonio Caruso.

Ascone è stato arrestato nell’ambito dell’indagine “Maestrale 2” ed è accusato di avere agito in concorso con altre due persone, una delle quali deceduta e l’altro minore all’epoca dei fatti. Secondo l’accusa, il corpo di Maria Chindamo fu dato in pasto ai maiali e i resti triturati da un trattore cingolato per cancellare ogni sua traccia.

Un omicidio, secondo la Dda, compiuto per impedire alla donna di vivere la propria libertà. La donna, allora 44enne e madre di tre figli, era rimasta vedova dopo che il marito, Vincenzo Punturiero si era suicidato un anno prima per non avere retto alla loro separazione. Maria si era così rimessa a studiare all’università e intendeva ricostruirsi una vita anche come imprenditrice agricola.

Scomparsa Maria Chindamo, incontro Pm sull'inchiesta
Maria Chindamo

Secondo quanto scriveva il gip nell’ordinanza di custodia cautelare, “appare evidente che l’omicidio di Maria Chindamo sia maturato in un complesso scenario criminale che vede la convergenza di plurime volontà circa l’eliminazione della stessa: le volontà di acquisto del terreno da parte dei Mancuso sono state arginate proprio dalla rilevanza criminale della famiglia Punturiero, che mediante i suoi collegamenti con i Bellocco ha potuto inibire le volontà della cosca di Limbadi di acquisire i terreni gestiti anche dall’imprenditrice.
Circostanze che mutano sensibilmente dall’anno 2015 (dunque poco tempo prima dell’omicidio), allorquando le ritenute responsabilità di quest’ultima per il suicidio del marito e la volontà di quest’ultima di gestire i terreni acquisiti dalla famiglia del marito hanno determinato un suo allontanamento dalla famiglia Punturiero”.

Ecco come Hamas ha beffato Israele. A settembre i finti attacchi in bella vista. IL VIDEO

Non soltanto Hamas ha preparato gli attacchi del 7 ottobre con oltre un anno di anticipo, ma ha fatto anche delle simulazioni, delle esercitazioni armate, ultima delle quali a settembre 2023, un mese prima, tutto in bella vista. Simulazioni e attacchi veri svolti nel corridoio più sorvegliato del mondo che separa con barriere di fino spinato i “confini” tra la Striscia di Gaza e Israele.

Appare chiaro che qualcosa nell’intelligence israeliana è andato storto ed è per questa ragione che gli oppositori interni di Netanyahu parlano di “fallimento” e invocano le sue dimissioni dopo il potente attacco a colpi di razzi contro Israele che ha provocato una carneficina tra soldati e civili, oltre a sequestri e rapimenti di persone e intere famiglie, ancora oggi ostaggio del gruppo armato palestinese.

Meno di un mese prima che i combattenti di Hamas sfondassero il “muro di ferro” altamente tecnologico di Israele e lanciassero un attacco che avrebbe causato la morte di più di 1.200 israeliani, si sono esercitati in una prova generale molto pubblica che la stessa organizzazione ha trasmesso lo scorso settembre sui canali sociali. La notizia che riportiamo è stata pubblicata dall’Associated Press, poi da Arab News e da altre testate.

Un video di propaganda che dura due minuti, prodotto con perizia, pubblicato sui social media da Hamas il 12 settembre, mostra i combattenti che usano esplosivi per sfondare una replica del cancello di confine, irrompere su camioncini e poi spostare un edificio dopo l’altro attraverso una ricostruzione in scala reale del una città israeliana, che spara con armi automatiche contro bersagli di carta con sagoma umana.

L’esercitazione a fuoco vivo del gruppo militante islamico, soprannominata operazione “Pilastro forte”, mostra anche militanti che indossano giubbotti antiproiettile e tute da combattimento mentre eseguono rapidamente operazioni che includevano la distruzione di modelli delle torri di cemento del muro e di un’antenna per le comunicazioni, proprio come farebbero. per davvero nell’attentato mortale di sabato scorso.

Mentre gli apprezzati servizi di sicurezza e intelligence di Israele sono stati chiaramente colti di sorpresa dalla capacità di Hamas di violare le difese di Gaza, il gruppo sembra aver nascosto in bella vista i suoi vasti preparativi per l’assalto mortale.

“C’erano chiaramente avvertimenti e indicazioni che avrebbero dovuto essere colti”, ha detto Bradley Bowman, un ex ufficiale dell’esercito americano che ora è direttore senior del Center on Military and Political Power presso la Foundation for Defense of Democracies, un istituto di ricerca di Washington. “O forse sono stati catturati, ma non hanno dato il via ai preparativi necessari per impedire che questi orribili atti terroristici accadessero.”

L’Associated Press ha esaminato e verificato i dettagli chiave di dozzine di video pubblicati da Hamas nell’ultimo anno, principalmente attraverso l’app di social media Telegram.
Usando le immagini satellitari, l’AP ha abbinato la posizione della città simulata a una zona di deserto fuori Al-Mawasi, una città palestinese sulla costa meridionale della Striscia di Gaza. Un grande cartello in ebraico e arabo al cancello dice “Horesh Yaron”, il nome di un controverso insediamento israeliano nella Cisgiordania palestinese occupata.

Guarda il video della simulazione di Hamas a settembre e gli attacchi veri del 7 ottobre (Attenzione, le immagini sono sensibili)

Bowman ha detto che ci sono indicazioni che Hamas abbia intenzionalmente portato i funzionari israeliani a credere che si stesse preparando a compiere raid in Cisgiordania, piuttosto che a Gaza. È stato anche potenzialmente significativo il fatto che l’esercitazione si sia tenuta ogni anno a partire dal 2020 a dicembre, ma quest’anno sia stata anticipata di quasi quattro mesi in concomitanza con l’anniversario del ritiro di Israele da Gaza nel 2005.

In un video separato pubblicato su Telegram dall’esercitazione Strong Pillar del 28 dicembre dell’anno scorso, vengono mostrati i combattenti di Hamas mentre assaltano quella che sembra essere una base militare israeliana simulata, completa di un modello a grandezza naturale di un carro armato con una bandiera israeliana che sventola sul suo supporto. torretta. Gli uomini armati si muovono attraverso gli edifici di cemento, sequestrando come ostaggi altri uomini che interpretano il ruolo di soldati israeliani.

Michael Milshtein, un colonnello israeliano in pensione che in precedenza era a capo del dipartimento di intelligence militare che supervisionava i territori palestinesi, ha affermato di essere a conoscenza dei video di Hamas, ma di essere comunque colto di sorpresa dall’ambizione e dalla portata dell’attacco di sabato.
“Sapevamo dei droni, sapevamo delle trappole esplosive, sapevamo degli attacchi informatici e delle forze marine… La sorpresa è stata il coordinamento tra tutti questi sistemi”, ha detto Milshtein.

I motivi dell’incapacità di Israele di anticipare e fermare l’attacco di sabato risalgono ad almeno un decennio fa. Di fronte ai ricorrenti attacchi da parte dei militanti di Hamas che scavano tunnel sotto la recinzione del confine israeliano, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha proposto una soluzione molto concreta: costruire un muro più grande.

Con l’aiuto finanziario dei contribuenti statunitensi, Israele ha completato la costruzione di un progetto da 1,1 miliardi di dollari per rafforzare le sue difese esistenti lungo il confine terrestre di 40 miglia con Gaza nel 2021. La nuova barriera potenziata comprende una “recinzione intelligente” alta fino a 6 metri (19,7 piedi) di altezza, addobbato con telecamere in grado di vedere nell’oscurità, filo spinato e sensori sismici in grado di rilevare lo scavo di tunnel a più di 200 piedi di profondità. I posti di guardia presidiati furono sostituiti con torri di cemento sormontate da mitragliatrici telecomandate.

“Nel nostro vicinato dobbiamo proteggerci dalle bestie selvagge”, ha detto Netanyahu nel 2016, riferendosi ai palestinesi e ai vicini stati arabi. “Alla fine, per come la vedo io, ci sarà una recinzione come questa che circonderà Israele nella sua interezza”.

Poco dopo l’alba di sabato, i combattenti di Hamas hanno sfondato il muro di Netanyahu in pochi minuti. E lo hanno fatto a un prezzo relativamente basso, usando cariche esplosive per aprire buchi nella barriera e poi inviando bulldozer per allargare le brecce mentre i combattenti affluivano in motociclette e camioncini. Telecamere e apparecchiature di comunicazione sono stati bombardati da droni commerciali standardizzati adattati a lanciare bombe a mano e proiettili di mortaio – una tattica presa direttamente in prestito dai campi di battaglia dell’Ucraina.

I cecchini hanno eliminato i sofisticati fucili robot israeliani prendendo di mira le loro scatole di munizioni esposte, facendole esplodere. Miliziani armati di fucili d’assalto hanno sorvolato le difese israeliane sorrette da parapendii, fornendo truppe aviotrasportate di Hamas nonostante la mancanza di aerei. Razzi artigianali sempre più sofisticati, capaci di colpire la capitale israeliana Tel Aviv, hanno sostituito la mancanza di artiglieria pesante.

Le immagini satellitari analizzate dall’AP mostrano l’enorme portata dei danni arrecati al valico di frontiera di Erez, pesantemente fortificato, tra Gaza e Israele. Le immagini scattate domenica e analizzate martedì mostravano buchi enormi in tre sezioni del muro di confine, il più grande largo più di 70 metri (230 piedi).

Una volta sfondato il muro, i combattenti di Hamas sono affluiti a centinaia. Un video mostrava un carro armato israeliano solitario che correva verso la vista dell’attacco, solo per essere attaccato e rapidamente distrutto in una palla di fuoco. Hamas ha poi disabilitato le torri radio e i siti radar, probabilmente impedendo ai comandanti israeliani di vedere e comprendere la portata dell’attacco.

Le forze di Hamas hanno anche colpito una vicina base militare vicino a Zikim, ingaggiando un intenso scontro a fuoco con le truppe israeliane prima di invadere la postazione. I video pubblicati da Hamas mostrano scene grafiche con dozzine di soldati israeliani morti.

Si sono poi sparpagliati attraverso le campagne del sud di Israele, attaccando i kibbutz e un festival musicale. Sui corpi di alcuni militanti di Hamas uccisi durante l’invasione c’erano mappe dettagliate che mostravano le zone pianificate e le rotte di attacco, secondo le immagini pubblicate dai primi soccorritori israeliani che hanno recuperato alcuni dei cadaveri. Mercoledì le autorità israeliane hanno annunciato di aver recuperato i corpi di circa 1.500 combattenti islamici, anche se non sono stati forniti dettagli su dove sono stati trovati o come sono morti.

Esperti militari hanno detto all’AP che l’attacco ha mostrato un livello di sofisticazione mai dimostrato in precedenza da Hamas, suggerendo probabilmente che avessero un aiuto esterno.
“Sono rimasto impressionato dalla capacità di Hamas di utilizzare le nozioni di base e fondamentali per riuscire a penetrare il muro”, ha affermato il tenente colonnello in pensione dell’esercito americano Stephen Danner, un ingegnere da combattimento addestrato a costruire e violare le difese. “Sembravano in grado di trovare quei punti deboli, penetrarli rapidamente e quindi sfruttare quella breccia”.

Ali Barakeh, un alto funzionario di Hamas con sede a Beirut, ha riconosciuto che nel corso degli anni il gruppo ha ricevuto rifornimenti, sostegno finanziario, competenze militari e addestramento dai suoi alleati all’estero, tra cui l’Iran e Hezbollah in Libano. Ma ha insistito sul fatto che la recente operazione per violare le difese del confine israeliano è stata fatta internamente, con la data e l’ora esatte dell’attacco conosciute solo da una manciata di comandanti all’interno di Hamas.

I dettagli dell’operazione sono stati tenuti così segreti che alcuni combattenti di Hamas che hanno preso parte all’assalto sabato credevano che si stessero dirigendo solo ad un’altra esercitazione, presentandosi in abiti civili piuttosto che in uniforme, ha detto Barakeh.
Il devastante attacco a sorpresa dello scorso fine settimana ha scosso il sostegno politico a Netanyahu in Israele, che ha continuato a spendere ingenti spese per costruire muri nonostante alcuni all’interno del suo stesso gabinetto e i militari avvertissero che probabilmente non avrebbe funzionato.

Nei giorni successivi all’attacco di Hamas, gli alti funzionari israeliani hanno ampiamente deviato le domande sul muro e sull’apparente fallimento dell’intelligence. Il contrammiraglio Daniel Hagari, portavoce principale delle forze di difesa israeliane, ha riconosciuto che l’esercito deve una spiegazione al pubblico, ma ha detto che ora non è il momento.
“Prima litighiamo, poi indaghiamo”, ha detto.

Nella sua spinta per costruire muri di confine, Netanyahu ha trovato un partner entusiasta nell’allora presidente Donald Trump, che ha elogiato il muro di ferro di Netanyahu come potenziale modello per la barriera ampliata che aveva progettato per il confine meridionale degli Stati Uniti con il Messico.
Sotto Trump, gli Stati Uniti hanno ampliato un’iniziativa congiunta con Israele avviata sotto l’amministrazione Obama per sviluppare tecnologie per il rilevamento di tunnel sotterranei lungo le difese del confine di Gaza. Dal 2016, il Congresso ha stanziato 320 milioni di dollari per il progetto.

Ma nonostante tutti i suoi gadget high-tech, il Muro di Ferro era ancora in gran parte solo una barriera fisica che poteva essere superata, ha affermato Victor Tricaud, analista senior della società di consulenza Control Risks con sede a Londra.

“La recinzione, non importa quanti sensori… non importa quanto siano profondi gli ostacoli sotterranei, alla fine è effettivamente una recinzione metallica”, ha detto. “Gli esplosivi e i bulldozer alla fine possono attraversarlo. Ciò che è notevole è stata la capacità di Hamas di tenere nascosti tutti i preparativi”.

Ebrei Neturei Karta: “La fine dell’occupazione israeliana porrà fine a violenze in Palestina”

Conflitto in Palestina. Messaggio degli ebrei Neturei Karta International *

“Lo Stato di Israele e la sua ideologia sionista hanno portato a un inesorabile spargimento di sangue arabo ed ebraico. Lo scoppio della guerra di questo fine settimana è un’altra manifestazione dei semi macchiati di sangue che il sionismo continua a seminare quotidianamente. Gli ebrei antisionisti ritengono ancora una volta il movimento sionista responsabile dell’ultima tragica serie di eventi subiti da arabi ed ebrei.

Per 75 anni lo Stato di Israele ha oppresso e terrorizzato il popolo palestinese, uccidendo senza pietà uomini, donne e bambini mentre rubava loro la terra e le case. Nel continuo tentativo di realizzare le proprie aspirazioni sioniste e colonialiste, lo Stato di Israele ha privato un intero popolo dei diritti umani fondamentali e ha attuato un sistema di apartheid in cui i palestinesi non hanno alcun controllo e nemmeno voce in capitolo nella loro vita quotidiana.

Una delle credenze religiose ebraiche fondamentali è che gli ebrei si trovano in un esilio divinamente decretato. Durante questo esilio è vietato loro creare un proprio Stato. Inoltre, la Torah proibisce di uccidere e rubare: il sionismo va contro tutte queste convinzioni fondamentali. Non si potrà mai affermare o sottolineare abbastanza: “IL SIONISMO NON È IL GIUDAISMO”. Fin dall’inizio, masse di ebrei religiosi in Palestina e all’estero si sono opposti e hanno rifiutato totalmente il movimento sionista e l’esistenza dello Stato di Israele. I leader religiosi ebrei hanno espresso senza mezzi termini che lo Stato di Israele è contrario all’ebraismo ed è pericoloso per tutti gli abitanti della Terra Santa, avvertendo che la sua esistenza sarebbe stata catastrofica e avrebbe portato solo a spargimenti di sangue.

Ebrei e arabi hanno vissuto in pace in Palestina per secoli, come in tutte le altre terre arabe. Come ebrei siamo e siamo stati estremamente grati per l’ospitalità accordataci in passato. L’attuale conflitto non è in alcun modo dovuto a differenze di religione – contrariamente alla narrazione sionista, che cerca di creare un cuneo tra ebrei e arabi. Questa fiducia storica, l’amicizia, il rispetto pacifico e la coesistenza sono stati distrutti dal sionismo e dall’occupazione sionista della Palestina e per decenni sono stati l’ostacolo alla pace.

L’unica e sola soluzione è riconoscere la causa principale e lavorare per uno smantellamento pacifico e totale dello Stato di Israele, per restituire il controllo della terra ai suoi abitanti indigeni e ripristinare tutti i loro diritti. Solo allora potremo aspettarci il ripristino della pace storica che esisteva prima del sionismo”.

* Il gruppo di ebrei Neturei Karta sono una organizzazione religiosa che si oppone al Sionismo e chiede uno “smantellamento pacifico” dello Stato di Israele, nella convinzione che agli ebrei sia proibito avere un proprio stato fino alla venuta del Messia ebraico e che lo Stato di Israele sia una ribellione contro Dio. 

Agguato a Reggio, ferito a colpi di pistola un trentottenne

ambulanza

Un agguato è stato compiuto stamani a Reggio Calabria dove un 38enne, Gioele Carmelo Mangiola, è stato ferito al volto da colpi di pistola. Il fatto è accaduto nei pressi di una scuola primaria in via Abate Sant’Elia, nella periferia sud della città.

Mangiola è stato portato in ospedale e non è in pericolo di vita. Sul posto è intervenuta prima una pattuglia della guardia di finanza e poi i carabinieri che hanno fatto i rilievi.

Le indagini sono coordinate dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal sostituto procuratore della Dda Walter Ignazitto. Dalle prime ricostruzioni, l’autore dell’agguato sarebbe fuggito a bordo di un’auto.

Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire il contesto in cui è avvenuto il tentato omicidio. Una prima ipotesi è che potrebbe trattarsi di un regolamento di conti maturato nell’ambito del sottobosco criminale della zona, ma non dovrebbe essere connesso alla criminalità organizzata.

Mangiola non è ritenuto dagli investigatori un personaggio di rilievo negli ambienti della ‘ndrangheta ma è già noto alle forze dell’ordine per minaccia, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali, detenzione di armi, maltrattamenti in famiglia.

Nel 2014 era stato arrestato dalla squadra mobile per un tentato omicidio avvenuto nel 2012 ai danni del titolare di un negozio di frutta che aveva un debito con un complice di Mangiola. Nel 2013, inoltre, assieme a un altro complice era stato arrestato per alcuni atti intimidatori ai danni di un distributore di benzina sulla statale 106.

Comune del cosentino rischia l’isolamento per un frana sulla strada

Il Comune di Verbicaro, piccolo borgo dell’Alto Tirreno cosentino, rischia l’isolamento a causa delle pessime condizioni in cui versa, ormai da anni, la Strada provinciale 5 che lo collega alla costa.

Il dissesto idrogeologico, negli anni scorsi, ha spesso portato a frane sul tracciato dell’unico collegamento con il centro montano e gli interventi svolti non hanno mai risolto definitivamente il problema.

Ora c’è timore per un tratto della provinciale prossimo alla parte “alta” dell’abitato e lungo il quale decine di metri di strada stanno letteralmente scomparendo a causa di un movimento franoso.

Con l’approssimarsi dei mesi invernali e delle eventuali forti piogge la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi. Un crollo definitivo isolerebbe il paesino, con gravi conseguenze per la popolazione, soprattutto in termini sanitari.

Nelle scorse ore, un pool di tecnici della Provincia di Cosenza ha effettuato un sopralluogo lungo la provinciale. Secondo quanto riferisce il sindaco del Comune di Verbicaro Francesco Silvestri, si ipotizza un intervento in urgenza per mettere in sicurezza i punti che destano maggiore preoccupazione. Nel corso delle prossime sedute del consiglio provinciale, inoltre, dovrebbero essere stanziate le somme per finanziare interventi di ben altra portata e che possano risolvere definitivamente il problema.

“Interventi effettuati in passato sono stati eseguiti male – ha spiegato il primo cittadino – e ora, da un giorno all’altro, c’è il rischio di un crollo totale”. (ansa)

Gaza nella morsa di Israele. Oltre 100 civili palestinesi massacrati nella notte

Nel settimo giorno dell’attacco israeliano a Gaza, almeno 100 civili palestinesi, tra cui numerosi bambini e donne, sono stati uccisi la notte scorsa, con centinaia di altri feriti gravi a causa del pesante bombardamento israeliano contro le aree civili del territorio. Lo riporta l’agenzia di stampa Wafa. Gli attacchi israeliani sono in rappresaglia ai raid senza precedenti subìti sabato da parte di Hamas, in cui sono morti oltre mille israeliani.

Il corrispondente dell’agenzia ha riferito che 17 corpi sono stati recuperati a seguito di un attacco aereo israeliano che ha preso di mira un edificio residenziale appartenente alla famiglia Abu Madian, nel campo profughi di Al-Bureij, situato al centro della Striscia di Gaza. L’attacco ha comportato l’uso di almeno un missile e ha devastato la struttura a più piani. Decine di civili innocenti sono rimasti feriti nell’attacco e sono stati portati d’urgenza all’ospedale dei martiri di Al-Aqsa, nella vicina città di Deir al-Balah.

L’edificio in questione, situato nel “Blocco 9” all’interno del campo profughi di Al-Bureij, era composto da quattro piani e ospitava 12 appartamenti residenziali. Circa 70 residenti si erano rifugiati nell’edificio, molti dei quali erano fuggiti dalle zone di confine a causa dell’attacco israeliano in corso.

Con il crescente numero di vittime, le strutture dell’obitorio dell’Ospedale dei “Martiri di Al-Aqsa” sono state sopraffatte e alcuni dei deceduti vengono collocati in tende improvvisate fuori dalle unità di stoccaggio refrigerate, ha affermato il corrispondente di Wafa.

Nel frattempo, aerei israeliani hanno preso di mira una casa appartenente alla famiglia Jouda nella città di Jabalia, a nord di Gaza, provocando la morte di cinque persone, compresi bambini, e ferendone altre dieci. I feriti sono stati successivamente trasportati all’ospedale nella vicina città di Beit Lahia.

Inoltre, un attacco aereo israeliano ha colpito una residenza di proprietà della famiglia Zard nel quartiere Al-Tuffah di Gaza City. L’attacco ha provocato ulteriori vittime e feriti civili, che sono stati portati d’urgenza all’ospedale Shifa della città.

Diciassette persone sono state uccise quando l’attacco aereo israeliano ha colpito una casa appartenente alla famiglia Halawa nella regione centrale del campo profughi di Jabalia. Altri hanno riportato ferite di vario grado e sono stati trasportati in ospedale.

Nel corso dei raid israeliani in corso, gli attacchi aerei militari hanno distrutto numerosi edifici residenziali, case e infrastrutture in tutta la Striscia di Gaza. Gli attacchi hanno incluso centinaia di tonnellate di esplosivi e missili, spesso senza preavviso, conclude il giornalista.

Media e Ong denunciano: “Israele usa armi col fosforo bianco a Gaza e in Libano”

Israele nei suoi attacchi nella Striscia di Gaza starebbe usando il fosforo bianco. Lo riporta il Washington Post citato da molti media.

Un video di mercoledì su uno degli attacchi di Israele a Gaza sembra mostrare l’uso di fosforo bianco, la controversa munizione che può causare gravi danni se usata contro i civili, riporta il Washington Post citando un’analisi di Human Rights Watch.

Il video, verificato dal Washington Post, mostra due colpi di artiglieria sparati in rapida successione verso i target che, una volta esplosi, rilasciano automaticamente il fosforo bianco. Queste armi al fosforo con vietate dalle convenzioni internazionali.

L’uso del fosforo bianco da parte di Israele nelle operazioni militari a Gaza e in Libano mette i civili a rischio di lesioni gravi e a lungo termine, ha affermato giovedì Human Rights Watch pubblicando un documento di domande e risposte sul fosforo bianco. Human Rights Watch ha verificato i video girati in Libano e Gaza rispettivamente il 10 e 11 ottobre 2023, che mostravano molteplici esplosioni aeree di fosforo bianco sparate dall’artiglieria sul porto della città di Gaza e su due località rurali lungo il confine tra Israele e Libano, e ha intervistato due persone che ha descritto un attacco a Gaza.

Il fosforo bianco – si legge sul sito dell’organizzazione umanitaria -, che può essere utilizzato per marcare, segnalare e oscurare, o come arma per appiccare fuochi che bruciano persone e oggetti, ha un significativo effetto incendiario che può bruciare gravemente persone e incendiare strutture, campi e altri oggetti civili. i dintorni in fiamme. L’uso del fosforo bianco a Gaza, una delle aree più densamente popolate del mondo, amplifica il rischio per i civili e viola le norme diritto internazionale umanitario che divietano di esporre i civili a rischi inutili.

“Ogni volta che il fosforo bianco viene utilizzato in aree civili affollate, comporta un alto rischio di ustioni atroci e sofferenze permanenti”, ha affermato Lama Fakih, direttore per il Medio Oriente e il Nord Africa di Human Rights Watch. “Il fosforo bianco è illegalmente indiscriminato quando esplode in aree urbane popolate, dove può bruciare case e causare danni enormi ai civili”.

L’11 ottobre, Human Rights Watch ha intervistato telefonicamente due persone della zona di al-Mina nella città di Gaza, che hanno descritto di aver osservato attacchi coerenti con l’uso di fosforo bianco. Uno si trovava in strada in quel momento, mentre l’altro si trovava in un vicino edificio adibito a uffici. Entrambi hanno descritto attacchi aerei in corso prima di vedere esplosioni nel cielo seguite da quelle che hanno descritto come linee bianche che vanno verso la terra. Hanno stimato che l’attacco sia avvenuto tra le 11:30 e le 13:00. Entrambi hanno detto che l’odore era soffocante. La persona che era nel suo ufficio ha detto che l’odore era così forte che si è avvicinato alla finestra per vedere cosa stava succedendo e poi ha filmato lo sciopero.

Human Rights Watch ha esaminato il video e ha verificato che era stato ripreso nel porto di Gaza City e ha identificato che le munizioni utilizzate nell’attacco erano proiettili di artiglieria al fosforo bianco da 155 mm. Altri video pubblicati sui social media e verificati da Human Rights Watch mostrano la stessa posizione. Il fumo bianco denso e l’odore di aglio sono caratteristiche del fosforo bianco.

Human Rights Watch ha anche esaminato due video del 10 ottobre provenienti da due località vicino al confine tra Israele e Libano. Ciascuno mostra proiettili di artiglieria al fosforo bianco da 155 mm utilizzati, apparentemente come cortine fumogene, marcature o segnalazioni.

Il fosforo bianco si accende se esposto all’ossigeno atmosferico e continua a bruciare finché non viene privato dell’ossigeno. La sua reazione chimica può creare calore intenso (circa 815°C/1.500°F), bagliore e fumo.

Al contatto, il fosforo bianco può bruciare le persone, termicamente e chimicamente, fino alle ossa poiché è altamente solubile nel grasso e quindi nella carne umana. I frammenti di fosforo bianco possono aggravare le ferite anche dopo il trattamento e possono entrare nel flusso sanguigno e causare insufficienza multiorgano. Le ferite già medicate possono riaccendersi quando le medicazioni vengono rimosse e le ferite vengono riesposte all’ossigeno. Anche le ustioni relativamente minori sono spesso fatali. Per i sopravvissuti, le cicatrici estese restringono il tessuto muscolare e creano disabilità fisiche. Il trauma dell’aggressione, il trattamento doloroso che ne consegue e le cicatrici che cambiano aspetto portano a danni psicologici ed esclusione sociale.

L’uso del fosforo bianco – si legge ancora sul sito di HRW -, nelle aree densamente popolate di Gaza viola il requisito previsto dal diritto umanitario internazionale di prendere tutte le precauzioni possibili per evitare lesioni civili e perdite di vite umane, ha affermato Human Rights Watch. Questa preoccupazione è amplificata dalla tecnica evidenziata nei video di proiettili al fosforo bianco che esplodono in aria. L’esplosione in aria di proiettili al fosforo bianco diffonde 116 cunei di feltro ardente impregnati nella sostanza su un’area compresa tra 125 e 250 metri di diametro, a seconda dell’altitudine dell’esplosione, esponendo così più civili e strutture civili a potenziali danni rispetto a un’esplosione localizzata al suolo.

Le autorità israeliane non hanno commentato se abbiano utilizzato o meno il fosforo bianco durante i combattimenti in corso.

L’uso del fosforo bianco da parte di Israele avviene nel contesto delle ostilità seguite agli attacchi mortali di Hamas del 7 ottobre e ai successivi attacchi missilistici che hanno ucciso, al 12 ottobre, più di 1.300 israeliani, tra cui centinaia di civili, e alla presa di decine di israeliani come ostaggi in violazione del diritto internazionale umanitario. Il pesante bombardamento israeliano di Gaza in questo periodo ha ucciso, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, più di 1.400 palestinesi a Gaza, compresi decine di civili, e ha provocato lo sfollamento di oltre 338.000 persone . Anche molte comunità nel sud di Israele sono state sfollate e, secondo quanto riferito, più di 1.500 militanti palestinesi sono morti in Israele. Le autorità israeliane hanno tagliato l’elettricità, l’acqua, il carburante e il cibo a Gaza, in violazione del divieto del diritto umanitario internazionale contro le punizioni collettive, esacerbando la terribile situazione umanitaria dovuta a oltre 16 anni di chiusura israeliana .

Human Rights Watch ha documentato l’uso del fosforo bianco da parte dell’esercito israeliano nei precedenti conflitti a Gaza, compreso quello del 2009 . Israele dovrebbe vietare ogni uso di munizioni al fosforo bianco “airburst” nelle aree popolate, senza eccezioni. Esistono alternative facilmente disponibili e non letali ai proiettili fumogeni al fosforo bianco, compresi alcuni prodotti da aziende israeliane, che l’esercito israeliano ha utilizzato in passato come oscurante per le sue forze. Queste alternative hanno lo stesso effetto e riducono drasticamente i danni ai civili.

Nel 2013, in risposta a una petizione all’Alta Corte di Giustizia israeliana riguardante l’uso del fosforo bianco a Gaza, l’esercito israeliano ha dichiarato che non avrebbe più utilizzato il fosforo bianco nelle aree popolate tranne che in due situazioni ristrette che hanno rivelato solo ai giudici . Nella sentenza della corte, il giudice Edna Arbel ha affermato che le condizioni “renderebbero l’uso del fosforo bianco un’eccezione estrema in circostanze molto particolari”. Sebbene questa sentenza non rappresentasse un cambiamento ufficiale nella politica, il giudice Arbel ha invitato l’esercito israeliano a condurre un “esame approfondito e completo” e ad adottare una direttiva militare permanente.

Gli attacchi con armi incendiarie lanciate via aria in aree civili sono vietati dal Protocollo III della Convenzione sulle armi convenzionali (CCW). Sebbene il protocollo contenga restrizioni più deboli per le armi incendiarie lanciate da terra, tutti i tipi di armi incendiarie producono ferite orribili. Il Protocollo III si applica solo alle armi “progettate principalmente” per appiccare incendi o provocare ustioni, e quindi alcuni paesi ritengono che escluda alcune munizioni multiuso con effetti incendiari, in particolare quelle contenenti fosforo bianco.

Human Rights Watch e molti stati chiedono da tempo che queste lacune siano colmate nel Protocollo III. Questi attacchi dovrebbero dare impulso agli appelli di almeno due dozzine di paesi affinché la riunione degli Stati parte della CCW prenda del tempo per discutere l’adeguatezza del Protocollo III. Il prossimo incontro è previsto per novembre alle Nazioni Unite a Ginevra.

La Palestina ha aderito al Protocollo III il 5 gennaio 2015 e il Libano il 5 aprile 2017, mentre Israele non lo ha ratificato.

“Per evitare danni ai civili, Israele dovrebbe smettere di usare il fosforo bianco nelle aree popolate”, ha detto Fakih. “Le parti in conflitto dovrebbero fare tutto il possibile per risparmiare ai civili ulteriori sofferenze”.

Israele dice a oltre 1,1 milioni di palestinesi di trasferirsi a sud di Gaza. Esodo massiccio

Paura e confusione a Gaza dopo che l’esercito israeliano ha detto a più di un milione e centomila palestinesi intrappolati che vivono nel nord dell’enclave assediata di spostarsi a sud entro 24 ore prima della prevista offensiva di terra. Lo riporta Al Jazeera.

L’ONU afferma che il trasferimento di massa è “impossibile” e potrebbe avere conseguenze devastanti. Hamas definisce l’avvertimento israeliano “falsa propaganda” e dice ai residenti di ignorare l’ordine. Ma sono migliaia i palestinesi che si sono messi in marcia verso sud, anche a piedi e con quel poco che riescono a portare in spalla.

La mossa del governo di Tel Aviv sarebbe quella di evacuare i civili per poter procedere all’offensiva militare di terra a nord della Striscia.

Intanto a Beirut, il ministro degli Esteri iraniano afferma che la guerra potrebbe aprirsi su “altri fronti” se i bombardamenti su Gaza continuano. Almeno 1.537 palestinesi uccisi e 6.612 feriti è il bilancio degli attacchi aerei israeliani su Gaza. Il numero delle persone uccise in Israele ha raggiunto quota 1.300, secondo quanto scrive l’emittente.

“Gaza sta affrontando una catastrofe umanitaria e sanitaria”, ha affermato in una nota il ministro della Sanità palestinese Mai al-Kaila, esortando tutti i paesi e i gruppi per i diritti umani ad aiutare con l’ingresso immediato di aiuti medici e di emergenza nell’enclave palestinese sotto assedio.

L’Agenzia Nazioni Unite per il soccorso: “Non siamo in grado di gestire rifugi sovraffollati a Gaza”

“Oltre 170.000 persone sono nei nostri rifugi in cui non possiamo più lavorare”, ha detto ad Al Jazeera Tamara al-Rifai, portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA). “Pertanto al momento non siamo in grado di assisterli”.

Al-Rifai ha detto che l’agenzia è allarmata dall’ordine israeliano di evacuare 1,1 milioni di persone nel nord di Gaza nella parte meridionale della Striscia, aumentando la tensione a cui sono già sottoposte le strutture delle Nazioni Unite.

L’UNRWA ha respinto le voci secondo cui il suo personale avrebbe lasciato la Striscia assediata e ha affermato che altro personale si era trasferito attorno al valico di frontiera di Rafah per “spingere per lo spazio umanitario”.

Il portavoce ha affermato che la sicurezza del personale umanitario deve essere garantita. “Gli operatori umanitari devono essere in grado di svolgere il proprio lavoro e di farlo in sicurezza”, ha affermato.

Controlli CC a Bonifati, scoperte piantagione e 12 kg di marijuana, un arresto

Continua incessantemente l’attività di controllo del territorio da parte dei Carabinieri della Compagnia di Scalea su tutto l’Alto Tirreno cosentino. Predisposte mirate attività da parte delle competenti Stazioni Carabinieri finalizzate al contrasto del traffico illecito di sostanze stupefacenti con il costante coordinamento della Procura della Repubblica di Paola.

L’altro ieri i carabinieri della stazione di Cittadella del Capo, con il supporto dello Squadrone eliportato cacciatori di Calabria e dei colleghi del Nucleo carabinieri forestale di Cetraro, nel corso di una specifica attività, hanno rinvenuto a Bonifati, in una località impervia montana, una piantagione di canapa indiana con estensione di circa 1000 mq costituita da circa 130 piante dell’altezza media di un metro.

La coltivazione era occultata tra la fitta vegetazione ed era dotata di un sistema di irrigazione collegato ad un vicino torrente. I militari giunti sul posto in prima mattinata, mimetizzatisi in diversi punti, hanno atteso molte ore prima che arrivasse un 61enne di Bonifati, già noto in quanto lo scorso anno era stato tratto in arresto per il medesimo reato sempre ad opera dei carabinieri di Cittadella: l’uomo, ignaro della presenza dei carabinieri, ha bloccato il sistema di irrigazione per iniziare la raccolta delle piante.

A quel punto è stato immediatamente bloccato. Con il supporto di altre pattuglie giunte sul posto è stata effettuata un’attività di perquisizione estesa a tutti i locali e magazzini in uso al soggetto appena bloccato. Sono stati rinvenuti, in un magazzino, circa 280 grammi di marijuana, un bilancino di precisione e materiale vario per il confezionamento dello stupefacente. Inoltre, in una grotta calcarea, a pochi metri di distanza dal citato magazzino, sempre all’interno della proprietà del 61enne, sono stati recuperati un fucile marca Beretta calibro 20, 4 cartucce e 45 confezioni sottovuoto contenenti in totale ben 12 kg di marijuana.

Tutto il materiale scovato è stato sottoposto a sequestro e verrà sottoposto ad accertamenti tecnici, mentre sull’arma saranno effettuate specifiche verifiche per accertare se sia stata utilizzata in pregressi episodi criminosi. La piantagione, previa campionatura, è stata distrutta sul posto. Al termine delle attività, l’arrestato è stato sottoposto agli arresti domiciliari presso la sua abitazione.

Calcioscommesse, Corona: “Farò altri nomi”. L’indagine si allarga

Sandro Tonali, Nicolò Zaniolo e Nicolò Fagioli: sono tre i calciatori italiani, ma potrebbero essercene anche altri, indagati dalla Procura di Torino nell’ambito di una indagine sulle scommesse su piattaforme online.

Fabrizio Corona ha infatti anticipato all’Adnkronos che “alle ore 14 su dillingernews farò il quarto nome dello scandalo scommesse che sta colpendo il mondo del calcio, è un terremoto”. “Gioca nella Roma”, sostiene l’ex fotografo dei vip che già ieri aveva svelato ieri i nomi di Tonali e Zaniolo.

I due giocatori che militano in Premier sono stati sentiti ieri nel ritiro della nazionale azzurra a Coverciano dalle forze dell’ordine per poi essere rimandati a casa perché non erano nella “condizione per affrontare gli impegni in programma nei prossimi giorni”, ha fatto sapere la Figc.

Cosa rischiano
C’è da capire se Fagioli come anche Tonali e Zaniolo abbiano piazzato scommesse online presso bookmakers non provvisti di regolare concessione statale e in questo caso, se la caverebbero con il pagamento di una somma in denaro. Ma dal punto di vista sportivo il rischio è molto superiore e può portare fino ad una squalifica “non inferiore a tre anni”, se abbiano piazzato giocate su partite di calcio, come asserito da Fabrizio Corona. Nel caso di scommesse accertate “che abbiano ad oggetto risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della Figc, della Fifa e della Uefa”, anche su siti autorizzati, sarebbe difficile per loro evitare una sanzione che potrebbe prevedere una squalifica, valida non solo nel calcio italiano, ma nel mondo, in base ai regolamenti di Uefa e Fifa. Questo anche se nella Federcalcio inglese (Fa), militando attualmente Zaniolo e Tonali in Premier League, le sanzioni previste sono minori rispetti all’Italia.

Procura Figc attende documenti
Intanto, dopo la notifica dell’indagine nei confronti di Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo, la Procura federale della Figc, che ha già aperto un’indagine su Nicolò Fagioli, è in attesa dei documenti della Procura della Repubblica di Torino per poter eventualmente procedere e aprire una indagine sui due giocatori.

Si tratta di una inchiesta complessiva da parte della Procura di Torino, che potrebbe anche coinvolgere altri giocatori, ma comunque, a quanto apprende l’Adnkronos, anche quella federale sta acquisendo informazioni. Ad ogni modo, essendo in corso l’inchiesta della magistratura, bisogna attendere l’esito del lavoro della Procura della Repubblica. (Adnkronos)

Perseguita e minaccia l’ex convivente, 44enne arrestato a Cosenza

Agenti della Squadra mobile della questura di Cosenza hanno arrestato e posto ai domiciliari un cosentino di 44 anni, in quanto ritenuto responsabile di maltrattamenti e stalking nei confronti della sua ex convivente.

Il provvedimento giunge a conclusione di una rapida ed intensa attività investigativa avviata a seguito di una denuncia sporta dalla parte offesa lo scorso 4 ottobre 2023. In particolare, la donna ha raccontato ai poliziotti di avere intrattenuto con l’indagato una relazione sentimentale definita complicata e travagliata, da poco più di un anno.

I fatti relativi ai presunti maltrattamenti patiti dalla donna si sono manifestati già all’inizio del rapporto ed in particolare a partire dal mese di settembre del 2022, proseguendo fino alla rottura dei rapporti avvenuta lo scorso mese, poiché l’uomo con la sua gelosia morbosa le impediva praticamente qualsiasi vita di relazione all’esterno della coppia. Inoltre l’uomo avrebbe picchiato la donna, strattonandola e colpendola con schiaffi, secondo il racconto della vittima.

Le condotte vessatorie, peraltro, non si sono interrotte al termine della relazione ma da allora e fino a tutt’oggi, la parte offesa è stata costretta a subire continue aggressioni verbali, a ricevere visite indesiderate dell’uomo, appostamenti e tentativi di rintraccio che non si placavano nemmeno di fronte all’intervento della polizia. La donna inoltre era vittima di molteplici ingiurie e minacce anche telefoniche o a mezzo dei social network.

Le condotte persecutorie hanno avuto quali destinatari anche amici della coppia, presi di mira pesantemente da parte dell’uomo. Condotte perduranti che hanno provocato nella vittima un grave stato d’ansia e di paura, nonché un fondato timore per la propria incolumità, tanto da costringerla a stravolgere la propria vita.

Tre tonnellate di droga rinvenute dai carabinieri a San Ferdinando

Un altro duro colpo alla produzione di marijuana nella piana di Gioia Tauro è stato dato dai Carabinieri della provincia di Reggio Calabria che, nel corso dei specifici servizi volti alla prevenzione e repressione della produzione e smercio di sostanze stupefacente nel territorio, in un capannone apparentemente dismesso nella zona industriale di San Ferdinando, i Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro hanno rinvenuto oltre 300 sacchi in plastica dal peso di circa 10 kg ciascuno contenenti cannabis, equivalenti a 3 tonnellate.

L’immobile, anch’esso oggetto del sequestro, è stato utilizzato per il trattamento delle piante di canapa mediante un articolato sistema di conservazione ed essicazione effettuato tramite l’utilizzo di luci artificiali, ventilatori di grosse dimensioni e reti in nylon grazie alle quali venivano appese le piante prima della lavorazione.

All’esito delle successive verifiche chimiche di laboratorio, la sostanza sequestrata, pur essendo riconducibile a tipologie di piante per le quali è consentita la coltivazione, è risultata avere un valore di tetraidrocannabinolo (THC) superiore al massimo consentito dalla legge per la commercializzazione legale della cannabis e dunque, su disposizione della Procura della Repubblica di Palmi, è stata confiscata per la successiva distruzione.

La sostanza sequestrata, una volta suddivida in circa 600 mila dosi e immessa nel mercato illegale della droga avrebbe fruttato circa 3 milioni di euro. Sono ancora in corso ulteriori accertamenti finalizzati ad individuarne la provenienza.

Questo è l’ultimo sequestro, in ordine temporale, effettuato nelle scorse settimane dai Carabinieri di Gioia Tauro che, solo qualche giorno fa, avevano rinvenuto e sequestrato migliaia di piante di marijuana in alcuni Comuni della Piana.

Giovane si uccide in diretta su TikTok, seguaci in choc. Indaga la Procura

Dalla sua camera da letto di Bologna era diventato una star di TikTok, vestendosi come il personaggio di uno dei più noti videogame di guerra, Call of Duty.

Inquisitor Ghost, così si faceva chiamare il 23enne bolognese che nei giorni scorsi si è suicidato in diretta social, mentre migliaia di persone lo stavano seguendo.

Una tragedia in tempo reale, che ha lasciato senza parole tutti i suoi follower che hanno cominciato a tempestare di chiamate i centralini delle forze dell’ordine. Telefonate arrivate anche dall’estero, ma per il 23enne oramai era troppo tardi.

La Procura di Bologna ha aperto un fascicolo conoscitivo, senza indagati né ipotesi di reato, sulla vicenda del TikToker 23enne che lunedì sera si è suicidato in diretta social. Secondo il padre del ragazzo, conosciuto con il nickname di Inquisitor Ghost, e come molti utenti della piattaforma sostengono, il 23enne sarebbe stato vittima di cyberbullismo, con false accuse di pedofilia. Al momento questa ipotesi non è stata ancora accertata dai carabinieri, che indagheranno in tal senso per individuare eventuali responsabili.

“Non ci sono dubbi che mio figlio sia stato vittima di cyberbullismo. Non c’è bisogno nemmeno di presentare una denuncia, è talmente chiaro, i carabinieri sanno già tutto. C’è una inchiesta e non posso trovare io i responsabili, ma basta guardare TikTok per capire chi è stato e cosa è successo. Deve essere fatta giustizia”, ha detto il padre. Lui, come molti utenti della piattaforma, sono convinti che il 23enne si sia tolto la vita a causa del cyberbullismo dopo le false accuse di pedofilia partite da una ragazza turca di 17 anni, che sulla piattaforma si era finta maggiorenne, e da un altro utente social, che avrebbero scatenato una gogna mediatica.

“Mio figlio era introverso, non depresso, e fino a 10 giorni fa stava attraversando un bel periodo, poi è cambiato tutto. Con me ha sempre minimizzato quello che gli stava capitando, fino alla fine. Quella sera ci siamo sentiti mezz’ora prima che succedesse tutto. Mi aveva parlato di una violazione della sua privacy, non di accuse social di pedofilia, altrimenti sarei intervenuto subito”. Per il genitore “è chiaro” quello che hanno fatto al figlio. “Lui con questa ragazza turca non aveva nemmeno interagito, l’ha bloccata subito. Ma sui social girano screenshot di false conversazioni tra loro due, ripubblicate più volte da diversi utenti. Alcuni di loro, italiani, mi hanno chiesto scusa per quello che hanno fatto, dicendo che sono stati costretti altrimenti sarebbero finiti anche loro nella gogna mediatica scatenata da queste persone”.

Il giovane era un cosplay, ovvero si trasformava in un personaggio dei videogiochi o del cinema, indossava la maschera da teschio con gli occhi vuoti del soldato Ghost o quella dei Sith di Guerre stellari. Su TikTok tanti fanno come lui, creando storie e mondi paralleli, e soprattutto relazioni fra gli appassionati di quello specifico contesto, che si trovano in ogni angolo del mondo. Il 23enne era seguitissimo su piattaforme e community: il suo profilo, immediatamente oscurato dal social cinese, aveva quasi 300mila follower.

Soldati israeliani rimuovono bandiere palestinesi, ma sono piene di esplosivo. Strage

Circola un video impressionante e brutale sui canali Telegram dei miliziani di Hamas girato presumibilmente al confine con la Striscia di Gaza. La clip la riproponiamo per far capire le atrocità della guerra che si consumano da una parte e dall’altra, avvertendo i lettori che le immagini in basso sono molto forti e sensibili, adatte a un pubblico adulto con lo stomaco forte.

Vi sono alcuni soldati israeliani, pare cinque, intenti a rimuovere delle bandiere palestinesi issate lungo il cordone di filo spinato. Alcune sono state levate con successo, senza problemi.

I militari sono seduti in una sorta di trincea, quando uno di loro si appresta a rimuovere un’altra bandiera, forse l’ultima. Dall’altra parte c’è un miliziano di Hamas, forse più di uno, che riprende e commenta le sequenze in arabo, seguendo passo passo ciò che di lì a poco sa che succederà. Una trappola diabolica.

Il militare israeliano si avvicina con circospezione, cosciente dei possibili pericoli. Tocca l’asta della bandiera e la base. A un certo punto indossa una visiera che dovrebbe proteggerlo da eventuali “incidenti”.

Il soldato riesce a togliere la bandiera, che la lascia penzolare sul cordone spinato. Certo dello scampato pericolo il militare afferra lo stendardo, lo “sventola” stizzito per un attimo e lo porta vicino ai commilitoni, evidentemente stremati.

E quì – si vede nel filmato -, che il soldato poggia l’asta a terra davanti ai compagni quando si verifica una terrificante esplosione che fa sbalzare tutti in aria.

Una strage? Non sappiamo con certezza quale sia il bilancio, se ci siano vittime oppure dei feriti che sono riusciti a salvarsi. Ma si teme il peggio, viste le immagini dell’esplosione.

L’esplosivo era stato posto all’interno dell’asta della bandiera, e fatto deflagrare probabilmente con un detonatore a distanza.

Ecco il video (contenuto sensibile, per un pubblico adulto

Il post di Hamas a commento del video

“La bandiera, armata di esplosivo, fu posta sul filo spinato per essere rimossa dai sionisti. Il soldato israeliano fece attenzione a garantire che la base della bandiera non esplodesse una volta rimossa, ma non fu consapevole che l’asta della bandiera stessa era piena di materiali esplosivi”.

NOTIZIE DALLA CALABRIA

ITALIA E MONDO