14 Ottobre 2024

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Mafia, talpe in indagini su Messina Denaro: arrestati 2 carabinieri

Identikit del boss Matteo Messina Denaro
Identikit del boss Matteo Messina Denaro

Due investigatori, il tenente colonnello Marco Zappalà, carabiniere in servizio alla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, e Giuseppe Barcellona, un appuntato in forza alla Compagnia di Castelvetrano, sono stati arrestati con l’accusa di favoreggiamento alla mafia e accesso abusivo al sistema informatico.

Per la Procura di Palermo hanno passato informazioni su inchieste in corso a carico del boss latitante Matteo Messina Denaro. In carcere anche l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino. (Ansa)

Carabiniere ucciso in Puglia, messaggi di vicinanza e fiori all’Arma

omaggi floreali arma crotoneA seguito del vile assassinio del maresciallo maggiore dei Carabinieri Vincenzo Carlo Di Gennaro, avvenuto a Cagnano Varano (Foggia) lo scorso 13 aprile, sono stati numerosi gli attestati di stima all’Arma dei Carabinieri giunti dai cittadini della provincia crotonese al Comando Provinciale. Lo rende noto il Comandante Provinciale – tenente colonnello Alessandro Colella – che, con l’occasione, rivolge a tutti quei cittadini il sentito ringraziamento dei carabinieri che quotidianamente svolgono il proprio servizio in questa provincia

Si riporta su tutti il contenuto di due messaggi che hanno accompagnato omaggi floreali al comando provinciale pitagorico.

“A Voi, Numi Tutelari della Sicurezza Pubblica e della pace civile il ringraziamento di una cittadina crotonese (di origine pugliese).P.S. Voi, Eroi ogni giorno, persone generose ed indispensabili!”

“Sempre vicini alla benemerita Arma dei Carabinieri ed in particolare in questo difficile momento dell’uccisione del maresciallo Vincenzo Di Gennaro. Grazie a tutti Voi servitori della Nostra Amata Patria”.

Sono tanti gli attestati di vicinanza e solidarietà che stanno arrivando nei comandi italiani e calabresi dell’Arma dopo l’incredibile e folle fatto di sangue in Puglia.

I docenti e gli alunni della scuola media di San Nicola da Crissa, hanno donato oggi un piccolo presente ai militari della locale Stazione dei carabinieri in onore del maresciallo Di Gennaro. Il gesto, piccolo ma profondamente sentito, ha riempito d’orgoglio e commosso i carabinieri presenti.

Presente ai militari della Stazione in ricordo del Maresciallo Di Gennaro
Un messaggio per il maresciallo di Gennaro da studenti del Vibonese

I bambini hanno donato un cartellone a sfondo rosso, con l’immagine stilizzata di un carabiniere e la scritta “Onore al maresciallo v. Di Gennaro”. I bambini della III A hanno anche consegnato una lettera manoscritta, firmata da tutti gli studenti, recante la medesima frase che era stata scritta alcuni giorni fa nel bigliettino che accompagnava la rosa lasciata sul parabrezza di un’autovettura di servizio: “Un grazie a voi carabinieri per lo spirito di abnegazione e attaccamento ai doveri, garanzia di tutela per il cittadino, onore a voi tutti”. Un gesto piccolo, hanno detto i carabinieri, ma profondamente sentito.

Intanto oggi a San Severo si sono svolti i funerali solenni del maresciallo maggiore Di Gennaro, ucciso in servizio da un criminale. Messaggi di solidarietà arrivano anche al giovane carabiniere rimasto ferito nell’agguato.

Trovano una ragazza ubriaca in disco e la violentano in spiaggia, arrestati

Notte di San Lorenzo al mareAgenti della Squadra mobile di Reggio Calabria hanno eseguito stamattina un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre ragazzi ventenni accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una loro coetanea. Il fatto è avvenuto nella notte di San Lorenzo, nella notte del 10 agosto 2018.

Le generalità dei tre non sono state diffuse, ma solo le iniziali: Si tratta di C.D. classe 1999, F.S. classe 1999 e C.G. classe 1998. L’operazione in codice è stata denominata “Perseidi”, riferito allo sciame di stelle cadenti che avviene quella notte.

Le indagini – coordinate dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e dal pm Paolo Petrolo – hanno consentito di far luce su una drammatica vicenda di violenza sessuale posta in essere, durante una serata danzante in una località del basso Ionio reggino, dove i tre ragazzi, approfittando dello stato di ebbrezza di una ragazza poco più che diciottenne, la conducevano fuori dalla discoteca e abusavano a turno di lei sulla spiaggia.

Dalla ricostruzione dei fatti operata dagli investigatori della Squadra mobile è emerso che la diciottenne aveva subito violenza sessuale da almeno tre giovani sulla spiaggia, all’esterno di una discoteca dove stavano trascorrendo la notte di San Lorenzo. L’allarme dei presunti abusi sessuali subiti dalla ragazza era stato dato da alcuni passanti al personale della Polizia di Stato in servizio di ordine pubblico fuori dal locale. La giovane veniva condotta in ospedale da un’ambulanza per le cure del caso e per essere sottoposta alprotocollo sanitario previsto per le vittime di violenza sessuale.

Le attività investigative venivano condotte con sofisticate intercettazioni telefoniche ed ambientali, attività di monitoraggio attraverso sistemi di videosorveglianza, l’acquisizione di dichiarazioni rese da persone informate sui fatti e con l’analisi, effettuata da personale medico specializzato, dei profili genetici (Dna) degli indagati comparati con quelli prelevati alla vittima in occasione del protocollo eseguito in Ospedale dopo la violenza.

Sulla base delle risultanze investigative acquisite dalla Polizia nel corso delle indagini, i magistrati della locale Procura della Repubblica, chiedevano ed ottenevano dal giudice la misura cautelare della custodia in carcere a carico dei tre presunti autori della violenza sessuale di gruppo, i quali risultano indagati anche per atti osceni, avendo perpetrato lo stupro sulla spiaggia libera nelle immediate vicinanze del locale pubblico, frequentato anche da soggetti minorenni.

Infine, C.D., classe 1999, assieme agli altri due complici della violenza sessuale di gruppo, dovrà rispondere anche del reato di violenza e minaccia perché aveva costretto sotto minaccia una teste oculare, a poche ore dalla consumazione del fatto, affinché non riferisse agli inquirenti ciò che sapeva, suggerendole quel che avrebbe dovuto dichiarare qualora fosse stata sentita dalle forze dell’ordine.

Contestualmente il gip ha emesso la misura cautelare della presentazione alla polizia giudiziaria a carico di B.E. classe 1999, M.A., classe 2000 e F.S., classe 1999, per favoreggiamento personale nei confronti degli autori della violenza sessuale di gruppo, non avendo riferito agli inquirenti ciò che sapevano in merito all’episodio e agli autori del fatto.

Gli arrestati, dopo le formalità di rito in Questura sono stati condotti presso la locale casa circondariale, a disposizione della competente autorità giudiziaria.

Parigi, ridotta in cenere la Cattedrale Notre-Dame, si cercano responsabilità

Notre-Dame, cattedrale di Parigi, capolavoro gotico e patrimonio dell’umanità, il principale luogo di culto cattolico di Parigi, è stata divorata da un maxi incendio. La sua struttura, la facciata e i tesori che custodisce sarebbero stati salvati, sono convinti gli esperti e il presidente Macron, ma la sua guglia, uno dei simboli della capitale francese, è crollata dopo essere stata preda delle fiamme per più di un’ora.

La procura di Parigi ha aperto una inchiesta per incendio “involontario”. Al momento non è ancora chiaro come si sia sviluppato l’incendio. I vigili del fuoco hanno detto che l’origine delle fiamme sia da ricercare nei lavori di ristrutturazioni. Ma è mistero. Nessun investigatore si sente tuttavia di escludere la matrice dolosa.

Il presidente Usa, Donald Trump aveva invocato l’intervento dei Canadair dall’alto per limitare i danni, ma nessuno lo ha preso in considerazione. Con lanci di acqua dall’alto forse si sarebbe potuta salvare ma qualcuno ha pensato probabilmente che bombe d’acqua avrebbero potuto fare più danni. Se ci saranno responsabilità e ritardi nei soccorsi è cosa ancora da accertare. La realizzazione di Notre-Dame era iniziata nel 1163 (completata tutta nel 1344) ed è sopravvissuta ai moti della rivoluzione francese e a ben due conflitti mondiali.

Intanto, l’Isis esulta per la distruzione di uno dei simboli cristiani più conosciuti del mondo dopo la Basilica di San Pietro. Site, il sito di monitoraggio sul terrorismo islamico ha rintracciato post in cui i jihadisti si sono rallegrati del fuoco che ha inghiottito la cattedrale cattolica, condividendo foto dei media con le fiamme e il fumo, con commenti che esprimevano la loro gioia.

Piangono invece i parigini, ma pure gli europei e tutto il mondo cattolico. Si ferma la politica, come ha voluto il presidente Emmanuel Macron, che proprio ieri sera avrebbe dovuto annunciare in diretta tv importanti riforme dopo la “rivoluzione” dei Gilet gialli. E che, in preda alla commozione, ha dato il primo segnale di riscossa: “La ricostruiremo tutti insieme”, ha detto il numero uno dell’Eliseo.

Nessuno dimenticherà questo 15 aprile, primo giorno delle celebrazioni della settimana Santa. Non lo dimenticheranno i tanti parigini che sono usciti di casa e hanno raggiunto sul parapetto della Senna, a sud dell’Ile-de-la-Cité, i turisti allontanati dalla spianata della cattedrale subito dopo le 18:50, quando le fiamme hanno cominciato a divampare su un’impalcatura.

I lavori di ristrutturazione, un cantiere gigantesco, erano cominciati da pochi giorni. In particolare era da ristrutturare e rinforzare il tetto della cattedrale, quello che – sotto la violenza delle fiamme e il peso della guglia – è crollato e adesso tutti sono con il fiato sospeso per capire se anche la preziosa volta che sovrasta la navata centrale è stata distrutta.

Non ci sono feriti tra i fedeli o i turisti, l’unico in gravi condizioni è un pompiere, uno dei 500 intervenuti con ingenti mezzi per tentare di domare le fiamme che continuavano ad avanzare inesorabili. A tarda sera, le fiamme erano meno intense, i pompieri hanno annunciato che la struttura della cattedrale “è salva”. Il rettore ha aggiunto che reliquie preziose come “la corona di spine” di Cristo – stando alla tradizione – è intatta. I lavori di spegnimento sono durati per tutta la notte e ancora stamane vi erano focolai da domare.

Calabria, bocciata la proposta sulla doppia preferenza. Sinistra spaccata

Non è passata in Consiglio regionale della Calabria la proposta di legge sulla doppia preferenza di genere. Il provvedimento, infatti, non ha ottenuto la maggioranza qualificata richiesta. I votanti per i quattro articoli della proposta sono stati 29. Quindici i voti favorevoli e 13 astenuti, un voto contrario.

Il voto ha fatto emergere in maniera chiara le forti divisioni nel centrosinistra che ha dimostrato di non avere i numeri per governare e varare leggi. L’opposizione si è infatti astenuta e la maggioranza che sostiene Oliverio ha deciso di non partorire la norma.

A nulla sono valsi gli appelli del capogruppo Pd Seby Romeo e del Presidente della Giunta Mario Oliverio. “Senza stare qui a discutere di tecnicismi – ha detto Romeo – abbiamo detto che questa legge non è legata a un vincolo di maggioranza. Non è cioè un tema che riguarda il governo della Calabria, ma è un tema che riguarda la scrittura delle regole. Ci siamo assunti la responsabilità di rinviare alla seduta odierna l’approvazione di questa legge per consentire che venisse condivisa largamente. Non è una questione di maggioranza e di minoranza”.

La consigliera Flora Sculco, che aveva proposto la legge, nell’esprimere delusione ed amarezza, ha parlato di “pagina buia per la Calabria e per il regionalismo calabrese, perché ci si è nascosti dietro un voto di astensione”.

Oliverio esprime rammarico e tristezza
“Una scelta di ottusità e di chiusura”. Così il presidente della Regione, Mario Oliverio, nel corso del suo intervento nell’odierna seduta del Consiglio regionale ha definito la non approvazione della proposta di legge sulla doppia preferenza di genere.

“Non nego – ha detto Oliverio parlando in aula prima della votazione finale – che questo mi reca tristezza, lo dico al di là delle appartenenze. La volta scorsa era stata accolta una proposta di rinvio del Consiglio, arrivata dai banchi dell’opposizione, sulla base di un impegno, quello di creare un gruppo di lavoro per affrontare il tema della riforma complessiva della legge elettorale. Non essendo pronto, il gruppo che si era costituito, si sono presi ulteriori giorni di tempo per arrivare fino a oggi: faccio questa ricostruzione per evidenziare che c’è un problema politico, non c’è la volontà di affrontare questo tema, fondamentale in relazione alla riforma della legge elettorale”.

“Oggi – ha sostenuto il presidente della Regione – registriamo il tentativo evidente di affossare questa proposta di riforma. Non si possono poi fare riferimenti a maggioranze e minoranze, perché il gruppo di lavoro è stato fondato sul principio per cui le regole del gioco non si facciano a colpi di maggioranza. Ricordo poi che l’emendamento sulla doppia preferenza di genere recepiva un principio nazionale, che è stato approvato non solo a maggioranza”.

Giudiceandrea (Democratici e Progressisti): “Un momento indegno”
“I giochini al rialzo di una parte esigua della maggioranza, le assenze e le astensioni di comodo e “utili”, su tutte, hanno consentito di svelare la vera natura di alcuni millantati “sì” alla legge sulla preferenza di genere (di cui sono stato, orgogliosamente, secondo firmatario), proveniente da consiglieri di centrodestra e centrosinistra. Dovranno renderne conto alle loro elettrici ed ai loro massimi dirigenti di partito”. Lo dice Giuseppe Giudiceandrea (capogruppo dei Democratici e Progressisti in consiglio regionale) commentando la bocciatura della proposta di legge sulla doppia preferenza di genere da parte della massima assemblea calabrese.

“Una legge – spiega il consigliere della maggioranza – che non era né di sinistra né di destra, votata da 15 consiglieri su 30 e naufragata con un solo voto contrario ed un’astensione di “comodo”, utile solo a perseverare nel tentativo dell’autoconservazione. Un momento indegno per la politica al quale in, tanti, purtroppo, hanno messo la loro firma”.

Puccio (PD): “Sappiamo chi non ha voluto la legge”
“L’esito finale della votazione odierna in Consiglio regionale ha definitivamente chiarito, qualora ve ne fosse ancora bisogno, quali forze politiche non volevano e non hanno voluto la doppia preferenza di genere”. E’ questa la reazione di Giovanni Puccio, Responsabile organizzativo PD Calabria, alla bocciatura del pdl sulla preferenza di genere.

“Una norma di assoluto buon senso – spiega Puccio – che va nella direzione della parità per favorire l’accesso delle donne alle Assemblee rappresentative degli enti locali e dare senso compiuto alla democrazia paritaria. Le avvisaglie si erano già manifestate nelle precedenti sedute dell’Assemblea regionale con posizioni di distinguo anche dei singoli consiglieri, rispetto alla norma proposta, che oggi si sono dimostrate strumentali per arrivare ad affossare definitivamente la legge”.

Graziano (Pd): “Mancata approvazione è grave errore”

“Non votare la legge per l’introduzione della doppia preferenza di genere alle elezioni regionali rappresenta un grave errore, un arroccamento e un arretramento rispetto a temi importanti come la parità di genere e la partecipazione delle donne alla vita delle istituzioni”. Così il commissario regionale del Partito Democratico della Calabria, Stefano Graziano. “Era un provvedimento da approvare e dispiace che una parte del parlamentino regionale non abbia rispettato l’impegno preso a marzo, quando si decise di rinviare la discussione e la votazione per trovare un’intesa bipartisan”.

Blitz con vernice rossa all’esterno del Consiglio
Intanto, stamattina due individui non ancora identificati hanno compiuto un gesto dimostrativo versando della vernice rossa sulle scale esterne di Palazzo Campanella, sede del Consiglio regionale calabrese. I due soggetti, che hanno agito con il volto travisato hanno anche abbandonato sulle scale che portano all’ingresso dell’edificio un tronco di manichino dalle sembianze femminili a cui mancava la testa.

 

Cosenza, rumeno forza case per rubare, poi aggredisce agenti: arrestato

Cosenza, rumeno forza case per rubare, poi aggredisce agenti: arrestato

Poliziotti della Questua di Cosenza hanno arrestato in flagranza per tentato furto aggravato continuato in abitazione, resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale, T.L., cittadino rumeno di 49 anni.

I fatti sono accaduti stamane, quando è pervenuta una chiamata al 113 da parte di un cittadino che riferiva di una persona intenta a forzare la porta di ingresso della sua abitazione sita a Cosenza.

Giunti sul posto, gli agenti hanno constatato che l’uomo aveva già tentato di entrare in un’altra abitazione sita lì vicino ma senza che il ladro riuscisse ad irrompere.

Dalle testimonianze rese dalle vittime dei tentati furti gli agenti hanno avuto una descrizione dettagliata dell’autore il quale, nonostante abbia tentato la fuga, è stato subito rintracciato e bloccato con non poche difficoltà.

Il rumeno, spiega una nota della Questura cosentina, ha reagito con violenza all’arresto con calci, sputi e minacce nei confronti dei poliziotti. Un atteggiamento violento che ha mantenuto anche dopo essere stato condotto in Questura.

Avvisato dell’accaduto, il magistrato di turno ha disposto che l’uomo venisse trattenuto in attesa del processo per direttissima.

Incendio devasta la Cattedrale di Notre-Dame de Paris, sconcerto nel mondo

Incendio Cattedrale Notre Dame ParisUn incendio di vaste proporzioni è divampato attorno alle 19 di lunedì 15 Aprile nella Cattedrale di Notre-Dame de Paris, a Parigi. I vigili del fuoco sono impegnati numerosi a domare il rogo da cui si è sviluppata una densa colonna di fumo. Non sono al momento chiare le cause dell’incendio, né se vi siano persone intossicate o ferite. La Cattedrale è stata evacuata.

“Fuoco significativo a Notre Dame, dobbiamo stare lontano, abbandonare l’area e lasciare intervenire i soccorritori”, ha scritto su Twitter il vicesindaco di Parigi, Emmanuel Gregory.

Un video in diretta su Twitter mostra l’imponente rogo essere ancora in corso. Fiamme e fumo stanno interessando il tetto della Cattedrale.

Dalle prime informazioni pare che le fiamme siano state originate per via di lavori di ristrutturazione in corso. Lo confermano fonti dei pompieri che in ogni caso sono cauti: “E’ probabile”, hanno detto. I danni sarebbero ingentissimi. Da quanto trapela il tetto della Cattedrale più visitata in Europa è crollata. 

E’ crollata, in fiamme, la parte superiore della guglia di Notre-Dame, uno dei simboli della città di Parigi. 

La procura di Parigi ha aperto un’inchiesta per determinare le cause dell’incendio. Inoltre, il comune della capitale francese ha aperto un’unità di crisi presso l’Hotel de Ville.

L’emozione di Macron: “Brucia la Cattedrale”

Il presidente francese, Emmanuel Macron, che avrebbe dovuto annunciare attese riforme in diretta tv alle 20, ha rinviato l’intervento e va a Notre-Dame.
“Notre-Dame di Parigi in preda alle fiamme”, scrive su Twitter Macron -. Emozione di tutta una nazione. Pensiero per tutti i cattolici e per tutti i francesi. Come tutti i nostri compatrioti, stasera sono triste di veder bruciare questa parte di noi”.

Un terribile incendio è in corso alla cattedrale di Notre-Dame de Paris – ha scritto su Twitter la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo –. I pompieri di Parigi stanno tentando di domare le fiamme. Siamo mobilitati sul posto in stretto contatto con la diocesi di Parigi. Invito tutte e tutti a rispettare il perimetro di sicurezza”.

Trump: “Agire velocemente”

“È così orribile vedere l’enorme incendio della Cattedrale di Notre Dame a Parigi”, scrive sui social il Presidente Usa Danald Trump che suggerisce di agire velocemente.

Vernice e manichino decapitato davanti sede Consiglio regionale Calabria

Due persone incappucciate hanno compiuto indisturbati un blitz a Reggio Calabria versando della vernice rossa sulla scalinata di Palazzo Campanella, sede del Consiglio regionale della Calabria. I due hanno anche abbandonato un manichino di donna decapitato. Un’azione fulminea che non ha dato il tempo alle guardie giurate in servizio all’ingresso del palazzo di intervenire.

Pochi secondi per portare a termine quello che sembra un gesto dimostrativo, forse legato all’esame della legge sulla doppia preferenza di genere, all’ordine del giorno della seduta di oggi del Consiglio regionale, dopo due rinvii per disaccordi tra le forze politiche.

Sul posto sono intervenuti gli agenti della Digos della Questura di Reggio Calabria. Nessuna traccia, al momento, dei due responsabili, molto probabilmente un uomo e una donna secondo le indicazioni fornite dagli addetti alla vigilanza in servizio nell’edificio.

Spintonano a terra un uomo e gli rubano la catenina d’oro, arrestati

Estorsione a commercianti, arresto a Cutro Alberto PignanelliAgenti della Squadra mobile di Reggio Calabria hanno arrestato e posto ai domiciliari due persone accusate in concorso del reato di rapina. Si tratta di Francesco Hasni, di 21 anni e Massimo Tomasello (41).

Il provvedimento è stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale reggino su richiesta della locale Procura della Repubblica. Le indagini degli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e dal sostituto Diego Capece Minutolo, hanno consentito di fornire gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei due soggetti che, in pieno giorno, dopo aver spinto e fatto cadere un uomo sessantenne, gli hanno strappato dal collo una collana con crocefisso in oro.

Per giungere al risultato investigativo è stato determinante il lavoro degli agenti della Sezione “Contrasto al crimine diffuso” della Squadra mobile, che hanno ricostruito l’azione attraverso l’esame delle immagini di video sorveglianza presenti nella zona, ed hanno permesso l’identificazione dei due presunti responsabili della rapina ai danni dell’anziana vittima.

Debiti di Occhiuto, la maggioranza replica: “Il Comune non ha sborsato un euro”

Il sindaco Mario Occhiuto
Il sindaco Mario Occhiuto (frame Tg3 Calabria)

I consiglieri comunali di maggioranza a palazzo dei Bruzi replicano all’opposizione che stamane in un comunicato chiedeva lumi sui debiti del sindaco Mario Occhiuto, e definiscono come “notizie false e strumentali” il contenuto sottoscritto da Carlo Guccione e dai consiglieri del Pd e Psi, cui si è aggiunto anche il consigliere gentiliano Lo Gullo.

Guccione e gli altri consiglieri dell’opposizione – che hanno annunciato un esposto alla Procura della Repubblica di Cosenza e alla Corte dei Conti con ipotesi di abuso e omissioni di atti d’ufficio -, nella seduta di stamane avevano chiesto al presidente del Consiglio Pierluigi Caputo di discutere della vicenda dei debiti del primo cittadino ma il massimo esponente dell’assise ha negato il confronto. I consiglieri, che per protesta hanno abbandonato l’aula, volevano sapere se la cartella esattoriale di 1,7 milioni di euro che Equitalia vanta da Occhiuto dovevano pagarla i cosentini.

“Le notizie propalate da alcuni esponenti dell’opposizione tra i banchi consiliari del Comune di Cosenza – scrivono in una nota i sostenitori della giunta Occhiuto – circa i presunti danni erariali derivanti da questioni personali del sindaco Occhiuto, sono gravemente infondate, false e strumentali”.

“Si vuole così generare nell’opinione pubblica – prosegue la nota – l’assurdo sospetto che il Comune abbia pagato per delle pendenze personali di Occhiuto. Una cosa falsa, palesemente inventata, con il solo scopo di azionare la macchina del fango che è già costata due sconfitte, nel 2011 e nel 2016, a chi sosteneva questa tesi”.

“Come spiegato chiaramente dall’ufficio legale del Municipio bruzio, infatti, il Comune di Cosenza non ha pagato e non pagherà un euro di soldi pubblici per le posizioni debitorie denunciate. Si sta discutendo sul nulla con l’unico fine di oscurare la grandissima manifestazione di sabato scorso a Lamezia Terme che ha visto migliaia di cittadini di tutta la Calabria partecipare alla proposta politica di Occhiuto Presidente della Regione”.

“Il centrosinistra – spiegano ancora gli esponenti della maggioranza – che in un quinquennio ha sfasciato la Calabria tenta, in modo maldestro, di nascondere il suo fallimento attaccando senza rispetto delle regole colui che è indicato da tutti come l’uomo giusto per risollevare la Calabria. I cittadini conoscono le crepe di una Regione che si appresta ad essere commissariata completamente anche sulla sanità e che è l’ultima in Italia per tutti gli indicatori statistici”.

“Ad ogni competizione elettorale – proseguono – la sinistra utilizza puntualmente argomenti calunniosi e senza senso, soltanto per screditare Occhiuto ma, anche stavolta, sarà punita dagli elettori. Senza voler scendere sullo stesso livello sarebbe opportuno che l’opposizione si facesse piuttosto un esame di coscienza”.

“Pensiamo ad esempio al consigliere Carlo Guccione che, fatti alla mano, è attualmente rinviato a giudizio in un processo penale a Reggio Calabria per la nota inchiesta delle ‘spese pazze rimborsopoli’ presso la Regione Calabria. Lo stesso Guccione sarebbe anche a processo alla Corte dei Conti per peculato aggravato. Ecco: parliamone”, chiosano i consiglieri che sostengono Occhiuto.

Rende, Manna: “Realizzate iniziative importanti per bambini e anziani”

sindaco di Rende Marcello Manna
Il sindaco di Rende Marcello Manna

“In questo primo quinquennio, nonostante le ristrettezze economiche, abbiamo portato a termine una serie di provvedimenti importanti in favore dell’infanzia e della terza età”.
Lo afferma in una nota il sindaco di Rende, Marcello Manna.

“Siamo riusciti – ha spiegato il primo cittadino – a realizzare il primo nido comunale, Peter Pan, grazie a un utilizzo sapiente dei fondi Pac 40 bambini di età 0-3 anni – dice Manna – vengono ospitati in una struttura di eccellenza che ha alleviato il carico della domanda genitoriale”.

“Siamo impegnati – sottolinea il sindaco Manna – con progetti mirati anche nella formulazione di progetti per la conciliazione lavoro – famiglia che consentono di venire incontro alle esigenze di tante donne lavoratrici”.

“Sulla terza età – continua – abbiamo attivato politiche di integrazione nell’assistenza domiciliare, con il concorso dell’Asp, che in tantissimi casi ha consentito una deospedalizzazione e che ha abbracciato anche l’assistenza per le cure paliative”.

“In generale sul welfare abbiamo impegnato disponibilità di bilancio – aggiunge Manna – recuperando una lunga stagione di ritardi negli anni precedenti.

Il sindaco, già ricandidato alle prossime elezioni comunali del 26 Maggio 2019, se dovesse essere rieletto spiega che “nel prossimo quinquennio libereremo maggiori risorse che andranno inserite in una programmazione gestionale e strutturale già in corso – conclude Marcello Manna – frutto di un lavoro sinergico compiuto dagli uffici comunali e figlio di una cultura dell’attenzione sociale che ha contraddistinto tutto il nostro mandato”.

Scoperti nel reggino impiegati assenteisti, indagati

assenteismoSi allontanavano dal posto di lavoro per andare al bar, nei circoli ricreativi o a chiacchierare in strada evitando di strisciare il cartellino in uscita. Così quattro impiegati del comune di Agnana Calabra, centro del reggino, sono stati scoperti dai carabinieri del posto e indagati per truffa aggravata ed interruzione di pubblico servizio. Agli impiegati assenteisti è stato notificato un avviso di conclusione indagini.

L’attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Locri, ha consentito di accertare reati che vanno dalla truffa aggravata e continuata in danno dell’ente pubblico, all’attestazione fraudolenta della presenza in servizio, all’abuso d’ufficio e al peculato.

I militari hanno scoperto che alcuni impiegati, con artifizi e raggiri e modalità fraudolente (volti a certificare falsamente la presenza in servizio, in particolare strisciando il badge pur essendo, di fatto, assenti dal luogo di lavoro), si sono procurati ingiusti vantaggi patrimoniali con danni per l’ente che erogava gli stipendi.

L’attività d’indagine, durata fino ai primi tre mesi del 2018, eseguita con servizi di osservazione e pedinamento, ma anche mediante sistemi di videoripresa, ha evidenziato continue condotte illecite poste in essere da buona parte del personale dipendente, che era solito allontanarsi dal luogo di lavoro per svolgere attività di esclusivo interesse personale.
Gli indagati, eludendo così il sistema di rilevazione elettronica delle presenze, si dedicavano alle più svariate attività personali.

Sea Watch, indagati Salvini, Conte, Di Maio e Toninelli ma pm chiede archiviazione

Matteo Salvini
Matteo Salvini (Ansa)

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini è stato nuovamente iscritto nel registro degli indagati per il reato di “sequestro di persona commesso in Siracusa dal 24 al 30 gennaio 2019”. Lo ha detto lo stesso Salvini a Monza spiegando che il procuratore Carmelo Zuccaro ha presentato una “contestuale richiesta di archiviazione”.

Nell’inchiesta aperta dalla Procura di Catania sui presunti ritardi nello sbarco della Sea Watch nel capoluogo etneo oltre al ministro Salvini, sono indagati anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il vice premier Luigi Di Maio e il ministro Danilo Toninelli.

Per tutti, apprende l’Ansa, il procuratore Carmelo Zuccaro ha presentato richiesta di archiviazione al Tribunale dei ministri di Catania, che dovrà decidere sulla loro posizione entro i prossimi 90 giorni.

Scintille con Di Maio sui porti chiusi
“Rispetto il lavoro del collega di Maio che si occupa di lavoro, ma sui temi di controllo dei confini e di criminalità organizzata sono io a decidere”, ha poi aggiunto il titolare del Viminale rispondendo al ministro del Lavoro secondo il quale la chiusura dei porti è una soluzione “solo temporanea”.

“Se il ministro Di Maio e Trenta la pensano in modo diverso lo dicano in Cdm e faremo una franca discussione – ha proseguito – I porti con me rimangono indisponibili chiusi e sigillati ai mercanti di esseri umani”.

‘Ndrangheta e appalti sospetti, un arresto e 7 aziende sequestrate

blitz carabinieri reggio calabriaI Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, nelle province di Latina, Cosenza ed in quella reggina hanno dato esecuzione a due distinte ordinanze di misure cautelari personali e reali, emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Procura distrettuale diretta da Giovanni Bombardieri.

arrestato Tommaso De Angelis
L’arrestato Tommaso De Angelis

In manette è finito Tommaso De Angelis, 59enne originario di Sinopoli ma residente a Reggio Calabria, destinatario della misura restrittiva in carcere con l’accusa di associazione mafiosa, perché ritenuto esponente della cosca “Alvaro-Pajechi” di Sinopoli.

I militari hanno sequestrato 7 imprese per un valore di 16,5 milioni di euro: si tratta dell’azienda Morfù Srl di Rossano (Cs); la Decos Srl di Reggio Calabria; la ditta individuale Musolino Domenico, di Reggio Calabria; la Igeco Srl di Latina; la Pontina Costruzioni Srl di Latina; la Itm Eletronic Snc, di Antonio e Mario Italiano, di Delianuova, e la Gienne Costruzioni Srl, di Reggio Calabria.

I due provvedimenti scaturiscono dagli esiti di due autonome e convergenti indagini, convenzionalmente denominate “Camaleonte” e “A Ruota Libera”, svolte rispettivamente dai carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria e del Nucleo Investigativo, coordinati dal magistrato Stefano Musolino della Dda reggina.

L’INCHIESTA “CAMALEONTE”

Nell’ambito della “Camaleonte”, dal febbraio 2015 all’aprile 2016 è stata monitorata l’esecuzione di due distinti appalti: la “realizzazione della fermata di Pentimele della metropolitana di superficie” appaltato per un importo di oltre 2,1 milioni di euro dalla società R.F.I. Spa del gruppo Ferrovie dello Stato ad un’associazione temporanea di imprese la cui mandataria è l’impresa Morfù Srl, riconducibile ai fratelli Nilo e Giuseppe Morfù, entrambi indagati nel presente procedimento. Inoltre i lavori di manutenzione straordinaria del sovrappasso di via Casa Savoia di Gallico (ex S.S. 184 Gambarie) al km 438, appaltati dall’Anas Spa alla ditta Costruzioni Doc Srl di Napoli per un importo netto di oltre 860mila euro.

In relazione al primo appalto, le indagini svolte sul conto dei fratelli Nilo e Giuseppe Morfù, titolari della Morfù Srl hanno permesso – secondo l’accusa – di documentare come gli stessi, pienamente consapevoli del contesto geografico in cui dovevano operare (il quartiere reggino di Archi), fin dall’avvio dei lavori abbiano ricercato l’appoggio della criminalità organizzata locale, al fine di “ottimizzare” i tempi a disposizione e ridurre eventuali inconvenienti, trovandolo evidentemente nei fratelli Rocco, Vincenzo, Michelangelo e Tommaso De Angelis, originari di Sinopoli.

Gli esiti delle attività tecniche e i conseguenti riscontri hanno permesso di accertare come i fratelli Morfù si siano prestati a devolvere – celandola alla stazione appaltante – l’esecuzione dei lavori alla Decos Srl dei fratelli De Angelis, già titolari di un’altra impresa (la Icesp Srl) interdetta nel 2013; assumere come operaio Vincenzo De Angelis, al fine di legittimarne la presenza in caso di controlli sul cantiere; consentire a Michelangelo e Tommaso De Angelis, quest’ultimo destinatario dell’odierna misura restrittiva poiché ritenuto intraneo alla cosca “Alvaro” di Sinopoli, di individuare tutti i fornitori, scelti fra altre imprese di riferimento ovvero fra quelle disposte ad accettare condizioni commerciali particolarmente sfavorevoli. Infine di agevolare l’occultamento e la spartizione dei ricavi con la Decos Srl.

In sostanza, i Morfù – spiegano gli investigatori – hanno evitato richieste estorsive da parte della criminalità organizzata reggina e hanno tratto vantaggio dalle condizioni commerciali che la Decos Srl riusciva ad ottenere, mentre i De Angelis hanno potuto eludere la normativa antimafia, acquisendo un appalto cui altrimenti non avrebbero potuto accedere.

Con riferimento ai lavori di manutenzione straordinaria del sovrappasso di Via Casa Savoia di Gallico, dalle indagini è emerso che la ditta individuale di Musolino Domenico– 43enne reggino ritenuto contiguo alla cosca “Tegano” della ‘ndrangheta cittadina, tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Affari di Famiglia” e assolto nel 2015 – avesse sottoscritto, con la ditta aggiudicatrice dell’appalto, un contratto di nolo a freddo di macchinari ed attrezzature nonché un contratto per il distacco di due operai, incaricati della gestione delle attività di collaudo delle due carreggiate autostradali del sovrappasso, quale mero escamotage – per l’accusa – per aggirare la normativa vigente, subappaltando l’intera realizzazione delle opere ad un’impresa non iscritta all’ “Elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (White List)” proprio in ragione dell’allora recente arresto del Musolino.

In merito a quest’appalto, sono tuttora al vaglio della DDA reggina le posizioni di 7 fra funzionari e dipendenti della committente Anas Spa, incaricati delle verifiche in ordine alla corretta esecuzione dei lavori, e di 4 fra amministratori e dirigenti dell’impresa aggiudicataria Costruzioni Doc Srl, in relazione alla possibilità che abbiano consapevolmente agevolato l’impresa del MUSOLINO ponendo in essere una serie di condotte mirate a celarei termini reali della sua partecipazione ai lavori.

L’INCHIESTA “A RUOTA LIBERA”

L’attività d’indagine “A Ruota Libera” trae origine dagli approfondimenti effettuati, a partire dal giugno 2013, su due lavori pubblici banditi dal Comune di Reggio Calabria, ossia la manutenzione stradale da effettuarsi nelle aree di alcune circoscrizioni del territorio comunale di Reggio Calabria, del valore di 1.717.446 euro aggiudicato alla Igeco Srl di Latina; la realizzazione di un circuito di piste ciclabili nel comune di Reggio Calabria, del valore di oltre 570.000 euro, aggiudicato alla Pontina Costruzioni Srl e subappaltato alla Igeco Srl, entrambe riconducibili all’imprenditore pontino Giulio Toppetta.

Dal monitoraggio dei lavori sarebbe emerso come il Toppetta abbia garantito l’esecuzione di lavori pubblici ad imprese riconducibili a soggetti vicini alla criminalità organizzata: in particolare, dalle intercettazioni è emerso che i dirigenti e dipendenti della Igeco hanno favorito l’impresa individuale di Musolino Domenico, nella consapevolezza che questi non potesse effettuare prestazioni lavorative in subappalto in ragione dell’assenza di certificazione antimafia, attraverso una serie di condotte mirate ad occultare la sua partecipazione all’esecuzione dell’appalto.

Le investigazioni avrebbero permesso di acclarare come i dirigenti aziendali, in concorso con il Musolino, abbiamo gestito ingenti quantitativi di rifiuti derivanti dalle attività di manutenzione stradale e dalla realizzazione della pista ciclabile, interrandoli illecitamente in una porzione di terreno che costeggia una fiumara.

Inoltre, sempre in tema di commistioni con la criminalità organizzata, sono stati documentati i rapporti anche con la Gienne Costruzioni Srl, società di cui si sono avvalse sia l’igeco che la Pontina per la fornitura dei conglomerati bituminosi e per i noli a freddo e a caldo necessari in entrambi gli appalti comunali. Anche in questo caso le società di Toppetta, al fine di favorire la Gienne Costruzioni, secondo la Dda, hanno camuffato il reale volume delle forniture, facendo apparire che l’importo delle prestazioni affidate fosse inferiore al 2% del valore complessivo dei lavori, per eludere i controlli antimafia in materia di subappalti.

Anche in questo caso, l’escamotage si sarebbe reso indispensabile in relazione all’impossibilità del titolare della Gienne Costruzioni, il 66enne reggino Giovanni Domenico Guarnaccia, di relazionarsi con la pubblica amministrazione, essendo stato denunciato, in passato, per il reato trasferimento fraudolento di valori, reato ostativo all’inserimento nelle “white list” prefettizie cui le imprese appaltatrici devono attingere per individuare le ditte cui affidare i lavori in subappalto.

È tuttora al vaglio della DDA reggina il coinvolgimento di alcuni dipendenti dell’Ufficio “Progettazione ed esecuzione lavori pubblici” (ora Settore “Servizi tecnici”) del Comune di Reggio Calabria, al tempo incaricati di funzioni di controllo, verifica e collaudo dei due appalti, atteso che il complesso delle indagini ha consentito di delineare ipotesi delittuose connesse con l’attestazione dell’esatta esecuzione e della corretta documentazione a riscontro dei lavori, nonché dell’effettivo subappalto dei lavori – in violazione di legge – alle imprese Gienne Costruzioni Srl e Itm Electronic Snc.

Cosenza, è scontro sui debiti di Occhiuto. La minoranza va in Procura

Debiti di Occhiuto, la minoranza si rivolge alla Procura
Da sinistra il sindaco Occhiuto, il presidente del Consiglio comunale Caputo e a destra Carlo Guccione

“All’inizio dei lavori del consiglio comunale convocato per oggi abbiamo chiesto di discutere in via preliminare della vicenda riguardante la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro in riferimento ai debiti personali del sindaco Mario Occhiuto”. E’ quanto si legge in una nota diffusa da Carlo Guccione a nome della minoranza a Palazzo dei Bruzi, compreso il consigliere Massimo Lo Gullo.

“La città – prosegue la nota dell’opposizione – deve essere informata e sapere se la cartella esattoriale di un milione e 700mila euro del sindaco Occhiuto, dovrà essere pagata dai cosentini visto che emerge una evidente negligenza del dirigente comunale preposto per non aver accantonato le somme pignorate da Equitalia”.

“È evidente che risulta paradossale l’attività dell’amministrazione comunale che stranamente si è costituita nei due procedimenti, si legge ancora, visto che le parti in causa sono Equitalia e il sindaco Occhiuto, l’unico legittimato a costituirsi in giudizio”.

“Ecco perché non capiamo per quale motivo il Comune si sia costituito in giudizio, spendendo energie e soldi pubblici, per un procedura che non gli apparteneva. Tra l’altro per altri amministratori gli uffici comunali hanno messo in essere procedure diverse, accantonando somme delle indennità”, continuano i consiglieri di minoranza.

“Di fronte alla protervia del presidente del Consiglio (Pierluigi Caputo) che non ha accolto la nostra legittimità richiesta di discutere, in via preliminare, della questione abbiamo ritenuto opportuno abbandonare per protesta la seduta, annunciando di proporre formale atto di querela-denuncia alla Procura della Repubblica competente e altresì di depositare un esposto alla Procura della Corte dei Conti di Catanzaro”, conclude la nota.

Confiscati beni a imprenditore vicino ai clan. C’è anche un resort del vibonese

La Polizia di Stato, ha eseguito un provvedimento di confisca di beni per un valore di oltre 12 milioni di euro nei confronti  di N.C., imprenditore del vibonese, ritenuto vicino alle cosche di ‘ndrangheta. La confisca riguarda, oltre a conti e altri beni immobili, un resort vicino Tropea.  Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria.

L’imprenditore alberghiero è attivo nella piana di Gioia Tauro (Reggio) ma con rilevanti interessi economici nelle province di Vibo Valentia, Bologna ed in tutto il Nord Italia.

Nel 2001, l’uomo era già stato oggetto di un provvedimento di misura di prevenzione personale emesso sempre dal tribunale reggino su richiesta della questura,  che gli aveva irrogato la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di 4 anni e, contestualmente, la confisca di beni.

Misure, queste, che cessavano il 22 giugno 2005, data in cui la locale Corte d’Appello revocava la sorveglianza, disponendo la restituzione dei beni confiscati. Successivamente a detta revoca la Divisione anticrimine della Questura di Reggio Calabria avviava, su delega della Dda Reggina, un’attività investigativa di natura patrimoniale nei confronti dell’imprenditore che ha consentito – è scritto in una nota della Procura reggina – di rivalutare la figura dell’imprenditore e l’attualità della pericolosità del predetto e la sproporzione tra la sua capacità reddituale e l’ingente patrimonio posseduto.

L’attività di investigazione patrimoniale ha consentito di accertare che, dagli anni ‘70 in poi, l’uomo avrebbe costruito un vasto patrimonio, soprattutto nel campo delle strutture ricettive, ristorazione e villaggi turistici, grazie all’appoggio fornito dalla potente cosca “Piromalli” ed ai legami tra la suddetta cosca e quella dei “Mancuso” di Vibo Valentia: “…nuove acquisizioni probatorie effettuate dalla Procura sostengono gli elementi indiziari già precedentemente emersi in maniera coerente, riscontrando alcune circostanze che unitariamente lette depongono inequivocabilmente circa l’appartenenza dell’indagato agli ambienti mafiosi delle cosche PIROMALLI e MANCUSO, in un rapporto che si è sviluppato in un’iniziale simbiosi, sino a svilupparsi in un’evidente indipendenza dell’imprenditore nel condurre i propri affari, pur continuando a gravitare negli ambienti criminali suddetti…”..

Sono state utilizzate, inoltre, le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia che hanno non solo confermato la contiguità dell’uomo con le cosche già precedentemente menzionate, ma lo hanno indicato quale soggetto vicino alle consorterie criminali di Reggio Calabria e di Vibo.

Dall’attività svolta è, altresì, emerso il ruolo dell’imprenditore nell’ambito di un procedimento instaurato dinanzi alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia, volto ad accertare eventuali responsabilità penali relative ad una produzione Rai.

Il materiale offerto al vaglio del Tribunale ha consentito di appurare che in merito all’individuazione di una struttura alberghiera da utilizzare per la citata fiction, veniva fatto espresso riferimento all’imprenditore, quale proprietario di un villaggio turistico nel vibonese, e che lo stesso veniva indicato come “delfino dei Piromalli”.

In tale circostanza veniva prescelta la struttura dell’imprenditore, in luogo di un altro complesso alberghiero nonostante quest’ultima avesse presentato un’offerta decisamente più competitiva, al fine di scongiurare “…la possibilità che potesse scatenarsi una faida nel territorio…”.

Le indagini hanno evidenziato, altresì, un contemporaneo intervento di un esponente della cosca Mancuso che, “per evitare problemi”, interveniva presso l’imprenditore per far diminuire il prezzo richiesto.

Altresì rilevanti ai fini dell’emissione del provvedimento ablatorio le indagini svolte nell’ambito del procedimento penale “Asmara”, coordinate dalla Procura della Repubblica di Palmi, che hanno evidenziato i rapporti conflittuali tra due famiglie, che sono sfociati in una serie di aggressioni e attentati, perpetrati vicendevolmente fra i membri dei due nuclei familiari, che “ …assumono una connotazione che richiama le modalità di gestione dei rapporti di forza proprie della criminalità organizzata, e non dei normali dissapori fra rivali in affari… “.

AGGIORNAMENTO FEBBRAIO 2024: L’uomo, N.C., è stato poi assolto definitivamente dalla Cassazione

Ancona, traffico di oltre 11mila tonnellate di rifiuti pericolosi, misure

rifiuti pericolosi anconaCinquanta carabinieri-forestali dei gruppi di Ancona, Arezzo, Rimini e Lucca hanno eseguito misure cautelari personali e di sequestro a carico di 12 persone e due società, disposte dal Giudice del Tribunale di Ancona, nell’ambito di un’indagine iniziata nel 2017, diretta dalla Procura Distrettuale Antimafia di Ancona e condotta dai militari del Nucleo investigativo di polizia ambientale agroalimentare e forestale di Ancona (Nipaaf)

Le misure cautelari personali hanno riguardato quattro residenti in Provincia di Arezzo, G. S. di 34 anni agli arresti domiciliari, B.R. e B.M. rispettivamente di 68 e 66 anni, colpiti da obbligo di dimora, C. P. di 56 anni, colpito da misura interdittiva, accusati dei reati di associazione a delinquere e attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti speciali, falso in atto pubblico.

Disposto inoltre il sequestro per equivalente di denaro o altri beni per un totale di 3.190.000 euro, attraverso il blocco dei conti correnti bancari e postali di 6 indagati (C.D. di 46 anni, P.F. di 36 anni, entrambi residenti in Provincia di Rimini; B.B. di 67 anni, B.S. di 44, entrambi residenti in Provincia di Ancona) e 2 società con sedi legali nelle Provincie di Ancona e Rimini, accusati di aver costituito un’organizzazione criminale finalizzata all’accumulo di 11.000 tonnellate di rifiuti pericolosi prodotti dalla frantumazione dei monitor e televisori a tubo catodico, abbandonati presso gli spazi aziendali di due ditte nei Comuni di Falconara ed Agugliano, di cui una portata al fallimento al fine di evitare le ingenti spese di smaltimento superiori al milione di euro.

Sequestrati infine 12 camion a carico di 4 soggetti e della società del Riminese, utilizzati per trasportare illegalmente rifiuti di diversa natura, al fine di completare gli articolati disegni criminosi messi in campo dai 20 indagati nell’indagine che è stata chiamata “Raehell”, per la grave situazione ambientale creata presso uno di questi due siti, in Comune di Agugliano, area peraltro vincolata paesaggisticamente e percorsa da un torrente demaniale.

Le indagini sono iniziate da alcuni accertamenti svolti nel 2017 dalla Stazione Carabinieri Forestale di Ancona nei confronti di un’Azienda di Agugliano (AN) dove erano stoccate ingenti quantità di rifiuti Raee, destinati ufficialmente al recupero. Con la collaborazione dell’Unità operativa controlli ambientali dell’area ambiente della provincia di Ancona ed avvalendosi per le analisi dei rifiuti dell’Arpam di Ancona, è emerso un quadro allarmante in merito alla gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) ed in particolare degli elettrodomestici, per la cui gestione, gli indagati sono accusati di aver attuato un disegno criminoso iniziato dal 2010 e perfezionatosi nel maggio 2015, quando a Camerata Picena venne presentato, anche con lo sponsor di una nota associazione ambientalista, palesemente ignara delle illegalità, un nuovo progetto per ritirare e ricondizionare gli elettrodomestici usati, da parte di un’azienda con sede ad Agugliano (AN), facente parte del gruppo di una azienda del Riminese, impegnata nella logistica e collegata a società Polacche.

In particolare, nel nome della tutela ambientale e della riduzione dei rifiuti Raee, gli amministratori dell’azienda di Agugliano, in associazione con un’Azienda di Rimini operante nel settore dei rifiuti, già dal 2012 hanno iniziato ad accumulare rifiuti vetrosi pericolosi in quantità rilevantissima, per un quantitativo che nel 2016 ammontava a circa 10.000 tonnellate, per i quali non c’era alcuna possibilità di mercato e di recupero, ricavati da monitor e televisori a tubo catodico provenienti da gran parte d’Italia, con il palese intento di accumulare denaro illegalmente ed abbandonare il sito, cagionando il fallimento fraudolento dell’azienda al fine di evitare le spese di smaltimento stimate in 1.100.000 euro.

Secondo le risultanze delle indagini il ricondizionamento degli elettrodomestici era uno dei modi per far fluire i soldi accumulati illegalmente con i rifiuti vetrosi, verso la società madre con sede legale in San Giovanni in Marignano (RI).

In particolare l’azienda del riminese ritirava gli elettrodomestici usati presso le abitazioni, a seguito di contratti con la grande distribuzione, e li rivendeva per il ricondizionamento all’azienda del medesimo gruppo, di Agugliano, a prezzi più elevati rispetto a quelli di mercato, portandola inesorabilmente al fallimento.

In questo modo si generava un flusso illegale di denaro verso la società Riminese, lasciando così ad Agugliano rifiuti ricchi di piombo e altri metalli pesanti, frammisti a polveri fluorescenti pericolose, in grado di inquinare gravemente il sito tutelato paesaggisticamente. Le prime analisi dei terreni eseguite dall’ARPAM di Ancona, hanno evidenziato concentrazioni di metalli pesanti molto superiori a quelli consentiti.

Al termine della prima fase delle indagini, nel 2017 è stata sequestrata l’area in cui erano stoccate 10.000 tonnellate di rifiuti pericolosi vetrosi derivanti dai monitor dei televisori.

Successivamente le indagini condotte dal Nipaaf di Ancona, che hanno portato alla emissione da parte dell’Autorità Giudiziaria delle misure cautelari eseguite nei giorni scorsi, hanno individuato tutti i responsabili del traffico illecito dei rifiuti definendo con maggiore accuratezza i meccanismi fraudolenti adottati dagli indagati individuando anche un successivo traffico illecito di schede elettroniche sempre ricavate da rifiuti Raee, le quali venivano ritirate con mezzi non autorizzati, senza documentazione o con documentazione falsa, per poi essere venduti ad aziende che procedevano ad estrarre i metalli preziosi in esse contenuti.

Oltre 37 viaggi illeciti documentati in poco più di un mese, con diverse tonnellate di rifiuti trasportati e commercializzati illegalmente. Accertata anche la falsificazione di bilanci aziendali e registri dei rifiuti anche con utilizzo di false fatturazioni.

Tifo violento, 6 tifosi del Locri colpiti da Daspo

tifosi daspo locriSei provvedimenti di Daspo, di due, tre e 5 anni, sono stati emessi dal Questore di Reggio Calabria a carico di altrettanti tifosi del Locri che – in occasione della partita del 3 marzo scorso, disputata allo stadio comunale calabrese, tra la “A.C. Locri 1909” e l’“A.S. Marsala Calcio”, valida per il campionato di Serie “D” -, hanno lanciato oggetti ad arbitri e calciatori ospiti nonché tentato di forzare il cancello di accesso agli spogliatoi.

Secondo quanto ricostruito dalla Polizia, i tifosi, tra i 30 e i 60 anni, di cui uno recidivo, sono stati autori di un fitto lancio di oggetti e di bottiglie d’acqua all’indirizzo della terna arbitrale e dei giocatori della squadra ospite, sia del tentativo d’ingresso negli spogliatoi al termine dell’incontro, al fine di venire in contatto con giocatori siciliani.

Nello specifico gli stessi hanno forzato il cancello di ingresso ripetutamente con calci, pugni e spintoni e, subito dopo, hanno danneggiato e frantumato il pannello in plexiglass che ricopre l’inferriata del suddetto cancello. Soltanto il pronto intervento del personale della Polizia di Stato e dei Militari dell’Arma e della Guardia di Finanza, impiegati in servizio di ordine pubblico, riusciva ad evitare l’accesso dei tifosi locresi, contrastando la forte spinta opposta su detto cancello dagli ultras.

Unitamente al provvedimento di divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono tutte le manifestazioni calcistiche di qualsiasi serie e categoria, è stato, altresì, imposto ai tifosi l’obbligo di presentazione, mezz’ora dopo l’inizio del primo tempo e mezz’ora dopo l’inizio del secondo tempo di tutte le manifestazioni sportive nelle quali sia impegnata, a qualsiasi titolo, la “A.C. Locri 1909”, presso gli Uffici di Polizia territorialmente competenti.

Elezioni in Finlandia, vince la Sinistra per una manciata di voti

leader socialdemocratici Finlandia
Antti Rinne, leader dell’Spd finlandese

La sinistra ha vinto di un soffio le elezioni politiche in Finlandia – e potrebbe tornare a guidare il governo dopo 20 anni – con un vantaggio risicato sui populisti dei “Veri Finlandesi” che hanno mancato un clamoroso trionfo per una frazione di punto.

Il Partito socialdemocratico (Sdp), guidato da Antti Rinne, ha ottenuto il 17,7% rispetto al 17,5% dei “Veri Finlandesi”, gli alleati di Matteo Salvini, che esulta: “Gli amici ‘populisti’ del Partito dei Finlandesi diventano secondo partito in Finlandia!!! Il 26 maggio, insieme alla Lega, finalmente si cambia l’Europa”, ha affermato il vicepremier e ministro dell’Interno italiano.

Secondo i calcoli dei media locali, ai socialdemocratici vanno 40 seggi e ai Veri Finlandesi 39. Una situazione di stallo che potrebbe rendere complicata la formazione di un governo.

Intanto, Marine Le Pen ha proposto un manifesto per una ‘Alleanza delle Nazioni’ che ha già mostrato a Salvini a Parigi. “Sull’immigrazione lui ha ragione”, ha detto la leader del Rassemblement National che si prepara alla rivincita contro il partito di Macron.

Al progetto di Le Pen il leader della Lega è apparso “interessato”, soprattutto sui “temi ecologici”. Il resto del documento – che Marine Le Pen, stabilmente seconda nei sondaggi un paio di punti dietro La Republique en Marche di Macron, presenterà lunedì – è un attacco all’Europa del “capitalismo nomade”.

Falsi incidenti per truffe ad assicurazioni, 42 fermi e centinaia di indagati

Falsi incidenti per truffe ad assicurazioni, 42 fermi e centinaia di indagati a PalermoNuova operazione a Palermo nell’ambito dell’inchiesta nei confronti di un’organizzazione che avrebbe truffato le assicurazioni con falsi incidenti, arrivando perfino a gravissimi danni fisici come mutilazione degli arti e fratture a vittime compiacenti.

Gli agenti della squadra mobile di Palermo, la Guardia di finanza e la Polizia penitenziaria hanno fermato 42 persone. Tra questi anche un avvocato palermitano che curava la parte legale di molti dei falsi sinistri. Centinaia gli indagati.

Le indagini hanno messo in luce uno spaccato criminale fatto di reclutatori che agganciavano le vittime tra persone indigenti; di ideatori che individuavano luoghi non vigilati da telecamere, veicoli per inscenare gli incidenti e falsi testimoni.

Dalle investigazioni è emerso il ruolo dei “boia-spaccaossa” che procedevano alle lesioni fisiche; di medici compiacenti che firmavano perizie mediche di parte; di centri fisioterapici che attestavano cure alle vittime mai effettivamente somministrate; di avvocati che gestivano le pratiche per i risarcimenti.

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