12 Ottobre 2024

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Attracca a Genova nave della Marina con 100 migranti. Li ospita il Papa

La nave della Marina a Genova (Ansa)

Il pattugliatore della Marina militare italiana “Cigala Fulgosi”, con un centinaio di migranti a bordo, ha attraccato stamane a Calata Bettolo nel porto di Genova. Sono iniziate le operazioni di ispezione a bordo. Sul posto, oltre alla Croce Rossa, Capitaneria e Polizia, alcune ambulanze e personale Usmaf per la parte sanitaria.

Sotto bordo anche il garante dei minori per la Liguria Francesco Lalla. Cento i migranti a bordo tra i quali 23 minori e 17 donne, alcune incinte, tra le quali una al settimo mese di gravidanza. Gli stranieri erano stati salvati giovedì scorso al largo delle acque libiche mentre si trovavano su un gommone in difficoltà.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha fatto sapere che i migranti saranno ospitati dal Vaticano e in cinque paesi dell’Unione europea.

Scontro in Laguna tra Nave da crociera e Battello turistico, feriti

Un incidente tra una nave da crociera della “Msc” e un battello gran turismo (vaporetto) è avvenuto stamane nel porto di Venezia. Secondo le prime informazioni, la “Opera” era in attracco al molo di San Basilio quando avrebbe ‘tamponato’ sul lato di poppa il battello, anch’esso in fase di ormeggio.

Ci sono 4 persone ferite, in modo lieve, tra i passeggeri del battello turistico, riporta l’Ansa. Sarebbero state trasportate in ospedale. Di loro non si conosce ancora la nazionalità. La nave da crociera, (gigante da 275 metri di lunghezza per 32 di larghezza), battente bandiera panamense, secondo il report Vessel finder, è attraccata al molto veneziano alle 5.45 di domenica mattina proveniente da Bari dopo essere stata in Grecia.

Appena tre giorni fa a Budapest un incidente nel Danubio tra due imbarcazioni ha provocato la morte di sette turisti, feriti e una ventina di dispersi. Un altro incidente sul Reno in Francia ha causato tre morti.

Ma l’episodio più grave degli ultimi anni in cui è stata coinvolta una nave da crociera è certamente la Costa Concordia affondata davanti all’Isola del Giglio a causa dell’urto contro uno scoglio a seguito di un “inchino” maldestro. L’incidente costò la vita a 32 persone.

L’incidente di Venezia è destinato a sollevare polemiche tra quanti sono contrari alle navi da crociera in Laguna. Lo scorso agosto anche il ministro dei Trasporti Toninelli si era detto contrario ai giganti da crociera a Venezia, parlando di una battaglia che sarebbe stata portata avanti “senza alcun tentennamento”.

“Gradualmente – aveva spiegato Toninelli – si dovranno portare tutti i colossi del mare fuori dal perimetro lagunare individuato con decreto ministeriale del 1985”. Il ministro aveva insistito su un turismo che deve essere “realmente sostenibile”, in modo da “garantire la tutela di quello scrigno di tesori che è Venezia”.

Quel Papa (Wojtyla) che amava l’Europa Cristiana e le Nazioni

Papa Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla
Papa Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla

di MARCELLO VENEZIANI

Il 2 giugno di quarant’anni fa un Papa compiva “un pellegrinaggio in Patria”, a Varsavia, per celebrare la storia della Nazione e della Chiesa polacca, nel segno dell’Europa cristiana e in opposizione al regime comunista allora imperante. Nella sua splendida omelia dedicata a San Stanislao, Papa Giovanni Paolo II celebrava la sua patria, s’inginocchiava davanti alla tomba del Milite Ignoto, ricordava il sacrificio di martiri ed eroi, difendeva il patrimonio millenario della tradizione cristiana, lo affidava nelle mani della Madre di Dio, e infine sollevava un grido, da “figlio della terra polacca” e da pontefice: “Scenda il tuo Spirito! E rinnovi la faccia della terra”. Cominciò lì il risorgimento della Polonia e poi di altri paesi dell’est che portò alla disfatta del comunismo e alla caduta di odiosi muri e cortine di ferro. Finì il comunismo, cominciò l’Europa.

All’indomani, nel giorno della Pentecoste, Papa Wojtyla a Gniezno si appellò “al linguaggio degli avi” e alle “lingue slavi affini”, definendosi non a caso “il primo Papa slavo nella storia della Chiesa”. Forse proprio per questo – aggiungeva – Cristo lo ha scelto”. E seguitava: “Questo Papa porta nel suo animo profondamente impressa la storia della sua nazione e anche la storia dei popoli fratelli e limitrofi”. E ancora: “Non è un disegno provvidenziale… che questo Papa slavo proprio ora esprima l’unità spirituale dell’Europa cristiana?”. E si appellava anche ai “fratelli della Tradizione del cristianesimo orientale”, la Chiesa russa, per cooperare nell’impresa, ricordando le parole dell’Apostolo: “una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio Padre di tutti”. Cominciava così il cammino della liberazione dal comunismo, verso l’unione europea.

Quando penso all’intensità carismatica di quei gesti e quelle parole, al volto solenne di quel grande papa, alla potenza spirituale dei suoi messaggi, mi accorgo dell’abissale lontananza dalle parole e dai contenuti del papa regnante. Eppure anche Papa Wojtyla tendeva la mano all’Africa, apriva all’accoglienza, si appellava alla carità. Ma il suo contesto era opposto a quello del suo odierno successore: predicava, pregava, accoglieva nel nome della civiltà europea e della tradizione cristiana, tenendo ben saldi i riferimenti all’identità religiosa dei popoli e delle nazioni. Le due omelie di Wojtyla mi sono state girate con animo commosso dal collega polacco, devoto e studioso, Wlodzmierz Redzioch.

Se non temessi di costringerle nel letto di Procuste dell’attualità, direi che in quelle due omelie c’è la rappresentazione più alta del sovranismo spirituale, nel nome della nazione e della tradizione.

In anni più recenti San Giovanni Paolo II denunciò il tradimento dell’Unione Europea della civiltà cristiana che rinnegava le radici cristiane e sposava il relativismo etico. Nel suo libro-testamento Memoria e Identità, risuonava l’antico messaggio di Dio, patria e famiglia; la difesa dell’amor patrio, la lingua e le tradizioni, la natura e la cultura dei popoli; il richiamo alle radici cristiane dell’Europa, dimenticate dagli eurocrati vili e smemorati; la difesa della Tradizione. C’era lo sconveniente parallelo tra il nazismo e il comunismo; la denuncia dell’ideologia radicale, ad esempio attraverso “il riconoscimento delle unioni omosessuali come forme alternative di famiglia”; la difesa della vita.

Nel 2002 il Papa entrò nell’aula di Montecitorio come un apostrofo bianco e curvo, galleggiante nel blu istituzionale dei poteri civili. La chiave del suo discorso in Parlamento fu la tradizione, “il patrimonio di valori trasmesso dagli avi”, l’impossibilità di comprendere l’Italia e l’Europa “fuori da quella linfa vitale costituita dal cristianesimo”, la necessità di “fondare la casa comune europea sul cemento di quella straordinaria eredità religiosa, culturale e civile che ha reso grande l’Europa nei secoli”, “le tracce gloriose che la religione cristiana ha impresso nel costume e nella cultura del popolo italiano”, le testimonianze d’arte e di bellezza fiorite in Italia nel nome della fede, il diritto naturale e il sentire comune tramandato; e il suo appello agli italiani a “continuare nel presente e nel futuro a vivere secondo la sua luminosa tradizione”. Un grande discorso che dista anni luce dal presente.

Cari Vescovi della Conferenza episcopale, cari giornalisti de l’Avvenire e di Famiglia cristiana, di Civiltà cattolica ricordate quando plaudivate a quel Papa e a quei principi? Siete gli stessi di allora? Brutta bestia, il clericalismo: è il conformismo opportunista in abito talare.

Un cattolico che non si è imbergoglito, il vaticanista del tg1 Aldo Maria Valli – che perciò sembra quasi desaparecido, per dirla all’argentina – ha pubblicato libri molto critici su Bergoglio; uno s’intitola Come la Chiesa finì. In un dialogo con Aurelio Porfiri – Sradicati. Dialoghi sulla Chiesa liquida (ed. Chora) – Valli critica “la papolatria imperante”, “Bergoglio ha immiserito la Misericordia sottraendola alla giustizia”.

E confessa: “Non ne posso più delle prediche ormai quotidiane sulle questioni sociali. Quelle le trovo ovunque. Chiedo alla Chiesa, ai pastori, di tornare alle cose ultime. Voglio che mi parlino della salvezza dell’anima. Voglio che mi confermino nella fede. È loro dovere”. E conclude: “Cari pastori, poche storie: non fate i sindacalisti, i sociologi, gli economisti, i tuttologi. Tornate ad essere ciò che siete”. Si tratta di convertire e magari di riconvertirsi, non di riconvertire la Chiesa in una Ong pauperista.

Marcello Veneziani, su “La Verità”, 2 giugno 2019

Un anno fa nasceva il governo M5s-Lega con premier Giuseppe Conte

Un anno fa nasceva il governo M5s-Lega con premier Giuseppe Conte
Salvini, Conte e Di Maio (Ansa)

Un anno fa nasceva il governo di Giuseppe Conte. Un esecutivo che trovava la sua ragion d’essere in un inedito contratto a doppia firma Lega e Movimento 5 stelle. In tutto, una squadra di 5 donne e 13 uomini. Si era ad un passo dal governo tecnico, ma poi l’accordo responsabile tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno portato al governo gialloverde, con la sinistra e il resto del centrodestra che rosicavano evocando la catastrofe.

Tante cose fatte e tante ancora da fare insieme anche se la sintonia iniziale sembra essere scemata dalla recente campagna elettorale in cui le tensioni sono state quotidiane, con Di Maio che ha dato l’impressione di rompere con attacchi contro l’alleato di governo attraverso una discutibile propaganda con temi di sinistra che gli elettori non hanno premiato né alle elezioni politiche né alle europee, come si è visto.

“Provocazioni elettorali per recuperare consenso”, dicevano ambienti leghisti. Una campagna che ha disorientato gli elettori Cinquestelle e che è culminata, appunto, con una cocente sconfitta dei primi a vantaggio di Salvini che ha portato a casa il 34% dei voti e il primato di essere il primo partito italiano, invertendo i rapporti di forza nel governo che – nonostante lo scalpitare di settori minoritari -, resta comunque supportato dalla stessa maggioranza uscita dalle urne a marzo 2018: (32.5% il M5s, 17.5 la Lega). I numeri in parlamento restano insomma quelli.

Nei giorni post-voto in molti si sono chiesti se il governo resista oppure no. Ad avviso dei due vicepremier, ma non solo, si va invece avanti per altri quattro anni, senza le “ombre” della crisi che si sussurra negli ambienti politici degli avversari, in primis il Pd, poi FI e FdI, che evocano la caduta dell’esecutivo ad ogni dichiarazione.

Dopo 365 giorni, premier e ministri (senza Paolo Savona che a marzo si è dimesso da ministro agli Affari europei, passando alla Consob) tornano al ricevimento dai Giardini del Quirinale per festeggiare la festa della Repubblica.

Un anno denso di iniziative ma anche di contrasti. A fine settembre l’accordo nella maggioranza sullo sforamento del deficit al 2,4% e la “manovra del popolo” rivendicata da Luigi Di Maio, affacciato al balcone di Palazzo Chigi, al grido ‘Aboliremo la povertà”, con riferimento all’introduzione del Reddito di cittadinanza, poi effettivamente varato e che sta dando respiro a milioni di persone. Ma anche quota 100 sulle pensioni, il blocco dell’immigrazione e le politiche sulla sicurezza, malviste dalla Chiesa e dalla Sinistra pro-migranti (e da minoranze interne al M5s, Fico in primis).

Contrasti sono in essere sul Tav, tema di divisione tra il popolo del sì (Lega) e quello del no (M5s), passando per il gasdotto a cui Conte ha dato il via libera con la rivolta dei 5 stelle (impianto osteggiato dai no Tap, rimasti orfani del sostegno del Movimento). Ma sono contrasti che non scalfiscono il governo, capace di trovare ogni volta il giusto compromesso.

Il Treno ad alta velocità si farà, dice Salvini, che ricorda come l’opera sia prevista dal contratto di governo. Poi ci sono le grandi opere su cui pare vi sia un accordo per rilanciare gli investimenti. Inoltre la Flat tax al 15% (cavallo di battaglia leghista), su cui il M5s si dice d’accordo alla riduzione delle tasse a imprese e famiglie. “Ci sono 30 miliardi”, fa sapere Salvini, che derivano da tagli alla spesa improduttiva e da una nuova pace fiscale con Equitalia, capace di dare ossigeno a imprese e famiglie.

Sulle dimissioni del sottosegretario della Lega indagato per corruzione, Di Maio non transige e ne fa il tarlo della campagna delle europee. Salvini non è d’accordo ma accetta il passo indietro dell’esponente leghista, mentre prende tutti in contropiede, proprio per evitare ulteriori polemiche, avallando l’addio del viceministro ai Trasporti, Rixi, condannato per le “spese pazze”: viceministro che annuncia di rimette il mandato proprio al leader della Lega, poche ore dopo la sentenza.

Il ministro del Lavoro deve digerire le critiche interne dopo il flop elettorale e chiama al voto gli iscritti che lo hanno nuovamente acclamato capo politico del movimento con l’80% dei voti. Un anno di governo in cui molte cose sono cambiate e che, propaganda a parte, ci sono ancora 4 anni per cambiare radicalmente un paese lasciato dai predecessori sul lastrico e stremato dalle folli politiche di Bruxelles che dell’austerità ne ha fatto la politica principale. Ma in molte nazioni europee milioni di cittadini hanno detto no a questa direzione votando in massa i partiti euroscettici.

Furto alla Rinascente, arrestato il cantante Marco Carta. “Io non c’entro”

Arrestato Marco Carta per furto aggravato
Marco Carta vincitore al Festival di Sanremo nel 2009 (Ansa)

Il cantante Marco Carta è stato arrestato ieri sera, insieme a una donna di 53 anni, per furto aggravato alla Rinascente di piazza del Duomo a Milano. Stava uscendo dal grande magazzino con sei magliette del valore di 1.200 euro a cui aveva tolto l’antitaccheggio, ma non la placchetta flessibile che ha suonato all’uscita. Il giudice questa mattina non ha convalidato l’arresto del cantante, al contrario di quello della donna. Per nessuno dei due sono state disposte misure cautelari. Tuttavia verrà processato a settembre.

Arrestato dalla Polizia locale, per il vincitore di Amici e poi di Sanremo 2009 e Tale e Quale Show nel 2017, ieri sera sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Marco Carta, 34 anni, è nato a Cagliari il 21 maggio 1985. Da piccolo, ad 8 anni, perse il padre, malato di leucemia, e poi la madre, a causa di un tumore. Insieme al fratello è stato quindi cresciuto dalla nonna materna.

Il 28 ottobre 2018, nel programma televisivo Domenica Live, fa coming out, dichiarando pubblicamente la propria omosessualità. Carta deve il suo successo al talent Amici di Maria De Filippi, che lo ha fatto conoscere al grande pubblico. Poi nel 2009 arrivò primo a Sanremo con il brano “La forza mia”.

La prima udienza del processo a Marco Carta è stata fissata a settembre arrestato ieri alla Rinascente per furto aggravato insieme a una donna di 53 anni. Il cantante è tornato in libertà dopo che il giudice non ha convalidato il fermo dopo l’udienza per direttissima, ma resta indagato.

“E’ totalmente estraneo. Marco è una bravissima persona – ha detto il suo avvocato, Simone Ciro Giordano, ai microfoni dopo l’udienza -. Il giudice ha acclarato ciò nell’ordinanza in cui non ha convalidato l’arresto e non ha applicato alcuna misura cautelare”. “Carta è felice – ha aggiunto – E’ stato contentissimo”.

Poi parla lo stesso cantante: “Un vecchio proverbio diceva ‘male non fare, paura non avere’, ho continuato a ripetermelo in attesa di vedere il magistrato e ho fatto bene a ripetermelo e ad aver fiducia nella magistratura che ha riconosciuto la mia totale estraneità ai fatti”, dice Carta, che sottolinea: “Sono onesto, non rubo“. E lancia un appello: “Sono molto scosso spero e mi auguro con tutto il cuore che la stampa e il web diano alla notizia della mia estraneità al reato di furto aggravato la stessa rilevanza che hanno dato all’arresto”.  “Le magliette – ha detto ancora – non le ho prese io, l’hanno visto tutti. Il giudice ha capito, ora sono un po’ scosso perché non sono abituate a questa cose”, ha detto ancora, uscendo dall’aula del Tribunale di Milano dove si è tenuta l’udienza.

Ma chi le ha rubate? Gli hanno chiesto i giornalisti. “Non mi va di dirlo. Non faccio la spia. Non sono stato io questa è la cosa più importante e sono felice di poterlo dire” ha risposto il cantante precisando che “magari ne approfitterò per chiarire bene sui social”.

Parcheggio conteso sotto casa e incendia l’auto della vicina, arrestato

Parcheggio conteso sotto casa e incendia l'auto del vicino, arrestatoAvrebbe incendiato l’auto della vicina per problemi di parcheggio ma è stato individuato ed arrestato dalla Squadra mobile di Reggio Calabria con l’accusa di incendio doloso aggravato dai futili motivi.

L’episodio risale al novembre 2017 quando un incendio interessò un’auto, danneggiandola, e provocando gravi danni alla facciata, al portone e ad una finestra di un palazzo nelle vicinanze.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Reggio Calabria diretta da Giovanni Bombardieri, condotte da personale dalla sezione Reati contro il patrimonio della “mobile” coadiuvato dalle volanti hanno portato all’identificazione di Ivan Pizzimenti, di 23 anni.

Alla base del gesto, secondo l’accusa, problemi connessi ai parcheggi negli spazi antistanti il palazzo in cui, all’epoca dei fatti, abitava l’arrestato. Sulla base degli elementi raccolti, il procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e il pm Alessandro Moffa hanno chiesto al gip, che l’ha emessa, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nel confronti del giovane.

Trema ancora la terra tra le province di Vibo e Reggio, scossa di M. 3.4

Una scossa di terremoto di magnitudo 3.4 è stata registrata alle ore 11:14 di sabato 1 Giugno 2019, a cavallo delle provincee di Vibo Valentia e Reggio Calabria, con epicentro a circa 3 km da San Pietro di Caridà e Dinami, nella stessa zona dove si è verificato il sisma dei giorni scorsi di magnitudo 3.8.

Secondo i rilevamenti effettuati dall’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), l’evento sismico è stato localizzato ad una profondità di 10 km. Non risultano segnalazioni di danni a cose, ma il terremoto è stato chiaramente avvertito dalla popolazione. Alle 6.43 di stamane, nella stessa area, c’era stata una prima scossa di natura strumentale di M. 2.2.

In casa con un fucile canne mozze e mezzo kg di droga, arrestata coppia

Avevano in casa un fucile a canne mozze, oltre mezzo chilo di hashish, bilancini e una somma di denaro contante di quasi 7mila euro. A scoprirlo i poliziotti del commissariato di Corigiano Rossano.

Gli agenti durante una perquisizione in casa di un una coppia convivente, sui 38 anni, di cui sono state diffuse le sole iniziali, entrambi M.M., hanno dapprima trovato il fucile calibro 12 con le munizioni, risultato provento di furto, poi con l’ausilio di un cane antidroga hanno rinvenuto 6 panetti di hashish nascosti in un cassaforte posizionata dietro una presa della corrente nella stanzetta dei figli.

Informata la procura di Castrovillari, il magistrato di turno ha disposto per l’uomo il regime carcerario mentre per la donna gli arresti domiciliari. Dovranno rispondere di possesso e detenzione di armi e droga ai fini di spaccio. Tutto il materiale è stato sequestrato mentre l’arma inviata alla scientifica per accertare se sia stata utilizzata in eventi criminosi.

Salvini: Ai migranti il record di Tubercolosi e Scabbia

“A tutti è garantito il diritto alle cure, agli immigrati purtroppo il record di Tbc e scabbia”. Lo dice il ministro dell’interno Matteo Salvini replicando al direttore di Pediatria d’urgenza del policlinico S.Orsola di Bologna che aveva parlato di effetti negativi del dl sicurezza sui minorenni immigrati e negato che il ritorno di alcune malattie come Tbc e scabbia sia legato agli sbarchi di migranti.

“Ovviamente – sostiene Salvini- nessuna legge, in Italia, mette e metterà mai in discussione il diritto alle cure sanitarie per tutti, tantomeno ai minorenni. E il Decreto sicurezza è quindi citato a sproposito: gli stranieri con meno di 18 anni vanno subito in accoglienza e non possono nemmeno essere espulsi o affidati ad altri Paesi europei”.

Quanto al fatto che il ritorno di alcune malattie come Tbc e scabbia non sia legato all’immigrazione di massa ed agli sbarchi, secondo il ministro, “purtroppo l’Africa non ha le stesse condizioni igienico-sanitarie di casa nostra, e infatti solo nel 2017 l’Italia ha avuto circa 3.900 casi di tubercolosi, di cui oltre il 60% nella popolazione straniera. Già in un rapporto del 2008 sulla tubercolosi in Italia, pubblicato sul sito del ministero della Salute, si leggeva che “nonostante l’incidenza si sia ridotta negli ultimi anni, la popolazione immigrata ha ancora un rischio relativo di andare incontro a TBC che è10-15 volte superiore rispetto alla popolazione italiana’.

Spesso – aggiunge – gli immigrati sono anche più poveri della media: è anche per questo che abbiamo bloccato gli arrivi. Per anni ci siamo portati in casa gente che non aveva la possibilità di integrarsi, lavorare e vivere nel rispetto della legge e in condizioni dignitose. Questi sono i fatti, il resto è pura polemica politica. Buon lavoro a tutti i medici e pediatri, nella certezza che nessuno voglia falsare dati ed evidenze per fare battaglie politiche che poco c’entrano con la vita di ambulatori ed ospedali”.

Decreto sanità, Ferro (FDI): Nel M5S assetati di potere, peggio del PD

Wanda Ferro alla Camera dei Deputati
Wanda Ferro alla Camera dei Deputati

“Se certo c’è la necessità di tutelare i livelli essenziali di assistenza e di garantire il fondamentale diritto alla salute dei calabresi mediante la risoluzione delle gravi inadempienze amministrative e gestionali, non si può dimenticare che la sanità in Calabria è commissariata dal governo da ben 10 anni con effetti distorsivi che ricadono su tutti i pazienti. Soprattutto non si può sottacere che nella realtà il decreto legge non interviene con misure mirate per risolvere le valide e condivisibili motivazioni in premessa, ma rappresenta un modo per consegnare al governo tutti i poteri di nomina per assumere il controllo delle strutture sanitarie calabresi”. Così il vice capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Wanda Ferro, è intervenuta in aula per la dichiarazione di voto, motivando il “no” del partito di Giorgia Meloni alla legge di conversione del Decreto Calabria.

“Altro che attenzione per l’interesse dei cittadini calabresi e della loro salute. I Cinque stelle in Calabria – spiega Ferro – hanno attaccato per anni la gestione commissariale, ritenendola inadeguata a risolvere i reali problemi della sanità. Oggi che sono al governo si comportano come i loro predecessori, anzi in maniera ancora più arrogante.  I nomi indicati dal commissario Cotticelli per la guida delle aziende sanitarie e ospedaliere sono la cartina al tornasole che rivela la volontà del governo di occupare le postazioni di potere. Al di là delle competenze professionali e gestionali dei manager designati, che non mettiamo in discussione, colpisce non poco la circostanza che provengano tutti, tranne uno, da fuori regione”.

Per la parlamentare “si tratta di un’operazione tutta politica di occupazione di potere, pagata a caro prezzo dai cittadini, in cui l’attuale governo si distingue per particolare sfacciataggine. Difficile credere che i nuovi commissari straordinari, provenienti da altri contesti professionali e profumatamente pagati, potranno fare molto prima di capire la situazione e ritornare da dove sono venuti”.

“Abbiamo già evidenziato, in sede di esame delle questioni pregiudiziali, che questo decreto non affronta i problemi urgenti e necessari per la salute dei cittadini calabresi, costretti quotidianamente ad affrontare inefficienze e carenze strutturali nonché una dolorosa emigrazione sanitaria. Infatti il provvedimento viola l’autonomia della Regione Calabria – che verrebbe completamente esautorata delle sue competenze – andando a pregiudicare, definitivamente, la leale collaborazione che la Costituzione impone tra le diverse componenti dello Stato i cui poteri e le cui funzioni sono fissati e garantiti, giova ricordarlo, dalla medesima Carta costituzionale”.

“Abbiamo presentato – prosegue – una serie di emendamenti al decreto, il più rilevante dei quali ha riguardato l’immediato sblocco del turn-over del personale delle aziende sanitarie ed ospedaliere. E’ infatti incredibile che il governo, dichiarando di volere affrontare le criticità della sanità in Calabria, non abbia valutato come prioritario il tema di dotare le aziende sanitarie e ospedaliere del necessario personale medico e sanitario, dopo ben otto anni di blocco delle assunzioni che hanno mandato al collasso i reparti e soprattutto creato un vuoto gravissimo nel prezioso processo di trasferimento delle competenze tra i medici più anziani e quelli più giovani, decretando la morte di quelle ‘scuole di medicina’ che per decenni sono stati una risorsa preziosa per la qualità dell’assistenza”.

E poi ancora: “Dopo che le opposizioni hanno chiesto con forza al governo di correggere questa evidente stortura, la maggioranza ha acconsentito ad emendare il testo al fine di sbloccare il turn-over. Ho già dato atto alla maggioranza di non essersi incaponita, questa volta, su una norma che avrebbe avuto effetti devastanti per la sanità calabrese, ma di avere recepito questa modifica del decreto che consentirà di procedere alle necessarie assunzioni. Per una volta siamo riusciti a dialogare e a confrontarci per fare l’interesse dei cittadini. Come Fratelli d’Italia abbiamo proposto due emendamenti approvati in commissione, il primo sulla necessità del Commissario ad acta di confrontarsi con il rettore nelle nomine dei commissari delle aziende ospedaliero-universitarie, il secondo che pone limiti ai compensi dei Commissari straordinari”, afferma Wanda Ferro, per dire che questa “è la prova che la nostra non è una posizione pregiudiziale, ma un impegno diretto a migliorare le norme nell’interesse dei cittadini”.

“In aula sono poi stati approvati alcuni emendamenti presentati insieme alla collega Maria Teresa Bellucci, come quello che condiziona la corresponsione del compenso aggiuntivo ai commissari alla valutazione positiva della loro attività, quello che elimina il rimborso delle spese documentate per i commissari residenti fuori regione, e quello che aumenta il periodo dopo il quale deve essere fatta la verifica dei commissari”.

“Purtroppo decine di emendamenti non sono stati presi in considerazione, in particolare avremmo voluto rendere più trasparenti e rispondenti a criteri meritocratici le nomine, ma soprattutto ridurre gli emolumenti per i commissari straordinari, l’unica voce di spesa che sembra stare realmente a cuore al governo. Mentre si spendono soldi per pagare le indennità ai commissari che arrivano da fuori regione, come se in Calabria non fosse possibile individuare personalità oneste e competenti, si lasciano le briciole per l’indispensabile ammodernamento tecnologico delle strutture, mentre si è addirittura ignorato il tema della carenza di personale”.

“Per non parlare poi del disprezzo manifestato dalla maggioranza nei confronti della Stazione Unica Appaltante calabrese che, in maniera preconcetta e ingiustificata, è stata estromessa dalla gestione dell’approvvigionamento dei servizi e delle forniture per le aziende ospedaliere calabresi. Insomma secondo il governo basta riservarsi la scelta dei commissari e pagarli profumatamente per risolvere i problemi di una sanità disastrata, ridurre le liste di attesa, porre rimedio alle gravissime carenze infrastrutturali. E purtroppo sono i calabresi a pagare il prezzo dello spot politico 5 stelle: grazie al Governo, ai tanti Commissari governativi che si sono succeduti e anche alla Regione, i calabresi subiranno l’incremento delle aliquote fiscali di Irap e l’addizionale regionale all’Irpef. Giudichiamo positivamente, invece, la previsione della collaborazione con la Guardia di Finanza, fiduciosi che questo non sia solo uno specchietto per le allodole ma che ci sia la volontà di affidare realmente le funzioni di controllo amministrativo ad un corpo investigativo specializzato, per porre un freno alle voragini di risorse pubbliche, alle irregolarità amministrative e alle infiltrazioni criminali”.

“Nelle more dell’esame della norma – ha ricordato Wanda Ferro – è però intervenuto un fatto nuovo, la lettera ai parlamentari del precedente commissario alla sanità Massimo Scura, il cui contenuto, se fosse confermato, sarebbe di estrema gravità.  L’ingegnere Scura ha infatti rappresentato le proprie perplessità circa le motivazioni del decreto legge, contestandone integralmente i contenuti fino a ritenerlo ingiustificato in quanto “i Lea 2018 hanno superato il valore 161. Come ha confermato il dirigente generale del dipartimento” della Regione Calabria “non erano stati inviati i flussi a Roma da parte delle aziende sanitarie. Mancano ancora i dati della prevenzione che valgono altri 6-10 punti. Pertanto il valore 2018 va da 167 a 171” e ancora che “Lo stesso disastro, provocato dal mancato inoltro dei dati, si era verificato nel 2016 e nel 2017.” e quindi che“…il livello dei Lea effettivo era di 153,5 nel 2016 e di 161 nel 2017”. L’ex Commissario Scura, che si chiede se il mancato invio dei dati non abbia natura “dolosa”, contesta anche la correttezza dei dati inerenti la mobilità extraregionale e la vera entità del disavanzo finanziario. Le accuse dell’Ing. Scura, nominato nel 2015 dal Consiglio dei ministri Commissario ad acta per il rientro dal debito sanitario della Regione Calabria, non possono essere sottovalutate considerato il ruolo ricoperto dal medesimo per molti anni. Se queste considerazioni fossero vere, il Governo ha adottato un provvedimento d’urgenza sulla base di dati che, quanto meno, possono essere considerati discutibili evidenziando, quindi, superficialità di valutazione e totale ignoranza dei problemi della sanità calabrese”. “Basta  – ha concluso Wanda Ferro – con le lotte politiche sulla pelle degli ammalati, basta con l’occupazione delle postazioni di vertice basata sull’appartenenza e non sul merito, basta con la sanità che continua ad essere utilizzata come fabbrica di consensi e non come fabbrica di salute”.

Da anni assegnatario di casa popolare, vive in affitto. Ora arriva lo sfratto

Salah Moudik

E’ assegnatario da sei anni di un appartamento popolare ma rischia di finire in mezzo alla strada con moglie e figli. È la vicenda di un uomo di origine marocchina ma con cittadinanza italiana, Salah Moudik, da ben 40 anni residente prima nel Catanzarese e poi a Vibo Valentia.

Il proprietario dell’alloggio in cui l’uomo ha vissuto in affitto in questi anni con la moglie e i cinque figli, due dei quali affetti da disabilità, ha deciso nelle scorse settimane di riprendersi, legittimamente, l’appartamento dando a Moudik un termine per l’esecuzione della procedura di sfratto.

Il 55enne è assegnatario dal 2013 di un alloggio popolare, dopo essere arrivato secondo in graduatoria, ma da allora aspetta che gli sia formalmente consegnato. Una prima soluzione era stata trovata ad inizio maggio. Era stata anche decisa la data di consegna delle chiavi senonché proprio quella mattina l’imprevisto: l’alloggio non poteva essere assegnato perché vigeva ancora un vecchio contratto dell’Enel. A questo si era aggiunta un’altra amara sorpresa: si era infatti scoperto che quella casa era legittimamente di un’altra famiglia che l’aveva riscattata dall’Aterp ben 23 anni fa.

Nulla da fare, dunque, per il 55enne e i suoi congiunti. E intanto i giorni passavano ma di novità zero. La scorsa settimana, intanto, era stato individuato un altro locale. Anche in questo caso la vicenda sembrava destinata a definirsi ma c’è stato un nuovo intoppo. Sempre l’Aterp deve infatti ancora procedere ad una tinteggiatura degli ambienti e alla sostituzione degli infissi. Sono stati sgomberati i precedenti immobili ma senza un’opportuna ristrutturazione quei locali sono praticamente invivibili, a maggior ragione per la presenza di cinque bambini, due dei quali in tenera età.

Oggi sarebbe dovuto scattare lo sfratto per la famiglia italo-marocchina ma il proprietario dell’alloggio ha deciso di spostare nuovamente la data al 22 giugno in modo tale da consentire alla stessa di non finire per strada.

“Comune ed Aterp – ha affermato l’avvocato Giuseppe Calzone, legale di Salah Moudik – si sono palleggiati la questione per giorni, rassicurandoci che la soluzione sarebbe arrivata ben prima del termine prefissato per lo sfratto e invece siamo arrivati ad oggi e nulla è avvenuto. Per fortuna il proprietario dell’attuale alloggio ha mostrato grande sensibilità ma è chiaro che bisognerà avere risposte immediate da parte dell’Agenzia per l’edilizia residenziale pubblica in ordine alla disponibilità del nuovo appartamento. Non possiamo mandare un’intera famiglia con bimbi piccoli in mezzo alla strada. Famiglia, voglio ricordare, che ha pieno diritto ad avere un tetto sotto il quale stare”.

Appalti in Cina, la replica di Occhiuto: “Ho la coscienza a posto”

Appalti in Cina, la replica di Occhiuto: Ho la coscienza a posto
Mario Occhiuto

“Sono sicuro in coscienza di non aver commesso alcun reato che mi viene contestato”, così il sindaco Mario Occhiuto in merito alla richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Roma riguardo all’inchiesta che lo vede coinvolto insieme, fra gli altri, all’ex ministro Corrado Clini.

“Siamo ancora in una fase procedimentale – precisa Occhiuto – nella quale gli elementi istruttori non sono valutati con il rigore della certezza, ma sono convinto che nelle successive fasi processuali sarà riconosciuta la mia estraneità ad ogni ipotesi accusatoria”.

Appalti in Cina, chiesto il processo per il sindaco Occhiuto

Da sinistra Clini, Occhiuto e la Hauser

La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto nell’ambito di un’inchiesta che lo vede coinvolto per presunti illeciti su degli appalti ministeriali in Cina, affidatigli negli anni scorsi, dal ministero dell’Ambiente.

Insieme a lui sono coinvolti l’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini, la sua compagna Martina Hauser, già assessore all’Ambiente del comune di Cosenza, e una trentina di persone indagate a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione aggravata dalla transnazionalità. I filoni d’inchiesta che riguardano Clini sono due, uno a Ferrara che lo aveva fatto arrestare; l’altro a Roma, ed è in questo che risulta coinvolto Occhiuto.

Gli inquirenti di piazzale Clodio sospettano che tra Occhiuto, Clini e la Hauser vi sia stato un legame economico per operare sui progetti finanziati ai tempi in cui l’ex ministro era direttore del ministero dell’Ambiente, ufficio che avrebbe finanziato alcune società tra cui la Moa architetture, Moa e Oltrestudio, tre Srl riconducibili a Occhiuto e che avrebbero beneficiato dei fondi del ministero.

Ai tempi in cui Occhiuto nominò assessore Martina Hauser a Cosenza arrivarono anche 450mila euro dal Ministero e tra i diversi incarichi affidati da palazzo dei Bruzi spuntano le società che formano la DFS Engineering, tra cui lo studio Galli dove lavorava Augusto Pretner, arrestato poi insieme a Clini dalla procura di Ferrara per una presunta tangente di 3,4 milioni su dei lavori di bonifica ambientale in Iraq. I magistrati, avrebbero trovato conti in Svizzera sia a Clini che a Pretner.

La Dfs, operativa in Montenegro e in Cina, nel 2009 è diventata socia dalla North Stoke, società con sede a Londra che secondo quanto accertato sarebbe riconducibile a Corrado Clini e a Martina Hauser. Un’operazione che somiglia molto alle scatole cinesi.

Intervistato tempo fa da Report, il sindaco di Occhiuto in merito agli incarichi allo studio Galli spiegò che “si fa affidamento a delle persone nelle cose di cui si ha fiducia e con cui si condividono delle esperienze”, disse il sindaco chiarendo che aveva conosciuto la Hauser in Cina.

Cosa è scritto sull’avviso di conclusione delle indagini del 2018 – “…Mario Occhiuto, attuale Sindaco di Cosenza, architetto che, grazie a società a lui riconducibili, ha sviluppato numerosi progetti nella Repubblica Popolare Cinese finanziati e/o cofinanziati con fondi provenienti dal Ministero dell’Ambiente italiano e, nello specifico, dalla Direzione Generale già retta da Corrado Clini. Ha nominato Martina Hauser assessore all’ambiente del Comune di Cosenza, ed è strettamente legato, anche da rapporti di affari, con Massimo Martinelli”, allora consulente del ministero dell’Ambiente italiano, divenuto nel 2009 socio in affari con Mario Occhiuto.

Il Riesame di Catanzaro annulla arresto per imprenditore

Il Riesame di Catanzaro annulla arresto per imprenditoreIl Tribunale della libertà di Catanzaro ha disposto l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa lo scorso 6 aprile dal Gup di Lamezia Terme, su richiesta della Procura della Repubblica, a carico dell’imprenditore Gianfranco Caporale, di 50 anni, accusato di bancarotta fraudolenta e intestazione fittizia di beni.

Contestualmente il collegio ha anche annullato il sequestro dei beni intestati allo stesso Caporale ed alla madre dell’imprenditore, Maria Falvo, per un valore di oltre un milione e duecentomila euro. Caporale, che era ancora ai domiciliari, è tornato così in libertà.

La decisione è stata presa in accoglimento dell’istanza presentata dall’avvocato Aldo Ferraro, difensore di Caporale e della madre. L’ordinanza di custodia cautelare a carico di Caporale era stata eseguita lo scorso il 7 Maggio dalla Guardia di finanza. La Procura della Repubblica di Lamezia ha emesso in data odierna l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di Caporale e della madre.

Lutto nel giornalismo calabrese, è scomparso Gaetano Vena

Lutto per il giornalismo calabrese. Si è spento, all’età di 89 anni, Gaetano Vena, uno dei decani del giornalismo calabrese. Pubblicista dal 1976, è stato per decenni corrispondente della “Gazzetta del Sud” dal Tirreno cosentino e per molti anni impegnato, come consigliere o come revisore, nell’Ordine dei Giornalisti della Calabria e in altri organismi di categoria.

“La morte di Gaetano Vena – sottolinea il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri – addolora tutti noi che lo abbiamo conosciuto, apprezzato e avuto come amico sempre affettuoso e leale. Lo ricorderemo sempre con affetto e con la deferenza dovuta ad un autentico galantuomo”.

Cenano al ristorante e minacciano con pistola il proprietario. “Troppo caro”

(ANSA) – VIBO VALENTIA, 31 MAG – Momenti di paura nella tarda serata di ieri in un noto ristorante della zona Aeroporto, all’ingresso di Vibo Valentia. Due persone, una delle quali armata di pistola, hanno fatto irruzione nel locale ed hanno minacciato di sparare al proprietario.

I due avevano cenato nello stesso ristorante ma quando si è trattato di pagare il conto, pare a loro giudizio non congruo, avrebbero avuto un acceso diverbio col titolare per poi allontanarsi. Tutto sembrava finito lì, ma poco dopo i due sono tornati armati di pistola, che avrebbero puntato contro il proprietario. La minaccia, comunque, non ha avuto conseguenze ed i due si sono nuovamente allontanati. La vicenda è ora al vaglio della Squadra mobile di Vibo Valentia.

Atti sessuali con una bambina, arrestato un amico di famiglia

Carabinieri Lamezia Terme

Un amico di famiglia, una persona ritenuta affidabile. Ha approfittato anche di questo, oltre che della tenera età della vittima, il quarantenne lametino, tratto in arresto dai Carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme, accusato di atti sessuali con minorenne.

Un altro sconvolgente episodio di abusi nei confronti di minori nel giro di pochi giorni. Questa volta si è svolto tutto, però, non fra le mura di una scuola, tantomeno nella morsa di sconosciuti.

L’uomo, infatti, avrebbe approfittato semplicemente di un momento in cui la piccola vittima, durante il corso di alcuni festeggiamenti, si trovava momentaneamente da sola per circuirla e, con una scusa, portarla in un luogo più appartato, nel retro del ristorante dove si trovavano. Lì ha iniziato a palpeggiarla senza che la stessa, impietrita dalla paura, potesse in alcun modo reagire.

A fermarlo solo il sopraggiungere accidentale ed allo stesso tempo provvidenziale di un’altra persona che si è trovata davanti l’uomo immobile mentre la piccola scappava in lacrime.

Traffico di droga e armi, 27 arresti nel Reggino

Dalle prime ore di questa mattina, nelle province di Reggio Calabria, Roma e Latina è in corso un’operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria in esecuzione di un provvedimento di custodia cautelare nei confronti numerose persone accusate a vario titolo di associazione finalizzata alla produzione e al traffico illecito di stupefacente, porto abusivo di armi clandestine e ricettazione. L’operazione è stata battezzata in codice “Selfie”.

L’organizzazione, che aveva base nel territorio di San Luca, aveva strutturato in maniera intensiva e industriale la produzione di marijuana, realizzando campi irrigati in area pre-aspromontana, occultati da vegetazione e vigilati con sistemi di video sorveglianza, per poi curare il trasferimento e la commercializzazione dello stupefacente in alcune selezionate piazze di spaccio romane e pontine. Fra i destinatari della misura, un esponente della cosca “Pelle-Vottari” della ‘ndrangheta di San Luca.

In carcere sono finiti

  1. CARA Bruno, nato a Bovalino (RC) il 4.1.1961, residente a San Luca;
  2. CARA Giuseppe, nato a Bovalino in data 27.4.1963, residente a San Luca;
  3. CARABETTA Michele, nato a Locri (RC) l’1.4.1978, residente a Casignana;
  4. CARABETTA Michele, nato a Locri il 20.2.1992, residente a Casignana (rintracciato in Germania);
  5. CELAMI Alfredo nato a in Germania l’8.5.1970, residente a Latina;
  6. D’AMBROSI Daniele, nato a Roma l’8.6.1982, ivi residente;
  7. DE MARTE Giovanni, nato a Palmi (RC) il 22.11.1990, residente a Diano Marina (IM);
  8. MASCI Alberto, nato a Roma il 18.12.1990, ivi residente;
  9. MEDIATI Saverio, nato a Benestare (RC) il 24.9.1965, residente a Bovalino;
  10. PIZZATA Marco, nato a Locri il 30.1.1992, residente a San Luca;
  11. ROMAGNOLI Alessandro, nato a Roma il 10.1.1980, ivi residente;
  12. TARTAGLIA Massimiliano, nato a Latina il 2.11.1983, ivi residente;
  13. VITALE Gianluca Antonio, nato a Locri il 3.6.1978, residente a Siderno (RC);

    Arresti Domiciliari
    per le seguenti persone
  14. ARDUINI Angelo , nato a Roma il 21.2.1983, ivi residente;
  15. ARTUSO Marco Domenico, nato a Seminara (RC) il 7.10.1966, ivi residente;
  16. BENEDETTI Federico Maria, nato a Roma il 18.7.1994, ivi residente;
  17. CARA Andrea, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 3.7.1994, residente a San Luca;
  18. CARA Francesco, nato a Melito di Porto Salvo, il 3.8.1990, residente a San Luca;
  19. CARA Gabriele Antonio, nato a Melito di Porto Salvo il 4.6.1996, residente a San Luca;
  20. CARA Paolo, nato a Melito di Porto Salvo il 25.5.1989, residente a San Luca;
  21. FIASCO Adamo, nato a Latina il 16.8.1973, residente a Sermoneta (LT);
  22. MASSIMINO Dante, nato a Siderno il 9.2.1967, ivi residente;
  23. MEDIATI Antonino, nato a Melito di Porto Salvo l’11.7.1996, residente a Bovalino;
  24. MEDIATI Antonio, nato a Melito di Porto Salvo il 29.11.1991, residente a Bovalino;
  25. RAMICCIA Arianna, nata a Latina il 16.8.1992, ivi residente;
  26. SMAALI Khalil, detto Claudio, nato in Marocco il 23.2.1990, residente a Roma;
  27. VOTTARI Daniele, nato a Magenta (MI) il 30.11.1984, residente a Marcallo Con Casone (MI);
  28. Obbligo di presentazione alla p.g. MAMMOLITI Francesco, nato a Locri (RC) il 6.11.1992, residente a San Luca (RC).

L’inchiesta

L’esecuzione dei provvedimenti costituisce l’epilogo di un’attività investigativa, condotta dalla Compagnia Carabinieri di Bianco con il supporto operativo dello Squadrone Eliportato “Cacciatori”, sotto il coordinamento del Proc. Agg. dott. Lombardo e del Sost. Proc. dott. Tedesco della Direzione Distrettuale Antimafia reggina, che ha permesso di comprovare l’esistenza e l’operatività di un sodalizio criminale composto da almeno 14 degli odierni arrestati – molti dei quali originari di San Luca e legati da vincoli di parentela –  dedito principalmente alla gestione di una filiera produttiva di marijuana, al trasferimento e alla sua commercializzazione nelle piazze di spaccio romane e pontine.

Avviata nel 2016, l’attività “Selfie” – così denominata poiché l’identificazione degli indagati è stata possibile, in origine, attraverso l’analisi delle immagini catturate dalle foto-trappole da loro stessi collocate a presidio delle piantagioni – ha consentito di rinvenire, nel corso del tempo, numerose coltivazioni di cannabis sativa. Nel dettaglio:

  • due in Casignana (RC), località Marino, risalente al 21 settembre 2016;
  • due in Bovalino (RC), località Bosco Sant’Ippolito, risalente al 18 maggio 2017;
  • due in Siderno (RC), località Garino/Pezzillini, risalente al 2 giugno 2017;
  • una in Bovalino, località Serro Mortilli, risalente al 30 giugno 2017;
  • una in Casignana (RC), nei pressi dell’argine del torrente Bonamico, risalente al 18 luglio 2017.

L’analisi delle foto-trappole rinvenute nel settembre 2016 all’interno delle prime due piazzole recintate scoperte a Casignana, effettuata anche con il supporto dei carabinieri specializzati del Ra.C.I.S. di Roma,ha permesso di estrapolare – seppur già cancellate dai supporti di registrazione – numerose immagini ritraenti gli indagati intenti a curare la realizzazione e la conduzione delle due piantagioni.

La progressione investigativa ha permesso di identificare dapprima i complici dei coltivatori, delineando i contorni dell’associazione criminale e definendo i ruoli dei singoli all’interno del sodalizio, poi i destinatari dello stupefacente coltivato.

Gli indagati individuavano, rasavano e spietravanole piazzole di rilevanti dimensioni, impiantavano quindi i piccoli steli di circa 10 cm, realizzavano gli impianti professionali per l’irrigazione automatica, curavano la raccolta delle infiorescenze e la successiva essiccazione, fino al trasferimento, preferibilmente in auto con doppi fondi, nelle aree di destinazione e alla cessione.

La progressione investigativa assicurata dai carabinieri – oltre a permettere il rinvenimento e sequestro di svariate piantagioni individuandone i responsabili – ha consentito di delineare i contorni di una stabile rete di spaccio che, affondando le sue radici nella locride, ha interessato altre regioni d’Italia ed in particolare il Lazio, punto fondamentale di smercio dello stupefacente coltivato in Calabria.

Dalle indagini è emersa la figura del principale promotore delle attività illecite, CARABETTA Michele cl. ‘78, elemento di elevata caratura criminale, già condannato in via definitiva ad 8 anni di reclusione per associazione di tipo mafioso (pena scontata), quale elemento di spicco della cosca “PELLE-VOTTARI” di San Luca con il compito di introdurre nel territorio italiano armi da guerra, armi clandestine e munizioni. In particolare, le acquisizioni dell’operazione “FEHIDA” avevano dato ampiamente conto dell’agire del CARABETTA per adempiere ai desiderata di Antonio PELLE cl. ’62, alias “La Mamma”.

Nell’associazione finalizzata al narcotraffico CARABETTA Michele cl. ‘78, pur sottoposto per tutta la durata delle indagini alla sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di soggiorno nel comune di Roma, ha avuto un ruolo direzionale e di cerniera tra la filiera produttiva e di stoccaggio dello stupefacente in territorio calabrese e quella che si occupava del suo trasferimentoad una platea estesa di acquirenti all’ingrosso in territorio laziale, attraverso due articolazioni dell’organizzazione, una stanziata nella capitale, assicurata dal D’AMBROSI Daniele e da ROMAGNOLI Alessandro, l’altra sulla piazza di Latina, assicurata da CELANI Alfredo, RAMICCIA Arianna e TARTAGLIA Massimiliano.

Nel perseguimento dei suoi fini, CARABETTA Michele cl. ‘78 ha potuto contare sulla stretta collaborazione dei cugini CARABETTA Michele cl. ‘92 e PIZZATA Marco cl. ‘92, i quali – oltre ad essersi dedicati materialmente alla coltivazione di marijuana – hanno svolto il ruolo di intermediari dal luogo individuato per la produzione al territorio laziale, preparando e stoccando lo stupefacente in Calabria nei luoghi di deposito e negoziando direttamente con i corrieri.

In relazione al trasferimento della sostanza stupefacente verso le destinazioni fuori dalla Calabria, i carabinieri hanno effettuato numerosi riscontri, sebbene gli indagati utilizzassero abitualmente un linguaggio elusivo e dal contenuto criptico, spesso riferendosi allo stupefacente con le espressioni “cavalli”, “magliette”, “cd” o anche con riferimenti a diversi e noti modelli di autovetture e scooter quali “panda” “golf” o “t-max”. Per eludere i controlli, in una circostanza, una donna in avanzato stato di gravidanza ha preso parte, insieme ad altri tre complici, al trasferimento a Roma di oltre 6 kg di marijuana provenienti dalle piantagioni della locride.

Complessivamente, dalle indagini è stato possibile:

  • localizzare 8 piazzole adibite alla coltivazione di marijuana, sequestrando contestualmente circa 11,000 piante, dal valore economico di svariati milioni di euro;
  • trarre in arresto sul territorio nazionale (Roma, Latina, Savona, Bologna), nella flagranza 10 indagati, sequestrando contestualmente 30,2 Kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana, a riscontro dell’attività di monitoraggio tecnico sugli indagati;
  • sequestrare 6 fucili da caccia di vario calibro e marca, privi di matricola o con matricola abrasa, 3 dei quali oggetto di furto.

 

Decreto sanità, dalla Camera il primo via libera. No “extra” per commissari

Il decreto Calabria, approvato un mese e mezzo fa nel Consiglio dei Ministri a Reggio Calabria, riceve il primo via libera alla Camera, con 240 sì e 76 no e ora passa al Senato per la conversione definitiva in legge dello Stato.

Il testo del decreto prevede, tra l’altro, norme più stringenti sulla verifica del lavoro dei direttori generali nei vari ospedali e aziende sanitarie calabresi e passa la linea dei “super poteri” dei commissari straordinari sulla sanità della regione.

Tra i 10 articoli sulla Calabria spunta una serie di interventi previsti per rafforzare i controlli sui direttori generali, introducendo verifiche straordinarie sulla loro attività, che spettano al commissario ad acta. “Sorvegliati speciali” anche i direttori amministrativi e sanitari: sul loro lavoro pendono controlli periodici dei commissari straordinari.

In Aula respinti quasi tutti gli emendamenti tranne due, proposti dalle opposizioni, che mettono dei paletti ai compensi dei commissari straordinari. Con il primo sono spariti i 20mila euro, previsti come indennità aggiuntiva per i commissari straordinari se residenti fuori regione. Il secondo condiziona gli ulteriori 50mila euro, previsti nel contratto, ai risultati realmente ottenuti dai commissari.

Vantano amicizie con la ‘ndrangheta, DDA chiede processo per 2 preti

La Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio per tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose di due sacerdoti, Graziano Maccarone, segretario particolare del vescovo di Mileto, e Nicola De Luca, reggente della chiesa Madonna del Rosario di Tropea.

I due avrebbero minacciato un conoscente per avere indietro dei soldi che gli avevano prestato vantando amicizie con la cosca Mancuso di Limbadi. Maccarone avrebbe anche scambiato oltre 3000 messaggi a sfondo sessuale con una figlia disabile del debitore.

I fatti oggetto dell’inchiesta, condotta dalla squadra mobile di Vibo e coordinata dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e dal pm della Dda Annamaria Frustaci, risalgono al 2012.

I due sacerdoti sono accusati di avere minacciato un uomo al quale avevano prestato 2.500 euro De Luca e 6.700 Maccarone. Somma che doveva compensare un debito contratto precedentemente con una terza persona. Maccarone, in un incontro, avrebbe detto che “il cugino mio è Luigi, il capo dei capi”. (Ansa)

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