12 Ottobre 2024

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Traffico di droga tra Campania e Calabria, 15 arresti

blitz carabinieriI carabinieri della compagnia di Eboli hanno eseguito 15 misure cautelari (13 in carcere e 2 ai domiciliari) tra Eboli, San Luca, Roma e Sulmona (L’Aquila) e notificato altri 10 avvisi di conclusione delle indagini preliminari. L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno è legata al traffico di droga.

I soggetti coinvolti nell’inchiesta coordinata dal pm della Dda di Salerno, Marco Colamonici, sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.

I provvedimenti scaturiscono da un’attività investigativa avviata nel dicembre 2015 che ha consentito di accertare l’esistenza di un sodalizio criminale dedito al traffico di droga che aveva base operativa nel comune di Campagna (Salerno) ed era capeggiato dalla famiglia Del Giorno.

I militari guidati dal capitano Luca Geminale, inoltre, hanno appurato i legami del gruppo salernitano con la famiglia ‘ndranghetista dei Giorgi, attiva nel comune di San Luca e punto di riferimento per l’approvvigionamento dello stupefacente.

“Un’amicizia nata in carcere durante la detenzione di alcuni esponenti delle due famiglie”, ha spiegato il procuratore della Repubblica vicario, Luca Masini che ha evidenziato come i legami siano proseguiti nel tempo “fino a quando il debito nei confronti del fornitore non ha raggiunto un ammontare di 30mila euro, rendendo necessaria la ricerca di altri canali di approvvigionamento nel Napoletano”.

“Importanti ai fini dell’inchiesta – ha proseguito il pm Colamonici – sono risultate anche le conversazioni con i familiari intercettate in carcere che hanno permesso d’individuare i traffici”.

Concetto ribadito anche dal comandante del reparto operativo di Salerno, Enrico Calandro che ha evidenziato come “alcuni soggetti riescono a gestire o dare indicazioni per attività criminali anche dal carcere”.

Nel corso dell’indagine sono state arrestate quattro persone in flagranza di reato, sequestrati 100 grammi di cocaina, un chilo di hashish, 200 grammi di marijuana e 11.500 euro in contanti. Durante le perquisizioni effettuate stamane, inoltre, uno degli indagati è stato arrestato in flagranza di reato per la detenzione illegale di due pistole.

Corruzione per assegnazione mondiali del Qatar, fermato Michel Platini

L’ex campione della Juventus e della nazionale francese, Michel Platini, è stato fermato dalla polizia in Francia con l’ipotesi di corruzione in merito alle procedure di attribuzione dei Mondiali di calcio del 2022 al Qatar.

L’ex presidente dell’Uefa è stato interrogato presso gli uffici della polizia giudiziaria di Nanterre, nell’ambito dell’inchiesta su “presunti atti di corruzione attiva e passiva di dipendenti non pubblici”, aperta dalla Procura nazionale per i reati finanziari (Pnf).

Michel Platini “non ha assolutamente niente da rimproverarsi e afferma di essere totalmente estraneo ai fatti”, riferisce un comunicato dei collaboratori dell’ex presidente dell’Uefa. “Non si tratta in alcun modo di un arresto ma viene ascoltato come testimone, in una condizione voluta dagli inquirenti che permette di evitare che le persone ascoltate possano accordarsi fuori dalla procedura”, precisa il comunicato diffuso dai media francesi.

“Preoccupante”: così la Fifa ha definito la notizia del fermo di polizia e interrogatorio al quale è stato sottoposto Michel Platini, ex presidente Uefa e ex vicepresidente della Confederazione mondiale del calcio.

“Siamo a conoscenza del fatto ma non conosciamo i dettagli della inchiesta” francese, precisa la Fifa, che sceglie dunque al momento la linea della cautela ma anche della collaborazione. La Fifa “ribadisce il suo pieno impegno a cooperare con le autorità in ogni paese del mondo dove indagini sono in corso in relazione al calcio”.

Nel dicembre 2015 arriva la squalifica di 8 anni a Blatter e Platini per lo scandalo Fifa – VIDEO – Per la vicenda dei 2 milioni di franchi svizzeri per le prestazioni professionali del 2011 e mai contrattualizzate

Con l’ex campione della Juventus è stata posta in stato di fermo anche Sophie Dion, consigliera allo Sport di Nicolas Sarkozy all’epoca in cui questi era presidente della Repubblica. Un altro fedelissimo dell’ex presidente, Claude Guéant, ex ministro dell’Interno ed ex segretario generale dell’Eliseo durante la presidenza Sarkozy, è stato interrogato a piede libero.

I tre, riferisce Le Monde, erano stati convocati dall’Ufficio centrale per la lotta alla corruzione e le infrazioni finanziarie e fiscali. Platini, già sospeso dalla Fifa per “violazione del codice etico” fino a ottobre, doveva inizialmente essere ascoltato come testimone. L’inchiesta del Pnf ha preso il via nel 2016 e Platini – che ha ammesso in passato di aver votato in favore del Qatar nel dicembre del 2010 – era già stato ascoltato come testimone nel 2017.

Il Pnf, sottolinea Le Monde, si interessa in particolare al pranzo organizzato il 23 novembre 2010 all’Eliseo, in presenza di Sarkozy, Platini, dell’attuale emiro qatarino Tamim Ben Hamad Al Thani e dell’allora primo ministro Hamad Ben Jassem. A quel pranzo, continua Le Monde citando proprie fonti, erano presenti anche Dion e Guéant.

Guéant è già stato condannato in passato per sottrazione di fondi pubblici e chiamato direttamente in causa nella vicenda dei presunti finanziamenti di Muammar Gheddafi alla campagna per le presidenziali di Sarkozy nel 2007, vicenda per la quale lo stesso ex presidente è finito sotto inchiesta.

Tropea, malvivente tenta rapina in gioielleria: sventata da carabiniere

Carabiniere libero dal servizio sventa una rapina a Tropea

Carabiniere libero dal servizio sventa una rapina. Il fatto è avvenuto stamane a Tropea. Il militare dell’Arma, udite le urla dei passanti che davano l’allarme per un furto in una gioielleria ha notato una persona che si allontanava con in mano una borsa da donna e lo ha inseguito fino a bloccarlo. All’interno della borsa c’erano denaro contante, monili in oro e documenti.

Gli accertamenti successivi hanno permesso di scoprire che l’autore della rapina aveva rubato in precedenza un’auto, parcheggiata sul lungomare di Tropea, per poi compiere il colpo.

L’uomo, individuato per D.M., di 49 anni, è stato arrestato con l’accusa di furto. La refurtiva e l’auto sono state consegnate ai legittimi proprietari.

Minaccia di morte moglie e figli con mannaia e motosega, arrestato

Carabinieri corigliano cassanoAvrebbe picchiato e minacciato di morte moglie e figli utilizzando per intimorire le vittime anche una mannaia e delle motoseghe. Un cinquantenne di origini bulgare è stato arrestato dai carabinieri della Compagnia di Corigliano, a Cassano allo Jonio, con l’accusa di maltrattamenti in famiglia.

L’uomo, residente nella frazione Sibari, con la famiglia composta da 4 figli, di cui due minorenni e dalla moglie, avrebbe vessato da tempo i familiari con minacce, anche di morte, e altre angherie. Il comportamento dell’uomo sarebbe stato acuito, talvolta, dal suo stato di ubriachezza.

L’ultimo episodio ha spinto uno dei figli della coppia a scappare da casa per sottrarsi all’ennesima sfuriata del padre. Il ragazzo ha chiesto aiuto e i militari sono intervenuti nell’abitazione del cinquantenne che è stato trovato in evidente stato di agitazione. Trovate nell’abitazione anche una mannaia e delle motoseghe che, secondo i familiari, l’uomo avrebbe brandito per minacciare moglie e figli.

Traffico di cocaina dal Sud America al Porto di Gioia Tauro, 5 arresti

guardia di finanza cocaina gioia tauro
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Cinque persone sono state arrestate dai militari della Guardia di finanza di Reggio Calabria e dallo Scico, perché accusate di essere trafficanti internazionali di droga, con l’aggravante di aver agevolato la ‘ndrangheta, sfruttando il porto di Gioia Tauro. In carcere sono finiti Emanuele Umberto Oliveri, di 32 anni, Domenico Pepé (64), Alessandro Galanti (38), Antonio Ponziani (34) e Alessandro Larosa (41).

I cinque, coinvolti nell’indagine in codice “Balboa”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, per essersi associati tra loro in un gruppo criminale articolato su più livelli, comprensivo di squadre di operatori portuali infedeli, allo scopo di commettere più delitti, concretizzatisi nel reperire ed acquistare all’estero, importare, trasportare in Italia attraverso navi in arrivo al porto di Gioia Tauro ed in altri porti nazionali, nonché commercializzare ingenti quantitativi di cocaina, con l’aggravante della transnazionalità, e dell’aver commesso i fatti al fine di agevolare l’attività della cosca di ‘ndrangheta “Bellocco” operante in Rosarno, zone limitrofe, altre zone d’Italia e all’estero.

L’operazione di polizia rappresenta l’epilogo di una complessa attività investigativa svolta dalla Sezione G.O.A. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria, che ha permesso di accertare l’esistenza di un gruppo criminale capeggiato da Umberto Emanuele Oliveri, “dominus” alla continua ricerca di cocaina da far giungere nel porto di Gioia Tauro dal Sud America e dal Nord Europa (Belgio, Brasile, Argentina, Ecuador e Perù) e legato da stretto vincolo parentale a Umberto Bellocco, 82 anni, entrambi ritenuti partecipi; con Bellocco con ruolo di vertice– dell’omonima cosca.

Nel dettaglio, secondo i ruoli accertati nel corso delle investigazioni, oltre a Oliveri, emergevano le figure di Alessandro Galanti, considerato “vero e proprio” broker internazionale in contatto con i narcos produttori esteri della sostanza stupefacente, di Alessandro Larosa e Antonio Ponziani, impegnati secondo gli inquirenti, a coadiuvare Oliveri e Galanti nell’organizzazione delle illecite forniture, nonché di Domenico Pepé, uomo di fiducia, che si occupava anch’egli dell’acquisto e dell’importazione della droga.

Giunta in Italia, al porto di Gioia Tauro, la cocaina – occultata con modalità “rip on” all’interno dei container in borsoni pronti ad essere prelevati – veniva esfiltrata da operatori portuali infedeli, incaricati da Oliveri di recuperare lo stupefacente e di portarlo al di fuori del sedime portuale gioiese.

Al riguardo, nell’ambito dello stesso procedimento penale, sono stati complessivamente sottoposti a sequestro 527 panetti di cocaina purissima, per un peso complessivo di per quasi 600 chilogrammi nonché sono state ricostruite plurime ulteriori importazioni di stupefacente per complessivi 312 Kg di cocaina.

I soggetti destinatari degli odierni provvedimenti restrittivi avrebbero inoltre dimostrato di poter contare su una fitta rete di contatti, talmente ramificata, riferiscono gli investigatori, da essere in grado di recuperare lo stupefacente non solo dal porto di Gioia Tauro, ma anche da altri porti, sia nazionali che esteri, avvalendosi della forza intimidatrice esercitata dalla stessa “cosca” di appartenenza.

Esplosione in seminterrato negozio, un ferito grave

VIBO VALENTIA – I vigili del fuoco del comando provinciale di Vibo Valentia sono intervenuti oggi nella frazione Paravati di Mileto a seguito di una esplosione.

Per cause da accertare una persona mentre stava effettuando dei lavori edili è rimasta investita da una esplosione che gli ha provocato ustioni diffuse per le quali si è reso necessario il trasporto in elisoccorso all’ospedale di Catanzaro,

All’esplosione, che è avvenuta in un locale interrato all’interno di un negozio di parrucchiera, è seguito un incendio poi estinto dai vigili del fuoco.

L’esplosione ha divelto gli arredi presenti all’interno del negozio e danneggiato una vicina abitazione collegata al locale interessato dall’incidente tramite un pozzo luce.

Quest’ultima abitazione ha riportato danni sulla copertura ed in alcuni locali interni che sono inagibili.

Sul posto per il coordinamento dell’intervento dei pompieri, i funzionari Domenico Ferito e Domenico Cosentino, oltre a carabinieri e sanitari.

‘Ndrangheta, confiscati beni per 18 milioni a persone vicine a clan

finanza catanzaro

La Guardia di finanza di Catanzaro ha eseguito la sentenza della Corte d’appello del capoluogo riguardante la confisca dei beni per un valore di 18 milioni di euro a carico di un gruppo di persone accusate di fare parte della cosca di ‘ndrangheta Procopio-Sia-Tripodi, egemone nell’area del soveratese.

I beni oggetto della confisca era stati sequestrati nel 2011 in occasione dell’operazione “Showdown”, scaturita da un’inchiesta della Dda di Catanzaro condotta con il coordinamento dall’attuale Procuratore della Repubblica aggiunto, Vincenzo Capomolla.

I beni confiscati consistono in svariate quote societarie, beni mobili ed immobili in provincia di Catanzaro e varie attività economiche costituite da ditte individuali, nonché da alcune società a responsabilità limitata insieme alla quota parte di un villaggio turistico in fase di realizzazione denominato “San Sostene Resort”.

Minacciano, picchiano e rapinano uomo, in cella due trentenni lametini

rapine a Lamezia, arrestati due 31enni

I Carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale su richiesta della locale Procura della Repubblica, a seguito delle indagini svolte nei confronti di due giovani lametini, Giuseppe Mastroianni e Antonio Mancuso, entrambi di 31 anni, ritenuti responsabili di svariati episodi di rapina commessi dal 2013 al dicembre 2018.

Vittima un sessantenne lametino. Secondo quanto ricostruito per anni lo hanno preso di mira sempre con lo stesso modus operandi. Lo avvicinavano lungo le strade del centro cittadino e, dopo averlo minacciato con un coltello, si facevano consegnare piccole somme di denaro.

Una vessazione continua durata per anni, in un crescendo culminato la notte dello scorso 15 dicembre quando i due si introdussero nell’abitazione dell’uomo e, dopo averlo selvaggiamente picchiato con calci e pugni e rovistato tutta la casa, fuggirono con l’unica cosa di valore trovata, il portafogli della vittima contenente poche centinaia di euro, lasciandolo sanguinante sul pavimento.

Solo a seguito di questo ultimo episodio l’uomo ha avuto la forza di denunciare tutto ai carabinieri che hanno avviato le indagini. Attività tecniche e analisi di decine di ore di filmati dei sistemi di videosorveglianza cittadina che hanno portato i militari ad identificare i due rapinatori seriali che, nel frattempo, mettevano a segno qualche altro colpo in giro per la provincia.

Come la sera dello scorso 28 dicembre quando, sul lungomare di Catanzaro Lido, aggredirono un passante e, sempre minacciandolo con un coltello, si fecero consegnare lo smartphone e poche decine di euro. Una serie di risultanze investigative, quindi, che messe a sistema con il quadro indiziario riassunto dai Carabinieri hanno portato all’emissione di ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico dei due poiché considerati responsabili di rapina aggravata in concorso e lesioni personali aggravate.

Palpeggia una ragazzina, fermato un immigrato clandestino

Sabato pomeriggio, a conclusione di una attività investigativa scaturita dalla denuncia di aggressione ai danni una ragazza minorenne cosentina, i carabinieri della stazione di Cosenza nord hanno eseguito un fermo nei confronti di 29 enne immigrato della Guinea, sprovvisto di documenti di riconoscimento, senza fissa dimora, con procedenti di polizia, richiedente protezione internazionale, giunto a Lampedusa il 3 novembre 2016, in quanto ritenuto responsabile del reato di atti sessuali con minore.

Le indagini che hanno condotto all’operazione di oggi, sono iniziate la sera del 13 giugno quando presso gli uffici dei carabinieri i genitori di una ragazza di 13 anni hanno formalizzato una denuncia per aggressione.

In particolare, alle ore 19 circa del 13 giugno scorso, la ragazzina nel rientrare a casa, percorrendo la via che da Corso Mazzini conduce verso Viale Mancini, all’altezza dell’Autostazione, è stata avvicinata da un persona di colore che dopo un primo apprezzamento verbale, si è avventato sull’adolescente palpeggiandola. La minore fortemente scossa ed impaurita da quanto stava accadendo è riuscita a chiamare telefonicamente il padre, il quale stava attendendo il suo arrivo in piazza Bilotti.

L’uomo ha immediatamente raggiunto la figlia e allertato subito il 112. A stretto giro, sul posto sono state inviate tutte le pattuglie presenti in zona. Il ragazzo immigrato della Guinea, nel momento in cui ha percepito quanto stava accadendo, si è allontanato velocemente dalla zona facendo perdere le proprie tracce.

I Carabinieri, dopo aver ricevuto una descrizione sommaria dell’aggressore da parte del padre che era riuscito ad incrociarlo, hanno avviato le ricerche in tutta la zona raccogliendo quanti più elementi informativi dalle persone presenti sul luogo.

La vittima unitamente ai genitori è stata accompagnata in caserma dove hanno formalizzato una dettagliata denuncia dell’evento, fornendo agli inquirenti moltissime informazioni utili per l’individuazione del responsabile.

Da lì è scaturita un intesa attività investigativa, dove oltre alla raccolta delle registrazioni delle telecamere di tutto il quartiere, sono stati identificati e vagliate le posizioni di tutti gli extracomunitari che giornalmente frequentano la zona interessata.

In particolare, nel pomeriggio odierno, una pattuglia ha notato un ragazzo che assomigliava moltissimo alla descrizione del ricercato. Così hanno proceduto ad un controllo su strada, accertando che quel ragazzo era sprovvisto di documenti di riconoscimento.

Pertanto, ritenuto che lo stesso potesse essere un extracomunitario irregolare sul territorio italiano e dovendo adempiere all’obbligo di identificarlo, i militari lo accompagnavano presso la vicina caserma dei Carabinieri. Intanto, veniva preparato un fascicolo con le fotografie di diversi immigrati somigliati al fermato da sottoporre in visione ai denunciante.

Il padre della ragazza, nel momento in cui ha visionato le foto proposte, ha riconosciuto “senza ombra di dubbio” il presunto aggressore della figlia. Dato il forte timore di un pericolo di fuga del fermato, sprovvisto tra l’altro di documenti e senza fissa dimora, nonché dovendo procedere per un reato in cui sono previste pene molto severe, i militari dichiaravano l’uomo in stato di fermo, informando di quanto avvenuto il magistrato di turno presso la Procura della Repubblica di Cosenza, il quale disponeva l’accompagnamento presso la locale casa circondariale in attesa dell’udienza di convalida.

Scoperto “diplomificio” a Cosenza, indagati 25 falsi insegnanti

Scoperto diplomificio a Cosenza, indagati 25 falsi insegnantiUn vasto giro di falsi diplomi è stato scoperto dai carabinieri della compagnia di Cosenza che hanno notificato decine di avvisi di garanzia ad altrettanti indagati nell’hinterland cosentino e in altre città italiane che, secondo la tesi accusatoria, si erano rivolti ad un falsario di Mangone per ottenere i falsi titoli che venivano poi usati per presentare domanda per l’insegnamento in scuole materne ed elementari. Annullati diversi contratti in essere tra scuole e falsi maestri.

L’operazione, in codice “Minerva 2” è la prosecuzione di una indagine del novembre 2017 in cui vennero scoperti 33 possessori di titoli taroccati utilizzati per entrare in graduatoria per personale docente in vari istituti. Nel filone di inchiesta odierno gli indagati sono 25, per un totale di 58 persone coinvolte nell’intera inchiesta.

L’attività d’indagine, nello specifico, ha permesso di accertare un sistema volto alla falsificazione ed all’utilizzo, sull’intero territorio nazionale, di diplomi apparentemente rilasciati da istituti magistrali statali e paritari della provincia di Cosenza e di Reggio Calabria, nonché da scuole di specializzazione per l’insegnamento di sostegno agli alunni portatori di handicap, dall’Istituto nazionale scuole e corsi professionali di Cosenza.

I titoli di studio falsi sono stati formalmente inclusi dagli indagati alle domande per essere inseriti sia nelle graduatorie ad esaurimento, sia in quelle d’istituto per l’assunzione come insegnante nelle scuole primarie e dell’infanzia, su posto comune e sul sostegno.

In particolare, l’attività investigativa, condotta dai militari, si è sviluppata appunto quale seguito della prima fase d’indagine culminata nel novembre 2017 con la notifica di altri avvisi di conclusione delle indagini preliminari a carico di 33 soggetti per i reati di falsità materiale ed ideologica, avendo presentato diplomi scolastici contraffatti presso Provveditorati ed Istituti comprensivi in tutta Italia.

La risonanza mediatica ottenuta dalla prima parte dell’indagine Minerva di due anni fa ha indotto i dirigenti scolastici a svolgere più approfonditi controlli sui titoli presentati dagli aspiranti insegnanti, in modo da assicurare l’imprescindibile rispetto dei requisiti minimi previsti dalla legge in materia di insegnamento.

E’ proprio da questi nuovi input che trae origine la seconda parte dell’indagine. Infatti, due dirigenti scolastici, dopo accurati controlli che hanno fatto emergere la falsità dei titoli magistrali presentati presso gli istituti di competenza da 5 aspiranti insegnanti, hanno provveduto a segnalare l’anomalia direttamente ai Carabinieri di Cosenza impegnati nelle indagini.

Nel corso delle attività, al fine di verificare altre posizioni sospette ed escludere ogni illecito accesso al sistema scolastico, si è avviata una stretta collaborazione tra i dirigenti scolastici interessati dal fenomeno e la Sezione Operativa dei Carabinieri di Cosenza, dando vita ad un fitto scambio di informazioni.

Partendo dagli elementi raccolti, si è successivamente proceduto ad effettuare, su tutto il territorio nazionale, controlli incrociati, testimonianze rese da persone informate sui fatti, acquisizione di documentazione presso gli Uffici Scolastici Regionali e gli Istituti scolastici, lavoro svolto anche grazie al costante supporto degli uffici dell’Ambito territoriale provinciale di Cosenza.

Individuato il falsario dei diplomi: è un 69enne di Mangone

Il lavoro condotto dai militari cosentini, coordinati dalla Procura della Repubblica Cosenza, ha anche consentito di giungere ad una rilevante scoperta. Grazie ad una moltitudine di accertamenti e ad una minuziosa attività info-investigativa, il 25 gennaio 2018 è stata effettuata una perquisizione domiciliare delegata dall’autorità giudiziaria presso l’abitazione del presunto artefice delle falsificazioni, individuato in un 69enne di Mangone.

La perquisizione domiciliare, ha infatti permesso di rinvenire all’interno dell’abitazione di quest’ultimo, un vero e proprio “diplomificio”, una centrale del falso organizzata con diversi computer, stampanti e vario materiale informatico, nonché copie cartacee di diplomi già falsificati e materiale utile alla specifica attività, permettendo così di chiudere il cerchio sul referente ultimo dei presunti insegnanti.

Nel corso delle operazioni tutto il materiale è stato posto sotto sequestro al fine di cristallizzare le prove raccolte, per l’estrapolazione e l’analisi di copia forense, così impedendo all’uomo di continuare nell’attività illecita.

In particolare, sono state rinvenute 30 stampe di diplomi apparentemente rilasciati dall’“Istituto Nazionale Scuole e Corsi Professionali” compilati con nominativi di “insegnanti” già emersi nel corso dell’operazione per aver utilizzato titoli falsi, nonché 2 risme di carta pergamenata per diplomi, in bianco, pronte per la stampa.

A conclusione delle successive verifiche, così come riportato sull’avviso di conclusione delle indagini preliminari, al pensionato di Mangone è stata contestata la contraffazione di 22 titoli di studio utilizzati dagli indagati nelle istanze presentate ai vari Istituti scolastici.

Da quanto emerge dalle dichiarazioni rese agli inquirenti da una indagata, il falsario, per il tramite di un intermediario, avrebbe chiesto alla donna la somma di 3.000 euro in cambio del titolo falso.

L’attività, condotta in stretta sinergia con le dirigenze scolastiche di tutta Italia, ha già portato all’allontanamento di molti degli “insegnanti” in possesso di titoli falsi, che abusivamente esercitavano la professione, garantendo in tal modo a docenti in regolare possesso delle abilitazioni all’insegnamento di assumere il meritato posto di lavoro.

Non si esclude che possano esserci ulteriori annullamenti di contratti tra gli istituti scolastici ed alcuni docenti indagati, tenuto conto del grave danno sociale, oltre che erariale, derivante dai fatti accertati.

Truffa all’Inps, denunciati 197 falsi braccianti agricoli

finanza braccianti agricoliUn truffa ai danni dell’Inps per circa 830 mila euro, è stata scoperta dai finanzieri della Compagnia di Castrovillari, coordinati dalla Procura guidata da Eugenio Facciolla, che hanno denunciato 195 falsi braccianti agricoli e i due titolari di un’azienda.

L’impresa presentava all’Ente previdenziale denunce aziendali e trimestrali dove indicava la fittizia conduzione di terreni agricoli, nonché l’attestazione di impiego di operai, mai avvenuto, per consentire l’indebita riscossione di indennità di disoccupazione, malattia e maternità.

Nel corso delle indagini, coordinate dal pm Antonino Iannotta e svolte con la collaborazione degli uffici Inps di Cosenza e Castrovillari, i finanzieri hanno accertato che il proprietario dei terreni non aveva concesso in fitto ai titolari dell’azienda agricola i fondi per le coltivazioni. Sono emerse 25 mila giornate lavorative mai effettuate. I titolari dell’impresa e i falsi braccianti sono stati denunciati per falso e truffa ai danni dello Stato.

‘Ndrangheta, sgominata banda di narcotrafficanti

Ros CarabinieriI carabinieri del Ros, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e con la collaborazione della polizia colombiana, olandese e la gendarmeria francese, hanno disarticolato un’associazione criminale dedita al narcotraffico e riconducibile alla ‘ndrangheta reggina.

La droga veniva importata dalla Colombia e dall’Ecuador, attraverso gli scali portuali di Anversa, Rotterdam e Gioia Tauro, oltre che tramite trasporti su gomma, per poi essere destinata alla vendita nel nord Europa, in Canada e in Italia, in particolare in Lombardia e Veneto.

Nel corso dell’attività investigativa sono stati sequestrati centinaia di chilogrammi di stupefacenti e arrestati due latitanti italiani che avevano trovato rifugio in Colombia.

Maltrattamenti in aula, misura cautelare per tre maestre di asilo

Tre maestre di un asilo nido di Rodengo Saiano, in provincia di Brescia, sono state raggiunte da una misura cautelare per maltrattamenti aggravati sui bambini. La Procura di Brescia aveva chiesto i domiciliari, ma il gip ha disposto per loro l’obbligo di firma.

L’operato delle tre è stato ripreso dalle telecamere installate dagli inquirenti dopo le prime denunce di un genitore che aveva notato un cambiamento dell’umore del figlio e alla luce del racconto di una ex dipendente dello stesso asilo che denunciò il comportamento scorretto delle colleghe.

Nelle immagini riprese dalle telecamere le maestre dicono parolacce e spintonano i bambini. Secondo l’accusa avrebbero poi impartito punizioni ritenute eccessive come il mancato cambio del pannolino o la sottrazione del cibo ai bambini.

Siderno, arrestati un latitante e un fiancheggiatore

carabinieriI carabinieri delle Compagnie di Roccella Ionica, Locri e della Stazione di Siderno, insieme allo Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, hanno arrestato il latitante Alessandro Agostino, di 34 anni.

L’uomo era destinatario del provvedimento di revoca del decreto di sospensione di ordine di esecuzione per la carcerazione e ripristino dell’ordine emesso il 30 gennaio scorso dalla Procura Generale di Reggio Calabria, dovendo scontare la pena definitiva di 2 anni, 3 mesi e 18 giorni per associazione finalizzata alla produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti.

L’uomo è stato rintracciato in una villa nel centro di Siderno, presa in locazione da un soggetto estraneo ai fatti, insieme a Antonio Salvatore Commisso (34), già noto alle forze dell’ordine, che è stato arrestato per favoreggiamento. La perquisizione nell’abitazione ha portato alla scoperta di 5 telefoni cellulari e 8 sim card che saranno oggetto di successivi accertamenti.

Catanzaro, bimbo di tre anni cade dal quinto piano: grave

ambulanza(ANSA) – CATANZARO, 12 GIU – Un bambino di 3 anni e mezzo è caduto oggi dalla terrazza dell’appartamento in cui abita, al quinto piano di uno stabile di via Fares, nel quartiere Sala di Catanzaro. Subito soccorso è stato portato in ospedale. Le sue condizioni, secondo quanto si è appreso, sono molto gravi. Non è escluso che la caduta sia stata attutita in qualche modo.

Secondo i primi accertamenti si sarebbe trattato di una caduta accidentale. Al momento dell’incidente in casa con il bambino c’era la mamma che ora è in stato di choc. Sul posto sono intervenuti gli agenti della Squadra mobile e delle Volanti per accertare la dinamica.

Ha riportato fratture alle gambe ma, secondo quel che si è appreso, non sarebbe in pericolo di vita il bambino. Il piccolo, che è straniero, è ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Catanzaro. La tac cui è stato sottoposto al suo arrivo, avrebbe dato esito negativo. Secondo quanto si è appreso la prognosi è comunque riservata. La caduta potrebbe essere stata attutita dai fili usati per stendere la biancheria posti sui balconi sottostanti a quello dal quale è precipitato.

Processo Tesi, la Cassazione annulla condanne per Vigna e Spataro

Da sinistra Michelangelo Spataro e il sindaco Mario Occhiuto

“Una buona notizia che mi riempie di gioia. La Suprema Corte di Cassazione ha annullato le condanne del processo Tesi a Luciano Vigna e a Michelangelo Spataro, due fra i miei più validi collaboratori ma, soprattutto, miei amici carissimi”.

È quanto afferma il sindaco di Mario Occhiuto dopo la decisione della Cassazione. “Questo – aggiunge il sindaco – dimostra, ove ci fosse bisogno, come debba essere sempre rispettato il principio della presunzione di innocenza fissato dalla Costituzione. E dimostra inoltre come pure lontano dai riflettori e dai condizionamenti della (mala) politica le vicende si chiariscono in modo più sereno e secondo giustizia. Sono quindi veramente felice e faccio ai miei due buoni e vecchi amici gli auguri più sentiti e affettuosi. Naturalmente ho conservato il posto in Giunta per Michele, che ora rientrerà subito nell’esecutivo, perché è giusto e perché ci può dare una grande mano”. Vigna e Spataro, che erano stati in Giunta comunale con Occhiuto, dovranno essere sottoposti ad un secondo processo d’appello.

“Esprimo soddisfazione per la decisione della Suprema Corte di Cassazione di annullare le condanne inflitte ai presunti responsabili del fallimento Tesi, tra i quali c’erano Luciano Vigna e Michelangelo Spataro. Ero estremamente convinta della estraneità dei due amministratori comunali di Cosenza ad ogni addebito”. Lo afferma in una nota Jole Santelli coordinatrice regionale di Forza Italia Calabria. “Questa sentenza – prosegue – dimostra ancora come il principio cardine della nostra Costituzione, la presunzione di innocenza e, sia stato e sia ancora stravolto da chi parte dalla presunzione di colpevolezza. Non basta essere indagati o rinviati a giudizio per essere vittime di gogne mediatiche e nemmeno essere condannati in via non definitiva. A mio avviso la legge Severino è profondamente sbagliata laddove incide pesantemente su procedimenti non esauriti”.

Arrestato l’ex parlamentare di FI Paolo Arata

Paolo Arata

Sono stati arrestati Paolo Arata, ex consulente della Lega per l’energia ed ex deputato di Fi, e il figlio Francesco. Sono accusati di corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni. Sarebbero soci occulti dell’imprenditore trapanese dell’eolico Vito Nicastri, ritenuto dai magistrati tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.

L’arresto è stato disposto dal gip di Palermo Guglielmo Nicastro su richiesta della Dda guidata da Francesco Lo Voi. Gli Arata sono indagati da mesi per un giro di mazzette alla Regione siciliana che coinvolge anche Nicastri, tornato in cella già ad aprile perché dai domiciliari continuava a fare affari illegali.

Nel business c’erano anche gli Arata che, secondo i pm, di Nicastri sarebbero soci. Oltre che nei confronti dei due Arata il giudice ha disposto l’arresto per Nicastri, la cui la misura è stata notificata in carcere in quanto già detenuto, e per il figlio Manlio, indagati pure loro per corruzione, auto riciclaggio e intestazione fittizia.

Ai domiciliari è finito invece l’ex funzionario regionale dell’Assessorato all’Energia Alberto Tinnirello, accusato di corruzione. Una tranche dell’inchiesta nei mesi scorsi finì a Roma perché alcune intercettazioni avrebbero svelato il pagamento di una mazzetta, da parte di Arata, all’ex sottosegretario alle Infrastrutture leghista Armando Siri. In cambio del denaro Siri avrebbe presentato un emendamento al Def, poi mai approvato, sugli incentivi connessi al mini-eolico, settore in cui l’ex consulente del Carroccio aveva investito.

A Palermo invece è rimasta l’indagine sul giro di corruzione alla Regione siciliana che oggi ha condotto all’arresto degli Arata e dei Nicastri. Tutti al centro, secondo i pm di Palermo, di un giro di tangenti che avrebbero favorito Nicastri e il suo socio occulto nell’ottenimento di autorizzazioni per i suoi affari nell’eolico e nel bio-metano. Ai regionali sarebbero andate mazzette dagli 11 mila ai 115 mila euro.

Gravissimo incidente a Cassano, due morti e due feriti

È di due morti e due feriti, di cui una donna grave, il bilancio di un drammatico incidente stradale avvenuto ieri a tarda sera sulla statale 534, arteria che collega l’A2 con i centri della fascia ionica, nel territorio di Cassano allo Ionio, nel Cosentino.

Per cause in corso di accertamento si sono scontrate una Renault Scenic su cui viaggiava una famiglia e una Fiat multipla. I conducenti delle due auto, sono deceduti. Al momento non sono state diffuse le loro generalità.

Due donne, madre e figlia 19enne, a bordo della Renault, sono rimaste ferite e sono state trasportate in ospedale. La madre della ragazza è ricoverata in gravi condizioni a Cosenza, mentre la figlia, lieve, al nosocomio di Rossano. Sul posto sono intervenuti i Vigili del fuoco, i sanitari del 118 e i carabinieri della compagnia di Corigliano. La statale è rimasta chiusa per oltre 4 ore.

Riace, il Riesame conferma ancora il divieto di dimora per Lucano

Riace, il Riesame conferma ancora il divieto di dimora per LucanoL’ex sindaco di Riace, Domenico Lucano, dovrà restare ancora fuori dal suo paese. Lo ha deciso ancora una volta il Tribunale della libertà di Reggio Calabria rigettando una nuova istanza dei difensori di Lucano per la revoca nei suoi confronti del divieto di dimora a Riace, disposto quale misura alternativa all’arresto avvenuto lo scorso mese di ottobre per reati legati al sistema di accoglienza dei migranti. E’ la terza volta che il Tdl respinge l’istanza dei difensori.

La richiesta dei legali era motivata dal fatto che Lucano non è più sindaco, né è stato rieletto in Consiglio comunale, e non può, dunque, reiterare i reati che gli vengono contestati. Di parere contrario sarebbero stati i giudici del Riesame che temono invece che l’ex sindaco potrebbe ancora “interferire” con la gestione dei migranti.

Lucano è coinvolto nell’inchiesta della Procura di Locri, Xenia, nell’ambito della quale oggi, martedì 11 giugno, inizia il processo a suo carico e nei confronti di altre ventisei persone, accusate a vario titolo di associazione a delinquere, truffa con danno patrimoniale per lo Stato, abuso d’ufficio, peculato, concussione, frode in pubbliche forniture, falso e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Tutte ipotesi legate alla gestione dell’accoglienza dei migranti.

Riace, inizia oggi il processo a ex sindaco Lucano e ad altre 26 persone

Xenia, processo per il sindaco di Riace Domenico Lucano
L’ex sindaco di Riace Domenico Lucano

Inizierà oggi, martedì 11 giugno, davanti al collegio del Tribunale di Locri, Fulvio Accurso presidente, il processo all’ormai ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, rinviato a giudizio assieme ad altre 26 persone dal gup Amalia Monteleone nell’ambito dell’inchiesta Xenia.

Le accuse contestate dalla Procura di Locri diretta dal procuratore capo Luigi D’Alessio, sono, a vario titolo, associazione a delinquere, truffa con danno patrimoniale per lo Stato, abuso d’ufficio, peculato, concussione, frode in pubbliche forniture, falso e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

L’operazione è scattata il 2 ottobre dello scorso anno, quando al termine dell’indagine della Guardia di Finanza, Lucano fu posto agli arresti domiciliari con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti.

Successivamente la misura cautelare è stata attenuata dal Tribunale del Riesame, che sempre nell’ottobre dello scorso anno ha disposto il divieto di dimora a Riace per Lucano, il sindaco che la rivista statunitense “Fortune” aveva inserito tra le 50 persone più influenti del mondo per il modello di accoglienza sperimentato a Riace.

Secondo l’accusa Lucano, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, avrebbe organizzato veri e propri “matrimoni di convenienza” tra cittadini riacesi e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano.

Oltre a ciò la Procura contesta irregolarità amministrative e illeciti penalmente rilevanti in merito alla realizzazione del progetto di accoglienza. Argomentazioni, quelle della Procura, che non hanno convinto in toto il gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, che ha ritenuto fondate le esigenze cautelari solo per le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per la frode, evidenziando comunque “i fini umanitari” nell’azione di Lucano.

Anche la Corte di Cassazione si è pronunciata a favore di Lucano sulle esigenze cautelari, quando a fine febbraio ha annullato con rinvio il divieto di dimora, poi però riconfermato dal Riesame. Per supportare Lucano dopo il rinvio a giudizio è nato il “Comitato Undici Giugno” che ha organizzato per stamattina, proprio in concomitanza con la prima udienza del processo, una serie di iniziative a Locri.

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