11 Ottobre 2024

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Controlli sull’immigrazione clandestina a Paola, espulso un albanese

Il Commissariato Ps di Paola
Il Commissariato Ps di Paola

I poliziotti delle Volanti del Commissariato di Paola hanno bloccato ed espulso dal territorio italiano un cittadino albanese di 30 anni, L.L., gravato da numerosi precedenti penali collezionati nel centro Italia.

L’uomo, irregolare nel nostro paese, con un’Alfa Romeo si aggirava con fare sospetto tra le strade di Paola, in compagnia di un pregiudicato italiano, quando alla vista degli agenti impegnati in controlli per contrastare l’immigrazione clandestina, ha fatto una brusca manovra che ha insospettito e spinto gli agenti a bloccarlo.

Una volta identificato è emerso che l’albanese era colpito da un provvedimento di rigetto di protezione internazionale, pertanto da espellere. Non solo, spulciando negli archivi di Polizia sono affiorati diversi precedenti per reati contro il patrimonio, furto, rapina e tentato omicidio, consumati nel Lazio e in Umbria. Per l’uomo sono scattate le procedure per l’espulsione dall’Italia secondo la normativa sull’immigrazione.

Truffa all’Inps nel Reggino, 11 arresti e oltre 150 indagati

Truffa all'Inps nel Reggino, 11 arresti e oltre 150 indagati

Undici persone sono state arrestate dai finanzieri del gruppo di Gioia Tauro nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura di Palmi per una truffa ai danni dell’Inps.

Contestualmente le Fiamme gialle reggine hanno effettuato un sequestro preventivo a carico di 152 persone. Gli arrestati, tutti in carcere, sono residenti nei comuni di Gioia Tauro, Palmi, Reggio Calabria e Roma.

Tutte le persone coinvolte nell’operazione, in codice “Ghimpu”, sono accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dell’ente previdenziale.

L’inchiesta è stata condotta con l’ausilio di personale del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma e di altri Reparti dipendenti dal Comando provinciale di Reggio Calabria.

Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica di Palmi, Ottavio Sferlazza, e dai sostituti Ignazio Vallario e Daniele Scarpino, hanno consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza di un’associazione per delinquere – nella cui struttura sono risultati inseriti anche consulenti del lavoro -, dedita alla commissione dei delitti sopra indicati con particolare riferimento alla indebita percezione di indennità previdenziali correlate a fittizi rapporti di lavoro.

In particolare, sono state accertate fraudolente percezioni di indennità previdenziali, per cui sono stati disposti 152 sequestri preventivi, nei confronti di altrettanti soggetti, indagati di concorso in truffa aggravata e risultati beneficiari delle predette prestazioni previdenziali, per un valore complessivo di circa 750 mila euro.

L’indagine ha tratto origine dall’analisi di una serie di “indici di anomalia” da parte degli ispettori dell’Inps della sede di Cosenza che, a seguito di una specifica attività di controllo e riscontri, hanno acquisito significativi elementi in merito alla inesistenza di associazioni sindacali – operanti solo cartolarmente – e del correlativo carattere fittizio di molteplici rapporti di lavoro con le medesime.

Le complesse investigazioni, che hanno comportato l’acquisizione e l’analisi di una considerevole mole di documenti, hanno consentito di dimostrare che il sodalizio, al fine di lucrare illecitamente erogazioni pubbliche destinate alla tutela dei lavoratori, aveva costituito una  serie di associazioni sindacali in realtà inesistenti, con correlative sedi fittizie e apparenti o ignari legali rappresentanti,  con le quali, previa richiesta di codice fiscale per soggetti inesistenti, veniva falsamente denunciata l’instaurazione di fittizi rapporti di lavoro e successivamente richieste ed ottenute fraudolentemente prestazioni previdenziali (disoccupazione, malattia e maternità).

Più nel dettaglio, traendo in errore personale dell’Agenzia delle Entrate, venivano richiesti ed ottenuti codici fiscali per soggetti inesistenti, sia di nazionalità italiana che straniera, mediante la creazione e l’utilizzo di documenti d’identità falsi, come nel caso emblematico della fantomatica E. Ghimpu, (da cui prende il nome l’operazione) formalmente rappresentante legale di oltre un centinaio di sedi territoriali di sindacati presenti su tutto il territorio nazionale, rispondenti alle sigle FIC,  ANLI, FAPI, CONFSAL – FASPI e, infine, l’Associazione Sindacale Lavoratori Stranieri, tutte assolutamente false ed utilizzate solo per la perpetrazione della frode.

Nel corso delle indagini è stato peraltro accertato come le sedi nazionali delle suddette associazioni sindacali, tutte riconducibili agli indagati, erano indistintamente ubicate in un unico immobile con sede a Roma, nella disponibilità di uno degli indagati.

Nel vano tentativo di eludere le indagini e di sottrarsi alle proprie responsabilità, a seguito di atti ispettivi eseguiti da personale dell’INPS o di attività di controllo poste in essere dai militari della Guardia di Finanza, alcuni indagati hanno addirittura simulato di interloquire direttamente con la citata Ghimpu.

Le laboriose indagini finanziarie effettuate sui numerosi conti correnti bancari ovvero sulle carte prepagate indicate nei moduli delle richieste per l’ottenimento delle indennità previdenziali, hanno consentito di accertare che i reali beneficiari delle erogazioni previdenziali da parte dell’INPS, unitamente a numerosi soggetti che non avevano prestato alcuna attività lavorativa e destinatari del sequestro preventivo, fossero gli stessi arrestati o loro familiari.

Lande desolate, chiesto il processo per Oliverio, Adamo e Bruno Bossio

Mario Oliverio, Enza Bruno Bossio e Nicola Adamo
Da sinistra Mario Oliverio, Enza Bruno Bossio e Nicola Adamo

La Procura della Repubblica di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio del presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, accusato di abuso d’ufficio e corruzione nell’ambito dell’inchiesta “Lande desolate”, della DDA, su alcuni appalti gestiti dalla Regione Calabria e che vedono al centro l’imprenditore romano Giorgio Ottavio Barbieri, ritenuto dai pm antimafia vicino al clan Muto di Cetraro.

Dall’inchiesta sono emersi presunti illeciti, in particolare, nella gestione da parte della Regione Calabria degli appalti riguardanti l’aviosuperficie di Scalea, l’ovovia di Lorica e il rifacimento di Piazza Bilotti, l’unica delle tre opere pubbliche che è stata portata a termine.

L’inchiesta, nel dicembre 2018, aveva portato all’emissione a carico di Oliverio di un provvedimento di obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore, dove risiede, poi revocato dalla Corte di Cassazione.

Il rinvio a giudizio è stato chiesto anche per l’ex vicepresidente della Regione Calabria, Nicola Adamo, e per la moglie di quest’ultimo, Enza Bruno Bossio, deputata del Pd, accusati di corruzione. L’udienza preliminare è stata fissata per il 17 ottobre.

Scontro auto-moto a Crotone, muore un ragazzo

ambulanzaUn giovane di 22 anni, Francesco Forte, è deceduto in un incidente stradale accaduto a Crotone, lungo la provinciale che dalla rotatoria di Passovecchio s’innesta sulla statale 106 jonica.

Forte, nel momento dell’incidente, era alla guida della sua moto che, per cause in corso d’accertamento, si è scontrata con un’automobile. La moto condotta da Forte, dopo lo scontro, è sbandata, finendo in un fosso.

Il giovane, malgrado indossasse il casco, è morto sul colpo. Ferito il conducente dell’auto coinvolta nell’incidente, portato dal 118 nell’ospedale di Crotone. I rilievi sul luogo dell’incidente sono stati effettuati dalla Polizia stradale di Crotone.

Caso ex hotel Miramare, condanna per ex assessore Reggio

Caso ex hotel Miramare, condanna per ex assessore Reggio
Archivio (Ansa)

L’ex assessore ai Lavori pubblici del Comune di Reggio Calabria, Angela Marcianò, è stata condannata ad un anno di reclusione (pena sospesa) per abuso d’ufficio e falso ideologico. La sentenza è stata emessa dal Gup reggino, Giovanna Sergi, nel processo col rito abbreviato.

La vicenda giudiziaria in cui è stata coinvolta l’ex assessore Marcianò riguarda l’affidamento in gestione dell’ex albergo Miramare, immobile di proprietà del Comune di Reggio, ad un imprenditore privato. L’accusa aveva chiesto per la Marcianò la condanna a dieci mesi di reclusione.

Nella stessa vicenda sono coinvolti il sindaco, Giuseppe Falcomatà; il vice sindaco Armando Neri; gli assessori Armando Muraca, Giuseppe Marino, Nino Zimbalatti e Saverio Anghelone; il segretario generale del Comune Giovanna Acquaviva; l’ex assessore all’Urbanistica Agata Quattrone e le dirigenti comunali Patrizia Nardi e Luisa Spanò. Per loro, che hanno scelto il rito ordinario , il processo é stato fissato per il prossimo mese di settembre.

Duplice omicidio di ‘ndrangheta nel Catanzarese, arrestati i presunti autori

Dopo 13 anni è stata fatta luce sull’efferato duplice omicidio, consumato nel catanzarese, di Massimiliano Falcone, classe ’74 e Davide Iannoccari, nato del 1982, entrambi uccisi a colpi di pistola il 20 novembre 2006.

I Carabinieri del comando provinciale di Catanzaro hanno notificato stamane un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a Salvatore Abbruzzo (alias Tubetto), di 42 anni e Francesco Gualtieri, detto Ciccio, di 39, ritenuti gli autori del duplice omicidio. I due, già condannati per mafia nell’ambito dell’inchiesta Jonny e per questo in cella a Lanciano e Terni, sono accusati di omicidio, reato aggravato dalle modalità mafiose.

Il provvedimento è stato emesso dal gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia nell’ambito di un procedimento penale le cui indagini sono state coordinate dal procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, dal procuratore aggiunto, Vincenzo Luberto, e dal sostituto, Debora Rizza.

Secondo quanto ricostruito, dopo l’uccisione di Falcone e Iannoccari, avvenuta nel territorio del comune di Taverna (Catanzaro) con l’esplosione di numerosi colpi di pistola calibro 9 (sei proiettili centrarono le vittime), i presunti autori del duplice delitto spostarono successivamente i cadaveri nelle campagne di Sorbo San Basile, con l’intento di distruggerli dandoli alle fiamme.

Stando sempre alle indagini, il movente del grave fatto di sangue sarebbe da ricondurre alla faida tra esponenti di gruppi criminali ‘ndranghetisti attivi nel comune di Roccelletta di Borgia e aree vicine, facenti capo al clan  allora in contrapposizione per l’esclusiva affermazione sul territorio di riferimento.

L’attività investigativa svolta dall’Arma provinciale di Catanzaro ha permesso di riscontrare con numerosi elementi le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.

I soggetti raggiunti dal provvedimento restrittivo si trovavano già in carcere poiché coinvolti nell’ambito dell’operazione denominata “Jonny”, in relazione alla quale, lo scorso 18 giugno, hanno riportato entrambi la condanna, emessa dal Tribunale di Catanzaro, alla pena di 12 anni di reclusione per il reato di associazione di tipo mafioso.

Assenteismo, furbetti all’ospedale di Molfetta. 12 arresti tra medici e impiegati

E’ di 30 indagati, di cui 12 arrestati e uno con obbligo di dimora, il bilancio di una indagine della Guardia di Finanza che ha svelato un sistema di “fraudolenta solidarietà” nel timbrare il cartellino per assentarsi dal lavoro, durante l’orario di servizio, all’Ospedale “Don Tonino Bello” di Molfetta (Bari).

Tra gli indagati figurano dirigenti medici, personale paramedico, impiegati amministrativi, tecnici manutentori e un soggetto esterno all’Azienda sanitaria locale.

I reati contestati, a vario titolo, sono truffa aggravata ai danni di un ente pubblico, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, abuso d’ufficio e peculato.

Elezioni in Grecia, trionfa la Destra di Kyriakos Mitsotakis. Finita l’era di Tsipras

Il nuovo premier greco Kyriakos Mitsotakis (Ansa/Epa)

Kyriakos Mitsotakis, leader 51enne del partito conservatore Nea Dimokratia, è il vincitore delle elezioni politiche in Grecia, dove domenica si sono tenute le consultazioni per il rinnovo del parlamento. Mitsotakis subentra come primo ministro ad Alex Tsipras, leader di Syriza.

Mitsotakis ha vinto con il 39,5% dei voti ottenenendo 158 seggi in Parlamento su 300 (la maggioranza è 151). Tsipras, che ha ammesso la sconfitta e si è complimentato con il vincitore, ha ottenuto il 31,3%.

L’esponente della destra greca potrà governare senza mediazioni, affrontando i problemi che ancora affliggono la Grecia anche dopo la fine dei programmi di aiuti, con i numerosi e stringenti obiettivi di bilancio costantemente monitorati dai creditori e dalla Troyka.

Oggi a Bruxelles, alla riunione dei ministri delle Finanze dell’Eurozona, la Grecia con il prossimo governo di centrodestra sarà tra gli argomenti all’ordine del giorno. Mitsotakis ha promesso agli elettori di rinegoziare l’avanzo primario richiesto dai creditori per alleggerirlo e usare i fondi in surplus per tagliare le tasse a partire dal 2020.

Il nuovo premier greco giurerà oggi nel primo pomeriggio e, fedele alla promessa di mettersi subito al lavoro fatta in nottata, già domani dovrebbe presentare la lista dei ministri.

La Grecia “rialzerà di nuovo la testa con orgoglio”, ha detto il vincitore delle elezioni e futuro premier greco Kyriakos Mitsotakis. Figlio dell’ex premier Konstantinos Mitsotakis, il neo primo ministro ha sottolineato che le elezioni gli hanno dato un forte mandato per il cambiamento, aggiungendo però che sarà il primo ministro di tutti perché i greci sono “troppo pochi per restare divisi. Non mancherò di onorare le speranze” del popolo greco, ha aggiunto il leader di Nea Dimokratia.

Rapina con omicidio, anziano ucciso dal nipote della badante bulgara

Lo hanno legato, selvaggiamente picchiato e ucciso. Poi, per cancellare tutte le tracce, hanno dato fuoco alla casa. E’ morto così, con il cranio e il torace fracassati, Andrea Mastrandrea, 75 anni, trovato riverso a terra nella sua abitazione in contrada Scarro di Filadelfia, in provincia di Vibo, il 20 giugno del 2013.

Sei anni dopo i Carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Vibo hanno risolto il mistero e individuato il presunto autore e il suo complice di un omicidio rimasto per lungo tempo irrisolto.

Nella notte dello scorso 4 luglio i militari dell’Arma sono infatti giunti all’aeroporto di Fiumicino (Roma) per eseguire il mandato di arresto europeo per omicidio, rapina ed incendio aggravato a carico di Vasil Naidenov Ivanov, detto “Vasco”, 29 anni, cittadino bulgaro, estradato in Italia su ordine del gip di Lamezia Terme, competente per territorio (Filadelfia ricade infatti nel distretto giudiziario lametino, ndr). Un’altra persona risulta indagata a piede libero. Si tratta di un altro bulgaro, Tihomir Antov Krasimirov, ritenuto dagli inquirenti complice e coautore dell’omicidio.

Secondo le risultanze investigative dei Carabinieri, che hanno raccolto diversi elementi di prova, alla base del delitto ci sarebbe un furto nell’abitazione della vittima. I due si sarebbero introdotti in casa dell’anziano con l’obiettivo di impossessarsi di una somma di denaro che l’uomo nascondeva in alcuni barattoli.

I due sarebbero però stati scoperti e prima di dileguarsi con un bottino imprecisato Ivanov avrebbe immobilizzato, violentemente pestato e ucciso Andrea Mastrandrea. L’uomo sarebbe stato colpito più volte al cranio e al torace provocandogli la frattura alle costole e allo sterno con conseguente emorragia che ha causato la morte.

Successivamente, per cancellare le prove, i due bulgari avrebbero dato fuoco alla mobilia causando un incendio spento dai vigili del fuoco intervenuti sul posto unitamente ai Carabinieri dopo essere stati allertati dal figlio che nel frattempo aveva fatto la tragica scoperta.

Del presunto assassino e del suo complice nessuna traccia. Per i militari, subito dopo aver commesso la rapina e l’omicidio avrebbero lasciato la Calabria per recarsi in Bulgaria. A loro due i Carabinieri del Norm sono arrivati dopo una serie di intercettazioni.

Ivanov è infatti il nipote dell’ex badante di Mastrandrea che da un paio di mesi aveva deciso di trasferirsi nella casa dove poi è stato ucciso per condurre una vita “più autonoma”. “Vasco” conosceva quindi bene le abitudini della vittima per la quale in qualche occasione aveva anche fatto da autista oltre ad aver ricevuto alcune somme di denaro.

Una volta delineato il quadro indiziario i militari di Vibo hanno quindi chiesto l’assistenza dell’Interpol e, in particolare, della Polizia bulgara per gli opportuni riscontri. E’ quindi risultato che Ivanov in patria fosse conosciuto come “personaggio la cui propria fonte di guadagno proveniva da azioni delittuose” con contatti con soggetti criminali.

Il gip del Tribunale di Lamezia Terme ha quindi disposto l’applicazione della misura cautelare in carcere per Vasil Ivanov nei confronti del quale sussistono “imperiose esigenze cautelari”. L’uomo è stato quindi estradato e tradotto in carcere a Rebibbia. Resta indagato a piede libero Tihomir Antov Krasimirov, per il quale il giudice ha rigettato l’arresto per “difetto di gravità indiziaria a suo carico”.

Filadelfia, rapina in villa con omicidio: arrestato un bulgaro

Rapina in villa con omicidio nel Vibonese, arrestato un bulgaro

I carabinieri di Vibo Valentia hanno arrestato all’aeroporto di Fiumicino un cittadino bulgaro di 29 anni, Vasil Naidenov Ivanov, detto “Vasco”, accusato di essere l’autore, assieme ad un complice, di una rapina in una villa avvenuta nel 2013 a Filadelfia, nel Vibonese, finita tragicamente con la morte di un uomo di 75 anni, Andrea Mastrandrea. L’estradizione è stata effettuata su ordine del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lamezia Terme.

I militari calabresi, unitamente a quelli romani, hanno arrestato l’uomo al suo arrivo in aeroporto. Tradotto nel carcere di Rebibbia, Ivanov, dovrà rispondere di omicidio, rapina ed incendio aggravato. Le indagini sono state condotte dai Carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Vibo Valentia. In mattinata verranno resi noti i dettagli dell’operazione.

Lamezia Terme ha il suo nuovo Vescovo: è monsignor Schillaci

insediamento del nuovo Vescovo di Lamezia Terme, mons. Giuseppe Schillaci
Un momento dell’insediamento del nuovo Vescovo di Lamezia Terme, mons. Giuseppe Schillaci

Monsignor Giuseppe Schillaci è stato ordinato Vescovo di Lamezia Terme e si è insediato stasera in Cattedrale. Schillaci, 61 anni, originario di Adrano (Catania), subentra a monsignor Luigi Antonio Cantafora, che ha retto la Diocesi lametina negli ultimi 15 anni.

“E’ con lo sguardo di Gesù Cristo – ha detto il nuovo vescovo in occasione della concelebrazione di ordinazione episcopale – che dovremmo provare a guardare la nostra storia, tutta la nostra umanità. Lasciamoci raggiungere da questo sguardo, il Suo, per guardare in Lui, con Lui, per Lui”.

“Siamo suoi discepoli e – ha proseguito il vescovo – come tali vogliamo prima di tutto pensarci; avviciniamoci a Cristo, per seguirlo ed imparare da Lui. È il Vangelo che bisogna ascoltare; è con il Vangelo che occorre misurarsi – ha concluso il presule – ed è con il Vangelo che bisogna fare i conti, non per scoraggiarsi, ma al contrario per ritrovare freschezza, energia, entusiasmo”.

Il Vescovo di Mileto decreta soppressione Fondazione di Natuzza Evolo

Il Vescovo di Mileto decreta soppressione Fondazione di Natuzza Evolo

Il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo, ha firmato il decreto di soppressione canonica della Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime”, ente morale voluto dalla mistica di Paravati Natuzza Evolo, deceduta nel novembre 2009 e per la quale è stata aperta dal Vaticano la causa di beatificazione.

La decisione del vescovo fa seguito al rifiuto da parte della Fondazione di modificare lo Statuto secondo alcune richieste provenienti anche dalla Santa Sede. Da ultimo la Fondazione ha rifiutato la richiesta di comodato d’uso alla diocesi dell’edificio di culto completato da anni a Paravati di Mileto ed in attesa di essere consacrato.

Il vescovo ha quindi soppresso la Fondazione revocando l’assenso necessario ai fini della richiesta di riconoscimento della personalità giuridica dell’ente cui seguirà la comunicazione per la cancellazione dal Registro degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti.

Omicidio Pagliuso, Cassazione annulla con rinvio ordinanza Tdl di Scalise

Omicidio Pagliuso, Cassazione annulla con rinvio ordinanza di Scalise
Luciano Scalise

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza con cui il Tribunale della libertà di Catanzaro aveva rigettato la richiesta di revoca dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip distrettuale del capoluogo calabrese a carico di Luciano Scalise, di 41 anni, accusato di essere stato il mandante dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso, di 43 anni, avvenuto a Lamezia Terme il 9 agosto del 2016.

La decisione è stata presa in accoglimento del ricorso presentato dai difensori di Scalise, gli avvocati Piero Chiodo ed Antonio Larussa. Scalise, imprenditore edile ma accusato dalla Dda di Catanzaro di essere un esponente della ‘ndrangheta, resta comunque detenuto con l’accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso contestatagli nell’ambito dell’operazione “Reventinum”, eseguita nel gennaio scorso.

Dell’esecuzione materiale dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso è accusato Marco Gallo, di 33 anni, presunto killer di professione, tuttora detenuto anche per l’omicidio di Gregorio Mezzatesta, avvenuto il 24 giugno 2017 davanti le ferrovie della Calabria, a Catanzaro, e del fruttivendolo Berlingieri.

Gregorio Mezzatesta era il fratello di Domenico Mezzatesta, l’uomo che nel gennaio del 2013 insieme al figlio Giovanni si rese responsabile del duplice omicidio in un bar di Decollatura, in cui vennero uccisi Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo, considerati vicini agli Scalise. A difendere i Mezzatesta fu l’avvocato Pagliuso, che riuscì a far annullare l’ergastolo a padre e figlio.

Il fatto che Pagliuso avrebbe assunto la difesa degli “avversari” non sarebbe stato gradito a Luciano Scalise, il quale, secondo la Dda, avrebbe assoldato Marco Gallo per uccidere prima il legale, poi il dipendente della Fdc.

La faida del Reventino tra gli Scalise e i Mezzatesta venne fermata il 10 gennaio 2019 dall’inchiesta della Dda “Reventinum”, con cui vennero azzerati i vertici dei clan. Prima della “scissione” entrambe le cosche facevano parte del Gruppo storico della Montagna, attivo nell’area del Reventino compresa tra i comuni di Soveria Mannelli, Decollatura, Platania, Serrastretta e territori limitrofi del catanzarese in cui, prima di rendersi autonomi, erano egemoni i clan storici lametini dei “Giampà” e dei “Iannazzo–Cannizzaro–Daponte”.

Arrestato a Fiumicino, Gianni Siciliano, re delle truffe online

Arrestato a Fiumicino, Gianni Siciliano, re delle truffe online

E’ terminata in un supermercato nei pressi di Fiumicino, la latitanza di Gianni Siciliano, di 37 anni, originario della provincia di Cosenza e considerato un vero e proprio “re delle truffe online”, tanto da aver collezionato negli anni numerose condanne definitive, anche per il reato di associazione per delinquere, il cui cumulo ha fatto scattare l’ordine di esecuzione di pene concorrenti, emesso a suo carico dalla Procura della Repubblica di Roma nell’ottobre del 2014 ed al quale il Siciliano era riuscito a sottrarsi fino all’epilogo odierno.

Agenti della Polizia postale di Cosenza e Roma, e i carabinieri di Torano Castello e Fiumicino, coordinati dalla Procura della Repubblica di Cosenza lo hanno infatti scovato e arrestato all’interno del Centro commerciale “Parco Leonardo” di Fiumicino mentre, dopo avere effettuato la spesa al supermercato, si stava dirigendo indisturbato verso la propria abitazione sita nelle vicinanze, all’interno dello stesso Parco.

Separato e padre di una figlia, si è messo in luce fin dall’inizio della propria “carriera” quale abile utilizzatore delle opportunità offerte dall’era digitale per realizzare truffe attraverso i siti dedicati all’e-commerce, creandosi false identità di venditore, nella convinzione di poter mantenere l’anonimato e di non essere mai identificato.

In una prima fase, secondo la ricostruzione degli inquirenti, ingaggiava i compratori tramite il portale eBay, che ai tempi rappresentava il primissimo sistema di vendita online. Successivamente veniva accertato il suo coinvolgimento anche in una importante operazione di polizia giudiziaria, denominata “Mach Point”, che aveva permesso di smantellare un’organizzazione criminale attiva nel settore dell’hacking, della contraffazione di carte di credito e delle truffe on-line, per poi dedicarsi alla pratica di ingannare ignari ed ingenui acquirenti tramite il portale subito.it.

In esito alle indagini condotte dalla Polizia di Stato e dall’Arma dei Carabinieri a seguito di numerosissime denunce sporte dalle vittime, il “re delle truffe informatiche”, come viene definito dagli investigatori, veniva, in pochi anni, indagato nell’ambito di procedimenti aperti da varie Procure della Repubblica di tutt’Italia, da cui scaturivano ben otto condanne definitive per i reati di associazione per delinquere, rapina, ricettazione, riciclaggio, truffa e altro, per un totale di oltre 40 capi d’imputazione contestati e che confluivano nell’ordine di esecuzione per la pena complessiva di 5 anni e sei mesi di reclusione, eseguito oggi dalla Polizia Postale di Cosenza e dai Carabinieri di Torano Castello, sotto le direttive del pm della procura bruzia Maria Luigia D’Andrea.

Dalle indagini della Procura della Repubblica di Cosenza è emerso peraltro che Siciliano, anche durante la latitanza, avrebbe continuato ad operare nel settore delle truffe online, utilizzando schede telefoniche e carte di credito intestate a terzi soggetti, per porre in vendita su internet pezzi di ricambi per auto, elettrodomestici di ogni genere, cani e gatti di ogni razza e tanti altri beni, riscuotendo il prezzo pattuito tramite le ricariche effettuate dalle vittime che, ovviamente, non ricevevano in cambio il bene acquistato. Sono tuttora al vaglio degli investigatori centinaia di casi nei quali si ritiene plausibile il coinvolgimento di Siciliano e che, insieme a quelli già definiti con sentenze, fanno ipotizzare un danno complessivo per le vittime quantificabile in centinaia di migliaia di euro.

Con l’operazione interforze “Prova a prendermi 3.0” è terminata quindi la latitanza di Gianni Siciliano ma, si ritiene, sia stato anche posto un freno ad un’attività criminale attuale e redditizia, che ha visto negli anni raggirate e danneggiate numerose vittime in varie parti d’Italia.

Ong tedesche riprovano a portare migranti in Italia. Salvini: “Una provocazione”

Ong tedesche riprovano a portare migranti in Italia. Salvini: Una provocazioneDopo il caso della Sea Watch è nuovo scontro tra il Governo italiano e le Ong Mediterranea e Sea Eye le cui navi hanno prelevato decine di migranti in Libia e si sono dirette verso l’Italia, ferme a qualche miglia da Lampedusa. In un primo momento c’era un accordo con il governo di Malta. La Valletta era disponibile a farsi carico dei migranti su una delle navi, la Alex, mentre l’Italia doveva accollarsi quelli sulla Alan Kurdi.

Un’intesa poi saltata con le Ong che chiedevano “garanzie”. A chiudere l’accorso il fatto che la Mediterranea voleva trasbordare i migranti su motovedette maltesi ma a patto che l’imbarcazione non entrasse in porto. Quasi certo il sequestro.

Salvini ha invitato le ong a dirigersi verso Malta e scrive al collega ministro dell’Interno tedesco Seehofer. Per il vicepremier la Ong che rifiuta Malta è una provocazione. La replica: “Nessun rifiuto, vogliamo garanzie”, fanno sapere.

“Non abbiamo rifiutato La Valletta come porto sicuro ma in queste condizioni è impossibile affrontare 15 ore di navigazione. Siamo in attesa di assetti navali italiane o maltesi che prendano a bordo queste persone”. Così Alessandra Sciurba, portavoce di Mediterranea Saving Humans, da bordo della Alex, replica al Viminale.

Mediterranea, secondo fonti del Viminale, rifiuta l’offerta dell’Italia di trasbordare gli immigrati per condurli a Malta a condizione che in porto entri anche l’imbarcazione della ong Alex. La Ong propone di fermarsi, trasbordare gli immigrati su altre imbarcazioni messe a disposizione da Roma o La Valletta e invertire la rotta a circa 15 miglia nautiche da Malta (acque internazionali). Il Viminale giudica la proposta della ong “una provocazione”.

Per il Viminale “Mediterranea pone una serie di condizioni che appaiono finalizzate a sottrarsi a qualsiasi forma di controllo anziché a salvaguardare le persone a bordo. Questa impressione è rafforzata dalla espressa richiesta di essere sottratta a qualsiasi ‘azione coercitiva’ da parte di Malta o Italia, prefigurando una sorta di impunità”.

“Con 65 persone soccorse a bordo ci stiamo dirigendo verso Lampedusa. Non siamo intimiditi da un ministro dell’Interno ma siamo diretti verso il più vicino porto sicuro. Si applica la legge del mare, anche quando qualche rappresentante di governo rifiuta di crederlo”. Così Sea Eye in un tweet, sulla rotta presa dalla nave Alan Kurdi.

California, forte scossa di terremoto magnitudo 7.1. Danni, incendi e feriti

Un’altra forte scossa di terremoto, questa volta di magnitudo 7.1, ha colpito venerdì sera (le 5.19 di stamane in Italia) il sud della California dopo quella di giovedì che aveva una intensità di 6.4.

Il sisma è stato registrato a 17,6 km da Ridgecrest, la stessa località colpita da quello di giovedì, ad una profondità di 17 chilometri.

Il sisma, che è stato avvertito anche in altri stati americani, e in Messico, è stato distintamente avvertito a Los Angeles e San Francisco, a circa 200 km dall’epicentro, e San Josè, a 400 km.

I vigili del fuoco – ne sono stati mobilitati oltre 1.000 – parlano di diversi feriti e incendi. Si tratta del più forte terremoto mai registrato nello Stato negli ultimi 20 anni: secondo l’Istituto geofisico americano (Usgs) è stato avvertito anche in Messico.

Nella notte sono state registrate decine di scosse di assestamento tra i 3 e oltre i 5 gradi della scala Richter. Panico e gente in strada. Si temono danni.

A Ridgecrest, scrive la CNN, sono scoppiati molti incendi. Segnalati diversi feriti. La contea ha attivato un centro operativo di emergenza. Quasi 2.000 persone sono senza corrente, hanno detto i funzionari locali.

I vigili del fuoco della contea di San Bernardino hanno dichiarato di aver ricevuto più segnalazioni di danni anche dalle comunità nordoccidentali. “Le case si sono spostate, vi sono crepe nelle fondamenti, nei muri di contenimento”, ha detto il dipartimento.

3 chili di droga nel garage, la Polizia di Catanzaro arresta due giovani

La Squadra Mobile di Catanzaro ha arrestato due persone con l’accusa di possesso di droga ai fini di spaccio. Dei due, trovati con quasi 3 kg di marijuana, sono state fornite solo le iniziali. Si tratta di C.V., di 28 anni, e C.D., di 18, entrambi catanzaresi e con precedenti. Nello stesso contesto è stato denunciato in stato di libertà per lo stesso reato M.S., di 29 anni, già noto per reati specifici.

Gli arresti sono scattati dopo una perquisizione in un garage in uso ai tre, in cui i poliziotti hanno trovato un borsone con all’interno alcune buste contenenti un totale complessivo di oltre 2,7 chili di marijuana.

Inoltre, all’interno di una delle due tasche esterne del borsone, è stato rinvenuto e sequestrato un bilancino digitale di precisione. La perquisizione, estesa anche all’autovettura, ha consentito di trovare, occultata all’interno della base del cambio, un involucro con quasi 50 grammi di cocaina.

La locale Procura della Repubblica ha disposto per entrambi gli arresti domiciliari. Il ventinovenne è stato denunciato in stato di libertà per lo stesso reato, poiché da accertamenti, è risultato essere il locatario del garage dove è stata rinvenuta la sostanza stupefacente.

Ruba incasso in un centro scommesse, arrestato

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I carabinieri di Crotone hanno arrestato un 31enne per furto aggravato. I militari sono intervenuti in un Centro scommesse del centro cittadino dopo la segnalazione del furto di parte dell’incasso.

Giunti sul posto, i carabinieri sono stati informati che un uomo, approfittando di un momento di distrazione del proprietario, si era impossessato di mille euro contenuti nella cassa, fuggendo subito dopo.

Dalla descrizione fornita dalla vittima, i militari sono riusciti a risalire al 31enne. Diramate le ricerche, l’uomo è stato rintracciato poco dopo nella propria abitazione con ancora i mille euro. L’uomo, su disposizione del pubblico ministero di turno della Procura di Crotone, è stato posto agli arresti domiciliari.

Cremona, sgominata la baby gang dei bulli social: 7 arresti e 18 indagati

Violenza al solo scopo di divertirsi, forse di sfuggire dalla noia: nella città di Cremona, una baby gang composta da veri e propri “bulli social”, una trentina di giovani, di età compresa tra i 15 e i 18 anni, ha imperversato per mesi, prendendo di mira giovanissimi e scatenando decine di episodi di violenza, con un modus operandi già prestabilito: “la provocazione verbale di uno della banda nei confronti della vittima designata, con una reazione da parte di quest’ultima, anche solo verbale e quindi scatta la vendetta, un attacco di gruppo a suon di pugni”.

Ragazzi uniti e strutturati in branco che volontariamente per mesi, hanno agito in modo violento prendendo di mira persone e tutto ciò che li circondava. Umiliazioni, denigrazioni, violenze fisiche, contro coetanei o giovani ragazzi non in grado di difendersi. Comportamenti sempre più cruenti tanto da richiamare l’efferatezza delle gang latine, sempre più distruttivi verso l’altro.

I Carabinieri della Compagnia di Cremona, però, dopo avere raccolto alcune segnalazioni di professori, presidi e molti genitori preoccupati, in breve tempo, hanno individuato il gruppo di ragazzi, che proprio per la gravità dei reati di cui sono indiziati, tra cui rapina e tentata estorsione, sono stati arrestati, quali destinatari di 7 misure cautelari (4 in carcere e tre ai domiciliari), nonché ulteriori 18 denunce in stato di libertà per altri reati in concorso di atti persecutori, spaccio di sostanze stupefacenti, danneggiamento e risse.

Un’attività che ha permesso di identificare 25 giovani studenti cremonesi, dai 15 ai 18 anni. Un branco composto prevalentemente da minorenni, ma che per la presenza di qualche 18enne, è stato necessario un’attività d’indagine condivisa tra Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Brescia, con i pm Emma Avezzu’ e Lara Ghirardi e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cremona con il pm  Vitina Pinto.

Inoltre a carico del “branco”, coadiuvati a seconda dell’occasione da altri coetanei, non compresi tra i 7 arrestati, sono stati accertati diversi episodi di danneggiamento, vandalismo, atti persecutori, risse, lesioni e spaccio di sostanze stupefacenti, ai danni di altri giovani studenti cremonesi, dagli stessi “ripresi, postati, pubblicati, commentati…su di una pagina del social network “Instagram” con denominazione “Cremona.Dissing”, (tradotto vuol dire insultare, sparlare, discriminare cremonese o anche “dissenso cremonese”) alla quale vi era collegato un link all’applicazione “ThisCrush”, la quale permetteva di partecipare ad una chat esclusivamente accessibile ai gestori della pagina e a coloro che la “seguivano”.

Una pagina che era diventata un vero e proprio palcoscenico, in cui i componenti del branco “vivevano” rendendo direttamente pubblico il loro operato, anche come sfida aperta alle autorità, e per essere rinforzati dai “mi piace” della rete che li rendeva ancora più onnipotenti.

Nella pagina “Cremona.dissing”, venivano pubblicati i video delle risse, nonché venivano pubblicate le vignette ritraenti la Pizza Marconi di Cremona, assimilata ad un ring per incontri di box, con la scritta “the ring is for boy”, che tradotto significa “il ring è per ragazzi” e sull’immagine della predetta Piazza “This Ring is for real man” che tradotto significa “questo ring è per uomini veri”.

Nel corso del monitoraggio della chat si è evidenziato il motivo dell’utilizzo delle relative discussioni, anche come “propaganda”, utilizzando ad esempio, personaggi pubblici o noti al pubblico, con la scritta “Membri di Cremona.dissing mentre aspettano il prossimo Jump”. La terminologia gergale “Jump”, “Jumpare”, veniva utilizzata per fare riferimento alle aggressioni messe in atto dai componenti della pagina “Cremona.dissing”, sostanzialmente Jump ovvero salto italianizzato in “jumpare” sta a significare “saltiamo addosso ad una persona”.

La chat di Instagram è stata utilizzata per pubblicare vignette di schermo verso persone di altri comuni della zona, quali Piadena, Persichello, Casalmaggiore, Ostiano e San Giovanni in Croce e Castelvetro Piacentino, facendo riferimento a scontri avvenuti con persone residenti in questi centri.

Quinta Bolgia, scarcerazione indagato confermata dalla Cassazione

Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta, ha reso note le motivazioni a sostegno del provvedimento di rigetto del ricorso avanzato dalla Procura della Repubblica di Catanzaro contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Catanzaro che, in data 6 dicembre 2018, aveva restituito la libertà al dr. Giuseppe Luca Pagnotta, coinvolto nell’operazione Quinta Bolgia del novembre 2018.

In estrema sintesi i fatti: Giuseppe Luca Pagnotta (da tutti conosciuto come Gianluca) era stato arrestato dalla Guardia di Finanza a seguito di ordinanza cautelare emessa dal Gip di Catanzaro su richiesta della locale Procura.

Nell’ambito dell’operazione, infatti, Pagnotta era accusato di corruzione per aver compiuto un atto contrario ai doveri d’ufficio nell’ambito della procedura amministrativa di affidamento del servizio ambulanze su chiamata e occasionale, bandita dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro.

Il Tribunale della Libertà, accogliendo le tesi difensive sostenute da copiosa documentazione e da indagini difensive, aveva ritenuto insussistenti gli indizi che avevano condotto all’arresto e, anzi, aveva verificato l’assoluta correttezza dell’attività realizzata da Pagnotta.

I rilievi contenuti nel ricorso per cassazione avanzato dalla Procura di Catanzaro, vagliate dalla Suprema Corte, sono state ritenute infondate, sì da determinare il totale rigetto del ricorso. La Cassazione, infatti, ha ribadito la correttezza e la logicità dell’argomentare del Tribunale del Riesame, evidenziando ancora l’insussistenza di un qualsivoglia atto illecito compiuto dal Pagnotta posteriormente alla presunta illegale dazione corruttiva.

La difesa, rappresentata dagli avvocati Saverio Pittelli e Carlo Petitto, esprimendo “piena soddisfazione per il provvedimento, auspica che l’autorevole pronunciato della Suprema Corte, che conferma i granitici assunti del Tribunale della Libertà, sia predittivo – spiegano i legali – della definitiva estromissione del dr. Gianluca Pagnotta da tale vicenda penale, per lui profondamente triste ed angosciosa”.

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