11 Ottobre 2024

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Denaro in prestito con interessi usurai, arrestati marito e moglie

Denaro in prestito con interessi usurai, arrestati marito e moglie

Usura ed esercizio abusivo del credito. E’ questa l’accusa che ha portato ieri all’arresto di una coppia di coniugi a Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria.

In carcere è finito Giuseppe Managò, imprenditore agricolo 47enne, del posto, mentre ai domiciliari è stata posta la moglie Maria Calipari (43). Il provvedimento, eseguito da carabinieri e finanzieri, è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palmi su richiesta del pm Giorgio Panucci, della locale Procura.

Le indagini avviate nel luglio 2017 e sviluppate nell’inchiesta “Prima alba bis”, del gennaio 2019, avrebbe permesso di verificare che Managò – seppur già detenuto in carcere per tentata estorsione nell’ambito della prima operazione -, secondo l’accusa si sarebbe avvalso della moglie al fine di prestare importanti somme in denaro contante ad una molteplicità di persone, alcune delle quali in gravissima difficoltà economica, pretendendo da questi rate mensili di restituzioni del capitale, talora gravate da interessi più o meno fissati nel tasso del 20% annuo.

È stato inoltre disposto il sequestro preventivo di un importo totale di 20.000 euro. L’uomo – spiegano gli inquirenti – sarebbe il “prosecutore di una ventennale attività di esercizio abusivo del credito, quale tradizione di famiglia”.

Giochi illegali, multe salate a Isola e Le Castella. Chiusi locali sporchi

Giochi illegali, multe salate a Isola e Le Castella. Chiusi locali sporchi

Personale della Questura di Crotone, nell’ambito di servizi amministrativi e commerciali volti alla prevenzione e repressione del gioco illegale e non solo, hanno operato diversi controlli nel comune di Isola di Capo Rizzuto e nella frazione di Le Castella elevando multe salate, sequestrando giochi elettronici e disponendo la chiusura di esercizi carenti sul piano igienico sanitario.

A Isola, all’esito di controlli in quattro esercizi i poliziotti hanno elevato sanzioni amministrative per un ammontare di 103.000 euro e sequestrato 15 postazioni internet, nonché Totem elettronici non adeguate alla normativa.

Sempre a Isola, poi anche a Le Castella, insieme a personale dell’Asl di Crotone, gli agenti hanno effettuato altri controlli amministrativi elevando sanzioni per un totale di oltre 50 mila euro nonché sequestrato altri Totem illegali posti nel retro di un bar dove c’erano persone che stavano giocando.

Dopo un’ispezione dell’Asl pitagorica in alcuni locali, si è inoltre provveduto alla chiusura di un laboratorio e di due depositi di generi alimentari per mancanza dei requisiti igienico sanitari.

Gerardo Dominijanni nominato procuratore vicario di Reggio Calabria

Il magistrato Gerardo Dominijanni

Il Procuratore della Repubblica aggiunto di Reggio Calabria, Gerardo Dominijanni, è stato nominato Procuratore vicario. La nomina è stata decisa dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri.

La nomina di Dominijanni, secondo quanto è detto nel provvedimento emesso dal Procuratore Bombardieri, è stata disposta “in considerazione dell’opportunità di procedere, ad oltre un anno dall’insediamento del Procuratore della Repubblica, all’individuazione, tra i Procuratori della Repubblica aggiunti in servizio, del magistrato destinato ad esercitare le funzioni di Procuratore in caso di mancanza o impedimento del titolare”.

Nel provvedimento, inoltre, si fa riferimento al fatto che “la reggenza o supplenza nella direzione dell’Ufficio è stata assicurata, sino ad ora, dal Procuratore aggiunto Dominijanni, magistrato con maggiore anzianità nel ruolo”. Gli altri Procuratori aggiunti a Reggio Calabria sono Gaetano Paci e Giuseppe Lombardo. (Ansa)

Bici si scontra con un furgone, muore un 51enne a Vibo

Bici si scontra con un furgone, muore un 51enne a ViboUn uomo di 51 anni, Francesco Mandaradoni originario di Bivona, frazione di Vibo Valentia, è morto in un incidente stradale avvenuto ieri lungo la strada provinciale che collega Briatico a Zambrone.

L’uomo si trovava a bordo di una bicicletta quando, per cause ancora in corso di accertamento, è stato investito da un furgone.

Fatale l’impatto. Sul posto i sanitari del 118 di Vibo Valentia che non sono riusciti a strapparlo alla morte. I carabinieri hanno effettuato i rilievi ed hanno avviato indagini per accertare eventuali responsabilità sul sinistro mortale.

Scandalo Analytica, stangata da 5 miliardi di dollari a Facebook

Mark Zuckerberg
Mark Zuckerberg

Una stangata da 5 miliardi di dollari si abbatte su Facebook per aver violato le norme sulla privacy nel caso Cambridge Analytica. La multa – secondo quanto riporta il Wall Street Journal – è stata decisa dalla Federal Trade Commission (Ftc), l’autorità del settore, ed è la più grande mai comminata contro una società hi-tech.

L’authority aveva cominciato ad indagare nel marzo del 2018 quando fu scoperto che Cambridge Analytica per scopi politici era venuta in possesso dei dato di circa 87 milioni di utenti Facebook.

Finora la multa più salata contro un’azienda hi-tech per violazione della privacy era quella inflitta a Google nel 2012, pari a circa 22,5 milioni di dollari. Facebook aveva già accantonato nei conti del primo trimestre dell’anno una cifra di 3 miliardi di dollari per far fronte alla prevista sanzione.

La decisione di punire il re dei social è stata presa a maggioranza dalla Ftc, con i repubblicani che hanno votato a favore e i democratici contro. Sarà ora all’esame del Dipartimento di giustizia.

In casa troppi arrestati, giudice spedisce un ladro in carcere

In casa troppi arrestati, giudice spedisce un ladro in carcere

Domenica scorsa avevano approfittato dell’assenza dei proprietari per depredare un appartamento di Viale Isonzo, a Catanzaro. Scoperti dallo stesso proprietario che aveva chiamato il 113, nella fuga due erano stati arrestati dalle volanti intervenute sul posto.

Nelle fasi concitate dell’arresto, uno dei due, Sergio Bevilacqua, è stato trasportato in ospedale per le ferite riportate saltando dal primo piano della casa mentre fuggiva e per tale ragione il magistrato di turno aveva disposto il trattenimento dell’uomo in ospedale, in attesa dell’udienza di convalida dell’arresto.

Il giudice Matteo Ferrante dopo aver convalidato l’arresto ha disposto gli arresti domiciliari. Fin qui nulla di strano se non fosse che, terminata la degenza ospedaliera, gli Agenti delle Volanti, all’atto dell’esecuzione della misura, si sono accorti che presso la residenza di Sergio Bevilacqua, vi erano già altre tre persone sottoposte alla detenzione domiciliare.

A questo punto la Polizia ha contattato l’organo giudiziario per spiegare la situazione, e il giudice, ritenuta l’assoluta inidoneità dell’abitazione quale luogo per fruire degli arresti domiciliari ed in mancanza di un domicilio alternativo, ha disposto per Bevilacqua la misura cautelare in carcere.

“Tiro a segno” sui lampioni a Capodanno, arrestati i responsabili

Uno preso in Belgio. I due, Carmelo De Velli e Antonio Candidofiore, sono ritenuti gli autori degli spari contro gli impianti di illuminazione a Mammola durante lo scorso capodanno

Questa mattina, a Mammola (Reggio Calabria) e La Louviere (Belgio), i Carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Roccella Jonica, coadiuvati dai colleghi della Polizia Belga, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere ed un mandato di arresto europeo emessi dal Giudice presso il Tribunale di Locri nei confronti di due giovani Mammolesi ritenuti responsabili di danneggiamento aggravato in concorso, detenzione e porto di armi comuni, da guerra e clandestine.

Si tratta del ventiseienne Carmelo De Velli e di Antonio Candidofiore, 27 anni, entrambi con precedenti di polizia, quest’ultimo attualmente residente in Belgio.

I due giovani sono ritenuti responsabili del danneggiamento di numerosi lampioni avvenuto a Mammola la notte di capodanno 2018, mediante l’uso spavaldo di un fucile a pompa ed una pistola semiautomatica lungo le strade del paese.

Le indagini, condotte sotto la direzione della Procura della Repubblica di Locri, partirono dall’arresto in flagranza di reato di Carmelo De Velli per il danneggiamento a colpi d’arma da fuoco del “Rumble’s pub” il 3 febbraio 2018 a Marina di Gioiosa Jonica.

I successivi approfondimenti investigativi, finalizzati a ricostruire eventuali responsabilità in altri analoghi eventi delittuosi verificatisi in precedenza, hanno consentito di acquisire importanti fonti di prova sul pieno coinvolgimento di De Velli e Candidofiore nei danneggiamenti di capodanno 2018.

Ora i due giovani dovranno rispondere di danneggiamento aggravato in concorso, detenzione e porto di armi comuni, da guerra e clandestine, tra le quali un fucile Taurus e una pistola semiautomatica Skorpion.

Ai due viene anche contestato l’illegittimo esercizio venatorio ai danni di specie protette. Carmelo De Velli, già agli arresti domiciliari per il danneggiamento del “Rumble’s pub”, è stato tradotto presso il carcere di Locri mentre Antonio Candidofiore si trova tutt’ora presso il presidio di Polizia Locale di La Louviere.

Omicidio Chindamo, “killer con un cappellino bianco”. Spunta un testimone

A sinistra l’indagato Salvatore Ascone e la vittima Maria Chindamo. In strada gli investigatori fanno portare via l’auto della donna

Spunta un testimone nella vicenda di Maria Chindamo, l’imprenditrice rapita (e poi uccisa) la mattina del 6 maggio all’ingresso della sua tenuta agricola a Limbadi, e i cui sviluppi investigativi hanno portato giovedì all’arresto del 53enne Salvatore Ascone, accusato dagli inquirenti di omicidio in concorso con un suo operaio e con persone al momento ignote, ossia autori e mandanti del crimine.

Il teste, insieme all’operaio romeno dipendente della vittima, avrebbero rivelato dettagli importanti quanto inediti. Il primo particolare svelato dall’operaio romeno della Chindamo, Emilov Sasho Dimitrov, è che quella mattina avrebbe notato una persona che indossava un “cappellino bianco”.

Sarebbe lui l’aggressore di Maria Chindamo che ha agito “con certezza fra le ore le 7.10 e le 7.15 del mattino del 6 maggio 2016”, riporta “Il Vibonese” citando passaggi dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Vibo Valentia, Giulio De Gregorio, nei confronti di Ascone.

Altro elemento rilevante ed inedito, la presenza di un’auto che si sarebbe dileguata subito dopo il rapimento di Maria Chindamo allontanandosi dal luogo della scomparsa, ovvero il cancello della sua azienda agricola in località Montalto, contrada Carini, di Limbadi. Questa auto avrebbe fatto da “palo” nelle fasi del rapimento della donna.

Più precisamente, Emilov Sasho Dimitrov ha raccontato agli investigatori che alle ore 6.30 del 6 maggio 2016 aveva messo in moto i mezzi agricoli per verificarne la funzionalità in vista del trattamento che doveva essere effettuato sulle piante di kiwi.

Il romeno – scrive ancora Il Vibonese – non aveva avuto così modo di sentire alcun rumore sospetto poiché “coperto” da quelle delle macchine in moto. Lo stesso aggiungeva però di aver tentato di contattare via telefono Maria Chindamo alle ore 7.15 non vedendola arrivare e che la donna aveva l’abitudine di arrivare nella sua proprietà intorno alle ore 7.00.

Non avendo ricevuto risposta, Dimitrov si era portato sulla stradina d’ingresso del terreno, giungendo a notare l’autovettura – una Dacia Duster – di Maria Chindamo dietro il cancello chiuso.

E’ a questo punto che Dimitrov precisa agli inquirenti una circostanza sinora inedita. Giunto infatti “ad avere la prospettiva visiva sul luogo ove si trovava l’autovettura, aveva scorto un uomo con un cappellino bianco nelle vicinanze della macchina di Maria Chindamo il quale – rimarca il gip – appena visto il romeno si dileguava”.

Avvicinatosi all’ingresso ed alla macchina di Maria Chindamo, Dimitrov aveva notato che la stessa era con il motore acceso e sulla carrozzeria erano visibili delle tracce di sangue sulla carrozzeria.

L’operaio decideva così di telefonare a Vincenzo Chindamo, fratello di Maria per segnalare l’assenza della donna e le circostanze anomale riscontrate. Per i magistrati ci si trova dinanzi ad un omicidio non mafioso ma inquadrabile in una “questione privata, da approfondirsi nella sua sfera strettamente personale o in quella della sua attività commerciale”.

Ciò non esclude – si legge ancora sul quotidiano – in ogni caso che l’esecuzione materiale sia “stata compiuta da persone avvezze a tali azioni, come ve ne sono – annota il gip – negli ambienti della criminalità locale”. Si è trattato quindi di una “brutale esecuzione, organizzata – spiega il giudice – con un agguato in piena regola”.

Vi è poi un testimone che ha dichiarato ai carabinieri di aver notato, mentre transitava in auto alle ore 7.10 da Montalto in direzione Rosarno, un fuoristrada che da una stradina laterale si immetteva sul rettilineo e procedeva verso Rosarno, più una macchina “di piccole dimensioni e di colore nero la quale, inizialmente parcheggiata lungo il bordo sinistro della strada, faceva una rapida inversione di marcia allontanandosi da una macchina bianca vicino a cui era parcheggiata, per attraversare l’incrocio ed inserirsi in una stradina interpoderale che costeggia i campi da golf dove andava a sostare”.

Per gli inquirenti e il gip, il movimento dell’auto nera percepito dal testimone “proprio in coincidenza temporale con l’attuazione dell’agguato sfociato nella commissione del delitto di Maria Chindamo conduce a ritenere che l’autovettura nera avesse la funzione di “palo” o di auto-vedetta con la quale vengono solitamente perpetrati gli attentati o viene comunque commessa un’azione delittuosa”.

Per il gip ci si trova in ogni caso dinanzi “ad un agguato in piena regola, pianificato in tutti i suoi dettagli” come dimostra la circostanza che Maria Chindamo non era solita recarsi ogni giorno nella sua azienda agricola e la notizia che proprio quella mattina si sarebbe recata a Limbadi era conosciuta solo da poche persone.

Riporta ancora Il Vivonese che ha visionato l’ordinanza del gip, che l’indagato non avrebbe manomesso solo la telecamera della propria villetta posta dinanzi al cancello dell’azienda agricola di Maria Chindamo, ma anche un impianto di videosorveglianza pubblico posizionato dalla polizia è stato disinstallato.

Salvatore Ascone è quindi accusato non solo di aver manomesso l’impianto di videosorveglianza della propria abitazione di località Montalto, contrada Carini, di Limbadi in modo tale da favorire gli autori del rapimento dell’imprenditrice di Laureana di Borrello caricata con la forza su un’altra auto, ma pure di aver incaricato Emanuele Mancuso – dallo scorso anno passato fra i collaboratori di giustizia – a disinstallare una telecamera pubblica posizionata da tempo al bivio fra Mileto e Rosarno.

Mancuso ha reso dichiarazioni in cui rivela come Ascone fosse ossessionato dalla videosorveglianza. Aveva la “mania” degli impianti video della sua proprietà, e ogni qualvolta si verificava un problema era solito chiamare subito il tecnico.

E’ mistero su quelle ore in cui, secondo l’accusa, avrebbe “sospeso” uno degli occhi elettronici puntato verso l’ingresso della tenuta della Chindamo. In base a questa ricostruzione, l’indagato, insieme al suo operaio romeno, Gheorge Laurentiu Nicolae, anch’egli indagato, conoscerebbe gli autori del rapimento e dell’omicidio, nonché i mandanti dell’efferato delitto.

Inchiesta su toghe, il Csm sospende il pm Luca Palamara

Luca Palamara in una foto di archivio (Ansa)

La Sezione disciplinare del Csm ha sospeso dalle funzioni e dallo stipendio il magistrato romano Luca Palamara, indagato a Perugia per corruzione. Il tribunale delle toghe ha così accolto la richiesta avanzata dal Pg della Cassazione Riccardo Fuzio.

A Palamara viene contestato di aver violato i suoi doveri di magistrato per le vicende al centro dell’inchiesta di Perugia, dove è accusato di aver messo le sue funzioni di magistrato a disposizione dell’imprenditore e suo amico Fabrizio Centofanti in cambio, dice l’a di viaggi e regali. (Ansa)

Sorpresi a coltivare una piantagione di marijuana, arrestati

Sorpresi a coltivare una piantagione, arrestati

I Carabinieri della compagnia di Bianco (Reggio Calabria), hanno arrestato Domenico Antonio Stilo, 47enne, impiegato, con precedenti, e Giovanni Romeo, 35enne, disoccupato, incensurato, entrambi originari di Africo Nuovo, poiché nell’ambito di un servizio di rastrellamento in area aspro montana, sono stati sorpresi a coltivare una piazzola di canapa indiana costituita da quasi 600 piante di altezza media di 1,20 metri, ben occultata all’interno di un fondo demaniale sito nella località Sambuco di Samo, e dotata di un sistema di irrigazione a goccia.

Gli arrestati, dopo gli adempimenti di rito, sono stati posti agli arresti domiciliari a disposizione dell’autorità giudiziaria, mentre le piante, previa campionatura, sono state distrutte sul posto.

Un’altra piantagione scoperta a Sant’Ilario dello Jonio

Dopo le oltre 6 mila piante distrutte tra il 2018 ed il 2019, i Carabinieri della Stazione di Sant’Ilario dello Jonio, assieme ai colleghi Cacciatori di Vibo, hanno rinvenuto in un’area demaniale di contrada Cardesi, occultata all’interno della fitta vegetazione, una piazzola adibita a coltivazione di canapa indiana, composta da oltre 300 piante, tutte già con infiorescenze e di altezza compresa tra i 90 ed i 200 centimetri.

Lo stupefacente trovato, previo campionamento, è stato distrutto il loco come disposto dall’autorità giudiziaria. 

È di qualche giorno fa l’operazione dei Carabinieri della compagnia di Locri che, a Benestare, hanno arrestato un intero nucleo familiare trasformato in un’organizzazione dedita allo spaccio di stupefacenti mentre, qualche settimana addietro, i Carabinieri di Bianco hanno a eseguito 28 arresti nell’ambito dell’operazione “Selfie”, con la quale è stata disarticolare un’associazione finalizzata alla produzione e traffico di stupefacenti.

‘Ndrangheta in Emilia, confiscati beni per più di un milione a imprenditore

Ndrangheta in Emilia, sequestrati beni per più di un milione a imprenditoreLa Dia di Firenze ha confiscato beni per oltre un milione di euro nei confronti dell’imprenditore Gaetano Blasco, ritenuto esponente della ‘ndrangheta in Emilia Romagna, attualmente detenuto.

Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Bologna, attribuisce carattere definitivo al sequestro già effettuato dalla Dia di Firenze nel dicembre 2018 e sottopone Blasco alla misure della sorveglianza speciale, per cinque anni, con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

Nato a Crotone, ma trasferitosi a Reggio Emilia negli anni ’90, Blasco si sarebbe affermato nel tempo come elemento di spicco dell’organizzazione ‘ndranghetista emiliana, fino a quando nel 2015 è stato arrestato nell’ambito dell’Operazione “Aemilia” per il reato di associazione di tipo mafioso, nonché per atri atti criminosi aggravati dal metodo mafioso, quali incendi, estorsioni, usura e violazioni tributarie, reati per i quali ha ricevuto condanne per complessivi 38 anni.

Le indagini economico-patrimoniali condotte dalla Dia sul conto di Blasco e dei suoi familiari, coordinate dal sostituto procuratore della Dda di Bologna, Beatrice Ronchi, corroborate anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito di far luce su un patrimonio immobiliare e finanziario sproporzionato rispetto alle capacità reddituali dichiarate.

Complessivamente la confisca ha riguardato quattro società, un immobile a Reggio Emilia, sette beni mobili registrati e nove rapporti bancari tra conti correnti, libretti di deposito e dossier titoli.

Aggrediscono e rapinano un nigeriano, due arresti a Reggio

I Carabinieri  della compagnia di Reggio Calabria assieme ai colleghi della stazione di Rione Modena hanno arrestato Sunny Omorotinwen, nigeriano, 30enne, disoccupato, con precedenti di polizia per reati contro la persona e testo unico stranieri, e Carmine Gino Caroprese, reggino, 22enne, disoccupato, incensurato, accusati di rapina e lesioni personali.

Secondo l’accusa, i due, nei pressi del lido comunale avrebbero aggredito con l’utilizzo di una spranga di ferro un 22enne, cittadino nigeriano ma residente a Reggio Calabria e lo hanno rapinato di circa 300 euro.

I militari dell’Arma, che erano li vicino, ed a seguito di richiesta di intervento al 112, sono intervenuti evitando il peggio bloccando e arrestando il flagranza di reato il cittadino nigeriano, mentre Caroprese, alla vista dei militari dell’Arma si è dileguato.

I Carabinieri, coordinati dalla centrale operativa si sono messi alla ricerca dell’uomo che hanno bloccato subito dopo in piazza Carmine. I due, espletate formalità di rito, sono stati tradotti presso il carcere di Arghillà a disposizione dell’autorità giudiziaria reggina.

Omicidio a Petilia Policastro, ucciso a colpi di pistola un incensurato

carabinieri pronto intervento petiliaI Carabinieri della Compagnia di Petilia Policastro unitamente a quelli del Reparto operativo del Comando provinciale di Crotone hanno avviato serrate indagini volte a identificare gli autori dell’omicidio di Alberto Luca Valentino, 38enne incensurato, residente a Caccuri, il cui cadavere è stato rinvenuto nella serata di ieri in località Cavone Grande di Petilia Policastro. Da primi accertamenti è emerso che la vittima è stata colpita allo zigomo destro da un colpo d’arma da fuoco.

Presunti fondi russi alla Lega, Salvini: “Tutto ridicolo. Mai avuto un rublo”

“È tutto ridicolo. Non abbiamo mai chiesto un rublo, un dollaro, un gin tonic, un pupazzetto a NESSUNO. Rispetto il lavoro di tutti. Ho la coscienza a posto. Querelerò chi accosterà soldi della Lega alla Russia. Bilanci Lega TRASPARENTI”. Lo scrive in un tweet Matteo Salvini, tornando sulla vicenda dei presunti fondi dalla Russia alla Lega.

Ieri lo scontro politico sul dossier è stato acceso con il Pd che ha chiesto una commissione d’inchiesta mentre M5s ha parlato della necessità di istituirne una su tutti i fondi dei partiti. Il premier Giuseppe Conte si è schierato con Salvini (“mi fido di lui”) ma anche sottolineato la necessità che la magistraturafaccia il proprio lacoro.

Sul fronte dell’indagine si è saputo che da mesi in silenzio i pm di Milano stanno indagando sul caso che coinvolge la Lega e i rapporti con la Russia, esploso sui media ieri con la pubblicazione dell’ audio sul sito americano BuzzFeed con anche la voce del leghista Gianluca Savoini, il quale a Mosca avrebbe trattato con alcuni russi per far arrivare fino a 65 milioni di dollari al Carroccio nell’ambito di un affare sul petrolio.

Ieri i è emerso che in Procura è aperta un’inchiesta per corruzione internazionale e che risulta indagato proprio l’esponente del partito di Matteo Salvini, nonché presidente dell’associazione Lombardia-Russia.

Nell’indagine, coordinata dall’aggiunto Fabio De Pasquale del dipartimento ‘reati economici internazionali’ e dai pm Gaetano Ruta e Sergio Spadaro e condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf, gli inquirenti hanno trovato e acquisito già settimane fa la registrazione, pubblicata dal sito Usa, e avrebbero già ascoltato a verbale alcune persone. Il fascicolo è stato aperto, infatti, mesi fa dopo la pubblicazione a febbraio degli articoli sul caso Savoini-Lega-Russia scritti da ‘L’Espresso’.

Nella registrazione, del 18 ottobre 2018 all’Hotel Metropol di Mosca, Savoini parla con tre russi sia di strategie sovraniste anti-Ue che di affari legati al petrolio. Secondo BuzzFeed, che non spiega come ha avuto l’audio e da chi sia stato registrato, nel dialogo si cerca un accordo per far arrivare fino a 65 milioni di dollari alla Lega. Il leghista, che è con altri due italiani, tali Luca e Francesco, dice in inglese: “A maggio ci saranno le elezioni in Europa e vogliamo cambiarla. Una nuova Europa deve essere vicina alla Russia, perché vogliamo riprenderci la nostra sovranità”.

Nell’audio si passa, poi, a parlare di un presunta compravendita di petrolio, attraverso la quale ‘mascherare’ presunti fondi neri che dovrebbero arrivare alla Lega. Si sente uno dei due italiani, oltre a Savoini, dire agli interlocutori russi: “Il 4% per noi è sufficiente, se lo sconto arriva al 10, il 6% è vostro”.

Ossia, stando all’audio, una parte del prezzo della compravendita di petrolio (“un contratto back to back”, si sente dire) tra una società italiana che doveva comprare (nella registrazione si parla dell’Eni, che ha smentito) e una società russa che vendeva, sarebbe dovuta arrivare alla Lega per finanziare la “campagna elettorale” (il 4%, ossia circa 65 milioni di dollari) e la restante parte, invece, (il 6%) sarebbe andata ai russi. Uno degli italiani spiega anche che è necessario “coinvolgere” le banche per le transazioni e cita “Banca Intesa Russia”. I pm ipotizzano la corruzione internazionale proprio per verificare, tra le altre cose, se una parte dei soldi sia finita a funzionari russi.

Indagini sono in corso su diversi aspetti della vicenda anche per capire se le operazioni di cui si parla siano andate in porto. Gli inquirenti avrebbero anche acquisito alcune foto per riuscire ad identificare le altre persone che hanno partecipato all’incontro nell’hotel di Mosca. “Stiamo facendo accertamenti per capire se ci siano reati o meno”, si è limitato a dire il procuratore Francesco Greco ai cronisti. (Ansa)

Trovato a Roma con oltre 45 chili di droga, arrestato corriere incensurato

Trovato a Roma con oltre 43 chili di droga, arrestato corriere incensurato Lo scorso Mercoledì pomeriggio gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Roma, dopo lunghi servizi di appostamento e pedinamento, hanno arrestato un romano incensurato di 36 anni, perché trovato in possesso di un ingente quantitativo di droga.

Le attività investigative hanno preso il via all’inizio della settimana quando, nel corso di mirati servizi condotti lungo il quadrante Est della Capitale, all’altezza del piazzale di Cinecittà, una pattuglia ha notato uno scooter Beverly 300, con a bordo un soggetto con la divisa di una nota società di trasporto, da subito in atteggiamento sospetto.

L’uomo infatti, dopo aver parcheggiato il mezzo lungo la strada in maniera frettolosa e maldestra, ha iniziato a camminare allontanandosi dal motociclo, palesando agli occhi attenti dei poliziotti una prudenza apparentemente immotivata, tipica di chi cerca di sviare eventuali pedinamenti.

Inoltre, anziché trasportare pacchi contrassegnati dalla stessa azienda di trasporto, teneva in mano delle buste e pacchi confezionati in maniera grossolana.

Dopo qualche istante di osservazione, l’uomo è apparso più volte “fare la spola” tra diverse strade intersecanti via Tuscolana ed una rampa conducente a box auto seminterrati, dove tuttavia non insisteva alcun deposito della società di consegne.

Nei giorni a seguire, i poliziotti dei “Falchi”, da sempre abituati a confondersi tra le strade e la folla cittadina, hanno quindi predisposto un servizio dedicato al presunto “corriere”, sospettando che il vorticoso movimento di buste e pacchi posto in essere su via Tuscolana fosse in realtà connesso a cessioni di sostanza stupefacente.

Così, mentre due poliziotti si appostavano dinanzi al box per segnalare l’entrata ed uscita del soggetto, diverse pattuglie in borghese, a bordo di scooter e moto perfettamente mimetizzane nel traffico cittadino, hanno iniziato a perlustrare via Tuscolana.

Dopo diversi giorni di appostamento, nel pomeriggio di ieri, lo scooter Beverly è ricomparso nuovamente su via Marco Fulvio Nobiliore, facendo accesso al box ivi ubicato, stazionandovi per circa mezz’ora. Nell’atto di uscire, sentito il rumore del motore del mezzo, i poliziotti hanno bloccato il varco della rampa con le proprie auto, fermando il “corriere”, un incensurato nato a Roma ma residente in un comune dei Castelli Romani.

Addosso all’uomo, nascosti in uno zaino ed una borsa, venivano rinvenuti circa 260 panetti di hashish e una busta di marijuana, per oltre 14 chilogrammi di stupefacente.

Attraverso un mazzo di chiavi in uso allo stesso, inoltre, i poliziotti hanno aperto un box sito nel complesso di edifici ivi ubicati trovando il grosso del deposito: centinaia di panetti di hashish, per un peso lordo complessivo di 43 chilogrammi, oltre a due chilogrammi di marijuana e mezzo etto di cocaina.

Per l’enorme quantitativo sequestrato, il 35enne è stato arrestato per detenzione finalizzata allo spaccio delle diverse tipologie di stupefacenti e, su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, è stato ristretto presso le camere di sicurezza della Questura.

In data odierna, a seguito dell’Udienza di convalida dell’arresto, il Giudice per le Indagini Preliminari presso Tribunale di Roma ha disposto che lo stesso fosse tradotto presso il carcere di Regina Coeli, in regime di custodia cautelare.

Trovato dentro una piantagione di canapa, arrestato

Trovato dentro una piantagione di canapa, arrestatoI Carabinieri delle stazioni di Catona e Gallico hanno arrestato a Reggio Calabria Giovanni Bucolia, di 56 anni, con l’accusa di coltivazione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente e detenzione abusiva di munizionamento.

Bucolia, che ha precedenti di polizia, è stato sorpreso dai militari, che hanno operato con il supporto dei Cacciatori di Calabria, all’interno di una piantagione composta da quasi 50 fusti di “canapa indica” dell’altezza variabile tra 85 centimetri fino a 2,20 metri e dotata di un articolato sistema di irrigazione a goccia.

Successivamente, nel corso di una perquisizione in casa dell’uomo i carabinieri hanno trovato oltre 90 cartucce nascoste in una busta di nylon e sistemate all’interno di un secchio. La droga e le munizioni sono state poste sotto sequestro, mentre l’uomo, al termine delle formalità di rito è stato associato nella casa circondariale di Arghillà a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Arresto per omicidio Chindamo, fratello vittima: “È segnale, ma aspetto piena luce sul delitto”

Maria Chindamo
Maria Chindamo

Arriva a poco più di tre anni dalla scomparsa la svolta per la scomparsa di Maria Chindamo, commercialista ed imprenditrice 44enne di Laureana di Borrello (Reggio Calabria), portata via con la forza in località Montalto di Limbadi, nel Vibonese, mentre si apprestava ad aprire il cancello della sua tenuta agricola.

Con l’accusa di omicidio in concorso è stato arrestato Salvatore Ascone, 53 anni, di Limbadi, detto “U Pinnularu”. L’uomo avrebbe manomesso l’impianto di videorveglianza al fine di aiutare gli autori materiali del rapimento e l’uccisione della donna. Indagato a piede libero, con la stessa accusa, anche il suo operaio romeno Gheorge Laurtentiu Nicolae, di 30 anni.

Restano, invece, da individuare gli autori materiali del rapimento, Omicidio e dell’occultamento del cadavere, così come i mandanti e il movente del delitto.

Il corpo di Maria Chindamo, nonostante le ricerche non si siano mai fermate, non è stato ancora ritrovato.

“Oggi è un giorno importante per tutti noi, perché dopo tre anni e mezzo di silenzio e di indagini, si è arrivati ad una prima svolta nel caso dell’omicidio di mia sorella”, ha detto Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, assistito dall’avvocato Nicodemo Gentile, a margine della conferenza stampa sull’arresto di Salvatore Ascone.

“Un sentito ringraziamento va – ha aggiunto Chindamo – alla procura di Vibo Valentia e ai carabinieri per il segnale di speranza che ci hanno dato nella ricerca degli esecutori materiali del delitto. Noi abbiamo sempre sperato, anche quando sul caso era calato il silenzio, che arrivasse un giorno come questo perché conosciamo la professionalità degli investigatori”.

“Maria era una donna felice e libera di questa terra – ha detto ancora il fratello dell’imprenditrice – una donna che, nonostante non sia più tra noi, ancora urla giustizia. Oggi mia madre compie 81 anni e almeno, di fronte a questa notizia, può rincuorarsi almeno un po’, anche se il dolore per la scomparsa della figlia resterà sempre presente. Mi aspetto che presto verranno fuori altri risultati investigativi che faranno piena luce sul delitto”, ha concluso Vincenzo Chindamo.

Minaccia con una pistola e aggredisce la moglie, arrestato

Questura di Reggio CalabriaAveva reso impossibile la vita alla moglie ingiuriandola, minacciandola e aggredendola fisicamente con schiaffi, calci e spinte fino a costringerla ad allontanarsi da casa. In seguito era entrato in un’abitazione dove la donna aveva trovato rifugio rompendo un vetro e danneggiando una zanzariera per minacciare di morte la donna con una pistola.

Un uomo di 43 anni, S.M., è stato arrestato a Reggio Calabria dagli agenti della Squadra mobile. L’uomo, non accettando la separazione dalla consorte, negli ultimi sei mesi aveva messo in atto una serie di maltrattamenti. Avviate le indagini, i poliziotti hanno acquisito una serie di elementi grazie a testimonianze, intercettazioni e dopo l’esame dei filmati della videosorveglianza.

Vane le ricerche dei resti di Emanuela Orlandi, vuote le tombe delle principesse

Ricerche vane di Emanuela Orlandi, vuote le tombe delle principesse
Emanuela Orlandi

“Le tombe teutoniche aperte questa mattina sono risultate vuote”. A riferirlo, davanti al Campo Santo Teutonico a Roma, è Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, scomparsa 36 anni fa in circostanze ancora misteriose in ambienti del Vaticano.

“Credo – aggiunge Orlandi – che si dovrà andare avanti e spero in una collaborazione onesta. Finché non troverò Emanuela è mio dovere cercare la verità”. L’avvocato di famiglia, Laura Sgrò, aggiunge che “tutto ci aspettavamo meno che di trovare le tombe vuote”.

A confermare che le tombe erano vuote il direttore della sala stampa vaticana Alessandro Gisotti. “L’accurata ispezione sulla tomba della Principessa Sophie von Hohenlohe ha riportato alla luce – riferisce Gisotti – un ampio vano sotterraneo di circa 4 metri per 3,70, completamente vuoto”.

“Successivamente – dice il direttore della sala stampa – si sono svolte le operazioni di apertura della seconda tomba-sarcofago, quella della Principessa Carlotta Federica di Mecklemburgo. Al suo interno non sono stati rinvenuti resti umani. I familiari delle due Principesse sono stati informati dell’esito delle ricerche”.

“Per un ulteriore approfondimento, sono in corso verifiche documentali riguardanti gli interventi strutturali avvenuti nell’area del Campo Santo Teutonico, in una prima fase alla fine dell’Ottocento, e in una seconda più recente fase tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso”, riferisce ancora il portavoce vaticano.

Agli accertamenti hanno collaborato il personale della Fabbrica di San Pietro, il professor Giovanni Arcudi, coadiuvato dal suo staff, alla presenza di un perito di fiducia nominato dal legale della famiglia di Emanuela Orlandi.

La ristrutturazione del vano trovato vuoto sotto la tomba “non era di duecento anni fa”, ha sottolineato sempre Orlandi, spiegando che le pareti erano in cemento e non in calce. “Non c’era nulla, nulla, neanche le principesse”, riferisce spiegando che le segnalazioni che avevano avuto, in merito alla possibile sepoltura di Emanuela nella Tomba dell’Angelo “non erano anonime”.

Lite tra romeni finisce con un morto, un arresto per omicidio

Un romeno di 43 anni, Vasile Ciu, senza fissa dimora, è morto in seguito ad un violento litigio, scoppiato per futili motivi, con altri suoi connazionali, nella tarda serata di ieri in una zona rurale in contrada Boscarello, a Schiavonea di Corigliano-Rossano.

Per il fatto, i Carabinieri della compagnia di Corigliano Calabro hanno sottoposto a fermo un romeno di 33 anni, P.M.I., con l’accusa di omicidio preterintenzionale.

La rissa è avvenuta tra alcune baracche di fortuna che si trovano in quella zona e dove vivono persone dell’Est europeo. Allertato il 112, sono giunti sul posto i militari che hanno appurato che la lite, poi degenerata, si era conclusa nel peggiore dei modi, con uno dei litiganti steso a terra senza vita e con una pozza di sangue vicino alla testa. La vittima, cadendo avrebbe battuto la fronte su uno spigolo. Alla base del litigio, forse un posto per chiedere l’elemosina.

Scattate le ricerche dell’autore, il personale dell’Arma ha individuato un uomo che si nascondeva dietro a dei cespugli in una campagna attorno alle baracche. Una volta scoperto, il trentatreenne è scoppiato in lacrime, ammettendo le proprie responsabilità sul grave episodio.

L’uomo, che ha precedenti per reati contro il patrimonio, è stato condotto in caserma e quindi ammanettato. C’è anche un testimone oculare, anch’egli romeno, che ha assistito a tutta la lite e al suo tragico epilogo.

La salma di Vasile, dopo l’ispezione cadaverica è stata portata presso l’obitorio di Corigliano, in attesa dell’esame autoptico che verrà disposto dalla Procura.

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