10 Ottobre 2024

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Imbocca l’A2 contromano, fermato in tempo dalla Polizia

Ha imboccato contromano l’autostrada A2 del Mediterraneo, dopo avere fatto sosta in una stazione di servizio, ma è stato bloccato subito grazie all’intervento di due pattuglie della Polizia stradale. E’ accaduto a Frascineto, in provincia di Cosenza.

Solo l’intervento fulmineo degli agenti delle due pattuglie impegnate in attività di monitoraggio, vigilanza e controllo del traffico, ha evitato che si consumasse una tragedia riuscendo a bloccare in tempo il mezzo e a ripristinare le condizioni di sicurezza per la viabilità.

Il conducente del furgone, accompagnato negli uffici della sottosezione della Polstrada di Frascineto, è risultato negativo all’alcoltest e si è giustificato dichiarandosi di non essersi accorto di avere imboccato l’autostrada in senso di marcia contrario, malgrado la segnaletica stradale. All’uomo è stata ritirata la patente e il veicolo è stato posto in fermo amministrativo.

Donna scompare per ore a Pizzo, ritrovata dai carabinieri. Indagini

Carabinieri e cacciatori di Calabria in assetto operativo a Pizzo

I carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia hanno avviato accertamenti dopo che nella tarda serata di ieri a Pizzo si sono vissuti momenti di tensione a causa della sparizione di una donna di 31 anni.

I militari e i colleghi dello Squadrone Cacciatori, con mitra in mano e giubbotto antiproiettile, hanno ispezionato una via del centro storico della cittadina entrando in alcune abitazioni e in un caso anche sfondando un portone.

Le ricerche erano finalizzate al ritrovamento della donna, sposata con un uomo del posto, della quale non si avevano più notizie dalla mattina. La donna risultava irreperibile e anche il proprio cellulare era spento. Quando l’apparecchio è stato riacceso, i militari, attraverso la geolocalizzazione sono riusciti ad individuarla in uno degli appartamenti della zona.

La donna presentava solo delle tumefazioni al volto ma ha dichiarato di non essere stata aggredita. Adesso la sua versione è al vaglio degli investigatori. (Ansa)

Rocambolesco inseguimento a Cosenza, arrestato corriere di cocaina

Un corriere di cocaina, B.N., di 35 anni, con precedenti, è stato arrestato dalla Polizia a Cosenza al termine di un rocambolesco inseguimento avvenuto giovedì mattina per le strade di Rende e Cosenza.

Gli agenti hanno notato una Lancia Y sfrecciare ad alta velocità nei pressi dell’ingresso dell’autostrada di Cosenza Sud, ma quando hanno intimato l’Alt il conducente invece di fermarsi ha accelerato dandosi alla fuga zigzagando pericolosamente tra le altre auto.

Ne è scaturito un inseguimento mozzafiato, con altre pattuglie di rinforzo al seguito, con il fuggitivo che ha percorso l’A2 uscendo a Cosenza Nord, a Quattromiglia di Rende.

Giunto all’altezza di via Marconi, vistosi braccato dalle auto della Polizia di Stato, che, nel frattempo avevano chiuso quasi tutte le vie di fuga, l’uomo ha tentato di disfarsi di una busta di cellophane lanciandola dal finestrino, poi recuperata dai poliziotti.

Il conducente è stato infine bloccato nei pressi di Piazza Schettini, in via Popilia.
A seguito degli accertamenti della scientifica, l’involucro recuperato è risultato contenere cocaina purissima per un peso complessivo di 110 grammi.

Se lavorata e trasformata, con la droga sarebbe stato possibile ricavarci centinaia di dosi destinate ai luoghi della movida frequentata, specialmente in questi weekend estivi, da tantissimi giovani.

La Lancia Y è stata sequestrata insieme alla coca, mentre l’uomo su disposizione del pm di turno è stato condotto in carcere con l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini dello spaccio e resistenza a pubblico ufficiale.

Scoperte due piantagioni nel Reggino, due arresti

I carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, assieme ai Cacciatori di Vibo, hanno arrestato in flagranza di reato Domenico Larosa, 39enne con precedenti, e Francesco Messina, 29enne, entrambi di Rosarno, in quanto ritenuti responsabili in concorso del reato di coltivazione e produzione di sostanze stupefacenti.

I militari hanno sorpreso i due giovani mentre irrigavano una vasta piantagione di canapa indiana, composta da 4 piazzole di circa con complessive 1300 piante di marijuana del tipo “olandese nana”, dell’altezza media di un metro circa ed in pieno stato vegetativo.

La piantagione, all’interno della quale era possibile accedere solo attraverso il superamento di un corso d’acqua utilizzato anche per l’irrigazione, è stata realizzata all’interno di un fondo agricolo di proprietà demaniale ed abilmente occultata tra la fitta vegetazione.

La droga, una volta raccolta ed essiccata, avrebbe consentito di ricavare circa 650 kg di marijuana in grado di far conseguire profitti illeciti superiori a 900 mila euro.

Gli arrestati, al termine delle formalità di rito, sono associati presso il carcere di Reggio Calabria Arghillà e messi a disposizione dell’autorità giudiziaria in attesa della celebrazione del giudizio di convalida.

Un’altra piantagione è stata scoperta giovedì mattina dai carabinieri della compagnia di Villa San Giovanni, a Santo Stefano in Aspromonte, dove hanno rinvenuto una coltivazione di canapa indiana composta da oltre 100 piante di altezza variabile compresa tra gli 80 e i 110 centimetri, tutte in fase di maturazione vegetativa molto prossima alla raccolta.

Strage in discoteca a Corinaldo, 6 arresti: “Banda dedita a rapine”

I carabinieri di Ancona hanno arrestato 6 persone per la strage nella discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, nelle Marche, avvenuta la notte dell’Immacolata dello scorso dicembre dopo che gli avventori si sono drammaticamente accalcati a causa dello spruzzo di uno spray al peperoncino. Nella calca morirono 5 giovani tra i 14 e i 16 anni e una mamma di 39 anni, Eleonora Girolimini, che aveva accompagnato la figlia 11enne a vedere un concerto del rapper Sfera Ebbasta.

Si tratta di giovani di età compresa tra i 19 e 22 anni residenti nel modenese. L’accusa per loro è di omicidio preterintenzionale, lesioni personali nei confronti di altre 197 persone e singoli episodi di rapine e furti con strappo. Quest’ultimo reato contestato, in associazione, poiché i sei farebbero parte di una banda dedita a rapine all’interno di numerose discoteche del centro e Nord Italia. Per questa accusa è stato arrestato con loro un ricettatore. A emettere le ordinanze il giudice del tribunale marchigiano, Carlo Cimini.

L’indagine, condotta dai militari di Ancona sotto la direzione della locale Procura coordinata dalla procuratrice Monica Garulli e dai pm Paolo Gubinelli e Valentina Bavai, ha consentito di raccogliere elementi concreti che hanno fatto luce su ciò che avvenuto quella drammatica notte.

Adottando la tecnica dello spray urticante, la banda di giovani era solita compiere furti di collanine e altri effetti sfruttando la confusione che si generava. Secondo quanto emerge, la banda operava in diversi locali notturni nel centro-nord. Quella notte, in trasferta nelle Marche, hanno però provocato una calca mortale.

Il dramma è avvenuto dopo mezzanotte tra la vigilia e il giorno dell’Immacolata 2018 quando i fan dell’artista Sfera Ebbasta, stipati in uno dei locali lo stavano attendendo per passare qualche ora di svago.

Dopo lo spruzzo della sostanza c’è stato un fuggi fuggi generale, con i ragazzi che si ammassati su uno scivolo all’uscita posteriore della discoteca “Lanterna Azzurra”, e la pressione ha fatto cedere una balaustra laterale e in molti sono scivolati giù rimanendo schiacciati l’un l’altro.

A rimetterci la vita 5 adolescenti di età compresa tra i 14 e i 16 anni, tre ragazze e due ragazzi: Asia Nasoni, Daniele Pongetti, Emma Fabini, di Senigallia, Benedetta Vitali, di Fano, Mattia Orlandi di Frontone. Con loro è morta anche una donna di 39 anni, sposata e madre di quattro figli: Eleonora Girolimini, che aveva accompagnato la figlia, di appena 11 anni ad assistere al concerto del rapper.

Calca in una discoteca nelle Marche, è strage: 6 morti e feriti gravissimi

Incidente nel lametino, muore un giovane centauro

Incidente nel lametino, muore un giovane centauroUn giovane di 29 anni, Bruno De Sando, è morto in un incidente stradale avvenuto venerdì mattina in provincia di Catanzaro. Per cause in corso di accertamento, la moto Ducati su cui viaggiava si è scontrata con una Fiat Punto.

L’incidente è avvenuto sulla strada provinciale 162 che da Maida, dove il giovane era residente, conduce a Lamezia Terme. L’impatto sarebbe stato violentissimo e il motociclista è morto sul colpo. Sono intervenuti i carabinieri per i rilievi tecnici e la ricostruzione dell’incidente, mentre il personale del 118 ha solo potuto accertare il decesso del centauro.

Omicidio Chindamo, il Riesame annulla l’arresto di Ascone

Maria Chindamo
Maria Chindamo

(ANSA) – VIBO VALENTIA, 2 AGO – Il Tribunale del riesame di Catanzaro presieduto da Giuseppe Valea ha annullato l’ordinanza di custodia in carcere emessa dal Gip di Vibo Valentia nei confronti di Salvatore Ascone, di Limbadi, ritenuto dagli inquirenti vicino alla cosca Mancuso.

Ascone, che dinanzi al Tribunale del Riesame è stato difeso dagli avvocati Francesco Sabatino e Salvatore Staiano, era stato arrestato con l’accusa di concorso nell’omicidio di Maria Chindamo, l’imprenditrice di Laureana di Borrello scomparsa il 6 maggio 2016 a Limbadi. In particolare secondo la Procura, l’indagato avrebbe, in concorso, con altri agevolato l’omicidio manomettendo il sistema di video-sorveglianza di località Montalto in modo da rendere agevole l’opera dei sicari. Le motivazioni della decisione del Riesame non sono ancora note.

Da anni cieco assoluto, sorpreso a guidare l’auto. Pacchia finita e sequestro

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Da quasi 10 anni intascava la pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento poiché riconosciuto cieco assoluto, ma lui, un 48enne catanzarese, svolgeva tranquillamente attività incompatibili con il suo grave quadro clinico di persona affetta da “atrofia ottica”: guidava l’autovettura, passeggiava tranquillamente per strada senza alcun ausilio, girandosi a guardare chi passava, si recava in una profumeria dove controllava i prodotti sugli scaffali, consultava la rubrica del proprio smartphone.

E’ quanto hanno accertato dai Carabinieri della stazione di Catanzaro Lido che, nell’ambito di una minuziosa attività investigativa, condotta attraverso riscontri documentali e prolungati servizi di osservazione e pedinamento, hanno monitorato gli spostamenti e le occupazioni dell’uomo, poi compiutamente identificato durante un controllo alla circolazione stradale, proprio mentre conduceva l’autovettura intestata alla moglie.

In quella circostanza, consapevole della sua condizione di finto cieco e per evitare di essere scoperto, fornisce agli operanti generalità false, asserendo di aver dimenticato a casa la carta d’identità e la patente di guida. Incalzato dai militari che gli chiedono di esibire i documenti, non può far altro che fornire le reali generalità ed esibire i documenti richiesti reperiti presso la sua abitazione.

Senza disvelare l’attività in corso, i carabinieri, oltre a denunciarlo per false dichiarazioni sull’identità personale, redigono un verbale di contestazione per violazione del Codice della Strada – tra cui quella di aver guidato con una patente scaduta dal 2010 – e il falso cieco, senza alcuna difficoltà, sottoscrive il verbale e va via, credendo di averla fatta franca. Ma i militari hanno ormai in pugno la prova regina: lo hanno compiutamente identificato.

Una brutta mattinata quella appena trascorsa per l’uomo che, recatosi a prelevare la pensione all’ufficio postale, si è visto rispondere che il suo libretto di risparmio era stato bloccato: i militari hanno infatti eseguito nei suoi confronti un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, anche per equivalente, emesso dal Gip di Catanzaro a conclusione delle indagini dirette dal pm Stefania Caldarelli.

Il provvedimento è stato eseguito sulle somme di denaro o sui beni mobili e immobili e su qualsiasi altra utilità nella disponibilità dell’indagato siano alla concorrenza della somma di 98.000 euro circa. A tanto ammontano le erogazioni dell’Inps di cui l’uomo ha indebitamente beneficiato negli anni. Ma oltre il danno, la beffa: l’uomo infatti dovrà rispondere del grave reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Lamezia, bulgaro segrega, picchia e violenta la compagna: preso a Brindisi

Lamezia, bulgaro segrega, picchia e violenta la compagna: preso a Brindisi

Avrebbe segregato per giorni la compagna, violentandola e picchiandola fino a renderla quasi irriconoscibile. Così un cittadino bulgaro di 53 anni, M.M., è finito in manette in esecuzione di un provvedimento cautelare emesso dal tribunale di Lamezia Terme che i carabinieri della locale compagnia gli hanno notificato nel carcere di Brindisi dove l’uomo è rinchiuso dopo essere stato rintracciato e fermato nel porto mentre tentava di lasciare il nostro Paese.

In fatti risalgono alla sera dello scorso 10 luglio quando i militari lametini erano stati allertati dal locale pronto soccorso dove era giunta una donna straniera di origini bulgare, visibilmente scossa e con evidenti segni di percosse sul viso che le impedivano quasi di parlare.

La prima ricostruzione fatta dai militari delineava un quadro agghiacciante. I due si erano conosciuti in Bulgaria nel dicembre 2018 e lo scorso aprile avevano deciso di tornare in Italia per cercare lavoro come braccianti agricoli.

Già dai primi mesi della loro relazione sentimentale l’uomo si era mostrato geloso e possessivo, ponendole continue domande sulle sue precedenti relazioni e tentando di ascoltare le sue conversazioni telefoniche.

Col passare dei giorni aveva iniziato a diventare violento. All’inizio solo uno schiaffo, poi due fino ad arrivare a pesanti percosse accompagnate da continue minacce in occasione di ogni più lieve discussione casalinga.

Poco dopo si erano trasferiti a Lamezia Terme, in un appartamento sito in località Ginepri, dove la situazione era però degenerata. La donna era stata segregata in casa per tre giorni durante i quali l’uomo, che le aveva sottratto effetti personali e cellulare, l’aveva ripetutamente picchiata e abusato sessualmente di lei arrivando pure a tentare di soffocarla.

Fortunatamente, in un momento di distrazione del suo aguzzino, era riuscita a fuggire scappando a piedi per strada fino a quando non aveva incrociato un passante al quale chiedere aiuto. A seguito di questa prima ricostruzione i Carabinieri si sono immediatamente portati presso l’appartamento in questione dove, però, del bulgaro non c’era già più traccia.

L’abitazione risultava totalmente in soqquadro ed era palese che qualcuno avesse fatto in fretta le valigie per lasciare il paese. Sul pavimento diverse macchie di sangue, alcune ancora fresche. Sono partite così le ricerche a tappeto dell’uomo che si era allontanato già da qualche ora a bordo della sua autovettura, un’Alfa Romeo di colore rosso con targa straniera.

Da una preliminare visione delle immagini dei sistemi di videosorveglianza dell’area cittadina e contestuale analisi delle celle di aggancio dell’utenza telefonica in uso all’uomo, i militari hanno ricavato la sua posizione al porto di Brindisi, alle 3 di notte.

Immediato il coordinamento con i Carabinieri della Compagnia di Brindisi che, dopo meticolose ricerche all’interno dell’area portuale effettuate in collaborazione con la Polizia d Frontiera, lo hanno rintracciato a bordo della sua autovettura intento ad imbarcarsi su un traghetto diretto in Grecia e hanno proceduto nei suoi confronti a fermo di indiziato di delitto traducendolo poi presso la locale casa circondariale.

A seguito della convalida e delle ulteriori dichiarazioni rese dalla vittima è stata emessa pertanto l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i reati di maltrattamento nei confronti di familiari o conviventi, lesioni personali aggravate, violenza sessuale e sequestro di persona.

Scoperto pianeta simile alla Terra: Ci sarebbe acqua ed è abitabile

Scoperto “dietro l’angolo” un nuovo pianeta che potrebbe ospitare la vita: chiamato GJ 357 d, il pianeta si trova appena fuori dal Sistema solare a “soli” 31 anni luce da noi e con la sua massa pari a sei volte quella della Terra orbita intorno alla sua stella madre nella cosiddetta zona abitabile, cioè a una distanza che potrebbe consentire l’esistenza di acqua liquida in superficie.

Descritto sulla rivista Astronomy & Astrophysics da un gruppo internazionale di ricerca coordinato dalla statunitense Cornell University, questo affiscinante mondo alieno è stato scovato quasi per caso grazie al telescopio spaziale Tess, il nuovo “cacciatore” di pianeti della Nasa.

In primavera, infatti, il telescopio aveva puntato i suoi “occhi” sulla costellazione dell’Idra, individuando dei temporanei affievolimenti della luce della stella GJ 357 che suggerivano la presenza di un pianeta in transito, il “bollente” GJ 357 b. Cercando conferma della sua esistenza nei dati raccolti dai telescopi terrestri, gli astronomi hanno individuato a sorpresa le ‘impronte’ di altri due pianeti vicini: l’anonimo GJ 357 c e il ben più intrigante GJ 357 d.

Quest’ultimo pianeta, classificato come una Superterra, “è localizzato entro il bordo esterno della zona abitabile della stella, dove riceve all’incirca la stessa quantità di energia che Marte riceve dal Sole”, spiega la co-autrice dello studio Diana Kossakowski, che lavora in Germania presso l’Istituto Max Planck per l’astronomia di Heidelberg.

“Se il pianeta avesse un’atmosfera densa, cosa che sarà verificata in futuro con nuovi studi – aggiunge Kossakowski – potrebbe intrappolare una quantità di calore sufficiente per scaldare il pianeta e consentire la presenza di acqua liquida in superficie”. Le dimensioni e la composizione di GJ 357 d sono ancora sconosciute, ma se si trattasse di un pianeta roccioso, potrebbe essere grande quasi il doppio rispetto alla Terra.

Le mani del clan Cordì sull’economia della Locride, nomi e inchiesta

I militari dei Comandi provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, con il supporto dei “Cacciatori Calabria”, del Nucleo elicotteri dell’Arma e della Sezione aerea della Finanza,  hanno eseguito nella notte decreto di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, diretta da Giovanni Bombardieri, nei confronti di presunti appartenenti al clan di ‘ndrangheta Cordì, attivo nella Locride.

In manette sono finiti Gianfranco Alì, di 37 anni, Cosimo Alì, 62 anni; Vasile Iulian Albatoaei (aliasGiuliano”), romeno nato nel 1986; Guido Brusaferri, di 54 anni; Domenico Cordì, 40enne, Domenico Cordì, 28 anni; Antonio Cordì, 22enne;  Salvatore Dieni, di 48 anni, Emmanuel Micale, classe 1985 e Gerardo Zucco, di 49 anni.

L’esecuzione dell’odierna misura scaturisce dall’unificazione di tre distinte indagini condotte da carabinieri e finanzieri di Locri che, coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dai pm Giovanni Calamita e Diego Capece Minutolo, hanno permesso di ricostruire l’attuale operatività di gruppi criminali facenti capo alla storica cosca Cordì di Locri, ai cui dirigenti e partecipi vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento seguito da incendio, illecita concorrenza con minaccia o violenza, violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale,  detenzione e porto in luogo pubblico di armi, con l’aggravante mafiosa, avendo agito al fine di favorire gli interessi della cosca Cordì.

L’associazione mafiosa e le condotte estorsive (Indagine “Riscatto”).

I Carabinieri, in particolare, partendo da alcuni iniziali episodi delittuosi di tipo estorsivo, hanno sviluppato un’articolata attività d’indagine su alcuni sodali, collegati tra loro per diretti vincoli di sangue o da certificati vincoli associativi. Il variegato contesto delittuoso su cui si è poi operato ha permesso di delineare una serie di estorsioni consumate e tentate facendo leva sulla forza intimidatrice che deriva dal riconosciuto blasone del sodalizio d’appartenenza (“Non c’è bisogno che parliamo…c’è bisogno solo che ci vedono…”) al fine di convincere le vittime a “mettersi a posto” e garantire loro “protezione e sicurezza”.

In particolare, le indagini hanno permesso di ricostruire le pretese estorsive rivolte – con il coinvolgimento, a vario titolo, degli indagati Gerardo Zucco, Domenico Cordì (classe ‘79) e Bruno Zucco – in danno di un imprenditore edile, affidatario di alcuni lavori banditi dal Comune di Locri (“lavori di realizzazione di un teatro in regione Moschetta”, per un valore di 600.000 euro, “ristrutturazione dell’edificio scolastico Maresca”, per 210.000 euro, subappalto “valorizzazione di Palazzo Nieddu Del Rio”, per 150.000 euro, nonché la manutenzione idraulica dei valloni che attraversano il territorio comunale, per 48.450 euro), e di appalti privati (lavori per la ristrutturazione della “Casa Bennati” di Locri, commissionati dalla Diocesi di Locri-Gerace), con richieste variabili dai 1.500 ai 18.000 euro in relazione al valore del lavoro.

In un caso, gli estortori hanno tentato di imporre all’imprenditore anche stipula di contratto subappalto a favore di una ditta locrese priva dei requisiti di legge, poiché non inserita nella white list prefettizie.

In un altro caso, sono state compiutamente documentate analoghe condotte criminali poste in essere dall’indagato Emmanuel Micale che, facendo leva sulla sua appartenenza alle note famiglie di ‘ndrangheta dei Cordì e degli Alecce, ha ripetutamente tentato di costringere il titolare di una rivendita di tabacchi a “mettersi a posto” consegnando euro 1.500 al mese al fine di garantirsi “protezione e sicurezza per sè e per il proprio locale”, non riuscendo nell’intento a causa delle difficili condizioni economiche dell’imprenditore, peraltro già sottoposto ad estorsione da parte di Salvatore Dieni.

L’ingerenza nelle attività economiche afferenti al cimitero di Locri.

I militari dell’Arma hanno appurato anche diversi episodi delittuosi verificatisi a Locri, apparentemente estranei a contesti di criminalità organizzata, in realtà ragionevolmente imputabili ad un’unica matrice delittuosa riconducibile a componenti della famiglia ALÌ di Locri che da anni esercitava un’incontrastata egemonia delle attività riconducibili alla gestione dell’area cimiteriale, come le onoranze funebri e la vendita al dettaglio dei fiori proprio nei pressi del locale cimitero.

A seguito del susseguirsi di gravissimi eventi chiaramente collegati agli interessi economici sul cimitero di Locri, le indagini dei Carabinieri hanno infatti permesso di acquisire elementidi porva a carico dei componenti della famiglia Alì (in particolare Gianfranco Alì), i qualihanno acquisito il controllo del settore delle attività cimiteriali locresi, imponendo un regime di fatto monopolistico attraverso gravi azioni intimidatorie e danneggiamenti in danno di ditte concorrenti, privati cittadini e amministratori pubblici.

In particolare, nel periodo compreso tra il 29 maggio 2017 ed il 27 giugno 2019 si sono verificati nel comune di Locri una serie di episodi delittuosi accomunati dal contrapposto interesse economico, nella gestione delle attività cimiteriali, tra tutte le vittime e gli Alì: con una tempistica che non lascia margine di incertezza, coloro che svolgevano attività concorrenziale nei confronti degli Alì o gli amministratori pubblici che avevano adottato atti volti a contrastare o, comunque, ad attenuare quel monopolio hanno subito danneggiamenti e gravi minacce arrivate fino all’incendio dei mezzi di lavoro, al posizionamento di un ordigno dinanzi all’abitazione di un funzionario comunale; da ultimo, quale fatto di particolare rilievo, il Sindaco di Locri, Giovanni Calabrese, è stato minacciato con modalità particolarmente insidiose ed allusive consistite nell’avergli comunicato la prossima scomparsa delle spoglie dei suoi parenti sepolti nel cimitero di Locri (“Giovannoni domani dirò dov’è sepolto qualche tuo parente da tantissimi anni”).

Contesto operativo “Mille e una notte”.

Le parallele indagini svolte dalla Guardia di Finanza – Gruppo di Locri, hanno tratto origine dal grave fenomeno di assenteismo degli impiegati comunali di quella città, segnalato anche dallo stesso sindaco tramite numerose interviste pubblicate sui giornali locali e nazionali.

All’esito delle investigazioni, emergeva come i Cordì, con l’ausilio di una fitta rete di associati ed affiliati, abbiano effettuato continuato ad esercitare il loro controllo criminale su tutto il territorio locrese, tramite gravi forme intimidatorie e vere e proprie perlustrazioni giornaliere, finalizzate a monitorare le diverse attività commerciali ed imprenditoriali insistenti sul territorio di riferimento.

È stato inoltre documentato, grazie all’attività svolta dal Corpo, come la cosca Cordì continui ad esercitare un potere incontrastato nei settori commerciali di maggior interesse, qualile forniture giornaliere di pane, che viene imposto senza possibilità di reso ad ogni singolo esercente del settore, e la gestione delle onoranze funebri.

La attuale pericolosità della cosca è ulteriormente confermata dalla immediata disponibilità di armi e munizioni, così come è emerso dalle attività investigative svolte dalla Finanza, tramite le quali è stato possibile sottoporre a sequestro, abilmente occultati all’interno di due tubi di cemento siti in un fondo pubblico ed avvolti in dei sacchi di plastica, 3 fucili semi-automatici e con canne mozzate, tutti con matricola abrasa, unitamente a cospicuo munizionamento.

All’esito delle operazioni, gli arrestati sono stati condotti presso la casa circondariale di Locri a disposizione dell’autorità giudiziaria distrettuale.

‘Ndrangheta, catturato il boss latitante Domenico Crea

Agenti delle Squadre mobili di Reggio Calabria e Vibo Valentia hanno catturato all’alba il latitante Domenico Crea, ricercato dal 2015, a Santa Domenica di Ricadi, centro del vibonese. Il latitante, ritenuto a capo della consorteria mafiosa di Rizziconi e imparentata con la potente cosca Alvaro di Sinopoli, è stato sorpreso e arrestato in una villetta dove si trovava insieme alla moglie e a due figlie minori.

L’uomo tre anni fa era sfuggito ad una misura cautelare per i reati di associazione mafiosa, estorsione ed altro a seguito di sentenza di condanna in primo grado a 15 anni di reclusione emessa dal Tribunale di Palmi.

Da quella data il Domenico Crea è stato colpito da numerosi provvedimenti restrittivi per associazione mafiosa ed estorsione ed è stato condannato in via definitiva, il 4 aprile 2019, a 21 anni reclusione.

L’indagine volta alla cattura del latitante è stata avviata dalla Squadra mobile oltre tre anni orsono con la collaborazione del Sco e sotto la direzione della DDA di Reggio Calabria ed è stata intensificata a seguito della cattura del fratello di Domenico, Giuseppe Crea (leggi la cattura nel bunker), avvenuta sempre per mani della mobile reggina il 29 gennaio 2016, a seguito del quale Domenico Crea, secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbe assunto il ruolo di capo indiscusso del sodalizio criminale di Rizziconi.

Nella serata di ieri, a seguito di servizi di osservazione supportati da strumentazione tecnologica altamente sofisticata,  i poliziotti hanno avuto la certezza della presenza del latitante all’interno di una villetta in Santa Domenica dove è stato arrestato all’alba di oggi, venerdì due agosto.

Il latitante, il cui nome era inserito nell’elenco dei latitanti più pericolosi del Viminale, è stato trovato in possesso di 5 mila euro in contanti. Al vaglio la posizione di due coniugi proprietari dell’immobile messo a disposizione della famiglia del latitante.

13 anni per la Trasversale delle Serre, scoperti costi extra per 57 milioni

I militari della Guardia di Finanza di Vibo Valentia hanno scoperto un ingentissimo surplus di costi, quasi 57 milioni di euro in relazione all’appalto per la realizzazione della “Trasversale delle Serre”, importante collegamento tra il Vibonese e il Catanzarese, lungo oltre venti chilometri, tra Serra San Bruno e Argusto. Indagati dirigenti dell’Anas.

Da accertamenti dei finanzieri presso le sedi Anas di Roma e Cosenza, è emerso che l’appalto al centro dell’indagine era stato aggiudicato nell’anno 2005 ad un’associazione temporanea di imprese per un importo contrattuale di circa 124 milioni di euro e concluso solo nell’anno 2018, ossia dopo ben 13 anni per un costo totale di oltre 191 milioni di euro, con una levitazione di spesa pari a circa 56,8 milioni di euro.

La complessa analisi documentale delle singole procedure amministrative eseguita dai militari, relative alle annualità antecedenti agli eventi oggetto di accertamento, ha comportato una gravosa opera di ricostruzione da cui sono emerse anomalie e fattori di criticità che avrebbero comportato un elevato aggravio di spesa.

I dirigenti pubblici Anas coinvolti a vario titolo nella vicenda, in relazione all’incarico rivestito nel tempo, non avrebbero pertanto efficacemente vigilato sulla durata dell’opera nel suo complesso. In definitiva i finanzieri hanno evidenziato alla Corte dei Conti di Catanzaro problematiche progettuali, esecutive e gestionali, tali da determinare una notevole dilatazione del tempo contrattuale, pari al 300% della durata, passando da 727 giorni previsti da cronoprogramma agli oltre 1868 giorni aggiuntivi, che ha comportato un incremento pari al 46% circa dell’importo dei lavori.

Sostanzialmente è stata riscontata una gestione complessiva penalizzante per lo sviluppo delle numerose opere strutturali insistenti sul percorso, in termini di tempo e di esecuzione e sia per l’impiego di consistenti risorse economiche, dalla data di sottoscrizione del contratto avvenuta nel giugno del 2005 a data del collaudo
effettuato nel giugno del 2018.

L’attività svolta dalle fiamme gialle è ora al vaglio della magistratura contabile Catanzarese che sta valutando la sussistenza di un eventuale pregiudizio all’erario.

Si finge avvocato e produce falsa sentenza, scoperto e arrestato

guardia di finanza catanzaro

La Guardia di finanza di Catanzaro ha arrestato e posto ai domiciliari un falso avvocato, Arturo Senatore, di 53 anni di Scalea (Cosenza), indagato per falsità materiale ed esercizio abusivo della professione.

La misura cautelare – già originariamente emessa dal gip presso il tribunale di Lagonegro (Potenza) – è stata successivamente disposta dal giudice presso il tribunale di Catanzaro, Antonio Battaglia, su richiesta della procura del capoluogo, a conclusione delle indagini coordinate dal pm Pasquale Mandolfino.

L’indagato è ritenuto responsabile, oltre che del reato di esercizio abusivo della professione legale, di aver prodotto una falsa sentenza della corte di Appello di Potenza che, accogliendo l’impugnazione in realtà mai proposta dal finto avvocato, annullava il fallimento di una società, che si era rivolta al sedicente legale per farsi difendere.

Tale falso provvedimento era stato accuratamente e scaltramente formato dall’indagato con l’indicazione dei magistrati che effettivamente compongono la corte d’Appello, con le loro firme false, con l’emblema della Repubblica italiana e l’intestazione dell’ufficio giudiziario ed era stato inizialmente idoneo a trarre in inganno gli uffici giudiziari, salvo poi essere smascherato all’esito di controlli più approfonditi svolti con l’ausilio dei finanzieri.

‘Ndrangheta, colpo al clan Cordì di Locri, dieci arresti

Militari dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, stanno eseguendo un decreto di fermo, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di 10 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, danneggiamento seguito da incendio e detenzione abusiva di armi, con l’aggravante del metodo mafioso.

Dalle indagini sarebbero emerse presunte responsabilità degli affiliati della cosca “Cordì” di Locri in una serie di estorsioni, atti intimidatori e danneggiamenti volti sia a imporre il pagamento del pizzo a imprese edili e attività commerciali della locride, sia a conseguire il monopolio delle attività cimiteriali locresi.

Ulteriori particolari saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa prevista in mattinata  presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria.

Scontro nel governo sulla Giustizia, ultimatum di Salvini: “Sono stufo, se così meglio il voto”

I ministri Bonafede, Di Maio e Salvini (Archivio/Ansa)

“Abbiamo fatto un sacco di cose in un anno, e l’obiettivo della prossima manovra è far pagare meno tasse… Io la voglia ce l’ho, ma se mi dovessi accorgere che i litigi sono quotidiani…Mi stufo io ma anche gli italiani. Voglio un governo che faccia le cose altrimenti la parola va agli italiani”. Così Matteo Salvini a SkyTg24. Resta alta la tensione nel governo dopo lo scontro in Consiglio dei ministri sulla giustizia in particolare sul processo penale e il nodo della prescrizione. “La Lega non vota una non riforma, vuota e inutile – si legge in una nota della Lega -. Siamo al lavoro per una reale riduzione dei tempi della giustizia, per un manager nei tribunali affinché diventino realmente efficienti, perché ci sia certezza della pena: colpevoli in galera e innocenti liberi. Sanzioni certe per magistrati che sbagliano o allungano i tempi, no a sconti di pena per i criminali e un impegno per la separazione delle carriere e anche del Csm per garantire giustizia efficiente, equa e imparziale. I cittadini non possono essere ostaggi di processi infiniti”.

Tensione anche sul nome del commissario Ue che sarà proposto dall’Italia. Salvini, proporrò a Conte un politico della Lega. E Attilio Fontana: basta ‘cordoni’, Von Der Leyen parli con la Lega. Si litiga anche sui lavori sbloccati dal Cipe.

“Così come ribadito più volte, in virtù del risultato alle europee, spetta alla Lega fare il nome del commissario che andrà in Europa a rappresentare l’Italia. Per quanto ci riguarda ci teniamo a precisare che dovrà essere un profilo politico e non tecnico. Aspettiamo di conoscere il nome”. Lo dichiarano fonti del M5S.

La conferenza stampa di Salvini

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in conferenza stampa dal Papeete beach di Milano Marittima: “Qualora venisse meno, ad altri e non a noi, la voglia di sbloccare ed efficientare anche i tempi della giustizia, che oggi sono fuori dal mondo…”, non starò al governo perché “o una riforma della giustizia è importante, vera, pesante, significativa che dimezza davvero i tempi del processo penale, o non siamo al mondo e al governo per fare le cose a metà”.

Il governo metterà la fiducia sul decreto sicurezza al Senato? “Non lo so, spero di sì però”, ha risposto Salvini aggiungendo: “Il decreto sarà approvato” la prossima settimana.

“O la prossima manovra ha un pesante taglio di tasse o andiamo avanti con gli zero virgola, non serve all’Italia. E non potrà mai avere il sostegno della Lega”, ha detto ancora Salvini.

“Cosa c’entra Berlusconi?” Sulle intercettazioni “vi pare normale che finisca sui giornali un pettegolezzo sull’amante – ha detto Matteo Salvini a SkyTg24 -? Chi vuole il gossip compra i giornali di gossip. I pettegolezzi da spiaggia devono restare chiusi in un armadio altrimenti diteci che siamo in uno stato di polizia e chiunque è titolato ad ascoltare chiunque”. “Noi la buona volontà” per un’intesa sulla riforma della Giustizia “ce la mettiamo ma se Bonafede inizia a tirare in ballo Berlusconi,il passato e il futuro…”.

Parlando della Alan Kurdi, Salvini ha detto: “Governo tedesco avvisato mezzo salvato, ong avvisata mezza salvata: se entrano in acque italiane prenderemo possesso di quella imbarcazione. Stiamo giocando a rubamazzo? Basta, mi sono rotto le palle. Le navi saranno requisite e saliremo a bordo”.

E in mattinata erano arrivate le parole, in una diretta Facebook, del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: “La separazione delle carriere dei magistrati e la riforma delle intercettazioni sono i due punti forti della politica sulla giustizia di Silvio Berlusconi. Dico alla Lega che sono aperto a tutte le proposte, ma non stanno governando con Silvio Berlusconi. Se lo mettessero in testa”.

“Quando arrivano no a prescindere e si pescano argomenti qua e là che nulla hanno a che fare con la riduzione dei tempi dei processi, mi viene il dubbio che l’obiettivo sia far saltare la riforma della prescrizione che entrerà in vigore a gennaio – ha detto ancora Bonafede -. Mi auguro che non sia questo perché è inaccettabile fare giochini sulla carne viva dei diritti delle persone. Ho scritto la Spazzacorrotti, non permetterò a nessuno di fare giochini per far saltare la legge sulla prescrizione”. (Ansa)

Vibonese pestato a morte a Bologna. Cadavere gettato in una scarpata. Arresti

Il luogo del ritrovamento del cadavere di Consolato Ingenuo, nel riquadro (ph Bologna today)

Un calabrese di 42 anni, Consolato Ingenuo, originario di San Nicola da Crissa, in provincia di Vibo Valentia, da anni trapiantato in Emilia Romagna, è stato trovato senza vita ieri pomeriggio nel Bolognese.

Si tratta di omicidio per cui i carabinieri, su mandato della procura di Bologna, dopo serrate indagini, hanno fermato due persone straniere. Si tratta di un serbo di 34 anni e un rumeno di 50, di cui al momento non si conoscono le generalità. I due sono accusati di omicidio e occultamento di cadavere.

Secondo quanto ricostruito, i presunti assassini hanno trascorso l’ultima sera insieme alla vittima in un locale, quando sarebbe scoppiata una lite e i due lo avrebbero ammazzato di botte, caricato nel bagagliaio di una Golf e infine gettato in una scarpata.

Dell’uomo, operaio, si erano perse le tracce da lunedì sera e a dare l’allarme erano stati l’ex moglie e il fratello di Consolato Ingenuo.

Fondamentale per le indagini il ritrovamento di un’auto, martedì mattina, a qualche centinaio di metri di distanza da dove si trovava il cadavere, rinvenuto ieri pomeriggio in un dirupo nei pressi della strada provinciale 26, tra Ceriglio e Tolè, frazioni di Vergato (Bologna)

La vettura, da accertamenti, è risultata essere in uso al 34enne serbo e presentava ammaccamenti per un presunto incidente. Tuttavia sono state scoperte diverse tracce ematiche nel bagagliaio.

Il serbo per giustificarsi avrebbe dichiarato che aveva investito un animale. Ma non è bastato. Dagli esami sarebbe risultato che il sangue su diverse parti dell’auto appartiene a Ingenuo.

Dall’autopsia emergeranno dettagli precisi, ma stando a quanto trapela la vittima dopo essere stata pestata a morte sarebbe stata caricata nel bagagliaio della Golf e infine gettata nel dirupo dell’Appennino.

Pubblicitario denuncia lo zio e lo fa arrestare: tentata estorsione e minacce

La Polizia di Lamezia Terme ha arrestato due persone Franco Antonio Di Spena, di 46 anni con precedenti e Antonio Pitagora, di 53, entrambi lametini, perché ritenuti responsabili di tentata estorsione, minacce, lesioni e danneggiamento ai danni di Diego Giordano, titolare dell’azienda pubblicitaria denominata “Pubblisud Giordano Srl”, con sede a Lamezia, e nipote del secondo indagato.

Lo scorso 19 luglio il titolare dell’azienda pubblicitaria denunciava in Commissariato di aver subito un tentativo di estorsione, finalizzata all’acquisizione di alcuni cartelli pubblicitari installati sul territorio lametino, messa in atto dallo zio materno Antonio Pitagora, con la collaborazione di Franco Antonio Di Spena (detto Tony).

Secondo l’accusa, Di Spena avrebbe minacciato più volte Giordano, dicendogli di non avvicinarsi più ai cartelli altrimenti gli avrebbe sparato e lo avrebbe lasciato morire per terra . Nella stessa occasione lo afferrava per il collo sbattendolo con la schiena sul portellone posteriore della sua auto urlandogli “ ti ammazzo” e provocandogli lesioni e un trauma contusivo.

Gli indagati, in altre circostanze, danneggiavano alcuni cartelloni pubblicitari di proprietà della vittima, siti in via del Progresso di Lamezia Terme. Le indagini, avrebbero permesso di accertare presunte responsabilità in capo ai due uomini arrestati.

Vanno al bar ubriachi e si azzuffano, arrestati tre uomini dell’Est

rissa bar
Archivio

Tre persone sono state arrestate per rissa aggravata e minacce dai carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme. Il fatto è accaduto la notte scorsa in un bar nel quartiere Nicastro.

Tre uomini, T.O., di 35 anni, K.Y. (27), entrambi ucraini, e H.A. (58), bielorusso, sono entrati in un bar chiedendo da bere. Il personale, però, ha opposto un rifiuto in considerazione dell’evidente stato di ubriachezza dei tre.

Di fronte al rifiuto uno di loro ha estratto un taglierino ed ha minacciato il personale al bancone. In preda ai fumi dell’alcol, però, i tre hanno iniziato a litigare fra di loro permettendo così ai dipendenti del locale di chiamare i carabinieri. Quando i militari sono arrivati la lite era già degenerata in rissa. Sentendo le sirene hanno cercato di fuggire, ma sono stati bloccati e arrestati.

Libro nero, quanto il medico Tortorella si paragonò a Riina: Io sono peggio

“Sai quale è la differenza tra me e Riina, che Riina li squaglia nell’acido, io me li porto a Cannavò, ho una “Livara” (alberi di ulivo) e li appendo là dandoli poi ai cani”.

E’ questa una delle intercettazioni choc diffuse dalla polizia di Stato tra due degli arrestati dell’inchiesta “Libro Nero”, Stefano Sartiano, ritenuto esponente di spicco della cosca Libri, e Giuseppe Demetrio Tortorella, medico dentista ed ex assessore all’urbanistica degli anni ’90 del comune di Reggio Calabria, anche lui in manette perché considerato organico al clan fondato dal boss don Mico Libri.

In una intercettazione Tortorella raccontava di quando Demetrio Naccari Carlizzi (ex vicesindaco di Reggio e già assessore regionale al Bilancio del PD, indagato per concorso esterno nell’inchiesta Libro nero, ndr), aveva tentato di estrometterlo dalla carica di assessore che ricopriva (al comune di Reggio). Perché una persona gli aveva confidato che a breve sarebbe stato arrestato in quanto ritenuto la lunga manus di Paolo Romeo.

Da quell’episodio, si legge nell’ordinanza, era nata un’accesa discussione nel corso della quale il politico, conoscendone evidentemente l’intraneità alla ‘ndrangheta, lo aveva paragonato a Totò Riina, il capo dei capi della mafia deceduto nel novembre 2017. L’essere ritenuto simile al noto capo mafia aveva indotto il dottore Tortorella a fare un distinguo:

“Sai qual è la differenza tra me e Riina? Che Riina li squaglia, li squaglia nell’acido io me li porto a Cannavò, ho una “livara” (alberi di ulivo). Poi, spiega ancora il medico, “con una corda e una scimitarra, ogni tanto gli taglio un pezzo e gli metto al cane. Onesta è la differenza tra me e coso”.

Le intercettazioni, Tortorella: “Naccari Carlizzi è secondo solo a Paolo Romeo”

Sempre nel solco delle conversazioni “auto-accusatorie” di Tortorella i pm collocano l’intercettazione ambientale registrata all’interno dello studio dentistico tra il medico e tale Antonio Musolino.

Per gli inquirenti, si tratta di un colloquio di “indubbia rilevanza probatoria”. I due discutevano delle doti politiche ed umane di Demetrio Naccari Carlizzi, che il dentista considerava secondo per capacità al solo Paolo Romeo, potente politico reggino finito tempo in altre inchieste di mafia,  accusato dalla dda di essere al vertice di una presunta cupola segreta di ‘ndrangheta. L’ex parlamentare socialista aveva già scontato una condanna definitiva per concorso esterno.

TORTORELLA: Non gli hanno dato più il permesso, sono andato in un altro e mi hanno detto che non posso entrare; allora io onestamente manco ho domandato. Sto pagando, mi tiro tiro fuori merda. Mi chiama Naccari e mi dice Mimmo…

MUSOLINO: Naccari è un peccato che si è perso però…

TORTORELLA: Naccari si è perso per la sua lesta…

MUSOLINO: E’ un peccato perché guardate che aveva “gnegna”

TORTORELLA: Si, NACCARI secondo me è il politico dopo Paolo ROMEO.

MUSOLINOIl migliore, dopo Paolo ROMEO è il migliore.

TORTORELLA: Una capacità, solo che pure lui, lui è cattivo come coso…

MUSOLINO: No.

TORTORELLA: No è proprio…no, anzi pure a sua mamma vuole vendere. 

Secondo gli atti dell’indagine, Demetrio Naccari Carlizzi, avrebbe “sistemato” il figlio del professionista Giuseppe Demetrio Tortorella, detto Mimmo, che gli inquirenti definiscono il “dentista della ‘ndrangheta”. L’uomo è indagato per associazione mafiosa nell’inchiesta della Dda.

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