9 Ottobre 2024

Home Blog Pagina 47

Inganna e truffa donna, arrestato falso mago. La Finanza gli sequestra 1,4 milioni

finanza

I finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno arrestato e posto ai domiciliari, in esecuzione di un provvedimento del gip su richiesta della Procura, un sedicente mago accusato di truffa aggravata ed autoriciclaggio.

I finanzieri hanno anche eseguito il sequestro preventivo di oltre 1,4 milioni di euro, di una ditta individuale di fatto utilizzata per fornire consulenze esoteriche e di una stazione di servizio, conseguiti, secondo l’accusa, grazie ai proventi delle attività illecite.

L’operazione è scaturita dalle indagini avviate dopo la denuncia di una vittima che ha dichiarato di essersi rivolta al “Maestro” dopo aver affrontato un periodo di depressione dovuto alla perdita della madre, anch’essa in passato “seguita” dal mago.

Quest’ultimo, nel dire alla donna che le restavano pochi mesi di vita e che pendeva su di lei “una fattura”, l’ha convinta, per scongiurare i pericoli, a seguire un percorso di incontri settimanali nonché ad acquistare polveri, liquidi contenuti in bottigliette di plastica e talismani, per un importo complessivo di 11 mila euro, corrisposti in contanti o attraverso ricariche postepay.

Dalle indagini del Gruppo di Reggio Calabria, anche attraverso accertamenti economico-finanziari, è emerso quello che gli investigatori definiscono un vero e proprio modus operandi posto in essere dal sedicente mago.

Quest’ultimo, secondo l’accusa, approfittando della fragilità e della vulnerabilità delle sue vittime – convinte di essere colpite da negatività o sfortune – e facendo leva su una delle tradizioni popolari più radicate consistenti nell’uso di amuleti, talismani e liquidi portafortuna venduti a peso d’oro, avrebbe truffato le vittime inducendole a credere di superare i problemi e le difficoltà – falsamente paventate – grazie all’utilizzo dei “rimedi” proposti dietro la corresponsione di somme di denaro talvolta anche ingenti.

Nell’indagine è coinvolta anche la moglie del “Maestro”, indagata per riciclaggio per aver impiegato e sostituito i proventi derivanti dalle attività ritenute illecite del marito in iniziative economico imprenditoriali, con l’apertura della stazione di servizio, e finanziarie con l’acquisto di polizze e titoli di credito.

Almeno 50 palestinesi uccisi negli attacchi aerei israeliani a Khan Yunis, a Gaza

Fonti mediche hanno annunciato che almeno 40 civili palestinesi sono stati uccisi e dozzine sono rimasti feriti a seguito degli attacchi aerei israeliani che hanno preso di mira la città di Khan Yunis nel sud della Striscia di Gaza. Lo riferisce l’agenzia di stampa Wafa.

Le fonti citate dall’agenzia hanno aggiunto che altri 10 civili sono stati uccisi in un bombardamento israeliano che ha preso di mira una casa nel campo di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza.

Hanno indicato che l’artiglieria e i droni dell’occupazione hanno bombardato le vicinanze dell’ospedale Kamal Adwan nel campo di Jabalia.

Secondo le fonti, 108 civili uccisi e decine di feriti sono stati portati all’ospedale Kamal Adwan, che ha subito un’interruzione di corrente poiché al suo interno si trovano ancora più di 7.000 sfollati. Inoltre, le équipe mediche non sono state in grado di eseguire operazioni chirurgiche in ospedale.

Fonti mediche hanno avvertito di un massacro che l’occupazione potrebbe commettere all’interno dell’ospedale Kamal Adwan, come è accaduto negli ospedali di Al-Shifa e indonesiani.

Le fonti hanno confermato che solo quattro ospedali erano operativi nel nord di Gaza e che circa 55 ambulanze erano fuori servizio.

Un attacco aereo israeliano ha distrutto una moschea nella zona di Bintan al-Sameen a Khan Yunis, a sud della Striscia di Gaza, mentre le cannoniere dell’occupazione sparavano proiettili verso la riva del mare di Khan Yunis, a sud della Striscia di Gaza.

Arrestata la figlia dell’amante di Matteo Messina Denaro

I carabinieri del Ros hanno arrestato con le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravate Martina Gentile, figlia della maestra Laura Bonafede, la donna che per anni è stata sentimentalmente legata al boss Matteo Messina Denaro.

Nei confronti della ragazza, che il padrino latitante considerava come una figlia, la Procura aveva già chiesto la custodia cautelare in carcere, ma il gip non aveva ritenuto che ci fossero indizi sufficienti.

Alla luce del nuovo materiale investigativo raccolto dai carabinieri il giudice ha ora disposto per l’indagata gli arresti domiciliari. Secondo i magistrati – l’indagine è coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido – Martina Gentile di cui Messina Denaro in diversi pizzini trovati dopo l’arresto elogiava le virtù, avrebbe gestito lo scambio della corrispondenza del boss, all’epoca latitante, sfruttando il suo rapporto con un altro tramite del padrino, Lorena Lanceri, finita in manette col marito nei mesi scorsi. Lanceri, ritenuta una delle più strette fiancheggiatrici del padrino di Castelvetrano, consegnava alla ragazza i pizzini scritti dal capomafia e Gentile li faceva avere ai destinatari tra i quali sua madre Laura Bonafede.

Lo scambio, spesso, avveniva nello studio dell’architetto ed ex assessore all’Urbanistica del Comune di Campobello di Mazara in cui le due donne lavoravano. L’indagata, in codice chiamata da Messina Denaro Tan o Tany, condivideva con il padrino e con gli altri soggetti che interloquivano con lui una sorta di linguaggio cifrato ideato per nascondere l’identità delle altre persone coinvolte nella assistenza al latitante.

Per i pm Gentile “è stata quindi uno degli ingranaggi indispensabili del sistema di comunicazione ingegnato dal latitante, grazie al quale questi ha anche potuto mantenere la indispensabile sponda di Laura Bonafede nella condivisione e gestione delle strategie mafiose sul territorio di Campobello di Mazara”.

Il gip ha disposto nei confronti della ragazza i domiciliari e non il carcere, come chiesto dalla Procura, perché Gentile è madre di una bimba di tre anni. (Ansa)

Primo ministro: “Bruxelles faccia pressione su Israele affinché fermi la sua aggressione a Gaza”

Il primo ministro Mohammed Shtayyeh ha invitato il Parlamento europeo a fare pressione su Israele affinché fermi la sua aggressione contro il popolo palestinese nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, compresa Gerusalemme. Lo riporta l’agenzia araba Wafa.

Shtayyeh ha inoltre invitato il Parlamento europeo a fare pressione su Israele affinché interrompa tutti i tentativi di sfollamento dei palestinesi, apra i valichi che conducono alla Striscia di Gaza e consenta l’ingresso di aiuti medici, di soccorso e di carburante per soddisfare anche i bisogni della popolazione locale. come ripristinare l’elettricità e l’acqua.

Lo ha affermato il primo ministro Shtayyeh nel corso di un incontro a Ramallah con una delegazione del Parlamento europeo.

Shtayyeh ha sottolineato che “il governo Netanyahu e i governi precedenti stanno conducendo una guerra contro tutte le componenti palestinesi, comprese la terra, il popolo e l’autorità a Gaza e in Cisgiordania”, aggiungendo che questi governi stanno lavorando per “distruggere sistematicamente la possibilità di incarnare la creazione di un popolo palestinese e stato ai confini del 1967 con Gerusalemme come capitale, oltre a spingere Gaza fuori dalla scena nazionale e geografica”.

Shtayyeh ha aggiunto che la Cisgiordania non è stata risparmiata dalle aggressioni dell’occupazione, comprese le incursioni quotidiane nelle aree palestinesi, uccisioni e detenzioni, l’assalto alla moschea di Al-Aqsa e gli attacchi contro fedeli e pellegrini a Gerusalemme, oltre al rafforzamento dell’espansione degli insediamenti attraverso l’annessione più terre e armare i coloni per facilitare ulteriori uccisioni.

Il Primo Ministro ha sottolineato la necessità di lavorare per creare un percorso politico sotto il patrocinio internazionale e multilaterale per trovare una soluzione giusta che includa tutti i territori palestinesi.

Assenteismo all’Asp di Reggio, sospesi due dirigenti medici

I Finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi diretta da Emanuele Crescenti, stanno dando esecuzione ad un provvedimento emesso dal giudice del locale Tribunale, che dispone misure cautelari personali e reali nei confronti di due dirigenti medici dell’Asp di Reggio Calabria, ritenuti responsabili di condotte di assenteismo.

In particolare, l’autorità giudiziaria ha disposto in via cautelare la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio della professione medica e dal rispettivo rapporto di lavoro, nonché il sequestro delle somme che gli indagati avrebbero indebitamente percepito a fronte di ore di lavoro dichiarate ma mai effettuate, contestando i reati di “Truffa aggravata ai danni dello Stato” e di “False attestazioni della presenza in servizio”.

Le indagini svolte dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Palmi, avviate a seguito di una missiva che denunciava frequenti e sistematiche assenze presso una struttura territoriale dell’A.S.P. di Reggio Calabria, hanno permesso di rilevare come gli indagati avessero adottato, quale prassi consolidata, quella di assentarsi dal proprio luogo di lavoro.

I Finanzieri, attraverso una meticolosa attività investigativa, hanno infatti riscontrato come gli indagati, contravvenendo ai propri doveri, si assentassero sistematicamente senza alcuna valida ragione di servizio per rientrare presso le proprie abitazioni o per esigenze di carattere personale, come recarsi al supermercato o alle poste, per poi rientrare solo in prossimità del termine dell’orario di servizio, certificando, solo in quel momento, l’uscita con il badge.

All’esito delle indagini, tenuto anche conto della funzione dirigenziale dei due medici nell’ambito struttura sanitaria, di conseguenza astrattamente rivestiti di maggiori responsabilità, il Giudice per le indagini preliminari ha disposto l’interdizione per 12 mesi e il sequestro delle somme indebitamente percepite quale retribuzione per le prestazioni lavorative attestate ma mai svolte.

Dopo le polemiche il generale Vannacci promosso capo di Stato Maggiore

Il generale Roberto Vannacci è stato nominato capo di Stato Maggiore di Comfoter, forze operative terrestri. Assumerà l’incarico dopo un lungo periodo di affiancamento, spiegano all’Adnkronos fonti della difesa che chiariscono come non si tratti di una promozione ma solo di un incarico adeguato al suo ruolo. Infatti il generale dopo la pubblicazione del suo libro ‘Il mondo al contrario’ era stato sollevato dal comando e rimasto a disposizione.

“Già da domani sarò a Roma per il mio nuovo incarico di capo di Stato Maggiore del comando delle forze operative terrestri. Una nomina in linea con il mio grado, con la mia funzione e con la mia esperienza”, dice il generale all’Adnkronos. “Un incarico prestigioso – spiega Vannacci – che assumerò con grande determinazione e passione e che mi vedrà nella Capitale dove presterò servizio. Un comando che si occupa della validazione delle unità che devono partire con ruoli operativi all’estero, della loro preparazione, del loro addestramento”.

Vannacci, autore di un libro finito al centro di numerose polemiche per le posizioni espresse su una serie di temi – dall’omosessualità all’immigrazione – spiega di essere stato sempre “assolutamente convinto di non aver violato alcuna norma né legale né disciplinare. Così come ero certo che una volta fatti gli approfondimenti tutto sarebbe tornato nell’alveo della normalità. Non ho mai temuto per la mia carriera nonostante le polemiche”. Riscriverebbe un libro? “Se lo dovessi fare la prima chiamata – ironizza – la farei a Matteo Pucciarelli e Aldo Cazzullo per ripetere l’operazione di marketing che ha portato tanto successo al mio libro in Italia e con quattro contratti firmati con case editrici all’estero che lo pubblicheranno in Germania, Romania, Spagna e Slovenia”.

Le reazioni
La nomina scatena una valanga di reazioni. “‘Il mondo al contrario’ non è solo il titolo del libro di Vannacci ma ormai è l’imperativo del governo Meloni. Chi porta con onore e sacrificio la divisa, rispettando i valori della Costituzione, viene spesso dimenticato; chi scrive le sue ‘farneticazioni’ in un libro fa carriera”, dice Giuseppe Conte, leader del M5S.

“Roberto Vannacci ha dimostrato che se usi la divisa militare per una carriera da influencer e conferenziere a pagamento, la Meloni ti promuove. Sì: Vannacci è stato promosso capo di Stato maggiore delle forze operative terrestri. Premiare un militare che ha mancato di rispetto, in primo luogo a tutti ai colleghi che onorano la divisa, è a dir poco scandaloso”, scrive su X Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera.

“Ministro Crosetto: libertà di parola per tutti. Ma se lei anziché sanzionare, promuove un generale come Vannacci che scrive e dice cose che non stanne né in cielo né in terra in un paese europeo e democratico propugnando valori eversivi rispetto a quelli della nostra costituzione repubblicana che pure dovrebbe difendere, poi come farà lei a prendersela ancora con le parole di alcuni magistrati, anche qualora fossero gravi e sbagliate? Questa assurda decisione di promuovere Vannacci, toglie credibilità politica alla posizione sua e del Governo. E dico questo, rifiutandomi di considerare la promozione di Vannacci dettata da ragioni di confronto politico all’interno della maggioranza di e concorrenza elettorale sui candidati per le europee”, dice il deputato di Più Europa Benedetto Della Vedova rivolgendosi al ministro della Difesa, Guido Crosetto.

“Ps: solo venerdì a Montecitorio, rispondendo alla mia interpellanza sulla sua intervista in cui polemizzava sulla magistratura ci ha detto: ‘ho ricordato che chi riveste e ha poteri per lo Stato, nel caso Vannacci, ha delle responsabilità. Allora, applaudivate e magari non mi applaudivano molti della mia maggioranza, ma il principio era lo stesso: chi ha responsabilità deve essere terzo’. Vedo che ha rapidamente cambiato idea su Vannacci. Immagino abbia cambiato idea anche sul resto”, conclude Della Vedova.

“Intervistato da Bruno Vespa a Cinque Minuti, il ministro Crosetto -giustamente- nei giorni scorsi osservava: ‘cosa accadrebbe in questo paese se un generale dicesse frasi contro la Costituzione?’. Da oggi abbiamo una risposta, amara e preoccupante: viene promosso! Questa di Vannacci è una vicenda sconcertante, e per molti versi allarmante ed inquietante”, scrive sui social il senatore Enrico Borghi, presidente del Gruppo Italia Viva-Il Centro-Renew Europe del Senato.

Crosetto: “Non è una promozione”
“In merito alle pretestuose polemiche che oggi alcuni stanno provando a sollevare, sentendosi esperti di questioni e tematiche militari, mi preme solo sottolineare che il Generale dell’Esercito Roberto Vannacci non è stato né promosso né retrocesso. Lo Stato Maggiore dell’Esercito italiano ha deciso di affidargli uno dei ruoli che gli competevano per grado, esperienza e diritto, in attesa che siano esperiti gli accertamenti previsti”, dice, in una nota alla stampa, il ministro alla Difesa, Guido Crosetto.

”Le garanzie costituzionali a tutela della persone valgono anche per i militari e nessuno può emettere giudizi sommari, sostituendosi alle norme e alle procedure previste a tutela di uno Stato di diritto che, in una democrazia, riguarda tutti. In questi mesi si è svolta l’inchiesta sommaria i cui esiti sono ancora in via di valutazione. In attesa di quest’ultima, evitando di attribuirgli incarichi di comando o con visibilità e/o proiezione esterna, è stato affidato al Gen. Vannacci un incarico di staff, all’interno di una catena di comando ben delineata ed in linea con la sua esperienza”.

”Nello specifico, il Gen. Vannacci non è stato nominato, come scrivono in queste ore alcune tv e organi di stampa, ‘capo delle forze terrestri’ ma Capo di stato maggiore del Comando delle Forze Terrestri. Comando delle Forze terrestri che ha un suo comandante, il Generale Camporeale e un vice comandante, il Generale Ristuccia, Comandante delle Forze Operative. Il Generale Vannacci dipenderà e sarà dunque agli ordini del Generale Ristuccia. Suggerirei, pertanto, di evitare polemiche strumentali basate su scarse o superficiali informazioni e di attendere con serenità che, come sempre, la legge faccia il suo corso”.

Avvocato calabrese Naccari nominato Console onorario del Marocco

L’avvocato Domenico Naccari, originario di Palmi, è stato nominato titolare dell’ufficio consolare onorario del Regno del Marocco con competenza sulla circoscrizione territoriale composta dalla Regione Calabria. La sua investitura ha ricevuto l’exequatur dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Italiano. Lo riporta un comunicato stampa.

Naccari nei giorni scorsi è stato ricevuto a Roma dall’Ambasciatore Sua Eccellenza Yousef Balla per la formalizzazione dell’incarico e per l’attribuzione delle sue funzioni. Il prestigioso incarico, fa seguito ad una intensa attività svolta dal legale nell’interesse della comunità marocchina presente in Italia e di relazione tra le autorità italiane e quelle marocchine.

Sua è stata l’idea, nella qualità di presidente della Fondazione Calabria Roma Europa, di un raccordo di cooperazione stabile tra l’Ambasciata del Regno del Marocco ed il Comune di Vibo Valentia, nella persona del Sindaco pro tempore, avvocato Maria Limardo e un gemellaggio tra la città di Dakhla in Marocco e Vibo Valentia in Italia con l’obiettivo di rafforzare le relazioni di cooperazione bilaterale nei settori economico – turistico – culturale e sportivo.

Con la nomina di Naccari, il Marocco intende rafforzare la presenza sul territorio calabrese e le relazioni commerciali considerate strategiche in virtù della presenza del porto di Gioia Tauro che è il primo porto italiano per traffico merci nonché il decimo in Europa.

Nello stesso tempo in Marocco è presente Tangeri Med che è considerato il porto più grande del Mediterraneo in grado di collegare lo Stato africano a 77 paesi e 186 porti. L’avvocato di Palmi avrà pertanto l’importante compito di tutelare in Calabria gli interessi dei cittadini marocchini e rafforzare i rapporti di natura internazionale tra i due stati. Nei prossimi giorni il neo console sarà ricevuto dalle autorità calabresi per l’inizio di un proficuo rapporto istituzionale.

In preda all’ira devasta l’ospedale e aggredisce pazienti e carabinieri, arrestato

Notte complicata all’ospedale “Guido Compagna” di Corigliano-Rossano, dove un paziente in evidente stato di alterazione, ha seriamente danneggiato i locali del presidio sanitario e ha aggredito un medico, il personale infermieristico e un carabiniere.

Il giovane, già noto ai sanitari e alle Forze dell’Ordine, avrebbe perso il lume della ragione e ha distrutto porte, suppellettili e computer all’interno dello Spoke di Corigliano. Il tempestivo l’intervento dei Carabinieri del Reparto Territoriale di Corigliano-Rossano e della Compagnia di Intervento Operativo del 14° Battaglione “Calabria” ha limitato la devastazione nei locali ospedalieri da parte del giovane coriglianese e, nonostante si fosse dovuto interrompere il servizio di Pronto Soccorso, si sono adoperati affinché le condizioni del nosocomio fossero ristabilite nel minor tempo possibile e venisse ripristinato il servizio a favore della cittadinanza.

Il paziente con un’operazione non facile è stato arrestato dai Militari per danneggiamento, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale.

Il responsabile, su disposizione del pm di turno è stato sottoposto agli arresti domiciliari dove rimarrà a disposizione della Procura della Repubblica di Castrovillari diretta dal Procuratore Alessandro D’Alessio. La condotta del giovane coriglianese verrà ora sottoposta al giudizio durate l’udienza per direttissima.

Serie B, a Cosenza vince anche la Ternana: umiliante 1-3

Dopo la mortificante uscita di scena a Catanzaro, il Cosenza incassa l’ennesima sconfitta casalinga con la Ternana – non tra i club che lottano per la serie A ma tra le ultime – con l’umiliante risultato di 1-3.

Tanti errori, alcune occasioni sciupate, tanta improvvisazione; segno che gli uomini di Caserta oltre alle chance sprecate dovranno recuperare tanto, dalla tecnica alla tattica (di cui il 99 percento degli sportivi non comprende la differenza oltre agli inutili moduli di cui straparlano tecnici e quegli inutili commentatori della domenica, ndr).

Mentre Guarascio gode della sua “misera” e ricca esistenza, tra affari di munnizza e altri business, gli sportivi cosentini dovranno fare i conti con la conta ad ogni incontro: “speramo ca oj [a Madonna] na manna bona…”. d.g.

Cosenza: Micai; Cimino (25′ st D’Orazio), Meroni (K), Sgarbi, Martino; Calò, Praszelik; Canotto (36′ pt Forte), Florenzi (25′ st Marras), Mazzocchi (30′ st Voca); Tutino. A disp.: Marson, Rispoli, Fontanarosa, Crespi, Arioli, Zilli, La Vardera, Zuccon. All.: Fabio Caserta

Ternana: Iannarilli; Diakité, Sørensen, Lucchesi; Casasola (32′ st Mantovani), De Boer (25′ st Pyythia), Łabojko, Celli (1′ st Favasuli); Falletti (K, 39′ st Luperini); Distefano (25′ st Dionisi), Raimondo. A disp.: Vitali, Brazão, Capuano, Della Salandra, Garau, Mărginean. All.: Roberto Breda

Arbitro: Daniele Perenzoni di Rovereto

Assistenti: Damiano Margani (Latina), Khaled Bahri (Sassari)

Marcatori: 4′ st Casasola (T.), 10′ st Tutino (C., rig.), 15′ st e 24′ st Raimondo (T.)

Ammoniti: Celli, De Boer, Sørensen e Favasuli (T.); Florenzi e Cimino (C.)

Espulsi: Calò (C.)

Recuperi: 2/5

‘Ndrangheta, arrestate due persone vicine a clan reggino

Alle prime ore di questa mattina, i Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro, con il supporto operativo di personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria e di unità cinofile, hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti – padre e figlio -, ritenuti inseriti nel contesto di ‘ndrangheta del centro medmeo, ed in particolare vicini al contesto criminale rosarnese della cosca Pesce.

Il padre risulta anche gravato da due precedenti condanne passate in giudicato. Le persone arrestate sono Domenico Arena, di 69 anni, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, e suo figlio Rosario, di 44, ritenuti vicini alla cosca di ‘ndrangheta Pesce di Rosarno.

Le indagini da cui scaturiscono i provvedimenti restrittivi, emessi dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, diretta da Giovanni Bombardieri, hanno consentito di attribuire agli indagati, allo stato degli atti gravi condotte estorsive – perpetratesi per lungo tempo- e violenze private, tutte aggravate dalle finalità mafiose, avvenute a Rosarno e Cinquefrondi. Le attività svolte dai Carabinieri di Gioia Tauro, e testimonianze di diversi collaboratori di giustizia, hanno permesso di evidenziare l’elevata capacità criminale degli arrestati, espressa in molteplici occasioni con metodologie tipiche degli aggregati mafiosi, imponendo il proprio volere, tramite una generale condizione di assoggettamento ambientale, su individui ed attività commerciali piegati alle loro esigenze ed oppressi dalla loro ingerenza.

Il loro modus operandi, affiancato al ripetuto ricorso ad intimidazioni – di natura fisica e verbale – si è sostanziato in una perdurante sopraffazione ed interferenza in un’attività economica nella Piana di Gioia Tauro, nonché nella limitazione della libertà di autodeterminarsi di più persone. Dalle indagini è emerso che un medico è stato costretto, sotto minacce, a redigere un falso certificato medico per consentire ad un indagato di eludere il carcere e una cooperativa che per 18 anni è stata costretta a pagare quello che era diventato, di fatto, uno stipendio mensile pur in assenza di un rapporto di lavoro.

Sono due episodi contestati dalla Dda di Reggio Calabria a Domenico e Rosario Arena. Per entrambi l’accusa è estorsione e violenza privata, aggravati dalle modalità mafiose. Nell’inchiesta sono indagati altri due soggetti dello stesso nucleo familiare: la figlia e sorella degli arrestati, Angela Arena (46) e il marito di lei Giuseppe Valenzise (53).

Secondo gli inquirenti, tutti avrebbero imposto il proprio volere tramite una generale condizione di assoggettamento ambientale. Le indagini dei carabinieri, che riscontrano tra l’altro le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito ai pm di fare luce su alcune estorsioni consumate tra Rosarno e Cinquefrondi. Come quella ai danni della cooperativa agricola “Fattoria della Piana” di Candidoni e che, nel tempo, secondo gli investigatori, è diventata una vera e propria fonte di reddito illecito della famiglia. Negli ultimi 18 anni, infatti, i due arrestati avrebbero imposto all’amministratore della cooperativa, il pagamento di somme periodiche “come prezzo della possibilità di svolgere l’attività di impresa”.

Il titolare della “Fattoria della Piana”, in sostanza, doveva consegnare a Rosario Arena una sorta di stipendio mensile comprensivo di tredicesima nel periodo delle festività natalizie. Una parte dei guadagni dell’attività di ristorazione e della produzione di biogas, invece, sarebbero stati versati agli altri figli di Domenico Arena che avrebbe ottenuto pure un paio di assunzioni di persone che godevano della sua protezione. Grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali, la Dda ha scoperto anche le numerose minacce subite dal medico con lo scopo di ottenere un certificato che sarebbe servito per eludere il carcere e usufruire del beneficio degli arresti domiciliari.

Alla vittima era stato chiesto di redigere una relazione che attestasse l’impellente necessità per Domenico Arena, all’epoca detenuto, di effettuare un intervento chirurgico ed il successivo trattamento di riabilitazione neuro-motoria. Altre minacce sono state rivolte all’ex moglie di Rosario Arena. La donna avrebbe subito pressioni ed angherie finalizzate, tra l’altro, ad indurla sia a riavvicinarsi al contesto familiare, dal quale si era discostata con la separazione, sia a partecipare alle attività criminali della famiglia. “Le condotte e la personalità mafiosa degli Arena in uno alla loro elevatissima pericolosità sociale non lasciano dubbi sulla necessità cogente dell’applicazione ai predetti della massima misura custodiale” ha scritto il gip per motivare l’arresto di Domenico e Rosario Arena.

Smaltimento illecito di rifiuti speciali, Sequestrata una clinica

Squadra mobile

La squadra mobile di Reggio Calabria ha sequestrato la clinica “Villa Aurora” con l’ipotesi di smaltimento illecito di rifiuti speciali.

Il provvedimento d’urgenza è stato emesso dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Stefano Musolino ed è stato già convalidato dal gip Antonino Foti.

L’indagine è partita mesi fa quando gli agenti di una volante, intervenuta il 19 febbraio durante un casuale incendio di rifiuti nelle vicinanze della struttura sanitaria, si sono accorti della presenza di materiale sanitario.

Segnalato l’episodio alla Procura, gli ulteriori accertamenti, eseguiti dalla Squadra mobile diretta da Alfonso Iadevaia, avrebbero svelato una sistematica violazione delle norme circa la gestione dei rifiuti speciali.

Nell’inchiesta sono indagati l’amministratore della casa di cura “Villa Aurora” Giorgio Crispino, di 59 anni di Cosenza, sua moglie Bruna Scornaienchi (59), di Cosenza, direttrice responsabile, e il responsabile amministrativo Maria Grazia Germanò (64), di Reggio Calabria.

Tutti e tre, si legge nel capo di imputazione, “davano disposizioni affinché il personale dipendente effettuasse, in modo sistematico e continuativo, attività di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sanitari pericolosi (anche a rischio infettivo) che erano mescolati (al fine di occultarli) a quelli non pericolosi prodotti ordinariamente alla casa di cura, destinandoli alla raccolta ordinaria posta in essere dall’impresa che operava per conto del Comune di Reggio, all’interno dei mastelli e dei sacchi riposti lungo via Petrara, retrostante l’accesso principale della struttura”.

“Ritenendo inverosimile che gli operatori della struttura potessero autonomamente decidere di effettuare l’abbandono dei rifiuti, anche pericolosi”, i responsabili di Villa Aurora avrebbero gestito l’invio e lo smaltimento degli stessi “in sistematica violazione delle norme penali”. Per la Procura, decidere di effettuare in questo modo l’abbandono dei rifiuti, anche pericolosi, sarebbe stata “una scelta imprenditoriale strutturale”.

Accogliendo la richiesta di sequestro avanzata da Musolino, infine, il gip ha nominato due amministratori giudiziari, gli avvocati Francesco Aricò e Giovanni Melissari.

Serie B, il Catanzaro sbanca la concorrente Palermo: 1-2

A scattare è il Catanzaro. E il successo del Barbera, sembra quasi un déjà-vu. La squadra di Vivarini conferma i bei segnali del derby vinto col Cosenza e passa anche in Sicilia grazie agli uomini già decisivi qualche giorno fa. Il solito Iemmello e Biasci mettono il sigillo sul 2-1 che rilancia i calabresi, al momento terzi (a -3 da Parma e Venezia, duo di testa). Per Corini e i rosanero, è la quarta sconfitta nelle ultime sei.

SEMPRE IEMMELLO – Avvio tattico e di studio al Barbera. Il Palermo pressa e prova a verticalizzare su Brunori, il Catanzaro cerca di fare lo stesso puntando sul totem Iemmello. Il primo brivido arriva proprio per gli ospiti al quarto d’ora: Sounas serve Katseris, la conclusione del terzino trova la risposta sicura di Pigliacelli. A creare i pericoli maggiori è la squadra di Vivarini, che rompe l’equilibrio a un soffio dall’intervallo con bomber Iemmello, che controlla in area un pallone complicato e batte Pigliacelli di sinistro.

BIASCI RADDOPPIA  – Il Catanzaro assesta il secondo gancio a inizio ripresa, con Biasci che raddoppia in contropiede dopo quattro giri d’orologio. Sul primo tiro dell’attaccante, lanciato a rete, risponde Pigliacelli. Sulla respinta, è tutto facile. La squadra di Corini non reagisce, gli ospiti si rifanno sotto e intorno all’ora di gioco sfiorano il tris con Vandeputte, imprendibile e fermato solo dal palo dopo un’azione in velocità sulla sinistra. I rosanero arrivano dalle parti di Fulignati solo nel finale. A una ventina di minuti dal novantesimo, un tiro cross di Henderson quasi si infila sotto l’incrocio. Poi, a poco meno di 10’ dalla fine, il neoentrato Stulac riapre la partita di testa, sfruttando il cross tagliato di Valente per accorciare. Non basta. Vivarini esulta, il Barbera fischia i rosanero.

TABELLINO

Palermo (3-4-3): Pigliacelli; Mateju, Lucioni, Marconi (13’ st Valente); Buttaro, Segre, Gomes (34’ st Stulac) , Lund (13’ st Aurelio); Di Mariano (1’ st Henderson), Brunori, Mancuso (13’ st Di Francesco). A disposizione: Desplanches, Kanuric, Jensen, Nedelcearu Allenatore: Corini

Catanzaro (4-4-2): Fulignati; Katseris (22’ st Miranda), Scognamillo, Brighenti, Veroli; Sounas, Ghion (31’ st Pontisso), Pompetti, Vandeputte (22’ st Oliveri); Iemmello (31’ st Ambrosino), Biasci (31’ st Stoppa). A disposizione: Sala, Krastev, D’Andrea, Verna, Brignola, Krajnc, Donnarumma. Allenatore: Vivarini

Arbitro: Marinelli
Assistenti: Colarossi – Massara
Quarto ufficiale: Di Francesco

Marcatori: 44’ pt Iemmello (C); 4’ st Biasci (C), 38’ st Stulac (P)

Commettevano furti di mezzi, arrestate 8 persone

Dalle prime ore del mattino, nella provincia di Reggio Calabria, Cremona e Catanzaro, i carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria coadiuvati da quelli territorialmente competenti, stanno eseguendo all’interno di un campo nomadi e presso abitazioni private, otto ordinanze di misura cautelare in carcere nei confronti di un sodalizio criminale composto da otto uomini, in prevalenza di etnia rom, di età compresa tra i 21 e i 39 anni.

Gli stessi sono ritenuti responsabili di aver commesso furti ai danni di privati e società erogatrici di servizi pubblici locali per il Comune di Reggio Calabria, consistiti nell’asportazione di mezzi pesanti, rame, macchine e attrezzature da cantiere.
L’operazione rappresenta l’epilogo di una articolata attività di indagine iniziata nel luglio 2022, condotta dalla Sezione Operativa della Compagnia di Reggio Calabria e coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale Reggio Calabria diretta dal Dott. Giovanni Bombardieri, che ha permesso di interrompere una serie di reati, tra i più odiosi per le imprese e la cittadinanza.

Gli accertamenti dei militari sono iniziati nel luglio del 2022, quando il legale rappresentante della Castore s.r.l., società impegnata per la gestione dei servizi pubblici per il Comune di Reggio Calabria, aveva denunciato l’avvenuto furto di diversi mezzi pesanti, destinati ad un pubblico servizio, dalla sede della stessa ubicata in via Ravagnese Inferiore per un valore di oltre euro 270.000.

A distanza di pochi mesi, un analogo episodio criminoso è stato perpetrato ai danni della Idrorhegion s.c.a.r.l., società impegnata nella gestione del servizio di depurazione delle acque reflue su tutto il comune reggino. In particolare, dei sette siti di depurazione di cui la società si compone, l’attenzione dei malviventi si è concentrata su quello ubicato in via Ravagnese Inferiore, in posizione adiacente alla citata sede della Castore s.r.l. In quest’ultimo caso, oltre ad alcuni mezzi pesanti, sono state asportate anche diverse attrezzature da lavoro cagionando un danno alla società di diverse decine di migliaia di euro.

Gli atti criminosi effettuati alle due società, oltre a cagionare alle stesse notevoli danni economici, hanno, come diretta conseguenza, causato ingenti disservizi alla popolazione, fruitrice dei servizi pubblici erogati proprio dalle predette società.

Il medesimo sodalizio, inoltre, si è reso responsabile anche di un furto in località Terreti ai danni di un privato, al quale è stato sottratto un escavatore idraulico del valore di oltre euro 40.000,00 parcheggiato all’interno di un capannone, nonchè di un ingente quantitativo di rame sottratto nel territorio del comune di Caulonia.

La capillare attività informativa delle Stazioni dell’Arma, ha permesso immediatamente di avviare indagini di natura tradizionale e tecnica. In particolare, attraverso l’analisi dei filmati dei sistemi di videosorveglianza pubblici e privati, sono stati individuati i percorsi di fuga effettuati dal gruppo criminale dai diversi siti delle imprese, la cui base logistica veniva individuata all’interno di un’area popolare di Gioia Tauro, denominata “Ciambra”.

Il modus operandi delle malviventi era sempre lo stesso. Infatti, in maniera consolidata e sistematica, il gruppo agiva nottetempo, e mediante la forzatura di cancelli e porte di ingresso, si introducevano nelle diverse sedi lavorative, impadronendosi di attrezzi da lavoro e mezzi pesanti, per poi allontanarsi, successivamente, a bordo di questi ultimi. Alcune volte, i malviventi utilizzavano, al momento della fuga, delle auto come “apri-pista” anticipando, nel percorso, i mezzi rubati guidati dagli stessi.

Dalla complessa attività di indagine svolte dai Carabinieri, è emersa l’esistenza di un vero e proprio sodalizio criminale, che si è avvalso di volta in volta di soggetti provenienti dal medesimo contesto spaziale e sociale, disponibili a commettere delitti contro il patrimonio di rilevante gravità e specializzati in furti di mezzi pesanti e attrezzi da cantiere, per la realizzazione dei quali si sono avvalsi di schemi operativi collaudati e indicativi dell’assenza di qualsiasi titubanza. Infatti, i gruppi operativi, di volta in volta costituiti, si introducevano all’interno dei cantieri, arrivando a danneggiare gravemente i dispositivi posti a protezione dei beni pur di assicurarsi la refurtiva, allontanandosi da tali luoghi a bordo dei mezzi rubati, attraversando la città, confidando evidentemente nell’impunità.

Gli appartenenti a tale sodalizio risultano essere, eccetto uno di loro, pregiudicati per reati contro il patrimonio. La gravità dei delitti commessi, connotati da perdite patrimoniali di rilevante valore per le società interessate e conseguente pregiudizio per le rispettive attività lavorative, sottolinea la spiccata pericolosità degli indagati, evidentemente inseriti nel contesto criminale locale e del tutto insensibili all’effetto deterrente delle precedenti condanne, anzi determinati a perseverare nelle condotte illecite.

Sequestro beni per 40 milioni a due imprenditori ritenuti vicini a clan

Beni per 40 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza e dallo Scico a due imprenditori, padre e figlio, indiziati di essere collusi con la cosca Piromalli-Molé di Gioia Tauro.

Il provvedimento, che oltre alla Calabria ha riguardato anche la Campania e il Lazio, è stato disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Dda guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.

Destinatari del provvedimento, eseguito dai militari del Gico e del Nucleo di polizia economico-finanziaria, sono Gianfranco e Vincenzo Ruggiero, rispettivamente di 62 e 88 anni.

Rinviati a giudizio per associazione mafiosa, entrambi gli imprenditori secondo gli inquirenti avrebbero instaurato una cointeressenza con il clan Piromalli-Mole di assoluto spessore, duratura nel tempo e ben radicata.

La figura dei due era emersa nell’ambito dell’operazione “Andrea Doria” che ha svelato un articolato sistema di frode fiscale realizzata nel settore del commercio di prodotti petroliferi. Stando alle indagini, la frode era imperniata su fittizie triangolazioni societarie, finalizzate ad evadere l’iva e le accise, nonché sull’impiego di false dichiarazioni di intento, istituto che ordinariamente consente di acquistare in regime di non imponibilità.

Secondo la Dda, l’associazione avrebbe gestito l’intera filiera della distribuzione del prodotto petrolifero, dal deposito fiscale fino ai distributori stradali finali, interponendo tra queste due estremità della catena una serie di operatori economici, imprese “cartiera” di commercio di carburante, depositi commerciali e brokers locali, con lo scopo di evadere le imposte in modo fraudolento e sistematico, attraverso l’emissione e l’utilizzo appunto delle dichiarazioni di intento.

Le società “cartiere” avrebbero dichiarato, fraudolentemente, di possedere tutti i requisiti richiesti al fine di poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, acquistando il prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’Iva.

Incidente mortale treno-camion, la ricostruzione della Procura

tribunale di Castrovillari

PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI CASTROVILLARI
IL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA

“In data 28 novembre 2023, alle ore 19:05, a Corigliano Rossano (CS), nel varco ferroviario delimitato dal passaggio a livello attivo in località Thurio, un camion Volvo, mentre cercava di attraversare la tratta ferroviaria, è stato travolto dal treno regionale n.5677, che percorreva la linea Sibari – Catanzaro.

Dopo l’impatto l’autoarticolato è stato completamente distrutto dal conseguente incendio, mentre il treno, dilaniato dall’impatto, è deragliato dalla linea ferroviaria. La collisione ha causato l’immediato decesso di due persone: il capotreno del convoglio di Trenitalia coinvolto e l’autista del camion.

Nello stesso evento sono rimasti feriti, in maniera non grave, con prognosi ancora in via di definizione, sei persone che si trovavano a bordo del treno regionale.

Sul posto, oltre ai militari del Reparto Territoriale, sono intervenute diverse squadre dei vigili del fuoco, che hanno ripristinato le normali condizioni di sicurezza.

E’ intervenuto, altresì, personale specializzato della Polizia ferroviaria.
La linea ferroviaria compresa tra le progressive chilometriche 127+890 e 129+050 è stata sottoposta a sequestro, così come la carcassa del camion ed il treno regionale.

Sono in corso indagini, seguite personalmente dal Procuratore della Repubblica, volte a verificare il corretto funzionamento di tutte le unità coinvolte nell’ incidente nonché delle
infrastrutture ma anche gli aspetti connessi allo stato dei luoghi dove si è verificato l’incidente.

Nell’ indagine, che si avvale di tutte le potenzialità offerte dai mezzi di investigazione, sono attivi i CC del Reparto territoriale di Corigliano-Rossano e la Polfer che ha dato un importante ausilio per la corretta ricostruzione dei fatti.

Le linee investigative seguite riguardano la corretta e fedele ricostruzione della dinamica dell’incidente, il corretto funzionamento degli impianti, la condotta tenuta dai soggetti coinvolti nell’ incidente stesso e, infine, l’osservanza di tutte le regole cautelari che disciplinano la delicata attività di circolazione dei treni e l’intersecarsi di tale circolazione con
la circolazione veicolare e pedonale.

Particolare attenzione, pur nella ferma esigenza di una puntuale e rapida ricostruzione dei fatti, sarà prestata anche all’ esigenza di ripristinare, nel tempo necessario, la normale circolazione ferroviaria sul tratto interessato.”

Procuratore della Repubblica di Castrovillari Alessandro D’Alessio

Incidente treno-camion, sindacati in sciopero. Recuperata la scatola nera

ansa

“Sciopero di 8 ore, dalle 9 alle 17, per domani, giovedì 30 novembre, dei lavoratori di tutto il Gruppo Fs italiane e di tutte le imprese ferroviarie per denunciare, in attesa che la magistratura faccia piena luce sull’accaduto, la fragilità di un sistema infrastrutturale dimostratosi nuovamente inadeguato per utenza e lavoratori”.

Così le organizzazioni sindacali Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Orsa trasporti e Fast Confsal a seguito dell’incidente ferroviario avvenuto ieri sera nei pressi di Thurio di Corigliano Rossano, in Calabria e che ha provocato due morti. il capotreno e il conducente del mezzo pesante.

Rfi e Trenitalia hanno diffuso una nota in cui, nel ricostruire la dinamica dell’incidente, si afferma che “il camion ha occupato la sede di un passaggio a livello che, dai primi riscontri, risulta regolarmente funzionante e chiuso”. Nella nota si fa anche riferimento alla presenza sul treno, oltre che della capotreno e del conducente, di dieci passeggeri, che risultano comunque tutti illesi. Nel comunicato si esprime “il dolore ed il cordoglio di Rfi e Trenitalia per le vittime”.

Recuperata scatola nera treno Corigliano Rossano, rimossi nella notte i corpi delle due vittime
E’ stata recuperata ed è in mano agli inquirenti la scatola nera del treno regionale che ieri si è scontrato con un camion in un passaggio a livello a Corigliano Rossano, in provincia di Cosenza.

Due le vittime, i cui corpi sono stati rimossi nella notte e trasferiti in obitorio nell’ospedale di Rossano, il capotreno delle Ferrovie dello Stato Maria Pansini, di 61 anni, di Catanzaro che era a bordo del locomotore, e il conducente del mezzo pesante Said Hannaoui, di 24 anni, di nazionalità marocchina.

All’alba sono iniziati i rilievi sul luogo dell’incidente, eseguiti da una squadra speciale della Polfer giunta nella notte da Roma. Sull’incidente ferroviario ha aperto un’inchiesta la Procura della Repubblica di Castrovillari. Secondo quanto emerso dai primi rilievi effettuati nell’immediatezza dei fatti, non si sarebbe registrato alcun segnale di allarme e il treno regionale avrebbe avuto così il via libera. Inoltre, il conducente del camion, con tutta probabilità, avrebbe fatto manovra all’interno dell’area del passaggio a livello a barriere chiuse, buttando giù anche un pezzo di muro di contenimento.

Incidente treno-camion, due morti nel Cosentino

ansa

E’ di due morti il bilancio di un incidente in cui sono rimasti coinvolti ieri sera a Corigliano Rossano, in provincia di Cosenza, un treno ed un camion. Le vittime sono il capotreno del convoglio, Maria Pansini, di 61 anni, di Catanzaro che era a bordo del locomotore, il regionale che collega la frazione Sibari di Cassano allo Ionio e Corigliano Rossano, ed il conducente del mezzo pesante Said Hannaoui, di 24 anni, di nazionalità marocchina.

La Procura della Repubblica di Castrovillari ha aperto un’inchiesta per ricostruire la dinamica dell’incidente ed accertare eventuali responsabilità. Le indagini vengono condotte dalla polizia ferroviaria insieme ai carabinieri. Sul posto dell’incidente anche i vigili del fuoco ed il personale del 118. Sia il locomotore del treno investitore che il camion, dopo lo scontro, avvenuto all’altezza di un passaggio a livello, hanno preso fuoco.

Le fiamme si sono levate subito altissime, illuminando a giorno tutta la zona interessata dall’incidente. Ciò che al momento appare assodato è che il camion, nel momento in cui è stato investito dal treno, fosse fermo sui binari.

L’ipotesi che viene fatta, anche se vanno effettuati i necessari riscontri, è che il conducente del camion abbia attraversato i binari poco prima che il passaggio a livello si abbassasse e che si sia ritrovato così intrappolato sui binari. Pochi secondi dopo è sopraggiunto il treno, ad una velocità di circa 130 chilometri orari, che ha travolto in pieno il mezzo pesante.

Accessi abusivi a banche dati Finanza, 6 persone ai domiciliari

Guardia di Finanza Cosenza

I finanzieri del Nucleo di Polizia economico finanziaria di Cosenza hanno dato esecuzione all’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Procura del capoluogo, ha applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di sei indagati, tra cui due finanzieri in servizio nello stesso Nucleo.

Gli indagati sono ritenuti responsabili, rispettivamente, di associazione a delinquere, accesso abusivo a sistema informatico e corruzione.

La misura cautelare fa seguito a quella già applicata lo scorso 12 luglio, nei confronti di quattro soggetti, tre dei quali interessati anche dalla misura odierna, per la ritenuta sussistenza della gravità indiziaria in ordine ai reati di accesso abusivo a sistema informatico e corruzione.

Le indagini ulteriori avrebbero delineato la gravità indiziaria anche con riferimento alle ulteriori ipotesi di reato di associazione a delinquere, corruzione e accesso abusivo al sistema informatico.

Secondo quanto emerso, i responsabili di una società informatica, si sarebbero avvalsi, con la mediazione di altri soggetti, dei militari della Guardia di Finanza coinvolti nella vicenda, per estrapolare una mole formidabile di dati relative a persone fisiche e giuridiche mediante accessi abusivi a sistema informatico e a fronte del corrispettivo di rilevanti somme di danaro; i dati illecitamente estratti sarebbero stati, successivamente, commercializzati dalla società informatica, con un considerevole incremento del proprio fatturato.

Leggi anche

Corruzione e accesso abusivo agli atti, arrestati un avvocato e tre finanzieri

Giovane uccide il padre a coltellate, arrestato

Un 23enne ha ucciso a coltellate il padre. E’ successo oggi a Botricello, in provincia di Catanzaro.

Il giovane, di nome Alessio Cosco, secondo una prima ricostruzione, al culmine di una lite, avrebbe sferrato una coltellata al padre, Francesco, di 52 anni, uccidendolo. Alla scena ha assistito la madre del ragazzo. Sul posto sono intervenuti i medici del 118 ma ogni tentativo di soccorso è risultato vano.

I carabinieri di Botricello e quelli della Compagnia di Sellia Marina hanno bloccato il ragazzo e l’hanno portato in caserma dove si trova in stato di arresto per omicidio. Al momento dell’accoltellamento, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, erano soli in casa Francesco Cosco, muratore, e il figlio Alessio, ragazzo che sarebbe in cura per problemi psichici, attualmente disoccupato.

La lite è esplosa nella tarda mattinata ed è degenerata con un fendente mortale al petto che il ragazzo avrebbe inferto al genitore. Vista la copiosa quantità di sangue che gli inquirenti hanno trovato sulla scena del crimine, sarà probabilmente necessario verificare che non siano stati inferti altri colpi.

Sembrerebbe che il ragazzo, dopo l’accoltellamento, si sia recato dal medico di famiglia a chiedere soccorso per il padre. Ma sulle dinamiche dell’accaduto sono ancora aperte le indagini di carabinieri e Procura di Catanzaro. Sconosciuto il movente del litigio che avrebbe portato all’assassinio.

Sul posto sono accorsi i parenti che abitano nel palazzo e sono stati allertati i carabinieri della Compagnia di Sellia Marina e della Stazione di Botricello, che stanno conducendo le indagini, il 118 e l’elisoccorso. Inutili i soccorsi. I sanitari hanno potuto solo constatare il decesso del 52enne.

“Siamo profondamente scossi – è stato il commento del sindaco di Botricello Saverio Puccio – per una tragedia che non avremmo mai potuto immaginare. Non ci sono parole per descrivere una tragedia simile, considerato che la famiglia Cosco ha sempre seguito il figlio, cercando di accudirlo in ogni modo. Siamo tutti vicini ai congiunti. La famiglia è molto nota in paese, Francesco ha sempre lavorato come muratore, mentre il figlio (avrebbe sofferto, ndr) di alcuni disturbi e, da quello che risulta, era regolarmente seguito. Purtroppo, non si è riusciti ad evitare una tragedia immane”.

Minacce, atti persecutori e lesioni a donna incinta, 9 misure cautelari

Nella mattinata odierna, i carabinieri della Compagnia di Catanzaro hanno eseguito un’ordinanza di misure cautelari personali emessa dal Gip di Catanzaro, su richiesta della locale Procura, nei confronti di 9 persone (di cui una destinataria della misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico (l’ex fidanzato) e 8 della misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa e ai luoghi dalla stessa frequentati) per i reati di atti persecutori, minacce e lesioni personali aggravati.

Il provvedimento è scaturito dalla denuncia di una donna, vittima di reiterati comportamenti violenti, tra cui minacce, percosse e pedinamenti, da parte dall’ex fidanzato, che non avrebbe accettato la fine della relazione sentimentale.

Le condotte vessatorie si sarebbero aggravate a seguito dello stato di gravidanza della donna, da ultimo aggredita sotto la propria abitazione da parte proprio dell’ex fidanzato e dei parenti dell’uomo, bloccati dall’intervento tempestivo dei Carabinieri.

E’ stata la denuncia presentata dalla donna, la quale ha riferito di essere stata vittima di “reiterati comportamenti violenti”, a far scattare l’indagine dei carabinieri della compagnia di Catanzaro che ha portato all’esecuzione delle 9 misure cautelari.

In particolare, i militari hanno arrestato e posto ai domiciliari, con applicazione del braccialetto elettronico, l’ex fidanzato della donna e notificato otto divieti di avvicinamento alla persona offesa ed ai luoghi da lei frequentati. La donna aspetta un bambino.

NOTIZIE DALLA CALABRIA

ITALIA E MONDO