9 Ottobre 2024

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Sequestrata l’isola ecologica di Roseto Capo Spulico

L’isola ecologica comunale di Roseto Capo Spulico è stata posta sotto sequestro dai carabinieri-forestali perché non in regola con la normativa sui centri di raccolta dei rifiuti.

Da controlli nel centro, situato in località “Piano D’Orlando”, i militari hanno riscontrato alcune irregolarità in violazione alle norme che regolano la gestione dei siti atti alla raccolta. All’interno dell’isola ecologica erano infatti presenti alcuni cassoni metallici scoperti e stracolmi di rifiuti urbani non indifferenziati, quali residui di umido, plastica, metallo, resti di sfalci, legno e cartone.

L’autorizzazione a tale attività prevede il conferimento solo di rifiuti differenziati tra loro. Inoltre per la lunga permanenza, l’umido contenuto all’interno dei cassoni era ormai in formazione di percolato. All’interno della stessa area erano inoltre depositati direttamente sul pavimento ed a cielo aperto rifiuti eterogenei, alcuni di tipo pericoloso, quali ingombranti, unità esterne climatizzatori, batterie esauste, ombrelloni, biciclette, ventilatori, secchi vuoti in metallo di vernice e simili, marmitte catalitiche, bilance, bombole gas, oltre a sedie di plastica e bidoni di materiale di lavaggio chimico.

Sotto una tettoia era presente un cassone con all’interno Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e pericolosi TV CRT, in parte non riposti in modo corretto. Alcuni frigo e congelatori erano stati deposti direttamente sul pavimento.

Il sito è vincolato paesaggisticamente in quanto si trova nelle adiacenze del torrente Ferro corso d’acqua pubblico. L’attività riscontrata nell’Isola ecologia non rispecchia in termini gestionali quanto imposto dalla normativa configurando di fatto l’ipotesi di reato di gestione illecita di rifiuti. Oltre al sequestro del centro raccolta si è quindi proceduto alla denuncia dell’amministratore della società che gestisce da anni il centro per aver effettuato in maniera non conferme l’ attività di raccolta e gestione rifiuti.

Padre di Fabiana Luzzi, no a permessi premio per omicida

I genitori di Fabiana Luzzi durante i funerali della figlia uccisa (Ansa)

(ANSA) – CORIGLIANO ROSSANO (COSENZA), 5 OTT – Mario Luzzi, il papà di Fabiana, la sedicenne accoltellata e bruciata viva dal fidanzato il 24 maggio del 2013 a Corigliano, ha scritto una lettera al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per protestare contro i permessi premio concessi all’assassino della figlia.

“A marzo 2016 in Cassazione – afferma il papà di Fabiana nella lettera che l’Ansa ha potuto leggere – l’assassino fu condannato a 18 anni e 7 mesi di reclusione, una pena ridicola in confronto alla gravità di quello che ha fatto. Sono venuto a conoscenza che quest’anno, già tre volte, ha ottenuto licenze premio. Tutto questo mette in discussione il significato della parola giustizia. Appena appresa la notizia è stato necessario recarci in ospedale per il forte trauma subito, sapendo di poter ritrovare l’assassino di nostra figlia nel nostro paese, dopo appena 3 anni dalla sentenza. Ci sentiamo distrutti e abbandonati da uno Stato che non ci tutela”.

Poliziotti uccisi, il cordoglio dell’Arma lametina

L’omaggio dei carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme agli agenti del Commissariato dopo l’omicidio dei due poliziotti nella Questura di Trieste.

I carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme hanno reso omaggio stamani a Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, i due agenti uccisi durante la sparatoria nella Questura di Trieste, fermandosi con le auto di servizio con le sirene accese davanti al Commissariato della Polizia.

I carabinieri, accolti dal saluto militare degli agenti, sono poi entrati nel cortile del commissariato lametino ed hanno deposto una corona di fiori al monumento ai caduti della Polizia.

Analoga manifestazione di cordoglio si è svolta stamane a Roma al ministero dell’Interno. I rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia Penitenziaria al Palazzo del Viminale, hanno reso omaggio ai due poliziotti uccisi. Presenti il Prefetto Antonio De Iesu, vice capo vicario della Polizia.

E sono tanti i messaggi di cordoglio per le famiglie dei due agenti uccisi a Trieste e alla Polizia di Stato, che anche in Calabria arrivano dal mondo politico e dalla società civile. Solidarietà è stata espressa dalla parlamentare catanzarese Wanda Ferro: “Questo è un momento di sofferenza, di dolore, e non certo di polemiche. Ma non possiamo trattenere la speranza che il sacrificio di questi uomini – due giovani di appena 30 anni colpiti a morte per la sola colpa di indossare come ogni giorno la divisa per compiere il proprio dovere – possa essere da monito a chi, anche ricoprendo ruoli istituzionali, non esita a mettere in discussione professionalità e rigore morale degli appartenenti alle nostre forze dell’ordine. Noi di Fratelli d’Italia saremo sempre dalla loro parte”, ha detto la parlamentare di Fratelli d’Italia Wanda Ferro.

Confiscati beni a condannato per associazione mafiosa

 Beni immobili e prodotti finanziari per un valore di circa 250 mila euro sono stati confiscati dai Carabinieri di Reggio Calabria a Rocco Carbone, 52enne, palmese ma residente nel mantovano, in esecuzione di un decreto emesso dal tribunale della città dello Stretto.

Le risultanze investigative prodotte dal nucleo investigativo dell’Arma derivano dalla condanna in primo grado a 6 anni di reclusione nel 2013 e passata definitiva nel 2015 nel quale l’uomo è stato condannato per associazione di stampo mafioso.

Nella circostanza sono stati confiscati due terreni agricoli siti nel comune di Seminara e prodotti postali.

Perseguita l’ex moglie, divieto di avvicinamento

Questura di CosenzaAvrebbe messo in atto condotte aggressive e persecutorie nei confronti dell’ex moglie e del nuovo compagno della donna. Ad un uomo di 45 anni, G.G., la Polizia di Stato di Cosenza ha notificato una misura cautelare di divieto di avvicinamento per stalking emessa dal giudice del tribunale bruzio su richiesta della Procura.

In particolare, G.G., è accusato di avere insultato e ingiuriato la donna anche davanti ai figli che, in diverse occasioni, sono stati costretti a rifugiarsi nelle loro camerette. In un caso davanti alla scuola della figlia il quarantacinquenne aveva colpito al braccio la donna con un casco.

La situazione era precipitata dopo che l’ex moglie aveva allacciato una relazione sentimentale, con minacce di morte per lei e per il nuovo compagno pedinato nei suoi spostamenti e, in una circostanza, anche aggredito fisicamente. La donna, davanti a questa situazione, era divenuta preda di uno stato di ansia e di paura temendo per l’incolumità sua e del suo nuovo compagno.

Trovate armi e munizioni a Platì

Due fucili artigianali, con relative munizioni, sono stati rinvenuti dai carabinieri nelle campagne di Platì, nell’ambito di servizi volti alla ricerca di armi e droga.

I militari del posto, supportati dai colleghi Cacciatori di Calabria, nel corso di un rastrellamento nell’area demaniale di “Monte Iacono Agro”, hanno rinvenuto le armi calibro 36 privi di marca e matricola e 35 cartucce a pallini, nascosti tra la fitta vegetazione.

Tutto il materiale rinvenuto è stato sottoposto a sequestro in attesa di accertamenti tecnici volti ad appurare se le armi siano state utilizzate in azioni criminali.

Picchia la madre, arrestato 46enne

Un uomo di 46 anni originario di Torino, ma residente nel comune di Gerocarne (Vibo Valentia) è stato arrestato dai carabinieri di Soriano Calabro con l’accusa di maltrattamenti ai danni della madre.

E’ stata la stessa signora ultrasettantenne ad allertare i militari dell’Arma riferendo che il figlio la stava malmenava. Giunti sul posto, il personale in divisa ha constatato che l’uomo ancora inveiva violentemente contro l’anziana. Non fosse stato per la presenza dei militari poteva finire anche peggio.

La donna aveva infatti vari ematomi e delle escoriazioni. Accertamenti sono in corso per capire i motivi dell’atteggiamento violento del quarantaseienne, che ha dei precedenti.

Poliziotti uccisi, Alejandro non risponde ai pm. Parata auto all’Altare della Patria

Decine di auto della polizia a sirene spiegate davanti l’Altare della Patria hanno reso omaggio ieri sera ai due agenti uccisi, Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, durante una sparatoria nella Questura di Trieste.

Le volanti si sono ritrovate davanti al Milite Ignoto, con i poliziotti all’esterno delle auto per ricordare i colleghi. Numerosi i romani e turisti che si sono fermati per immortalare il momento.

Intanto, Alejandro Augusto Stephan Meran, il dominicano che avrebbe sparato e ucciso i due poliziotti, in ospedale dov’è ricoverato in seguito alla ferita all’inguine, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al pm di turno e al procuratore della Repubblica di Trieste.

Secondo quanto ricostruito dalla Questura, il fratello del presunto omicida Carlysle Stephan Meran ha chiamato la centrale di Polizia per riferire che il fratello aveva consumato la rapina di uno scooter ai danni di una signora in via Carducci, la quale è stata scaraventata a terra.

Pertanto il giovane, si è reso disponibile ad accompagnare i poliziotti presso il domicilio del fratello al fine di recuperare il mezzo. Nel frangente ha specificato che il congiunto soffriva di disturbi psichici, pur non essendo allo stato seguito dai servizi di igiene mentale di questo capoluogo.

Quindi due equipaggi in servizio di Volante ed una pattuglia della Squadra Mobile si sono recati presso l’abitazione di Alejandro Augusto Stephan Meran, unitamente a personale del 118 preventivamente allertato. Appurata la presenza dell’uomo, questo è apparso collaborativo e pacato per cui è stato accompagnato in Questura, insieme al fratello Carlysle, a bordo di una pattuglia.

Giunti all’interno dell’Ufficio Prevenzione Generale, Alejandro Augusto Stephan Meran, dopo aver chiesto di andare in bagno, nell’uscire riusciva a prendere la pistola d’ordinanza in dotazione all’Agente Pierluigi Rotta esplodendo due colpi al lato sinistro del petto e all’addome; uditi gli spari, l’Agente Scelto Matteo Demenego usciva per verificare cosa stesse accadendo, venendo a sua volta attinto sotto la clavicola sinistra, al fianco sinistro e alla schiena.

Durante tali concitate fasi, il fratello Carlysle Stephan Meran, in un primo momento, si barricava all’interno dell’ufficio dell’Ufficio prevenzione crimine impaurito, sotto shock e temendo per la propria incolumità, sbarrando la porta con una scrivania; poi, non udendo più gli spari, scappava nei sotterranei della Questura, dove veniva individuato e bloccato dagli agenti intervenuti.

Nel mentre Alejandro Augusto Stephan Meran tentava di imboccare le scale di accesso ai piani superiori, veniva fatto desistere dal personale presente negli uffici, a cui indirizzava altri colpi senza causare feriti; successivamente, cercava di guadagnare l’uscita dalla Questura attraversando l’atrio adiacente impugnando entrambe le pistole d’ordinanza prima asportate ai predetti operatori, esplodendo ulteriori colpi di pistola all’indirizzo del personale in servizio al corpo di guardia che rispondeva al fuoco; in tale frangente veniva colpito alla mano sinistra un Assistente Capo in servizio alla P.A.S., il quale è attualmente ricoverato presso il locale nosocomio in attesa che venga sottoposto ad intervento chirurgico.

Una volta fuori dall’edificio, il fuggitivo, cercava prima di aprire una volante parcheggiata in prossimità dell’ingresso di via di Tor Bandena, e poi notando l’auto della Squadra Mobile, apriva il fuoco verso il mezzo e all’indirizzo del personale, attingendo la portiera lato passeggero appena aperta. Gli operatori rispondevano al fuoco, attingendo il soggetto all’inguine, senza colpire parti vitali, riuscendo a renderlo inoffensivo ed a disarmarlo, verificando che una delle pistole poco prima sottratte era aperta e col serbatoio vuoto, mentre l’altra aveva il cane armato.

Nel frattempo sanitari del 118 intervenuti tentavano invano di rianimare gli agenti colpiti e prestavano soccorso al ferito, il quale veniva trasportato presso l’ospedale di Cattinara, in attesa di essere sottoposto ad intervento chirurgico.

Una ricostruzione più dettagliata e chiarificatrice – spiega la questura – sarà possibile quando giungeranno gli esiti degli accertamenti tecnici della Polizia scientifica di Padova.

In serata il magistrato di turno ed il Procuratore dopo che il primo in Questura aveva sentito il fratello del pluriomicida, si sono recati in ospedale per interrogare l’indagato che allo stato si è avvalso della facoltà di non rispondere. Quindi i magistrati lo hanno dichiarato alle ore 23.00 in stato di fermo in attesa dell’udienza di convalida.

Migranti, da Di Maio e Bonafede un decreto per i rimpatri sicuri e “veloci”

Annunciata una stretta sui rimpatri degli immigrati clandestini presenti nel nostro paese. Il ministero degli Esteri ha messo a punto un decreto interministeriale che prevederebbe “4 mesi” di tempo per espellere e rimpatriare che non ha diritto a stare in Italia. A illustrare il provvedimento il ministro Luigi Di Maio e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. L’iniziativa è di concerto con il ministero dell’Interno. Il decreto, battezzato “rimpatri sicuri”, non specifica tuttavia tempi e modi di rimpatrio.

Sono 13 i Paesi per i quali si accorcerebbero le procedure. Si tratta di Albania, Algeria, Bosnia Erzegovina, Capoverde, Kosovo, Ghana, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, Tunisia e Ucraina, ha annunciato il ministro degli Esteri nel corso di una conferenza stampa alla Farnesina con il ministro Bonafede, per il quale “con questo decreto, che prevede un elenco di paesi sicuri per i rimpatri, si dimezzano i tempi per l’esame delle domande di protezione internazionale nei tribunali”.

Su un totale di 7.087 arrivi in Italia al 27 settembre 2019, “oltre un terzo appartengono come nazionalità ad uno di questi Paesi”, ha proseguito Di Maio, secondo il quale “per molte di queste persone dobbiamo attendere due anni e questo ha bloccato i meccanismi di rimpatrio”. “Questa lista può essere sempre aggiornata”, ha poi specificato.

“È un decreto che non urla, ma che fa i fatti”, ha dichiarato ancora il titolare della Farnesina. Decreto che è un “primo step”, ha spiegato sottolineando che è il frutto di un lavoro di squadra al quale hanno lavorato il ministero dell’Interno, della Giustizia e la Farnesina. “Sui rimpatri siamo all’anno zero – ha ribadito Di Maio – le cifre sono stazionarie. I meccanismi di rimpatrio non sono stati implementati negli ultimi 14 mesi, anche se ci sono stati miglioramenti”.

Questo “è un primo passo importante che rende il nostro Paese meno burocratizzato per quanto riguardo le procedure” sui rimpatri, ha dichiarato il ministro degli Esteri per il quale “è facoltà dello Stato accelerarle”: l'”importante è fermare le partenze” e questo avviene “con la cooperazione, con meccanismi di rimpatrio, ma anche con una grande azione diplomatica che punta a stabilizzare la Libia”.

“Voglio dire anche per quanto riguarda il secondo decreto sicurezza che non c’è nessuna volontà di metterlo in contrapposizione ad altri provvedimenti”, ha dichiarato ancora Di Maio aggiungendo che “per quanto riguarda quelle normative (del decreto sicurezza bis, ndr) c’erano osservazioni del presidente della Repubblica che andranno recepite ma non riguardano questo genere di decreti”. “Nella prossima legge di bilancio vogliamo potenziare il fondo rimpatri” che serve a “stimolare gli accordi internazionali nell’ambito della cooperazione allo sviluppo”, ha dichiarato ancora Di Maio. Questo fondo, che attualmente può arrivare a 50 milioni di euro, “secondo noi” può crescere “ancora di più”, ha spiegato, sottolineando che “sono soldi che possiamo usare per accelerare i rimpatri” e “l’obiettivo è favorire i rimpatri veloci attraverso accordi mirati”.

“Firmo un decreto che ha ricadute sul sistema giustizia”, ha spiegato il Guardasigilli, riferendosi al testo sottoscritto insieme con i ministri Di Maio e Lamorgese. Le domande di protezione internazionale ”sono in aumento e di fatto occupano grande spazio nei Tribunali”. “Naturalmente ci sarà una valutazione caso per caso ma sarà diverso il meccanismo dell’onere della prova – ha chiarito – ossia non ci sono i presupposti per la protezione internazionale in mancanza di prova contraria . Tutto il sistema sarà più semplice e più celere”.

Intanto, il pre-accordo sui migranti raggiunto nel corso del vertice a cinque tra Malta, Italia, Francia, Germania e Finlandia, e che sarà esaminato a Lussemburgo martedì 8 ottobre durante il Consiglio europeo degli Affari interni, “è un work in progress”. A dirlo è il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, parlando con la stampa a margine del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, oggi in Prefettura a Milano.

“Quella a Lussemburgo sarà una presentazione dell’accordo – continua Lamorgese -. Noi lo presenteremo e poi ogni Stato dovrà verificarlo, non è prevista una firma il giorno dopo. E’ un work in progress. Raggiungeremo un risultato se si arriverà a un numero di Stati (aderenti, ndr) tale da garantire una gestione complessiva del fenomeno a livello europeo”.

Poliziotti uccisi a Trieste, fermati due fratelli immigrati. La ricostruzione

TRIESTE – Qualcuno dice sei, qualcun altro otto, altri parlano di agenti crivellati di proiettili. Pierluigi Rotta, agente scelto, di 34 anni, e Matteo Demenego, agente semplice, di 30 anni, sono morti uccisi dai proiettili delle pistole in uso proprio alla polizia, caduti nei corridoi della Questura di Trieste.

A sparare è stata una delle due persone che gli stessi poliziotti avevano portato in Questura dopo un servizio avviato in seguito al furto di uno scooter. A compiere il furto stamani Alejandro Augusto Stephan Meran, di 29 anni, di nazionalità dominicana. Subito dopo il colpo si pente e chiama il fratello, Carlysle Stephan Meran, di 32 anni, il quale avverte la polizia.

Giungono sul posto una Volante con due agenti a bordo e un’auto della Squadra Mobile. I due fratelli salgono sulla prima vettura; l’altra li segue a distanza, un po’ più indietro a causa del traffico. Un’operazione di routine, senza particolari difficoltà. I quattro a bordo della Volante entrano in Questura.

E quel che segue sono fotogrammi di un film impazzito, una manciata di minuti che seminano il terrore e spezzano due vite. Alejandro, affetto da difficoltà psichiche, chiede di andare in bagno. Gli agenti lo accompagnano ma all’improvviso lui ingaggia una colluttazione: riesce a sfilare la pistola dalla fondina di un poliziotto e spara, probabilmente fino a scaricare completamente il caricatore.

“Spari a bruciapelo”, dirà la Questura nella ricostruzione. Un’azione fulminea che non ha lasciato ai poliziotti la possibilità di difendersi. A terra restano due agenti, morti in un corridoio della Questura dove lavoravano. Mentre il fratello Carlysle fugge nei sotterranei della Questura, Alejandro Augusto tenta la fuga disperata: esce dalla Questura, ferisce un piantone, tenta di entrare in un’auto della stessa polizia. Ma fuori ci sono gli agenti della Mobile, che intanto era sopraggiunta, che sparano, lo feriscono e lo immobilizzano. In queste ore il pm di turno sta compiendo un sopralluogo e sta interrogando il fratello di Alejandro che terrorizzato si era nascosto. Le squadre speciali, intanto, hanno compiuto una bonifica dei locali della Questura, a scanso di equivoci.

In video aggressore a terra ferito – “Vieni a prendermi … non voglio l’ambulanza … sto morendo…”. Sono le frasi che urla Alejandro Augusto Stephan Meran, 29 anni, rivolte al fratello, Carlysle, all’esterno della Questura di Trieste. Alejandro, che ha già ucciso i due agenti, è a terra mentre attende l’ambulanza dopo essere stato ferito durante il tentativo di fuga. La scena è stata mandata in onda dall’emittente locale Tele4 nel corso di una edizione straordinaria trasmessa stasera.

Salvini: “Per gli assassini nessuna pietà”
“Sconcerto e dolore per quanto accaduto a Trieste. Da italiano, una preghiera per i due agenti uccisi e un abbraccio alle loro famiglie. Sempre e comunque dalla parte delle nostre Forze dell’Ordine. Per gli assassini, nessuna pietà”. E’ quanto scrive il leader della Lega Matteo Salvini su fb.

Con la moto contro un muro, muore 55enne

ambulanza campagna

Un uomo di 55 anni, Pietro Castagna, residente nella frazione Presinaci di Rombiolo (Vibo), è morto sul colpo in un incidente stradale avvenuto tra San Calogero e Rombiolo.

L’uomo, che era alla guida della sua moto, per cause in corso di accertamento ha perso il controllo del mezzo andando a impattare contro un muro.

Sul luogo dell’incidente sono intervenuti gli operatori sanitari del servizio di emergenza 118, che hanno constatato il decesso del centauro cinquantacinquenne, e i carabinieri che hanno avviato gli accertamenti per ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto. Disagi per la circolazione sull’arteria.

San Mauro Marchesato, operaio cade da impalcatura e muore

Un operaio di 48 anni, Mario Angiono, di Crotone, è morto stamani, a San Mauro Marchesato, nel crotonese, in un incidente sul lavoro. L’uomo è precipitato da un’impalcatura in un cantiere.

L’operaio, che sarebbe dipendente di un’azienda edile, stava lavorando come muratore alla ristrutturazione di un edificio privato in via Gallucci. Per cause da accertare, Angiono è caduto da un’altezza di circa 15 metri.

L’operaio è stato soccorso dai sanitari del Suem 118, che hanno chiesto l’intervento dell’elisoccorso giunto nel campo sportivo di San Mauro Marchesato, ma per lui non c’è stato nulla da fare.

Sul posto, per le indagini, sono intervenuti i carabinieri di Santa Severina e gli ispettori dell’Azienda sanitaria provinciale.

La salma è stata trasportata presso l’obitorio dell’ospedale di Crotone in attesa dell’esame autoptico disposto dalla Procura della Repubblica di Crotone. Sono in
corso accertamenti per stabilire le cause del tragico evento.

Choc a Trieste, sparatoria in Questura, uccisi due poliziotti

Tragica sparatoria nel pomeriggio presso la Questura di Trieste. Due agenti di Polizia sono stati dapprima gravemente feriti, poi sono deceduti per le gravissime ferite riportate. A sparare, secondo le prime informazioni, sarebbe stata una persona che, portato in questura dopo una rapina avvenuta qualche ora prima, sarebbe riuscito a sottrarre l’arma di ordinanza a un agente e ha fatto fuoco. Nella sparatoria sarebbe rimasto ferito un altro agente.

Altri poliziotti presenti avrebbero risposto al fuoco e ferito il fratello dell’autore insieme a lui in quel momento. L’uomo, che secondo quanto riportato dai media avrebbe anche lui sparato, è stato portato in ospedale con una ambulanza. I due fratelli che hanno sparato contro gli agenti sono stati fermati. E’ quanto apprende l’Ansa dalla Questura.

I poliziotti uccisi sarebbero stati a bordo di una volante. La sparatoria è avvenuta intorno alle 17. In un primo momento era trapelato che uno degli autori era riuscito a fuggire. Non è ancora chiaro se la sparatoria sia avvenuta all’interno della Questura oppure all’esterno.

I due poliziotti uccisi sono l’agente scelto Pierluigi Rotta e dell’agente Matteo De Menego. Avevano entrambi sui trent’anni. Il ministro Lamorgese si sta recando a Trieste insieme al capo della Polizia Franco Gabrielli. Cordoglio è stato espresso dal capo dello Stato Mattarella.

Il sindaco di Trieste, Roberto Di Piazza, ha dichiarato il lutto cittadino. “Esprimo il mio più sentito cordoglio alla Polizia di Stato per i due agenti rimasti uccisi a Trieste e tutto il mio sdegno per quanto avvenuto. Ai familiari dei due ragazzi che hanno perso la vita, mentre con coraggio e abnegazione svolgevano il loro dovere di tutori della sicurezza e della legalità, giunga tutta la mia vicinanza”, ha fatto sapere il presidente del Senato, Casellati.

La telefonata choc di una poliziotta: “Siamo in ostaggio”

“Siamo in ostaggio, dentro la questura di Trieste perché sono stati arrestati due, forse domenicani, non lo so, io li ho visti entrare, e un secondo dopo quando ho aperto il portone di ingresso, ho sentito degli spari”. Così una poliziotta racconta i concitati momenti della sparatoria alla Questura di Trieste nella quale due agenti sono rimasti uccisi ed un terzo ferito. “Praticamente dentro l’ufficio volanti, hanno preso una o due pistole ai colleghi che li hanno arrestati, e hanno cominciato a sparare”.

L’altra telefonata: “Sono morti”

In un’altra drammatica telefonata, i cui audio sono pubblicati da Adnkronos, si sente un agente in centrale che aggiorna i colleghi sui drammatici sviluppi della sparatoria: “Ho parlato adesso con i colleghi della Mobile, hanno smesso di fare il massaggio cardiaco ai colleghi nell’atrio. Hanno smesso perché sono morti tutti e due. Agente scelto e agente, non superavano i trent’anni”.

Fermati i due autori. Si tratterebbe di due rapinatori, due fratelli. Secondo le prime ricostruzioni, due uomini erano stati portati in questura sugli sviluppi di un’indagine per rapina. Uno dei due ha chiesto di poter andare in bagno e ha aggredito un agente sottraendogli l’arma di ordinanza e aprendo il fuoco.

La nota della Questura di Trieste: Hanno tentato la fuga ma sono stati bloccati

I due fratelli autori della sparatoria erano stati accompagnati in Questura da personale delle Volanti dopo “un’attività di ricerca del responsabile della rapina di uno scooter avvenuta nelle prime ore del mattino”. “Per motivi in fase di accertamento -si legge in una nota della Questura di Trieste- uno dei due ha distolto l’attenzione degli agenti ed ha esploso a bruciapelo più colpi verso di loro. Entrambi hanno tentato di fuggire dalla Questura, ma sono stati fermati”.

Truffa dello specchietto, 4 arresti a Catanzaro Lido

truffa specchietto
Archivio

Sono accusati di avere messo in piedi un’associazione per delinquere allo scopo di attuare, ai danni di ignari automobilisti, la cosiddetta “truffa dello specchietto”.

Quattro persone, Renato, Simone e Massimo Berlingeri, di 44, 27 e 42 anni, e Domenico Amato, di 31, sono state arrestate e poste ai domiciliari dagli agenti del Commissariato di Catanzaro Lido con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione ed alla truffa. Gli arresti sono stati disposti dal Gip del tribunale di Catanzaro su richiesta della Procura.

I quattro, secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbero provocato incidenti stradali reali o simulati scegliendo le loro vittime perlopiù tra persone anziane per poi lamentare danni ai loro mezzi e pretendere il pagamento di somme a titolo di risarcimento.

Solo in alcuni casi gli arrestati non sarebbero riusciti nei loro intenti per la resistenza opposta dalle vittime o per il sopraggiungere delle forze dell’ordine. Renato Berlingeri è difeso dall’avvocato Sergio Lucisano. (Ansa)

Roma, Centrodestra contro la Raggi. Salvini: “E’ una calamità”

E’ ricominciata la ‘corsa’ su Roma. Da settimane il centrodestra è tornato a picchiare duro sulla Giunta Raggi e ha cominciato a ‘martellare’ pure il presidente della Regione, Nicola Zingaretti. L’ultimo pretesto, l’emergenza rifiuti. Sono giorni che Matteo Salvini spara a zero sul sindaco, invitandolo a dimettersi al più presto (”E’ una calamità naturale, fare il sindaco non è il suo mestiere…”) senza risparmiare l’attuale segretario Dem (“Raggi e Zingaretti? Chi si somiglia, si piglia…”).

L’obiettivo del ‘Capitano’ è rilanciare la città sotto le insegne del Carroccio. Con questa strategia, raccontano, il segretario di Via Bellerio ‘prenota’ un sindaco leghista e apre, nello stesso tempo, un altro fronte coi grillini e il Pd. Anche Forza Italia e Fratelli d’Italia vogliono ‘la testa di Virginia’ e se la prendono con Zingaretti, artefice del Conte bis con Luigi Di Maio. Raggi si difende e replica via Twitter in particolare al leader della Lega: “Salvini è un chiacchierone: quando era al governo non ha fatto nulla per Roma”.

Dietro gli attacchi al primo cittadino pentastellato e al leader Dem c’è la partita, tutta da giocare, all’interno della coalizione di centrodestra, per la ‘conquista di Roma’ alle prossime comunali. Lega Fi e Fdi si sentono già in campagna elettorale per la conquista del Campidoglio e, prima o poi, i rispettivi leader dovranno mettersi attorno a un tavolo per individuare un candidato sindaco comune. Salvini ha chiarito che ”il centrodestra può vincere se è unito” in Umbria, così come altrove.

Tra gli azzurri, però, c’è chi teme ”Matteo possa fare tutto da solo”, mentre Fratelli d’Italia si aspetta di essere coinvolta e qualcuno, tra i parlamentari del partito di Giorgia Meloni, pensa alle primarie per mettere tutti d’accordo. Libero dal vincolo di palazzo Chigi, dopo aver mollato i Cinque stelle, Salvini è pronto a dare battaglia al Conte bis su più fronti e vuole innanzitutto rafforzarsi sul territorio, provando a vincere tutte le competizioni regionali, a cominciare da Umbria e Emilia Romagna. E guarda già lontano, fissa nel suo mirino la Capitale. Fdi rivendica il ‘primato’ della ”guerra” alla Raggi e si augura che il futuro sindaco di Roma sia un nome condiviso, scelto dopo un confronto interno alla coalizione.

“E’ dalle ultime europee -ricorda il deputato Federico Mollicone- che Fratelli d’Italia sta chiedendo le dimissioni della Raggi con una petizione. Siamo in campagna elettorale permanente e noi siamo capofila dell’opposizione, anche perché fino ad ora siamo stati l’unica opposizione in Campidoglio con il capogruppo De Priamo e gli altri consiglieri. Adesso siamo contenti che ci sia questa mobilitazione di tutte le altre forze politiche e auspichiamo che si trovi un candidato vincente, che non risponda solo agli interessi di parte”. Mollicone vede di buon occhio l’ipotesi di primarie: ”Noi le abbiamo sempre fatte. Ricordo che siamo andati via dal Pdl perchè vennero bloccate le primarie per scegliere la leadership del centrodestra. Le primarie fanno parte del nostro Dna e non le temiamo. Per noi, comunque -avverte l’esponente Fdi- il tema centrale è Roma Capitale, poteri e fondi speciali”.

Ieri Forza Italia è tornata ad attaccare Raggi sulla questione rifiuti per bocca della deputata Maria Spena: ”Se nella politica nazionale i giochini di palazzo hanno prevalso dando vita al governo giallorosso, altrettanto non si può dire per la regione Lazio e il Comune di Roma, il cui unico frutto è il rimpallo di responsabilità mentre Roma affoga. L’alleanza ‘giallorossa’ -sottolinea la parlamentare azzurra- è un frutto avvelenato, funziona solo nelle stanze dei bottoni, nei fatti è un totale fallimento perché incapaci di risolvere i problemi”. (Adnkronos)

Rapani (FdI): «Fondi Europei sospesi certificano incapacità di Oliverio»

Giorgia Meloni con Ernesto Rapani

CATANZARO – «C’è anche la Calabria tra le regioni europee il cui programma operativo di spesa dei fondi strutturali Fesr e Fse risulta interrotto. Centocinquanta milioni destinati a progetti infrastrutturali a rischio per l’incapacità amministrativa dell’Amministrazione Oliverio».

È quanto dichiara il coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, Ernesto Rapani, dopo aver appreso della spada di Damocle dell’Ue che pende sulla Calabria e del rischio di sospensione dell’erogazione dei fondi per le infrastrutture.

«Qualora l’Ue dovesse confermare la sanzione per la Calabria – prosegue il rappresentante del partito della Meloni – significherebbe prosciugare l’unica vera fonte di finanziamento pubblico per gli investimenti e per le imprese. Le vicende verificatesi nei mesi scorsi, hanno influito anche sulla programmazione Por. I dati riportati dal portale “Cohesiondata”, peraltro, sono inappellabili: la Calabria ha speso solo il 19% dei fondi a disposizione e ne ha impegnati il 61%.

C’è poi il rischio, ben più grave, ovvero che l’interruzione dei rimborsi da parte della Comunità europea – rimarca Rapani – si trasformi in sospensione dell’intero programma operativo regionale che dispone di circa 2,4 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, di cui 1,8 miliardi di fondi europei».

«Com’è noto, l’interruzione dei pagamenti da parte di Bruxelles – aggiunge il portavoce regionale di FdI – deriva dall’inchiesta giudiziaria “Lande desolate”, relativa ad appalti di opere pubbliche realizzate in provincia di Cosenza per circa 16 milioni, condotta dalla Procura di Catanzaro e conclusa dalla Guardia di finanzia, che ha portato a fine 2018, provvedimenti cautelari, alcuni di questi poi annullati, per sedici persone tra cui il presidente della Regione, Mario Oliverio.

Insomma, la vicenda certifica, qualora ce ne fosse ancora bisogno, l’incapacità amministrativa del governo regionale di tutelare anche le due uniche “industrie”, agricoltura e turismo a causa del deficit infrastrutturale. I fondi, dunque, ci sono ma non vengono spesi, perché?», chiede Rapani retoricamente. «Semplice – è la risposta – mancano progettualità, capacità amministrativa, visione. E se venisse confermata la sospensione a causa delle inchieste giudiziarie, è la prova provata del dazio che i calabresi devono pagare per colpa di Oliverio&C.»

«Fdi – termina Ernesto Rapani – non condividerà programmi elettorali, non sosterrà candidati e non candiderà nelle proprie liste soggetti coinvolti in azioni giudiziarie a danno alle pubbliche amministrazioni, e quindi alla collettività. Mi auguro che anche le altre formazioni politiche si impegnino a sostenere questa idea. Chi è coinvolto in queste genere di vicende, con buon senso, è auspicabile che ceda il passo ad altri».

Il Giornale: “Fioramonti violento e sessista”. E’ bufera. “Ministro si dimetta”

Lorenzo Fioramonti

Dopo la contestata tassa sulle merendine e la volontà di rimuovere il Crocifisso dalle scuole, arrivano le offese a politici e polizia scritte qualche anno fa su Facebook e ripescate da “Il Giornale”. E’ il nuovo fronte “caldo” che si è aperto contro il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, bersagliato per ore da critiche e richieste di dimissioni per avere in passato lanciato gravi offese a Daniela Santanché, Giuliano Ferrara, Silvio Berlusconi e la stessa Polizia di Stato.

Ex professore di economia politica all’università di Pretoria ed eletto alla Camera nel 2018 con il M5s, Fioramonti viveva all’estero nei giorni dei post contestati. Da lì osservava l’Italia e la politica e secondo il quotidiano milanese, sparava a zero su tutti. Da Silvio Berlusconi definito “l’imperatore della sfiga” durante il terremoto a L’Aquila, alla senatrice Daniela Santanchè bollata come “una demente bugiarda e venduta”.

Tanto da aggiungere: “Se fossi una donna, le sputerei in faccia”. Non si salva nemmeno la polizia: “Sembra più un corpo di guardia del potere, invece che una forza al servizio dei cittadini”, scriveva il non ancora ministro. Parole che rilette a un mese dal nuovo incarico, stridono nel silenzio dei vertici del M5s, con cui i rapporti sembrano freddini, e con i toni infuocati del centrodestra. “Ci aspettiamo la condanna di tutte le forze politiche, senza se e senza ma”, tuona Giorgia Meloni.

La presidente di Fratelli d’Italia chiama in causa anche il premier Conte: “Pretenda le dimissioni di una persona così palesemente indegna di rappresentare la nazione”. Segue a ruota Forza Italia che martella su Twitter con l’hashtag #Fioramontidimettiti, entrato poi nella top ten italiana. Per la capogruppo di Forza Italia al Senato Anna Maria Bernini, il ministro “ha dimostrato di essere un fiume in piena di arroganza, demagogia e volgarità”. Condanna gli insulti alla Santanchè come offese a “tutte le donne” e conclude: “Un atteggiamento che definire inqualificabile è un eufemismo”.

Preoccupata anche Valeria Fedeli del Pd: “Quando il linguaggio di odio e sessismo viene usato da chi si è assunto responsabilità importanti nel Paese è ancora più grave”.

Chiarezza o dimissioni è l’aut aut di Roberto Calderoli della Lega: “Fioramonti chiarisca i fatti, altrimenti meglio davvero che taccia e si dimetta”. Più tardi arriva la versione del ministro: “Oggi non si attacca il mio lavoro ma le mie opinioni di anni fa”, fa notare ma precisa: “erano scritte sulla mia pagina privata” e aggiunge di “aver già chiesto scusa alla diretta interessata”. In serata la difesa del Movimento, attraverso i deputati della commissione Cultura: “Fioramonti è sotto attacco per le sue proposte politiche, dalla centralità della questione ambientale agli investimenti nella scuola”. Ma rilanciano: “Chi attacca il ministro attacca tutti noi”.

Dopo il polverone sollevato dall’articolo del Giornale, nel pomeriggio sono arrivate le sue scuse. “Sono opinioni scritte di getto, di cui non vado fiero”, scrive sui social l’accademico diventato ministro. E accusa alcuni giornalisti di essere andati alla scuola frequentata dal figlio a chiedere informazioni: “Sono nel tritacarne mediatico, ma c’è un limite invalicabile”, dice stizzito il ministro.

Sbarco di immigrati nel Catanzarese, presi gli scafisti

Due cittadini ucraini sono stati fermati dalla Polizia di Stato di Catanzaro perché considerati gli scafisti dello sbarco “fantasma” avvenuto mercoledì mattina a Sellia Marina, con 75 migranti pachistani, giunti sulle coste calabresi con una barca a vela dalla Turchia. Si tratta di un 39enne e un ragazzo di diciannove anni.

Gli agenti della Questura catanzarese dopo lo sbarco avevano rintracciato i due mentre camminavano a piedi. Scattata una perquisizione, all’interno dei loro zaini sono stati trovati alcuni indumenti ancora bagnati, un paio di scarpe ancora intrise di sabbia, un paio di pinne nonché tre bandiere di cortesia per imbarcazioni: una di nazionalità turca, una americana e l’altra greca. Rinvenuti inoltre un tablet e tre cellulari.

I sospetti della Polizia sono stati confermati dalle dichiarazioni di alcuni stranieri e dai filmati registrati da alcuni di loro con i propri cellulari durante la traversata. Le informazioni acquisite dai migranti hanno consentito di accertare che il gruppo era  partito da un porto in Turchia nei pressi di Istanbul lo scorso 25 settembre e che per il viaggio, avvenuto senza soste, avevano pagato circa 5.000 euro a testa, consegnati da propri familiari o amici a terzi intermediari in Pakistan. Gli stranieri durante tutto il viaggio sono rimasti stipati sotto coperta in evidente stato di precarietà. I due ucraini sono stati associati presso il carcere di Crotone.

Il sacerdote calabrese don Francesco Mottola sarà beatificato

Don Francesco Mottola

Papa Francesco ha ricevuto in udienza il cardinale Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il Pontefice ha autorizzato la Congregazione a promulgare il Decreto riguardante il miracolo attribuito all’intercessione di don Francesco Mottola, sacerdote calabrese. La notizia è stata pubblicata nel Bollettino della Sala Stampa della Sede e sull’Osservatore Romano.

Definito perla del clero calabrese, don Francesco si mise al servizio di quelli che in gergo dialettale definiva i “nuju du mundu”, gli scartati, i respinti e rifiutati della società, come li chiama oggi papa Francesco. Uomo di contemplazione e di grande spiritualità, il prete tropeano seppe coniugare le dimensioni della preghiera e della carità, divenendo un certosino della strada.

Un carisma che ha trasmesso a sacerdoti, consacrate dell’Istituto delle Oblate del sacro Cuore e a laici. In occasione del cinquantesimo della sua morte, avvenuta nel 1969 a Tropea, per don Mottola è vicino l’onore degli altari.

Area ospedale di Lamezia, Tansi: “Il degrado è inaccettabile”

Carlo Tansi, candidato a governatore della Regione Calabria

“Viaggiare per la Calabria mi suscita da sempre sensazioni opposte, da una parte orgoglio per la cultura e la tradizione che può emergere da ogni angolo, dall’altra una sana rabbia nel vedere come l’abbandono generale, non solo dovuto alla pubblica amministrazione, mortifica, se non annulla, quello stesso orgoglio”. E’ quanto dichiara Carlo Tansi, ex capo della Protezione civile calabrese e candidato per le prossime elezioni a Governatore della Regione Calabria.

“Ecco, – aggiunge – oggi vedere le immagini dello stato di abbandono e degrado nell’area dove sorge l’ospedale di Lamezia mi pone nuovamente di fronte a questo stato d’animo, ma questa volta con la consapevolezza di poter contribuire a ribaltare questa inerzia distruttiva. Si, perché per vincere le grandi battaglie, come quella della legalità e della lotta alla criminalità, prima di tutto dobbiamo vincere le piccole battaglie di civiltà”.

“Vivere tra spazzatura e ratti non è accettabile – continua Tansi – eppure negli ultimi anni ci siamo dovuti abituare anche a queste cose. Mentre il mondo parla di Greta e l’ecologia è il tema che unisce paesi di continenti lontani, da noi succede di vedere carcasse di elettrodomestici o vecchi materassi abbandonati per strada, ormai anche nei centri commerciali delle nostre città ed anche nei pressi degli ospedali”.

“Il primo sforzo che chiederò a tutti – spiega ancora Tansi – sarà proprio quello di migliorare ciascuno il proprio senso di responsabilità verso il nostro territorio, perché tutti siamo importanti nel processo di cambiamento generale cui siamo chiamati.

Se vogliamo avere il turismo che potrebbe competere ad una regione mediterranea ricca di storia, se vogliamo che i nostri figli non siano costretti ad emigrare per lavorare e vivere con dignità, se vogliamo che non si debba necessariamente partire per il nord per curarci, ecco prima di tutto siamo noi che dobbiamo imparare ad accogliere, che dobbiamo lasciare spazio ai nostri giovani facendoli crescere”.

“Il mio sogno – conclude – è riuscire a vedere una Calabria nella quale vengano a vivere uomini e donne di altre regioni, perché abbiamo saputo davvero cancellare il modello clientelare di livello infimo con il quale è stata gestita ogni cosa, sostituendolo con un modello meritocratico, basato sul sudore e sulla passione oltre che sulle competenze. Ripartire da zero per arrivare a cento”.

 

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