9 Ottobre 2024

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Dieci auto in fiamme a Castrovillari, indagini

Auto incendiate a Castrovillari, forse pista dolosa

Un incendio, sulle cui cause sono in corso accertamenti, ha distrutto nella notte dieci autovetture parcheggiate sul piazzale di una concessionaria automobilistica che svolge anche attività di noleggio.

La struttura commerciale interessata dal rogo è ubicata sul viale del Lavoro, in una zona centralissima della città. Sul luogo dell’incendio, che è scoppiato intorno alle 3, sono intervenute due squadre dei vigili del fuoco del distaccamento di Castrovillari che hanno provveduto a spegnere le fiamme e a mettere in sicurezza i luoghi.

Sull’accaduto hanno avviato indagini i carabinieri della compagnia di Castrovillari che non escludono alcuna pista, nemmeno quella dolosa.

Bancarotta di società, 34 arresti tra Lombardia e Calabria

Agenti della Polizia di Stato e militari della Guardia di Finanza hanno eseguito, in Lombardia e in Calabria, un’ordinanza di custodia cautelare tra carcere e domiciliari nei confronti di 34 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, reati tributari, indebiti utilizzi di carte di pagamento, reati di estorsione e furto. Diverse decine gli indagati. Eseguite numerose perquisizioni.

Sequestrati beni per un valore di oltre 13 milioni di euro, comprese abitazioni riferibili ad un commercialista già tenutario di scritture contabili di società della cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli. Sigilli anche a quote di 3 società e cooperative. Il provvedimento è stato emesso dal gip del tribunale di Como, Carlo Cecchetti.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Como hanno consentito di fare luce su un complesso sistema fraudolento che, mediante lo sfruttamento strumentale e illecito di numerose società cooperative e il ricorso massivo allo strumento dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti, garantiva ingenti guadagni agli indagati, alcuni dei quali contigui alla criminalità organizzata calabrese.

Ventidue persone sono finite in carcere, altre 12 agli arresti domiciliari. Gli arresti di polizia e finanza sono stati eseguiti nelle province di Como, Milano, Lecco, Varese, Monza Brianza e Gioia Tauro.

Gli indagati sono Massimiliano Ficarra, 50 anni, di Gioia Tauro e residente a Lomazzo; Giovanni Cesare Pravisano; Alessandro Tagliente; Najma Bilotti 29 anni di Como; Maria Shalya Puentes Valdespino, 27 anni di Saronno; Domenico Ficarra, 34 anni nato a Cinquedrondi residente a Cermenate (Como); Marcello Rocco Ficarra, 55 anni nato a Gioia Tauro residente a Castronno (Varese); Alfonso Esposito; Paolo Francesco Zammito 52 anni; Rafeel Inti Espinosa Barresa; Francesco Palumbo; Mario Rattaggi, Luca Rotundo nato a Catanzaro residente a Castellanza 48 anni; Luciano De Lumè; Marino Carugati; Semhar Craugat; Agostino Dioguardi; Sabrina Ghitti; Bruno De Benedetto; Alberto Caremi.

Poi Alessia Pravisano; Annamaria Mandelli; Gabriele Galli; Nicola Sciorra; Maria Zappia di Gioia Tauro 28 anni; Pietro Genovese nato a Simeri Crichi residente a Castelseprio, 64 anni; Paolo Lanzara; Felicia Sheyla Puentes Subiaul; Carolina Ramona Nicula 35 anni residente a Gioia Tauro; Ionela Daria Chimigeru; Carmen Garcia Coneza; Alessandro Dioguardi.

Le indagini hanno permesso di documentare l’esistenza di un articolato sistema – secondo l’accusa – ingegnato da Massimiliano Ficarra (commercialista di Gioia Tauro, già tenutario di scritture contabili di società riferibili alla nota famiglia Piromalli) e Cesare Pravisano (ex funzionario di banca), ai quali si è poi aggiunto il commercialista comasco Bruno De Benedetto, volto a creare un complesso sistema di illecito arricchimento posto in essere dagli indagati.

In particolare, è stato documentato lo sfruttamento strumentale e illecito di numerose cooperative che nell’arco di due o tre anni venivano poste in fallimento senza effettuare alcuna dichiarazione fiscale.

Perno di questo sistema fraudolento  – spiegano gli inquirenti – l’emissione di fatture false per operazioni inesistenti con cui abbattere l’imponibile dei consorzi e/o delle società ed il sistematico utilizzo di carte di pagamento intestate a terzi per drenare gli illeciti profitti assicurati dai reati fine.

Il meccanismo fraudolento si alimentava anche grazie ai rapporti intessuti dagli indagati con soggetti gravitanti nel settore politico-amministrativo nonché rapporti con esponenti della criminalità organizzata calabrese che hanno assicurato l’afflusso di denaro fresco qualora ve ne fosse stata la necessità. Tra questi ultimi Alessandro Tagliente, ritenuto legato al detenuto Bartolomeo Iaconis, considerato già capo società della locale di ‘ndrangheta di Fino Mornasco (Como) e Antonio Carlino (destinatario solo di provvedimento reale), soggetto con precedenti di Gioia Tauro ritenuto “vicino” alla cosca Molè-Piromalli.

L’operazione, in codice “Nuovo mondo”, è stata condotta dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, delle Compagnie di Como e Olgiate Comasco unitamente ad agenti delle Squadre Mobili delle Questure di Milano e Reggio Calabria, nell’ambito di una indagine coordinata dal procuratore capo della Procura di Como Nicola Piacente e dirette dal pm Pasquale Addesso.

I misteri del prof. Mifsud, la pedina chiave del Russiagate italiano

Nei quarantatrè giorni intercorsi tra il 15 agosto e il 27 settembre, il Russiagate che ha scosso gli Stati Uniti è diventato un affare italiano. A metà agosto e il 27 settembre, secondo quanto ha rivelato il New York Times, il ministro della Giustizia, William Barr, ha incontrato a Roma Gennaro Vecchione, direttore generale del dipartimento dell’Intelligence italiana, il capo dell’Intelligence all’estero, Luciano Carta, e Mario Parente, capo del Servizio segreto civile. Barr avrebbe chiesto di poter ascoltare la registrazione della deposizione di Joseph Mifsud, professore maltese, che aveva chiesto protezione perché si sentiva in pericolo. Dall’ottobre 2017, Mifsud ha fatto perdere le tracce. Ecco cosa sappiamo fino a oggi.

Chi è Joseph Mifsud​

Nato nel ’60, laurea in Scienza della formazione a Malta, e in Pedagogia a Padova, professore alla London Academy of Diplomacy, ha lavorato a Roma alla facoltà di Scienze Politiche presso la Link Campus University. Secondo alcuni Mifsud sarebbe, in realtà, un agente segreto sotto il controllo di Fbi e Cia. Nella primavera 2016, in piena campagna elettorale, il professore avrebbe rivelato a un consigliere della campagna di Donald TrumpGeorge Papadopoulos, che i russi avevano “migliaia” di email rubate ai democratici e in grado di danneggiare, se fossero state pubblicate, l’immagine dell’avversaria politica, la candidata democratica Hillary Clinton.

L’ex direttore dell’Fbi, James Comey, ha definito Mifsud un agente russo. Per Papadopoulos è un “agente italiano manovrato dalla Cia”. Secondo il legale personale di Trump, Rudolph Giuliani, Mifsud lavora per “i controservizi, o maltesi o italiani”. In un’intervista a Repubblica, l’1 novembre 2017, il professore ha negato di essere una spia. “Non ho mai preso soldi dai russi. La mia coscienza è pulita”. È davvero un agente? Secondo fonti americane citate dal New York Times, il professore non ha mai lavorato né per l’Fbi nè per la Cia. Se avesse svolto attività per la Cia, l’agenzia avrebbe dovuto informare l’Fbi visto che stava indagando su di lui.

L’incontro in Italia

Mifsud e Papadopoulos si sono incontrati per la prima volta in Italia nel marzo 2016. Ad aprile, dopo che il professore era andato a Mosca, i due si video di nuovo, stavolta a Londra. Qui Mifsud avrebbe rivelato la storia delle email in grado di danneggiare la candidata democratica. Il professore avrebbe suggerito a Papadopoulos la possibilità che il Cremlino potesse dare una mano alla campagna di Trump, “rilasciando – come scrive nel rapporto sul Russiagate il procuratore speciale Robert Mueller – in modo anonimo informazioni che potrebbero danneggiare Hillary Clinton”.

Entra in scena l’Fbi

Nel maggio 2016, Papadopoulos rivela a due diplomatici australiani l’offerta ricevuta da Mifsud. Il governo australiano girerà l’informazione agli Stati Uniti, ma solo dopo la pubblicazione, da parte di WikiLeaks, delle email sottratte ai democratici. La segnalazione ricevuta dall’Australia divenne una testimonianza chiave per avviare la contro indagine dell’Fbi sulle interferenze russe nelle presidenziali americane.

Cosa è successo a Papadopoulos

Gli agenti dell’Fbi lo misero sotto indagine, ma lui si era difeso “mentendo ripetutamente”, secondo quanto stabilisce l’Fbi nei documenti sul Russiagate. Alla fine Papadopoulos è stato incriminato per aver detto il falso agli investigatori federali e condannato a dodici giorni di prigione. Uscito dal carcere, il consigliere di Trump aveva preso in affitto un appartamento a Los Angeles. Tra i suoi progetti c’era una possibile candidatura al Congresso. Nel frattempo l’ex consigliere di Trump ha scritto un libro, “Deep State Target”, in cui ha accusato l’amministrazione Obama di aver messo in piedi una trama con i servizi segreti per fermare l’ascesa di Donald Trump. Il 3 ottobre su Twitter, Papadopoulos è tornato ad accusare Barack Obama di collusione con governi stranieri per spiare un avversario politico.
(Agi)

A caccia in area protetta, denunciati sei cacciatori

I carabinieri forestali della Sezione operativa antibracconaggio e reati in danno degli animali di Roma, insieme a quelli del Nucleo operativo Cites di Reggio Calabria, all’interno della Zona di protezione speciale “Marchesato e Fiume Neto”, hanno sorpreso e denunciato 6 cacciatori per attività venatoria in area di protezione speciale.

Il servizio era stato disposto dal Comando unità tutela forestale ambientale e agroalimentare dell’Arma in seguito ad una segnalazione dell’Associazione Cabs, secondo la quale, a settembre, era stato ripetutamente violato il divieto di caccia nel territorio della Zps.

In contrada Vigne di Verzino, i carabinieri, insieme ai volontari del Cabs, guidati dal rumore di numerosi spari, hanno individuato i cacciatori intenti a svolgere una battuta con l’ausilio di numerosi cani.

Per due indagati è scattata l’aggravante dell’uso di mezzi vietati, in quanto utilizzavano armi prive del previsto riduttore del numero dei colpi. Sequestrati i 6 fucili.

Poliziotti uccisi a Trieste, domani fiaccolata a Catanzaro

Squadra Mobile Questura Catanzaro Andromeda Vincenzo TorcasioUna fiaccolata davanti alla Questura di Catanzaro in memoria di Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, i due poliziotti uccisi a Trieste. A organizzare l’iniziativa, che si terrà domani alle 18 in piazza Le Pera, la Federazione provinciale di Fratelli d’Italia di Catanzaro, guidata dalla parlamentare Wanda Ferro, che è anche responsabile nazionale del Dipartimento Sicurezza.

All’iniziativa, durante la quale non verranno esposte bandiere di partito, sono invitati a partecipare i rappresentanti istituzionali e delle forze sociali, i sindacati di Polizia, la cittadinanza tutta.

L’obiettivo dell’iniziativa è quello di onorare il sacrificio di Pierluigi, Matteo e di tutte le vittime del Dovere, di rappresentare la vicinanza e la gratitudine della comunità alle Forze di Polizia, di avviare una riflessione sulle difficoltà operative che investono il lavoro quotidiano degli uomini e delle donne in divisa.

Tromba d’aria nel Vibonese, danni

Tromba d'aria a Pizzo, danni
Ansa

Una tromba d’aria si è abbattuta nella tarda mattinata a Pizzo Calabro, nel Vibonese. Il vento forte ha colpito, in particolare gli edifici che ospitano la sede municipale e un istituto scolastico.

Non si segnalano problemi per le persone grazie al fatto che in quel momento sia i ragazzi che i dipendenti del Comune si trovavano all’interno dei rispettivi edifici. Numerose le tegole sollevate e scagliate a distanza senza creare pericoli per le persone.

Per la furia del vento un albero è caduto su un’autovettura parcheggiata danneggiandola pesantemente. Divelti anche alcuni cartelloni pubblicitari. Gli operai del Comune, i vigili urbani e il personale dell’ufficio tecnico sono al lavoro per effettuare le necessarie verifiche e stilare una ricognizione dei danni.

False fatture, condanna per i genitori di Renzi. Pena sospesa

Laura Bovoli e Tiziano Renzi, genitori dell'ex premier Matteo
Laura Bovoli e Tiziano Renzi, genitori dell’ex premier Matteo (Archivio)

Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori dell’ex premier Matteo Renzi, sono stati condannati a un anno e nove mesi di reclusione dal giudice di Firenze Fabio Gugliotta al processo per due fatture false che li vedeva imputati insieme all’imprenditore Luigi Dagostino.

Quest’ultimo è stato a sua volta condannato, a due anni di reclusione. Il pm Christine von Borries nella sua requisitoria odierna aveva chiesto per i genitori di Renzi una condanna a un anno e nove mesi, e a due anni e tre mesi per Dagostino.

Il dispositivo condanna gli imputati con la continuazione e a pena sospesa. Il giudice Gugliotta inoltre ha condannato gli imputati al pagamento delle spese processuali e all’interdizione da incarichi direttivi nelle società per 6 mesi, all’interdizione dal ricoprire incarichi pubblici per un anno e a far parte di commissione tributarie in perpetuo. Luigi Dagostino deve risarcire la parte civile – Tramor spa – di 190.000 euro e al pagamento delle spese processuali della stessa Tramor per 3.500 euro. Le motivazioni della sentenza saranno disponibili tra 90 giorni.

“Sono consapevole che si tratta solo di un primo momento, non perdo assolutamente fiducia nella giustizia e aspetto con i miei difensori il processo di appello”, ha detto Tiziano Renzi apprendendo dal suo legale, avvocato Federico Bagattini, la sentenza.

Consulenze per l’outlet di Dagostino a Reggello (Firenze) realmente fatte e regolarmente pagate per fatture da 20.000 e 140.000 euro. Così, ribadendo la genuinità del rapporto tra gli imputati nella gestione delle loro società, hanno chiesto l’assoluzione piena ‘perché il fatto non sussiste’ le difese del processo di Firenze dove sono accusati di emissione e utilizzo di fatture false i genitori dell’ex premier, e l’imprenditore degli outlet Dagostino.

“Il lavoro è stato svolto, è stato regolarmente fatturato e pagato. L’Erario non ha subito alcun pregiudizio. Tutto ciò segna in maniera inequivocabile l’innocenza degli imputati”, ha detto in un passaggio dell’arringa il difensore di Laura Bovoli, avvocato Lorenzo Pellegrini evidenziando i punti deboli dell’accusa. L’avvocato Bagattini ha sottolineato la non fondatezza delle accuse chiedendo l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”.

Stessa richiesta da parte di Alessandro Traversi, difensore di Luigi Dagostino: “La prestazione per Tramor c’è stata e il prezzo è stato interamente pagato senza nessuna restituzione di esso, neanche parziale, anche le imposte sono state pagate sulle fatture” citando intercettazioni “dirimenti” in cui Dagostino con vari interlocutori dice in vari modi di non voler chiedere lo “sconto col padre del presidente del consiglio dei ministri”. Su altra accusa a Dagostino Traversi ha aggiunto che “non ci può essere ‘truffa mediante induzione in errore’ perché il gruppo Kering, che aveva acquistato la Tramor spa” in precedenza amministrata da Dagostino “svolge controlli precisi sui pagamenti da fare”, “non è sufficiente che Dagostino possa aver chiesto al manager Carmine Rotondaro, pur alto dirigente di Kering Holland, di pagare”.

“Massimo rispetto per la giustizia, come sempre. Rispettiamo i giudici e aspettiamo le sentenze definitive, quelle della Cassazione”: così Ettore Rosato di Italia Viva sulla sentenza. (Ansa)

Erdogan annuncia attacchi militari turchi in Siria. Curdi: “Reagiremo”

L’operazione militare turca per prendere il controllo del nord-est della Siria potrebbe iniziare in qualsiasi momento. Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, dopo l’annuncio di Donald Trump di voler abbandonare l’area.

“C’è una frase che abbiamo sempre utilizzato: possiamo arrivare una notte all’improvviso. È assolutamente impossibile per noi tollerare ulteriormente le minacce di questi gruppi terroristici”, ha aggiunto Erdogan in una conferenza stampa prima di partire per la Serbia, facendo riferimento alle milizie curde dell’Ypg, il ramo siriano ritenuto contiguo ai terroristi curdi del PKK, nemici giurati di Usa, Turchia e Ue.

Trump: “Via da guerre ridicole”
“E’ il momento per noi di sfilarci da ridicole guerre senza fine, molte delle quali tribali. E’ il momento di riportare i nostri soldati a casa”, twitta Donald Trump, dopo la decisione degli Usa di ritirarsi dal confine tra Siria e Turchia.

“Combatteremo solo dove avremo benefici, e combatteremo solo per vincere. Turchia, Europa, Siria, Iran, Iraq, Russia e i curdi dovranno risolvere la situazione e capire cosa voglio fare con i soldati dell’Isis catturati”.

I curdi-siriani: “Se Turchia attacca ci difenderemo”
Le forze curdo-siriane hanno affermato oggi di esser pronte a “difendere a ogni costo” il nord-est della Siria, in particolare la zona frontaliera con la Turchia esposta alla pressione turca e da dove nelle ultime ore si sono ritirare truppe americane. “La zona è ora diventata un teatro di guerra. Noi siamo determinati a difendere il nordest a ogni costo”, ha detto il portavoce delle forze curdo-siriane, Mustafa Bali, citato dai media locali e regionali.

Onu: “Ci prepariamo al peggio”
Intanto le Nazioni Unite si stanno “preparando al peggio” nel nord est della Siria dopo che gli Stati Uniti si sono fatti da parte per permettere alla Turchia di effettuare azioni militari nella zona. “Non sappiamo cosa succederà. Ma ci prepariamo al peggio”, ha dichiarato il coordinatore Onu per le operazioni umanitarie in Siria, Panos Moumtzis sottolineando che le Nazioni Unite sono in contatto “con entrambe le parti sul campo”. La nostra priorità, ha detto, è che qualsiasi eventuale azione della Turchia non abbia conseguenze sul piano umanitario.

Pentagono: “No a sostegno militare a Turchia”
“Gli Stati Uniti non sostengono l’annunciato intervento militare della Turchia nel nord della Siria: lo sottolinea il Pentagono in un comunicato nel quale si ammonisce Ankara delle “conseguenze destabilizzanti” di una possibile azione militare.

Trump intende ritirare una cinquantina di militari Usa dalla Siria lasciando così margine di manovra a Erdogan di conquistare una zona strategica ad est del fiume Eufrate in Siria, definita strategica per la sicurezza turca, ma in cui vive la popolazione curda. La mossa di Erdogan è finalizzata a “liberare” quei territori da quelli che definisce gli alleati dei terroristi del PKK.

Ancora non si registrano reazioni da parte della Russia di Vladimir Putin, che è alleato strategico della Siria, in antitesi alla Turchia che invece fa parte della Nato, quindi alleata militarmente del blocco occidentale.

Il presidente Usa avverte Erdogan: “Pronti a distruggere economia turca”
“Come ho detto in passato, se la Turchia fa qualcosa che io, nella mia insuperabile saggezza, considero off limits distruggerò e annienterò l’economia della Turchia (l’ho già fatto in precedenza!)”, twitta Donald Trump. “Gli Stati Uniti hanno fatto molto di più di quanto ci si potesse attendere, inclusa la cattura del 100% del Califfato dell’Isis. E’ ora che altri nell’area, alcuni molti ricchi, proteggano il loro territorio”, aggiunge Trump.

Critici molti paesi europei alla minacciata offensiva turca sul territorio curdo siriano. La stessa popolazione – sostengono – che ha dato un grosso contributo all’arretramento delle truppe del califfato dell’Isis.

Poliziotti uccisi, in un video Alejandro Meran mentre spara

Ansa

La Polizia ha diffuso alcune immagini della sparatoria avvenuta venerdì in Questura a Trieste in cui sono rimasti uccisi i due poliziotti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, per mano di Alejandro Augusto Stephan Meran, il ventinovenne dominicano ora in carcere con l’accusa di duplice omicidio.

Nelle immagini si vede l’uomo in bagno armato di pistola, quando esce nell’atrio spara almeno tre colpi ad altezza d’uomo per poi dirigersi all’esterno dove tenta di aprire la portiera di una volante della Polizia.

Non riuscendoci si è diretto verso la Panda della Squadra Mobile che ha fatto velocemente retromarcia. Poi si ripara dietro le auto parcheggiate. In tutto avrebbe sparato oltre una quindicina di colpi da due pistole. E solo grazie alla prontezza degli agenti della Questura triestina, se non c’è stata una strage.

“Non c’è correlazione tra l’ipotetica inefficienza della fondina e l’episodio che ha visto la morte dei colleghi” della questura di Trieste. Il tema degli approvvigionamenti “esiste comunque, perchè abbiamo finanziamenti schizofrenici e siamo perennemente in affanno” ha detto il capo della Polizia Franco Gabrielli. Quello che è successo, ha spiegato, “appartiene all’ambito dell’imponderabile che c’è anche nel nostro lavoro. Quando si esercita un pietoso giudizio negativo sull’operato di questi ragazzi, ci si dimentica del contesto” in cui è avvenuto il fatto; “si parla di una persona che aveva rubato un motorino”, non di una cosa più grave. “Assurdo – aggiunge – è termine consono per questa vicenda”.

Secondo il capo della polizia “un plauso ai colleghi della questura Trieste. Abbiamo pagato un prezzo altissimo, ma la professionalità dei colleghi di Trieste ha impedito che la dimensione della tragedia fosse molto più ampia. L’assassino aveva due pistole in mano e a 150 metri dalla questura c’è piazza dell’Unità d’Italia e se l’assassino l’avesse raggiunta avremmo pagato un prezzo più alto”.

Regionali in Calabria, Di Maio a Nesci: Non puoi candidarti

Dalila Nesci

La parlamentare del M5s Dalila Nesci si è autocandidata alla presidenza della Regione Calabria alle prossime elezioni regionali, ma da suo movimento è arrivato un secco no.

“Dalila è intelligente e sa che non si può fare. Abbiamo delle regole e vanno rispettate. Non esistono deroghe”, ha fatto sapere al Fatto quotidiano il capo politico Luigi Di Maio.

La pentastellata, che già si era detta contraria ad un patto civico come in Umbria con il Pd, aveva manifestato l’intenzione di candidarsi a governatrice per i cinquestelle. Un passo in avanti che non è affatto piaciuto a Roma che probabilmente attende l’esito delle regionali in Umbria per eventualmente proporre la stessa alleanza con i dem anche in Calabria, sebbene molti iscritti e quasi tutta la deputazione calabrese è contraria.

Incidente mortale a Rende, oggi i funerali per 3 ragazzi. Lutto cittadino

Le povere vittime dell’incidente stradale a Rende: da sinistra Alessandro Algieri, Mario Chiappetta, Federico Lentini e Paolo Iantorno

Sarà lutto cittadino oggi a Cosenza dopo il drammatico incidente di ieri notte sulla 107 a Rende in cui sono morti quattro ragazzi giovanissimi: Alessandro Algieri, Mario Chiappetta, Ernesto Federico Lentini e Paolo Iantorno, tra i 18 e i diciannove anni.

A proclamarlo con una ordinanza il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto che domenica si è detto sgomento per una tragedia che ha colpito profondamente la città, la regione e l’intero paese. Anche il sindaco di Rende Marcello Manna ha espresso cordoglio per il dramma. Occhiuto non ha disposto la chiusura delle scuole, ma ha invitato i dirigenti scolastici e i prof a momenti formativi di riflessione sul tracico evento insieme agli studenti. La bandiera a palazzo dei Bruzi sarà esposta a mezz’asta.

I funerali per tre di loro si svolgeranno nel pomeriggio. Per Paolo e Mario le esequie sono previste nella Chiesa di Cristo Re di Viale Mancini (alle 15.30 e alle 17.30), mentre per Federico nella Chiesa del Crocifisso alla Riforma alle 15.30.

La procura di Cosenza ha disposto l’esame autoptico sulla salma di Alessandro Algieri, la giovane vittima che era alla guida della Volkswagen Polo su cui viaggiavano le altre tre vittime.

Intanto, restano gravissime le condizioni del 33enne Gaspare Salerno che era a bordo dell’altra vettura coinvolta. L’uomo, secondo quanto appreso, lotta tra la vita e la morte nel reparto rianimazione dell’ospedale Annunziata di Cosenza. Nella notte è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico. La fidanzata che era con lui, Carla Giampieri è rimasta ferita in modo critico ma sarebbe fuori pericolo.

L’incidente mortale poco dopo la mezzanotte di sabato sulla Silana Crotonese, all’altezza dello svincolo di Piano Monello, dove per cause da accertare si sono scontrate frontalmente una Polo a bordo della quale c’erano le vittime, e una Citroen C3 su cui viaggiava la coppia.

Naufragio a Lampedusa, vittime e dispersi. Salvini: “Porti aperti nuovi morti”

Naufragio
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Una imbarcazione con una cinquantina di migranti a bordo si è capovolta al largo di Lampedusa. Ci sono diverse vittime e dispersi. Durante le ricerche della Guardia costiera sono stati recuperati in tutto 13 cadaveri. Le ricerche proseguono.

Secondo una prima ricostruzione, quando sono arrivate le motovedette per procedere al trasbordo, i migranti si sono spostati tutti da un lato e, complice il mare mosso, hanno fatto ribaltare l’imbarcazione.

Ci sarebbero anche 8 bambini tra i dispersi. A raccontarlo, i sopravvissuti agli uomini della Guardia costiera e della Guardia di finanza che li hanno soccorsi. Gli immigrati sarebbero tunisini e subsahariani. I sopravvissuti soccorsi e salvati sarebbero finora ventidue.

Salvini: “Riaprire i porti provoca nuovi morti”
“Riapertura dei porti che provoca nuovi morti nel Mediterraneo e sbarchi triplicati, mafiosi fuori di galera, governo che litiga su tutto, tasse in aumento e Conte in fuga”. E’ quanto scrive il leader della Lega Matteo Salvini in merito al naufragio avvenuto al largo di Lampedusa.

L’ex vicepremier e già ministro dell’interno ha sempre sostenuto che la riapertura dei porti incentiva i trafficanti di esseri umani a programmare nuove partenze.

Sulla nuova strage di immigrati la Procura di Agrigento ha aperto una inchiesta. Il fascicolo è, al momento, contro ignoti. Il procuratore capo Luigi Patronaggio ha inviato Lampedusa un suo sostituto che seguirà da vicino l’evolversi della situazione.

Botte e insulti ai bambini delle elementari, sospesa una maestra

Maltrattamenti scuola elementare
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Una maestra di una scuola elementare di Palizzi Marina (Reggio Calabria), è stata sospesa dall’insegnamento per un anno perché accusata di maltrattamenti ai danni dei suoi piccoli alunni. A notificare alla donna la misura cautelare, i militari della Guardia di finanza, in esecuzione di un provvedimento emesso dal gip del tribunale di Locri su proposta della locale procura.

L’inchiesta rappresenta l’epilogo di investigazioni, anche di natura tecnica, coordinate dal pm di Locri e condotte dalle Fiamme gialle della compagnia di Melito Porto Salvo, attraverso le quali è stato possibile appurare, in molteplici occasioni, il perpetuarsi di maltrattamenti, percosse e minacce ingiustificate compiute dalla maestra nei confronti di alcuni alunni della scuola elementare.

A far scattare le indagini i racconti e le denunce dei genitori di alcuni bambini. Gli alunni, tornati a casa da scuola, spesso raccontavano ai propri familiari di schiaffi, calci e spinte, ricevuti ingiustificatamente dalla maestra durante le sue ore di lezione.

Alcuni dei bambini, evidentemente spaventati e umiliati dalla deplorevole situazione, erano arrivati a fingere stati di malessere ovvero di chiedere espressamente ai genitori di non andare a scuola proprio nei giorni in cui l’insegnante faceva lezione.

La scioccante conferma dei fatti riportati dai minori è pervenuta attraverso la visione di alcuni filmati captati all’interno delle classi e registrati con telecamere appositamente installate all’insaputa di alunni e personale.

Le immagini, infatti, hanno da subito mostrato plurimi episodi di violenza fisica, percosse e strattonamenti, nonché violenza psicologica e verbale poste in essere dall’insegnante che, secondo le indagini, utilizzava un linguaggio subdolo e scurrile, appellando i propri alunni “stupidi e maiali”, e talvolta minaccioso. In ogni caso, non consono all’educazione di bambini di tenera età.

Successivamente, i militari hanno ritenuto opportuno approfondire la situazione e con i pm sono stati ascoltati i racconti dei bambini con l’ausilio di una psicologa.

Durante tali colloqui, i bambini si sono aperti, facendo più volte riferimento a comportamenti offensivi, talora anche violenti, posti in essere dall’insegnante, così confermando gli elementi appresi poco prima.

I bambini raccontavano di “una maestra cattiva”, del tutto indifferente alle sofferenze apportate al bambino fisicamente o verbalmente maltrattato.

Eravamo tutti scioccati, c’erano due bambini a terra e la maestra che gli aveva fatto male rispose che non le importava” raccontava uno di loro, mentre un altro rammentava di aver ricevuto intenzionalmente uno “schiaffo dove avevo la cicatrice di un’operazione chirurgica”.

Analizzato l’intero scenario delineatosi nel corso dell’attività investigativa, ricorrendo esigenze cautelari nei confronti dei giovanissimi studenti dell’istituto primario, specie alla luce dell’imminente avvio del nuovo anno scolastico, la Procura di Locri ha chiesto e ottenuto dal giudice l’applicazione della misura interdittiva della sospensione dall’insegnamento.

Tonnellate di rifiuti campani in Lombardia e poi in Calabria, 11 arresti

smaltimento rifiuti discaricaSi sono concluse nella mattinata odierna le operazioni condotte dai Carabinieri Forestali dei Gruppi di Milano, Lodi, Pavia,Torino, Napoli, Reggio Calabria e Catanzaro che hanno smantellato un sodalizio criminoso dedito al traffico illecito di rifiuti che è si reso responsabile del riempimento di numerosi capannoni abbandonati nel Nord Italia e di tombamento di rifiuti in una cava dismessa in Calabria (Lamezia Terme).

L’attività, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice del Tribunale di Milano nei confronti di 11 responsabili tutti italiani, alcuni dei quali operanti  nel settore dei rifiuti.

Sono state eseguite perquisizioni presso 4 ditte e impianti di trattamento rifiuti nelle province di Como, Trento, Napoli, Catanzaro e sono stati sequestrati, ai fini della confisca  4 automezzi utilizzati per la realizzazione del traffico di rifiuti.

L’ indagine della DDA di Milano costituisce la prosecuzione dell’Operazione “Fire Starter” che aveva portato, nell’ottobre del 2018 all’arresto di 6 soggetti responsabili del traffico di rifiuti riferito al capannone di Corteolona (PV) e del gravissimo rogo del medesimo la notte del 3 gennaio 2018.

Le indagini riferite ai responsabili del rogo avevano infatti “acceso un faro” su dinamiche criminali di ancor più ampia portata che sono state oggetto degli accertamenti sia di carattere tradizionale che tecnico (intercettazioni telefoniche, telematiche, videoriprese) da parte dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale di  Milano e Pavia.

L’Autorità Giudiziaria ed i carabinieri forestali sono quindi riusciti ad individuare una organizzazione criminale capeggiata da soggetti di origine calabrese,  tutti con numerosi precedenti penali, i quali attraverso una complessa struttura fatta di impianti autorizzati complici e trasportatori compiacenti, società fittizie intestate a prestanome e documentazione falsa, gestiva un ingente traffico di rifiuti urbani e industriali provenienti da impianti campani (in perenne condizione di “sovraccarico”) i quali, attraverso una vorticosa serie di “passaggi” tra impianti a volte reali a volte fittizi, finivano in capannoni abbandonati in diverse aree industriali del Nord Italia che venivano riempiti e poi chiusi saldandone addirittura le porte.

È stata, altresì, documentato dagli investigatori attraverso monitoraggio GPS dei camion e pedinamenti a distanza,  l’interramento di un carico di 25 tonnellate di rifiuti presso una cava dismessa di Lamezia Terme, reato poi interrotto in flagranza.

I rifiuti provenienti da impianti dell’hinterland Napoletano erano intermediati da una società di Acerra la quale si occupava di individuare destini “apparentemente leciti” a rifiuti non trattati come dovuto. Ciò avveniva grazie alla disponibilità di trasportatori “di fiducia” ed al ruolo fondamentale svolto da un impianto di trattamento autorizzato in provincia di Como il quale fungeva da reale “snodo” del traffico, garantendo al sodalizio criminale un “destino formalmente corretto” dei vari trasporti. In realtà i rifiuti solo apparentemente venivano trattati presso l’impianto comasco, in realtà venivano destinati tal quali a riempire capannoni dismessi, ad essere abbandonati in ex aree industriali, ad essere interrati. I trasportatori compiacenti venivano scortati di volta in volta da apposite staffette che li guidavano nel sito abusivo “del momento”.

A disposizione del sodalizio anche una professionista in campo ambientale di Como,  la quale, dietro compenso, prestava la sua consulenza tecnica per la “creazione” del complesso sistema documentale utilizzato per “schermare” il traffico. Il tutto nella piena consapevole del profilo  criminale dei suoi clienti.

Grazie all’opera di “raccordo” condotta dalla DDA di Milano, singoli e diversi fascicoli penali  relativi ad episodi di abbandoni o discariche di rifiuti in tutto il nord Italia sono stati analizzati in maniera unitaria e ne è stata individuata la riconducibilità al sodalizio criminale. Con riferimento al solo hinterland milanese sono state ricondotte all’operato degli indagati i capannoni colmi di rifiuti sequestrati a Gessate, Cinisello Balsamo e area Ex Snia di Varedo.

Oltre all’impianto SMR Ecologia di Como, vero snodo del traffico, sono stati individuati e sequestrati già nei mesi scorsi gli impianti Salcon Sas di Como, Tecnometal di Trento e Eco.Lo.Da. di Lamezia Terme quali siti illeciti di destino di rifiuti. Lo stesso sito della Eco.Lo.Da. sequestrato nel giugno del 2018 si era presentato come un semplice capannone privo di qualsivoglia dispositivo per il trattamento di rifiuti.

Il destino “calabrese” dei rifiuti, che ha interessato l’area del Lametino notoriamente caratterizzata da forte radicamento di cosche di ‘ndrangheta, ha riguardato anche una cava dismessa dove i rifiuti venivano interrati, cava in passato già oggetto di una sequestro perché utilizzata per l’occultamento in fusti  di armi e droga.

Nel momento in cui  inumerosi sequestri di siti di stoccaggio illeciti nel nord Italia hanno “allarmato” il sodalizio criminoso e reso più complesso il reperimento di siti abusivi al nord, si è assistito pertanto ad una  “inversione di flusso”  e, grazie a contatti con le cosche del territorio lametino, sono stati individuati i destini illeciti utili a proseguire  la  frenetica attività di smaltimento illecito di rifiuti ed i connessi profitti.

Ciò in virtù del fatto che, offrendo agli impianti in difficoltà, costi di smaltimento inferiori a quelli elevatissimi delle discariche o degli inceneritori, la domanda di mercato gestita dall’associazione criminale era praticamente inesauribile.

Lo “smaltimento”in realtà  si tramutava nella realizzazione di discariche abusive per oltre 14.000 tonnellate di rifiuti di ogni natura, il volume complessivo di illeciti profitti è stato stimato in oltre 1.700.000 euro con riferimento all’anno 2018.

I profitti illeciti poi, transitati presso i conti delle società coinvolte ed apparentemente riconducibili a prestazioni nel settore dei rifiuti venivano “drenati” attraverso significativi prelevamenti in contante e ricariche su carte postepay utilizzate ad hoc, evitando cosi la tracciabilità dei flussi di denaro.

A connotare l’atteggiamento spregiudicato della banda anche un tentativo di sequestro di persona, accertato nel corso delle indagini, ai danni di un imprenditore campano per ottenere il pagamento immediato di trasporti illeciti di rifiuti effettuati per suo conto.

L’indagine che sin da subito ha visto coinvolti in ruoli chiave del sodalizio criminoso soggetti calabresi pluripregiudicati ed uno dei quali già coinvolto nelle operazioni contro la ndrangheta quali “Tenacia”e “Infinito Crimine”, ha altresì evidenziato un caso di infiltrazione criminale nella stessa società SMR Ecologia di Como da parte dei calabresi i quali intercettati la definivano il loro “Feudo”.

Partendo da una forma di illecita collaborazione con l’impianto di trattamento rifiuti di Como per agevolare l’abnorme flusso di rifiuti gestiti, gli indagati calabresi hanno adottato atteggiamenti sempre più “invasivi” sulla società arrivando ad utilizzare personalmente gli uffici della ditta, i mezzi, il carburante e le autorizzazioni. Ciò ha determinato poi la proprietà della ditta, un imprenditore lombardo fiaccato anche da problemi economici e giudiziari, alla cessione della stessa al gruppo criminale attraverso l’intestazione ad un prestanome appositamente designato.

Altamente significativa dello stato di soggezione dell’imprenditore lombardo e delle  modalità di infiltrazione utilizzate dagli indagati è la stessa definizione che ne dà l’imprenditore ovvero “gente che viene a casa tua e anche se non ti trova, si mette lì e dice : ora io DEVO mangiare la pastasciutta con te”.

Emblematico della vicinanza agli ambienti di ‘ndrangheta anche la conversazione tra due pregiudicati calabresi i quali discutendo animatamente su una controversia  legata a somme di denaro ne rimandano la definizione a quando “saranno a tavola con i cristiani di Platì e San Luca e si vedrà chi ha ragione e chi ha torto”.

Terremoto di M. 4.0 a Catanzaro, panico e gente in strada. Evacuate le scuole

sismografo

Una scossa di terremoto di magnitudo 4.0 si è verificata alle 8.11 nel territorio di Catanzaro. L’epicentro è stato localizzato a Caraffa di Catanzaro, un centro a pochi chilometri dal capoluogo. Non risultano, al momento, né feriti, né danni, ma gli istituti scolastici, a titolo cautelativo, sono stati fatti evacuare anche perché la scossa ha suscitato molta paura.

Numerose telefonate stanno giungendo alla sala operativa dei vigili del fuoco di Catanzaro ma soprattutto per avere notizie e rassicurazioni. La scossa è stata chiaramente avvertita dalla popolazione dalla zona di Lamezia Terme, sul mare Tirreno, fino al quartiere Lido di Catanzaro, sullo Ionio.

A Catanzaro, oltre alle scuole, sono stati evacuati anche gli uffici della Prefettura e di altri uffici comunali e provinciali.

La sala “Situazione Italia” è in contatto con le strutture della protezione civile sul territorio. Il terremoto, spiega un tweet, è stato “avvertito dalla popolazione, dalle prime verifiche non risultano feriti né danni”.

Secondo i dati dell’Ingv, la scossa ha avuto un epicentro a 27 chilometri di profondità, localizzato a 2 km a nordovest di Caraffa di Catanzaro.

Russiagate, Renzi: “Conte riferisca al Copasir”

Matteo Renzi

Sugli incontri tra il ministro della Giustizia degli Stati Uniti William Barr e i vertici dei Servizi segreti italiani “potremo dare un giudizio quando il presidente del Consiglio, nella sua veste di capo dei Servizi, spiegherà al Copasir quello che è stato fatto”. Lo ha affermato Matteo Renzi, ospite di Lucia Annunziata a “In Mezz’ora” su Raitre.

“I Servizi segreti italiani – ha aggiunto Renzi – vanno messi in condizione di lavorare e sono in stragrande maggioranza degli straordinari professionisti. Personalmente penso che il presidente del Consiglio, in generale e nello specifico quello di adesso, farebbe bene a dare la delega. Suggerisco, nell’interesse del presidente del Consiglio, di avere un signor professionista che si occupi di queste cose e di non metterci sempre lui in mezzo”.

“Chi tira in ballo Obama lo fa per dinamiche interne alla politica americana, nel mio piccolo sono testimone che sono, in romanesco si potrebbe dire delle fregnacce, delle balle, quelle di chi vuole collegare Obama a “sta storia”, ha detto ancora riferendosi al Russiagate e all’ipotesi di un complotto anti-Trump ordito dall’ex presidente.

“Do la disponibilità totale a testimoniare a qualsiasi sede internazionale rispetto alla serietà del Presidente Obama e al fatto che egli non mi abbia mai, mai, mai e poi mai detto alcunché delle ipotesi di cui si parla. Ho agito in sede civile in Italia contro chi sostiene che noi abbiamo avuto un ruolo in questa storia, ho chiesto un milione di dollari di danni, comunicherò ufficialmente quale sarà la destinazione di questi soldi”, ha ribadito.

Strage sulla 107, il cordoglio del sindaco di Cosenza Occhiuto

“La città di Cosenza è affranta dal dolore. La nostra comunità piange la scomparsa di quattro giovanissime vite”.
Il sindaco Mario Occhiuto esprime il suo cordoglio per i ragazzi che sono rimasti vittime di un tragico incidente stradale nella notte tra sabato e domenica sulla strada statale 107 nei pressi del centro abitato di Rende, con altri due feriti in gravi condizioni.

“Abbiamo avuto un terribile risveglio – aggiunge il primo cittadino – Penso al futuro spezzato, ai sogni interrotti e all’inimmaginabile sofferenza delle famiglie che hanno perso i loro ragazzi. Non ci sono parole. Ci stringiamo con un forte abbraccio ai genitori, ai parenti, agli amici. Alessandro, Ernesto, Mario e Paolo, che avevano un’intera vita davanti, sono oggi i figli di tutti noi. Una giornata buia, Cosenza è in lutto”.

Rende, terribile schianto sulla 107: 4 morti e due feriti gravi

Terribile incidente stradale questa notte sulla statale 107 tra Cosenza e Rende. Il bilancio è drammatico: 4 giovani cosentini sono morti e due sono rimasti feriti.

Lo schianto, avvenuto probabilmente a causa dell’alta velocità, complice l’asfalto reso scivoloso per la pioggia, si è verificato intorno all’una di notte nei pressi del bivio che dalla 107 conduce a Piano Monello e Surdo.

A scontrarsi frontalmente due auto, una Polo Volkswagen e una Citroen C3. Dalle prime informazioni, le 4 vittime erano tutte a bordo della prima, mentre i due feriti, una coppia sui trentanni, sull’altra vettura.

Le vittime sono tutte giovanissime: Paolo Iantorno, di 19 anni; Federico Lentini (18); Alessandro Algieri (18) e Mario Chiappetta di 19 anni. I feriti, di cui uno è gravissimo, sono stati trasportati all’ospedale Annunziata di Cosenza.

Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco del comando provinciale di Cosenza, i sanitari del 118 e i carabinieri della compagnia di Rende per accertare la dinamica del tragico incidente. Le salme sono state portate all’obitorio di Cosenza. E’ possibile che la procura disponga l’autopsia sul corpo dei poveri ragazzi.

Concluse le indagini sull’omicidio Barbieri, 4 indagati

Da sinistra la vittima Antonio Barbieri e il presunto assassino Cristian Filadoro
Da sinistra la vittima Antonio Barbieri e il presunto assassino Cristian Filadoro

Si è conclusa la fase delle indagini preliminari sull’omicidio di Antonio Barbieri, il 26enne ucciso a Rossano lo scorso gennaio. Quattro gli indagati per i quali si attendono ora i successivi sviluppi processuali.

Nell’inchiesta sono coinvolti il 27enne Cristian Filadoro e il 33enne Vincenzo Fornataro, accusati di omicidio in concorso; l’ex fidanzata di Antonio Barbieri, la ventenne M.D.S, e la madre di quest’ultima, la 47enne A.Z., per favoreggiamento personale. I primi due erano stati già fermati.

Nel procedimento sono parti civili i familiari del giovane Antonio Barbieri, difesi dagli avvocati Ettore Zagarese, Francesco Nicoletti, ed Emanuele Sapia.

Nel corso dell’attività di indagine, coordinata dal sostituto procuratore di Castrovillari Giovanni Tedeschi, sono stati effettuati anche degli accertamenti tecnici sui telefoni cellulari della vittima e dell’ex fidanzata per l’estrapolazione di tutti i dati utili ai fini dell’inchiesta.

Nello specifico, i contatti sms o le conversazioni registrate dai due apparecchi telefonici sui canali di messaggistica con le utenze telefoniche in uso ai quattro indagati e alla vittima, con particolare riferimento ai giorni immediatamente precedenti e successivi al 12 gennaio 2019.

La ricostruzione dei fatti
Antonio Barbieri fu gravemente ferito in agguato compiuto la sera del 12 gennaio 2019, a Rossano Scalo. Trasportato in ospedale a Cosenza, il giovane è morto due giorni dopo.

A distanza di una settimana la Polizia aveva fermato due persone con l’accusa di omicidio: Cristian Filadoro, di 27 anni, e Vincenzo Fornataro, di 33, entrambi di Corigliano, entrambi con precedenti. I magistrati della Procura di Castrovillari avevano a lungo interrogato le due persone, che alla fine avrebbero confessato, quindi sottoposte a fermo dagli agenti del commissariato di Corigliano-Rossano.

Il movente sarebbe di tipo passionale. Nel tardo pomeriggio del 12 gennaio Antonio Barbieri era andato nella panetteria dove lavorava l’ex fidanzata, l’odierna indagata. Un incontro forse per un chiarimento ma lei, M.D.S, avrebbe subito informato Filadoro, che probabilmente frequentava. Filadoro è giunto sul posto insieme a Fornataro, e avrebbe freddato Barbieri in auto con due colpi di pistola alla testa.

Stando alle indagini, l’esecutore materiale dell’omicidio sarebbe Filadoro, mentre Fornataro lo avrebbe accompagnato a compiere la missione di morte.

Cosenza, “lezione” del “Capitano Ultimo” agli studenti del Telesio

Il carabiniere Sergio De Caprio considera i colleghi di tante pericolose operazioni dei “fratelli”, e così li chiama. “Fratelli di lotta”, come se un giorno fosse partito per una guerra che lui sapeva dall’inizio dove lo avrebbe portato. Ha scelto di fare quel che ha fatto, racconta, perché spinto dal desiderio di “catturare gli assassini del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa”.

Si è trasformato in Capitano Ultimo ed ha stanato il cosiddetto boss dei boss Totò Riina, diventando in seguito il soggetto di una fiction tv interpretata da Raoul Bova e iniziando un percorso che è stato, da lì in avanti, una croce di vita.

Volto sempre coperto con gli occhi che parlano ancora prima della bocca, rosario francescano al collo, una piuma indiana sulla giacca e un solo guanto con le dita scoperte alla mano sinistra (“senza motivo, così, per vezzo”), dedica un accorato ringraziamento (“per quello che fate”) alle suore crocerossine che sono venute ad ascoltarlo.

È tuttora costretto a vivere nell’ombra ma non si risparmia nell’impegno solidale nella Casa famiglia che ha fondato né tantomeno nei confronti dei giovani ai quali rivolge principalmente le sue parole. Non è difficile capire perché ha scelto di battezzarsi col nome di copertura “Ultimo”.

Ospite a Cosenza della rassegna “Letture in chiostro” in cui è stato presentato il libro di Pino Corrias “Fermate il capitano Ultimo” (Chiarelettere), rassegna organizzata dal vice sindaco e assessore alla Cultura Jole Santelli, che da parlamentare si è battuta per non fargli togliere la scorta, il colonnello De Caprio ha regalato una testimonianza fortissima, stimolato dalla giornalista Anna Arcuri e dalla conversazione con la stessa vice presidente della commissione antimafia Santelli.

“Non sono nessuno, non do consigli, non giudico nessuno – ha sottolineato De Caprio – Credo fermamente nella sicurezza partecipata, nello sdegno sociale, nella battaglia civile. Se non si parte dal basso, dall’indignazione della gente, non si va da nessuna parte”.

Una lezione, la sua, che rivolge soprattutto ai ragazzi del liceo classico Telesio che nella sala gremita del chiostro di San Domenico lo ascoltano incantati. Jole Santelli tra le diverse riflessioni ricorda il gesto di condurre Riina appena arrestato a inginocchiarsi sotto un ritratto del generale Dalla Chiesa che campeggiava nel rifugio dei militari durante l’indagine: era quello un messaggio chiaro alla criminalità organizzata finalmente a terra, finalmente vinta.

“Attenzione – dice però Ultimo – non sempre si vince, e allora è bene mettersi da parte, perché significa che c’è qualcosa che non va. Io spesso mi sono chiesto perché prima di allora Totò Riina non fosse mai stato preso”.

I poteri dello Stato e il potere arrogante di quelli che dimenticano la loro missione, quindi gli eroi delegittimati, il senso civico e l’educazione da cui tutto sempre prende forma nelle condotte esistenziali: capitano Ultimo arriva a toccare le corde emotive dei presenti in platea perché in lui ciò che emerge non è la ricerca di protagonismo o di medaglie, bensì la fedeltà a una vera vocazione.

“Senza polemiche – ha evidenziato De Caprio – dobbiamo esigere spiegazioni, sapere se mancano mezzi o capacità, ma non dobbiamo abituarci a convivere con violenza o prevaricazione. Manca ancora l’attenzione delle persone perché la partecipazione dei cittadini obbliga chi ha responsabilità a dare conto, e questo è mancato, ma deve essere un grido forte”.

Dal canto suo, Jole Santelli ha affermato che “la criminalità si muove e lo fa molto velocemente, a livello mondiale. Lo Stato sembra arrivare sempre in ritardo, a causa di pastoie burocratiche, ma si conquistano lo stesso grandi vittorie, anche se c’è ancora molto da fare. Dobbiamo mettere a risorsa le energie migliori che abbiamo e scongiurare che la mediocrità isoli le nostre eccellenze”.

La mattinata, che di fatto ha aperto ufficialmente due giorni di incontri, talk e appuntamenti editoriali, in questo spazio sulla legalità era stata inaugurata dal saluto del sindaco Mario Occhiuto che, accogliendo il Capitano Ultimo, aveva parlato delle libertà fondamentali che un Paese civile dovrebbe garantire a tutti e dunque al colonnello De Caprio, “perché nessuno di noi, a ogni livello, deve restare alla finestra a guardare ma deve fare il proprio dovere di cittadino onesto”.

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