8 Ottobre 2024

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Strage nell’Alessandrino, fra le ipotesi dei pm anche dissidi familiari

Sarebbe stato un attentato in piena regola quello messo in atto a Quargnento, in provincia di Alessandria, dove nella notte l’esplosione di una cascina ha provocato la morte di tre vigili del fuoco che erano intervenuti per una fuga di gas.

Sul luogo dell’esplosione sarebbero stati trovati inneschi rudimentali collegati ad alcune bombole inesplose dove c’erano dei fili elettrici con una scatoletta, forse utilizzata come un timer a distanza. Le indagini per far luce sulla strage sono condotte dai Carabinieri del Comando provinciale di Alessandria, coordinati dalla Procura piemontese.

“Ci sono state più esplosioni intervallate. Tutto ci fa pensare che l’esplosione sia stata voluta e deliberatamente determinata”, ha fatto sapere il procuratore di Alessandria Enrico Cieri dopo il sopralluogo nella cascina dove sono morti i tre vigili del fuoco. “Dagli elementi che abbiamo acquisito pensiamo sia un fatto doloso”, ha aggiunto.

Le vittime sono Matteo Gastaldo, Marco Triches e Antonio Candido, di 46, 38 e 32 anni. La deflagrazione li ha colpiti in pieno. Feriti anche altri due pompieri e un militare dell’Arma.

Si indaga sul movente
Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti che indagano sull’esplosione in cui sono morti tre vigili del fuoco non si esclude, secondo quanto appreso dall’Ansa, quella di dissidi tra il proprietario dell’abitazione e il figlio, così come la pista legata al risarcimento assicurativo. Al momento, però, viene sottolineato, si tratta solo di ipotesi di lavoro: le indagini proseguono a 360 gradi.

La Procura di Alessandria ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti, per l’esplosione.Omicidio plurimo e crollo doloso di edificio i reati ipotizzati.  Sulla vicenda gli inquirenti, che hanno ascoltato i proprietari della cascina e i loro familiari, mantengono il massimo riserbo.

Il proprietario della cascina di via San Francesco d’Assisi è stato ascoltato come persona informata sui fatti. La casa era disabitata e, per un certo periodo, era stata anche messa in vendita. Secondo il procuratore, l’uomo non ha riferito “nulla di significativo se non una mera ricapitolazione dei fatti. Sono tutte informazioni che vanno comparate, bilanciate, esaminate, pesate. Siamo ancora all’inizio dell’indagine: c’è un lavoro di accertamento tecnico, di attività scientifica affidata ai Carabinieri di Alessandria e del Ris di Parma. Stiamo lavorando”, ha concluso precisando che sono state sentite anche altre persone.

Intanto, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al Prefetto Salvatore Mulas, Capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco il seguente messaggio: “Ho appreso con profonda tristezza la notizia del decesso, durante un intervento in provincia di Alessandria, dei Vigili del Fuoco Antonino Candido, Marco Triches e Matteo Gastaldo. In questa dolorosa circostanza desidero esprimere a lei e al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco la mia solidale vicinanza, rinnovando il profondo sentimento di fiducia e di riconoscenza per la generosa dedizione al servizio della collettività”.

“La morte di tre Vigili del fuoco a Quargnento addolora tutta l’Italia. Il mio commosso pensiero alle vittime e un abbraccio alle famiglie e ai feriti. Solidarietà e pieno sostegno ai vigili del Fuoco, eroi sempre in prima linea per garantire la nostra incolumità”. Lo scrive il presidente del Consiglio Giuseppe Conte su twitter.

“Una preghiera e un pensiero per i vigili del fuoco morti questa notte e un abbraccio alle famiglie e ai colleghi feriti. Onore a chi mette in gioco la propria vita per salvare quella degli altri, l’Italia piange per Voi”. Così Matteo Salvini, leader della Lega ed ex ministro dell’Interno, commenta la tragedia di Quargnento, nell’Alessandrino.

Esplode edificio nell’Alessandrino, morti tre pompieri. “E’ doloso”

Il luogo della tragedia

E’ di tre Vigili del fuoco morti il bilancio di una esplosione avvenuta nella notte in un edificio a Quargnento, in provincia di Alessandria. Ci sono anche tre feriti, tra cui due pompieri e un carabiniere.

I vigili deceduti, di 47, 38 e 32 anni, erano intervenuti per una fuga di gas, quando c’è stata una violenta deflagrazione che li ha travolti. Una delle vittime, data prima per dispersa, è stata trovata sotto le macerie. I feriti sono stati trasportati tra gli ospedali di Alessandria e di Asti.

L’esplosione potrebbe essere di origine dolosa. Indagini a tutto campo dei carabinieri del Comando provinciale di Alessandria. Durante i primi rilievi nella cascina saltata in aria, fanno sapere le agenzie di stampa citando fonti investigative, sarebbero stati trovati dei dispositivi di innesco.

Scoperti in Porto a Gioia Tauro oltre 60 kg di cocaina

sequestro finanza cocaina gioia tauroI finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, insieme ai funzionari dell’Agenzia delle dogane, hanno individuato e sequestrato nel porto di Gioia Tauro 61 chilogrammi di cocaina definita dagli investigatori “purissima”.

La droga è stata individuata, nell’ambito dell’attività di contrasto al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, in un container ed era custodita in due borsoni occultati in un carico di carne congelata. Il container proveniva dal Brasile e aveva come destinazione finale il sud-est asiatico.

La cocaina, una volta giunta a destinazione e tagliata fino a quattro volte prima di essere immessa sul mercato, avrebbe fruttato circa 12 milioni di euro alle organizzazioni dei trafficanti di droga.

‘Ndrangheta, decine di arresti in quattro regioni

carabinieriOperazione contro la ‘ndrangheta tra Piemonte, Lombardia, Sicilia e Calabria. Dall’alba, a Torino e nell’hinterland piemontese, nonché a Reggio Calabria, Milano e Catania, 400 carabinieri del Comando Provinciale di Torino stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale torinese su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 65 appartenenti o contigui alle locali di ‘ndrangheta di Volpiano e San Giusto Canavese ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti, con l’aggravante delle finalità mafiose.

Contestualmente la Guardia di finanza di Torino sta procedendo alla notifica del medesimo provvedimento per ulteriori 6 indagati, ritenuti responsabili, nell’ambito della medesima associazione, anche di riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Sottoposti a sequestro beni mobili ed immobili, nonché conti correnti e quote societarie per un valore in corso di quantificazione.

Data regionali in Calabria, Oliverio orientato per il 26 gennaio

Mario Oliverio
Mario Oliverio

“In questi giorni, tra domani e dopodomani, chiederò un incontro ai presidenti di Corte d’Appello e mi determinerò. Presumo che proporrò la data del 26 gennaio perché ritengo che sia necessario dare il giusto tempo”. Lo ha detto il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio parlando con i giornalisti a margine di un’iniziativa “La Tua idea per la Calabria” promossa dalla coalizione di centrosinistra che sostiene la candidatura di Oliverio.

“Non sono per utilizzare il mio vantaggio – ha aggiunto Oliverio – come se si trattasse di giocare una partita a scacchi. Qui stiamo parlando della Calabria e dal primo momento ho detto che non avrei fatto e non farò questa scelta sulla base di accorgimenti tattici ma sulla base di una valutazione che deve consentire a tutti di preparare bene la competizione elettorale. Non appartiene alla mia cultura il gioco tattico sulla pelle di un territorio”.

Processo Breakfast, pm: “Escludere aggravante mafiosa per Scajola”

Claudio Scajola ai tempi in cui era ministro (Ansa)

Escludere l’aggravante mafiosa: è la richiesta che il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ha fatto nella requisitoria del processo “Breakfast” in cui è imputato l’ex Ministro dell’Interno Claudio Scajola, attuale sindaco di Imperia.

Insieme a Scajola sono imputati nel processo, con l’accusa di procurata inosservanza della pena in favore dell’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena – latitante a Dubai e condannato definitivamente a tre anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa – Chiara Rizzo, moglie di Matacena, e Maria Grazia Fiordelisi e Martino Politi, collaboratori della famiglia Matacena.

Nel corso dell’udienza di oggi è prevista la conclusione della requisitoria del pm Lombardo, con la formulazione della richieste al Tribunale.

Svimez, non si arresta la fuga di giovani dall’Italia

I giovani continuano a fuggire dall’Italia. Il Mezzogiorno continua a perdere giovani fino a 14 anni (-1.046 mila) e popolazione attiva in età da lavoro da 15 a 64 anni (-5.095 mila) per il calo delle nascite e la continua perdita migratoria. Il saldo migratorio verso l’estero ha raggiunto i -50mila nel Centro-Nord e i -22 mila nel Sud. E’ lo scenario che emerge dal Rapporto Svimez 2019 presentato a Roma.

La nuova migrazione, evidenzia il Rapporto, riguarda molti laureati e più in generale giovani con elevati livelli di istruzione, molti dei quali non tornano più. Dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno 2.015 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati. Un’alternativa all’emigrazione è il pendolarismo di lungo periodo, che nel 2018 dal Mezzogiorno ha interessato circa 236 mila persone (10,3% del totale). Di questi 57 mila si muovono sempre all’interno del Sud, mentre 179 mila vanno verso il Centro-Nord e l’estero.

Il Reddito di cittadinanza ha avuto un impatto nullo sul lavoro, la povertà non si combatte solo con un contributo monetario, occorre ridefinire le politiche di welfare ed estendere a tutti in egual misura i diritti di cittadinanza, dice l’analisi della Svimez. Peraltro, si spiega nel rapporto, l’impatto del RdC sul mercato del lavoro è nullo, in quanto la misura, invece di richiamare persone in cerca di occupazione, le sta allontanando dal mercato del lavoro.

E ancora: il Nord Italia non è più tra le locomotive d’Europa. Secondo il Rapporto, alcune regioni dei nuovi Stati membri dell’Est superano per Pil molte regioni ricche italiane, avvantaggiate dalle asimmetrie nei regimi fiscali, nel costo del lavoro e in altri fattori che determinano ampi differenziali regionali di competitività.

Inoltre, c’è una stagnazione aggravata da dinamiche demografiche avverse che riguardano tutto il Paese e segnatamente al Sud. Secondo il rapporto, per effetto della rottura dell’equilibrio demografico – bassa natalità, emigrazione di giovani, invecchiamento della popolazione – il Sud perderà 5 milioni di persone e, a condizioni date, quasi il 40% del Pil. Solo un incremento del tasso d’occupazione, soprattutto femminile, può spezzare questo circolo vizioso.

Per la Svimez bisogna tornare a una visione unitaria della stagnazione italiana, smarcandosi dalla lettura dell’aumento delle disuguaglianze esclusivamente legata al confine immutabile tra Nord e Sud. Per questo motivo vanno valorizzate le complementarità che legano il sistema produttivo e sociale delle due parti del Paese.

GAP OCCUPAZIONALE – Si riallarga il gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord, nell’ultimo decennio è aumentato dal 19,6% al 21,6%: ciò comporta che i posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Centro-Nord sono circa 3 milioni, delinea il rapporto 2019. Lo studio, presentato a Roma, rileva che la crescita dell’occupazione nel primo semestre del 2019 riguarda solo il Centro-Nord (+137.000), cui si contrappone il calo nel Mezzogiorno (-27.000). Al Sud aumenta la precarietà che si riduce nel Centro-Nord, riprende a crescere il part-time (+1,2%), in particolare quello involontario che nel Mezzogiorno si riavvicina all’80% a fronte del 58% nel Centro-Nord.

La stagnazione dell’economia italiana trova radici in scarsi consumi e scarsi investimenti. Stando al rapporto, la riapertura del divario Centro-Nord Mezzogiorno riguarda i consumi, soprattutto della Pa. Crollati gli investimenti pubblici. Il Pil del 2018 al Sud è cresciuto di +0,6%, rispetto a +1% del 2017.

Ristagnano soprattutto i consumi (+0,2%), ancora al di sotto di -9 punti percentuali nei confronti del 2018, rispetto al Centro-Nord, dove crescono del +0,7% recuperando e superando i livelli pre-crisi. Debole il contributo dei consumi privati delle famiglie con quelli alimentari che calano del -0,5%, in conseguenza alla caduta dei redditi e dell’occupazione. Ma soprattutto la spesa per consumi finali della Pa ha segnato -0,6% nel 2018. Gli investimenti restano la componente più dinamica della domanda interna (+3,1% nel 2018 nel Mezzogiorno, a fronte di +3,5% del Centro-Nord).

INVESTIMENTI – In particolare, crescono gli investimenti in costruzioni (+5,3%) mentre si sono fermati quelli in macchinari e attrezzature (+0,1% contro +4,8 del Centro-Nord). Alla ripresa degli investimenti privati fa da contraltare il crollo degli investimenti pubblici: nel 2018, stima la Svimez, la spesa in conto capitale è scesa al Sud da 10,4 a 10,3 miliardi, nello stesso periodo al Centro-Nord è salita da 22,2 a 24,3 miliardi.

Le richieste di regionalismo differenziato vanno valutate nel contesto di un’attuazione organica, completa, equilibrata, del nuovo Titolo V. Secondo Svimez, in quest’ottica il confronto sulla valorizzazione delle autonomie e la riduzione delle disuguaglianze va depurato dalle scorie rivendicazioniste provenienti da Nord e da Sud e riportato sui temi nazionali della qualità delle politiche di offerta dei servizi pubblici e su quelle necessarie per la ripresa della crescita.

Lo studio evidenzia quindi che le eventuali concessioni di autonomia rafforzata devono essere motivate dall’interesse nazionale, non da quello particolare delle singole regioni richiedenti. La Svimez stigmatizza l’uso strumentale del concetto di residuo fiscale, misura della redistribuzione riferibile agli individui, non ai territori. In questo contesto, è favorevole alla costruzione di un fronte unitario intorno ad un sì convinto ai principi del federalismo cooperativo nell’interesse del Paese per rendere sostenibili le richieste di autonomia.

La vera sfida, sottolinea l’associazione, è un’attuazione ordinata del federalismo fiscale per privare anche le classi dirigenti meridionali degli alibi dell’attuale centralismo avaro, utile per rivendicare più risorse e per nascondere le inefficienze. Una sfida che si basi sulla definizione dei costi standard e dei Lep – Livelli essenziali delle prestazioni – al fine di assicurare pari diritti di cittadinanza e un Fondo perequativo per colmare il deficit infrastrutturale.

Male l’agricoltura al Sud, bene il terziario mentre l’industria stenta. Il valore aggiunto dell’agricoltura, rileva il Rapporto, è calato nel 2018 al Sud di -2,7%, nel Centro-Nord è aumentato di +3,3. Il valore aggiunto dell’industria in senso stretto è aumentato di +1,4% nel 2018 al Sud, in calo rispetto al 2017 (+2,7%). Nel Centro Nord è cresciuto di +1,9%. Il valore aggiunto del terziario al Sud nel 2018 è aumentato di +0,5%, meno che al Centro-Nord (+0,7%). (Adnkronos)

Caso signora Grazia, l’indignazione del sindaco di Cosenza Occhiuto

“Con rammarico ho appreso dalla stampa la triste storia della signora Grazia, residente a Rende che, per iniziare regolarmente il suo turno di lavoro alle prime luci dell’alba presso la Motorizzazione civile di Cosenza, è costretta a prendere l’ultimo autobus a mezzanotte e aspettare da sola al freddo e ai pericoli del buio su una panchina fino alle 5 del mattino”.

Il sindaco Mario Occhiuto interviene sulla vicenda di cui si è venuti a conoscenza grazie alla denuncia del segretario dell’Ugl di Cosenza, Giuseppe Brogni, una situazione al limite che ha molto scosso l’opinione pubblica.

“Non ho purtroppo competenze in merito – precisa il sindaco di Cosenza – in quanto la signora Grazia è residente a Rende e lavora per una ditta privata di pulizie. Ma ritengo che non si possa rimanere indifferenti di fronte a un simile disagio causato anche dalla mancanza di servizi. Qualche anno fa – ricorda Occhiuto – avevo promosso l’importanza del trasporto pubblico locale nell’area urbana con l’istituzione della Circolare Cosenza-Rende, che avrebbe funzionato anche in orari notturni e nei giorni festivi”.

“Com’è noto, – spiega Occhiuto – quell’iniziativa che tanto entusiasmo aveva suscitato tra gli studenti universitari, fu bloccata dalla Regione Calabria su spinta delle lobby che da decenni detengono il monopolio del trasporto pubblico nella nostra regione. Ritengo che i bravi amministratori debbano operare in funzione delle esigenze dei cittadini e non, al contrario, per fare gli interessi di pochi. Oggi – conclude il sindaco di Cosenza – oltre a indignarmi e a esprimere la mia solidarietà alla signora Grazia, non posso fare altro che rivolgere un appello alla ditta dove presta servizio: mi auguro che possano essere modificati i turni di lavoro risolvendo così una condizione emergenziale che davvero non si può accettare”.

Cyberbullismo, un ragazzo su 3 ha un profilo fake sui social

Una vita da socialUn ragazzo su 3 ha un profilo fake sui social, 5 ragazzi su sei controllano sempre chi mette like ai loro post, un minore su 2 è vittima di violenze ed il dato è in netta crescita per i giovanissimi. Sono alcuni dati forniti dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni nell’ambito del progetto “Una vita da social”, la campagna educativa itinerante sui temi dei social network e del cyberbullismo. Un Tour itinerante di 62 tappe sia sul territorio nazionale che internazionale e che dal 5 all’8 novembre, arriva a Cittanova (Reggio Calabria).

Si tratta della più importante e imponente campagna realizzata dalla Polizia nell’ambito delle iniziative di sensibilizzazione e prevenzione dei rischi e pericoli della Rete per i minori, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Un progetto al passo con i tempi delle nuove generazioni, che nel corso delle precedenti edizioni ha raccolto un grande consenso: gli operatori della Polizia Postale e delle Comunicazioni hanno incontrato oltre 2 milione di studenti sia nelle piazze che nelle scuole, 220.000 genitori, 125.00 insegnanti per un totale di 17.000 Istituti scolastici, 300 città raggiunte sul territorio e due pagine Twitter e Facebook con 127.000 like e 12 milioni di utenti mensili sui temi della sicurezza online.

Ancora una volta la Polizia di Stato scende in campo al fianco della scuola per un solo grande obiettivo: ”fare in modo che il dilagante fenomeno del cyberbullismo e di tutte le varie forme di prevaricazione connesse ad un uso distorto delle tecnologie,  non faccia più vittime”.

L’obiettivo dell’iniziativa, infatti, è quello di prevenire episodi di violenza, vessazione, diffamazione, molestie online, attraverso un’opera di responsabilizzazione in merito all’uso della “parola”. Gli studenti attraverso il diario di bordo https://www.facebook.com/unavitadasocial/ potranno lanciare il loro messaggio positivo contro il cyberbullismo.

Da L’Aquila a Palermo, attraversando lo stivale con un truck allestito con un’aula didattica multimediale, gli operatori della Polizia Postale incontreranno studenti, genitori e insegnanti sui temi della sicurezza online con un linguaggio semplice ma esplicito adatto a tutte le fasce di età.

Capire i ragazzi oggi non è sempre per gli adulti compito agevole, soprattutto quando si tratta di comprenderne i bisogni, i modelli di riferimento, gli schemi cognitivi inerenti i diversi gruppi di riferimento che compongono il variegato universo giovanile. Giovani che sempre più spesso restano “contagiati” da modelli sociali trasgressivi completamente sconosciuti ai genitori. Sempre più sono i giovanissimi a rischio solitudine che per ore su Internet incontrano altri internauti altrettanto solitari che, a volte, sono già stati contagiati dai “pericoli del web”.

Il fascino della rete e la sottile suggestione del messaggio virtuale,  l’idea di sentirsi “anonimi”, nonché il senso di deresponsabilizzazione rispetto ai comportamenti tenuti online, stanno dilagando così da determinare serie preoccupazioni in coloro che ancora credono in valori fino a ieri condivisi. Per fare della Rete un luogo più sicuro occorre continuare a diffondere una cultura della sicurezza online in modo da offrire alle nuove generazioni occasioni di riflessione ed educazione per un uso consapevole degli strumenti digitali.

I social network infatti sono ormai uno strumento di comunicazione del tutto integrato nella quotidianità dei teenager.

Dalla ricerca di Skuola.net per “Una Vita da Social”, però, emergono anche altri fattori interessanti che spesso i Millennials e la Gen Z tengono ben segreti. Emerge infatti che 1 ragazzo su 3, sul proprio social di riferimento, possiede un account falso: sono circa il 28% quelli che dichiarano di averne 1 oltre a quello “ufficiale”, mentre il 5% è presente ma solo con un fake. Perché questa identità anonima? Principalmente per conoscere gente nuova senza esporsi troppo online (26%), oppure per controllare i propri amici senza che loro lo sappiano (21%) nonché per controllare tutti quelli da cui sono stati bloccati (20%). Non manca chi ricorre ai fake per controllare il proprio partner (10%) o chi cerca di sfuggire dal controllo dei propri genitori (il 4%).

Non manca tuttavia uno zoccolo duro, neanche così piccolo, che vive per i like. Per 1 su 3, infatti, un contenuto che genera poche interazioni ha un effetto negativo sull’umore. Mentre il 40%, più o meno sporadicamente, è disposto a cancellare un contenuto dalle scarse performance. Su una cosa, invece, i giovani sono in assoluto accordo: il controllo di chi commenta, condivide o clicca mi piace sui propri contenuti. Solo 1 su 6 dichiara di non farlo mai. Questo perché attraverso la guerra dei like di costruiscono amicizie e rapporti personali: solo il 56% è disposto a dare un giudizio positivo ad un contenuto postato da una persona che in genere non ricambia (il cosiddetto like4like). Mentre sono ancora meno (48%) quelli che non ricorrono mai al like tattico, ovvero ad una approvazione di un contenuto altrui col solo scopo di farsi notare.

Chi è Antonello Nicosia, il Radicale arrestato per mafia

Antonello Nicosia

Direttore dell’Osservatorio Internazionale dei diritti umani (Oidu), pedagogista, laureato in Scienze della Formazione multimediale con una tesi sul “Trattamento penitenziario, ascoltare e progettare per rieducare sorvegliare e rieducare, l’esperienza carcere”, Antonello Nicosia, originario di Sciacca, fermato oggi per associazione mafiosa insieme al boss di Sciacca Accursio Dimino, è stato eletto per due anni (2017-2018) come componente del Comitato Nazionale dei Radicali Italiani. Per i pm sarebbe vicino all’ala di Cosa nostra che fa riferimento al boss latitante Matteo Messina Denaro.

Nel curriculum allegato al sito dell’Oidu elenca esperienze nella formazione professionale in particolare nella progettazione di corsi per svantaggiati sociali e disoccupati.

Sempre nel curriculum si dice “assistente parlamentare” e “docente a contratto nella scuola pubblica come esperto nei corsi PON”. Nel 2011 è stato coordinatore del progetto “La Tavola Multiculturale” attività a favore della formazione e dell’integrazione degli immigrati. Nicosia indica tra i suoi titoli quello di ricercatore presso l’Invalsi, Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, e quello di insegnante di Storia della mafia nell’Università della California.

Per i pm, oltre a portare all’esterno i messaggi dei mafiosi che incontrava durante le sue visite in carcere, avrebbe gestito gli affari del clan in America e riciclato denaro sporco.

In alcune intercettazioni avrebbe affermato che la strage di Capaci, con l’uccisione del giudice Falcone, della moglie e della scorta, era stato “un incidente sul lavoro”.

Accursio Dimino, il boss fedelissimo di Matteo Messina Denaro

Scarcerato nel 2016 dopo due condanne per associazione mafiosa interamente scontate, appena uscito di galera è tornato al suo posto al vertice della famiglia mafiosa di Sciacca. Accursio Dimino, 61 anni, boss di “fede” corleonese, amico fedele della famiglia del latitante Matteo Messina Denaro, è stato fermato oggi dalla Procura di Palermo con l’accusa di associazione mafiosa. Appena lasciata la cella è tornato a essere pedinato e intercettato dalle forze dell’ordine che in tre anni di indagine hanno accertato come non avesse perso nulla del suo ruolo di capo. Insieme a Dimino è stato fermato l’esponente Radicale Antonello Nicosia, trapanese. Grazie al suo rapporto con la deputata di Italia Viva Giusy Occhionero riusciva a entrare nelle carceri e incontrare capimafia anche al 41 bis, portando poi all’esterno i loro messaggi.

Estorsioni, affari con la mafia americana, riciclaggio, Dimino è tornato in affari dunque subito dopo la liberazione. Nel 2010 la Dia gli ha sequestrato beni per oltre un milione.
Nel 1996, è stato condannato a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa, detenzione illecita di armi e danneggiamento. Prima di essere arrestato, la prima volta, nel 1993, insieme ai fratelli gestiva un’attività di commercio di prodotti ittici e faceva il docente di educazione fisica in diversi istituti scolastici statali. Scarcerato il 12 aprile 2004 e ritornato a Sciacca, Dimino, secondo gli inquirenti aveva ripreso i suoi contatti con i boss.

Il 4 luglio 2008, è finito di nuovo in cella, nell’ambito dell’operazione “Scacco matto”, sempre con l’accusa di associazione mafiosa finalizzata ad acquisire la diretta gestione di attività economiche ed appalti di opere pubbliche nel settore edile e turistico-alberghiero, il controllo della fornitura di calcestruzzo, automezzi e manodopera specializzata. Nell’indagine sono emersi scambi di “pizzino” tra Dimino e il boss latitante Matteo Messina Denaro. Nel 2010 è stato condannato dal gup di Palermo ad 11 anni e 8 mesi di reclusione.

Nicosia intercettato: L’uccisione di Falcone “fu incidente sul lavoro”

L’uccisione di Giovanni Falcone, nella strage di Capaci del 23 maggio 1992, “fu un incidente di lavoro”. A dire queste parole agghiaccianti, senza sapere di essere registrato dalle cimici della Procura di Palermo, è Antonello Nicosia, l’assistente parlamentare arrestato all’alba di oggi con l’accusa di avere veicolato dal carcere messaggi ai detenuti.

L’assistente parlamentare era anche conduttore in tv della trasmissione “Mezz’ora d’aria” e parlava di legalità e diritti, ma dalle intercettazioni degli investigatori usava un altro linguaggio. Come le parole sul giudice Falcone. “E’ stato un incidente sul lavoro”, diceva.

Per la Procura era in contatto con diversi boss, in virtù del suo ruolo di assistente parlamentare e di direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani, onlus che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti.

Nel corso delle intercettazioni registrate dagli inquirenti, Antonello Nicosia, avrebbe più volte insultato il giudice Giovanni Falcone. Parole pesanti che sono finite nel fermo che ha portato in carcere altre quattro persone. Accuse al giudice ucciso il 23 maggio 1992 insieme con la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta anche sul suo ruolo al Ministero della Giustizia, prima della strage di Capaci. “Più che il magistrato faceva il politico”, diceva senza sapere di essere intercettato.

“Bisogna cambiare nome a questo aeroporto, perché i nomi Falcone e Borsellino evocano la mafia. Perché dobbiamo sempre “arriminare” (rimestare ndr) la stessa merda?“, afferma ancora Nicosia nelle intercettazioni. “Ma poi sono vittime di che cosa? Di un incidente sul lavoro, no?”, dice ancora Nicosia al suo interlocutore.
E scoppia a ridere. “Ma poi quello là (Falcone) non era manco magistrato quando è morto, non esercitava – dice ancora Nicosia -. Perché l’aeroporto non bisogna chiamarlo Luigi Pirandello? O Leonardo Sciascia? E che cazzo, va. O Marco Polo?”, conclude ancora ridendo. Nelle intercettazioni, Nicosia definiva inoltre il boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro “il primo ministro”.

Messaggero dei boss in carcere, fermato esponente radicale

La Procura di Palermo ha fermato 5 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa e favoreggiamento. In carcere, tra gli altri, sono finiti il capomafia di Sciacca Accursio Dimino e Antonello Nicosia, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani per anni impegnato in battaglie per i diritti dei detenuti. Quest’ultimo, insieme Giuseppina Occhionero, parlamentare di Leu (estranea all’inchiesta), di cui si sarebbe detto collaboratore, ha incontrato diversi boss detenuti in istituti di pena di alta sicurezza come Tolmezzo. La deputata non è al momento indagata, ma sarà sentita dai pm di Palermo come testimone.

Nicosia definiva il boss Matteo Messina Denaro “il nostro Primo ministro”. Non sapendo di essere intercettato, l’esponente Radicale parlava della Primula rossa di Cosa nostra come del suo premier. Al telefono discuteva animatamente del padrino di Castelvetrano. E invitava il suo interlocutore parlare con cautela di Messina Denaro. “Non devi parlare a matula (a vanvera, ndr)”, diceva.

Secondo la Procura, Nicosia avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando all’esterno messaggi e ordini. Giuseppina Occhionero, ha 41 anni, è molisana. La Occhionero, avvocato, è stata eletta alle ultime elezioni politiche nelle liste di Leu ed è recentemente passata a Italia Viva, il partito di Renzi.

Sostenendo di essere collaboratore della Occhionero – i magistrati hanno delegato accertamenti alla Camera per verificare se sia vero – Nicosia poteva avere incontri con padrini mafiosi. Nelle conversazioni intercettate, l’esponente Radicale sottolineava il vantaggio di entrare negli istituti di pena insieme alla deputata in quanto questo genere di visite non erano soggette a permessi.

Nicosia, secondo i magistrati, non si sarebbe limitato a fare da tramite tra i detenuti e le cosche, ma avrebbe gestito business in società con il boss di Sciacca Dimino, con cui si incontrava abitualmente, fatto affari coi clan americani e riciclato denaro sporco. Da alcune intercettazioni emergerebbero anche progetti di omicidi. L’inchiesta, condotta da Ros e Gico, è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara e Francesca Dessì.

Gli altri 3 fermati – tutti accusati di essere vicini al boss latitante Matteo Messina Denaro – Paolo Ciaccio, Luigi Ciaccio e Massimiliano Mandracchia. Nicosia e Dimino sono accusati di associazione mafiosa, gli altri di favoreggiamento. Per i magistrati il collaboratore parlamentare sarebbe “pienamente inserito nell’associazione mafiosa”. Chiedeva al clan di intervenire per riscuotere crediti, partecipava a summit con fedelissimi di Messina Denaro che definiva “il nostro primo ministro”.

Simulano rapina da 10 milioni di euro, arrestati due vigilantes

Hanno denunciato di aver subito una rapina sull’Autostrada 22, all’altezza di Carpi, quando si trovavano a bordo di un mezzo blindato su cui c’era un bottino di almeno 10 milioni di euro tra denaro contante e preziosi. Ma dalle indagini della Polizia di Modena, è emerso un altro quadro, e cioè che si sarebbero inventati tutto per intascare i soldi.

Due vigilantes sono stati così fermati dagli agenti della Questura di Modena. Si tratta di un napoletano di 36 anni e di un crotonese di 62, residenti in Germania, dove erano pronti a fuggire. Denunciato il nipote del sessantaduenne, anche lui del crotonese ma residente a Reggio Emilia, di 44 anni. Secondo l’accusa sarebbe il complice.

La presunta rapina sarebbe stata messa a segno nei giorni scorsi. Le attività di investigazione della Squadra mobile modenese, svolte in meno di 48 ore con la visione delle telecamere di videosorveglianza ed effettuate anche attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno permesso di ricostruire quanto accaduto quella notte facendo emergere un quadro indiziario diverso da quello inizialmente ipotizzato della rapina, che gli stessi protagonisti avevano voluto far credere.

Gli inquirenti, infatti, hanno scoperto che tra i due autisti del portavalori, il napoletano, il crotonese e il nipote di quest’ultimo vi era stata una sorta di collusione per inscenare un assalto al portavalori con la finalità di trafugare il bottino ed in seguito ricettarlo.

I tre si erano dati appuntamento a Carpi, quindi, si erano portati fino alla rotatoria di via della Pace a Correggio, dov’è avvenuto il trasbordo dei pacchi dal portavalori al furgone del terzo complice, che dapprima ha seguito il blindato.

I due autisti, interrogati, non hanno voluto confessare la verità. Gli agenti, pertanto, per paura che la refurtiva potesse sparire dalla circolazione trascorrendo troppo tempo, hanno deciso di intervenire presso l’abitazione del terzo soggetto, il quale – messo alle strette – ha rivelato dove si trovavano i 20 pacchi, ovvero all’interno di un garage a Reggio Emilia appartenente ad un’amica completamente ignara dei fatti.

Il valore della refurtiva, consistente in denaro, gioielli e orologi di valore, ammonta a oltre 10 milioni di euro. I due autisti sono stati sottoposti quindi a fermo, misura che non è stata predisposta per il terzo complice, essendosi dimostrato collaborativo e avendo fornito tutti i particolari della finta rapina.

Dorme su una panchina per trovarsi puntuale al lavoro. L’assurda storia di Grazia

Si chiama Grazia ed è costretta a dormire di notte su una panchina per potersi trovare puntuale al lavoro presso la Motorizzazione civile di Cosenza, dove fa l’addetta alle pulizie per conto di una ditta.

Per trovarsi sul posto di lavoro alle 5 di mattina, la signora prende l’ultimo bus intorno alla mezzanotte da Rende, dove abita, e poi si adagia su una panchina nei pressi di via Popilia, in attesa di fare il suo turno. Il tutto per un lavoro di poche ore che le consentono di racimolare poco più di 300 euro al mese.

E’ questa la storia che sta facendo indignare molte persone e ora è diventata virale sui social. Una vergogna di cui si è occupata anche la stampa nazionale. Grazia è una donna disagiata economicamente, non una clochard, e per un pezzo di pane è disposta a fare molti sacrifici, anche al costo di stare al freddo pur di lavorare onestamente, nonostante le “insidie” e i pericoli che può incontrare di notte.

In molti si sono mobilitati per darle una mano d’aiuto, ma intervistata dalle tv, la signora ha fatto sapere di aver detto più volte alla ditta per cui lavora di cambiarle il turno. Una richiesta semplice che però le sarebbe stata bocciata. “Se vuoi lavorare il turno è questo”, le sarebbe stato detto.

Omicidio Barbieri, udienza preliminare fissata per l’11 dicembre

Antonio Barbieri
La vittima Antonio Barbieri

E’ stata fissata per il prossimo 11 dicembre l’udienza preliminare dinanzi al Gup del Tribunale di Castrovillari a carico dei quattro indagati per l’omicidio di Antonio Barbieri, il giovane ucciso a Rossano lo scorso gennaio.

Conclusa la fase delle indagini preliminari, la Procura di Castrovillari ha depositato lo scorso 22 ottobre la richiesta di rinvio a giudizio per il 27enne Cristian Filadoro e il 33enne Vincenzo Fornataro, entrambi accusati di omicidio in concorso; Per favoreggiamento personale sono indagati l’ex fidanzata di Antonio Barbieri, la ventenne M.D.S, e la madre di quest’ultima, la 47enne A.Z. Spetta ora al gup accogliere o meno la richiesta.

L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore di Castrovillari Giovanni Tedeschi, nasce dall’uccisione del giovane Antonio Barbieri, rinvenuto gravemente ferito a colpi di pistola il 12 gennaio scorso all’interno di una Mercedes in via Bruno Buozzi, allo scalo di Rossano e deceduto quattro giorni dopo presso l’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza.

Nel procedimento la famiglia della vittima si è costituita parte civile ed è difesa dagli avvocati Ettore Zagarese, Francesco Nicoletti, Emanuele Sapia.

Nel corso dell’attività di indagine sono stati effettuati anche degli accertamenti tecnici sui telefoni cellulari della vittima e dell’ex fidanzata per l’estrapolazione di tutti i dati utili ai fini dell’inchiesta.

Nello specifico: i contatti sms e le conversazioni effettuate dai due apparecchi telefonici sui canali di messaggistica con le utenze telefoniche in uso ai quattro indagati e alla vittima, con particolare riferimento ai giorni precedenti e successivi al 12 gennaio 2019.

Perugia, maxi operazione anti-droga: 150 arresti

Oltre 150 persone sono state arrestate e quintali di sostanze stupefacenti del valore di decine di milioni di euro sono stati sequestrati nel corso di una maxi operazione guidata dai Carabinieri di Perugia in collaborazione con organismi di polizia nazionali e internazionali. Nel corso dell’operazione, coordinata dalla DDA, è stata smantellata “un’inedita e insospettabile organizzazione” di trafficanti internazionali di droga in prevalenza tanzaniana.

L’operazione denominata “Domitia 2012”, è stata condotta dai carabinieri del capoluogo umbro in sinergia tra la Direzione distrettuale antimafia della Procura di Perugia, la Direzione centrale per i servizi antidroga e il Reparto del servizio centrale del Ros.

L’attività di indagine è partita nell’estate del 2012 a seguito di una operazione di polizia giudiziaria nei confronti di un gruppo di spacciatori di nazionalità tunisina, attivi nella zona della stazione ferroviaria di Fontivegge e che portò al sequestro di circa due chili di eroina e all’arresto di 16 corrieri della droga, di cui cinque italiani. Nel corso delle indagini, “sviluppate nel corso degli anni – ha ricordato questa mattina il procuratore Giuseppe Petrazzini – con attività di investigazione, di analisi e operativa in senso stretto” e dirette dalla Direzione distrettuale antimafia della locale Procura della Repubblica con la collaborazione della Direzione centrale per i servizi antidroga, del servizio per la cooperazione internazionale di polizia, attraverso lo Scip sulla rete Enfast italiana, polacca, inglese, belga e svedese, dell’Europol e di Eurojust, si sono ricostruiti i canali di approvvigionamento dello stupefacente destinato alla piazza perugina.

Una operazione che si è conclusa con l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Perugia, Piercarlo Frabotta, nei confronti di 19 persone, di nazionalità in prevalenza tanzaniana, accusate di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e produzione, traffico e detenzione di droga.

Secondo quanto emerso dalle indagini l’organizzazione, ben strutturata e delineata, con compiti e funzioni precise tra i vari adepti, vantava collegamenti in varie nazioni europee e di altri continenti, con una capillare rete di collegamenti e ‘corrieri’ capaci di immettere sul mercato italiano grandi quantitativi, in particolare di eroina. L’indagine ha visto gli investigatori al lavoro in 105 operazioni in Italia e all’estero, con il sequestro di oltre 230 chili di eroina, 20 chili di cocaina, 2 chili di Mdma e quasi 15 chili di marijuana, per un valore di decine di milioni di euro.

Fino al 2013, – spiegano gli investigatori – i corrieri partivano direttamente dai luoghi di produzione dello stupefacente, Africa orientale, Pakistan, Cina, Laos (eroina grezza in grani), America latina (cocaina nelle varie forme: pasta, liquida ed in polvere).

Dopo i primi sequestri, la droga proveniente sempre dai paesi di produzione, veniva stoccata in Turchia, Tanzania, Sud Africa, Brasile, Perù e Bolivia. Da questi Paesi, cambiando di mano, veniva trasportata in verso il nord europa da dove poi, cambiando ancora una volta di mano, raggiungeva l’Italia utilizzando i mezzi più disparati: vettori aerei, navi cargo, traghetti, treni, pulman, taxi, autovetture private.
Successivamente gli organizzatori hanno iniziato ad utilizzare corrieri non più africani ma
europei: italiani, greci, spagnoli, bulgari, ungheresi.

I METODI DI OCCULTAMENTO DELLA DROGA, ESCLUSI I CLASSICI
OVULATORI:
– sacche di cotone cucite nelle magliette intime;
– doppi fondi a forma para-stinchi;
– doppi fondi in calzature, scarpe, ciabatte e sandali;
– valige rigide e in tessuto, tra queste anche trolley;
– doppi fondi utilizzando valige del tipo rigido;
– estintore;
– doppi fondi sagomando il contenuto dello stupefacente in modo da renderlo aderente e
conforme all’ingombro della valigia o del trolley.

Lo stupefacente – spiegano i carabinieri – è refrattario ai raggi X perché confezionato in modo che l’ingombro sia parte integrante del bagaglio ed è resistente all’olfatto dei cani antidroga perché l’involucro è intriso di colla e cosparso di sostanze tipo caffè, pereponcino, zenzero o vaniglia.

I corrieri sono negativi agli esami speditivi perché non toccano lo stupefacente.
Parte integrante dell’associazione è costituita dai così detti “ CUCITORI”, ovvero i
soggetti che abilmente ricavano i doppi fondi nelle modalità sopra descritte. La loro
mano d’opera è così importante che vengono pagati oltre 1000 dollari americani per
ogni valigia confezionata.

SEQUESTRI PIU’ IMPORTANTI:
– giugno 2015 21 kg. di eroina presso l’aeroporto di Orly in Francia;
– aprile 2015 7 kg. di cocaina presso l’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi;
– aprile 2013 6 kg. di eroina all’aeroporto di Roma-Fiumicino, 12 kg. presso un Hotel di
Napoli (5 arresti) intermediaria arrestata già Miss Sudafrica;
– maggio 2015, 2 kg di MDMA a Santorini in Grecia, trasportati da una donna con la
figlia di origine africana e proveniente da Singapore;
– aprile 2013, 12 kg di eroina presso un Hotel romano, due arresti (autorizzati dall’AG
al differimento del sequestro ed alla successiva consegna controllata)
– febbraio 2013, 7 kg di eroina al confine con l’Austria, occultata all’interno di un
estintore, trasportato da un camion di nazionalità Turca, imbarcatosi in Grecia e
sbarcato a Trieste.
– febbraio 2015, 3 kg di cocaina, arrestati una coppia, lei olandese, il marito cittadino
tanzaniano. La droga, partita con nave cargo battente bandiera panamense, è partita da
un porto malese diretta a Rotterdam. Successivamente, una parte della droga è stata
affidata alla coppia, che l’ha trasportata nel doppio fondo di uno zaino, in Italia a bordo
di un autobus di linea partito dalla Polonia.

Renzi attacca: “Governo delle tasse”. Il M5s: “Basta giochi o voto”

Tensione nella maggioranza dopo che Matteo Renzi, nel criticare la manovra dell’esecutivo giallorosso che definisce “una mazzata di tasse per la classe media”, ha detto che “la legislatura durerà con o senza Conte”, però “dipende da come funziona il governo”, è l’avvertimento dell’ex premier.

Un messaggio quello del leader di Italia Viva che ha mandato nel panico mezzo governo, memore di ciò che Renzi propinò a Enrico Letta nel 2013 quando riuscì a strappargli la premiership nonostante avesse più volte ripetuto “Enrico stai sereno”.

A stretto giro un post del Movimento 5 stelle in cui si legge che “non esiste futuro per questa legislatura se qualcuno prova a mettere in discussione il presidente Conte con giochini di palazzo”, con chiaro riferimento alle parole di Matteo Renzi che aveva attaccato la legge di bilancio fatta “con tasse su auto aziendali, su plastica e zucchero”.

“Lo vogliamo dire chiaramente – scrive il M5s -: non esiste futuro per questa legislatura se qualcuno prova a mettere in discussione il presidente Conte con giochini di palazzo, immaginando scenari futuri decisamente fantasiosi”.

“Lo stesso vale anche se si continua a indebolire quest’Esecutivo attraverso messaggi che fanno male al Paese e che lo mettono continuamente in fibrillazione. L’accordo sulla legge di bilancio è stato raggiunto da tutte le forze politiche di maggioranza. Ora andiamo a meta e miglioriamo la qualità della vita degli italiani”.

“Il governo è forte se lavora unito e compatto”, scrivono i pentastellati. “E tutti dobbiamo lavorare seguendo la stessa strada, perché non esistono scorciatoie. Stiamo lavorando a una manovra che darà risposte concrete agli italiani. E ci stiamo riuscendo perché ascoltiamo le persone. Falliamo ogni volta che non ascoltiamo i cittadini e iniziamo a parlare ‘politichese'”.

“In questi giorni nella legge di bilancio abbiamo portato avanti le priorità che ci avevano chiesto gli italiani: lo stop all’aumento dell’iva, la conferma di quota 100 e della flat tax per partite Iva, il lancio degli investimenti green, l’abbassamento del cuneo fiscale e il carcere per gli evasori”, tutte “misure fondamentali per dare sostegno ai cittadini”.

E Carlo Calenda attacca Matteo Renzi con un tweet al vetriolo. La “destra dopo due mesi è più forte di sempre” cinguetta l’europarlamentare, commentando quanto scritto dal leader di Italia Viva. “Questo governo è nato in emergenza per rispondere allo strappo leghista” twittava qualche ora prima Renzi.

“Con elezioni anticipate avremmo avuto aumento Iva, pieni poteri a Salvini, un capo dello Stato No Euro e tensioni sui mercati. Io rivendico l’operazione di igiene istituzionale fatto”. “L’Iva (come sempre accaduto) – replica Calenda a Renzi- l’avrebbe levata qualsiasi Gov; passi le tue giornate a sparare sul Gov. che hai promosso; se lo avessi fatto per la salvezza del Paese non avresti fatto la scissione dopo giuramento ministri”.

Dal Pd arriva la replica di Dario Franceschini che frena: “Repetita iuvant: il Governo Conte è l’ultimo di questa legislatura. Chi lo indebolisce con fibrillazioni, allusioni, retroscena di palazzo, fa il gioco della destra. Forse sarebbe ora di smetterla”, scrive su Twitter il ministro della Cultura.

Su Twitter Renzi controreplica: “Letti i commenti #RenziMessaggero ribadisco: chi vuole abbassare le tasse non è contro il Governo, ma fa un favore al Governo. Chi le vuole alzare come nel caso delle auto aziendali, fa invece un regalo a Salvini ed un danno agli italiani #ItaliaViva”.

“Ribadisco in modo semplice”, dice ancora Renzi. “Abbiamo fatto un Governo di emergenza che può aiutare il Paese su molte cose a cominciare dalla riduzione degli interessi sul debito. E parliamo di decine di miliardi, non di spiccioli -scrive poi il leader di Italia Viva su Facebook-. Nel merito della legge di bilancio siamo felici dei risultati ottenuti fino ad oggi. Ma non basta. Noi continueremo a batterci in Parlamento per migliorare ancora i provvedimenti su auto aziendali e microbalzelli che feriscono la competitività delle imprese. Le nostre proposte non sono slogan, ma hanno coperture: e se in Parlamento ci saranno i numeri diventeranno legge. Tutto qui”.

“Chi elimina autogol come quello sulle auto aziendali non sta attaccando il Governo: sta facendo un favore al Governo. Invece mantenere quelle microtasse dannose non significa fare un regalo al Governo, ma significa fare un regalo a Salvini -prosegue Renzi-. Non mi sono limitato a dire che vogliamo cancellare le tasse sulle auto aziendali: ho spiegato anche come farlo. Perché i populisti parlano con gli slogan, i politici fanno proposte concrete. I politici fanno interviste lanciando idee e proposte, i populisti le commentano avendo letto solo i titoli”.

Serie B, il Crotone battuto in casa dal Perugia: 2-3

Nwankwo Simy Perugia Crotone
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Sconfitta interna per il Crotone che escono sconfitti dallo Scida con il Perugia (2-3) dell’ex mister Oddo, dopo un’imbattibilità casalinga di ben nove mesi. Gli umbri si piazzano al secondo posto, mentre gli squali passano al terzo posto con 18 punti.

Stroppa, alla terza gara in sette giorni per il suo Crotone, deve rinunciare allo squalificato Zanellato ma recupera Gigliotti, dopo i due turni di stop, e Marrone. Tornano titolari Crociata e Messias, spazio dal primo minuto per Mustacchio.

La prima occasione è subito per gli ospiti con Buonaiuto, Cordaz con un gran colpo di reni manda in corner. La gara è su alti ritmi e i rossoblù provano a rendersi pericolosi ma sono gli umbri a passare in vantaggio al 13’ con Iemmello che sfrutta una ripartenza di Nicolussi Caviglia sulla destra e da due passi supera l’incolpevole Cordaz.

La reazione dei padroni di casa è immediata ma prima Simy, strattonato da Rosi, e poi Messias, spinto da Di Chiara, non arrivano puntuali all’appuntamento con la rete. Al 31’ è Vicario a negare la gioia del gol a Simy che aveva colpito di testa su perfetto invito dalla destra di Benali.

La ripresa si apre con gli squali che vanno alla ricerca del meritato pari e ci vanno vicinissimi con Crociata ma Melchiorri si rifugia in corner. Gli ospiti al 53’ raddoppiano: lancio di Balic per Melchiorri che scatta in posizione di fuorigioco, Cordaz esce nel tentativo di contrastarlo ma l’attaccante umbro da lunga distanza insacca in rete.

Passano 4 minuti e i pitagorici dimezzano lo svantaggio con Mustacchio che dopo un miracolo di Vicario raccoglie da terra e sigla il gol dell’ex.

Al 65’ però gli ospiti vanno di nuovo a segno con Di Chiara che raccoglie da Falzerano e lascia partire un gran sinistro deviato da Golemic. Gli uomini di Stroppa ci provano in tutti i modi ma il Perugia riesce a salvarsi in varie situazioni ma al 94’ Mustacchio riesce a trovare ancora la via del gol con un gran destro. Negli ultimi due minuti di recupero ci provano ancora i rossoblù ma purtroppo il risultato non cambia più con Vicario che effettua l’ennesimo miracolo proprio sul fischio finale.

CROTONE: Cordaz; Golemic, Marrone, Gigliotti; Mustacchio, Benali, Barberis (90’ Gomelt), Crociata, Molina (68’ Mazzotta); Messias (68’ Vido), Simy. A disp: Festa (GK), Figliuzzi (GK), Bellodi, Rodio, Cuomo, Spolli, Evan’s, Rutten. All. Stroppa

PERUGIA: Vicario; Rosi, Gyomber, Falasco; Mazzocchi, Balic, Nicolussi Caviglia (72’ Dragomir), Carraro, Mazzocchi, Di Chiara; Iemmello (61’ Falzerano), Buonaiuto (38’ Melchiorri). A disp: Fulignati (GK), Nzita, Rodin, Falcinelli, Capone, Fernandes. All. Oddo

Arbitro: Pezzuto di Lecce

Reti: 13’ Iemmello (P), 53’ Melchiorri (P), 57’ e 90’+4 Mustacchio (C), 65’ Di Chiara (P)

Scalea, fermato un uomo per il ferimento dell’ambulante

carabinieri

E’ stato fermato il presunto autore del ferimento, a colpi di pistola, di un venditore ambulante di Santa Maria del Cedro, di 30 anni, avvenuto lo scorso lunedì mentre nella cittadina era in corso il mercato.

Il fermato, che ha 50 anni e precedenti di polizia, anch’egli venditore ambulante, è accusato di tentato omicidio e porto di arma da sparo in luogo pubblico. Il ferimento sarebbe avvenuto dopo una lite tra i due ambulanti, entrambi di origine campana ma residenti in Calabria.

Il cinquantenne, dopo avere colpito l’altro alle gambe, si è dileguato mentre la persona ferita veniva trasportata in elisoccorso all’ospedale di Cosenza dove si trova tuttora ricoverata.

Alla base della lite ci sarebbero, secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri della Compagnia di Scalea coordinate dalla Procura di Paola, acredini ed invidie legate allo svolgimento delle attività commerciali e la vendetta dell’arrestato a seguito di un precedente litigio tra il ferito e un congiunto del cinquantenne.

Codacons: aumenta la prostituzione in Calabria, “fatturato” da 150 milioni

prostituzioneMentre si torna a parlare di riaprire le “case chiuse”, il Codacons diffonde i numeri relativi alla prostituzione in Calabria. Nella nostra regione il mercato del sesso registra un “fatturato” annuo pari a 150 milioni di euro – si legge in una nota diffusa dall’associazione – con una potenziale imposizione fiscale teoricamente superiore a 40 milioni di euro.

Il settore – si afferma – è cresciuto sensibilmente, incurante della crisi, anche grazie al boom della prostituzione sul web. Dall’indagine realizzata dal Codacons emerge come siano circa 3 mila gli operatori del sesso in Calabria, per un numero di clienti che raggiunge i 100mila calabresi.

Nel periodo della crisi economica il fatturato della prostituzione è cresciuto del 25,8% mentre il numero di soggetti dediti alla prostituzione è aumentato del 28,5%. Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva riduzione del numero di prostitute che operano in strada, la cui percentuale rappresenta tuttavia ancora la fetta più consistente, pari al 60% del totale”.

Per contraltare si registra una forte crescita nel numero di “lucciole” che decidono di lavorare in casa o, comunque, non all’aperto (40%). “Della totalità delle prostitute operanti nella regione, il 10% – spiega l’assocuiazione – è minorenne, mentre il 60% è costituito da ragazze straniere, provenienti principalmente dai paesi dell’Europa dell’est (Romania, Bulgaria, Ucraina) e dall’Africa (Nigeria in testa).

Si registra, inoltre, un fortissimo aumento di prostitute cinesi, che svolgono prevalentemente la propria attività al chiuso (case, centri massaggi, ecc.). I clienti che preferiscono andare per strada hanno un’età media compresa tra i 35 e i 50 anni, un livello di istruzione basso o molto basso, sono sposati ovvero hanno partner regolari ed hanno uno o più figli.

Di contro, chi cerca l’amore a pagamento on-line, ha un’età media di 25-35 anni, single, senza figli, e con un livello di istruzione medio-alto. La spesa dei clienti abituali è mediamente pari a 100 euro al mese”. I costi delle prestazioni sono assai diversificati a seconda del “servizio”: per una escort, ad esempio, si arriva – calcola il Codacons – a pagare anche 500 euro. Costi che scendono a 20 miserabili euro, incassati dalle cosiddette schiave del sesso, per prestazioni rapide consumate in strada o nei campi”.

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