6 Ottobre 2024

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Scoperti 14 chili di marijuana nascosta in alcuni fusti, indagini

REGGIO CALABRIA – I Carabinieri della sezione operativa di Roccella Jonica assieme ai colleghi della stazione di Gioiosa Jonica, con il supporto di un’unità antidroga della squadra operativa volante della Guardia di Finanza di Gioia Tauro, hanno rinvenuto a Gioiosa un’ingente quantitativo di marijuana.

Le operazioni, svolte nell’ambito dei servizi finalizzati alla repressione del traffico di sostanze stupefacenti, hanno consentito di rinvenire in località Madama Anna, in un fondo accessibile a chiunque, 3 fusti in plastica con all’interno 34 buste sigillate contenenti un totale di 14 chili di marijuana.

La droga sequestrata una volta introdotta sulle piazze dello spaccio avrebbe portato un nelle casse delle organizzazioni criminali un introito di circa 20 mila euro. Proseguono le indagini dei militari per risalire a coloro che hanno nascosto la droga nei fusti.

La giornata nera di Pino Tursi Prato, arrestato e indagato da due procure antimafia

Pino Tursi Prato

Giornata nera per Giuseppe Tursi Prato, l’ex consigliere regionale in quota Psdi nella Quinta legislatura (maggio 1990) ed ex presidente dell’Usl di Cosenza, già arrestato a fine anni ’80 per concussione e poi finito in una brutta inchiesta per mafia in cui del 2004 è stato condannato a 6 anni.

Pino, come lo chiamano i suoi amici a Cosenza e in Calabria, stamattina è nuovamente finito in manette nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Salerno che ha chiesto e ottenuto dal gip l’arresto di otto persone tra cui il magistrato Marco Petrini, presidente di sezione presso la Corte di Appello di Catanzaro, insieme a due avvocati e all’ex dirigente dell’Asp di Cosenza, Emilio Santoro, conosciuto come Mario.

Giornata nera perché l’esponente socialista, sempre stamattina, è stato raggiunto da un avviso di garanzia nell’ambito di un’altra inchiesta, questa volta della Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri in cui sono finiti in carcere un banchiere, un cardiologo del Policlinico Gemelli e un imprenditore, in quanto sospettati di avere a che fare con la potente cosca Grande Aracri di Cutro. In questa indagine Tursi Prato è indagato, in compagnia di Nicola Adamo, ex consigliere regionale Pd, per traffico di influenze illecite.

Nell’inchiesta di Salerno, in codice “Genesi”, Tursi Prato è finito nei guai proprio per uno strascico di quella condanna per associazione mafiosa in cui si prevedeva anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, e secondo altre norme, la revoca del vitalizio maturato quando sedeva tra gli scranni del Consiglio regionale.

Secondo l’accusa campana, “le azioni correttive e documentate anche con attività di intercettazione audio e video servivano anche a fare ottenere il vitalizio a Giuseppe Tursi Prato”. Sarebbe stato Santoro a fare da tramite con il giudice Petrini per fare ottenere una sentenza favorevole a Tursi Prato. Secondo quanto riscontrato, al magistrato sarebbero state fatte regalie, pesce, champagne e altro, che dovevano servire a corrompere il giudice Petrini allo scopo di far riavere a Tursi Prato l’assegno.

Sempre nell’inchiesta della Dda salernitana, è indagato anche Ottavio Rizzuto, il banchiere presidente della “BCC del Crotonese” finito in manette stamane nell’altra inchiesta dell’antimafia catanzarese per presunte commistioni con il clan Aracri di Cutro. Nel ruolo di alto dirigente dell’istituto, Rizzuto avrebbe consentito prelievi di contanti finiti poi nelle tasche del giudice che, secondo l’accusa, per mantenere il suo alto tenore di vita e in sofferenza cronica, non bastava il consistente stipendio di magistrato.

Chi è Giuseppe (Pino) Tursi Prato
Socialista convinto migrato poi nel Psdi per una faida politica tutta interna al garofano, Giuseppe Tursi Prato, cosentino di 69 anni, per tutti Pino, era finito in manette nel 1988 allorquando la procura cosentina gli contestò il reato di concussione. Secondo l’accusa dell’epoca, da consigliere comunale avrebbe costretto un imprenditore a promettergli la somma di 300 milioni di lire come indebito corrispettivo da versare per ottenere l’incarico, senza gara d’appalto, per la costruzione del terzo lotto dei mercati ortofrutticoli di Via Gergeri, un affare da 5 miliardi di vecchie lire.

Erano gli anni d’oro del socialismo cosentino e calabrese. Pino Tursi Prato era un politico rispettato e temuto da tutti, sempre col sorriso e il sigaro in bocca; non era raro vederlo al bar Bronx di Cosenza incontrarsi con gli amici. Allora era un pezzo da novanta, forte anche dei suoi agganci politici del calibro di Paolo Romeo su Reggio e, in città, di Giacomo Mancini e dei fratelli Pino e Tonino Gentile, tutti compagni socialisti con cui entrò successivamente in rotta.

I guai seri per Pino Tursi Prato cominciarono quando venne eletto presidente dell’Usl 9 di Cosenza. E’ in quel periodo che le cosche di ‘ndrangheta cosentine lo avvicinarono e spesso minacciarono perché volevano sistemare all’Usl parenti e amici dei boss, ma anche molti suoi “compagni” che qualche anno dopo gli girarono le spalle.

A tirarlo in ballo per primo fu il pentito Franco Pino che aveva raccontato ai magistrati come funzionava la politica a Cosenza. Non solo: il collaboratore di giustizia aveva riferito di assunzioni in ospedale in cambio di pacchetti di voti. Voti che fin dai primi anni Ottanta sarebbero serviti a fare eleggere lui (alle regionali del ’90 racimolò quasi 8.000 voti col Psdi che prese due seggi. Il suo amico Paolo Romeo a Reggio venne eletto con 9.500 preferenze), ma anche altri pezzi grossi della politica cosentina. Su decine di indagati in quella inchiesta, ironia della sorte, alla fine venne condannato solo lui. Anche il collaboratore di giustizia venne assolto.

Oggi l’epilogo finale legato a quel vitalizio economico che dopo tante disavventure giudiziarie e senza più un soldo era l’unico strumento di sostentamento per l’uomo Pino Tursi Prato, ex pezzo forte del socialismo cosentino che fu tradito e fatto fuori dai suoi compagni; gli stessi che per suo tramite hanno anche costruito importanti carriere politiche ed elettorali senza essere mai sfiorati da inchieste giudiziarie.

Dino Granata

Protesta dei tirocinanti della giustizia davanti al tribunale di Cosenza

Protesta, questa mattina, dei tirocinanti della giustizia davanti al tribunale di Cosenza. I manifestanti chiedono il rinnovo dei contratti in scadenza il prossimo 31 gennaio, per i quali non è stato previsto il rinnovo.

La manifestazione arriva dopo le numerose assemblee che si sono svolte in tutta la regione. L’obiettivo è di sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica su una problematica che interessa centinaia di persone che hanno svolto un percorso formativo e attività al servizio della macchina amministrativa della Giustizia.

Nasa e istituto clima: Ultimi 5 anni i più caldi dal 1880

Gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi dal 1880, un record registrato dalla Nasa e dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) negli ultimi 140 anni, cioè da quando si fanno le rilevazioni delle temperature. Nel comunicarlo, le due agenzie rilevano che il 2019 si è piazzato al secondo posto dopo il 2016 per record di temperatura terrestre, confermando il trend del riscaldamento a lungo termine del pianeta.

“Purtroppo ci aspettiamo molti eventi meteo estremi nel 2020 e nelle prossime decadi”, afferma il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) che fa capo all’Onu Petteri Taalas rilevando che “con le attuali emissioni di gas serra siamo diretti verso un aumento della temperatura dai 3 ai 5 gradi entro la fine del secolo”. La temperatura media globale, aggiunge, “è aumentata di circa 1,1 gradi centigradi dall’era preindustriale e il calore dell’oceano è al livello record”.

L’anno scorso, le temperature erano 0,98 gradi centigradi più caldi rispetto alla media del 1951-1980, secondo gli scienziati del Goddard Institute for Space Studies (Giss) della Nasa a New York.

“Il decennio appena concluso è chiaramente il decennio più caldo mai registrato”, commenta il direttore del Giss Gavin Schmidt osservando che “ogni decennio dagli anni ’60 è stato chiaramente più caldo di quello precedente”.

Dal 1880, la temperatura media globale della superficie terrestre è aumentata e ora è di un po’ più di 1 grado al di sopra di quella della fine del 19/o secolo. Utilizzando modelli climatici e analisi statistiche dei dati della temperatura globale, gli scienziati hanno concluso che questo aumento è stato provocato principalmente dall’aumento delle emissioni nell’atmosfera di anidride carbonica e altri gas serra prodotti dalle attività umane.

Soldi e sesso per aggiustare i processi, 8 arresti, tra cui un magistrato e due avvocati

Soldi, gioielli e anche prestazioni sessuali in cambio di favori nei processi. Con l’accusa di corruzione in atti giudiziari è stato arrestato un magistrato della Corte d’Appello di Catanzaro, Marco Petrini, oltre a due avvocati, uno del foro di Catanzaro e uno di quello di Locri.

In tutto sono otto gli indagati in una operazione “Genesi” della dalla Guardia di finanza che ha eseguito un’ordinanza del gip di Salerno su richiesta della locale Procura (Dda) che è competente sulle toghe del distretto catanzarese. Sette delle persone coinvolte sono finite in carcere e uno ai domiciliari. L’accusa della Dda è di corruzione in atti giudiziari, per alcuni l’accusa è aggravata per mafia.

In carcere sono finiti, oltre al giudice Petrini, Vincenzo Arcuri, Giuseppe Caligiuri, Luigi Falzetta, Emilio Santoro (detto Mario, medico ed ex dirigente dell’Asp di Cosenza), Giuseppe Tursi Prato (ex consigliere regionale) e Francesco Saraco. Ai domiciliari è finita l’avvocato  Maria Tassone, detta Marzia.

Tursi Prato è indagato dalla Dda di Catanzaro per traffico di influenze nell’altra inchiesta scattata stamane a Crotone, ndr).

Dalle indagini sarebbe stato scoperto un presunto sistema di corruzione a favore del magistrato presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro nonché presidente della commissione provinciale tributaria.

Secondo gli investigatori il magistrato sarebbe intervenuto, in cambio di consistenti somme di denaro, oggetti preziosi e anche prestazioni sessuali per ottenere sentenze o comunque provvedimenti in proprio favore.

Le indagini avviate nell’anno 2018 hanno permesso di ricostruire una sistematica attività corruttiva nei confronti di un presidente di sezione della Corte di Appello di Catanzaro nonché presidente della commissione Provinciale tributaria del capoluogo di regione calabrese.

Gli indagati promettevano e consegnavano al magistrato Marco Petrini a più riprese somme di denaro contante oggetti preziosi altri beni ed utilità tra le quali prestazioni sessuali in cambio dell’intervento del magistrato per ottenere in processi penali civili in cause tributarie sentenze o comunque provvedimenti a loro favorevoli o favorevoli a terze persone concorrenti nel reato corruttivo.

In alcuni casi i provvedimenti favorevoli richiesti dal magistrato e da quest’ultimo promessi o assicurati erano diretti a vanificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciata in primo grado dai Tribunali del distretto di Catanzaro, provvedimenti di misure di prevenzione già definite in primo grado o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa Antimafia nonché sentenze in cause civili e accertamenti tributari.

Oltre al magistrato una figura centrale del presunto sistema corruttivo era costituito da una persona insospettabile e in particolare da Emilio Santoro, medico in pensione ed ex dirigente dell’azienda sanitaria provinciale di Cosenza. Secondo l’accusa, Santoro oltre a “stipendiare” mensilmente il magistrato per garantirsi l’asservimento stabile delle funzioni del giudice, si prodigava altresì per procacciare nuova occasione di corruzione proponendo a imputati o apparenti di imputati condannati in primo grado nonché a privati soccombenti in cause civili decisioni favorevoli in cambio del versamento di denaro di beni o di altre utilità.

Le azioni correttive e documentate anche con attività di intercettazione audio e video servivano anche a fare ottenere il vitalizio a Giuseppe Tursi Prato, ex noto politico calabrese che nel corso della quinta legislatura regionale ricopriva la carica di consigliere della Regione Calabria nelle fila del Psdi.

Tursi Prato era stato condannato nel 2004 a 6 anni di reclusione per vari reati, fra cui quello di associazione mafiosa, con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e per tali motivi era decaduto dal relativo assegno vitalizio per la carica rivestita.

Dalle indagini emerge anche il tentativo del giudice di agevolare alcuni candidati per il superamento del concorso per l’abilitazione alla professione di avvocato.

Nel corso delle indagini, sarebbe stata accertata la grave situazione di sofferenza finanziaria in cui versava il magistrato arrestato ricostruita sulla base di accertamenti bancari e sulla base della conversazioni intercettate. Si trattava – spiegano gli inquirenti – di una condizione cronicizzate assolutamente non risolvibile nel breve periodo che poneva il magistrato stabilmente nella necessità di procurarsi la disponibilità oltre lo stipendio di magistrato e compensi quale giudice tributario di somme di denaro in contante anche per mantenere l’elevato tenore di vita.

Durante la perquisizione nell’abitazione del magistrato è stata rinvenuta è sequestrata la somma contante di 7.000 euro custodita all’interno di una busta. Oltre all’esecuzione delle misure cautelari sono state disposte ed effettuate numerose perquisizioni nei confronti di altri indagati, terzi e società.

Cinque auto in fiamme a Reggio Calabria, indagini

Cinque automobili sono state distrutte dalle fiamme questa notte nella zona nord di Reggio Calabria. A domare i roghi i vigili del fuoco del comando provinciale reggino.

Gli incendi, sulle cui cause sono in corso accertamenti, sono scoppiati intorno all’una e trenta in Viale della Libertà. Sul posto, oltre ai pompieri sono intervenute le forze dell’ordine. Indagini della Polizia per accertare l’origine delle fiamme. Non si esclude il dolo.

‘Ndrangheta e massoneria, arrestati un banchiere e un medico. Indagati Nicola Adamo e Pino Tursi Prato

Nicolino Grande Aracri
Nicolino Grande Aracri

La Guardia di finanza di Crotone ha arrestato tre persone nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Catanzaro, denominata “Thomas”, sulle presunte ingerenze della cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri sulle attività del Comune di Cutro. Gli arrestati sono Ottavio Rizzuto, attuale Presidente del Consiglio di amministrazione della Banca di Credito cooperativo del Crotonese e già dirigente, dal 2007 al 2015, dell’Area tecnica del Comune di Cutro; Alfonso Sestito, medico cardiologo al Policlinico Gemelli e Rosario Le Rose,imprenditore cutrese.

Nei confronti di Nicolino Grande Aracri, alias “Mano di gomma”, capo della Locale di ‘ndrangheta di Cutro e capo crimine della Provincia, attualmente detenuto in regime di 41 bis presso la casa circondariale “Opera” di Milano è stata notificata l’informazione di garanzia.

I tre arresti sono stati fatti in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip distrettuale di Catanzaro su richiesta dei pm della Dda Paolo Sirleo e Domenico Guarascio su direttive del capo della Procura, Nicola Gratteri. La Guardia di finanza di Crotone, nel corso dell’indagine e dell’esecuzione degli arresti, si è avvalsa del concorso del Nucleo speciale Polizia valutaria.

Le persone coinvolte nell’operazione sono accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso e di estorsione, abuso d’ufficio, traffico di influenze illecite, omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, reati questi ultimi tutti aggravati dalle modalità mafiose. L’attività investigativa ha fatto emergere l’appartenenza e le relazioni massoniche di alcuni fra gli indagati.

“Le indagini consentono di asserire – è detto in una nota stampa della Dda di Catanzaro – come negli anni la cosca di ‘ndrangheta capeggiata dal Nicola Grande Aracri abbia esercitato la sua influenza sul Comune di Cutro gestendo di fatto numerosissimi appalti e traendone diretto e cospicuo giovamento economico. Figura centrale di questa metastasi criminale era Ottavio Rizzato. La Guardia di finanza, nell’ambito dell’operazione, ha eseguito una serie di perquisizioni nella sede legale e nelle filiali di Cutro e di Isola di Capo Rizzuto della Banca di credito cooperativo del Crotonese.

Il quadro probatorio acquisito ha consentito di far luce sulle agevolazioni ed i favoritismi che Rizzuto ha effettuato a vantaggio delle cosche di ‘ndrangheta locali in ragione delle funzioni ricoperte nel tempo, con particolare riferimento all’imprenditore Rosario Le Rose. Quest’ultimo, attraverso l’attività commerciale Idro Impianti srl, è risultato essere affidatario di tutte le commesse del Comune di Cutro, dal 2007 al 2015, operando in sostanziale regime di monopolio”.

Ulteriori elementi probatori tratti dall’indagine, afferiscono condotte illecite attuate da quattro appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, in servizio e in congedo, che, attraverso l’abusiva consultazione delle banche dati in uso al Corpo, attingevano informazioni riservate ovvero coperte dal segreto istruttorio in favore di terzi soggetti, provvedendo ad informarli su attività di polizia giudiziaria o economico finanziaria in itinere, compiendo, altresì, gravi omissioni, non denunciando reati in corso di attuazione ovvero fatti suscettibili di approfondimenti investigativi.

Nel corso delle indagini sono stati acquisiti elementi relativi a un traffico di influenze illecite. Asse di congiunzione fra i diversi ambienti della società calabrese era proprio il Presidente della banca BCC del Crotonese Ottavio Rizzuto.

Informazioni di garanzia sono state notificate a Nicola Adamo (ex vicepresidente della Regione Calabria) e Giuseppe Tursi Prato (detto Pino, ex consigliere regionale nella quinta Legislatura, già condannato nel 2004 per vari reati, fra cui quello di associazione mafiosa), indagati oggi per traffico di influenze illecite.

Parallelamente alle indagini di polizia giudiziaria i Finanzieri di Crotone hanno svolto accertamenti patrimoniali ed indagini finanziarie che hanno permesso di certificare le sperequazioni tra i redditi dichiarati ed i patrimoni effettivamente posseduti in relazione alle quali le Fiamme Gialle hanno sottoposto a sequestro, in ottica di successiva confisca per sproporzione, 4 attività economiche e relativi compendi aziendali, 83 beni immobili, 16 autovetture, depositi bancari, polizze assicurative, per un valore di oltre 15 milioni di euro.

Mazara del Vallo, incendio in villa: morti padre e figlio

vigili del fuoco(ANSA) – MAZARA DEL VALLO (TRAPANI), 15 GEN – Nell’incendio di una villetta avvenuto in nottata in via Napoli a Mazara del Vallo (Trapani) sono morti Vincenzo Monaco, di 72 anni, e il figlio Livio di 42 anni.
Le fiamme sarebbero divampate nel soggiorno pare per un corto circuito. I vigili del fuoco del comando provinciale di Trapani hanno lavorato tutta la notte nell’abitazione per spegnere il rogo e risalire alle cause dell’incendio. Le indagini sono condotte dai carabinieri.

Messina, vasta operazione antimafia. 94 arresti. In manette anche un notaio e un sindaco

I Carabinieri del Ros e la Guardia di Finanza di Messina, supportati dai militari di Palermo, Catania, Enna e Caltanissetta, nell’ambito di una vasta operazione contro l’associazione mafiosa di Tortorici (Messina), operativa nell’area dei Nebrodi, stanno dando esecuzione ad un ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari su richiesta dalla DDA messinese, a carico di 94 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Con riferimento ai contributi, dalle indagini è emersa una “spartizione virtuale” del territorio operata dall’organizzazione mafiosa ai fini della commissione di un elevatissimo numero di truffe finalizzate ad ottenere ingenti contributi erogati dalla Comunità europea sui fondi agricoli.

Oltre 600 i militari coinvolti nell’operazione, in codice Nebrodi. Nel corso del blitz sono state sequestrate 150 imprese. Decapitati i clan mafiosi dei Batanesi e dei Bontempo Scavo.

Tra i destinatari del provvedimento, oltre ai vertici ed agli affiliati del sodalizio criminale, anche imprenditori e pubblici amministratori.

Secondo quanto emerso, i clan messinesi avrebbero intascato indebitamente fondi europei per oltre 5,5 milioni di euro, mettendo a segno centinaia di truffe all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), l’ente che eroga i finanziamenti stanziati dall’Ue ai produttori agricoli.

Milioni di euro dell’Unione europea sono finiti nelle tasche della mafia dei Nebrodi che incassava contributi destinati all’agricoltura. La truffa, scoperta dalla Guardia di finanza e dal Ros dei Carabinieri nell’ambito di un’indagine della Dda di Messina coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, ha portato 48 persone in carcere, gli altri ai domiciliari.

Ai domiciliari anche alcuni insospettabili, come il notaio Antonino Pecoraro, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa; alcuni dipendenti dei Centri di assistenza agricola e fra questi il sindaco di Tortorici, Emanuele Galati Sardo, accusato di concorso esterno. Le aziende ricevevano contributi Agea per terreni di cui non disponevano, sfruttando la complicità di addetti ai controlli.

I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11 di stamane presso l’aula magna della Corte d’Appello di Messina, con la partecipazione del Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Rao.

L’uso prolungato del cellulare “può causare tumori al cervello”

L’uso prolungato del telefono cellulare può causare tumori alla testa. Lo sostiene la Corte d’Appello di Torino che, oggi, ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Ivrea, emessa nel 2017, sul caso sollevato da un dipendente Telecom Italia colpito da neurinoma del nervo acustico.

Il pronunciamento riapre il dibattito, ma l’estate scorsa un rapporto curato da Istituto Superiore di Sanità, Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea non ha dato conferme all’aumento di neoplasie legato all’uso del cellulare.

Il 2 marzo le elezioni per il nuovo presidente della Provincia di Crotone

Palazzo della Provincia CrotoneE’ stata fissata al prossimo 2 marzo la data per eleggere il nuovo presidente della Provincia di Crotone. Lo ha stabilito, con apposito decreto firmato oggi, il presidente facente funzione dell’ente intermedio, Giuseppe Dell’Aquila che è subentrato a Ugo Pugliese, dimessosi dalla carica lo scorso 4 dicembre in seguito alle vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto nella sua veste di sindaco di Crotone.

Per legge la data per l’elezione del nuovo presidente della Provincia deve essere fissata entro i 90 giorni dalla decadenza. Le candidature a presidente della Provincia vanno presentate entro martedì 11 febbraio.

Il presidente dura in carica 4 anni e decade in caso di cessazione dalla carica di sindaco. Sono eleggibili a presidente della Provincia i sindaci dei Comuni della Provincia, il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data di svolgimento delle elezioni. L’elezione avviene sulla base di presentazione di candidature sottoscritte da almeno il 15% degli aventi diritto al voto, con voto ponderato legato alla fascia demografica dei Comuni.

E’ eletto il candidato che consegue il maggior numero di voti su base ponderata. A parità di voti è eletto il candidato più giovane di età. Una elezione che nel crotonese si presenta complicata dal momento che cinque consigli comunali allo stato risultano sciolti per infiltrazioni mafiose; si tratta di comuni importanti come Casabona, Cirò Marina, Crotone, Crucoli e Strongoli.

Infatti, il sistema per eleggere il presidente della Provincia è quello del voto ponderato in base al quale il voto dei consiglieri di comuni con oltre 15 mila abitanti vale di più di quello dei consiglieri con meno di 1000 abitanti. In pratica i consiglieri di Crotone e Cirò Marina (entrambi con più di 15 mila abitanti) rappresentano oltre il 50 per cento del voto ponderato, mentre i consiglieri di Casabona, Crucoli e Strongoli sono in fasce di popolazione più basse.

Dimenticano pentola sul gas e scoppia un incendio, in salvo coppia di anziani

Una coppia di anziani coniugi è stata tratta in salvo a Scigliano da un maresciallo dei carabinieri intervenuto a seguito dell’incendio per cause accidentali del loro appartamento.

I due, un ottantunenne e la moglie di 71, erano usciti di casa dimenticando una pentola con alcune pietanze lasciata a cuocere sul fornello a gas della cucina. Rientrati a casa in preda al dubbio è stata la donna, dopo avere aperto la porta, ad essere colta di sorpresa dalle fiamme che si erano propagate. L’anziana ha tentato di domare le fiamme ma è stata costretta a uscire di casa mentre le urla del marito allertavano i vicini.

Un maresciallo della vicina caserma attirato dalle richieste di aiuto si è recato sul posto portando due estintori. Il sottufficiale ha condotto i due anziani all’esterno dell’edificio e poi ha spento le fiamme che sono state poi estinte anche con l’uso di asciugamani bagnati. I vigili del fuoco hanno confermato l’accidentalità del rogo. I due anziani sono in buone condizioni.

Furto con spaccata a Cosenza, svaligiata una tabaccheria. Indagini

Nuovo episodio di furto con spaccata a Cosenza. Persone non identificate, all’alba di oggi, hanno svaligiato una rivendita di tabacchi posta di fronte alla sede delle Poste centrali.

Gli abitanti della zona di via Veneto, nel centro cittadino, sono stati svegliati dal boato provocato dall’impatto di una vettura contro la saracinesca del negozio. I malviventi, una volta dentro, si sono impossessati di denaro contante, sigarette e tagliandi di gratta e vinci per un ammontare non ancora quantificato.

Agguantata la refurtiva i banditi si sono allontanati facendo perdere le proprie tracce.
Sul furto indaga la Polizia di Stato.

‘Ndrangheta e massoneria. L’Espresso: “Pittelli a cena con magistrati e professionisti”

Appunti scritti a mano con un elenco dettagliato dei temi dell’inchiesta “Rinascita” e la registrazione di una cena con un pool di magistrati. E’ quanto rivela L’Espresso in un’inchiesta firmata da Giovanni Tizian nel numero in edicola questa settimana. Il giornalista approfondisce i risvolti e i retroscena del maxi blitz condotto dal Ros e dal Comando provinciale dei carabinieri di Vibo lo scorso 19 dicembre sotto il coordinamento della Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri e si sofferma sulla figura di uno dei principali indagati, l’avvocato Giancarlo Pittelli.

La cena e le cimici del Ros

Proprio a casa del noto penalista catanzarese i carabinieri avrebbero trovato l’elenco dettagliato dei temi trattati dall’indagine per la quale è finito in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo quanto riportato dall’Espresso, i Ros avrebbero anche registrato una cena nella sua abitazione con otto magistrati e altri professionisti. “Toghe – precisa il settimanale citando fonti autorevoli – non della Procura ma di altri uffici giudiziari di Catanzaro. Contatti privilegiati dell’ex senatore finiti in informative senza ipotesi di reato inviate alla Procura di Salerno competente sui magistrati catanzaresi”.

Terra di mezzo

“L’avvocato Pittelli – scrive il settimanale – è dunque accusato di essere la cerniera tra due mondi. Un complice esterno, per i pm. Non secondo il giudice che ha ordinato l’arresto: convinto che l’ex senatore sia organico al clan”.

L’incontro con il rettore di Messina per presentargli la figlia del boss

Pittelli avrebbe avuto “un incontro a Messina con il rettore dell’Università per presentargli la figlia del boss Mancuso, studentessa di Medicina in difficoltà con un esame. «“Troppo avvocato, troppo avvocato” si è messa a piangere… che bella famiglia», questa la reazione della rampolla, confidata dall’ex senatore a un amico”.

Giancarlo Pittelli è stato arrestato, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, lo scorso 19 dicembre nell’operazione ‘Rinascita Scott’ condotta dal Ros nel corso della quale sono finite in manette oltre 300 persone, accusate di avere legami con la cosca di ‘ndrangheta Mancuso di Limbadi.

Al penalista ed ex parlamentare di Forza Italia qualche giorno fa il tribunale del Riesame di Catanzaro ha rigettato la richiesta di revoca della misura presentata dai difensori, per cui Pittelli è rimasto in carcere.

Sorpreso con quasi mezzo chilo di droga, arrestato

I Carabinieri della Compagnia di Corigliano Calabro hanno arrestato e posto ai domiciliari un giovane di 18anni di Villapiana con l’accusa di detenzione di sostanza stupefacente, in quanto trovato in possesso di oltre 450 grammi di marijuana.

Nello specifico durante un servizio perlustrativo del territorio svolto dai militari della Stazione di Villapiana nel transitare nei pressi della centrale Piazza Berlinguer, notavano quattro ragazzi conversare e scambiarsi qualcosa in modo sospetto.

Senza farsi notare i Carabinieri li fermavano e constatavano per terra, nei pressi di dove stazionavano i giovani, diversi involucri di cellophane trasparente, nonchè residui di marijuana. Per questo motivo i militari procedevano ad effettuare su tutti e quattro delle perquisizioni personali, che permettevano di rinvenire addosso a S.M., 18enne del luogo, una cospicua somma di denaro contante, nonché un dose di marijuana.

Accanto allo stesso e precisamante dentro un vaso di una pianta dove era poggiato, i Carabinieri trovavavano anche un sacchetto di plastica con altri dodici involucri dello stesso tipo contenenti marijuana, del peso tottale di circa 18 grammi. Per questo motivo le attività di perquisizione venivano estese presso l’abitazione di Villapiana, dove il ragazzo vive insieme ai genitori. Qui i militari rinvenivano all’interno di un vaso di ceramica posto sopra un armadio altri 13 grammi di marijuana.

Le scoperte, però, non si erano ancora concluse. Infatti portato in caserma, i Carabinieri iniziavano ad analizzare il cellulare del ragazzo, da cui acclaravano delle foto che ritraevano lo stesso davanti ad ingenti quantitativi della medesima sostanza stupefacente.

Riconoscendo i luoghi dove erano state scattate, si individuava un magazzino retrostante l’abitazione di S.M., non controllato precedentemente, che veniva ispezionato dettagliatamete e che permetteva di rinvenire sotto un asse di legno una confezione sigillata contenente quasi 430 grammi di marijuana ancora da dividere in dosi.

La droga, così come tutto il materiale rinvenuto, veniva sottoposta a sequestro penale, mentre S.M. veniva dichiarato in stato di arresto per il reato di detenzione di sostanza stupefacente e d’intesa con il Sostituto Procuratore della Repubblica di Castrovillari veniva tradotto presso la propria abitazione in regime degli arresti domiciliari in attesa di essere giudicato con rito direttissimo.

Svolta nelle indagini sull’omicidio di Bruno Ielo, presi il killer e il mandante

REGGIO CALABRIA – Svolta nelle indagini sull’omicidio di Bruno Ielo, il tabaccaio ucciso in un agguato nel 2017 a Reggio Calabria. La Squadra Mobile, su mandato del giudice che ha accolto le richieste della Dda, ha arrestato quattro persone ritenute mandanti ed esecutore del delitto.

Si tratta di Francesco Polimeni, 55enne considerato affiliato alla cosca Tegano, mentre il killer sarebbe Francesco Mario Dattilo, di 46 anni. In manette sono finite altre due persone, Cosimo Scaramozzino, di 51 anni e Giuseppe Antonio Giaramita, di 56. Sono accusati di omicidio premeditato, rapina, tentata estorsione, tentato omicidio e porto abusivo di armi, reati aggravati dal metodo mafioso e dall’aver agevolato la cosca di ‘ndrangheta Tegano.

Ricostruite le fasi dell’agguato.

Un faticoso lavoro di acquisizione, estrapolazione, studio e analisi delle immagini di numerosi di impianti di videosorveglianza, per tantissime ore di registrazione, ha consentito agli investigatori della sezione omicidi della Squadra Mobile di Reggio Calabria di ricostruire le fasi dinamiche dell’azione delittuosa e individuare i componenti del commando in Francesco Polimeni e Cosimo Scaramozzino che seguivano Bruno Ielo con una Fiat Panda di colore rosso in stretto raccordo operativo con il killer Francesco Mario Dattilo che agiva a bordo di uno scooter, alternandosi ripetutamente nelle attività di pedinamento e di osservazione lungo la strada che la vittima stava percorrendo per ritornare a casa al termine della giornata di lavoro.

La sanguinosa rapina a Ielo, un anno prima dell’agguato mortale

L’analisi unitaria degli eventi delittuosi posti in essere in danno del tabaccaio ha consentito agli investigatori della Polizia di fare luce anche sulla rapina dell’8 novembre del 2016, nel corso della quale la vittima Bruno Ielo era stato gravemente ferito al volto con un colpo di pistola esploso da uno dei due malviventi che avevano fatto irruzione all’interno della sua tabaccheria di Gallico.

La rapina – secondo l’accusa – sarebbe stata organizzata con finalità intimidatorie da Francesco Polimeni e posta in essere da Francesco Mario Dattilo e Giuseppe Antonio Giaramita (che, con condotta autonoma, aveva sparato in faccia alla vittima per avergli opposto resistenza), era finalizzata a costringere Ielo a chiudere l’attività commerciale per consentire a Polimeni – gestore anch’egli di una vicina tabaccheria – di accaparrarsi i guadagni derivanti dall’acquisizione della clientela della vittima.

Gli investigatori hanno studiato le abitudini degli indagati, monitorato le loro condotte, analizzato le peculiari fattezze fisiche e il modus operandi particolarmente irruento e sono riusciti ad individuare elementi in comune alla rapina e all’omicidio, uno dei quali rilevato con avanzate tecnologie di polizia scientifica che consentivano di dimostrare come l’arma abbandonata da Dattilo sulla scena del crimine la sera dell’omicidio, fosse dello stesso modello di quella impugnata sempre da lui durante la rapina dell’8 novembre 2016, ovvero una Beretta mod. 70 calibro 7.65, tanto – spiegano gli inquirenti – da far ritenere che per commettere l’omicidio di Bruno Ielo, Dattilo abbia utilizzato, con elevata probabilità, la stessa pistola.

Blitz in Calabria contro la ‘ndrangheta, arresti e perquisizioni.

polizia romaÈ in corso dalle prime ore di questa mattina un’operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, finalizzata all’esecuzione di 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Giudice presso il locale Tribunale nei confronti di altrettanti soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di omicidio premeditato, tentata estorsione, rapina e tentato omicidio aggravati (ad eccezione del tentato omicidio) dal metodo mafioso e dall’avere agevolato la cosca di ‘ndrangheta Tegano, attiva nel quartiere Archi di Reggio Calabria. Eseguite diverse perquisizioni domiciliari.

Operazione “Giù la testa”. Fatta luce sull’omicidio del tabaccaio ucciso sulla strada nazionale per Catona il 25 maggio 2017

“Giù la testa” è il nome dato all’operazione. L’indagine della Polizia ha consentito di individuare il mandante e l’esecutore materiale dell’omicidio di Bruno Ielo, il tabaccaio ucciso con un colpo di pistola alla testa la sera del 25 maggio 2017, esploso da un killer da distanza ravvicinata, mentre rientrava a casa con lo scooter sulla strada Nazionale per Catona.

L’esercente reggino di 66 anni venne ucciso per strada su mandato di un esponente della ‘ndrangheta reggina in modo plateale con una pistola abbandonata accanto al cadavere, perché non si era voluto piegare al diktat della cosca di chiudere la tabaccheria che da circa un anno aveva aperto a Gallico, facendo concorrenza a quella del mandante dell’omicidio, elemento di spicco della famiglia Tegano.

Il delitto con la sua efferatezza e connotazione simbolica doveva riaffermare di fronte a tutta la comunità la perdurante operatività della cosca, pronta a reprimere chiunque osasse metterne in discussione la sua potenza criminale e il dominio sul territorio.

I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11.30 presso la Sala Convegni della Questura di Reggio Calabria alla presenza del Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri.

Cosenza, rapinarono incasso a donna, arrestati due uomini di Cerisano

Squadra mobileCon il volto travisato e armato di pistola minacciò e rapinò, insieme a un complice, la figlia di un imprenditore edile a Cosenza, mentre stava per recarsi in banca a versare gli incassi dell’attività. Il fatto è avvenuto a novembre dello scorso anno.

A poco meno di due mesi dal fatto, gli agenti della Squadra mobile della questura bruzia, guidati da Fabio Catalano, hanno individuato e arrestato i presunti responsabili traducendoli in carcere su ordine del gip. Si tratta di due uomini di Cerisano, Carmelo Ritacco, di 47 anni, e Giovanni Presta di 53, entrambi con precedenti.

Era lunedì 18 novembre quando la vittima stava per recarsi presso la banca Intesa San Paolo di Corso Mazzini per versare il denaro incassato nel fine settimana. L’azione, fulminea, è avvenuta in quella fase, prima che la vittima potesse entrare nell’istituto: all’improvviso spunta una moto guidata da Presta, mentre Ritacco, – secondo le indagini – che era dietro, è sceso e ha puntato l’arma al volto della signora, facendosi consegnare la borsa all’interno della quale c’era qualche migliaio di euro. I due si sono poi dileguati tra le traverse adiacenti facendo perdere le proprie tracce.

Scattate le indagini, gli agenti della Mobile, coordinati dalla Procura, hanno ascoltato testimoni e visionato le immagini degli impianti di video sorveglianza risalendo ai due uomini arrestati oggi. Dopo le formalità di rito per Ritacco e Presta si sono aperte le porte della casa circondariale di Viale Mancini a Cosenza. Dovranno rispondere di rapina e porto abusivo di arma. Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari su richiesta dei sostituti guidati dal procuratore capo Mario Spagnuolo.

La vittima e la sorella, figlie dell’imprenditore, nei mesi scorsi erano state nel mirino di rapinatori, che con modalità differenti, avevano sempre agito mentre le donne erano in procinto di andare a versare in banca.

Gregoretti, Pd e M5s abbandonano giunta immunità. Salvini: “Se a processo in tanti con me”

Hanno abbandonato la riunione, per protesta, tutti i senatori della maggioranza presenti nella Giunta delle immunità del Senato che stanno discutendo il caso Gregoretti, dopo la decisione di bocciare la richiesta di più documenti sullo stato di salute dei migranti bloccati sulla Gregoretti per decidere sul caso e di convocare l’ufficio di presidenza domani, sul rinvio del voto, nonostante l’assenza del capogruppo di Leu Pietro Grasso.

“Se rischierò un processo per aver controllato i confini il mio paese ci andrò a testa alta, ma dovranno preparare un Tribunale bello grande, perché con me ci saranno tanti italiani”. Lo afferma il leader della Lega, Matteo Salvini, durante un’iniziativa elettorale in provincia di Parma. In un passaggio del suo intervento, parlando del caso Gregoretti, in tanti tra il pubblico, hanno commentato: “Verremo con te, siamo pronti”.

L’Ufficio di presidenza della Giunta delle Elezioni del Senato, è stato convocato per domani alle 19 per decidere l’eventuale rinvio del voto sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in programma lunedì prossimo, 20 gennaio.

Secondo la maggioranza il rinvio sarebbe però automatico in quanto la Conferenza dei Capigruppo ha già deciso per la prossima settimana la sospensione dei lavori del Senato, per la campagna elettorale per le elezioni in Emilia Romagna e in Calabria, e quindi anche di quelli della Giunta.

Intanto proseguono i lavori della Giunta delle Elezioni, ma i senatori della maggioranza, ora riuniti, hanno deciso di abbandonare la seduta, come annunciato da Mattia Crucioli. L’esponente di M5S ha denunciato il “colpo di mano” del centrodestra per aver convocato per domani l’Ufficio di presidenza nonostante le assenze di Pietro Grasso e Michele Giarrusso, impegnati per impegni istituzionali all’estero.

Crucioli ha poi contestato la decisione di porre ai voti la domanda di acquisire ulteriore documentazione sullo stato di salute dei migranti a bordo della Gregoretti, richiesta respinta essendo la votazione finita in parità, dieci a dieci.

“I casi sono due: o quello sulla Gregoretti è un processo serio e grave, e quindi non c’è tempo da perdere, oppure è solo una ritorsione politica contro Salvini. Pd, Iv e 5Stelle non si azzardino a chiedere rinvii, per evitare il giudizio di calabresi ed emiliano-romagnoli”, ha affermato la senatrice della Lega Erika Stefani con i componenti leghisti della giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari.

Protesta davanti all’Asp di Cosenza delle società ambulanze del 118. Convenzioni scadute

Le associazioni che gestiscono il servizio ambulanze del 118 a Cosenza hanno messo in atto una protesta lasciando i loro mezzi davanti la sede dell’Azienda sanitaria provinciale.

La protesta è stata attuata da circa 500 operatori, con il supporto di una ventina di ambulanze. L’iniziativa è stata promossa per protestare contro i mancati accreditamenti economici da parte della Regione, “situazione – riferiscono le associazioni – che mette a rischio il soccorso di emergenza in tutta la provincia”.

“Le convenzioni – fanno rilevare ancora gli operatori – sono scadute lo scorso 31 dicembre e sono state prorogate, ma non rinnovate, fino al prossimo 12 febbraio”.

Alla manifestazione di protesta ha partecipato anche il consigliere regionale del Pd Carlo Guccione in segno di solidarietà verso i volontari che garantiscono il servizio di supporto al sistema di urgenza-emergenza del 118.

Spiega il consigliere dem che “sono mesi di inconcepibili ritardi nelle procedure di perfezionamento per l’autorizzazione e l’accreditamento, da parte della Regione e dell’Asp di Cosenza, per le Associazioni di volontariato che espletano questo servizio fondamentale per i cittadini, sopperendo alle carenze della sanità calabrese”.

“C’è da dire che se queste Associazioni si fermassero nell’espletamento del servizio 118, l’Asp di Cosenza non sarebbe in grado di garantire il sistema di urgenza-emergenza mettendo a gravissimo rischio la salute dei cittadini. L’Azienda sanitaria, infatti, non dispone di mezzi idonei e personale per poter coprire tutte le postazioni”, dice Guccione.

“Non possiamo permetterci – spiega il consigliere – di correre il rischio che vengano soppresse dieci postazioni di emergenza non riuscendo neanche a dare la possibilità a centinaia di pazienti in dialisi di recarsi in ospedale ad effettuare terapie “salvavita”.

Per Guccione di deve “procedere immediatamente ad avviare, senza indugi, quanto previsto nel DCA 141/2018 della Regione Calabria, che disciplina le autorizzazioni sanitare anche per le associazioni di volontariato. Si firmi la Convenzione e nel frattempo si insedi un tavolo presso la Prefettura di Cosenza presieduta dal Prefetto insieme ai rappresentanti dell’Asp, al Commissario Saverio Cotticelli e ai rappresentati delle Associazioni di volontariato. Si proceda a una proroga della Convenzione per dare continuità al servizio e allo stesso tempo il Tavolo studi tutte le carte e gli atti amministrativi per procedere alla Nuova Convenzione evitando il blocco del sistema 118. Inoltre, l’Asp di Cosenza proceda al pagamento delle spettanze arretrate”, conclude il consigliere dem.

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