8 Ottobre 2024

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Ancora raid di USA e GB nello Yemen. La crisi in Medio Oriente si allarga

L’esercito americano ha colpito un altro sito controllato dagli Houthi nello Yemen che, secondo quanto riferito, metteva a rischio le navi commerciali nel Mar Rosso.

Lo hanno detto due funzionari Usa e lo hanno confermato media dei ribelli yemeniti. Gli attacchi statunitensi nello Yemen, incluso quello della notte scorsa contro una base militare a Sanaa, non hanno avuto un impatto significativo sulle capacità degli Houthi di continuare a impedire alle navi commerciali di passare attraverso il Mar Rosso e il Mar Arabico: lo ha affermato il portavoce degli Houthi, Mohammed Abdulsalam, come riportano i media internazionali.

Un funzionario degli Houthi, Nasruldeen Amer, ha affermato ad Al Jazeera che non ci sono stati feriti nell’ultimo attacco e ha promesso una “risposta forte ed efficace”: “Non ci sono stati feriti, né perdite materiali né umane”, ha detto.

I media dei ribelli yemeniti Houthi hanno confermato i nuovi attacchi nello Yemen all’alba di oggi, all’indomani dei primi bombardamenti americani e britannici contro i siti del movimento che sta minacciando il traffico marittimo internazionale nel Mar Rosso.

Secondo il canale al-Masirah, questa mattina gli attacchi americani hanno preso di mira almeno un sito nella capitale Sanaa. Dopo gli attacchi britannici e americani di ieri, gli Houthi hanno lanciato “almeno un missile” che, tuttavia, non ha colpito nessuna nave, ha detto l’esercito americano.

La Russia ha denunciato la “palese aggressione” da parte di Usa e Regno Unito sul territorio dello Yemen. “Si tratta dell’aggressione armata di un gruppo di paesi contro un altro paese, e non ha nulla in comune con l’auto difesa”, ha detto l’ambasciatore di Mosca all’Onu Vassily Nebenzia durante la riunione urgente del Consiglio di Sicurezza. Nebenzia ha accusato Usa e Gran Bretagna di aver violato l’articolo 2 della Carta Onu con la loro spedizione in Yemen contro le basi Houthi, quello che chiede ai membri di astenersi dall’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato.

Anche l’ufficio di rappresentanza dell’Iran presso l’Onu ha condannato le operazioni militari di Stati Uniti e Regno Unito contro gli Houthi, in risposta agli attacchi del gruppo yemenita alle navi commerciali nel Mar Rosso.

Le azioni dei due Paesi sono illegali e non sono autorizzate, secondo il diritto internazionale, ha affermato ieri sera l’ufficio di Teheran, aggiungendo: “Tale guerra ingiustificata viola la sovranità dello Yemen, le leggi internazionali, la Carta delle Nazioni Unite e le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e mette in pericolo la pace e la sicurezza della regione”.
Già ieri mattina, il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanani, aveva “fermamente condannato gli attacchi”.

La guerra si allarga, raid Usa-Gb sugli Houthi in Yemen
Dopo settimane di avvertimenti rimasti inascoltati, è arrivata la ritorsione. Nella notte Stati Uniti e Gran Bretagna hanno lanciato 73 raid contro postazioni militari degli Houthi in Yemen che avevano a loro volta attaccato le navi commerciali nel Mar Rosso “legate a Israele” in solidarietà, a loro dire, con i palestinesi di Gaza. Potrebbe essere questo il primo atto della tanto temuta escalation del conflitto in Medio Oriente: i ribelli yemeniti – che, sostenuti dall’Iran, controllano un terzo del Paese – hanno minacciato di rispondere e annunciato di considerare ormai “obiettivi legittimi” tutti gli interessi anglo-americani nel mondo.

La missione, condotta da aerei da caccia e missili Tomahawk dispiegati da Washington e quattro jet Typhoon della Raf britannica, ha colpito “siti di lancio per missili e droni” usati contro i mercantili nel Mar Rosso. Secondo il portavoce degli Houthi, sono state prese di mira postazioni militari nella capitale Sanaa e nei governatorati di Hodeida, Taëz, Hajjah e Saada, con un bilancio di “cinque combattenti morti e sei feriti”.

L’ordine di attaccare è arrivato da Joe Biden dopo l’ennesimo missile yemenita giovedì verso una nave in transito. Il presidente americano ha poi spiegato di aver voluto dare una risposta agli Houthi per aver messo “a repentaglio la libertà di navigazione in uno dei corsi d’acqua più vitali al mondo” e di essere pronto a “ordinare altre operazioni”. Abbiamo inviato “un segnale forte” agli Houthi, ha commentato anche il premier britannico Rishi Sunak mentre era in visita a Kiev. Dallo scorso novembre, gli ex ribelli sciiti ormai al potere hanno lanciato 27 attacchi nel Mar Rosso, tratto di mare abitualmente attraversato dal 12% del commercio globale: i cargo sono quindi stati costretti a deviare la rotta che passa dal Canale di Suez verso il sud del continente africano, con ricadute sui tempi degli approvvigionamenti, la produzione e l’innalzamento dei prezzi. L’ultimo missile, sparato appena poche ore dopo i raid, è caduto in acqua a poche centinaia di metri da una nave, ha riferito la United Kingdom Maritime Trade Operations.

“Il nostro obiettivo resta quello di allentare le tensioni e ripristinare la stabilità nel Mar Rosso”, hanno affermato in una dichiarazione congiunta Stati Uniti, Regno Unito e otto loro alleati: Australia, Bahrein, Canada, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Fonti del governo italiano hanno fatto sapere che a Roma era stato chiesto di firmare la stessa dichiarazione – che non ha firmato – ma non di partecipare all’azione. Mentre l’Unione europea sta valutando l’invio nel Mar Rosso di “almeno tre cacciatorpediniere o fregate antiaeree con capacità multi-missione” per almeno “un anno” con regole di ingaggio ancora tutte da decidere.

I raid notturni sullo Yemen sono stati condannati dal cosiddetto ‘asse della resistenza’ che, sostenuto dall’Iran, raggruppa i movimenti anti israeliani come appunto gli Houthi, gli Hezbollah libanesi e lo stesso Hamas, che ha definito l’azione “una provocazione contro la nazione palestinese” e minacciato “conseguenze”. Teheran ha accusato Usa e Regno Unito di aver condotto “un’azione arbitraria” e compiuto “un errore strategico”, così come la Russia che ha denunciato “un’escalation distruttiva”, chiedendo una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu. “Vogliono un bagno di sangue nel Mar Rosso”, ha reagito anche il presidente turco Tayyip Recep Erdogan accusando Londra e Washington di un “uso sproporzionato della forza”.
“Preoccupazione” è stata espressa dall’Arabia Saudita – che dal 2015 guida una coalizione di Paesi arabi contro gli Houthi a favore di un governo alleato – e dalla Cina che aveva mediato tra sauditi e iraniani per un cessate il fuoco in Yemen. Un appello a “ridurre l’instabilità nella regione” è arrivato anche dall’Egitto, già impegnato nel tentativo di riesumare un negoziato indiretto tra Israele e Hamas, e che dal Mar Rosso trae sia le entrate derivanti dal transito commerciale nel Canale di Suez che quelle turistiche.

Picchiano un uomo per rubargli portafogli e telefono, preso uno degli autori

Notte estremamente movimentata nella contrata «Boscarello» del Comune di Corigliano Rossano, dove un extracomunitario è stato aggredito e picchiato, in maniera violenta, da alcune persone che hanno agito allo scopo di sottrargli il portafogli ed il telefono cellulare. Per questa vicenda i Carabinieri della Sezione Radiomobile del Reparto Territoriale di Corigliano Rossano, hanno arrestato un 30enne straniero, ritenuto gravemente indiziato di essere uno degli autori della rapina.

L’intervento delle pattuglie dell’Arma è stato determinato da una specifica richiesta arrivata tramite il 112, con la quale è stata segnalata anche la necessità di inviare sul posto le unità mediche, atteso che il soggetto aggredito aveva riportato delle lesioni diffuse su tutto il corpo. Le conseguenze fisiche della vittima sono state valutate presso il pronto soccorso dell’ospedale di Rossano dove, attese le condizioni generali, la parte lesa è stata ricoverata e sottoposta ad ulteriori accertamenti.

Le descrizioni fornite dalle persone informate sui fatti sono state sufficienti per mettere i militari dell’Arma sulle tracce dei responsabili dell’aggressione, tanto che nelle fasi immediatamente successive è stato rintracciato uno dei potenziali autori del reato. Le conseguenti operazioni di perquisizione hanno consentito di rilevare degli elementi di riscontro sulle responsabilità penali dell’extracomunitario fermato.

Sulla scorta delle fonti di prova raccolte lo straniero è stato arrestato e tradotto presso il Carcere di Castrovillari, dove rimarrà a disposizione dei Magistrati della Procura di quello stesso centro. Le indagini, invece, sono ancora in corso per cercare di identificare gli altri soggetti che, nella notte, sono riusciti a sottrarsi ai provvedimenti restrittivi.

Serie B, il Catanzaro batte il Lecco per 5-3

Nell’anticipo della ventesima giornata in serie B il Catanzaro piega il Lecco al termine di una gara assurda e rocambolesca, iniziando il 2024 con il botto e ritrovando il sorriso dopo le 3 sconfitte consecutive. Allo Stadio Comunale è successo davvero di tutto. Nei primi minuti la squadra di Vivarini sciupava con il rientrante capitano Iemmello un paio di occasioni comode per portarsi in vantaggio; poi al 18′ trovava ugualmente il gol con Verna che infilava il disattento Megrati sul primo palo capitalizzando un rifornimento di Vandeputte. Il Lecco non si disuniva e acciuffava il pari al 25′ con il vivace Di Stefano che sorprendeva Fulignati sul suo palo, 1 a 1.

Il Catanzaro accusa il colpo e va in bambola sbandando ancora in difesa: al 29′ parte uno spiovente da sinistra sul quale sbuca la testa di Lemmens che porta avanti i lombardi dell’ex Reggina Emiliano Bonazzoli. Uno a due all’intervallo, difesa horror del Catanzaro. Ma nel secondo tempo è un’altra musica. Il Catanzaro riparte con le marce alte e con una convinzione che mette subito alle corde gli ospiti.

Al 48′ è gia’ pari con Sounas su passaggio di Biasci. Al 52′ ci pensa Iemmello a scaraventare in porta con rabbia l’ennesimo assist di Vandeputte, il sorpasso è servito. Ma non è finita, il Lecco non demorde e torna in partita con Novakovich che schiaccia di potenza di testa il lancio di Ionita al 55′. Ai lombardi viene annullata anche un’altra rete di Novakovich per fallo su Brighenti. Poi lo strappo decisivo del Catanzaro. Magia di Iemmello per Sounas che infila il nuovo vantaggio e fa doppietta al 65′.

All’88’ la chiude Biasci risolvendo in mischia un’azione concitata rimanendo anche colpito duro in uno scontro rischioso con un difensore avversario. Vittoria in ghiaccio per il Catanzaro che parte alla grande nel 2024. Ma non sono da sottovalutare le amnesie difensive del primo tempo. Dal mercato dovrebbero arrivare notizie positive per il completamento del reparto arretrato.

Raid USA e GB in Yemen, migliaia di persone in piazza per protesta

Decine di migliaia di manifestanti yemeniti si sono riversati oggi in piazza Sab’een – uno dei luoghi più vasti della capitale Sanaa – per esprimere rabbia dopo gli attacchi Usa e britannici contro le postazioni degli Houthi.

Lo riporta al Jazeera, precisando che nel corso del grande raduno i manifestanti hanno chiesto agli Houthi di continuare le loro operazioni sul Mar Rosso per esercitare maggiori pressioni su Israele affinché tolga l’assedio sulla popolazione di Gaza e ponga fine alla guerra.

Celebrati a San Luca i funerali dei 4 giovani morti in un incidente all’Epifania

“Questa celebrazione ci unisce tutti nella condivisione della sofferenza di un’intera comunità, quella di San Luca, che ha un cuore grande che batte forte di fronte al dolore che colpisce i suoi figli e non smette di amare di fronte alla sofferenza, ritrovando il coraggio di essere unita nella prova e nel dolore. In questa triste e tragica storia questa comunità si sente gravemente impoverita. Sono troppi i giovani che vengono meno a causa di incidenti stradali.

Così come sono troppi i ragazzi costretti a lasciare la loro terra per andare a cercare lavoro”. Lo ha detto il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, nell’omelia pronunciata nel corso dei funerali dei quattro giovani morti nell’incidente stradale avvenuto il giorno dell’Epifania a Montauro, in provincia di Catanzaro, lungo la statale 106 ionica. Alla cerimonia funebre hanno partecipato alcune migliaia di persone, tra cui i sindaci di alcuni centri della Locride.

“Preghiamo e affidiamo alla misericordia di Dio – ha aggiunto monsignor Oliva – Teresa, Elisa, Antonella e Domenico, tutti giovanissimi e parenti fra loro. Stavano percorrendo con la loro auto la statale 106 ionica dopo aver compiuto un bel gesto di misericordia, andare a fare visita ai loro parenti nel carcere di Catanzaro. Lungo la strada portiamo i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni e spesso proprio la strada diventa il luogo in cui s’infrangono sogni e speranze. È lungo la strada che si è consumata la vita di questi quattro giovani, che erano in viaggio non per svago o divertimento. Le strade, dopo la casa, sono i luoghi in trascorriamo la gran parte del nostro tempo. Ma quando le strade non sono agevoli e sicure viene meno anche la voglia di investire risorse nei territori e crearvi lavoro e attività produttive. E così le comunità s’impoveriscono sempre più. Le nostre autorità civili sanno quanto la comunità della Locride soffra questa situazione in cui non le sono riconosciuti gli stessi diritti di altre aree geografiche”. Il sindaco di San Luca, Bruno Bartolo, ha proclamato per la giornata odierna il lutto cittadino.

Aggredisce con un bastone la compagna e il padre di lei, in cella 34enne

Ha minacciato con un coltello la compagna e poi ha aggredito la donna ed il padre di lei con un bastone.

Per questo, un 34enne di Reggio Calabria, già noto alle forze dell’ordine, è stato arrestato in flagranza dalla Polizia con le accuse di maltrattamenti in famiglia aggravati commessi in presenza di minori e lesioni personali aggravate.

Gli agenti delle Volanti sono intervenuti nell’abitazione della vittima dopo una telefonata al 113.

La donna, che era insieme al padre, ha raccontato che poco prima, mentre si trovava in casa, era stata minacciata dal compagno con un grosso coltello da cucina, alla presenza di una dei suoi quattro figli minori. L’uomo le aveva anche sottratto il telefono cellulare.

Approfittando dell’assenza dell’uomo, la donna è riuscita ad allontanarsi con i figli, per recarsi dalla zia, in una vicina abitazione, ed è stata raggiunta in strada dal padre. Mentre i due erano insieme è giunto, a bordo di un’auto, il compagno della donna che ha tentato di colpirla con un bastone, ma l’intervento del padre non glielo ha permesso. L’uomo ha quindi colpito per tre volte con delle testate il padre della compagna, facendolo cadere a terra.

Dopo il racconto della vittima, gli agenti si sono messi alla ricerca dell’uomo, rintracciandolo nella sua abitazione dove sono stati trovati il bastone ed il coltello utilizzati poco prima, oltre a 24 cartucce di fucile di vario calibro.

Entrambe le vittime hanno denunciato formalmente quanto accaduto e, il padre della donna è stato trasportato in ospedale e curato per la frattura del setto nasale, con una prognosi di circa un mese.

L’autorità giudiziaria ha convalidato l’arresto del 34enne e ne ha disposto la traduzione nella Casa circondariale di Arghillà.

Attacchi missilistici di Usa e Gran Bretagna nello Yemen

Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno lanciato raid missilistici contro obiettivi degli Houthi nello Yemen. L’attacco viene giustificato dal fatto che i ribelli Houthi yemeniti ostacolavano le attività di transito nel Mar Rosso di navi commerciali occidentali.

Secondo la Cnn, sono stati impiegati caccia e sono stati lanciati missili Tomahawk. La Bbc riferisce che alle operazioni partecipano anche le forze armate britanniche. I raid hanno preso di mira in particolare la capitale Sana’a e il porto di Hodeida sul Mar Rosso. Nella fase iniziale degli attacchi si sarebbero verificate almeno 4 esplosioni nella capitale e 5 nella città portuale. I raid hanno colpito una decina di obiettivi: sistemi radar, aree utilizzate per il lancio di droni, depositi e aree di lancio di missili. Gli Usa, nell’ambito dell’operazione, hanno lanciato missili da aerei, navi e da un sottomarino, l’USS Florida secondo le informazioni diffuse dalla Cnn, che ha fatto riferimento anche al sostegno offerto da ‘molte altre nazioni’.

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, con un comunicato ha affermato che i raid sono “una risposta diretta agli attacchi senza precedenti che gli Houthi hanno condotto contro navi nel Mar Rosso. Questi attacchi hanno messo in pericolo personale degli Usa, civili impegnati sulle navi e i nostri partner”. Gli attacchi “hanno messo a rischio il commercio e minacciato la libertà di navigazione. Questi attacchi mirati sono un chiaro messaggio, gli Stati Uniti e i partner non tollereranno attacchi al nostro personale né consentiranno a soggetti ostili di mettere in pericolo la libertà di navigazione lungo le rotte commerciali più critiche a livello mondiale”. Gli Usa, ha aggiunto il presidente, “non esiteranno” ad adottare ulteriori misure se necessario.

Contemporaneamente, il premier britannico Rishi Sunak ha reso noto che la Royal Air Force ha partecipato agli attacchi contro “strutture utilizzate dai ribelli Houthi nello Yemen. Il Regno Unito difenderà sempre la libertà di navigazione e il libero flusso degli scambi commerciali”, ha aggiunto. “Abbiamo intrapreso azioni difensive limitate, necessarie e proporzionate insieme agli Stati Uniti con il supporto non operativo di Paesi Bassi, Canada e Bahrein, contro obiettivi legati” agli attacchi contro le navi “per colpire le capacità militari degli Houthi e proteggere il trasporto marittimo globale”. Sunak ha evidenziato che gli Houthi si sono resi responsabili di “una serie di attacchi pericolosi e destabilizzanti contro le navi commerciali nel Mar Rosso, minacciando il Regno Unito e altre navi internazionali, causando gravi interruzioni a una rotta commerciale vitale e facendo salire i prezzi delle materie prime. Tutto questo non è tollerabile”.

Le operazioni, nelle scorse ore, sono state precedute dalle dichiarazioni di John Kirby, portavoce del consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca. “Non starò ad anticipare le nostre mosse in un senso o in un altro. Faremo quello che dobbiamo fare per contrastare e sconfiggere queste minacce che gli Houthi continuano a rivolgere alla navigazione commerciale sul Mar Rosso”, ha detto.

Aggredisce il cugino e tenta di dargli fuoco, arrestato

Durante una lite scaturita per attriti personali ha aggredito il cugino e ha tentato di dargli fuoco versandogli addosso una tanica di benzina e provando, fortunatamente senza riuscirci, ad azionare l’accendino che aveva in mano. Protagonista un 78enne reggino che è così stato arrestato dagli agenti della Volante della Polizia di Reggio Calabria. L’uomo, posto ai domiciliari, è accusato di tentato omicidio.

I poliziotti sono intervenuti a seguito di richiesta di aiuto effettuata al 113 della sala operativa ed hanno fermato l’uomo dopo che aveva colpito a calci il cugino, che si trovava a terra, cosparso di liquido infiammabile.

La vittima ha dichiarato agli agenti che il cugino, a seguito di una lite per futili motivi, lo aveva aggredito e gli aveva riversato addosso del liquido infiammabile da un bidoncino e che poi non era riuscito a dargli fuoco, nonostante tentasse di utilizzare un accendino da cucina.

La vittima ha anche dichiarato che nel tentativo di scappare è caduto a terra ed ha urlato per richiamare l’attenzione dei vicini, ma è stato colpito a calci dal suo aggressore.

L’intervento del fratello della vittima, in un primo momento, e subito dopo quello della Polizia di Stato hanno impedito all’uomo di portare a termine il suo intento.

L’autorità giudiziaria ha convalidato l’arresto per tentato omicidio operato dalle Volanti ed ha disposto che l’uomo fosse posto in regime di detenzione domiciliare con l’applicazione del braccialetto elettronico.

Sudafrica contro Israele: “A Gaza sta compiendo un genocidio”. Udienza all’Aja

“Israele ha commesso, sta commettendo e rischia di continuare a commettere atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza”. E’ in sintesi l’accusa mossa dal Sudafrica contro lo Stato ebraico per la guerra nella Striscia, scatenata dal massacro di Hamas del 7 ottobre e che ha finora ucciso oltre 23 mila palestinesi. L’istanza è stata presentata da Pretoria (capitale del Sudafrica) il 29 dicembre scorso alla Corte internazionale di giustizia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, provocando diverse reazioni internazionali – e la reazione contraria di Israele – e sarà discussa oggi e domani in due udienze pubbliche al Palais de la Paix dell’Aja.

La prima giornata sarà dedicata alle argomentazioni dell’accusa che saranno illustrate dalla delegazione sudafricana, guidata dal ministro della Giustizia Ronald Lamola, e composta da un team di diplomatici, avvocati ed esponenti politici internazionali come Jeremy Corbyn, l’ex leader laburista britannico più volte accusato in patria di antisemitismo. Secondo il Sudafrica, Israele viola la Convenzione contro il genocidio che ha ratificato nel 1950.

In particolare, si legge nelle 84 pagine presentate all’Aja, “gli atti e le omissioni di Israele rivestono carattere di genocidio perché accompagnano l’intento specifico richiesto di distruggere i palestinesi di Gaza in quanto parte del gruppo nazionale, razziale ed etnico più ampio dei palestinesi”.

Pretoria accusa inoltre Israele davanti alla Corte di giustizia (che dirime le controversie tra gli Stati, mentre la Corte penale internazionale persegue le responsabilità individuali) di non adempiere “ai suoi obblighi di prevenire il genocidio, né a quello di perseguire” i responsabili “dell’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio” come esige la Convenzione.

Nell’istanza, il Sudafrica chiede quindi alla Corte di imporre “misure cautelari” (che sarebbero vincolanti) quali ordinare a Israele di cessare le uccisioni e “i gravi danni fisici e mentali inflitti” ai palestinesi di Gaza e di consentire l’accesso agli aiuti umanitari nella Striscia. Tutte accuse che Israele giudica “infondate”. Domani toccherà quindi al suo team di avvocati, tra cui il britannico Malcolm Shaw, spiegare le ragioni della guerra di Israele nella Striscia.

“Non c’è niente di più atroce e assurdo” della causa intentata dal Sudafrica, ha anticipato il presidente israeliano Isaac Herzog, mentre proprio alla vigilia dell’udienza il governo di Benyamin Netanyahu ha aperto un sito web “per mostrare al mondo alcuni dei crimini contro l’umanità commessi da Hamas”. “Domani compariremo davanti al tribunale dell’Aja – ha spiegato l’ufficio del primo ministro -: questo sito aiuterà lo Stato di Israele nella sua missione di ricordare al mondo che siamo vittime dell’evento terroristico senza precedenti che abbiamo vissuto”.

Al fianco di Israele si sono già schierati gli Stati Uniti, così come la Gran Bretagna. Pur ipotizzando che “Israele potrebbe aver violato il diritto internazionale a Gaza”, l’ex premier Tory e attuale ministro degli Esteri David Cameron ha criticato la mossa sudafricana: “Non penso che sia utile e nemmeno giusto – ha dichiarato -. Spetta ai tribunali definire il termine genocidio, non agli Stati. La nostra opinione è che Israele abbia il diritto di difendersi”.

Ma per il presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, si tratta di un dovere morale, “una questione di principio”. Il suo partito, l’African National Congress di Nelson Mandela, sostiene la causa palestinese paragonandola alla propria lotta contro l’apartheid. Secondo molti analisti, la decisione di ricorrere alla Corte internazionale sarebbe stata dettata, in chiave interna, dalla necessità di riguadagnare consensi in vista delle elezioni generali del 2024 dimostrandosi fedele ai suoi principi. E sul piano internazionale dalla volontà di aumentare la propria influenza, come membro dei Brics, a favore al Sud globale.

Durissimo il commento dell’ex premier israeliano Naftali Bennett, secondo il quale la seduta della Corte di giustizia di oggi all’Aja è “l’Affare Dreyfus del 21/o secolo”. Bennett ha definito la riunione “uno spettacolo di ipocrisia, antisemitismo e vergogna. E’ stata Hamas che, senza nessuna ragione, il 7 ottobre ha attaccato, bruciato, ucciso e rapito israeliani. Eppure è Israele che è sotto accusa”, ha detto. “Vergogna per coloro che prendono parte – ha concluso – a questa finzione”.

Lega Calabria: “Compagnie low cost tagliano i voli dalla Calabria. Appello a Salvini”

Ryanair

“Le compagnie low cost riducono la loro presenza al Sud, con tagli ai voli nazionali e sulle rotte internazionali”. Lo dichiara il commissario regionale della Lega in Calabria, Giacomo Francesco Saccomanno.

“Le compagnie low cost – prosegue Saccomanno – stanno riducendo la loro presenza in Italia, con Ryanair ed EasyJet che tagliano i voli, Wizz Air che dimezza l’offerta e Vueling che quasi scompare. Questo calo è particolarmente evidente nel Sud Italia, come in Calabria e Sicilia, accentuando il problema della scarsa connettività in alcune parti del paese. Secondo i dati forniti dalla piattaforma Cirium Diio, nel 2024 sono stati tagliati oltre 2 milioni di posti rispetto all’anno precedente. Le compagnie low cost sembrano preferire investire sulle rotte tra l’Italia e il resto dell’Europa, a causa di motivi economici. L’Italia ha costi mediamente più alti rispetto ad altri paesi europei, come l’addizionale comunale che si paga per ogni passeggero in partenza. Inoltre, il mercato interno non è molto redditizio per gran parte dell’anno rispetto ai collegamenti internazionali”.

“Nel complesso, – spiega il commissario leghista – le compagnie low cost straniere hanno ridotto la loro quota di offerta sui voli nazionali dal 67% nel 2023 al 60% nei primi nove mesi del 2024. Tuttavia, aumentano l’offerta sui collegamenti tra l’Italia e il resto dell’Europa. Ryanair ed easyJet incrementano l’offerta internazionale dal nostro paese, mentre Wizz Air e Volotea registrano un aumento del 30%. Vueling segna solo un timido aumento del 1%.”

“Nel Sud Italia, la riduzione delle compagnie low cost è particolarmente evidente, con una mancanza di posti in vendita del 33% in Calabria e una riduzione del 8% in Sicilia”, aggiunge. Anche Sardegna e Puglia registrano un calo del 6%. Complessivamente, le compagnie low cost hanno tagliato 1,8 milioni di posti solo in queste quattro regioni. Tuttavia, alcune compagnie aeree sottolineano che la programmazione non è ancora definitiva e che potrebbero esserci degli “aggiustamenti” nelle prossime settimane. Ad esempio, l’amministratore delegato di Ryanair, Michael O’Leary, afferma che la compagnia prevede di aumentare i posti in Italia del 10% nel 2024 e sta collaborando con il governo e le regioni per investire in nuovi aerei e rotte”.

“È necessario che tutta la politica si impegni affinché vengano ripristinati i voli, tenendo, naturalmente, in debita considerazione l’utenza per evitare, da una parte, sprechi, e dall’altra, l’isolamento dei territori. Un appello particolare al Ministro Salvini, che tanto sta facendo per il Sud e la Calabria, e al Presidente Occhiuto, che, con grandi sacrifici ed impegno, sta occupandosi dei tanti problemi che assillano la nostra regione, che ha evidenziato un abbandono trentennale. La Calabria, così come il Sud, non possono essere isolate, ma devono, invece, essere sostenute per una crescita e sviluppo che meritano”, conclude Saccomanno.

Ondata di violenza in Ecuador, morti e feriti. Si rischia la guerra civile

I giudici e i pubblici ministeri che aiutano i terroristi saranno considerati terroristi, ha avvertito oggi il presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa, che ha anche sfidato i criminali e ha detto che dovrebbero affrontare l’esercito “se hanno coraggio”, nel mezzo di una crescente ondata di violenza nel paese che ha causato almeno 11 morti, secondo un bilancio provvisorio.

“Se volete resistere e mettervi in ​​mostra, siate coraggiosi e combattete contro i militari”, ha detto Noboa alle bande criminali classificate come “organizzazioni terroristiche” e ha rivelato che più di 200.000 persone compongono queste associazioni illecite.

“Non ci arrenderemo. Non lasceremo che la società muoia lentamente. Oggi li combatteremo e forniremo soluzioni”, ha detto il presidente. Riguardo alle 22 bande criminali ora considerate terroristiche dopo un decreto del suo governo, Noboa ha ribadito che “si tratta di obiettivi militari”.

“Le Forze Armate sono responsabili della strategia per affrontarli e, poiché sono considerati terroristi, applicano altre condizioni nello scontro”, ha affermato.

Allo stesso modo, ha sostenuto che anche i giudici che aiutano le bande criminali organizzate nelle loro risoluzioni saranno considerati parte di quel gruppo terroristico. “Considereremo i giudici e i pubblici ministeri che sostengono i leader identificati di questi gruppi terroristici come parte del gruppo terroristico”, ha affermato.

Secondo la Polizia Nazionale, sono morte circa undici persone, quattro sono state segnalate nel distretto di Esteros, altre quattro a Pascuales, due in Florida e una a Estero.

Tuttavia, secondo il quotidiano El Diario, il bilancio delle violenze causate dalle bande criminali sale a 13 morti, diversi feriti e 70 detenuti, soprattutto nella provincia ecuadoriana di Guayaquil. Il giornale indica che Guayaquil è stata effettivamente l’epicentro delle violenze, con 29 attacchi contro edifici, tra cui cinque ospedali e il canale pubblico TC Televisión, attaccato da “un gruppo di terroristi” che sono stati poi arrestati.

L’ondata di violenza innescata dall’improvvisa comparsa di gruppi criminali dopo che il presidente Daniel Noboa ha decretato uno stato d’emergenza di 60 giorni con l’imposizione del coprifuoco, in seguito all’evasione da un carcere di Guayquil di Adolfo Macias alias “Fito”, leader dei Choneros, una delle potente gang di narcotrafficanti.

La dichiarazione dello stato di emergenza limita numerosi diritti dei cittadini. Al momento vige un coprifuoco nazionale che durerà 60 giorni, dalle 23:00 alle 5:00 (ora locale), dal lunedì alla domenica, e che dovrà terminare l’8 marzo, a meno che le autorità non decidano di estenderlo.

In mezzo ai disordini, la Conferenza Episcopale Ecuadoriana attraverso le sue reti sociali ha lanciato un appello alla pace in cui ha affermato che “la violenza non prevarrà” e ha chiesto l’unione di tutti i cittadini.

“Ecuadoriani, è tempo di unirsi, non di dividere, è tempo di lottare insieme, non di lottare gli uni contro gli altri, è tempo di fraternità, è tempo di PACE”, ha dichiarato l’istituzione nel messaggio pubblico. Il vertice dei vescovi ha affermato che “la violenza non prevarrà”.

Tajani: “Sostegno alle istituzioni democratiche”

“Seguiamo con preoccupazione l’evolversi dei gravi atti di violenza avvenuti negli ultimi giorni in Ecuador per mano di organizzazioni criminali. Esprimo la mia vicinanza alle famiglie delle vittime e il mio pieno sostegno al popolo ecuadoriano e le istituzioni elezioni democratiche”, ha affermato il vice premier e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, attraverso X.

A sua volta, il capo della diplomazia dell’UE, Josep Borrell, ha denunciato questo mercoledì che la crisi di violenza in Ecuador costituisce un “attacco diretto alla democrazia” di quel paese, e ha affermato che il blocco “sta accanto al popolo dell’Ecuador e alle sue istituzioni”.

“Profondamente preoccupato per l’aumento della violenza in Ecuador orchestrata da gruppi criminali. È un attacco diretto alla democrazia e allo stato di diritto”, ha dichiarato il diplomatico spagnolo in un messaggio sulla rete X (ex Twitter). “L’UE è al fianco del popolo dell’Ecuador e delle sue istituzioni democratiche ed esprime solidarietà alle vittime”, ha aggiunto.

Mercoledì l’Ecuador ha vissuto il terzo giorno consecutivo di violenza promossa da gruppi criminali e narcotrafficanti, tra enormi misure di sicurezza, attività commerciali chiuse e paura generale.

Il drammatico peggioramento della situazione della sicurezza in Ecuador ha portato il presidente Daniel Noboa a dichiarare martedì un “conflitto armato interno” dovuto alle azioni di bande criminali. Solo un giorno prima aveva dichiarato lo stato di emergenza per un periodo di 60 giorni.

Noboa ha ordinato alle forze armate di “effettuare operazioni militari (…) per neutralizzare” una ventina di gruppi criminali, che ha definito “organizzazioni terroristiche e figure non statali belligeranti”.

Martedì, un commando di uomini incappucciati e pesantemente armato ha fatto irruzione nello studio di un canale televisivo nella città costiera di Guayaquil, mentre i giornalisti trasmettevano un telegiornale in diretta, con immagini che hanno scioccato il Paese.

Questo attacco alla sede del canale TC Television ha aumentato il panico tra la popolazione, che ha rapidamente abbandonato le strade per rifugiarsi nelle proprie case.

In un video diffuso martedì sera, l’ex presidente ecuadoriano Rafael Correa (avversario politico di Noboa) ha offerto il suo “sostegno illimitato” alle misure di emergenza, sostenendo che “è tempo di unità nazionale”.

Mosca: “Incontro segreto in Arabia dell’Occidente sull’Ucraina è una trovata mediatica di Zelensky”

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky

Il recente incontro a Riad tra i rappresentanti dell’Ucraina e dei suoi sponsor occidentali e diversi paesi del Sud del mondo per discutere la cosiddetta “formula di pace” del presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stata semplicemente una trovata pubblicitaria del regime di Kiev. Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova (foto sopra) citata dalla Tass.

“Non c’è nulla di pionieristico in questo. Questo è un concetto assolutamente vecchio e ben collaudato di attirare l’attenzione politica sulla situazione, non intorno all’Ucraina, direi, perché questa situazione ha davvero bisogno di attenzione politica, ma sul regime di Zelensky in quanto tale. Questa è stata la trovata pubblicitaria del regime di Zelensky”, ha detto in un’intervista alla stazione radio Sputnik quando le è stato chiesto di commentare le notizie di Bloomberg su un incontro segreto in Arabia Saudita.

“Parlando in termini politici, questo faceva parte dell’infinita raffica mediatica focalizzata su Zelensky e su tutte le narrazioni occidentali guidate ideologicamente che sono state inventate e distribuite [al pubblico occidentale]”, ha detto, aggiungendo che questo “poco hanno a che fare con la ricerca di una soluzione alla crisi ucraina. “Si tratta di due temi assolutamente diversi, se non addirittura contrastanti, per una semplice ragione: trovare una soluzione alla situazione in Ucraina richiede un lavoro laborioso sul piano politico e diplomatico, che evidentemente richiede dialogo e comunicazione”, ha sottolineato.

Secondo Zakharova, il sostegno attorno a Zelenskyj ha lo scopo di “mantenere l’illusione di una qualche attività politica distogliendo l’attenzione della comunità mondiale dai processi reali verso una potenziale soluzione”, ha osservato.

Secondo Bloomberg, l’incontro del dicembre 2023 sulla cosiddetta “formula Zelensky” non ha prodotto risultati. L’incontro aveva lo scopo di “raccogliere sostegno alle condizioni di Kiev per tenere colloqui di pace con la Russia”, ha detto una fonte Bloomberg.

Tuttavia, l’Ucraina e le nazioni del Gruppo dei Sette hanno continuato a resistere alle richieste del Sud del mondo di una comunicazione diretta con la Russia sulla questione. Mentre Arabia Saudita, India e Turchia hanno preso parte all’incontro, Cina, Brasile ed Emirati Arabi Uniti hanno rifiutato di inviare delegati, ha osservato l’agenzia.

Zelensky: “L’esitazione occidentale incoraggia Putin”

Intanto, nel mentre il governo italiano ha approvato l’ennesimo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina, Zelensky lamenta il disimpegno occidentale nel sostegno a Kiev.

“L’esitazione occidentale incoraggia Putin”: Volodymyr Zelensky sceglie i fedeli alleati baltici per il suo primo viaggio all’estero del 2024 nel quale rilanciare un appello sempre più urgente alle armi, accusando i suoi partner di vacillare pericolosamente sull’assistenza militare per Kiev, mentre anche in Italia si infiamma il dibattito politico sugli aiuti al Paese invaso.

Da Vilnius, prima tappa di un tour a sorpresa, il presidente ucraino ha sottolineato come il suo Paese manchi “crudelmente” di sistemi antiaerei, di cui c’è assoluto bisogno. Perché “Putin non la farà finita con la guerra finché non finiremo lui tutti insieme”, è stato il monito di Zelensky. “Vuole occuparci completamente” e dopo non si fermerà: “Lituania, Lettonia, Estonia e Moldavia potrebbero essere le prossime”. Nei giorni scorsi la Russia “ha colpito l’Ucraina con un totale di 500 ordigni: ne abbiamo distrutto il 70%”, ha poi denunciato, ribadendo che “i sistemi di difesa aerea sono la prima cosa che ci manca”.

I numeri sui raid rendono chiaro come il secondo inverno di guerra stia vedendo un’escalation di attacchi, dall’una e dall’altra parte del fronte: perché se l’Ucraina ha subito centinaia di bombardamenti nelle ultime settimane, le forze di Kiev hanno risposto attaccando le regioni russe di confine, in particolare quella di Belgorod costretta a ordinare le evacuazioni di civili, tra cui finora 93 bambini. Con queste premesse, e la fine della guerra che resta un miraggio – “non c’è ancora nulla su alcun processo di pace”, ha chiarito il portavoce del Cremlino Peskov -, Zelensky ha esortato gli alleati a mantenere il flusso del sostegno militare da quella stessa Vilnius dove a luglio scorso, durante un vertice Nato, aveva ottenuto la promessa di un sostegno incrollabile a Kiev da parte dei leader occidentali, incluso il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

La Lituania – il maggiore donatore di Kiev in termini di Pil (1,4%) – fa il suo e promette aiuto “fino alla vittoria” con un pacchetto da 200 milioni di euro. Anche Estonia e Lettonia si sono impegnate con aiuti rispettivamente tra l’1,3 e l’1,1% del Pil, spinte da una guerra troppo vicina ai loro confini per stare tranquilli. Ma per rassicurare il governo di Zelensky servono ben altre cifre: i miliardi di dollari di aiuti statunitensi sui quali il Congresso americano rimane diviso e il pacchetto Ue di 50 miliardi di euro bloccato dal veto dell’Ungheria di Viktor Orban. Sono fondi di vitale importanza per l’Ucraina, che tra agosto e ottobre 2023 ha visto diminuire gli aiuti promessi di quasi il 90% rispetto allo stesso periodo del 2022, raggiungendo il punto più basso dall’inizio del conflitto, secondo il Kiel Institute. E “le prospettive future non sono chiare”, evidenzia il think tank. Lo sa bene Zelensky, per il quale le prossime settimane saranno cruciali per portare a casa fondi e armi necessari a dare nuovo ossigeno alle truppe (sempre più stremate e ridotte al minimo, ndr) impegnate al fronte contro “l’invasione” della Russia.

Ponte sullo Stretto, Salvini: “L’apertura dei cantieri sarà un evento mondiale”

Ansa

“L’apertura dei cantieri per la realizzazione del Ponte sullo Stretto nel 2024 sarà un evento mondiale. E molti, da ogni parte del mondo saranno attratti dal ponte più lungo, più innovativo, più sostenibile del mondo”. Lo ha detto Matteo Salvini intervenendo in video collegamento, al convegno “Palermo-Helsinki: il corridoio con il Ponte sullo Stretto per lo sviluppo sostenibile del Mezzogiorno d’Europa”, organizzato dall’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria e dall’Ordine provinciale degli Ingegneri.

All’incontro hanno partecipato in presenza il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Edoardo Rixi, il presidente di Rfi Dario Lo Bosco e l’amministratore delegato della Società Stretto di Messina Pietro Ciucci.

“Il ponte – ha aggiunto Salvini – da solo non significa nulla. Sarebbe semplicemente una straordinaria opera di ingegneria. È chiaro però che, con gli altri investimenti sulla rete stradale e ferroviaria di Sicilia e Calabria, non avere il ponte sarebbe un suicidio economico ed ambientale. Non si tratta solo di un’opera ponte ma ci sono anche decine di chilometri di reti stradali e ferroviarie. E il ruolo dei sindaci, al di là di ogni colore politico, sarà fondamentale perché ciascun territorio comprenda e accompagni la realizzazione del ponte”.

Per il ministro “si tratta di un’opera straordinaria. E ringrazio chi ci ha lavorato negli anni passati e chi ci sta lavorando in questi mesi e questi giorni. Tutti gli studi passati hanno certificato la riduzione di emissioni di Co2. Il ponte non lo fa Salvini. Non è il ponte di Salvini. Il ponte è degli italiani. Porterà sviluppo. Porterà lavoro in due terre come Calabria e Sicilia. Un’opera che impegnerà importanti professionisti, e consentirà a tanti artigiani, a tanti operai – ha sostenuto ancora Salvini – di rimanere qua. Il ponte è anche un diritto alla continuità territoriale per milioni di italiani.
Ci sono migliaia di pendolari che quotidianamente vanno avanti-indietro, per motivi di studio, di lavoro, di svago, e di salute. Sarà un acceleratore di sviluppo, che porterà lavoro, benessere, sviluppo e soprattutto speranza”.

Incendiata l’auto di un avvocato nel cosentino, indagini dei CC

incendio auto in fiamme
archivio

Ignoti hanno compiuto una intimidazione ad un avvocato, Gabriella Petrone, a Spezzano Albanese, in provincia di Cosenza. Al legale è stata incendiata l’automobile, una Citroen C3, andata distrutta dalle fiamme.

Sull’episodio hanno avviato indagini i carabinieri della Compagnia di San Marco Argentano, che, riguardo la matrice, non escludono alcuna ipotesi.

Gabriella Petrone è iscritta al Foro di Castrovillari e si occupa sia di civile che di penale.
Il Presidente, Nicoletta Bauleo, e il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Castrovillari, in una nota, hanno espresso “ampia e sentita solidarietà e vicinanza” a Gabriella Petrone.

“Nello stigmatizzare e condannare il vile gesto – affermano – auspichiamo che la magistratura, unitamente alle forze dell’ordine, possano in breve tempo assicurare i responsabili alla legge”.

Bacia una bambina di 7 anni e le tocca le parti intime, arretato un bidello

Un collaboratore scolastico sessantenne, originario della provincia di Reggio Calabria, è stato arrestato e posto ai domiciliari con l’accusa di presunta violenza sessuale aggravata poiché, nella qualità di collaboratore scolastico presso un Istituto Comprensivo Statale del reggino, abusando del suo ruolo nonché delle condizioni di inferiorità fisica e psichica di una minore di 7 anni, avrebbe costretto la bambina a subire atti sessuali, avendola – secondo l’accusa – prima baciata e poi infilatole le mani nelle parti genitali. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Palmi su richiesta dalla locale Procura della Repubblica, diretta da Emanuele Crescenti.

Stando al contenuto della denuncia formalizzata dai Carabinieri di Cinquefrondi, nonché sulla scorta delle dichiarazioni rese alla presenza di una psicologa nominata dalla Procura palmese, il bidello, avendo notato la ragazzina raggiungerlo all’interno di una stanza per effettuare una fotocopia in seguito alla richiesta di una sua insegnante, approfittando del fatto che si trovassero da soli, le avrebbe dapprima fatto un complimento, per poi baciarla sulle guance e toccarle, infine, le parti intime.

La giovane studentessa, sebbene non avesse raccontato nulla del triste accaduto nell’immediatezza dei fatti agli insegnanti ed ai compagni di classe in quanto provava vergogna, al termine dell’orario scolastico, si era confidata con la madre, raccontandole nel dettaglio i comportamenti adottati nei suoi riguardi dal bidello.

La rapida attivazione del “codice rosso”, applicato tempestivamente d’intesa e con il coordinamento della Procura di Palmi, ha consentito ai militari dell’Arma di sviluppare i necessari accertamenti in pochi giorni, raccogliendo la testimonianza della bambina e concludendo in brevissimo tempo l’attività d’indagine.

L’indagato, da ritenersi innocente sino a giudizio definitivo, potrà fornire al giudice ogni elemento difensivo che sarà vagliato e sottoposto a verifica. “Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore della persona sottoposta ad indagine”, fanno sapere gli investigatori.

Crisi in Ecuador, chi è Adolfo Macias “Fito”, il criminale che ha provocato la guerriglia

José Adolfo Macias Villamar alias “Fito”, considerato il narcos più pericoloso dell’Ecuador

Evaso dal carcere José Adolfo Macias Villamar, sopranominato ‘Fito’. Il 44enne era a capo dei Los Choneros, un gruppo che conterebbe circa 8 mila uomini. Spesso considerato come il ‘nemico pubblico numero uno’, Macias era stato condannato nel 2011 a una pena di 34 anni ed era già scappato dal carcere nel 2013 prima di essere ripreso tre mesi dopo.

Fito è sospettato di essere il mandante dell’omicidio di uno dei principali candidati alla presidenziale del 2023, Fernando Villavivencio. La fuga di quello che è considerato come l’uomo più pericoloso del Paese ha rivelato ancora una volta le crepe nel sistema. “È finito il tempo in cui i condannati per traffico di droga, sicari e la criminalità organizzata dettavano la legge al governo”, ha affermato il neo presidente Daniel Noboa che attribuisce i disordini nelle carceri alla sua decisione di riportare l’ordine.

L’instabilità politica ed economica degli ultimi anni ha finito per trasformare l’Ecuador, un tempo considerato un diamante grezzo dell’America Latina, nel Paese più violento dell’intera regione. Il 2023 si è chiuso con circa 7.600 morti violente, che equivalgono a un tasso di oltre 40 omicidi ogni 100.000 abitanti.

Ecuador nel caos, commando con armi e dinamite irrompe in tv. E’ coprifuoco

Ecuador nel caos. Un gruppo di uomini armati e incappucciati ha fatto irruzione sul set di una trasmissione televisiva in diretta, aprendo il fuoco e costringendo lo staff faccia a terra prima che fossero interrotte le trasmissioni. L’assalto è avvenuto alle 14.40 negli studi di Tc Television nella città orientale di Guayaquil. Alcuni giornalisti hanno avvertito la polizia tramite i social.

“Siamo in diretta perché si sappia che non si scherza con la mafia”, ha dichiarato uno degli uomini incappucciati. Gli assalitori hanno poi lasciato la sede televisiva, con la polizia che è arrivata una mezz’ora dopo l’inizio dell’assalto. La polizia ha reso noto su X che lo staff televisivo è stato evacuato.

L’assalto è avvenuto dopo che il presidente Daniel Noboa ha decretato ieri uno stato d’emergenza di 60 giorni con l’imposizione del coprifuoco, in seguito all’evasione da un carcere di Guayquil di Adolfo Macias alias “Fito”, leader dei Choneros, una delle gang di narcotrafficanti che hanno precipitato il paese in una situazione di grave insicurezza e spirale di violenza criminale. In seguito all’assalto alla sede televisiva, Noboa ha firmato un ordine esecutivo dichiarando “l’esistenza di un conflitto armato interno”. Diverse gang criminali sono state inserite in una lista di “organizzazioni terroristiche”.

Nel decreto si ordina alle Forze Armate di “effettuare operazioni militari” nel rispetto del diritto internazionale e nel rispetto dei diritti umani con l’obiettivo di “neutralizzare” i gruppi armati. Il testo menziona, tra gli altri, organizzazioni come la banda criminale Los Aguilas, la banda Los Lobos, i famosi Latin Kings, la banda criminale Los Tiburones e il cartello del narcotraffico Los Choneros.

Due donne azzannate da un pitbull nel cosentino, una è grave

Archivio

Una donna di 75 anni e la figlia sono rimaste ferite – l’anziana in modo grave – dopo essere state aggredite da un pitbull. È successo ad Acquaformosa, comune della provincia di Cosenza.

L’animale, regolarmente detenuto e dotato di microchip, secondo quanto emerso, ha spezzato la catena che lo legava e si avventato contro le due donne che erano entrate nella proprietà di un loro parente per fargli visita.

La settantacinquenne ha riportato delle ferite alla testa, con la lacerazione di parte del cuoio capelluto e all’orecchio sinistro mentre la figlia, che si è scagliata contro il cane nel tentativo di liberare la madre, è rimasta ferita in modo lieve ad una mano.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri e i sanitari del 118 che, immediatamente, hanno richiesto l’intervento dell’elisoccorso atterrato in un’area nelle vicinanze del luogo dove è accaduto il fatto. La settantacinquenne è stata soccorsa e trasportata nell’ospedale di Cosenza dove è ricoverata.

I militari della compagnia di Castrovillari hanno avviato le indagini per ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto.

L’esemplare di pitbull, da quanto si è appreso, è stato sottoposto a quarantena sanitaria da parte dei Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza.

Processo Bergamini, confronto tra i periti sugli esiti delle autopsie

La salma di Denis Bergamini vicino al camion
Il cadavere di Bergamini disteso sull’asfalto sulla statale 106 (Archivio)

E’ ripreso in Corte d’assise a Cosenza, il processo a carico di Isabella Internò, accusata di omicidio volontario in concorso per la morte dell’ex fidanzato Donato “Denis” Bergamini, il calciatore del Cosenza morto il 18 novembre 1989 lungo la statale 106 a Roseto Capo Spulico.

Al banco dei testimoni il professore Francesco Maria Avato che ha eseguito a gennaio del 1990 la prima autopsia, su delega della Procura di Castrovillari dopo che erano emersi i primi dubbi sulla tesi del suicidio.

“Confermo la mia perizia dell’epoca – ha detto Avato – anche perché non ho elementi per modificare quanto scrissi. Quando ebbi l’incarico non mi fu data nessuna informazione sulla dinamica dell’incidente. A mio giudizio l’asfissia polmonare fu conseguente all’emorragia”.

Il pm Luca Primicerio ha chiesto un confronto tra i periti che hanno effettuato nel tempo le autopsie e i consulenti nominati dalle parti. La Corte ha ammesso il confronto tra gli esperti Francesco Avato, Vittorio Fineschi, Roberto Testi e Margherita Neri in merito ad alcune contraddizioni emerse nelle varie testimonianze sulla natura dell’asfissia evidenziata nelle autopsie del corpo di Bergamini.

La prima autopsia sul corpo del giocatore nato ad Argenta (Ferrara) fu fatta dopo 50 giorni dalla morte, la seconda a distanza di 27 anni. Tra i dubbi da chiarire la validità della glicoforina e le cause dell’asfissia evidenziata nelle autopsie.

Per Avato il soffocamento è riconducibile “allo schiacciamento a seguito del sormontamento del camion, avvenuto quando Bergamini era ancora vivo, perché ci fu l’emorragia”; per i consulenti Fineschi e Testi si tratta di “asfissia non compatibile con l’impatto ma avvenuta meccanicamente, secondo quanto dimostrano i dati morfologici”.

Secondo l’avvocato Fabio Anselmo, legale della parte civile, il confronto ha evidenziato “una differenza generazionale molto marcata tra i tempi in cui ha lavorato Avato, che aveva pochi elementi come detto da lui stesso, e i tempi in cui lavorano tutti gli altri. L’età biologica ha la sua valenza. Oggi la maggior parte dei casi italiani, quando c’è dubbio, vengono risolti con la glicoforina”. Il processo è stato poi aggiornato al 25 gennaio.

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