5 Ottobre 2024

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Risolto un omicidio di ‘ndrangheta del 1988, individuato il killer di Giuseppe Cartisano

Stamane, a conclusione di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, i Carabinieri del Comando Provinciale hanno dato esecuzione ad ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal Giudice presso il Tribunale di Reggio Calabria a carico di un soggetto ritenuto responsabile dell’omicidio di Giuseppe Cartisano allora 22enne, assassinato a Reggio Calabria il lontano 22 Aprile 1988. Si tratta di Vincenzino Zappia detto “Enzo”, di 52 anni, attualmente detenuto per altra causa.

L’indagine è stata avviata nel settembre del 2019 e ha consentito di fare completa chiarezza su uno dei fatti di sangue più efferati ed eclatanti della faida reggina a cavallo tra gli anni 80 e 90: l’omicidio di Giuseppe Cartisano.

La dinamica dell’omicidio – I due killer entrarono in azione la sera del 22 aprile 1988 all’interno del bar gelateria Malavenda, nella centralissima piazza De Nava, laddove affrontarono apertamente Cartisano, colpendolo a morte con numerosi colpi di arma da fuoco.

Durante la loro fuga, però, furono intercettati ed inseguiti da una pattuglia dei Carabinieri, al cui indirizzo esplosero diversi colpi di arma da fuoco allo scopo di guadagnare la fuga.
Nel corso del conflitto a fuoco che ne seguì, rimase ucciso uno dei due sicari, LucianoPellicanò; l’altro (oggi identificato nell’indagato Zappia) sebbene gravemente ferito, riuscì a dileguarsi, approfittando dell’aiuto fornitogli da ignoti complici.

Sulla scena criminis, i militari rinvennero e repertarono – lungo la via di fuga dei killer – consistenti tracce ematiche. Si trattava del sangue che uno degli assassini aveva copiosamente perduto, dopo essere stato colpito alla gamba nel corso del conflitto a fuoco.

Gli accertamenti tecnici condotti nell’immediatezza su quel materiale biologico, non consentirono, tuttavia, per le conoscenze tecnico – scientifiche dell’epoca, di giungere all’individuazione del responsabile.

Gli sviluppi delle indagini – Nell’anno 2019, la Dda, nel riesaminare le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia (che avevano fornito indicazioni su quella vicenda nell’ambito del processo Olimpia e nel corso di indagini successive), ha proceduto ad una nuova verifica degli atti processuali, recuperando i reperti di tracce ematiche rimasti custoditi per più di trent’anni negli archivi giudiziari.

Gli accertamenti e il Dna – Sono stati quindi delegati accertamenti genetico molecolari sui campioni di sangue in sequestro che, grazie alle moderne tecniche di laboratorio, hanno permesso al Ris di Messina di estrapolare il Dna nucleare utile per fini identificativi.

La successiva comparazione di laboratorio ha fornito la definitiva ed inequivocabile conferma circa l’identità del killer fuggito all’epoca dei fatti. È stata infatti riscontrata la perfetta sovrapponibilità tra il profilo genetico molecolare estratto dalle tracce ematiche rinvenute sulla scena del crimine e quello ricavato dal tampone salivare dell’indagato Enzo Zappia.

L’individuazione dell’impronta genetica, per di più, si aggiunge, corroborandolo, al già corposo quadro dichiarativo reso da numerosi collaboratori di giustizia, in merito al coinvolgimento diretto di Zappia nell’agguato mortale di piazza De Nava.

L’indagine ha ulteriormente certificato l’appartenenza di Vincenzino Zappia alla potente cosca di ndrangheta dei “De Stefano – Tegano”, attiva in Reggio Calabria, per conto della quale aveva portato a compimento anche l’omicidio del giovane Cartisano.

Le risultanze investigative hanno consentito di ben delineare la spiccata caratura criminale del destinatario del provvedimento di oggi, impostosi come uno tra i più spietati elementi dei gruppi di fuoco che la compagine di appartenenza, durante la seconda guerra di ndrangheta (oltre settecento morti ammazzati), aveva approntato per far fronte alle offensive delle cosche avversarie. Sullo sfondo una cruenta lotta senza quartiere ingaggiata per il predominio mafioso territoriale sulla città di Reggio Calabria.

Brexit, l’addio della GB all’UE fa guadagnare il seggio a Vincenzo Sofo, fedele a Salvini

Vincenzo Sofo con la fidanzata Marion Le Pen

Dopo l’addio della Gran Bretagna all’Unione europea al parlamento europeo si fa spazio per Vincenzo Sofo, 34 anni, il politico della Lega che alle scorse elezioni europee era rimasto tra i tre candidati in stand by in attesa della Brexit definitiva.

Sofo, nella circoscrizione meridionale, aveva racimolato con il Carroccio 32.095 preferenze (solo in Calabria 20.238 voti) risultando il primo dei non eletti a Strasburgo. Il Regno unito da febbraio lascerà 73 seggi che andranno suddivisi tra i 27 membri (erano 28 prima di Brexit).

Nato a Milano nel 1986, ma figlio di calabresi, Vincenzo Sofo, è noto per essere fedelissimo di Matteo Salvini ma soprattutto per essere il fidanzato di Marion Le Pen, nipote della presidente del “Rassemblement National”, Marine Le Pen, movimento politico che ha avuto origine dal Front National.

Il profilo del “Talebano” Vincenzo Sofo

Laureato in Economia e Politiche del Settore Pubblico, Sofo attualmente si occupa di politiche culturali e scrive opinioni per vari blog e giornali, è scritto nel suo blog “Il Talebano”. L’esponente politico è da sempre appassionato di politica, cultura e di tutto ciò che riguarda la comunità.

Militante della Lega Nord dal 2009, dopo alcuni anni di attivismo giovanile indipendente nei meandri della destra e un’esperienza come responsabile giovanile milanese de “La Destra” (di Storace).

Fondatore del think tank Il Talebano, con lo scopo di contribuire al percorso della Lega e in generale della politica in senso sempre più votato alla valorizzazione dei concetti sociali di identità e comunità, ponendo l’accento sull’importanza dei giovani e degli intellettuali nella costruzione di un progetto per il Paese.

Da sinistra Vincenzo Sofo, Marion Le Pen e Matteo Salvini

Ideatore del laboratorio delle “Mille Patrie per l’Italia” per creare una rete di gruppi e movimenti che – da Nord a Sud – cooperino per promuovere iniziative politiche e culturali, per dare l’esempio di una politica che parta dal territorio e dalle idee invece che da palazzi e poltrone.

Spetterà adesso a lui dimostrare con atti concreti l’attaccamento al Sud Italia e alla Calabria. A Strasburgo (Francia) c’è la sede del Parlamento europeo che, insieme a Bruxelles, sede della commissione Ue decide le sorti di milioni di persone che popolano l’area meridionale.

Traffico di droga, arrestato un siriano ricercato in ambito internazionale

Agenti del commissariato di polizia di Corigliano-Rossano, hanno arrestato un cittadino siriano, M.A. di anni 25, ricercato in ambito internazionale per i reati di produzione, vendita e acquisto di droga.

L’uomo, su cui gravava un ordine di cattura spiccato dalla Germania, è stato rintracciato in una abitazione nella quale conviveva con una donna italiana residente nel comune di Mirto Crosia.

Scattate le operazioni di osservazione e appostamento le stesse culminavano con l’irruzione all’interno dell’abitazione e l’arresto del ricercato. Il giovane è stato condotto presso il carcere di Castrovillari.

Furto e armi, in carcere un ventinovenne per cumulo di pene

I Carabinieri della Stazione di Soriano Calabro, hanno eseguito a Gerocarne un ordine di esecuzione pena a carico di Walter Loielo, 29enne del posto, con precedenti. Il giovane è stato raggiunto da un provvedimento da un provvedimento di unificazione di pene e conseguente ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vibo Valentia.

Il giovane deve espiare la pena di anni due e mesi quattro di reclusione per cumulo di due sentenze di condanna. I reati ai quali fa riferimento il provvedimento riguardano furto aggravato in concorso, porto e detenzione di armi. L’arrestato è stato pertanto condotto alla casa circondariale di Vibo Valentia.

Nuova scossa nella Presila, magnitudo 3.0. Scuole evacuate. C’è preoccupazione

Sembra essere incessante lo sciame sismico nella Presila Catanzarese. Tra Albi e Taverna, stamane è stata registrata una nuova scossa di terremoto di magnitudo 3.0. Non si registrano danni ma c’è molta preoccupazione tra la popolazione che da due settimane vive giorni e notti da incubo.

Il sisma, a 9 km di profondità, secondo l’Ingv, è stato chiaramente avvertito in tutta l’area, e le scuole sono state evacuate nei centri vicini all’epicentro. Lo sciame sismico è in atto dal 17 gennaio, da quando è stata registrata la scossa di magnitudo 4.0 che ha fatto tremare tutta la Calabria centrale.

Fecero un “buco” alle Poste e rapinarono 171mila euro, preso uno dei banditi

Armati e travisati, avevano fatto irruzione in un ufficio postale entrando da un buco realizzato da un magazzino confinante. Una volta dentro, i banditi hanno minacciato con le armi i dipendenti, facendosi aprire la cassaforte e il bancomat rapinando oltre 170mila euro. Per fuggire hanno legato i dipendenti e poi si sono dileguati. E’ questo il copione di una brutta rapina avvenuta nel 2017 alle poste di Schiavonea, frazione marina di Corigliano.

Ci sono voluti due anni e mezzo di indagini ma alla fine i Carabinieri della Compagnia di Corigliano Calabro sono riusciti a risalire a uno dei presunti autori, arrestandolo con l’accusa rapina aggravata e sequestro di persona aggravata. Si tratta di Mario Petrini, rossanese di 46 anni con diversi precedenti, anche specifici. L’uomo è stato incastrato dal Dna, dall’incrocio dei tabulati telefonici e dalle telecamere di videosorveglianza. Si sta stringendo il cerchio sull’altro complice.

I fatti risalgono al maggio del 2017 quando due persone completamente travisate facevano irruzione presso l’ufficio postale di Schiavonea durante la pausa pranzo, quando all’interno erano rimasti solo i dipendenti ed un cliente.

La rapina – L’assalto era stato da film, infatti, i due uomini, che indossavano guanti, passamontagna e tute da lavoro, entravano nell’ufficio postale dal bagno, dopo aver effettuato un buco nella parete confinante con un magazzino non utilizzato da tempo.

I due banditi si erano serviti oltre che dei classici attrezzi, anche di un “ariete” artigianale di consistenti dimensioni. Una volta all’interno dell’ufficio postale avevano minacciato tutti i presenti puntandogli, anche alla testa, delle pistole che avevano con sé e si erano fatti consegnare tutti i contanti in quel momento presenti all’interno dell’Atm e della cassaforte, per un totale accertato di 171 mila euro, che avevano infilato in delle buste di plastica per la spesa.

La fuga – Quindi, per ottenere il tempo necessario alla fuga, avevano legato tutti con fascette di plastica e corde, scappando dal buco nella parete da dove erano entrati.

Giunti sul posto i Carabinieri ausonici, delimitavano immediatamente tutta la scena del crimine e i militari della Sezione operativa iniziavano un accurato sopralluogo, rinvenendo nel magazzino attiguo all’ufficio postale, da dove erano entrati, le due tute da lavoro nonché l’ariete, utilizzati dai malviventi. Un’azione criminale da manuale, studiata e preparata a tavolino. Professionisti.

Le indagini – Venivano svolti sugli arnesi i rilievi necessari per risaltare eventuali tracce di Dna e sottoposti a sequestro penale. Tutto il materiale veniva inviato al Ris di Messina per gli accertamenti tecnico-scientifici e la comparazione con la Banca dati nazionale del Dna.

Inoltre venivano ascoltati tutti i presenti, visionate le telecamere nel raggio di parecchie centinaia di metri dall’ufficio postale e analizzati i tabulati telefonici.

Importanti riscontri venivano ottenuti sia dai tabulati telefonici, sia dai riscontri pervenuti oltre due anni dopo dal Ris, poiché nel primo caso veniva evidenziata nell’orario della rapina la presenza di alcuni soggetti di Rossano che si erano già resi responsabili qualche mese dopo questa rapina di un’altra con le stesse modalità presso l’ufficio postale di Bocchigliero; nel secondo caso gli accertamenti scientifici del Raggruppamento investigazioni scientifiche di Messina avevano riscontrato – senza possibilità di errore – sul polsino di una delle due tute, tracce genetiche appartenenti all’arrestato.

Sulla base della ricostruzione  e dell’impianto accusatorio, fondato sugli elementi indiziari rilevati dai Carabinieri di Corigliano, l’autorità giudiziaria ha applicato all’uomo la misura cautelare detentiva carceraria, ritenuta l’unica adeguata, poiché – scrive il giudice – nel caso di specie il pericolo di reiterazione è ben espresso  dalle concrete modalità dell’agire criminoso dell’indagato […], della sua spregiudicatezza e professionalità nel delitto, […] del fatto che abbia agito travisato, armato di pistola, arrivando a legare mani e piedi dei presenti anche dopo aver perpetrato la rapina.

Il gip ha, inoltre, ritenuto sussistenti nel reato di rapina le aggravanti di aver agito travisato e armato, di aver posto le vittime in uno stato d’incapacità d’agire, di aver approfittato delle circostanze di luogo e tempo (essendo l’ufficio postale chiuso in quel momento al pubblico). Indagini sono in corso per risalire al complice dell’arrestato.

Truffa all’Inps, denunciati 59 falsi braccianti agricoli

I carabinieri della stazione di Careri (Reggio Calabria) hanno denunciato in stato di libertà 59 persone, tra cui il titolare di un’azienda agricola, alla Procura della Repubblica di Locri con l’accusa di truffa. Dalle indagini, è emerso un danno erariale pari a quasi 400 mila euro, somme indebitamente percepite mediante fittizi rapporti di lavoro nel settore agricolo con la conseguente erogazione da parte dell’Inps, in favore dei falsi braccianti, di contributi previdenziali ed assistenziali quali indennità di disoccupazione, per malattia o maternità cui, in realtà, non avevano diritto.

Dall’attività investigativa è risultato, inoltre, secondo quanto riferiscono i Carabinieri, che una parte delle persone coinvolte nell’indagine appartengono a famiglie legate alla criminalità organizzata.

Le persone coinvolte nell’indagine sono accusate a vario titolo, oltre che di truffa aggravata, di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e falsità in scrittura privata.

L’attività investigativa che ha portato ai 59 deferimenti in stato di libertà è stata condotta dai militari su base documentale con il fattivo supporto delle sedi Inps di Reggio Calabria e Crotone. Sono stati effettuati, tra l’altro, numerosi servizi di osservazione, controllo e pedinamento dai quali sono emerse le condotte illecite che sarebbero state poste in essere dagli indagati.

Assalivano le tonnare per rubare il pescato, arrestati 4 pirati del mare

Assaltavano come i pirati del mare le tonnare del Tirreno cosentino allo scopo di rubare il pescato e, con minacce armate ci riuscivano. I fatti sono accaduti a maggio 2018 al largo delle coste dell’alto tirreno. Vittime, piccoli pescatori che erano impegnati nella pesca del tonno rosso.

Così, la Guardia di finanza e la Guardia costiera, dopo indagini coordinate dalla Procura di Paola sono risaliti ai pirati e li hanno arrestati per ordine del gip del locale tribunale. Si tratta di 4 persone, accusate di estorsione aggravata in concorso, stamane condotte in carcere.

Le indagini, condotte dai militari hanno consentito di raccogliere un grave quadro indiziario nei confronti degli indagati, in relazione alle attività di disturbo perpetrate nei confronti di alcune tonnare nelle giornate del 27, 28 e 29 maggio 2018, durante le autorizzate attività di pesca al “tonno rosso”, effettuate nelle acque a ridosso delle coste dell’alto tirreno cosentino.

L’attività di disturbo e intimidazione, posta in essere a bordo di piccole imbarcazioni da diporto, era finalizzata ad ottenere illecitamente – mediante minacce, anche con
arma da fuoco (pistola) – una parte del pescato.

Gli elementi acquisiti a seguito degli interventi sono stati sviluppati pianificando una serie di attività di polizia giudiziaria, finalizzate alla ricostruzione delle vicende e all’individuazione degli autori delle estorsioni. All’esito delle investigazioni, gli autori, di cui due già gravati da provvedimenti della “sorveglianza speciale” in relazione a precedenti condanne definitive per associazione finalizzata al traffico di droga, tentata estorsione, detenzione illegale di armi e rapina – sono stati identificati e denunciati per estorsione di tonni dal peso complessivo di circa 1000 kg.

Ulteriori dettagli dell’indagine verranno resi noti nel corso di una conferenza stampa, prevista in mattinata, presso la Procura della Repubblica di Paola alla quale interverranno Pierpaolo Bruni, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola, il Col. Danilo Nastasi, Comandante Provinciale Guardia di Finanza Cosenza, il Ten. Col. Alberto Catone, Comandante del R.O.A.N. di Vibo Valentia ed il Ten. di Vascello CP Antonino Saladino.

Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari Rosamaria Mesiti su richiesta dei sotituti procuratori Rossana Esposito e Teresa Valeria Grieco.

Attivisti calabresi del M5s segnalano Morra ai probiviri: “Ha violato lo Statuto”

Nicola Morra
Nicola Morra

Un gruppo di attivisti calabresi del M5S rende noto di aver segnalato ai probiviri il senatore Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare antimafia, dopo le sue dichiarazioni con le quali ha rivelato di non aver votato per il candidato dei grillini Francesco Aiello alle ultime regionali in Calabria.

“Gli avversari esterni – scrivono in un comunicato – ti rafforzano, quelli interni ti distruggono. Dai primi ti puoi difendere, dagli altri no. In un articolo il senatore Nicola Morra, eletto con i voti del Movimento 5 Stelle, ha reso noto di non aver votato il M5S alle elezioni regionali calabresi, rendendo chiaro come il deludente risultato sia stato a tutti gli effetti ostacolato più da detrattori interni che esterni al movimento”.

“D’altronde Morra – scrivono i grillini – aveva già violato i primi 5 punti del comma d dell’articolo 3 dello statuto dell’associazione Movimento 5 Stelle, pregiudicando la campagna elettorale, alla quale non ha partecipato”.

“Morra – secondo gli attivisti – con le sue dichiarazioni che hanno trovato ampio risalto sulla stampa in ordine alla lista del M5S in Calabria, ha violato i seguenti punti: attenersi alle disposizioni dello Statuto; rispettare le decisioni assunte dagli organi del MoVimento 5 Stelle; astenersi da comportamenti che possano pregiudicare l’immagine o l’azione politica del MoVimento 5 Stelle; attenersi a criteri di lealtà e correttezza nei confronti degli altri iscritti; concorrere attivamente all’azione politica del MoVimento 5 Stelle, avuto riguardo alla propria situazione personale ed alle proprie capacità”.

Morra in una intervista al Corsera aveva espresso le sue perplessità sulla scelta del candidato Francesco Aiello, tirato in ballo in piena campagna elettorale per la storia del cugino boss defunto (Luigi Aiello). Il senatore ha aggiunto che non ha votato M5s, ma nessun altro, dicendo che non poteva votare per una persona ambigua. Morra ha criticato l’operato del coordinatore per le elezioni in Calabria, il parlamentare Paolo Parentela, che ha replicato: quella di Morra è una “grave violazione dello Statuto”.

Giovane spacca i locali dell’ospedale di Lamezia, arrestato evade in pochi minuti. Preso

carabinieri ospedale lamezia
Archivio

Ha danneggiato alcuni locali dell’ospedale di Lamezia Terme ed è stato portato agli arresti domiciliari dai quali, però, è evaso poco dopo venendo poi nuovamente arrestato. Protagonista un 22enne originario del Gambia, S.H., che si è presentato nell’ospedale “Giovanni Paolo II” e, in evidente stato di alterazione psico-fisica, ha iniziato a danneggiare porte, finestre e qualunque suppellettile gli capitasse a tiro fino a quando è stato notato da un agente di Polizia libero dal servizio che gli ha intimato di fermarsi.

Il giovane, invece di calmarsi, ha afferrato un’asta di ferro brandendola nei confronti del poliziotto il quale ha chiesto rinforzi. Sul posto sono giunti i militari di una pattuglia della Compagnia carabinieri che ha bloccato il giovane arrestandolo per danneggiamento aggravato e resistenza a pubblico ufficiale portandolo ai domiciliari. Ma solo poche ore dopo i carabinieri lo hanno sorpreso passeggiare per le vie del centro e lo hanno nuovamente arrestato per evasione.

Testimonianza choc di Giorgia Meloni: “Ho paura per mia figlia”

“Ho paura per mia figlia che ha appena 3 anni. La notte non dormo per questa vicenda, per le minacce che quest’uomo mi ha rivolto via Facebook. Lui sosteneva che gliel’ho strappata, che la bambina era sua, che prima o poi sarebbe venuto a riprendersela a Roma”. E’ la drammatica testimonianza che Giorgia Meloni, leader di Fratelli di Italia, ha tenuto oggi davanti ai giudici della prima sezione penale di Roma nel processo che vede imputato per stalking, Raffaele Nugnes, arrestato dalla Digos lo scorso 31 luglio nella provincia di Caserta.

Meloni ha ricostruito la vicenda rispondendo alle domande del pm. “Io vivo spesso fuori casa e il mio stato d’ansia è enormemente cresciuto – ha detto – perché ho dovuto prendere particolari cautele. Non bastava più la baby sitter per controllare mia figlia”. Nel procedimento l’esponente di Fdi è parte civile.

“Ho appreso dei messaggi minatori solo quando, più o meno in contemporanea, è stata allertata dalla Digos e mia sorella. Le era arrivato un video intimidatorio riconducibile all’imputato”. Nugnes era stato arrestato e posto ai domiciliari. Meloni ha ribadito di non averlo mai “visto o conosciuto”. “Il mio modo di vivere è ovviamente cambiato. Ho paura anche dopo un messaggio pubblicato dall’imputato in cui scriveva: ‘hai tempo tre giorni per venire dove sai, se non vieni sai cosa succede, vengo a Garbatella…'”.

Swg: In Calabria i giovani hanno disertato le urne

“I giovani disertano le urne” e chi vota sceglie le liste civiche. E’ quanto emerge dall’analisi del voto di Swg in Calabria. La percentuale di astensioni nella fascia di età 18-34 è pari al 60,8% e per le liste civiche ha optato il 41,6%. Tra i partiti in lieve vantaggio il Pd (13,8%, seguito dalla Lega (10,7), da FdI (8,4%), da FI (9,7%) e infine dal M5S (6,4%).

Alte le astensioni anche fra le donne (66,1%), che comunque vengono attratte maggiormente dal centrodestra: il 21,1% ha votato FdI, l’11,8% la Lega, il 10% FI. Guardando alle classi sociali, la classe media punta sul centrodestra votando per il 14% la Lega, per il 12,9% FI e per l’11% FdI.

Il Pd incassa il 16,5% del voto dei ceti medi e il M5S il 6%. Come in Emilia Romagna, le città preferiscono il Pd nel 18,3% dei casi: percentuale che cala al 14,1% nei comuni non capoluogo dove comunque fra i partiti i Dem sono primi ma dove il centrodestra unito supera il 35%. Le rilevazioni Cati-Cami-Cawi sono state effettuate su un campione rappresentativo di mille elettori residenti in Calabria.

Swg: Ceti deboli e periferie hanno votano per la Lega. Le città per il Pd

“I ceti popolari” e i centri più piccoli scelgono la Lega mentre per il Pd votano le città: lo rileva Swg nell’analisi del voto delle elezioni regionali in Emilia Romagna. Ben il 39,2% di chi appartiene alle fasce sociali più basse ha infatti votato per il partito di Salvini, che conquista anche il 35,3% del voto dei residenti nei “non capoluoghi” mentre per i Dem ha votato il 36,3% dei residenti nei capoluoghi.

Sempre secondo Swg, le sardine hanno sottratto il 3% all’astensione. La “middle class” invece si divide in due con una leggera preferenza per il Pd (35,8% contro il 31,6% della Lega), verso il quale si è orientato maggiormente anche il voto femminile (37,3% contro il 30,6% della Lega).

Tra i Millenials e la generazione Z anche è in lieve vantaggio il centrosinistra: nella fascia di età 18-34 il 32,6% ha scelto Pd, il 6,5% la lista Bonaccini presidente, mentre il 26,1% ha votato Salvini, il 6,8% FdI e il 4,8% il M5S. Il voto a Bonaccini è stato motivato dal “buongoverno” (52) di questi anni e dalla fiducia nel governatore (35) mentre chi ha scelto Borgonzoni è stato mosso dalla spinta a cambiare (51%) e dal sostegno a Salvini (43%). La rilevazione Cati-Cami-CAwi è stata effettuata su diversi campioni di elettori (in alcuni casi 1700 e in altri 700) residenti in Emilia Romagna.

“I giovani disertano le urne” e chi vota sceglie le liste civiche: secondo l’analisi del voto di Swg in Calabria la percentuale di astensioni nella fascia di età 18-34 è pari al 60,8% e per le liste civiche ha optato il 41,6%. Tra i partiti in lieve vantaggio il Pd (13,8%, seguito dalla Lega (10,7), da FdI (8,4%), da FI (9,7%) e infine dal M5S (6,4%).

Alte le astensioni anche fra le donne (66,1%), che comunque vengono attratte maggiormente dal centrodestra: il 21,1% ha votato FdI, l’11,8% la Lega, il 10% FI. Guardando alle classi sociali, la classe media punta sul centrodestra votando per il 14% la Lega, per il 12,9% FI e per l’11% FdI.

Il Pd incassa il 16,5% del voto dei ceti medi e il M5S il 6%. Come in Emilia Romagna, le città preferiscono il Pd nel 18,3% dei casi: percentuale che cala al 14,1% nei comuni non capoluogo dove comunque fra i partiti i Dem sono primi ma dove il centrodestra unito supera il 35%. Le rilevazioni Cati-Cami-Cawi sono state effettuate su un campione rappresentativo di mille elettori residenti in Calabria.

Processo “Black Monkey”, per Femia e altri non c’è mafia: “Mancano le prove”

aula giustizia processo“I collegamenti ed i rapporti” di Femia “con esponenti di organizzazioni mafiose non sono determinanti per dare la medesima qualificazione al gruppo da lui costituito che, una volta sorto ed in piena operatività, deve acquisire autonoma vitalità, non mutuabile dal carisma soggettivo del capo e tantomeno dalle relazioni personali di quest’ultimo”. Così i giudici della Corte d’Appello di Bologna motivano la loro decisione del 29 ottobre, di far cadere l’accusa di associazione mafiosa nel processo ‘Black Monkey’.

Secondo la Corte, infatti, il gruppo guidato da Nicola Femia, che faceva profitti con le slot, non era legato alla ‘Ndrangheta, ma si configurava una associazione ‘semplice’. E questo ha comportato una riduzione delle condanne e alcune assoluzioni per i 23 imputati. “Manca – scrivono ancora i giudici – la prova di un esercizio concreto e percepito fra i cittadini della forza di intimidazione, che deve derivare direttamente dal sodalizio e non dal singolo Femia Nicola”.

In primo grado, con l’aggravante mafiosa, erano stati condannati i 23 imputati con la pena più alta per Femia. L’operazione scattò nel 2013.

Dopo l’inizio della collaborazione con la giustizia di Nicola Femia vennero arrestate tre persone ritenute vicino ai Bellocco di Rosarno, ma ben radicate in Emilia Romagna. Secondo l’inchiesta “Scramble” gli arrestati avrebbero posto in essere un’estorsione mafiosa ai danni dei familiari del pentito.

‘Ndrangheta, decapitato il clan Labate. INCHIESTA E NOMI

Alle prime ore della mattinata odierna, al termine di complesse ed articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal Procuratore Giovanni BOMBARDIERI, gli investigatori della 1^ Sezione Criminalità Organizzata e Catturandi della Squadra Mobile, con il concorso operativo degli equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine e delle Squadre Mobili di Roma, Cosenza, Udine e Livorno, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari e al contestuale decreto di sequestro preventivo emessi in data 21.01.2020 dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti dei seguenti 14 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa [cosca “Labate” intesi “Ti Mangiu”] e diverse estorsioni aggravate dal ricorso al metodo mafioso e dalla finalità di aver agevolato la ‘ndrangheta:

[misura cautelare in carcere]

1. LABATE Pietro, nato a Reggio Calabria il 20.1.1951 [già detenuto per altra causa, ritenuto responsabile di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
2. CASSONE Rocco, nato a Campo Calabro (RC) il 28.6.1957 [ritenuto responsabile di associazione mafiosa];
3. GAMBELLO Santo, nato a Reggio Calabria il 26.11.1975 [ritenuto responsabile di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
4. LABATE Paolo, nato a Reggio Calabria in data 8.1.1982 [ritenuto responsabile di associazione mafiosa];
5. LABATE Paolo, nato a Cortona (AR) il 20.5.1984 [ritenuto responsabile di associazione mafiosa];
6. GALANTE Antonio, nato a Reggio Calabria il 7.3.1966 [ritenuto responsabile di associazione mafiosa];
7. CANDIDO Caterina Cinzia, nata a Milano il 2.9.1965 [ritenuta responsabile di associazione mafiosa];
8. MARCELLINO Francesco, nato a Reggio Calabria il 29.9.1950 [ritenuto responsabile di associazione mafiosa];
9. MORABITO Fabio, nato a Reggio Calabria il 29.4.1971 [ritenuto responsabile di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
10. ASSUMMA Orazio, nato a Reggio Calabria il 3.10.1959 [ritenuto responsabile di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
11. FOTI Domenico, nato a Reggio Calabria il 10.3.1961 [ritenuto responsabile di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
12. PRATESI Domenico, nato a Reggio Calabria il 12.07.1970 [già detenuto per altra causa, ritenuto responsabile di estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];

[misura cautelare degli arresti domiciliari]

13. LABATE Antonino, nato a Reggio Calabria il 02.01.1950 [attualmente sottoposto alla misura degli arresti domiciliari presso una struttura sanitaria, ritenuto responsabile di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
14. MINUTO Santo Antonio, nato a Reggio Calabria il 09.09.1965 [ritenuto responsabile di estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa].

Le indagini da cui scaturisce l’odierna operazione di polizia venivano avviate nel mese di maggio 2012 al fine di procedere alla cattura dell’allora latitante LABATE Pietro, leader carismatico e vertice indiscusso dell’omonima cosca, sottrattosi nell’aprile 2011 all’esecuzione del fermo di indiziato di delitto emesso dalla D.D.A. nei confronti di numerosi soggetti appartenenti alle cosche Tegano e Labate [Operazione “Archi”]. Il 12 luglio 2013, a culmine di un’intensa e laboriosa attività investigativa [supportata da molteplici intercettazioni telefoniche e ambientali e sistemi di video sorveglianza] il latitante veniva localizzato e arrestato dagli investigatori della Squadra Mobile nella zona vicina al torrente S. Agata di Reggio Calabria, mentre percorreva la strada a bordo di uno scooter.

Le attività, ampliate nei mesi successivi alla cattura del boss, con l’ausilio di diversificate operazioni tecniche, consentivano di ricostruire l’organigramma della cosca Labate, ponendo al vertice LABATE Pietro e alla reggenza del clan – durante la sua latitanza – il fratello Antonino, coadiuvato dal cognato [di entrambi] CASSONE Rocco e dalle nuove leve LABATE Paolo classe 1982 [figlio di Pietro] e LABATE Paolo classe 1984 [figlio di Antonino], supportati da luogotenenti e affiliati nel compimento delle azioni delittuose.

L’esistenza e l’operatività del clan Labate trovavano pieno riscontro nel capillare controllo del territorio e nella gestione di attività economiche e commerciali, segnatamente nel settore alimentare ed edilizio, riconducibili ad affiliati o a compiacenti prestanomi, nonché nell’imposizione indiscriminata di estorsioni ad operatori economici e commerciali e ai titolari di piccole, medie e grandi imprese, in particolare nei confronti di quelli impegnati nell’esecuzione di appalti nel comparto dell’edilizia privata nell’area ricadente sotto il dominio della consorteria mafiosa.

L’inchiesta portava altresì alla luce gli interessi del clan nel settore delle corse clandestine di cavalli e in quello dei giochi e scommesse on line.

Determinanti, ai fini dell’accertamento delle infiltrazioni dei LABATE nel tessuto di alcune attività economiche e commerciali locali, si erano rivelate le agende sequestrate il giorno della cattura a casa dell’indagato MARCELLINO Francesco, dove il latitante LABATE Pietro aveva trovato ospitalità, sulle quali il boss aveva annotato nomi di persona, importi e denominazioni di ditte, nonché le altre agende del reggente della cosca LABATE Antonino, sequestrate in un periodo successivo a casa degli indagati [coniugi] GALANTE Antonio e CANDIDO Caterina Cinzia, abitanti nello stesso stabile del boss a cui erano completamente asserviti.

Nel corso delle investigazioni venivano anche individuate 5 aziende operanti nel settore alimentare e della distribuzione di carburanti, controllate dalla cosca LABATE, di cui veniva chiesto il sequestro in quanto ritenute imprese mafiose.

Agli esiti acquisiti dalle molteplici attività investigative venivano ad aggiungersi gli importanti contributi di alcuni collaboratori di Giustizia, fra i quali quelli di GENNARO Mario, DE ROSA Enrico e da ultimo quelli di LIUZZO Giuseppe Stefano Tito, nonché le dichiarazioni di rilevante portata accusatoria di affermati imprenditori reggini del settore edile ed immobiliare, sentiti da magistrati della D.D.A., vittime di pressanti attività estorsive consistenti nel pagamento ad alcuni esponenti del clan LABATE di ingenti somme di denaro (anche nell’ordine di 200 mila euro corrisposte a rate) o nell’imposizione dell’acquisto di beni presso attività commerciali riconducibili ad esponenti di rilievo della cosca.

L’indagine “Helianthus” coniuga diverse attività di un intenso e pluriennale lavoro investigativo portato avanti dalla Squadra Mobile sotto le direttive dei sostituti Procuratori della D.D.A. di Reggio Calabria Stefano MUSOLINO e Walter Ignazitto, con il fine di disarticolare la temibile cosca LABATE mediante un’efficace e unitaria azione di contrasto. L’ultima operazione che ha colpito la citata consorteria di ‘ndrangheta risale al 2007 e porta il nome di “Gebbione”. Fu condotta dalla Squadra Mobile ed ebbe il merito di aver ricostruito le linee di azione della cosca, che controllava – attraverso il sistematico ed asfissiante ricorso al taglieggiamento – pressoché tutte le attività commerciali ed imprenditoriali operanti appunto nel quartiere Gebbione di Reggio Calabria.

In epoca successiva al 2007, la cosca LABATE era emersa in un’altra inchiesta [“Archi-Astrea”, le cui indagini furono condotte dalla Squadra Mobile], definita con sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 20.6.2014, la quale, pur assolvendo i due imputati LABATE Pietro e LABATE Francesco Salvatore, riconosceva la perdurante operatività del sodalizio mafioso di appartenenza.

L’influenza della cosca LABATE nel panorama ‘ndranghetistico reggino ha sempre trovato forza nei legami di sangue che uniscono i componenti di vertice ad altre potenti cosche attive sul territorio di questa provincia, fra le quali si ricordano le famiglie GARONFALO di Campo Calabro (RC) e IAMONTE di Melito di Porto Salvo (RC) e nei solidi rapporti di alleanza con famiglie mafiose dei tre mandamenti.

Oggi il clan LABATE è una potente articolazione della ‘ndrangheta unitaria che, nonostante l’arresto del membro più carismatico e rappresentativo (il capocosca indiscusso, Pietro LABATE) e la successiva carcerazione del fratello Michele LABATE, ha mantenuto inalterato il tradizionale “prestigio” nel territorio di competenza criminale (l’ampia area a sud della città di Reggio Calabria ed in particolare nel popoloso quartiere “Gebbione”), coltivando e rafforzando i rapporti e le alleanze criminali con altri storici “casati” di ‘ndrangheta e dimostrando anche un certo dinamismo criminale in relazione a “nuovi” settori illeciti (come quello della scommesse on line e della slot machines), riuscendo al contempo a mantenere intatto il core business delle attività illecite da sempre espressione dello strapotere mafioso dei “Ti Mangiu”, segnatamente rappresentate dal sistematico ricorso all’estorsione nei confronti di imprenditori, commercianti ed operatori economici in genere e (in minor misura) dallo sfruttamento delle corse clandestine di cavalli.

Come detto in precedenza, un ulteriore contributo sulla perdurante vitalità ed operatività della cosca LABATE, proviene recentemente dal neo collaboratore di giustizia LIUZZO Giuseppe Stefano Tito che ha confermato l’appartenenza degli indagati al sodalizio criminale “Ti Mangiu”, tracciandone i ruoli ricoperti all’interno del sodalizio.

Le dichiarazioni degli imprenditori e le propalazioni dei collaboratori di Giustizia, riscontrate dalle risultanze degli accertamenti svolti dalla Squadra Mobile, hanno consentito alla D.D.A. di Reggio Calabria di contestare l’associazione mafiosa e gravissimi episodi estorsivi, oltre che al boss LABATE Pietro anche a due elementi di spicco della cosca, ovvero ASSUMMA Orazio, indicato dai collaboratori di Giustizia quale uomo di fiducia del capo clan e FOTI Domenico detto “Vecchia Romagna”, anch’egli fedelissimo dei LABATE.

Con l’odierna ordinanza di custodia cautelare, agli indagati LABATE Pietro, LABATE Antonino, CASSONE Rocco, GALANTE Antonio, CANDIDO Caterina Cinzia, GAMBELLO Santo, LABATE Paolo classe 1982 (figlio di LABATE Pietro), LABATE Paolo classe 1984 (figlio di Antonino), MORABITO Fabio, MARCELLINO Francesco, ASSUMMA Orazio, FOTI Domenico, è stato contestato il delitto di associazione mafiosa, per aver fatto parte della struttura organizzativa visibile della ‘ndrangheta (unitaria), ed in particolare della sua articolazione territoriale denominata cosca “LABATE” (“Ti Mangiu”) in prevalenza operante nel quartiere Gebbione del Comune di Reggio Calabria, con i seguenti ruoli:
– LABATE Pietro, in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione; anche durante la latitanza e la detenzione in carcere;
– LABATE Antonino, in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione;
– CASSONE Rocco, in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione;
– ASSUMMA Orazio, in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione;
– FOTI Domenico, in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione;
– LABATE Paolo cl. 82, in qualità di partecipe e collaboratore di LABATE Pietro e LABATE Antonino;
– GALANTE Antonio, in qualità di partecipe e principale collaboratore di LABATE Antonino,;
– CANDIDO Caterina Cinzia, in qualità di partecipe, forniva costante collaborazione (unitamente al marito GALANTE Antonino) a LABATE Antonino;
– GAMBELLO Santo, in qualità di partecipe e collaboratore di LABATE Antonino;
– LABATE Paolo cl. 84, in qualità di partecipe e collaboratore di LABATE Antonino;
– MORABITO Fabio, in qualità di partecipe e collaboratore di LABATE Antonino;
– MARCELLINO Francesco, in qualità di partecipe, forniva continua assistenza logistica a LABATE Pietro durante la sua latitanza.

A LABATE Antonino, GAMBELLO Santo, MORABITO Fabio, MINUTO Santo Antonio è stato contestato il delitto di estorsione aggravata per aver costretto due commercianti a non aprire un negozio di pescheria tra Viale Aldo Moro e Piazza della Pace di Reggio Calabria, imponendo loro di individuare una diversa zona ove avviare l’attività commerciale.

A LABATE Pietro e ASSUMMA Orazio, è stato contestato il delitto di estorsione aggrava per aver costretto un imprenditore, impegnato nella realizzazione di un complesso immobiliare sul viale Aldo Moro di Reggio Calabria, a pagare a titolo di “pizzo” la somma di € 200.000,00 [versata in più tranches tra il 2013 ed il 2015], nonché ad acquistare materiale edile presso il colorificio riconducibile all’indagato ASSUMMA Orazio.

A FOTI Domenico è stato contestato il delitto di estorsione aggrava, per avere costretto due imprenditori, impegnati nella realizzazione di un complesso immobiliare nella via Torricelli Ferrovieri/San Pietro di Reggio Calabria, a pagare a titolo di “pizzo” la somma di € 20.000,00 [versata, tra il 2017 ed il 2018, in quattro tranches da € 5.000,00 ciascuna e costituente parte della maggior somma di € 30.000,00 complessivamente richiesta], nonché ad acquistare materiale edile presso colorificio riconducibile all’indagato ASSUMMA Orazio.

Ad ASSUMMA Orazio e PRATESI Domenico, è stato contestato il delitto di estorsione aggrava per aver costretto – avvalendosi della collaborazione di PRATESI Domenico [appartenente alla cosca LIBRI] che fungeva da intermediario e organizzatore di un incontro – un imprenditore impegnato nell’edificazione di un complesso immobiliare nel viale Messina/adiacenze Piazzale Botteghelle di Reggio Calabria, a versare a titolo di “pizzo” la somma di € 50.000,00 [prima tranche della più ampia somma di € 150.000,00, costituente l’importo complessivamente richiesto], nonché ad acquistare materiale edile presso il colorificio nella disponibilità di ASSUMMA Orazio.

Nel corso dell’operazione, sono state sottoposte a sequestro preventivo, emesso dal GIP su richiesta della D.D.A., le seguenti società, ritenute riconducibili ad esponenti di vertice e a luogotenenti della cosca LABATE:
– “PDF S.r.l.”, con sede a Reggio Calabria; attività esercitata: distribuzione al minuto, impianto distribuzione stradale di carburanti (gasolio, olio da gas, benzine senza piombo) [ritenuta riconducibile a LABATE Francesco Salvatore, finanziata anche con somme della cassa comune della cosca];
– “PKF S.r.l.”, con sede a Reggio Calabria; attività prevalente: commercio al dettaglio di prodotti surgelati [ritenuta riconducibile a CASSONE Rocco];
– impresa individuale “TUTTOCARTA di Neri Carmela”, sita a Reggio Calabria, operante nel settore dei prodotti di carta e plastica per gli alimenti e la ristorazione [ritenuta riconducibile a FOTI Domenico];
– impresa individuale “ASSUMMA Demetrio”, con sede a Reggio Calabria; attività prevalente: commercio al dettaglio di pitture e vernici [ritenuta riconducibile a ASSUMMA Orazio].

Crac Finarte, in carcere l’ex presidente del Napoli Corbelli

Giorgio Corbelli

L’ex patron di Telemarket e presidente del Napoli calcio, Giorgio Corbelli, 64 anni, è stato arrestato ed è in carcere. Lo riporta stamani il Giornale di Brescia.

È diventata definitiva una condanna inflitta dal tribunale di Milano per il crac di Finarte e Corbelli, che stava scontando ai domiciliari un’altra condanna per reati fiscali, è stato prelevato nella sua casa di Brescia dai carabinieri e portato nel carcere.

Complessivamente Corbelli deve scontare quattro anni e un mese di detenzione ma il suo legale punta ad ottenere a breve una revisione del regime carcerario.

La Finarte, era una importante casa d’aste di Milano quotata in Borsa di cui Corbelli aveva assunto la guida e che è stata dichiarata fallita dal tribunale di Milano nel marzo 2012

Evade dai domiciliari due volte in pochi giorni, in carcere l’uomo della “Fuga da Alcatraz”

Era stato arrestato pochi giorni fa dopo essere evaso dai domiciliari con un escamotage che somigliava molto ad una scena del film “Fuga da Alcatraz”. Sottoposto nuovamente agli arresti domiciliari è ancora evaso per andare a picchiare il fratello dell’ex compagna e poi tentare di scappare all’estero, ma è stato ancora una volta rintracciato dai carabinieri. Questa volta per S.M.D., badante di 40 anni, di Soverato, si sono aperte le celle del carcere.

Nella precedente evasione era fuggito disponendo sotto le coperte una sagoma di cuscini per far credere che era a letto, ingannando la persona che doveva accudire, ma non i carabinieri che lo hanno trovato per strada in sella ad una bici. Leggi

L’uomo, questa volta è evaso e si è recato presso l’oratorio salesiano e, senza alcun apparente motivo, ha aggredito violentemente il fratello della ex convivente. A questo punto, l’ex cognato dell’aggressore si è dato alla fuga per cercare di limitare i danni, rifugiandosi presso la vicina caserma dei Carabinieri, dove ha raccontato i dettagli dell’evento.

I militari hanno attivato le ricerche del soggetto e, dopo averlo individuato presso la sua abitazione, lo hanno portato in caserma per le formalità di rito. Nella circostanza, all’atto della perquisizione veniva trovato in possesso di un porta documenti, con all’interno un biglietto nominativo del pullman in partenza da lì a poco per Roma, nonché altri appunti con l’indicazione degli orari per la tratta area Roma Ciampino-Bratislava; inoltre, nei pressi della porta d’ingresso, erano presenti due valigie, ulteriore conferma del programmato allontanamento dal luogo di detenzione. La Prima Sezione Penale presso il Tribunale di Catanzaro ha convalidato l’arresto, disponendo la custodia cautelare in carcere.

Ancora una scossa nel Catanzarese. In atto uno sciame sismico

Nuova lieve scossa di terremoto nella Presila catanzarese. L’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha registrato alle 11:24 di stamane un evento sismico di magnitudo 2.7 tra  Albi e Taverna (Catanzaro), a sette chilometri di profondità. Non si segnalano danni.

Precedentemente a questo evento, nella notte e all’alba sono state registrate altre scosse minori. Sulla zona da giorni è in atto uno sciame sismico.

La scossa più forte si è verificata lo scorso 17 gennaio con magnitudo 4.0. Alcune scuole dei comuni del comprensorio erano rimaste chiuse per precauzione. C’è apprensione tra la popolazione.

Abusi sessuali su minori, indagati 9 sacerdoti

Presunti abusi sessuali su minori. E’ l’ipotesi per la quale la procura di Prato ha aperto un’inchiesta che coinvolge 9 religiosi dell’ex comunità ‘Discepoli dell’Annunciazione’ soppressa dal Vaticano a dicembre in seguito a una visita canonica. Lo scrive oggi la Nazione.

Presunte vittime degli abusi 2 fratelli, minori all’epoca dei fatti, affidati dai genitori alla comunità, dalle cui dichiarazioni a distanza di anni sarebbe nata l’inchiesta. Gli indagati sono 5 sacerdoti, un frate e 3 religiosi.

Sorpresi a vendere collane d’oro rubate, denunciati due coriglianesi

I carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Crotone hanno deferito all’autorità giudiziaria un 29enne ed un 40enne, entrambi di Corigliano Rossano (Cosenza).

Nello specifico, i carabinieri hanno sorpreso i due all’interno di un negozio per la compravendita di oro nuovo/usato, intenti a vendere due collane d’oro accertato essere provento di furto. La refurtiva recuperata è stata restituita all’avente diritto

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