8 Ottobre 2024

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Serie B, il Cosenza strapazza il Venezia 4-2. Tripletta di Tutino

Il Cosenza si scuote e ritrova il sorriso. Con le condizioni climatiche odierne ci si aspettava una gara da lupi, anche e soprattutto per riprendere slancio e punti in un inizio anno che sarà particolarmente insidioso. Con una classifica così precaria dopo un grosso vantaggio sulla zona playout dilapidato e il tecnico Caserta sempre più sulla graticola, ai rossoblù serviva solo un risultato: la vittoria.

La vittoria è arrivata, anche grazie a una prestazione coraggiosa e generosa che ha fruttato ben 4 gol. Il tutto al cospetto di un avversario forte e strutturato, presentatosi al Marulla da secondo in classifica, dietro alla sola capolista Parma. Ma il Cosenza di oggi, volitivo e volenteroso, probabilmente avrebbe schiantato qualunque avversario. A fronte della maggiore qualità tecnica del Venezia, i rossoblù di Caserta hanno sopperito con la fame e la cattiveria, caratteristiche che non possono mancare a chi si deve salvare.

Protagonista assoluto del match Gennaro Tutino, a ruota Manuel Marras. Da questa premiata ditta scaturisce la prima rete, già al 10′. Da destra l’ex Crotone appoggia per il bomber, che riceve e scaglia in porta un destro potente e angolato che non perdona, 1 a 0. Dopo 9′ il Cosenza arrotonda proprio con Manuel Marras che riceve dal nuovo arrivato Gianluca Frabotta e fa 2 a 0.

Inizio shock per i lagunari che subiscono la terza rete al 21′ ancora da Tutino su rifornimento di Zuccon. Al 24′ gli ospiti accorciano il divario con Buscio su assist di Johnsen. La gara si riaccende nel finale. Prima all’81′ Tutino cala il poker e la tripletta personale. All’87’ dimezza ancora lo svantaggio il Venezia con Gytkjaer per il 4 a 2 finale. Esulta il popolo rossoblù per una vittoria che serviva come un toccasana per l’imminente futuro che può essere affrontato con meno ansie e più fiducia.

Morte ex presidente Catanzaro calcio, sotto processo due medici

Due medici della casa di cura “Villa Caminiti”, il chirurgo Antonio Diomede Trimarchi, di 66 anni, e il medico di guardia Luca Messina, di 47, sono stati rinviati a giudizio dal gup di Reggio Calabria Antonino Foti.

Per entrambi l’accusa è di falso in relazione alla morte dell’imprenditore ed ex presidente del Catanzaro calcio Giuseppe Cosentino, avvenuta il 13 luglio del 2020.

Trimarchi e Messina – assieme ad altri due sanitari: l’anestesista Maurizio Tescione, 73 anni, e il cardiologo Domenico Antonio Foti (66) – sono già imputati nel primo processo per omicidio colposo che si sta celebrando sempre davanti al Tribunale di Reggio Calabria.

L’imprenditore aveva subito un intervento chirurgico nella clinica “Villa Caminiti” di Villa San Giovanni: quando le sue condizioni si sono aggravate, Cosentino è stato trasferito prima nell’ospedale di Polistena, sempre in provincia di Reggio Calabria, e poi nel reparto di rianimazione dell’Azienda ospedaliera “Mater Domini” di Catanzaro dove è deceduto. Se questa era la prima inchiesta, il procedimento penale per il quale i due medici sono stati rinviati a giudizio adesso è nato dal secondo troncone dell’indagine, coordinata dalla Procura guidata da Giovanni Bombardieri che avrebbe riscontrato irregolarità anche nella documentazione relativa all’intervento chirurgico cui fu sottoposto l’ex presidente del Catanzaro calcio.

Il solo Trimarchi è accusato anche “di aver apposto di proprio pugno sul consenso informato – è scritto nel capo d’imputazione – la firma falsa di Cosentino”. Il 20 febbraio prossimo i due sanitari compariranno davanti al Tribunale, in composizione monocratica, per la prima udienza.

Nasconde la droga nella libreria di casa, arrestato un 55enne cosentino

Nell’ambito di un servizio di controllo del territorio, i Carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato in flagranza di reato un 55enne del posto, noto alle Forze di Polizia, per detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

I militari della Stazione Carabinieri di Cosenza Centro, a seguito di perquisizione domiciliare di iniziativa, rinvenivano nella sua disponibilità e sequestravano circa 40 grammi di cocaina, suddivisi in 7 involucri termosaldati, occultati all’interno di una libreria, circa 4 grammi di hashish, suddivisi in 2 involucri termosaldati ed un bilancino elettronico di precisione.

In esito agli accertamenti tecnici esperiti, è risultato che era possibile ricavare 204 e 49 dosi rispettivamente dalla cocaina ed hashish sequestrati. A seguito di giudizio direttissimo, il Tribunale di Cosenza ha convalidato, su richiesta della locale Procura della Repubblica, l’arresto in flagranza di reato, applicando all’indagato l’obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria.

Israele colpisce Damasco. Guerra si allarga. Raid continui su Gaza: “Decine di morti e feriti”

Gli effetti devastanti dei raid missilistici di Israele su Gaza

Aerei da guerra israeliani hanno bombardato oggi un edificio residenziale nel quartiere di Mezzeh nella capitale siriana, Damasco. Lo scrive l’agenzia di stampa Wafa citando l’omonima siriana Sana affermando che gli aerei da combattimento israeliani hanno effettuato intensi bombardamenti di artiglieria contro un edificio residenziale, distruggendolo completamente.

Due consiglieri anziani delle Guardie rivoluzionarie di Teheran (Pasdaran) sono stati uccisi nel raid sull’edificio di Damasco che i media siriani hanno attribuito a Israele e che ha provocato 5 vittime.

L’agenzia Wafa ha riferito inoltre di decine di palestinesi, tra cui donne e bambini, uccisi ed altri feriti in una salva di attacchi israeliani di artiglieria su Gaza. “Decine di palestinesi, tra cui bambini e donne, sono stati uccisi e altri feriti in una raffica di bombardamenti aerei e di artiglieria israeliani su più aree mentre la guerra di genocidio israeliana su Gaza entra nella sua fase finale”

Il raid su Damasco

Numerose case, edifici, appartamenti residenziali e proprietà pubbliche e private sono state massicciamente distrutte e danneggiate a causa dei bombardamenti in corso.

“Le forze di occupazione hanno fatto saltare in aria diverse case nella città di Al-Qarara, a nord-est di Khan Yunis, a sud della Striscia di Gaza, provocando l’uccisione di diverse persone e il ferimento di diverse altre”.

Fonti mediche hanno annunciato l’uccisione di un cittadino colpito direttamente da un aereo da ricognizione a Khan Yunis.

Gli aerei da guerra israeliani hanno lanciato intensi attacchi aerei contro le aree di Bani Suhaila, Al-Zana, Abasan e Batn Al-Sameen, a est e a sud del governatorato.

Contemporaneamente, gli aerei da combattimento israeliani hanno bombardato con numerosi missili la città di Jabalia, situata a nord della Striscia di Gaza.

“Secondo un bilancio provvisorio, l’aggressione israeliana a Gaza dal 7 ottobre ha causato la morte di almeno 24.760 persone, oltre a più di 62.100 feriti e migliaia di dispersi”.

Intanto il Ministero degli Affari Esteri palestinese ha sottolineato l’urgente necessità di un cessate il fuoco immediato, piuttosto che limitarsi a diagnosticare le conseguenze e le dimensioni della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza. “Ciò che serve ora è un cessate il fuoco immediato e non solo la diagnosi della catastrofe umanitaria”.

Il Ministero ha affermato, in una nota, che “la missione dei funzionari internazionali, delle Nazioni Unite e della comunità internazionale non si limita a pubblicare più statistiche sulle vittime palestinesi, a mettere in guardia sulla crisi umanitaria, a esprimere le loro preoccupazioni e a rivolgere richieste agli occupanti. Stato che non ascolta, ma si assume piuttosto le proprie responsabilità giuridiche”.

“L’imperativo morale è cessare immediatamente il fuoco e adottare le misure pratiche necessarie per proteggere i civili e garantire i loro bisogni primari”, dice il ministero spiegando che “in un momento in cui le richieste internazionali ufficiali e popolari di fermare il genocidio in corso contro la popolazione di Gaza e i continui avvertimenti sulle conseguenze e le dimensioni della catastrofe umanitaria in corso tra i civili palestinesi e sui rischi che minacciano le loro vite, lo Stato occupante continua a commettere ulteriori massacri contro i civili palestinesi, che costano la vita in media a quasi 200 cittadini al giorno, oltre a dozzine di persone scomparse e ferite alla luce del continuo collasso del sistema sanitario nella Striscia di Gaza.

Blitz Polizia a Catanzaro, il giudice convalida il carcere per 18 persone

Due sono stati i fermi convalidati dai gip nell’ambito dell’inchiesta Secreta Collis che lunedì scorso ha portato gli agenti della Squadra mobile di Catanzaro a eseguire 20 misure cautelari nei confronti di presunti appartenenti a due associazioni criminali del capoluogo dedite al traffico di droga e alla detenzione di armi.

I gravi indizi di colpevolezza sono stati ritenuti sussistenti per tutti gli indagati tranne uno, il 31enne Vittorio Falvo, per il quale è stata ordinata la scarcerazione.

In 18 restano in carcere, per un’ordinanza del Gip, mentre per una donna, Loredana Ferraro, 33 anni, sono stati disposti i domiciliari.

Il gip ha ritenuto sussistente il pericolo di fuga riguardo agli elementi apicali delle associazioni, ovvero Domenico Rizza detto Enrico, di 67 anni, e Marco Riccelli (33).

Rizza è considerato capo, promotore e finanziatore delle associazioni, colui che mantiene i contatti con le cosche calabresi.

Riccelli, insieme a Vincenzo Rizza (39), è considerato braccio destro di Domenico Rizza.

Restano in carcere Domenico Rizza (67 anni), Vincenzo Rizza (39), Marco Riccelli (33), Enrico Emanuele Le Pera (29), Manuel Argirò (42), Massimo Longo (53), Raffaele Iiritano (53), Francesco Agostino (54), Vittorio Gentile (49), Sergio Rubino (46), Giuseppe Caroleo (51), Angelo Posca (53), Salvatore Tedesco (29), Giuseppe Caliò (23), Rosario Nuccio Caliò (38), Andrea Caracciolo (40), Giampaolo Tripodi (33), Lorenzo D’Elia (46).

Un altro bus elettrico fuori strada a Mestre: è lo stesso di quello della strage

Un altro autobus elettrico è uscito di strada a Mestre. Il fatto è accaduto intorno alle 16.30, mentre il mezzo stava percorrendo via Cappuccina, nelle vicinanze della stazione di Mestre, invadendo il marciapiede con la ruota anteriore e parte di quella posteriore. Nessuno degli occupanti è rimasto ferito, nemmeno le persone che attendevano alla fermata: per tutti, solo tanto spavento. Si tratta dello stesso modello della cinese Yutong, che il 3 ottobre scorso è precipitato dal cavalcavia di Mestre, causando la morte di 21 persone e il ferimento di altre 15. Il bus stava in quel momento coprendo una linea del trasporto locale effettuata dalla società “La Linea” per conto dell’azienda Actv, da Marghera al Palasport Taliercio.

Sempre nella città veneta dopo la strage di ottobre un altro bus elettrico era uscito fuori strada provocando una quindicina di feriti. Negli ultimi mesi sono decine i casi di bus che per guasti meccanici o a causa di malori dei conducenti finiscono fuori strada un po’ ovunque nel paese.

Summit in municipio a Mestre
Dopo questo nuovo incidente, per quanto senza conseguenze, è stato fissato per giovedì 18 gennaio, un vertice in Comune, riporta il Corriere del Veneto. “Da quanto riferito dai miei uffici – interviene l’assessore comunale alla Mobilità, Renato Boraso – l’autista del bus ha affermato che sembrerebbe si sia trattato di un blocco del sistema sterzante. Sono basito e preoccupato, perché è il terzo episodio simile che si verifica nei mezzi La Linea. Prima la strage con la caduta dal cavalcavia, poi lo schianto sul pilastro pochi giorno dopo, e ora una tragedia evitata. Sarebbero bastati pochi metri perché l’autobus investisse le persone ferme alla fermata.

La difesa dell’azienda
Sul posto è intervenuta la polizia locale, che accerterà le dinamiche dell’accaduto. Pochi giorni dopo la tragedia del cavalcavia, un altro bus elettrico utilizzato per le linee locali era uscito di strada sempre a Mestre, ma era emerso che l’incidente era legato a un malore dell’autista. Cerca di smorzare polemiche e preoccupazioni, invece, l’amministratore delegato dall’azienda.

“L’autista ha accostato alla fermata e probabilmente non riuscendo a tenersi a debita distanza dal marciapiede ci è salito sopra con una ruota anteriore e forse anche una posteriore – precisa Massimo Fiorese – Chi era alla guida è un conducente giovane, assunto da poco ma molto esperto. Ogni giorno in centro a Mestre percorriamo con i nostri veicoli oltre 10 mila chilometri e queste sono cose che succedono”.

Greco (Unimpresa Sanità): “290 milioni di euro per curare calabresi fuori regione”

“290 milioni di euro per curare i calabresi fuori dalla Calabria. E questo solo per il 2021. Una cifra mostruosa, irragionevole, ingiusta, incivile. È ora di mettere un freno a questi viaggi della speranza dei cittadini calabresi costretti poi a sborsare di tasca propria le spese di mantenimento quando una intera famiglia emigra per curarsi nel Nord del Paese”.
Così, in una nota, Giancarlo Greco, presidente nazionale di Unimpresa Sanità e presidente regionale di Unimpresa.

“Anche la strutture calabresi – continua Giancarlo Greco – hanno erogato sanità attiva per 36 milioni, cittadini di altre regioni che sono venuti a curarsi nelle migliori strutture private e pubbliche calabresi. Segno evidente che anche la sanità in Calabria, ove incentivata e non costipata dai tetti di spesa vincolati al piano di rientro, sa farsi valere. Sanità che è invece al centro delle politiche industriali delle Regioni del Nord cosicché si spiega la cifra di 290 milioni che la Regione Calabria paga per il 2021 per far curare i calabresi fuori regione. Spesso e volentieri anche per prestazioni che potrebbero essere benissimo erogate in Calabria. Per cui il paradosso è servito. La sanità del Nord accoglie a braccia aperte i calabresi in cura che molto spesso non possono ricevere assistenza in Calabria. Da un lato, con i tetti di spesa imposti dal piano di rientro, si è convinti di risparmiare ponendo un limite alle erogazioni in convenzione, dall’altro poi la Regione Calabria paga il doppio però alle Regioni del Nord per rimborsare le cure dei calabresi. Al netto delle spese di mantenimento. E la storia si ripete negli anni. Solo un caso?”.

“La migrazione sanitaria è una piaga oltreché una ingiustizia persino costituzionale – continua Giancarlo Greco -. Come Unimpresa siamo stati parte attiva con il governo per lo sblocco di 3 miliardi per l’abbattimento delle liste di attesa, anche questo un elemento che incentiva la migrazione. Liste di attesa che poi generano ingiustizia sociale dal momento che solo chi ha soldi e paga può ricorrere a cure immediate e totalmente private. Il punto è che mentre Unimpresa si siede con il ministro e discute di sanità del Paese in Calabria non è possibile farsi ricevere dalla struttura commissariale, sicuramente molto impegnata, ma tant’è.
Un caso anche questo?.

“Ad ogni buon conto sono “ferite” che lacerano la sanità e la salute dei calabresi che non si possono certo addebitare in toto alla stagione di governo regionale. Occhiuto è al vertice dalla fine del 2021 e del report Gimbe non può rispondere anche se dati in nostro possesso ci suggeriscono che non è andata per niente meglio nel saldo 2022 sulla migrazione sanitaria. Tutt’altro. Ci sentiamo tuttavia di rivolgere un accorato appello al commissario e presidente Occhiuto – conclude Giancarlo Greco -. Metta al centro delle sue politiche sanitarie la salute dei calabresi, dei cittadini calabresi. Tutti i cittadini calabresi. Abbiamo diritto ad una sanità sempre più di qualità e sempre più di prossimità. Coinvolga tutte le parti attive e in campo compresa la nostra sigla che raggruppa una fetta considerevole della sanità privata accreditata. Noi siamo per la sanità pubblica e alla portata di tutti. E siamo contro la sanità privata che viene usata da chi può spendere come scorciatoia, spesso incentivata proprio dallo stesso personale sanitario delle strutture pubbliche. Il privato accreditato fa parte, a tutti gli effetti, della sanità pubblica dal momento che in convenzione eroga prestazioni all’interno del sistema sanitario nazionale a costo zero per i cittadini. Non vi è alternativa alla sanità pubblica e per tutti. La lotta all’ingiustizia sociale generata dalle liste d’attesa e il grande affare della sanità del Nord devono essere al centro della politica industriale sanitaria calabrese”.

Sono passati 30 anni dall’uccisione in autostrada dei due carabinieri Fava e Garofalo

Si è tenuta, nella giornata di ieri, la Commemorazione dell’attentato del 18 gennaio 1994, quando lungo uno dei viadotti fra gli svincoli di Bagnara e Scilla dell’allora “A3 Salerno-Reggio Calabria” oggi A2 “Autostrada del Mediterraneo”; da un’autovettura furono esplosi numerosi colpi di arma da fuoco che uccisero l’Appuntato Scelto Antonino Fava e l’Appuntato Vincenzo Garofalo dei Carabinieri della Compagnia di Palmi.

Dal 2014, anche quest’anno, in coincidenza del trentennale dell’assassinio, nella piazzola di sosta oggetto di un recente intervento di restyling, sì è svolta la cerimonia con la Benedizione della Stele da parte dell’Ordinario Militare dei Carabinieri, Don Aldo Ripepi, e la deposizione di una corona d’alloro alla base della Stele.

All’evento erano presenti oltre ai familiari delle due vittime, il Comandante Provinciale Generale Cesario Totaro, il Comandante della Scuola Allievi Carabinieri di Reggio Calabria (proprio intitolata ai due Carabinieri Fava e Garofalo) Col. Vittorio Carrara, una rappresentanza di Carabinieri del Comando Provinciale e di Palmi (dove i due Carabinieri prestavano Servizio), S.E. il Prefetto, il Questore, il Procuratore della Repubblica di Reggio ed altre Autorità della Magistratura e delle altre Forze dell’Ordine. Per Anas erano presenti gli ingegneri Nicola Tomasello e Daniele Benito Callà oltre ai geometri Vincenzo Barillà e Paolo Giannetto, che ha portato il saluto del Presidente di Anas, Edoardo Valente.

Nel 2011 i vertici dell’Arma richiesero ad Anas di individuare un’area che non interferisse con la viabilità della nuova tratta autostradale e nella quale poter svolgere ogni futura commemorazione nonché per ricordare, soprattutto alle giovani generazioni, il luminoso esempio offerto dai due Carabinieri.

Anas, per questo motivo ha realizzato, all’interno dell’area di sosta al km 421,850 della Sede Sud dell’attuale Autostrada “A2 del Mediterraneo”, la Stele poi inaugurata in coincidenza del 20° anniversario dell’attentato, a ricordo dei due Militari insigniti della Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla Memoria” la cui motivazione è trascritta sulla targa posta a lato del cippo commemorativo.

Regionali, la Lega cede sulla Sardegna. FI vuole Bardi in Basilicata. E’ scontro sui mandati

Sulle elezioni regionali si chiude il braccio di ferro sulla Sardegna e subito nel centrodestra si apre quello sulla Basilicata. Sull’isola il Carroccio è pronto a fare a meno di Solinas, l’attuale governatore qualche giorno fa coinvolto in una inchiesta per corruzione.

Manca ancora l’ufficialità ma la Lega ha sostanzialmente ceduto alle insistenze di Fratelli d’Italia per candidare in Sardegna Paolo Truzzu, ora rivendica un “credito” e chiama Forza Italia a uno “sforzo” equivalente, ossia la rinuncia a puntare ancora sul governatore lucano Vito Bardi. Soluzione che però gli azzurri hanno immediatamente bloccato, convinti tra l’altro che la strategia di Matteo Salvini sia quella di difendere il bis di Donatella Tesei in Umbria e, soprattutto, arrivare a ottenere il via libera al terzo mandato per i presidenti di Regione, che consentirebbe a Luca Zaia di correre ancora in Veneto per altri cinque anni.

Anche su questo fronte, però, la maggioranza non è affatto allineata. Due mandati vanno bene, si ragiona fra gli azzurri, e non si può discutere su una modifica simile solo perché sarebbe utile a un governatore. Dietro le quinte il confronto sul tema prosegue ma dentro FdI il muro ancora non cade. E non è casuale che sia in standby anche la norma per consentire tre mandati di fila ai sindaci di piccoli comuni con 5-15mila abitanti: non dovrebbe rientrare nel decreto legge sull’election day atteso nel prossimo Consiglio dei ministri, dopo che l’esame è slittato nella riunione di martedì sera.

In questa situazione di tensioni costanti nel centrodestra, Meloni da una parte punta a riequilibrare i rapporti di forza nelle regioni, facendo valere il peso di primo partito della coalizione, e dall’altra deve mediare fra gli alleati. Il nodo Sardegna dovrebbe essere sciolto definitivamente a ore, nella maggioranza nessuno vede più spiragli per Christian Solinas, fin qui sostenuto con insistenza dalla Lega. L’accordo di massima sarebbe stato chiuso in un giro di telefonate “bilaterali” della premier con Tajani e Salvini. I discorsi inevitabilmente avrebbero toccato anche le altre poltrone in gioco, per cui però c’è più tempo visto che in Basilicata e Umbria si vota più avanti. La più urgente svolta sulla Sardegna (settimana prossima si chiudono le candidature, in vista del voto del 25 febbraio) era ormai attesa da giorni.

Ora è davvero imminente, alla vigilia del consiglio nazionale del Partito sardo d’Azione di Solinas. Lo si è capito quando ieri in tarda mattinata ha parlato Salvini: “L’unità del centrodestra, della coalizione che hanno votato gli italiani, viene prima di logiche di partito o personali”, ha detto il vicepremier, glissando sugli ultimi sviluppi dell’inchiesta su Solinas: “Se la politica va al tempo che una certa magistratura vorrebbe, uno smette di far politica”.

“Credo che alla fine, vista anche l’insistenza di FdI, il candidato sarà Truzzu”, ha spiegato poco dopo il vicesegretario della Lega, Andrea Crippa, senza nascondere l’ambizione del suo partito: “Se vale la regola che contano le percentuali, in questo momento la Lega è chiaramente in credito”. L’obiettivo dichiarato è la Basilicata. “La Lega – ha aggiunto – in Sardegna ha fatto uno sforzo perché il centrodestra andasse unito ed è uno sforzo per noi importante, perché continuiamo a credere che la squadra di Solinas abbia governato bene. Ora un altro partito dovrebbe fare lo stesso sforzo”.

Decisamente aspra la replica di Forza Italia, dove non si manca di notare che quella di Solinas era una strada non percorribile, non per l’inchiesta per corruzione già nota da un anno, ma perché era ultimo per gradimento fra i governatori italiani. Un passo indietro del governatore uscente Vito Bardi “non esiste. La cosa non è proprio in discussione. Lo ha detto anche Tajani”, ha chiarito il capogruppo azzurro alla Camera Paolo Barelli. Ci sarà tempo per discutere, in Basilicata le elezioni non dovrebbero essere prima di aprile. Resta l’ipotesi che Meloni, per risolvere lo stallo, indichi un candidato civico vicino a FdI.

Cetraro, ignoti rubano 11 telecamere di videosorveglianza, indagini

telecamere di videosorveglianza

Persone non identificate hanno rubato a Cetraro 11 telecamere del sistema di videosorveglianza collocate nell’area del centro storico. I furti sono stati commessi nella tarda serata di ieri.

“Interpreto quanto è accaduto – ha affermato il sindaco della cittadina tirrenica, Ermanno Cennamo – come un’azione dimostrativa per dire in modo chiaro: “facciamo quello che ci pare, qui comandiamo noi e non abbiamo paura di nulla”.

Sul furto hanno avviato indagini carabinieri, che hanno acquisito le registrazioni delle telecamere ed avviato accertamenti finalizzati all’identificazione dei responsabili”, dicendosi, in questo senso, “fiducioso”.

“Nel corso dell’ultimo anno – ha detto ancora il sindaco Cennamo – a Cetraro sono accaduti fatti gravissimi, culminati con l’omicidio di Alessandro Cataldo nello scorso mese di novembre. Erano 38 anni che non si uccideva in paese, per strada. Servirebbe una maggiore presenza dello Stato ma continuo a confidare nelle forze dell’ordine, anche se c’é da dire che lavorano affrontando una situazione di grave carenza di uomini e mezzi”.

Aggredisce sanitari all’ospedale di Vibo, arrestato

ospedale vibo

E’ stato convalidato dal Gip di Vibo Valentia l’arresto eseguito dalla Polizia nei confronti del soggetto che, il 15 gennaio scorso, aveva aggredito del personale sanitario in servizio all’Ospedale di Vibo Valentia.

Si tratta di Michele Lo Bianco, alias “Sotizzo”, ritenuto appartenente all’omonima famiglia di ‘ndrangheta e condannato in “Rinascita-Scott” a 5 anni di reclusione per concorso in estorsione alla ditta impegnata nei lavori di completamento del nuovo Tribunale di Vibo.

Il personale della Squadra Volante della Questura era intervenuto nel reparto di ortopedia dell’ospedale dopo la segnalazione di un’aggressione nei confronti di personale sanitario.

Le indagini hanno subito consentito di individuare e rintracciare un soggetto che poco prima, con prepotenza, aveva tentato di far accesso all’ambulatorio pretendendo che venisse visitato un paziente indicato da lui senza il rispetto dei turni previsto.

Al rifiuto dei sanitari, l’uomo ha quindi colpito con uno schiaffo al volto un infermiere per poi minacciarlo.

Sulla scorta di quanto emerso dalle indagini, svolte sotto il coordinamento della Procura di Vibo Valentia, l’uomo, assistito dall’avvocato Stefano Luciano, è stato arrestato. Dopo la convalida è stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari. (Ansa)

Rapinarono noto negozio di abbigliamento a Rende, presi

I carabinieri della Compagnia di Rende hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di due persone originarie di Cosenza, rispettivamente di 54 e 41 anni, indagati per rapina aggravata in concorso.

Erano circa le 9 di mattina del 24 aprile 2023 allorquando una chiamata al 112 allertava i Carabinieri che due soggetti con il volto travisato ed armati di pistola, avevano appena perpetrato una rapina in danno di una nota catena di negozi di abbigliamento di Rende, impossessandosi dell’incasso del weekend per un ammontare di oltre 41mila euro.

Una condotta pianificata per tempo e posta in essere, con evidente spregiudicatezza, in pieno giorno e per giunta in una zona caratterizzata da sostenuto transito veicolare e pedonale.

Immediate le attività investigative intraprese dai militari della Compagnia di Rende, le cui risultanze hanno consentito di ricostruire con esattezza e precisione le varie fasi della rapina, permettendo di inserire le varie tessere nella giusta collocazione, così da identificare i presunti autori sottoposti uno, agli arresti domiciliari, l’altro alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

I Carabinieri hanno dunque raccolto molteplici e convergenti emergenze fattuali a carico degli indagati, mettendo a sistema le immagini di video sorveglianza dell’attività commerciale ove si è consumata la rapina e quelle minuziosamente individuate lungo il tragitto di arrivo e di fuga; testimonianze di persone che hanno assistito alla rapina; l’abbigliamento indossato e rinvenuto nelle rispettive abitazioni, ed infine la confessione di uno degli autori che ricalca la ricostruzione operata dalla articolata attività investigativa.

Ustica, spunta un documento inedito che “correla” la strage del DC9 con Bologna

Un documento inedito potrebbe aiutare a fare chiarezza su due stragi che hanno sconvolto la storia d’Italia: quella di Bologna del 2 agosto 1980 e quella di Ustica del 27 giugno dello stesso anno. Nella prima persero la vita 85 persone, nella seconda 81 innocenti. Tra le recentemente desecretate, in seguito alla direttiva Renzi, e versate ad ottobre scorso all’Archivio di Stato, è spuntato un film che potrebbe fornire nuovi particolari: parliamo degli appunti di Lelio Lagorio, all’epoca ministro della Difesa nel governo Cossiga II, relativi alla riunione congiunta del Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza (Ciis) e del Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza (Cesis) che, presieduta dall’allora presidente del consiglio Francesco Cossiga, si svolse a Palazzo Chigi il 5 agosto del 1980, tre giorni dopo la bomba alla stazione bolognese.

Gli appunti dell’allora ministro Lagorio contengono un riassunto dei vari interventi e potrebbero rivelare dettagli finora sconosciuti, nonché elementi al vaglio dei massimi livelli di governo dell’epoca. Un importante passo in avanti rispetto al semplice resoconto finale disponibile fino ad oggi. Entrando nel dettaglio del documento inedito, i presenti sono intervenuti a turno per fare il punto sugli accertamenti e sulle ipotesi investigative sulle stragi. Il terrorismo di destra come pista principale sia per il capo della Polizia prefetto Giovanni Rinaldo Coronas, sia per il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Umberto Cappuzzo. Coronas e Cossiga hanno posto l’accento sul fatto che le stesse “modalità di esecuzione della strage riconducono alla destra eversiva”.

Da quanto si evince dal documento, i presenti hanno preso in considerazione il possibile ruolo dei Nar, anche se il Sisde ha avanzato dei dubbi su tale matrice per Bologna “in quanto questa organizzazione a differenza di altri gruppi della destra eversiva ha mutuato i modi di agire tipici delle Br, realizzando in genere attentati contro obiettivi selezionati”. Di tutt’altro avviso l’allora ministro dell’Industria Antonio Bisaglia, con l’ipotesi di un “collegamento tra l’attentato di Bologna e l’incidente, accaduto alla fine dello scorso giugno, a un Dc9 dell’Itavia in viaggio da Bologna a Palermo”, ossia la strage di Ustica, incidente che secondo i primi accertamenti “potrebbe essere dovuto a una collisione in volo oppure ad una forte esplosione”.

Il collegamento tra le due stragi è stato poi al centro, nel 1995, delle indagini condotte dal giudice Rosario Priore, che sentì proprio i partecipanti a quel vertice per chiedere conto di quanto ipotizzato da Bisaglia.

La maggior parte delle autorità ascoltate dal magistrato, tra le quali lo stesso ministro della Difesa dell’epoca Lelio Lagorio, ha affermato di non ricordare che si è tenuto il vertice del Ciis indetto dopo la strage di Bologna e soprattutto di non rimembrare l’ipotesi di Bisaglia. Pista poi ripresa e sollevata anni dopo in Commissione Stragi dal senatore Giuseppe Zamberletti, nella X legislatura, e dal deputato Vincenzo Fragalà, nella XIII legislatura. Ora i nuovi documenti potrebbero fare emergere dettagli fino ad oggi sconosciuti.

Ricordiamo che per la strage di Bologna sono stati condannati gli ex Nar Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini in via definitiva, Gilberto Cavallini in primo grado e in appello e Paolo Bellini in primo grado come esecutori materiali, mentre la strage di Ustica è rimasta senza una sentenza penale.

Ministro russo Lavrov: “Israele non può fare ciò che vuole a causa della Shoah”

Gli israeliani “non possono pensare che a causa di quello che hanno subito nella Seconda guerra mondiale ora possono fare tutto quello che vogliono”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in una conferenza stampa a Mosca parlando dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza.

“Anche il popolo russo ha sofferto enormemente” durante il secondo conflitto mondiale, ha aggiunto Lavrov. Il ministro degli Esteri russo ha ribadito la condanna degli attacchi di Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre e il sequestro di israeliani, definendoli “assolutamente orrendi”.

“Noi non usiamo doppi standard, a differenza dell’Occidente”, ha affermato ancora Lavrov, accusando i Paesi occidentali di servirsi di cellule jihadiste per i loro interessi, in particolare dell’Isis in Siria.

Sette anni fa l’immane tragedia dell’Hotel Rigopiano: le vittime furono 29

Sono passati sette anni dalla tragedia dell’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara): era il 18 gennaio 2017 quando, alle 16.49, una valanga travolse e distrusse il lussuoso resort alle pendici del versante pescarese del Gran Sasso, provocando la morte di 29 persone.

Come accade ormai da sei anni, oggi per l’Abruzzo è un giorno di dolore e di ricordi. Il 18 gennaio 2017 la regione era in piena emergenza maltempo: la neve superava anche i due metri, mentre migliaia di cittadini, su tutto il territorio, erano senza energia elettrica.

A partire dalla mattina si registrarono quattro scosse di terremoto di magnitudo superiore a 5, con epicentro in provincia dell’Aquila. Gli ospiti dell’hotel erano spaventati e volevano andare via, ma la neve non consentì loro di ripartire.

Ci furono diverse richieste di aiuto e soccorso, tra cui quelle di alcune delle vittime. Richieste che, però, non trovarono risposta. Nel pomeriggio, poi, la tragedia, quando il resort fu travolto da quell’inferno di ghiaccio e detriti pesante 120 mila tonnellate.

Oggi i parenti delle vittime si riuniscono e si incontrano a Rigopiano per ricordare i propri cari. Alle 15 è prevista una fiaccolata davanti all’obelisco dell’hotel, seguita dalla deposizione di fiori, da una messa e dalla lettura dei nomi dei “29 angeli”. Alle 16.49, un coro intonerà “Signore delle cime”, poi verranno liberati in cielo 29 palloncini bianchi.

Commemorazioni sono previste anche a Chieti e a Montesilvano (Pescara). I parenti delle vittime pretendono ancora che sia fatta giustizia. Il processo di primo grado, a febbraio 2023, si era concluso, con rito abbreviato, con 25 assoluzioni e cinque condanne.

Condannati il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, a 2 anni e 8 mesi di reclusione, il dirigente del settore viabilità della Provincia di Pescara e il responsabile del servizio viabilità dell’ente, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (3 anni e 4 mesi di reclusione), l’ex gestore dell’albergo, Bruno Di Tommaso, e Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica per l’intervento sulle tettoie e verande dell’hotel (sei mesi di reclusione ciascuno). E’ in corso da dicembre il processo d’appello all’Aquila: la sentenza è prevista per il prossimo 9 febbraio.

“A sette anni dalla indimenticata tragedia di Rigopiano rinnoviamo la nostra vicinanza ai parenti delle 29 vittime e all’intera comunità abruzzese e ci uniamo alla loro richiesta di giustizia”. Lo dice il Presidente del Senato Ignazio La Russa, nell’anniversario dal disastro di Rigopiano.

Maxi-sequestro di auto rubate in Canada nel Porto di Gioia Tauro

Il personale della Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato di Polizia di Gioia Tauro, con l’ausilio dell’Interpol, del Servizio Cooperazione Internazionale di Polizia, del Servizio Polizia Stradale, della Squadra di Polizia Giudiziaria del Compartimento Polizia Stradale di Catanzaro, della Sottosezione Autostradale di Palmi, dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Gioia Tauro e del Gruppo della Guardia di Finanza di Gioia Tauro, in collaborazione con personale della “Royal Canadian Mounted Police” presso l’Ambasciata del Canada in Italia, ha condotto un’importante e complessa attività info-investigativa relativa alle merci in transito presso lo scalo portuale di Gioia Tauro, che ha portato al sequestro di 251 autovetture e della somma di 7.650 dollari canadesi.

A partire dal mese di settembre dello scorso anno, all’interno del Porto di Gioia Tauro, sono stati sottoposti ad accurati controlli alcuni containers provenienti dai porti canadesi di Toronto, Montreal e Vancouver e destinati a raggiungere gli scali portuali di All Khoms (Libia), Casablanca (Marocco), Mersin (Turchia) e Jebel Ali (Emirati Arabi Uniti).

Nel corso dell’attività di polizia giudiziaria, svolta con una scrupolosa analisi dei documenti commerciali di transito e trasporto, la verifica di regolarità doganale delle dichiarazioni di ingresso ed i relativi riscontri info-investigativi, sono stati sottoposti a blocco ed ispezione un totale di 483 containers, imbarcati su 18 distinte navi cargo.

Le attività, svolte sotto il coordinamento dalla Procura della Repubblica di Palmi, hanno consentito al personale operante di sequestrare 251 veicoli di grossa cilindrata, seminuovi, di cui alcuni con i dati identificativi contraffatti quasi alla perfezione, appartenenti a note e prestigiose marche automobilistiche ad elevata quotazione commerciale, per un valore complessivo di circa 22 milioni di euro, oggetto di molteplici furti avvenuti nel territorio canadese.

Contestualmente, sono stati sequestrati 7.650,00 dollari canadesi, suddivisi in banconote autentiche di vario taglio, rinvenuti all’interno di un veicolo trafugato sul territorio canadese.

Dirigente medico in “esclusiva” per l’Asp, lavorava anche per strutture private: denunciato

La sede centrale dell’Asp di Cosenza

Un medico geriatra dell’Asp di Cosenza, ora in pensione, è stato denunciato per truffa e falso ideologico nell’ambito di una indagine condotta dalla Guardia di finanza e coordinata dalla Procura della Repubblica. Il provvedimento è stato emesso dal giudice del tribunale bruzio che ha disposto anche il sequestro di oltre centomila euro.

Secondo l’accusa, il medico, sarebbe stato in palese condizione di incompatibilità presso quattro strutture socio-sanitarie private accreditate con il S.S.N.. Le attività, coordinate dalla Procura della Repubblica di Cosenza e condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, si sono concentrate sull’accertamento dello svolgimento da parte del medico di attività lavorativa, ulteriore rispetto a quella di dirigente presso l’ASP di Cosenza, per quattro strutture socio-sanitarie private, in violazione del vincolo di “esclusività” che lo legava all’Azienda di appartenenza e che comportava anche l’erogazione in busta paga dell’apposita indennità.

Le indagini hanno permesso di accertare che effettivamente il dipendente pubblico ha esercitato per anni la professione di medico geriatra presso le predette strutture accreditate con il S.S.N. nonostante questo non fosse possibile visto l’incarico ricoperto presso l’ASP.

La gravità del contesto – spiega una nota – è stata oltremodo accentuata proprio dal ruolo rivestito dall’indagato, il quale nel “Pubblico” aveva proprio il compito di vigilare sulle strutture presso cui lavorava “abusivamente”, operando in un’evidente condizione di conflitto d’interessi. Per mascherare questo rapporto di lavoro “malsano”, sia i responsabili delle strutture sanitarie che il dirigente hanno, nel tempo, falsificato la documentazione utile al mantenimento dell’accreditamento al S.S.N., inducendo quindi in errore i vertici dell’Azienda Sanitaria e della Regione Calabria.

I molteplici reati contestati spaziano dalla truffa al falso ideologico per il dipendente pubblico che ha nel tempo attestato falsamente di non svolgere attività extraprofessionale e contestualmente ha percepito oltre 100.000 euro a titolo di “indennità di esclusività”, legata proprio al vincolo di lavoro con l’ASP di Cosenza, cifra per la quale è stato richiesto dalla Procura della Repubblica un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente. Il GIP presso il Tribunale di Cosenza, aderendo a quanto richiesto dalla locale Procura, ha emesso un decreto di sequestro preventivo la cui esecuzione ha portato all’apprensione di disponibilità liquide e immobili riconducibili all’indagato.

Le Fiamme Gialle, hanno provveduto altresì a segnalare i fatti riscontrati alla Regione Calabria ed a notificare i verbali di contestazione amministrativa per violazione di quanto disposto dal “Testo Unico sul Pubblico Impiego” nei confronti delle 4 società che gestivano le strutture sanitarie ove era stato indebitamente assunto il dirigente pubblico ed ora rischiano di pagare una sanzione tra i 3.000 ed i 60.000 euro.

Scoperto nel milanese magazzino con 570 kg di hashish, coinvolto un calabrese

Gli agenti della Squadra mobile della Questura di Milano hanno sequestrato 570 chili di hashish in un box ad Assago (Milano), 30 grammi di cocaina, 50 proiettili, telefoni criptati e delle maschere di gomma nell’eseguire un’ordinanza cautelare in carcere per narcotraffico, chiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, a carico di due italiani, pregiudicati, di 32 e 66 anni.

Le indagini erano cominciate nel febbraio del 2023 quando i poliziotti della Squadra Mobile di Milano erano giunti all’identificazione di un 66enne, originario della Puglia, con precedenti per riciclaggio, sequestro di persona, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e associazione a delinquere di stampo mafioso.

Con servizi di osservazione, visione di telecamere ed intercettazioni telefoniche e ambientali, erano emersi almeno sette episodi tra febbraio e marzo del 2023 in cui l’uomo aveva operato consegne di cocaina, nascondendola sotto il tappetino dell’auto: in una di queste consegne, i poliziotti della Mobile, avevano controllato il destinatario del pacco trovandolo in possesso di due panetti di cocaina per 2,2 chili.

Monitorando tutte le consegne, gli agenti dell’Unità Specializzata Antidroga sono riusciti ad accertare come, in almeno in un’occasione, il pregiudicato pugliese si fosse approvvigionato da un 32enne italiano originario di Locri (Reggio Calabria), con precedenti per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. In occasione dell’esecuzione della misura cautelare sono appunto stati trovati oltre 570 kg di hashish e il resto del materiale.

Il presidente della Regione Sardegna Solinas è indagato per corruzione

Il governatore della Sardegna, Christian Solinas (centrodestra-Lega), è indagato per corruzione. Lo riportano i media. E’ stato disposto il sequestro di beni per lui e altri sei indagati. La tegola giudiziaria arriva a pochi giorni dalla presentazione delle liste per le elezioni regionali.

Gli sviluppi investigativi scaturiscono dalle inchieste della Procura di Cagliari sulla compravendita di una proprietà del presidente della regione e sulla nomina di Roberto Raimondi alla direzione generale dell’autorità di gestione del programma Eni-Cbc bacino del Mediterraneo.

La Guardia di finanza sta eseguendo un sequestro cautelare di beni e immobili per un valore di circa 350 mila euro nei confronti del presidente Solinas e di altri sei indagati per corruzione. Il provvedimento, chiesto dal pm Giangiacomo Pilia, è stato firmato dal gip Luca Melis.

Nel primo filone con il governatore sono indagati l’imprenditore Roberto Zedda e il consigliere regionale Nanni Lancioni (Psd’Az). L’indagine riguarda, secondo quanto si apprende, la compravendita da parte di Zedda di una proprietà di Solinas a Capoterra e poi il successivo acquisto di una casa da parte del presidente della Regione vicino al Poetto di Cagliari. Per gli inquirenti, Zedda avrebbe ottenuto in cambio una fornitura di termoscanner e la prosecuzione della fornitura di software e hardware nell’ambito del project financing di Nuoro.

Il secondo filone riguarda presunte pressioni per la nomina di Raimondi al vertice dell’Enpi e, secondo l’ipotesi della Procura, legata alla promessa di una laurea ad honorem di un’università albanese. Sono sotto accusa anche il consulente di Solinas, Christian Stevelli, il rettore dell’università di Tirana Arben Gjata e il direttore generale della E-Campus Algonso Lovito.

Il governatore: “Tempismo perfetto”
“Questa indagine ha due elementi di sicuro rilievo: il primo è il tempismo, viene fatto a quattro giorni dalla presentazione delle liste e mentre si decide il candidato presidente unitario del centrodestra, l’altro è che, essendo in fase di indagine, stiamo parlando di atti che dovrebbero essere coperti da segreto istruttorio”.

Lo ha dichiarato il presidente della Regione Christian Solinas in esclusiva ai microfoni del TG1 in merito agli sviluppi nelle inchieste della Procura di Cagliari sulla compravendita di una sua proprietà. “Atti – prosegue Solinas – che invece sono in possesso di tutti i media, i giornali e le televisioni e circolano liberamente.

“In un paese democratico, in uno Stato di diritto queste cose non dovrebbero accadere”, afferma il presidente. “Le subiamo per l’ennesima volta e siamo davanti, per tutto il resto, a un teorema indimostrato e indimostrabile costruito pervicacemente dalla polizia giudiziaria”. “Ma appena avremo l’opportunità di rappresentare i fatti nella loro verità – conclude Solinas al TG1 – si dimostrerà che non è stato fatto niente che non fosse più che lecito nella condotta del presidente della regione Sardegna”.

“Si vota il 25 febbraio e con tempismo perfetto, spuntano guai giudiziari per Solinas. Solidarietà al governatore e buon lavoro ai magistrati che dovranno affrontare settimane molto intense”.
Così il vicesegretario della Lega Andrea Crippa.

Scoperta nel cosentino centrale della droga con 580 chili di stupefacente. Arresti

Una vera e propria centrale della droga, allestita in un capannone industriale nell’area Pip di Castrovillari, è stata scoperta dalla Polizia che ha fermato cinque persone – tre a Castrovillari e due a Salerno – di nazionalità cinese.

L’operazione è stata portata a termine, con il coordinamento della Dda di Catanzaro in sinergia con la Procura di Castrovillari diretta da Alessandro D’Alessio, nella giornata di ieri e coperta dal più stretto riserbo.

Altri arresti erano stati eseguiti nelle scorse settimane in Olanda, dove la droga veniva commercializzata, su impulso del procuratore Vincenzo Capomolla e del pm distrettuale Stefania Paparazzo.

Nel capannone scoperto ieri, secondo quanto si è appreso, i poliziotti hanno sequestrato 580 chili di sostanza stupefacente pronta ad essere immessa sul mercato territoriale ed extra nazionale.

Il tutto è partito quando gli uomini del Commissariato di Polizia di Corigliano Rossano, diretti da Giuseppe Zanfini, e quelli della squadra mobile di Cosenza, guidati da Gabriele Presti, nel luglio scorso avevano fatto irruzione in un capannone a Santa Sofia d’Epiro sequestrando altri 250 chili di marijuana coltivata e prodotta con avanzati sistemi di gestione.

Nel corso dell’operazione sarebbe stato scoperto anche un appartamento in una zona centrale di Castrovillari dove si confezionava e si gestiva l’immissione dello stupefacente sul mercato regionale ed extra regionale. Li sarebbero stati sequestrati droga già pronta per essere immessa sul mercato e un ingente quantitativo di denaro.

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