8 Ottobre 2024

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Senza patente e ubriaco sperona un’auto della Polizia. Inseguito e preso

La squadra volanti della Questura di Crotone, supportata dai Carabinieri, ha arrestato un giovane di 19 anni, abitante a Cerenzia, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali e danneggiamento.

Verso le 2 di notte, l’equipaggio di una volante, nel corso dell’ordinario servizio di controllo del territorio, transitando in via Mario Nicoletta, ha notato una autovettura giungere in contromano e a forte velocità, per poi immettersi in via Claudio Crea. Alla vista della pattuglia, il conducente dell’auto, senza un giustificato motivo, ha accelerato e si è dato alla fuga.

Ne è scaturito un lungo e pericoloso inseguimento lungo la statale 106, con manovre azzardate, anche in controsenso, da parte del fuggitivo; dopo aver speronato l’autovettura della Polizia nei pressi dello svincolo di Cerenzia, sulla statale 107, il giovane ha abbandonato l’auto e, appiedato, ha raggiunto la sua abitazione per trovarvi rifugio.

Ma gli agenti lo hanno individuato e tratto in arresto, e posto a disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone. Dai successivi accertamenti è emerso come il giovane fosse privo di patente di guida, in quanto mai conseguita, nonché in stato di ebbrezza alcolica.

Ex pastore assolto Zuncheddu: “Desideravo una famiglia, ero giovane. Mi hanno rubato tutto”

“Mi sentivo come un uccellino in gabbia senza la possibilità di poter fare niente”, così Beniamino Zuncheddu in un conferenza stampa convocata dai radicali il giorno dopo la sua assoluzione in corte d’Appello. “Neppure oggi ho capito perché lo hanno fatto. Sono errori che fanno i giudici”.

“In carcere mi dicevano sempre se ti ravvedi ti diamo la libertà. Ma di cosa mi devo ravvedere se non ho fatto niente. Perché non ho accettato? Perché non ho fatto niente”, ha aggiunto l’ex pastore sardo accusato di essere l’autore della strage del Sinnai e che, dopo 33 anni di carcere, al termine del processo di revisione, è stato assolto per non aver commesso il fatto.

“Non provo rabbia. Ho sempre sognato arrivasse questo momento, dal primo giorno. Mi sento di dover dire grazie al partito radicale, a chi mi sta intorno, ai miei familiari, al mio paese”.

“Il momento più brutto è stato quando mi hanno arrestato e il più bello quando mi hanno liberato. Non so dire come immagino la mia vita ora”, ha proseguito Zuncheddu.

“Desideravo avere una famiglia, costruire qualcosa, essere un libero cittadino come tutti. Trent’anni fa ero giovane, oggi sono vecchio. Mi hanno rubato tutto. Adesso mi riposerò, almeno mentalmente”.

“Quando ero in carcere la fede teneva alta la mia speranza. Essere libero è una cosa inspiegabile”, ha sottolineato Zuncheddu. “Non provo rabbia perché sono vittime anche le persone che mi hanno accusato, non è colpa loro. Ma del poliziotto che fa parte della giustizia, dell’ingiustizia”.

I familiari: “Ricominceremo a vivere”
“Ora ci riposeremo perché siamo stressati e ricominceremo a vivere. In tutti questi 33 anni non c’è stato un minuto che non sia stato brutto. È stata la fine di un incubo”. A dirlo a margine della conferenza stampa nella sede del partito radicale è Augusta Zuncheddu, sorella di Beniamino, l’ex pastore sardo accusato di essere l’autore della strage del Sinnai e che, dopo 33 anni di carcere, è stato assolto per non aver commesso il fatto.

Radicali: “Il risarcimento non può attendere”
“La magistratura è vero, ieri ha assolto Beniamino Zuncheddu, ma dove era 30 anni fa? Cosa pensava?”. Così Irene Testa, garante regionale della Sardegna e tesoriera del Partito Radicale, nel corso della conferenza stampa nella sede del partito radicale. “Oggi in una giornata così importante dove siamo felici ma anche amareggiati per quanto accaduto, dico: chi restituirà a Beniamino questi 33 anni? E soprattutto quando arriverà il risarcimento per quello che ha dovuto patire? Credo che non possa attendere, Beniamino ha già atteso troppo, quindi su questo credo che si debba insistere affinché avvenga in tempi rapidi”.

E, inoltre, “in questa giornata di apertura dell’Anno giudiziario sarebbe bello che qualcuno chiedesse scusa a Beniamino Zuncheddu”. Secondo Testa, questa vicenda deve servire da “monito per capire quanto è importante che la giustizia italiana rifletta e contribuisca alla riforma che è ormai urgente e necessaria, affinché non ci siano mai più Beniamino Zuncheddu nel nostro Paese”.

Il sindaco: “A Burcei campane a festa”
“Se Beniamino (Zuncheddu, ndr) era la stella che tra le nubi non brillava quanto avrebbe dovuto in passato”, ora si “è creata una costellazione, un allineamento di più forze. Le campane sono suonate a festa, fa capire il Paese che diventa una famiglia”. Uno si sostituisce all’altro e tutti sono importanti. La Storia di Beniamino, oltre agli aspetti tecnici, ci insegna la capacità di sostituirsi alle persone”. Così il sindaco di Burcei, Simone Monni.

Tennis, agli Australian Open Jannik Sinner rimonta e batte Medvedev. Vinto lo storico Slam

Il tennista italiano Jannik Sinner rimonta e trionfa agli Australian Open battendo 3-2 Danil Medvedev e vince il primo Slam della carriera, a 48 anni dal successo di Adriano Panatta al Roland Garros.

Il tennista altoatesino, numero 4 della classifica Atp e del tabellone, conquista il primo titolo Major dopo una stagione strepitosa, due Master 1000 in bacheca e soprattutto la Coppa Davis vinta a dicembre a Malaga.

Il primo set va al russo che riesce ad avere la meglio per 6-3, a strappare al terzo gioco il servizio all’italiano che complessivamente soffre il gioco dell’avversario. Nel secondo set Medvedev fa ancora meglio e si porta sul 5-1, ma Sinner vende cara la pelle: sfruttando anche gli errori del russo prova la rimonta fino al 5-3, ma Medvedev fa sua anche la seconda frazione al secondo set-point su una risposta lunga di diritto di Jannik che, in precedenza, aveva mancato l’opportunità di riprendersi anche il secondo break.

Nel terzo set c’è maggiore equilibrio con i due tennisti autoritari nei rispettivi game di servizio (1-1, 2-2, 3-3, 4-4), ma alla fine è Sinner ad avere la meglio approfittando del calo di Medvedev che commette 4 errori di dritto. Nel quarto Medvedev annulla una palla-break nel secondo gioco (1-1).

Al cambio campo sul 2-1 per l’azzurro, entra in campo il fisioterapista per il russo (vesciche al piede destro). Con uno dei tre ace scagliati nel settimo game Sinner annulla una palla-break e sale sul 4-3, poi chiude i conti sul 6-4. Nel quinto e decisivo set un Sinner perfetto tiene a bada l’avversario, allunga e chiude con un definitivo 6-3.

Nella classifica Atp di domani Sinner resterà stabile al quarto posto, con Adriano Panatta miglior azzurro di sempre, ma si avvicinerà molto al podio mondiale, occupato nell’ordine da Djokovic, da Carlos Alcaraz e da Medvedev, che resterà numero 3.

Serie B, il Cosenza vince 0-1 a Bolzano contro il Sudtirol

Il Cosenza bissa la vittoria sul Venezia e sbanca il Druso di Bolzano. Il gol di Fabrotta decide la gara, mandando al tappeto un Südtirol che ha fatto veramente poco per spaventare il lupo della Sila.

Al 25′ Florenzi gira la palla di testa centralmente, Poluzzi argina con un pizzico di difficoltà. Il Südtirol è volitivo, ma rinchiuso in un’idea che non riesce ad esprimere. Al 3′ della ripresa un contrasto in area tra Kofler e Mazzocchi richiede l’intervento del Var, per decifrare il tocco di mano che per l’arbitro Chiffi vale il calcio di rigore. Dal dischetto Forte si lascia ipnotizzare da Poluzzi ed il rasoterra angolato dell’attaccante rossoblù è parato a terra dal bravo portiere biancorosso.

Al 9′ risponde il Südtirol con il cross di Arrigoni che Masiello di testa traduce sul palo. Al 17′ Masiello pennella profondo per il colpo di testa di Merkaj sul quale si supera Micai che devia in angolo. Sugli sviluppi del tiro dalla bandierina l’estremo del Cosenza si supera ancora su tiro ravvicinato scagliato ancora da Merkaj. Non può far nulla Poluzzi al 28′ quando Frabotta esplode un sinistro terra aria da fuori area che si insacca nell’angolo basso del secondo palo.

Uomo sbanda con l’auto e finisce in una scarpata, salvato dai carabinieri

I Carabinieri dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria, nel corso di regolare servizio di routine, hanno salvato un uomo finito con la sua auto in un dirupo. Il fatto è successo ieri a Rosarno, centro del reggino.

I militari hanno notato un numero elevato di persone all’altezza del ponte Mesima. Incuriositi dalla circostanza, si sono avvicinati sul punto riscontrando la presenza di una macchina ai piedi della scarpata. Il veicolo, verosimilmente uscito fuori strada, era finito nel campo adiacente, ribaltandosi. Rendendosi conto immediatamente del pericolo e della possibile presenza di una persona a bordo del mezzo, i militari sono intervenuti e hanno sottratto dalle lamiere un cittadino rosarnese, rimasto incosciente a seguito dell’impatto.

I successivi interventi del 118 – che hanno trasportato immediatamente il malcapitato in codice rosso presso il vicino ospedale di Polistena -, hanno permesso all’uomo di riprendere coscienza e di sottoporsi alle cure del caso.

“Questo episodio – riporta una nota dell’Arma reggina – evidenzia la funzione generale dei Carabinieri, dediti al servizio del cittadino in ogni circostanza, e riconosce il merito in particolare ai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”.

“Questo reparto è un reparto di specialità dell’Arma dei Carabinieri con compiti e mezzi specifici e peculiari che permette loro di svolgere oculate attività volte al contrasto di determinati reati. Ai loro compiti specifici, i Cacciatori affiancano una costante attività di supporto all’Arma dei Carabinieri dislocata sul territorio, con una presenza costante delle loro squadre su tutte le aree maggiormente sensibili”.

Cortei pro Palestina un po’ in tutta Italia, a Milano scontri con la Polizia

Scontri tra i manifestanti pro Palestina e le forze dell’ordine oggi a Milano. I ragazzi in prima fila al corteo, non autorizzato perché concomitante con la Giornata della Memoria, hanno usato i bastoni delle bandiere per provare a serrare i ranghi e hanno lanciato contro le forze dell’ordine bottigliette e altri oggetti. Carabinieri e polizia hanno cercato di arginare i manifestanti con gli scudi, brandendo i manganelli.

Bandiere, “free Palestina” richieste di cessate al fuoco al Gaza e qualche frase contro Israele per un’ora e mezza i manifestanti hanno fatto ‘pressione’ contro carabinieri e poliziotti in tenuta antisommossa. La strada bloccata davanti e indietro da camionette, i manifestanti chiusi nel primo tratto di via Padova, alla fine è arrivato il contatto tra gli scudi e le prime file ‘armate’ con le aste di plastica delle bandiere.

C’è chi tra gli uomini in divisa si è visto costretto a usare il manganello mentre alcuni oggetti e bottigliette d’acqua sono state lanciate contro gli agenti in divise. Ancora presto per la conta di eventuali feriti così come di possibili denunciati. Ora in via Padova restano un centinaio di persone guardate a viste dal presidio di poliziotti e carabinieri, ma è scomparsa la tensione che si è a lungo respirata nel pomeriggio quando la ‘trattativa’ per chiedere di passare è stata respinta.

Dopo una doppia carica e scontri, durati alcuni minuti, i manifestanti lasciano, alla spicciolata, via Padova a Milano, dove si è concluso il corteo pro Palestina non autorizzato. Il presidio, iniziato alle ore 15, ha preso forza nei numeri fino alla decisione di muoversi, contraria a quanto chiesto dagli organizzatori che seppure “amareggiati” avevano spostato il corteo a domani alle ore 15 (data confermata) per rispettare le indicazioni del governo.

Manifestazioni pro Palestina ci sono state oggi, però, in tutta Italia nonostante la richiesta di rinvio ad altra data del Ministero dell’Interno. Come da programmi, invece, ci sono state manifestazioni a Milano, Roma e Napoli, oltre a un sit-in a Cagliari, Trento, ma anche in altre città italiane.

Questura di Milano: “Resistito a ‘violento tentativo’ di chi voleva il corteo”
“Il dispositivo di ordine pubblico, diretto dalla Questura di Milano, ha operato una dinamica azione di contenimento”, verso le 16.40 all’inizio di via Padova, “per resistere al ‘violento tentativo’ di un gruppo di manifestanti di contravvenire alle disposizioni con il chiaro intento di procedere in corteo in direzione esterno città”. In una nota la questura spiega quanto accaduto nel corteo pro Palestina. I poliziotti e i carabinieri “hanno fronteggiato in maniera decisa quella porzione di dimostranti anche in virtù delle prescrizioni adottate ieri da via Fatebenefratelli secondo cui la manifestazione avrebbe dovuto avere luogo domani”. La Questura ha, quindi, predisposto “un rafforzamento dei reparti alle due estremità del segmento di via Padova in cui era contenuto il gruppo di manifestanti”, oltre 1.500. Verso le 17.20, il gruppo, dopo aver tentato di ‘sfondare’ verso la periferia “si è mosso in direzione opposta verso piazzale Loreto non riuscendo anche lì a superare il cordone di polizia attestato a protezione”. Quindi ha avuto inizio un “graduale deflusso” dei partecipanti.

Dalla finestra mostra cartello ‘Free Gaza from Hamas’
“Free Gaza from Hamas” si legge sul cartello che un ragazzo ha esposto fuori dalla finestra di un palazzo di via Padova a Milano, nel corso della manifestazione non autorizzata pro Palestina. Un messaggio provocatorio per gli oltre 1.200 manifestanti, che hanno rivolto all’uomo fischi e grida “scendi”.

Roma
Fumogeni rossi e verdi, tra i colori della bandiera palestinese, sono stati accesi in piazza Vittorio Emanuele a Roma, dove si sono dati appuntamento i manifestanti pro Gaza. Sventolavano le bandiere palestinesi, sugli striscioni e i cartelli frasi contro Israele ma anche citazioni di Primo Levi: “Se comprendere è impossibile conoscere è necessario”. Erano circa mille, secondo fonti qualificate, al sit in in sostegno di Gaza nella Capitale.

“Sventoliamo le bandiere che oggi non si voleva fossero sventolate” hanno detto i manifestanti, scesi in piazza, nonostante la richiesta di rinviare l’iniziativa a un’altra data. “Abbiamo ribadito che era inconcepibile che il Giorno della Memoria cancellasse cosa sta succedendo a Gaza, dove l’Olocausto sta avvenendo nell’indifferenza dei governi”. Passandosi il megafono e prendendo la parola in assemblea i manifestanti chiedono il “cessate il fuoco e una netta e chiara posizione dell’Italia”.

“Qui segnalo che non faremo passi indietro rispetto alle intimidazioni e rispediamo al mittente le accuse infamanti di antisemitismo rivolte a noi con il tentativo di strumentalizzazione per delegittimare le iniziative in solidarietà con la Palestina”, prosegue un altro manifestante parlando alla piazza. Le accuse sono anche contro un governo ‘bollato’ come “complice” di Israele: “Osano dare a noi lezioni di cosa è l’antifascismo quando abbiamo un presidente del consiglio che ha ancora la fiamma tricolore nel simbolo del partito e il presidente del senato con il busto di Mussolini”.

“Hanno provato a criminalizzarci”, affermano gli studenti e gli attivisti dei collettivi, “hanno provato a negare il genocidio che da 70 anni c’è in Palestina. Siamo qui per ricordare che in Palestina ci stanno studenti che lottano come noi. Hanno tentato di andare contro la manifestazione, ma noi studenti siamo qui”. “Gli studenti sanno da che parte stare – sottolinea uno dei manifestanti – noi siamo antisionisti e contro il genocidio in Palestina”. “Quello che accade in Palestina è la storia che si ripete – prosegue un’altra attivista – e non possiamo accettare che un genocidio venga portare avanti con la complicità dell’Italia”.

“Quello di oggi – spiega un manifestante – è un giorno simbolico, non c’è stato un solo genocidio nella storia e anche in questi giorni ne sta avvenendo uno con migliaia di persone che muoiono ogni giorno. Di genocidi ce ne sono tanti e sono tutti uguali, non devono succedere mai più e questo deve valere per tutti”. Secondo la manifestante quindi non è giusto vietare nella giornata di oggi i cortei: “Deve essere una giornata simbolica per tutti nella quale non si deve stare in silenzio”, continua. “Basta complicità con l’occupazione sionista, no ai rapporti commerciali e militari tra Italia e Israele”.

Nel tardo pomeriggio di sabato, al grido ‘Palestina libera’, si è chiusa la manifestazione pro Gaza nella Capitale. “Le iniziative sono tante, torneremo in piazza a breve, ma anche nelle scuole e nei quartieri portiamo la voce della Palestina”, sottolineano i manifestanti rilanciando anche una campagna di “boicottaggio” contro Israele. Durante il sit-in si è ricordato che il corteo non è stato possibile per via delle restrizioni legate alle misure decise per la sicurezza nel Giorno della Memoria. Una grande bandiera palestinese è stata srotolata in piazza con sopra il cartello: “Antisionisti mai antisemiti”.

Movimenti pro Palestina, collettivi e studenti hanno affollato la piazza dove si sono radunate, secondo fonti qualificate, circa mille persone. Tra i tanti anche chef Rubio, già ieri finito alla ribalta della cronaca perché fermato con una tanica di sangue di maiale, mentre andava a una manifestazione pro Palestina.

Torino
Nonostante il divieto alcune decine di persone si sono date appuntamento in piazza Castello, nel centro di Torino, per una manifestazione pro Palestina e “contro i genocidi”. I manifestanti per protestare contro la circolare che vieta manifestazione pro palestinese nella Giornata della Memoria hanno messo del nastro nero sulle loro bocche. E hanno distribuito volantini in cui si spiega che in “Palestina il bilancio umano è terribile con circa 30 mila morti e quasi 60mila feriti dal 7 ottobre. Più del 70% delle vittime sono donne e bambini”.

Napoli
“La ‘memoria’ è uno strumento potentissimo che dobbiamo utilizzare per impedire ed impedirci di ripetere gli orrori del passato” è il post su Facebook del centro sociale ‘Mezzocannone occupato’, sceso a manifestare in piazza San Domenico Maggiore nel centro storico di Napoli. “Il mondo non potrà mai dimenticare l’orrore dell’Olocausto. “Oggi come allora sentiamo viva e fortissima la necessità di onorare la memoria delle vittime del nazismo – continua il messaggio su Fb – la nostra coscienza di antifascisti, infatti, ci impone di contrastare quotidianamente qualsiasi reminiscenza antisemita, razzista e di estrema destra. La ‘memoria’ non può essere un concetto vuoto e rituale, ma è anzitutto uno strumento potentissimo che dobbiamo utilizzare per impedire ed impedirci di ripetere gli orrori del passato. Non possiamo accettare un uso strumentale della giornata della memoria, che non può adeguarsi alla propaganda del governo israeliano a sostegno del progetto sionista, perché ontologicamente è una giornata antifascista, antinazista e, di conseguenza, antisionista” aggiungono. “Ieri il tribunale dell’Aja (Corte di Giustizia Onu, ndr), con una decisione storica, nella causa per genocidio presentata dal Sud Africa, ha ordinato ad Israele di porre fine agli atti genocidari di far arrivare gli aiuti umanitari a Gaza. Ciò racconta che è possibile stracciare il velo di Maya della propaganda sionista a senso unico. L’unico modo che riteniamo opportuno per onorare la Giornata della Memoria è fermare l’attuale genocidio e gli omicidi di massa diretti dallo stato, a partire dalla Palestina”.

Cagliari
Circa trecento manifestanti si sono radunati nel piazzale del Teatro Lirico in via Sant’Alenixedda a Cagliari. “Fermiamo il genocidio “Mai più, è ora” recita lo striscione principale del Comitato sardo di solidarietà con la Palestina e dell’associazione A Foras. Davanti a loro carabinieri e polizia sono schierati per impedire che il sit-in diventi, anche in questo caso, una manifestazione non autorizzata.

Trento
“Anche a Trento la Questura ha vietato la manifestazione per la Palestina nel Giorno della memoria. Come in altre città italiane scenderemo lo stesso in piazza contro i genocidi di ieri e contro quelli di oggi, perché abbiamo memoria”. Lo scrivono su Telegram i membri di ‘Controcultura: Spazio aperto Be.Brecht’, dandosi appuntamento in piazza Duomo a Trento, malgrado la Questura di Trento non abbia autorizzato il corteo pro Palestina organizzato dall’associazione.

Serie B, Catanzaro Palermo finisce in parità: 1-1

L’anticipo serale di ieri in serie B tra Catanzaro e Palermo è stata una gara molto equlibrata tra due squadra forse anche abbastanza simili, che amano giocare a viso aperto e che realizzano tanti gol, ma che contemporaneamente ne subiscono altrettanti. Alla fine è scaturito un pareggio che è un risultato anomale per due squadre che in campionato hanno saputo quasi sempre solo vincere o perdere. Come detto, il risultato è frutto di una gara equilibrata nella quale pero’ il Palermo ha avuto piu’ occasioni gol, pertanto ai punti avrebbe meritato maggiormente di vincere. Il Catanzaro è stato piu’ cinico nel primo tempo portandosi in vantaggio, mentre nel secondo ha subìto il ritorno dei rosanero e ha anche rischiato di andare sotto.

Il primo tempo si apre con un’occasione enorme per Soleri, chiamato a sostituire lo squalificato Brunori. L’ex attaccante del Monopoli, lanciato in maniera eccellente da Claudio Gomes, a tu per tu con Fulignati, calcia col destro ma si fa ipnotizzare dal portiere che compie una prodezza salva risultato. Poi un’altra chance per gli ospiti con un tirocross di Di Francesco murato in corner da Scognamillo.

Ma è il Catanzaro a colpire con Biasci, che sfrutta un rimpallo fortunato nel cuore dell’area e soprattutto la dormita del pacchetto difensivo palermitano. La ripresa del match vede il Palermo raddrizzare immediatamente il risultato al terzo minuto: Di Mariano crossa in mezzo per Segre che si avvita con un colpo di testa sul secondo palo che fulmina Fulignati. Ancora brividi per la difesa del Catanzaro, con Situm che pochi minuti dopo rischia il clamoroso autogol al termine di una bella incursione di Ranocchia, al suo positivo esordio tra le file del Palermo. La squadra giallorossa colleziona poi due buone occasioni con Scognamillo e il neo entrato Ambrosino, entrambe di testa da corner.

I cambi non spezzano l’equilibrio nel finale di gara e le due squadre si accontentano del pareggio, risultato che al Catanzaro mancava addirittura da circa quattro mesi. Rimangono invariate le distanze tra Palermo e Catanzaro, rispettivamente al sesto e settimo posto. Per gli uomini di Vivarini prossimo impegno sabato a La Spezia contro i bianconeri che oggi hanno espugnato l’Arena Garibaldi di Pisa.

Cetraro, sospesa licenza a bar diventato ritrovo di persone pericolose

I Carabinieri della Stazione di Cetraro Marina, hanno sospeso la licenza per 7 giorni lavorativi ad un noto bar del centro storico di Cetraro.

Il provvedimento ex art. 100 del TULPS, emesso dal Questore della Provincia di Cosenza su richiesta della locale Stazione Carabinieri, si basa su innumerevoli controlli ai frequentatori del locale ritenuti pericolosi per l’ordine e sicurezza pubblica, nonché personaggi di rilievo operativo gravitanti anche nel settore delinquenziale e dello spaccio di sostanze stupefacenti.

I soggetti controllati sono infatti gravati da precedenti di polizia che vanno dallo spaccio di stupefacenti alle rapine, dall’associazione di tipo mafioso alla detenzione abusiva di armi, nonché già sottoposti alla misura di prevenzione personale dell’avviso orale, non potendosi escludere che l’esercizio possa essere utilizzato anche per incontri diretti a finalità delittuose.

Smaltimento illecito acque e rifiuti, sequestrata la clinica Villa Aurora di Reggio. 3 indagati

Villa Aurora
Archivio

Agenti della Squadra mobile e carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Reggio Calabria hanno dato esecuzione al sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari della Casa di cura Villa Aurora del capoluogo reggino.

La misura cautelare reale, che ha interessato le quote e l’intero patrimonio aziendale, scaturisce dall’attività investigativa avviata dalle forze dell’ordine dopo l’esecuzione avvenuta lo scorso 30 novembre di un analogo provvedimento, relativo al solo ramo dell’azienda riconducibile alla struttura sanitaria. Le indagini hanno messo in evidenza l’inesistenza di modalità alternative di smaltimento di rifiuti speciali liquidi, anche a rischio infettivo.

Tra i reati contestati, ci sono l’inquinamento ambientale e la reiterazione della condotta di scarico illecito delle acque reflue, in assenza di titolo autorizzativo e adeguato sistema di trattamento, già accertato diversi anni fa dai militari del Noe nel corso di una attività di controllo.

La fase esecutiva dell’attuale misura cautelare ha visto il coinvolgimento anche di personale Arpacal e Idrorhegion Scarl, che hanno eseguito ulteriori verifiche sulle attuali modalità di trattamento e smaltimento della acque reflue industriali prodotte dalla struttura.

Per i reati contestati risultano indagati l’amministratore delegato, la direttrice responsabile, la responsabile amministrativa, nonché il direttore sanitario della casa di cura.

All’esito dell’attività, la gestione dell’intero patrimonio aziendale della società è stata affidata a due amministratori giudiziari, nominati dall’autorità giudiziaria, al fine di garantire una soluzione di continuità nell’erogazione dei servizi sanitari a favore dei pazienti in cura presso la struttura.

Aborto, Pro Vita – Noto sondaggi: “64% italiani vuole diritti inviolabili per nascituri”

Il 64% dei cittadini italiani è favorevole al riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, come sancito dalla Costituzione, anche ai nascituri e il 53% delle donne italiane pensa che quella dell’embrione sia una vita umana a pieno titolo, così come affermato dal Comitato Nazionale di Bioetica. Ma non solo, oltre la metà degli italiani (il 57%) pensa anche che per essere considerata tale, una vita umana abbia bisogno di un proprio DNA, esattamente come accade fin dal momento del concepimento.

Sono solo alcuni dei dati del Sondaggio di Pro Vita & Famiglia onlus commissionato a Noto Sondaggi e presentati ieri nel corso della conferenza stampa “Semplicemente Umano”. «Emerge un consenso popolare e inequivocabile: gli italiani hanno a cuore la vita umana, pensano sia così fin dal concepimento, fin da quando essa inizia nel grembo materno», spiega Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus, nel commentare le statistiche. «Addirittura – evidenzia Coghe – dopo i recenti fatti di cronaca e il processo per l’uccisione di Giulia Tramontano, il 76% dei cittadini e, tra questi, il 79% delle donne, vorrebbero il riconoscimento del duplice omicidio in caso di donna in gravidanza». La vita, infatti, ha inizio dal momento del concepimento per il 36% dei cittadini, ma il dato schizza al 43% se a rispondere sono solo le donne. Gli italiani, però, sono anche convinti che il dibattito sull’aborto sia basato molto su credenze ideologiche, poiché oltre 5 cittadini su 10 pensano che l’affermazione scientifica che la vita umana inizia dal concepimento – così come dichiarato dal 90% su 5.500 biologi di tutto il mondo – non farebbe cambiare l’opinione di chi è favorevole a questa pratica. Nonostante questo oltre la metà della popolazione (il 52%) pensa che bisognerebbe dare maggiore spazio alle discussioni scientifiche e bioetiche sull’umanità del concepito quando si parla di aborto.

L’universo di riferimento del sondaggio è stato quello della popolazione italiana, con un campione rappresentativo di 1.000 cittadini, intervistati a gennaio 2024. «Quello che emerge – conclude Coghe – è l’ennesima conferma di quanto diciamo da sempre con le nostre battaglie in favore della Vita, in ogni sua fase e condizione, e per i diritti di donne, bambini e di tutte le persone: ovvero che i diritti umani hanno inizio nel grembo e tutti i diritti inalienabili hanno senso e possono essere riconosciuti, a cascata, solo se c’è il primo dei diritti, quello alla Vita».

SCARICA QUI SONDAGGIO COMPLETO

Monsignor Viganò: La Chiesa è in macerie, sottomessa ai voleri delle èlite

di Monsignor Carlo Maria Viganò *

Dov’è la “natura missionaria” della Chiesa del Vaticano II? Dov’è la “primavera conciliare” che aprendo le sue porte al mondo avrebbe dovuto risollevare la Chiesa dopo l’oscurantismo post-tridentino? Nella loro ansia di conformarsi alle esigenze del tempo, i sostenitori della rivoluzione conciliare e sinodale sono diventati irrilevanti e superflui.

In ambito civile ci dicono che il globalismo richiede sacrifici e che dobbiamo rinunciare alla nostra sovranità, impoverirci, mangiare insetti, essere controllati in tutti i nostri movimenti e subire la sostituzione etnica. In ambito ecclesiastico si ripete lo stesso mantra: la nuova religione conciliare e sinodica richiede di rinunciare all’esclusività del Vangelo per “riposizionarsi sotto la bandiera del pluralismo”, cioè apostatare dalla Fede e rinunciare alla lotta cristiana , l’apostolato, la predicazione e la difesa dei principi cattolici. Sia lo Stato profondo che la Chiesa profonda mostrano di essere l’origine della rovina imminente e richiedono che ci arrendiamo al nemico senza resistenza. I fautori della dissoluzione, così come i loro complici globalisti, contemplano le macerie di sessant’anni di apostasia come se la rovina attorno a loro non avesse nulla a che vedere con la loro azione sovversiva.

Mons. Carlo Maria Viganò

Ma se le menzogne ​​dei sovversivi che minano l’ordine sociale e religioso non sorprendono, diventa sempre più evidente la contraddizione di chi deplora gli effetti della rivoluzione in atto ma rifiuta di individuarne i responsabili. Con sguardo miope denunciano gli orrori quotidiani della Gerarchia e dei capi civili governanti ma non esitano ad attaccare chi, di fronte alla vigliacca fuga dell’autorità, tenta come può di resistere. Questo atteggiamento schizofrenico – bisogna riconoscerlo – è peggiore dell’azione del nemico dichiarato, è fuoco amico, è una pugnalata alle spalle.

«Nessuno può servire due padroni: o amerà l’uno e odierà l’altro, oppure preferirà l’uno e disprezzerà il secondo. Non potete servire Dio e mammona» (Mt 6,24).

* già Nunzio apostolico della Chiesa cattolica negli Stati Uniti

Omicidio nel Bergamasco, donna uccide il marito a coltellate. Arrestata

Una donna di 46 anni, Caryl Menghetti, ha ucciso a coltellate il marito, di dieci anni più grande, Diego Rota, nella loro villetta in via Cascina Lombarda, a Martinengo, centro in provincia di Bergamo.

L’omicidio è avvenuto poco dopo le 23 di giovedì sera. Dalle prime informazioni, i carabinieri di Treviglio – intervenuti qualche minuto dopo -, sono ancora a lavoro per ricostruire i dettagli dell’accaduto. La donna intanto è stata fermata dai carabinieri di Treviglio. La coppia ha una figlia di 5 anni che era in casa, non è chiaro se stesse dormendo o fosse sveglia.

Giunti sul posto i militari – ricostruisce una nota della Compagnia di Treviglio – hanno accertato che una donna italiana di 46 anni si sarebbe resa responsabile, alcuni minuti prima, dell’omicidio del marito, un cittadino italiano 56enne, ferendolo mortalmente al corpo e alla gola con un coltello da cucina mentre l’uomo si trovava in camera da letto. L’arma del delitto è stata individuata e sequestrata. L’immobile è stato posto sotto sequestro.

Non sono emersi al momento elementi che possano ricondurre l’omicidio a pregressi episodi di
maltrattamenti in famiglia.

Secondo la prima ricostruzione non vi sarebbero state criticità nel rapporto di coppia e la donna nell’ultimo periodo aveva vissuto delle problematiche lavorative e personali che avevano inciso in modo
assai rilevante sul suo stato emotivo.

La figlia della coppia, di 5 anni, è stata affidata ai familiari su disposizione della Procura dei
Minori di Brescia.

Al termine delle attività d’indagine, coordinate dal pubblico ministero della Procura della
Repubblica di Bergamo, la donna è stata arrestata è tradotta presso la Casa Circondariale di Bergamo.

Sono in corso accertamenti sullo storia clinica della 46enne. Secondo quanto scrive Repubblica nel 2020 avrebbe subito un trattamento sanitario obbligatorio e poi un ricovero e – dalle prime informazioni – risulta anche che ieri mattina fosse stata accompagnata proprio dal marito all’ospedale di Treviglio e visitata nel reparto di Psichiatria, ma poi da qui dimessa con una terapia farmacologica.

L’Unical installa all’Annunziata un braccio robotico per la neurochirurgia

L’Università della Calabria, dopo il robot Da Vinci, condivide con l’Azienda ospedaliera di Cosenza un altro importante strumento, dalla tecnologia avanzata, per migliorare le pratiche chirurgiche e promuovere la medicina personalizzata e di precisione. Uno strumento di avanguardia, in linea con il carattere innovativo del corso di laurea in Medicina e Tecnologie digitali, che punta sulle nuove tecnologie per la medicina.

Si tratta del braccio robotico e di un apparato di imaging intraoperatorio 2D/3D che sono stati installati e collaudati oggi (26 gennaio 2023) presso l’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, tra i soli tre presenti al Sud, insieme a Napoli e Catania.

La strumentazione, acquistata dall’ateneo nell’ambito di un progetto Pnrr che si è aggiudicato, ha un costo di oltre 1 milione di euro ed è stata messa a disposizione dell’Annunziata, con la stipula di un accordo tra ateneo e Azienda ospedaliera firmato dal rettore Nicola Leone e dal commissario Vitaliano De Salazar, per attività di ricerca, formazione e assistenza.

Questa tecnologia permette di operare con una precisione elevata rispondendo alle impostazioni pre-operatorie programmate dallo specialista neurochirurgo. Un sistema integrato di navigazione consente di visualizzare in tempo reale le manovre chirurgiche, riducendo drasticamente il margine d’errore.

Il sistema, composto da un braccio articolato, è collegato ad un software di navigazione mediante l’acquisizione delle immagini attraverso microscopi di ultima generazione che consentono la visualizzazione sulle aree di intervento. Il chirurgo, in questo modo, può raggiungere un livello di precisione molto elevato, con una pianificazione delle traiettorie ad oggi non realizzabile. Il robot può essere impiegato per chirurgia spinale e cerebrale anche di natura oncologica e per patologia quali: aneurismi cerebrali, traumi cranici, ernie del disco, fratture vertebrali e diverse malattie del sistema nervoso centrale. Gli interventi vengono eseguiti con incisioni minime e conseguente riduzione del dolore e della degenza post-operatoria. Pertanto, la ripresa delle attività quotidiane sarà sensibilmente velocizzata.

«Abbiamo inserito un ulteriore, importante tassello nel progetto Unical per la sanità – ha commentato il rettore Nicola Leone – che è un esempio tangibile di come la collaborazione tra istituzioni accademiche e ospedaliere possa portare a risultati significativi nel settore della salute. Così come sta già accadendo per il sistema robotico Da Vinci, il più evoluto per la chirurgia mininvasiva, che sta già operando in diversi tipi di patologie, oggi con l’arrivo della nuova strumentazione offriamo un ulteriore strumento nell’innovazione medica e nella pratica clinica».

La notizia arriva a pochi giorni dall’insediamento dei quattro nuovi docenti medici, tre dei quali sono andati a ricoprire il ruolo di direttore di Unità operativa complessa rispettivamente di Oncologia, Cardiologia e Nefrologia, dialisi e trapianti.

«Compiamo così – ha concluso il Rettore – un ulteriore passo avanti nella collaborazione tra istituzione pubblica e il settore sanitario, per sviluppare soluzioni che vadano in soccorso di una sanità purtroppo ancora molto fragile, e contrastino il fenomeno della migrazione sanitaria, che tanto costa in termini economici e di disagi e sofferenza agli ammalati e alle loro famiglie».

Corte di Giustizia Onu: “Israele fermi il genocidio a Gaza”. Ma non impone il cessate il fuoco

Israele deve fermare il genocidio a Gaza e favorire l’afflusso di aiuti per la popolazione civile. Hamas deve liberare gli ostaggi rapiti nell’attacco del 7 ottobre 2023. La Corte internazionale di Giustizia, la più alta istanza giuridica delle Nazioni Unite, si è espressa dopo la denuncia presentata dal Sudafrica nei confronti dello Stato ebraico in relazione alla carneficina nella Striscia di Gaza iniziata ad ottobre, in sproporzionata reazione all’attacco di Hamas, che ha procurato in quasi quattro mesi quasi 30mila morti.

La Corte, che non ha sollecitato un cessate il fuoco, ha chiesto a Israele di fare tutto il possibile per prevenire atti di genocidio nella Striscia di Gaza. Il paese, in base alla decisione relativa alle misure cautelari, deve fare di tutto per “impedire che venga commesso qualsiasi atto rientri nell’ambito di applicazione” della Convenzione sul genocidio.

Israele deve adottare “tutte le misure in suo potere per prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio”, ha affermato la giudice Joan E. Donoghue, presidente della Cig. I giudici hanno anche espresso grave preoccupazione per la sorte degli ostaggi in mano ad Hamas e chiesto il loro rilascio immediato.

La Corte ha poi chiesto a Israele di tornare all’Aja tra un mese per presentare le prove dell’impegno volto ad impedire un genocidio nella Striscia di Gaza. I giudici hanno ordinato l’adozione di “misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria di cui i palestinesi hanno urgente bisogno per affrontare le avverse condizioni di vita affrontate”.

La presidente ha iniziato la lettura della prima sentenza sulle misure urgenti richieste contro Israele dal Sudafrica. In questa fase, la Corte Internazionale di Giustizia si pronuncia sui provvedimenti urgenti, prima di considerare il caso nel merito, un processo che può richiedere anni. La causa è stata intentata dal Sudafrica, che sostiene che Israele sta violando la Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio del 1948, istituita all’indomani della seconda guerra mondiale e dell’Olocausto.

Nella sostanza, la decisione della Corte chiede meno vittime tra la popolazione civile e più aiuti per i palestinesi assediati ma non avanza richieste di cessate il fuoco. I bombardamenti israeliani continuano a mietere moltissime vittime tra i civili, soprattutto donne e bambini.

E’ una “situazione estremamente vulnerabile” quella della Striscia di Gaza dove c’è “un rischio reale” che la “situazione catastrofica possa peggiorare”. Perché “centinaia di migliaia di persone vivono in condizioni disumane” e “ci vorranno anni per riprendersi a un’intera generazione di bambini traumatizzati”, ha detto Donoghue, sottolineando che “le persone vengono minacciate ogni giorno” e che “le strutture sanitarie vengono messe sotto attacco”.

La risposta di Netanyahu
La replica di Israele, attraverso le parole del premier Benjamin Netanyahu, è stata durissima. “L’impegno di Israele nei confronti del diritto internazionale è incrollabile. Altrettanto incrollabile è il nostro sacro impegno a continuare a difendere il nostro Paese e a difendere il nostro popolo”, ha detto Netanyahu in un video in lingua inglese pubblicato online.

“Il vile tentativo di negare a Israele questo diritto fondamentale – ha sottolineato – è una palese discriminazione contro lo Stato ebraico, ed è stato giustamente respinto. L’accusa di genocidio mossa contro Israele non è solo falsa, è oltraggiosa, e le persone oneste di tutto il mondo dovrebbero respingerla”.

Nel sottolineare che Hamas è un’organizzazione “genocida”, Netanyahu ha affermato che la guerra di Israele è contro “i terroristi, non contro i civili palestinesi”, aggiungendo che Hamas ha promesso di ripetere le “atrocità” del 7 ottobre “ancora e ancora”. Nonostante la guerra, “continueremo a facilitare l’assistenza umanitaria e a fare del nostro meglio per tenere i civili lontani dai pericoli, anche se Hamas usa i civili come scudi umani”.

In corrispondenza della Giornata Internazionale della Memoria dell’Olocausto “mi impegno ancora una volta come primo ministro di Israele, Mai più”, ha affermato, promettendo di “continuare a fare ciò che è necessario per difendere il nostro Paese e difendere il nostro popolo”. Il premier israeliano, inoltre, ha promesso di continuare a combattere “fino alla vittoria totale, fino a quando non sconfiggeremo Hamas, restituiremo tutti i prigionieri e assicureremo che Gaza non sarà più una minaccia per Israele”.

Hamas si appella alla comunità internazionale
Hamas in una dichiarazione ha invitato la comunità internazionale a obbligare Israele ad attuare le decisioni della Corte di giustizia internazionale. Hamas, riferisce l’emittente araba “Al Jazeera”, ha elogiato la posizione del Sudafrica e il suo sostegno al popolo palestinese, la giustizia della sua causa e il suo tentativo di respingere l’aggressione.

Hamas ha ringraziato tutti i paesi che hanno espresso sostegno all’iniziativa del Sudafrica e attende “con impazienza le decisioni finali della Corte che condanneranno Israele per crimini di guerra e crimini contro l’umanità”.

“I giudici della Corte Internazionale di Giustizia hanno valutato i fatti e la legge. Si sono pronunciati a favore dell’umanità e del diritto internazionale”, ha detto il ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Riyad al-Maliki che ha espresso gratitudine per le misure provvisorie imposte dalla Corte. “La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia – ha sottolineato – rompe la radicata cultura israeliana della criminalità e dell’impunità, che ha caratterizzato la sua decennale occupazione, espropriazione, persecuzione e apartheid in Palestina”.

Al-Maliki ha invitato tutti gli Stati a garantire l’attuazione delle misure provvisorie, sottolineando che si tratta di un obbligo legale vincolante per Israele.

Ex allevatore assolto dopo 33 anni di carcere. Accusato di strage, era invece innocente

Beniamino Zuncheddu è libero e innocente. Dopo 33 anni di carcere i giudici della Corte di Appello di Roma, al termine del processo di revisione, hanno assolto l’ex allevatore dall’accusa di essere l’autore della strage di Sinnai, in provincia di Cagliari, dell’8 gennaio del 1991 in cui morirono tre pastori e una quarta persona rimase gravemente ferita.

I giudici hanno revocato l’ergastolo facendo cadere le accuse per Zuncheddu con la formula “per non avere commesso il fatto”. La sentenza, dopo una camera di consiglio durata alcune ore, è stata accolta con emozione dai tanti presenti in aula, moltissimi arrivati dalla Sardegna che hanno applaudito per alcuni instanti dopo la lettura del dispositivo. In aula lo stesso Zuncheddu per il quale i giudici capitolini, il 25 novembre scorso, avevano sospeso la pena facendolo tornare in libertà.

“Per me è la fine di un incubo”, ha affermato l’ex allevatore apparso visibilmente emozionato. La Corte d’Appello ha, quindi, accolto le richieste del procuratore generale, Francesco Piantoni, che nel corso della requisitoria ha ricostruito trent’anni di vicenda giudiziaria ponendo al centro del suo discorso la credibilità di Luigi Pinna, oggi 62 anni e unico superstite della strage in cui furono uccisi a colpi di fucile, all’interno di un ovile, Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24 anni e Ignazio Pusceddu, 55enne, che lavorava alle dipendenze dei due.

“In questa vicenda ci sono menzogne durate 30 anni”, ha detto il rappresentate dell’accusa. Il riferimento è al supertestimone Pinna che nel febbraio di quell’anno indicò Zuncheddu, che era stato fermato dalle forze dell’ordine ma dichiaratosi da subito innocente, come il killer del Sinnai. Un’accusa arrivata dopo che nell’immediatezza dei fatti lo stesso Pinna aveva sostenuto di non potere riconoscere l’autore degli omicidi perché aveva il viso travisato da una calza.

Nel corso del processo di revisione è arrivato il colpo di scena. In una drammatica testimonianza, Pinna ha affermato che nel febbraio di 33 anni fa prima “di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così: ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata”. Nella requisitoria, riferendosi a Pinna, il procuratore generale non ha usato mezzi termini. “L’attendibilità di Pinna ha rappresentato il fulcro per la condanna al carcere a vita per Zuncheddu – ha detto -, ma lui Beniamino non lo ha visto adeguatamente e ha mentito per 30 anni”.

Il pg ha fatto poi riferimenti all’eventuale movente e all’alibi dell’imputato tornando anche all’attività di indagine svolta dopo il massacro. All’epoca gli inquirenti puntarono dal primo momento su dissidi tra gli allevatori della zona e in particolare tra la famiglia Fadda e quella degli Zuncheddu, famiglia di Burcei, che gestivano un altro ovile. La polizia imboccò questa pista alla luce di alcuni episodi che si erano verificati prima della strage e in particolare l’uccisione di alcuni capi di bestiame e cani nonché le liti da ciò scaturite tra gli allevatori.

La strage si consumò in pochi minuti. Il killer arrivò a Cuile is Coccus a Sinnai a bordo di uno scooter e uccise prima Gesuino Fassa, che si trovava nella strada di accesso all’ovile, per poi risalire in direzione del recinto di bestiame per fare fuoco in direzione del figlio Giuseppe. Pusceddu fu invece ucciso mentre si trovava all’interno di una baracca assieme a Pinna. All’epoca Zuncheddu aveva 27 anni, venne fermato dopo pochi giorni e iniziò per lui un calvario giudiziario la cui parola fine è arrivata dopo 33 anni.

A Beniamino Zuncheddu i giudici d’appello gli hanno restituito la libertà ma c’è da chiedersi chi pagherà per l’errore giudiziario? Chi lo risarcirà per oltre un trentennio passato dietro le sbarre da innocente?

Scalea, parco intitolato a 24enne vittima di omicidio ancora irrisolto

Sono iniziati a Scalea i lavori per la realizzazione del Parco inclusivo “Salvatò”, ideato da Skalea solidale Odv in memoria di Salvatore Arcuri, giovane scomparso nel 2001 a soli 24 anni.

Il corpo fu poi rinvenuto bruciato all’interno della sua automobile: un’esecuzione in stile mafioso, un omicidio ancora oggi rimasto irrisolto a distanza di oltre 20 anni. Mezzi meccanici e operai sono entrati in azione nello spazio verde adiacente al Monumento ai Caduti di tutte le guerre in Piazza Aldo Moro di Scalea.

Al termine delle opere, sorgerà uno spazio riqualificato, dotato di giochi adatti a tutti i bambini, soprattutto quelli portatori di handicap, pavimentato con piastrelle anti-trauma, attrezzato con panchine, fontanella pubblica, bagni, uno dei quali per disabili, e con adeguato impianto di illuminazione.

Il parco “Salvatò” viene realizzato con fondi comunali dedicati alle politiche per i minori oltre che con una raccolta di risorse realizzata da Skalea solidale nei mesi scorsi grazie ad alcuni eventi ed iniziative. L’ultima in ordine cronologico ha riguardato una riffa di Natale con in palio la maglia numero 34 del giocatore del Cosenza Aldo Florenzi, autografata dallo stesso calciatore.

Detenuto si è suicidato nel carcere di Rossano

Il Carcere di Rossano

Un detenuto si è suicidato nel carcere di Rossano. L’uomo, riferisce il sindacato della Polizia penitenziaria Sappe, si è impiccato all’interno della stanza utilizzando un rudimentale cappio, ricavato probabilmente dalle lenzuola.

“Ricordiamo che ogni anno – affermano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Francesco Ciccone, segretario regionale – la polizia penitenziaria salva la vita a circa 1700 detenuti che tentano di suicidarsi”.

“Questa volta, purtroppo, nonostante l’immediato intervento e ogni utile iniziativa per rianimare l’uomo non è stato possibile strapparlo alla morte”.

Scoperti oltre cento percettori del Rdc che hanno attestato il falso, denunciati

Guardia di finanza Crotone 2

La Guardia di Finanza di Crotone ha scoperto e denunciato 123 persone residenti nel crotonese per truffa in relazione all’indebita percezione del Reddito di cittadinanza.

I controlli svolti dalle Fiamme gialle, hanno permesso di rilevare diverse irregolarità e falsità attestate nelle richieste rivolte all’Inps. In particolare, tra i soggetti denunciati risultano numerosi extracomunitari privi del requisito minimo di permanenza nel territorio dello Stato, pari a 10 anni, cittadini che si erano dichiarati disoccupati, ma che in realtà lavoravano “in nero”, e soggetti con precedenti penali, anche in materia di criminalità organizzata.

Le indagini svolte hanno consentito di quantificare somme indebitamente percepite per un totale di circa 1,5 milioni di euro con la conseguente segnalazione all’Istituto previdenziale preposto all’erogazione del sussidio, che ha provveduto al blocco di ulteriori importi indebitamente richiesti per circa 235 mila euro.

Hamas: “Raid israeliani sulla folla in attesa di aiuti a Gaza, 20 morti”

In una dichiarazione pubblicata tramite il suo canale ufficiale Telegram, Hamas ha affermato che se la Corte internazionale di giustizia ordinerà un cessate il fuoco a Gaza, i miliziani palestinesi si atterranno alla decisione se la rispetterà anche Israele.

Lo riporta Al Jazeera. La dichiarazione dice anche che Hamas rilascerà tutti gli ostaggi se Israele libererà i palestinesi attualmente detenuti. “Il nemico sionista deve porre fine al suo assedio di Gaza durato 18 anni e fornire tutti gli aiuti necessari per la popolazione”, conclude la dichiarazione.

Il portavoce del Ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, denuncia un attacco contro persone che facevano la coda per ricevere aiuti umanitari a Gaza. “L’occupazione israeliana ha commesso un nuovo massacro contro migliaia di bocche affamate che aspettavano aiuti”, ha detto Ashraf al-Qudra in una dichiarazione su Telegram, come riporta Al Jazeera. L’attacco è avvenuto alla rotonda del Kuwait a Gaza City, uccidendo almeno 20 persone e ferendone altre 150″, ha detto.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha incontrato intanto il premier israeliano Benyamin Netanyahu al ministero della Difesa a Tel Aviv. Il faccia a faccia è durato 35 minuti e chiude la missione del titolare della Farnesina nella regione dopo la tappa di ieri a Beirut e gli incontri oggi in Israele e a Ramallah, in Cisgiordania.

A Ramallah, in Cisgiordania, in precedenza l’incontro tra Tajani e il presidente palestinese Abu Mazen. Nella riunione era presente anche il ministro degli Esteri palestinese al Malki. Tajani è stato il primo ministro degli Esteri dell’Ue ad incontrare il leader dell’Anp dopo gli attacchi di Hamas allo stato ebraico del 7 ottobre scorso.

“L’obiettivo è avviare un percorso politico per arrivare a un vero Stato palestinese che possa vivere in pace con lo Stato israeliano, rispettando le esigenze di sicurezza di Israele”, ha detto Tajani nell’incontro con Abu Mazen. “La mia visita qui – ha aggiunto – è una missione di vicinanza e di solidarietà all’Autorità nazionale palestinese”. Abu Mazen – a quanto si è appreso – ha chiesto all’Italia e all’Ue di prepararsi ad essere vicini all’Anp nella ricostruzione di Gaza dove il 70% degli edifici è stato distrutto, i servizi per la popolazione, le infrastrutture non funzionano. Mentre andrà avanti il negoziato e il processo politico – ha aggiunto Abu Mazen secondo le stesse fonti – bisognerà occuparsi della popolazione palestinese che vive nella striscia. Con l’Italia – ha concluso – lavoreremo anche a ricostruire le chiese e gli edifici della comunità cristiana. Dopo aver ricordato che Hamas non ha nulla in comune con l’Anp, Abu Mazen – ha sottolineato che l’Autorità nazionale palestinese sta facendo e farà riforme nel governo. Alla fine della guerra – ha proseguito – l’Anp opererà un rinnovamento della sua amministrazione. Per il presidente palestinese, bisogna riuscire a realizzare rapidamente la pace, a realizzare lo Stato della Palestina nei confini del 1967.

Tajani ha incontrato a Gerusalemme anche il presidente israeliano Isaac Herzog. L’incontro, secondo quanto si è appreso, è durato 35 minuti e si è discusso della guerra a Gaza e della conseguente situazione internazionale. Poi l’incontro con il ministro degli Esteri, Israel Katz, e il ministro del Gabinetto di guerra, Benny Gantz.

“Sosteniamo con forza le azioni del governo israeliano contro le organizzazioni terroristiche e parallelamente vogliamo affrontare con i nostri amici israeliani la preparazione per un ritorno al confronto politico e diplomatico”, ha detto Tajani, incontrando a Gerusalemme il presidente Isaac Herzog. “Dopo le operazioni militari a Gaza – ha aggiunto – bisognerà individuare immediatamente un percorso politico per evitare che gli attuali scontri” si ripetano e si allarghino nella regione. Bisogna avviare “un percorso politico che inevitabilmente dovrà portare” alla formula della soluzione a 2 Stati.

Nel corso dell’incontro Tajani – che in Israele ha anche incontrato alcuni familiari degli ostaggi in mano ad Hamas – ha espresso “ancora una volta la sua indignazione per l’attacco di Hamas del 7 ottobre alla popolazione civile israeliana attorno a Gaza” e ha confermato la richiesta del governo italiano a quello israeliano “di tutelare in ogni modo le vite dei civili palestinesi durante le operazioni militari”. Tra gli argomenti affrontati con il capo dello Stato israeliano, il ministro Tajani ha evocato “la necessità della tutela dei cristiani, sia dei pochi rimasti a Gaza sia dei cittadini arabi cristiani presenti in Cisgiordania”.

Il ministro degli Esteri ha anche ribadito che “nel Sud Libano è importante mantenere una distanza di sicurezza fra l’esercito di Israele e le formazioni militari di Hezbollah”. Ed ha annunciato che di questi temi e delle “richieste ricevute dal governo libanese” nella sua visita ieri nel Paese dei cedri, parlerà con la dirigenza israeliana oggi a Gerusalemme. “Il negoziato – ha aggiunto – deve procedere nonostante questa fase di guerra a Gaza, vogliamo dare un messaggio a tutte le parti coinvolte in questo scenario: non c’è alternativa ad un percorso di pace, da avviare immediatamente”.

“Siamo favorevoli ad un’interruzione del conflitto” a Gaza, ha detto Tajani rispondendo ad una domanda se la Corte dell’Aja decidesse domani di imporre a Israele un cessate il fuoco. “Ma a patto – ha aggiunto – che non sia una proposta contro Israele e che da Hamas non arrivino più razzi per colpire il Paese”. “In questo momento certamente la parte israeliana non è entusiasta di questa proposta. Lo capisco anche perché sono in guerra e per il fronte interno è difficile parlarne”. Il ministro ha aggiunto che però “non bisogna demordere sulla soluzione dei 2 Stati. E’ quella che riguarda il futuro, senza allentare la sicurezza attorno a Israele”. Il capo della Farnesina incontrerà il premier israeliano Benyamin Netanyahu a breve.

“Biden invia capo della Cia per mediare su ostaggi a Gaza”
Intanto, il presidente Usa Joe Biden intende utilizzare il direttore della Cia William Burns per aiutare a realizzare un ambizioso accordo fra Hamas e Israele che includerebbe il rilascio di tutti i restanti ostaggi e due mesi di cessate il fuoco, la più lunga pausa delle ostilità da quando è iniziata la guerra a Gaza. Lo riporta il Washington Post citando alcune fonti, secondo le quali Burns nei prossimi giorni andrà in Europa per incontrare i capi dell’intelligence israeliano e egiziano e il primo ministro del Qatar.

Cremlino: “La politica anti-russa dell’Occidente ha raggiunto il suo apice”

L’Occidente si sta scagliando contro la Russia , come dimostra l’attuale svolgimento della più grande esercitazione NATO mai realizzata. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov citato dalla Tass.

“La strategia di scoraggiare il nostro Paese, di mettergli pressione, non è andata da nessuna parte”, ha detto su Channel One. “A volte si intensifica, a volte si attenua. Ora probabilmente è al suo apice. Tali esercitazioni ne sono la prova migliore”.

Peskov ha sottolineato che l’Occidente mantiene una posizione anti-russa molto chiara, determinata dalla NATO, mentre la retorica dell’alleanza “è determinata oltreoceano, a Washington”.

Il portavoce del Cremlino è stato interrogato sulla politica dell’Occidente nel contesto della visita odierna del presidente russo Vladimir Putin nella regione di Kaliningrad. Commentando la situazione nella regione, Peskov ha osservato che “Kaliningrad è parte integrante della Russia” ed è importante che le autorità mantengano in condizioni funzionanti il ​​sistema di supporto vitale dell’intera regione.

“Ci sono certamente dei pericoli, anche solo in termini strategici. Vedete quali umori militaristici prevalgono oggi in Europa, nei vicini paesi baltici e così via. I paesi permeati di tendenze russofobe trascinano con sé sempre più strutture militari, equipaggiamenti militari appartenenti al loro territorio. Questo è ovviamente un pericolo e richiede misure aggiuntive per garantire che la sicurezza del nostro Paese sia garantita in modo affidabile”, ha sottolineato il portavoce presidenziale.

Vice ambasciatore degli Stati Uniti all’ONU: “I rapporti Washington-Mosca sono gelidi”

Intanto, il vice ambasciatore degli Stati Uniti all’ONU, Robert Wood ha affermato che le relazioni tra Russia e Stati Uniti sono quasi inesistenti e i diplomatici statunitensi contattano i loro colleghi russi solo quando assolutamente necessario.

“I nostri rapporti non sono a buon punto. E ci impegniamo con i diplomatici russi quando dobbiamo farlo qui a New York. Ma ancora una volta, i rapporti sono a un punto molto, molto brutto”, ha risposto. Quando è stato chiesto di commentare le dichiarazioni del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov secondo il quale le relazioni Russia-Stati Uniti hanno raggiunto un punto basso, limitandosi principalmente alla discussione di questioni riguardanti l’attività delle missioni diplomatiche dei due paesi.

“Le relazioni tra Mosca e Washington sono in acque agitate poiché le parti non mantengono quasi alcun contatto”, ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in una conferenza stampa dopo la sua partecipazione agli eventi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

“Il livello è basso ed è stato raggiunto un punto basso. Non c’è quasi nessun contatto tranne che per l’attività delle nostre missioni diplomatiche negli Stati Uniti e il lavoro dei loro diplomatici in Russia”, ha detto Lavrov in una conferenza stampa presso la sede delle Nazioni Unite mercoledì.

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