8 Ottobre 2024

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Operaio muore schiacciato da una lastra di cemento, tre indagati

Un operaio di nome Edison Malaj, di 54 anni, originario dell’Albania, è morto ieri pomeriggio a Frascineto, nel cosentino, schiacciato da una lastra di cemento caduta da una gru.

L’uomo, secondo quanto riporta la stampa locale, era al lavoro con altri operai nel piazzale delle ex cantine sociali di Frascineto quando, per cause da accertare, il lastrone trasportato dalla gru si è staccato colpendolo in pieno.

Inutile l’intervento dei medici del 118. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della Compagnia di Castrovillari coordinati dalla Procura della Repubblica che ha aperto un fascicolo.

Sull’incidente la procura della Repubblica di Castrovillari ha iscritto tre persone nel registro degli indagati. Si tratta del titolare della ditta per cui lavorava Malaj, indagato per omicidio colposo, e di due operai che erano sul posto, indagati per concorso di colpa.

Il pm della Procura di Castrovillari titolare del fascicolo, Sergio Cordasco, nelle prossime ore dovrebbe disporre l’autopsia sul corpo dell’operaio che si trova nell’obitorio dell’ospedale di Corigliano-Rossano.

Premier Meloni in Calabria: “Fondo di sviluppo per 2,5 miliardi”

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, hanno firmato, nel porto di Gioia Tauro, l’Accordo per il Fondo sviluppo e coesione 2021-2027. Alla cerimonia era presente anche il ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto.

Il Fondo è pari a 2.563.063.355,70 euro. Di questi 633.053.691,97 sono stati già programmati dalla Regione con delibera 79 Cipess e con interventi a favore della prevenzione in materia idrogeologica e 142.788.549 verranno utilizzati per il cofinanziamento del Pr Calabria 21-27. Le ulteriori opere programmate saranno finanziate con 1.787.221.114,73.

Le risorse sono distribuite su 10 aree tematiche Fsc. Non sono state programmate le Aree Ricerca e Innovazione e Energia, perché già adeguatamente coperte, rispetto ai fabbisogni rilevati, in complementarietà con gli altri Fondi di coesione 2021/2027. I fabbisogni correlati allo sviluppo coordinato e integrato del sistema dei trasporti assorbono il 34,83% (622,4 milioni).

Si tratta, prioritariamente, di interventi sul sistema di trasporto stradale che impegnano circa 388 milioni; sulla mobilità urbana integrata, 140,4 milioni; sul trasporto marittimo e logistica, 90,5 milioni. A favore della competitività del sistema economico è destinato il 21,60% (386 milioni) con interventi nei Settori industria e servizi (314 milioni), turismo e ospitalità, e agricoltura.

Gli obiettivi di natura ambientale assorbono il 20,43% (365 milioni) con interventi per risolvere criticità che rappresentano potenziali rischi per il territorio e la popolazione. Interventi anche pern le risorse idriche (108 milioni), il superamento delle emergenze nella gestione dei rifiuti (149 milioni), per la realizzazione del termovalorizzatore, e per il superamento delle infrazioni in tema di depurazione. Un 7% (122 milioni) viene destinato a interventi a favore dei Comuni per il recupero e il riuso del patrimonio infrastrutturale e strutturale storico e di rilievo culturale.

Alla riqualificazione urbana di beni e strutture pubbliche è destinato 5% (92 milioni), mentre la digitalizzazione dei servizi pubblici regionali assorbe poco più del 4% (73 milioni).

Rissa in discoteca con un poliziotto ferito. Il Questore chiude il locale

Sequestrata una discoteca nel Vibonese. Senza uscite di sicurezza
(Archivio)

Il Questore di Cosenza, Giuseppe Cannizzaro, ha notificato il provvedimento di sospensione della licenza al titolare di una nota discoteca del centro cittadino teatro di una violenta lite sviluppatasi al suo interno durante una serata evento. Per sedare la lite, che aveva coinvolto diversi giovani, un poliziotto era rimasto stato ferito colpito alle spalle da un giovane che subito dopo si è dato alla fuga.

Individuato dopo poco, il ragazzo è stato denunciato per lesioni aggravate, nonché per violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Inoltre, gli sono state notificate le misure di prevenzione personale del divieto di ritorno nel comune di Cosenza e dell’avviso orale da parte del Questore di Cosenza.

Oltre al provvedimento di sospensione della licenza il titolare della Discoteca è stato sanzionato per la somministrazione di alcool a minori.

Nel corso dei medesimi servizi di prevenzione e controllo del territorio i titolari di due noti pub del centro cittadino sono stati deferiti per disturbo del riposo delle persone poiché in piena notte tenevano la musica ad alto volume.

Revisioni irregolari, sequestrato un centro. Due denunce

archivio

Un centro revisioni che avrebbe effettuato le verifiche previste in maniera irregolare è stato sequestrato dalla squadra di pg della Polizia stradale di Cosenza che ha denunciato in stato di libertà due persone.

Le indagini, svolte con l’utilizzo di strumenti informatici, hanno portato all’emissione del decreto di sequestro preventivo della struttura e della attrezzatura utilizzata per l’attività da parte del gip di Cosenza che ha accolto le richieste della Procura.

Inoltre è stato disposto il sequestro di 51 carte di circolazione di veicoli irregolarmente revisionati con intimazione ad effettuare la revisione straordinaria da svolgersi nelle strutture della Motorizzazione civile di Cosenza.

Petrolmafie, sequestro per 10 milioni a tre imprenditori

Beni per 10 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza a tre imprenditori operanti nel settore del commercio dei prodotti petroliferi e coinvolti nel processo “Andrea Doria”, nato dal filone reggino della maxi-inchiesta “Petrolmafie”.

Il provvedimento, disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su richiesta della Dda di Reggio Calabria, è stato eseguito dai finanzieri del Comando provinciale e dello Scico nei confronti dei fratelli Giovanni e Domenico Camastra, di Locri, rispettivamente di 60 e 53 anni, e di Antonio Casile, di 55 anni, di Reggio Calabria.

Il sequestro è stato eseguito in Calabria, in Piemonte, Lazio e a Monaco di Baviera. Tutti e tre sono attualmente sotto processo. Nell’aprile 2021 erano stati, infatti, arrestati nel blitz disposto dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Giuseppe Lombardo che, in seguito agli accertamenti della guardia di finanza, riuscirono a svelare un articolato sistema di frode fiscale, realizzata nel settore del commercio di prodotti petroliferi, imperniata, secondo l’accusa, su fittizie triangolazioni societarie, finalizzate ad evadere l’Iva e le accise, nonché sull’impiego di false dichiarazioni di intento, istituto che consente di acquistare in regime di non imponibilità.

L’associazione avrebbe anche gestito l’intera filiera della distribuzione del prodotto petrolifero dal deposito fiscale fino ai distributori stradali finali, interponendo una serie di operatori economici – imprese “cartiera” di commercio di carburante, depositi commerciali e brokers locali – con lo scopo di evadere le imposte in modo sistematico.

Le società “cartiere” sostenevano fraudolentemente, secondo l’accusa, di possedere tutti i requisiti per beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa, acquistando il prodotto petrolifero senza applicare l’Iva. Il prodotto, grazie a meri passaggi “cartolari” tra le società coinvolte, veniva poi ceduto a prezzi concorrenziali ad individuati clienti, ai danni degli imprenditori onesti.

Infine, il sistema di ripulitura degli incassi sarebbe avvenuto anche tramite famiglie di ‘ndrangheta portatrici di interessi nel settore della distribuzione dei prodotti petroliferi. (Ansa)

Furti in esercizi commerciali dell’hinterland cosentino, prese tre persone

Avrebbero commesso dei furti o tentati a Castrolibero, centro dell’area urbana di Cosenza, ma dopo indagini dei carabinieri sono stati individuati e presi.

Protagonisti tre soggetti tra i 31 e i 44 anni, originari della città capoluogo e dell’hinterland bruzio. Due di loro sono finiti ai domiciliari, mentre un terza persona è stata raggiunta da un obbligo di dimora.

I Carabinieri della Compagnia di Cosenza – stazione di Castrolibero – sono intervenuti in occasione di due tentati furti aggravati rispettivamente in danno di un supermercato e di un esercizio commerciale di vendita di dolciumi e prodotti da forno ed, inoltre, di un furto aggravato in danno di un negozio di ottica, tutti commessi, nottetempo, a Castrolibero.

In esito alle tempestive indagini dei militari sono emersi elementi utili per identificare gli autori, riferiti alla Procura della Repubblica di Cosenza che, ravvisati i gravi indizi e le esigenze cautelari, ha richiesto al giudice idonea misura cautelare.

In particolare, il 31enne di Castrolibero è ritenuto responsabile dei tre fatti, il 44enne di Castrolibero del tentato furto ai danni del negozio della panetteria e del furto in un negozio di ottica, mentre l’altro 31enne, di Cosenza, è accusato di quest’ultimo furto in concorso.

Cellulari e droga nel carcere di Catanzaro, 38 misure cautelari

L'ingresso del carcere di Siano a Catanzaro.

Droga e cellulari per i detenuti del carcere di Catanzaro. I carabinieri e la polizia penitenziaria hanno eseguito 38 misure cautelari nei confronti di altrettante persone, 26 delle quali sono state arrestate.

I provvedimenti sono stati emessi dal Gip distrettuale su richiesta della Dda di Catanzaro. Nell’operazione sono coinvolti agenti della polizia penitenziaria in servizio nel carcere del capoluogo, sette dei quali sono stati sospesi. Agli indagati viene contestata, tra l’altro, l’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione ed al traffico di droga.

L’operazione che ha portato all’esecuzione delle 38 misure cautelari è stata condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Catanzaro e dal Nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria.

Per 16 dei 26 arrestati è stata disposta la custodia cautelare in carcere, mentre dieci sono finiti ai domiciliari. Sono stati eseguiti, inoltre, cinque obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, oltre alle sette sospensioni dall’esercizio delle funzioni per il personale penitenziario.

I reati contestati, a vario titolo, alle persone coinvolte nell’operazione sono associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e all’accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, concorso esterno nelle due associazioni, istigazione alla corruzione; corruzione con l’aggravante mafiosa, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, procurata evasione, falso e truffa ai danni dello Stato.

Arrestata anche l’ex direttrice del penitenziario

C’è anche l’ex direttrice del carcere di Catanzaro, Angela Paravati, 59 anni, tra le 26 persone arrestate dai carabinieri e dalla polizia penitenziaria nell’ambito dell’inchiesta sui presunti illeciti nella gestione della struttura detentiva.

Insieme all’ex direttrice sono stati arrestati Simona Poli, di 46 anni, e Franco Cerminara, di 57, rispettivamente, comandante ed assistente capo della polizia penitenziaria.
   
L’ex direttrice è accusata, tra l’altro, di avere favorito, nel marzo del 2022, in concorso con Simona Poli e Cerminara, l’evasione di un detenuto.

Istigazione alla corruzione, arrestati un ex sindaco e un consigliere del reggino

Guardia d finanza Reggio Calabria

Istigazione alla corruzione. Per questo reato sono stati arrestati un consigliere comunale di Maropati e un ex amministratore dello stesso Comune nella piana di Gioia Tauro.

Accogliendo la richiesta di arresto formulata dal procuratore di Palmi Emanuele Crescenti, lo ha deciso il gip che ha disposto un’ordinanza di custodia cautelare per Fiorenzo Silvestro, di 53 anni, e di un suo sostenitore Sebastiano Valenzise, di 76 anni, rispettivamente ex sindaco ed ex vicesindaco di Maropati.

Oltre all’arresto, eseguito stamattina dal gruppo di Gioia Tauro della Guardia di finanza, nei confronti dei due indagati, il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo d’urgenza di 25mila euro.

Stando alle indagini, Silvestro e Valenzise avrebbero promesso i 25 mila euro a un consigliere di maggioranza per indurlo a dimettersi e a far decadere l’amministrazione comunale entro il 20 febbraio di quest’anno, termine perentorio entro il quale viene effettuata la ricognizione dei Comuni nei quali occorrerà procedere alle elezioni dei nuovi organi elettivi con la prossima tornata elettorale di giugno.

L’inchiesta della Guardia di finanza avrebbe permesso di documentare reiterati tentativi di istigazione alla corruzione perpetrati, sia direttamente da Silvestro che tramite l’ex sindaco Valenzise, nell’ambito di un disegno finalizzato ad influenzare la maggioranza. Un disegno che prevedeva la consegna del denaro in contante ad un altro consigliere comunale per pagare, di fatto, le sue dimissioni.

Truffe online nella Locride, tre obblighi di dimora

Associazione per delinquere finalizzata alla truffa, ricettazione e riciclaggio. Sono i reati contestati a tre persone sottoposte all’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. Lo ha deciso il Gip di Locri accogliendo la richiesta della Procura della Repubblica.

Il provvedimento è stato adottato a conclusione di un’indagine condotta dalla Sezione di polizia giudiziaria della Guardia di finanza della Procura e che ha consentito di sgominare un’organizzazione criminale specializzata nelle truffe online.

Le tre persone destinatarie delle misure cautelari, insieme ad alcuni complici, avrebbero pubblicato falsi annunci di vendita di mezzi agricoli su siti di e-commerce. Le vittime della truffa, interessate ai prodotti, si sono accordate con gli indagati che utilizzavano numeri di telefono intestati a persone ignare o inesistenti, ma anche documenti d’identità falsi del venditore e fatture di acquisto create ad hoc. Dopo avere versato le somme concordate, gli acquirenti non hanno mai ricevuto i mezzi agricoli. Nel frattempo, il venditore spariva, interrompendo le comunicazioni che fino a poco prima erano avvenute principalmente tramite whatsapp.

I proventi delle false vendite false sono stati incassati attraverso ricariche e bonifici eseguiti dalle vittime su carte prepagate o conti correnti forniti dai falsi venditori. Il denaro è stato poi trasferito su altre carte prepagate e altri conti correnti ed infine prelevato dagli indagati, che agivano in questo modo allo scopo di rendere più complicato l’accertamento della destinazione finale degli importi frutto delle truffe.

Nel corso delle indagini la Guardia di finanza ha analizzato i tabulati telefonici delle numerose utenze utilizzate dagli indagati e ha ricostruito i contatti non solo tra le vittime e i componenti dell’organizzazione criminale ma anche con con altre persone, che sono adesso indagate per riciclaggio.

Naufragio a Cutro, pescatore in aula: “Guardia costiera sapeva ma non era sul posto”

“Quando ho chiamato la Guardia costiera per avvisarla della presenza di una barca in pericolo, mi hanno detto che sapevano già dell’imbarcazione naufragata, ma sul posto, in quel momento, non c’era ancora nessuno. Né loro e neppure i carabinieri”.

Ha risposto così Ivan Paone, uno dei pescatori presenti sulla spiaggia di Steccato di Cutro il 26 febbraio dello scorso anno nel momento del naufragio del barcone carico di migranti, ha risposto ad una specifica domanda dell’avvocato di parte civile, Francesco Verri, nel corso dell’udienza davanti al Tribunale di Crotone del processo a carico di tre presunti scafisti del caicco il cui naufragio provocò la morte di 94 persone, tra cui 35 minori, ed una decina di dispersi.

Gli imputati, Sami Fuat, di 50 anni, turco, e Khalid Arslan, di 25, e Ishaq Hassnan, di 22, entrambi pakistani, sono accusati di naufragio colposo, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte in conseguenza di altro reato. Nel corso dell’udienza davanti al Tribunale (presidente Edoardo D’Ambrosio) hanno deposto due dei pescatori che si trovavano sulla spiaggia proprio al momento del naufragio e sono stati tra i primi a soccorrere i migranti finiti in mare.

Paone, In particolare, ha detto di avere telefonato alla Guardia costiera alle 4.34. “Ho riferito – ha detto il pescatore – che c’era una barca in difficoltà a causa del mare mosso dalla quale provenivano grida. La Guardia costiera mi ha risposto che ne erano al corrente. Però sulla spiaggia, nel momento del naufragio, c’eravamo soltanto noi”.

Il processo è stato aggiornato al 10 aprile per sentire tre dei superstiti che si trovano ad Amburgo e che verranno ascoltati, con rogatoria internazionale, in videoconferenza.

Intanto si è appreso che ci vorrà circa un mese per la conclusione della seconda inchiesta della Procura di Crotone sul naufragio relativa ai presunti ritardi nei soccorsi al caicco in difficoltà dopo la segnalazione arrivata la sera prima da Frontex. In questa seconda inchiesta sono coinvolti tre finanzieri ed altre tre persone di cui non si conosce l’identità.

Medici Senza Frontiere esprime preoccupazione per l’evolversi della situazione a Gaza

Medici Senza Frontiere, ha espresso preoccupazione per l’evolversi della situazione a Nasser a Khan Younis, nella Striscia di Gaza, invitando le forze israeliane a garantire che le persone intrappolate all’interno, compreso il personale medico e i civili, risultano illesi. Lo riporta l’agenzia di stampa Wafa.

L’organizzazione ha dichiarato su X che: “Siamo molto preoccupati per la situazione che si sta verificando all’ospedale Nasser di Khan Younis, Gaza”.

“MSF chiede alle forze israeliane di garantire che tutto il personale medico, i pazienti e gli sfollati siano illesi”, ha aggiunto. “Oggi, le forze israeliane hanno ordinato a tutti gli sfollati rifugiati all’interno dell’ospedale Nasser, il più grande nel sud di Gaza, di evacuare la struttura. Al personale medico e ai pazienti è stato detto che possono rimanere nell’ospedale con il limite di un assistente per paziente.”

“La gente ha paura di lasciare l’ospedale perché sente parlare di persone colpite da colpi di arma da fuoco. Coloro che desiderano andarsene devono avere un passaggio sicuro”, spiega.

Ambasciatore: “Il Papa pronto a mediare sull’Ucraina, ma Occidente ostacola pace”

Papa Francesco è pronto a mediare sull’Ucraina, ma l’Occidente sta ostacolando la soluzione del conflitto, ha detto Ivan Soltanovsky, ambasciatore russo in Vaticano, in un’intervista alla Tass.

“Dopo l’inizio dell’operazione militare speciale, abbiamo ricevuto dal Papa la proposta di mediare per stabilire un dialogo con la parte ucraina, proposta che è stata espressa più volte anche in seguito. Il vero ostacolo è il rifiuto della necessità di negoziati sia da parte delle autorità ucraine, espresse nel divieto per legge di negoziare con la Russia, e da parte dell’Occidente collettivo, hanno pompato follemente il regime di Kiev di armi moderne, spingendolo così a continuare le avventure militari”, ha osservato il diplomatico.

Soltanovsky ha sottolineato che la Santa Sede ha “assunto una posizione neutrale ed equilibrata” fin dall’inizio della crisi. Sappiamo che Papa Francesco non accetta l’azione militare. Apprezziamo i suoi sforzi per stabilire una pace duratura e giusta”, ha aggiunto l’ambasciatore russo.

Come ha spiegato Soltanovsky, nelle condizioni della politica distruttiva dell’Occidente, il dialogo di Mosca con il Vaticano si concentra sulla risoluzione di “problemi umanitari specifici, principalmente insieme al cardinale Matteo Zuppi, inviato speciale del Papa”. “Secondo la Santa Sede, i successi sul piano umanitario sono importanti non solo in sé, ma anche per creare un ambiente più favorevole per trovare vie di pace e ripristinare almeno un minimo di fiducia tra i Paesi”, ha detto.

Nell’intervista il diplomatico fa sapere inoltre che il pontefice considera “inaccettabile la persecuzione religiosa della Chiesa ortodossa ucraina canonica in Ucraina e chiede la fine della discriminazione religiosa”.

“L’ambasciata informa regolarmente il Vaticano a tutti i livelli sulla persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina canonica. La situazione della persecuzione delle persone a causa della religione preoccupa i nostri interlocutori vaticani. La Santa Sede e il Papa personalmente chiedono pubblicamente che porre fine alla discriminazione religiosa e difendere la libertà religiosa”, ha detto quando gli è stato chiesto come il Papa risponderà agli appelli di Mosca a condannare Kiev per le sue azioni contro la chiesa ortodossa.

“Questo vale anche per l’Ucraina: nel marzo 2023 Papa Francesco è intervenuto in difesa dei sacerdoti della Kiev-Pechersk Lavra. Naturalmente vorremmo che la voce autorevole del Vaticano suonasse più forte di fronte alle palesi violazioni delle libertà religiose dei credenti ortodossi ucraini da parte delle autorità di Kiev e della cosiddetta “Chiesa” scismatica (Chiesa ortodossa ucraina – TASS)”, ha aggiunto il diplomatico.

L’Ucraina sta conducendo una campagna attiva contro la Chiesa ortodossa ucraina canonica, incoraggiando anche il passaggio delle sue comunità religiose alla giurisdizione della Chiesa ortodossa ucraina, creata nel 2018 dalla fusione di due strutture religiose scismatiche. Le autorità locali stanno privando l’UOC del diritto di affittare terreni per l’ubicazione di edifici ecclesiastici; con il loro sostegno, i sostenitori della Chiesa ortodossa ucraina sequestrano con la forza le chiese della chiesa canonica e attaccano il suo clero. Al 4 novembre 2023, il Servizio di sicurezza dell’Ucraina (SBU) ha avviato un procedimento penale contro 70 ecclesiastici affiliati all’UOC dal febbraio 2022. Sedici metropoliti dell’UOC e 19 vescovi sono stati privati ​​della cittadinanza ucraina. Il 19 ottobre la Verkhovna Rada (parlamento ucraino) ha approvato in prima lettura un disegno di legge, redatto dal governo su istruzioni del presidente Vladimir Zelenskyj, volto a vietare completamente la UOC. Tuttavia, secondo il Servizio statale dell’Ucraina per l’etnopolitica e la libertà di coscienza, almeno dai cinque ai sei milioni di persone nel paese rimangono parrocchiani dell’UOC.

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Bonus facciate per lavori mai fatti, sequestro per 1,5 milioni a 2 indagati

I Finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Locri, diretta dal Dott. Giuseppe Casciaro, stanno dando esecuzione ad un provvedimento, emesso dal Gip del locale Tribunale, che dispone il sequestro preventivo di denaro, beni e crediti fiscali per un valore di 1,5 milioni di euro.

L’operazione condotta dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Locri è scaturita da una verifica fiscale eseguita nei confronti di un soggetto economico avente sede nella Locride. Secondo quanto è emerso i proventi illeciti oggetto di recupero a tassazione sono riconducibili a crediti d’imposta fittizi, frutto di un sistema di frode realizzato nell’ambito dei cosiddetti “Bonus Edilizi”.

Nello specifico, l’amministratore della società verificata avrebbe fittiziamente prodotto crediti di imposta, relativi agli interventi di recupero del patrimonio edilizio in realtà mai eseguiti, cedendoli alla società dallo stesso amministrata.

Successivamente, la società sarebbe stata ceduta ad altro soggetto di origini calabresi e residente al nord Italia, che avrebbe trasferito i predetti crediti d’imposta ad un’altra impresa della stessa area geografica. Quest’ultima li avrebbe, poi, utilizzati a proprio vantaggio in compensazione del proprio debito di imposta.

A seguito degli approfondimenti d’indagine, sono state denunciate 2 persone per i reati di truffa, riciclaggio e autoriciclaggio, eseguendo conseguentemente il sequestro preventivo e per equivalente, disposto dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Locri, per circa 1,5 milioni di euro, di cui un milione di euro di crediti d’imposta ancora giacenti nei cassetti fiscali della società e 500 mila euro tra disponibilità finanziarie, quote sociali e beni (5 fabbricati, cinque terreni, quote societarie detenute in due società di capitali e 5 auto) nei confronti dei soggetti economici e delle persone fisiche indagate.

Gestione illecita di case popolari, 9 arresti e decine di indagati

Nove persone arrestate e 37 indagati complessivi è il bilancio di una inchiesta della Procura di Reggio Calabria nei confronti di una associazione dedita all’illecita gestione di alloggi residenziali pubblici. Tra gli indagati figurano elementi ritenuti organici alle ‘ndrine e dipendenti pubblici.

L’operazione, in codice “Case Popolari”, è stata condotta stamane dai carabinieri reggini che hanno tradotto due degli indagati in carcere e 7 ai domiciliari.

Inoltre, il Gip, in accoglimento della richiesta cautelare formulata dai pm, ha disposto il sequestro preventivo di 11 appartamenti di edilizia popolare illecitamente assegnati e occupati anche da alcuni degli odierni indagati.

Tra gli arrestati figurano un presunto boss della ‘ndrangheta, Carmelo Murina, di 60 anni, ed un suo parente. Ai domiciliari anche l’ex dirigente dell’Aterp reggina, Eugenia Rita Minicò, di 67 anni.

Il provvedimento costituisce l’esito di una complessa attività investigativa condotta dal Nucleo investigativo del Comando provinciale di Reggio Calabria e dalla Compagnia Carabinieri di Villa San Giovanni, che ha visto i suoi albori nell’anno 2016, per poi proseguire fino ad epoca recente, anche con il contributo della Squadra mobile di Reggio Calabria, diretta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, e che ha riguardato complessivamente, a vario titolo, 37 indagati.

L’attività investigativa ha fatto luce su una situazione di malaffare che aveva come settore preferenziale quello della gestione degli alloggi di edilizia popolare di proprietà del Comune di Reggio Calabria e dell’Aterp (Azienda territoriale edilizia residenziale pubblica), consentendo di acclarare come il sodalizio criminale fosse capeggiato da due pregiudicati reggini, uno dei quali già riconosciuto quale appartenente alla ‘ndrangheta, all’esito di pronunce giurisdizionali definitive.

Le indagini – spiega una nota dell’Arma – hanno offerto uno spaccato di rara chiarezza in ordine alla particolare operatività degli odierni indagati nella gestione ed assegnazione illecita di immobili di edilizia popolare, soprattutto nel quartiere “Santa Caterina” di Reggio Calabria.

L’associazione poteva, anche, contare sull’apporto fornito da alcune figure interne alla Pubblica Amministrazione, tra le quali, spiccava quella di ex una dirigente dell’Aterp, all’epoca in servizio presso la sede di Reggio Calabria, a disposizione della consorteria, che si dimostrava in grado di “pilotare” la concessione degli immobili, ideando e suggerendo le modalità migliori per realizzare le finalità illecite dell’associazione.

Tale mercificazione della funzione pubblica garantiva un forte appeal al sodalizio, potendo contare sulla cd. “regolarizzazione” della posizione dell’acquirente, che, dapprima, occupava abusivamente l’immobile e, in un secondo momento, grazie ai rapporti con i pubblici dipendenti, ne diveniva legittimo assegnatario. Attraverso questo sistema i “clienti” potevano così acquistare un’abitazione non commerciabile ad un prezzo certamente più competitivo rispetto a quello di mercato, nondimeno privandone della disponibilità cittadini e famiglie bisognosi.

A disposizione dell’associazione criminale vi era, inoltre, un dipendente del Comune di Reggio Calabria, il quale individuava gli immobili popolari, li segnalava ad uno dei promotori del sodalizio e ne cedeva le chiavi, dietro versamento di denaro, nonché si adoperava nella procedura amministrativa di regolarizzazione, predisponendo anche la falsa documentazione attestante la residenza dei futuri acquirenti ed interloquendo con altri soggetti interni all’amministrazione per incidere illecitamente sul procedimento di assegnazione.

Nel corso del procedimento penale emergevano elementi indiziari anche nei confronti di un appartenente alla Polizia Municipale del Comune di Reggio Calabria, non destinatario di misura cautelare bensì di perquisizione personale e locale, che, in più di una occasione, dietro il versamento di somma di denaro, avrebbe falsificato documentazione afferente al suo Ufficio, al fine di venire incontro ai desiderata di uno dei capi promotori.

Inoltre, è stata riscontrata la responsabilità dei promotori del sodalizio anche in relazione al reato di estorsione poiché, con minacce e violenze perpetrate nei confronti di un cittadino, lo costringevano a liberare un appartamento che aveva occupato abusivamente e che era d’interesse dell’associazione.
Si segnala, altresì, come, nel corso dell’attività di indagine, siano emersi plurimi elementi relativi alla commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, sia del tipo cocaina che marijuana.

All’esito dell’attività di esecuzione della ordinanza del Gip, accompagnata dall’esecuzione di perquisizioni personali e locali, i due destinatari della misura della custodia cautelare in carcere sono stati associati presso la casa circondariale di Reggio Calabria, mentre i restanti 7 indagati sono stati collocati presso i rispettivi domicili a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.
Inoltre, così come disposto dal Gip, sono stati sottoposti a sequestro preventivo 11 appartamenti di edilizia popolare illecitamente assegnati.
Contestualmente, si è proceduto a dare esecuzione a 20 decreti di perquisizione personale e domiciliare nei confronti di soggetti indagati, a vario titolo, nell’inchiesta.

‘Ndrangheta: estorsione mafiosa a imprenditore, 5 arresti

Cinque persone, ritenute appartenenti al locale di ‘ndrangheta di Cutro, sono state arrestate dalla Polizia di Stato con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso dalla Polizia di Stato, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Catanzaro su richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo.

Il provvedimento è stato disposto al termine di un’indagine avviata nel settembre del 2023 sulla base delle dichiarazioni raccolte da un imprenditore.

Le successive acquisizioni di elementi, frutto di attività di intercettazione telefonica, ambientale e telematica e di riprese video assieme alle dichiarazioni di altri imprenditori, potenziali vittime di fatti analoghi hanno consentito di fare emergere il coinvolgimento nell’attività estorsiva di alcuni componenti delle famiglie Ciampà-Martino.

Le ulteriori indagini hanno evidenziato che gli indagati, allo scopo di costringere gli imprenditori presi di mira a versare somme di denaro non dovute, sarebbero stati oggetti di minacce o di tentativi di minaccia.

All’operazione, scattata alle prime ore dell’alba, hanno partecipato un centinaio di donne e uomini della Polizia di Stato, appartenenti alla Squadra mobile di Crotone con la collaborazione del personale del Servizio Centrale Operativo -Sezione Investigativa di Catanzaro e delle Squadre mobili di Catanzaro e Reggio Emilia, del Reparto Prevenzione Crimine di Cosenza e con il supporto delle unità cinofile della Questura di Vibo Valentia.

False fatture per truffare, sequestro beni per 900mila euro a tre indagati

I Finanzieri del Comando Provinciale Cosenza hanno dato esecuzione a un decreto emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Castrovillari finalizzato al sequestro preventivo, ai fini di confisca, di beni mobili, immobili, disponibilità finanziarie e quote societarie per un valore di 900 mila euro, appartenenti a tre persone fisiche e una società di capitali.

Le indagini, svolte dai militari del Gruppo della Guardia di Finanza Sibari su delega della Procura della Repubblica di Castrovillari, hanno consentito di ricostruire le attività illecite perpetrate dai tre soggetti (imparentati tra loro) mediante un sistema di frode fiscale fondato sull’emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, a beneficio di una società operante nel settore alberghiero.

In particolare, dagli sviluppi investigativi e dall’approfondimento di segnalazioni di operazioni sospette ai fini antiriciclaggio, emergeva che diverse imprese, costituite ad hoc dagli indagati, emettevano fatture per lavori edili e di pulizia mai eseguiti, o eseguiti in parte, a beneficio della società alberghiera capogruppo che, pertanto, beneficiava di ingenti crediti Iva utilizzati per compensare debiti tributari e previdenziali, a danno dell’erario.

I documenti contabili fittizi venivano utilizzati, inoltre, per percepire contributi pubblici a fondo perduto di 133 mila euro, nell’ambito del “Programma Operativo Regionale (P.O.R.) Calabria FESR 2014-2020”; in sostanza, dagli accertamenti bancari svolti sui conti correnti della società c.d. “madre” emergeva un sistema illecito di pagamenti simulati (a mezzo bonifici bancari) verso quelle “nate” per documentare falsamente la fornitura di beni e servizi.

Le somme accreditate venivano poi prelevate in denaro contante e “restituite” alla società alberghiera che, con le fatture false, dimostrava fraudolentemente all’ente erogatore il sostenimento di spese oggetto di finanziamenti pubblici, di fatto mai sostenuti.

All’esito delle attività investigative si procederà a segnalare i responsabili del danno erariale anche alla Procura Regionale Calabria della Corte dei Conti, nonché all’Ente erogatore dei contributi pubblici per la restituzione delle somme illegittimamente percepite.

Giovane finanziere uccide la madre e la sorella della ex che si salva

Ha puntato la pistola di ordinanza contro la madre e la sorella della ex fidanzata esplodendo una serie di colpi, mentre lei è riuscita a sfuggire al massacro scappando tra gli spari.

Alla vigilia di San Valentino si consuma a Cisterna di Latina un duplice femminicidio, probabilmente dovuto ad una lite scoppiata tra un finanziere di 27 anni e la sua compagna. L’uomo, Cristian Sodano, non accettava la fine della relazione con Desyrée Amato, di 22 anni.

Secondo una prima ricostruzione, nel pomeriggio il militare è arrivato nella villetta della ex immersa nelle campagne e lì è cominciato il litigio davanti alle altre due donne, che probabilmente sono intervenute per difendere la 22enne.

Poi l’uomo ha aperto il fuoco uccidendo Renée Amato, di 19 anni, e la madre Nicoletta Zomparelli, di 49 anni. Desyrée ha cominciato a correre rifugiandosi in bagno e chiudendosi dall’interno.

A quel punto si è allontanato mentre al loro arrivo nell’abitazione le forze dell’ordine hanno trovato i corpi delle due donne con la giovane sopravvissuta nascosta in un angolo sotto choc.

Per un tragico caso, il nome del quartiere dove sono avvenuti gli omicidi – che si è verificato proprio alla vigilia della festa degli innamorati – è zona ‘San Valentino’.

Si finge carabiniere e truffa un’anziana, rintracciato e arrestato

La squadra volanti della Questura di Crotone ha arrestato un ventiduenne napoletano, con l’accusa di tentata estorsione, rapina e lesioni.

La vicenda ha avuto origine da una telefonata, ricevuta da una anziana donna crotonese, da parte di un soggetto qualificatosi come carabiniere, il quale le ha comunicato che il fratello sarebbe rimasto coinvolto in un incidente e che, a causa dello stesso, sarebbe finito in carcere. Il truffatore ha quindi richiesto alla signora la somma di 6.000 euro per la liberazione del fratello.

Mentre la telefonata stava per concludersi, alla porta della povera signora si è presentato un uomo il quale, dopo essere entrato in casa furtivamente, ha richiesto alla donna la somma di denaro o, in mancanza, i monili d’oro presenti in casa. Monili che la vittima, di tutta fretta, si è apprestata a recuperare e ad adagiare sul tavolo, pronti per essere consegnati al giovane. Improvvisamente, la donna ha cambiato idea, decidendo di non consegnare più i gioielli all’uomo, per cui quest’ultimo, con forza, le ha afferrato il braccio, impossessandosi della refurtiva.

Proprio in quel frangente ha fatto ingresso nell’appartamento il fratello della donna il quale, notando il malfattore, ha tentato di bloccarlo. Il giovane, vistosi scoperto, ha aggredito il fratello della vittima e, dopo aver abbandonato il sacchetto contenente gran parte dei gioielli, è uscito dall’appartamento, allontanandosi frettolosamente.

La vittima ha quindi chiamato il 113, fornendo la descrizione del malvivente, il quale è stato subito individuato a poche centinaia di metri dall’abitazione dagli agenti delle volanti intervenuti, che hanno peraltro rinvenuto addosso al giovane parte della refurtiva.
Pertanto, il giovane è stato tratto in arresto, ed associato presso la locale casa circondariale, a disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone.

Messina Denaro, arrestati i figli dell’autista del boss: “Scortavano il latitante”

Nuovo colpo alla rete di fiancheggiatori che ha coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro. I carabinieri del Ros hanno arrestato Matteo Messina Denaro, Antonino Luppino e Vincenzo Luppino, figli dell’imprenditore di Campobello di Mazara Giovanni Luppino, l’uomo che faceva da autista al capomafia e che con lui è finito in manette il 16 gennaio 2023.

I due fratelli Luppino sono accusati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gianluca De Leo e Piero Padova.

I Luppino, secondo l’accusa avrebbero fornito a Messina Denaro “un aiuto prezioso” per muoversi e spostarsi nel territorio in cui il boss negli ultimi periodi ha vissuto. I due fratelli, secondo le accuse, dal 2018 al 2022, hanno abitato a pochi metri dall’ultimo covo del padrino a Campobello di Mazara, condividendo col padre informazioni cruciali per la gestione della latitanza del capomafia.

Secondo le indagini, ad Antonino Luppino sarebbe stato comunicato il numero di uno dei cellulari usati dal boss, mentre Vincenzo Luppino sarebbe andato alla clinica La Maddalena, dove il ricercato era in cura per un cancro, quando questi venne operato, per provvedere ai suoi bisogni. E ancora Antonino Luppino, insieme al padre Giovanni, avrebbe scortato Messina Denaro, dopo le dimissioni dalla casa di cura, l’11 maggio 2022, fino a Campobello e insieme al fratello si sarebbe occupato delle riparazioni della auto, una Giulietta, con la quale il capomafia si spostava.

I tre Luppino, poi, avrebbero seguito i lavori di ristrutturazione del covo del latitante e il trasloco dei mobili del boss all’ultimo nascondiglio. Vincenzo avrebbe custodito la vecchia cucina che Messina Denaro aveva deciso di non portare nell’abitazione in cui si era trasferito. Infine Vincenzo avrebbe prestato al padre il proprio furgone perché scortasse il latitante mentre attraversava in auto Castelvetrano per passare davanti alle abitazioni dei suoi familiari.

Messina Denaro sotto casa dei familiari poco prima dell’arresto

Il 29 dicembre del 2022, pochi giorni prima del suo arresto, Matteo Messina Denaro passava in auto sotto casa della ex compagna, madre di sua figlia, e delle sorelle Bice e Giovanna, a Castelevetrano. Lo seguiva e gli faceva da scorta il furgone di Vincenzo Luppino, oggi arrestato. Alla guida c’era il padre Giovanni, imprenditore finito in manette nel giorno della cattura del padrino e suo autista. Il boss ricercato dunque transitava sotto casa dei suoi per rivedere i luoghi a lui cari e nella speranza, sospettano gli investigatori, di riuscire a scorgere i familiari sia pure da lontano.

Le telecamere del paese hanno immortalato il furgone che seguiva la Giulietta del latitante mentre passava alle ore 17,12 sotto casa di Franca Alagna, l’ex compagna, alle 17.15 sotto casa della sorella Giovanna e alle 17.17 sotto quella dell’altra sorella Bice. La scorta, scrive il gip, assicurava una sorta di staffetta al latitante, “che doveva transitare su luoghi notoriamente oggetto di eccezionali controlli delle forze dell’ordine”.

Scontro sulla statale 107 a Cosenza, un morto e due feriti

Un giovane morto e due feriti in gravi condizioni. E’ questo il bilancio di un tragico incidente stradale avvenuto poco dopo la mezzanotte tra lunedì e martedì sulla statale 107, nel territorio di Cosenza, nel tratto che dalla città capoluogo conduce all’area commerciale di Zumpano.

A scontrarsi, forse a causa dell’asfalto reso viscido dalla pioggia, una Fiat Idea ed una Jeep Renegade. Ad avere la peggio il conducente della Fiat, Simone Virdó, di 26 anni. I feriti sono stati trasportati in ospedale dai sanitari del 118.

Secondo una prima ricostruzione, uno dei due veicoli sarebbe sbandato, finendo per scontrarsi frontalmente con l’auto proveniente dalla direzione opposta.

Sul posto i Vigili del fuoco di Cosenza, i carabinieri di Rende per gli adempimenti di competenza e personale Anas per il ripristino delle normali condizioni di sicurezza della sede stradale. La statale 107 nel tratto interessato dal sinistro è rimasto chiuso al transito sino al termine delle operazioni di soccorso.

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