7 Ottobre 2024

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Dramma nel Cosentino, si è suicidato agente della Polizia penitenziaria

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Tragedia a pochi chilometri di Cosenza dove un assistente capo della Polizia penitenziaria libero dal servizio si è suicidato per motivi ancora ignoti nella sua abitazione. E’ successo sabato mattina a Mangone, centro del Savuto cosentino. La vittima, M.P., di 57 anni, lavorava presso il carcere “Sergio Cosmai” di Viale Mancini, nel capoluogo bruzio.

Da accertare ancora dinamica e movente dell’estremo gesto. Sul posto, per i rilievi, si sono recati i carabinieri della compagnia di Rogliano e del Comando provinciale bruzio oltre al magistrato di turno presso la Procura di Cosenza. Una notizia che ha lasciato increduli quanti lo conoscevano in paese e al lavoro. L’uomo, che lascia moglie e due figli, avrebbe usato la pistola d’ordinanza.

Sulla vicenda è intervenuto il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), attraverso il segretario generale aggiunto Giovanni Battista Durante e il segretario regionale della Calabria Francesco Ciccone. “E’ una notizia – aggiungono Durante e Ciccone – che sconvolge tutti noi. L’uomo, padre di due figli, lavorava nel servizio a turno ed era stato anche aggredito alcuni anni fa. Si disconoscono le motivazioni del gesto estremo al momento e sono ovviamente in corso i doverosi accertamenti”.

Sulla vicenda interviene anche Donato Capece, segretario generale del Sappe, che ricorda “come quello dei poliziotti penitenziari suicidi è un dramma che va avanti da troppo tempo senza segnali concreti di attenzione da parte del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria». Capece, premesso che «allo stato sono in corso accertamenti sulle ragioni del tragico gesto”, rileva che “i poliziotti penitenziari sono lasciati abbandonati a loro stessi, mentre invece avrebbe bisogno evidentemente di uno strumento di aiuto e di sostegno. Servono soluzioni concrete per il contrasto del disagio lavorativo del personale di Polizia penitenziaria. Come anche hanno evidenziato autorevoli esperti del settore, è necessario strutturare quanto prima un’apposita direzione medica della Polizia penitenziaria, composta da medici e da psicologi impegnati a tutelare e promuovere la salute di tutti i dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria. Qui servono azioni concrete sui temi dello stress psico-fisico degli appartenenti al Corpo”.

Serie B, tonfo in casa del Cosenza contro la Sampdoria: 1-2

La Sampdoria di Pirlo passa 2 a 1 al Marulla di Cosenza nell’anticipo della 26sima giornata in serie B, rovinando la festa rossoblu’ per i 110 anni di storia. Dopo un lampo di Tutino che non trova la porta, successo sampdoriano costruito nella prima mezz’ora.

Al 23′ rete di Darboe, bissa 3′ dopo De Luca su dormita enorme della difesa di casa. Cosenza in bambola, la squadra di Caserta prova a restare in partita ma è scossa e non riesce a reagire. Il risultato regge fino al 75′ quando Frabotta nel mucchio in area trova la deviazione vincente che riapre la gara.

Il Cosenza prova l’assedio ma di fatto non fa quasi mai paura a Stankovic che se la cava senza grosse ansie, la Samp custodisce l’esiguo vantaggio fino alla fine e si porta a casa tre punti che la conducono in acque piu’ tranquille. Per i rossoblu’ gara da archiviare al piu’ presto. Rimane comunque la grande festa pre gara con i 15mila che hanno celebrato un anniversario importante.

Naufragio Cutro, visita a sorpresa del ministro Piantedosi

A un anno del tragico naufragio di Cutro il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è giunto stamani a Crotone, senza alcun preavviso, per portare dei fiori sulla tomba di Alì, il neonato morto nel naufragio di Steccato che è sepolto al cimitero del capoluogo. Il ministro ha evitato di incontrare i giornalisti già a Crotone per l’anniversario del naufragio e della visita si è saputo solo dopo la conclusione.

Piantedosi si è poi recato al giardino di Alì composto da 94 alberi (tanti quante le vittime) che il Comune di Crotone inaugurerà domenica. Quindi al cimitero di Cutro dove si trovano sepolte alcune vittime. Dopo aver fatto tappa alla spiaggia di Steccato di Cutro è ripartito, non prima di recarsi sulla spiaggia di Steccato, sulla quale la tragedia si è consumata che è costata la vita a 94 immigrati.

Ad accompagnare Piantedosi nel suo giro il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto ed i sindaci di Crotone e Cutro, Vincenzo Voce e Antonio Ceraso, che hanno saputo all’ultimo momento della visita.

Ad un anno di distanza dalla tragedia, sono intanto al rush finale le indagini della Procura di Crotone sui soccorsi ai migranti naufragati all’alba del 26 quando il caicco Summer Love si schiantò su una secca ad un centinaio di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. La tragedia scatenò sin da subito polemiche da più parti per le presunte lacune nella catena dei soccorsi sulle quali sta indagando la Procura di Crotone. I pm sono adesso in attesa di un’integrazione alla perizia del loro consulente, l’ammiraglio Salvatore Carannante, e già nelle prossime settimane potrebbero far partire l’avviso di conclusione indagini.

Nel registro degli indagati sono finiti sei nomi, tre coperti da omissis che si ipotizza possano appartenere al Corpo della Capitaneria di porto, ed altri tre di ufficiali e sottufficiali delle basi aeronavali della Guardia di finanza di Crotone, Vibo Valentia e Taranto. Intanto una ragazza afghana che vive in Finlandia e che nel naufragio ha perso il fratello, Zahara Barati, ha scritto una lettera alla premier Giorgia Meloni in cui afferma che “era stato preso un impegno dal primo ministro, ci aveva promesso di trasferire tutti i familiari delle vittime in Italia o in Europa. Ma nonostante abbiano fatto un elenco di nomi e sia trascorso un anno, siamo stati abbandonati. Nessuno ci ha contattato”. Oggi a Crotone sarà aperta una mostra fotografica intitolata “I sogni attraversano il mare”; sono 94 foto, scattate dal collega Giuseppe Pipita che fu il primo ad arrivare sulla spiaggia di Steccato, che cristallizzano l’immane tragedia e aiutano a non dimenticare mai ciò che è successo.

Studenti pro-Palestina manifestano e vengono picchiati dalla Polizia

Scontri tra studenti e polizia nei cortei per la Palestina che hanno sfilato oggi 23 febbraio a Firenze e Pisa. Nel capoluogo toscano il corteo, partito da piazza Santissima Annunziata ha sfilato per le vie del centro storico arrivando fino ai lungarni in prossimità del consolato degli Stati Uniti. Qui era stato predisposto uno sbarramento dalle forze dell’ordine. I manifestanti hanno cercato di avanzare e la polizia li ha respinti con cariche di alleggerimento. Alla fine il corteo ha raggiunto piazza Ognissanti dove si sono tenuti gli interventi finali.

Cariche anche a Pisa dove a sfilare per chiedere la fine dei combattimenti nella Striscia di Gaza sono stati anche studenti giovanissimi delle scuole superiori.

“Si vedono ragazze e ragazzi inermi manganellati dalla polizia in tenuta anti sommossa all’inizio di via San Frediano – scrive su X l’ex presidente della Camera e parlamentare Pd Laura Boldrini condividendo un video – una delle strade che conducono a Piazza dei Cavalieri, dove si trovano la Scuola Superiore Normale e il Polo Carmignani dell’Università statale. In alcune sequenze, si vedono gli agenti colpire con i manganelli, inseguendoli, ragazzi che scappano mentre in altri, un paio di studenti vengono costretti a sdraiarsi a terra immobilizzati con le mani dietro la schiena”.

“Piantedosi riferisca”
“E’ l’ennesima carica contro giovani che manifestano pacificamente ed è inaccettabile – prosegue Boldrini annunciando un’interrogazione al ministro dell’Interno – che in Italia non si possa scendere in piazza e si tenti di reprimere il dissenso colpendo ragazze e ragazzi che esercitano un diritto costituzionale. Aderisco all’iniziatica del collega Emiliano Fossi e sottoscrivo la sua interrogazione al ministro Piantedosi perché faccia luce sull’accaduto”.

“Basta manganellate sugli studenti”, tuona anche la segretaria Dem Elly Schlein via Instagram. “Le immagini di Pisa sono inaccettabili: studenti e studentesse intrappolati in un vicolo e caricati a manganellate dalla polizia. Presentiamo subito un’interrogazione parlamentare al ministro Piantedosi, affinché chiarisca. C’è un clima di repressione che abbiamo già contestato mercoledì scorso al ministro in Parlamento. Difendiamo la libertà di manifestare pacificamente”.

Alla segretaria Dem fa eco il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte: “Ancora una volta manganellate contro chi protesta per il massacro in corso a Gaza. Questa volta a Pisa, ai danni di studenti, giovanissimi. Altri episodi ci sono stati a Firenze. Sono immagini preoccupanti, non degne del nostro Paese. Non può essere questa la risposta dello Stato al dissenso”, scrive su X.

Insorge anche il capogruppo M5S alla Camera, Francesco Silvestri: “Quanto accaduto a Pisa, e purtroppo in altre parti di Italia, dove alcuni manifestanti sono stati manganellati mentre supportavano la causa palestinese, è inaccettabile, indegno per un Paese democratico che deve permettere il dissenso. Il governo Meloni non taccia di fronte a tutto questo. La libertà di opinione è un valore di tutti”.

Protesta anche il sindaco di Firenze Dario Nardella. “Le immagini delle cariche della polizia sugli studenti di Pisa e Firenze sono inquietanti – scrive su X – . Usare la violenza contro chi manifesta pacificamente il proprio dissenso politico non è accettabile”.

“Le immagini che arrivano stamani da Pisa sono gravissime. L’Italia non può essere lo Stato in cui, nel 2024, per fermare degli studenti adolescenti si utilizzano i manganelli e la violenza – afferma il presidente del Consiglio regionale della Toscana, Antonio Mazzeo – e non può essere una giustificazione il fatto che quel corteo non fosse stato comunicato o autorizzato. La funzione di presidio del territorio e tutela della sicurezza, da parte delle forze dell’ordine, è un elemento fondamentale e imprescindibile ma il diritto a manifestare e il diritto al dissenso sono previsti dalla nostra Costituzione e non possono in alcun modo essere messi in discussione. Chiedo a tutti gli organi preposti, e in primis al governo e al ministro competente, che su quanto accaduto venga fatta chiarezza il prima possibile e si accertino tutte le eventuali responsabilità”.

La nota del Dipartimento di Polizia
“Gli episodi odierni di scontro con i manifestanti e con gli studenti fanno emergere le difficoltà operative di gestione, durante i servizi di ordine pubblico, di possibili momenti di tensione determinati dal mancato rispetto delle prescrizioni adottate dall’autorità ovvero dal mancato preavviso o condivisione dell’iniziativa da parte degli organizzatori”. Lo sottolinea in una nota il Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

L’impegno del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, si sottolinea nella nota, ”è da sempre proteso a garantire il massimo esercizio della libertà di manifestazione e nel contempo ad assicurare la necessaria tutela degli obiettivi sensibili presenti sul territorio nazionale”.

”Quanto verificatosi nelle città di Firenze e di Pisa costituirà, come sempre, momento di riflessione e di verifica sugli aspetti organizzativi ed operativi connessi alle numerose e diversificate tipologie di iniziative, che determinano l’impiego quotidiano di migliaia di operatori delle forze dell’ordine”, conclude la nota.

Sequestrati beni per 2,5 milioni a imputati processo antimafia

Beni per un valore di oltre 2,5 milioni di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro e da personale del Centro operativo Dia di Catanzaro, coordinati dalla Dda a due soggetti coinvolti nell’operazione “Orthrus” sulla cosca di ‘ndrangheta attiva a Torre di Ruggiero e Chiaravalle Centrale, poi assolti con sentenza non ancora passata in giudicato.

La misura, adottata dal Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Dda, ha riguardato terreni, immobili, società, e disponibilità finanziarie ed è stata presa sulla base delle indagini patrimoniali svolte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria-Gico della Finanza e dalla Dia, volte a verificare la effettiva disponibilità, la provenienza dei beni e la sproporzione del relativo valore rispetto ai redditi dichiarati e alla attività lavorativa.

Auto sbanda e si ribalta, muore un giovane calciatore

Incidente stradale nella notte nel territorio di Isca sullo Jonio (Catanzaro) sulla statale 106. All’arrivo dei pompieri sul posto è stata notata una autovettura, che per cause in corso di accertamento, è finita fuori dalla carreggiata ribaltandosi.

I Vigili del fuoco hanno provveduto ad estrarre dalle lamiere il conducente privo di vita. Si tratta di Marco Pezzati, di 31 anni, di origini toscane e giocava in Calabria nella Asd San Luca 1961 in serie D. In passato ha militato nella Sangiovannese, squadra toscana che ha partecipato anche ai tornei di serie C.

E’ sempre nel catanzarese c’è stato un investimento mortale. Lungo la strada statale 106 “Jonica” il traffico è provvisoriamente rallentato in corrispondenza del km 201,800 a Sellia Marina, a causa di un incidente, sulle cui cause sono in corso accertamenti. Un’autovettura ha investito un pedone, provocandone il decesso.

Sul posto sono intervenuti, oltre ai soccorritori, le squadre di Anas e delle Forze dell’ordine per la gestione della viabilità.

Operazione antimafia della Dda di Catanzaro, 22 arresti

Un’operazione contro la ‘ndrangheta è stata eseguita la scorsa notte nel Catanzarese. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando provinciale hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Catanzaro su richiesta della Direzione distrettuale antimafia a carico di 22 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso ed altri reati, come concorso esterno, estorsione, aggravati dalle modalità e dalle finalità mafiose.

Agli arrestati si contestano anche il traffico di sostanze stupefacenti, il sequestro di persona ed il danneggiamento.

Dalle indagini è emerso che le cosche di ‘ndrangheta operanti nella provincia di Catanzaro, nonostante fossero state colpite da precedenti operazioni delle forze dell’ordine, sarebbero riuscite a proseguire nelle loro attività illecite concentrate soprattutto sulle estorsioni ai danni di imprenditori del settore edile, boschivo ed eolico, nonché ai delitti in materia di stupefacenti.

A portare alla luce l’operatività delle ‘ndrine è stata un’indagine condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Catanzaro con il coordinamento della Dda catanzarese, che ha portato a 22 arresti, 19 in carcere e tre ai domiciliari.

In particolare, l’inchiesta ha riguardato le cosche operanti, rispettivamente, nel territorio di Vallefiorita, e anche ad Amaroni, Palermiti e Squillace, e nel territorio di Roccelletta di Borgia, attiva anche a Girifalco, nonché nelle aree industriali di San Floro e Germaneto di Catanzaro, e che si sono contese l’egemonia criminale sui territori contigui. Le indagini avrebbero fatto luce sull’attuale organigramma dei due sodalizi, ricadenti sotto l’influenza delle locali di ‘ndrangheta di Cutro e Isola Capo Rizzuto, e l’alternanza dei rispettivi equilibri criminali, oltre alle attività illecite attribuite agli indagati. In particolare sono contestati, a vario titolo, vari atti incendiari oltre a estorsioni tentate e consumate ai danni di attività commerciali e di imprenditori, e al tentativo di importazione di un’ingente quantità di marjuana ed eroina dalla Bulgaria.

Alcuni indagati sono accusati anche per un furto commesso nell’abitazione dei genitori di un collaboratore di giustizia. Nell’inchiesta sono coinvolti anche 4 imprenditori. Due, operanti nel settore edile, sono ritenuti partecipi alla cosca di Roccelletta di Borgia, ed altri due, uno attivo nella lavorazione dei rifiuti in campo oleario e l’altro nel settore turistico-ristorazione indagati per concorso esterno alla cosca di Vallefiorita.

L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro con il supporto dei militari della Legione Calabria, appartenenti ai comandi territorialmente competenti, dei “Cacciatori” di Calabria, del Nucleo cinofili e dell’ottavo Nucleo elicotteri di Vibo Valentia.

Procuratore Capomolla: “Cosche tentavano la spartizione per evitare scontri”

“Tentativi di spartizione per evitare scontri” sono stati intercettati dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro nell’ambito dell’operazione “Scolacium” condotta contro le cosche Catarisano, attiva sui territori di Roccelletta di Borgia, Borgia, Cortale e Girifalco, e Bruno, attiva sui territori di Vallefiorita, Amaroni, Squillace e comuni limitrofi. A dirlo è stato il procuratore facente funzioni di Catanzaro Vincenzo Capomolla.

Il magistrato ha spiegato che i due gruppi “si contendono i territori” e sono stati registrati numerosi “episodi di estorsione, atti intimidatori e atti incendiari”. Gli interessi dei due clan si estendevano sulle attività turistiche, come i lidi della costa jonica, il settore boschivo, edilizio e anche il business delle pale eoliche. Il procuratore aggiunto Giancarlo Novelli ha sottolineato che, benché già coinvolti nel procedimento denominato Jonny e da altri provvedimenti giudiziari, “questi soggetti continuavano a operare. Nonostante il regime penitenziario, c’erano interferenze con l’attività criminale”. “Quando un esponete di vertice veniva arrestato – ha detto il colonnello Roberto di Costanzo, comandante del Reparto operativo – veniva sostituito da soggetti legati da legami familiari”. “Si è registrato un forte clima di omertà – ha aggiunto il colonnello Giuseppe Mazzullo, comandante del Comando provinciale – che ha alimentato l’aggressività delle associazioni criminali”. Solo una volta, posti davanti al fatto compiuto, le vittime in alcuni casi hanno ammesso le vessazioni subite.

“E’ emerso il profilo imprenditoriale dell’associazione coadiuvata – ha detto Di Costanzo – da imprenditori che nel migliore dei casi erano concorrenti esterni e nel peggiore dei casi erano intranei all’organizzazione”. Dall’inchiesta è emerso anche un “totale disprezzo della legge, sia da un punto di vista giuridico che sociale”. Da parte delle vittime, ha rimarcato Di Costanzo, c’era “una sorta di Sindrome di Stoccolma”. Dalle indagini è emerso anche un sequestro di persona nei confronti di un imprenditore punito perché non aveva ottemperato ai desiderata delle cosche. Nel corso delle perquisizioni effettuate oggi nel corso dell’operazione, uno degli indagati è stato trovato in possesso di una pistola beretta calibro 6.35 con matricola abrasa, caricatore inserito e colpo in canna.

‘Ndrangheta: blitz contro clan di Reggio Calabria, 17 arresti

Un diffuso sistema di estorsioni e atti intimidatori per imporre il controllo del territorio, un’ampia disponibilità di armi e la gestione occulta di diverse imprese economiche. E’ quanto emerso dalle indagini condotte dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, dalla Sisco della Polizia e dal Nucleo investigativo del Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, sfociate nell’operazione “Gallico” con l’arresto di 17 persone.

L’inchiesta, coordinata dalla Dda reggina, ha portato a ricostruite le dinamiche e gli assetti dell’articolazione di ‘ndrangheta operante nel territorio di Gallico -quartiere alla periferia nord di Reggio Calabria – e le dinamiche riorganizzative interne attivate per colmare i vuoti di potere determinati dagli arresti eseguiti, nonché le modalità di sostentamento ai detenuti, argomento ritenuto così rilevante da essere oggetto di corrispondenza tra questi ultimi e gli indagati in libertà.

Elementi significativi sono emersi dalle indagini della Squadra mobile sull’omicidio di Francesco Catalano, avvenuto il 14 febbraio 2019, per il quale sono stati arrestati Domenico Mariano Corso e Costel Zlatan.

Il delitto, secondo l’accusa, è stato commesso nell’ambito delle dinamiche che hanno caratterizzato – tra il 2017 ed il 2020 – il conflitto per il controllo criminale del quartiere Gallico dopo l’arresto, nel luglio 2018, di Antonino Crupi. In particolare, sarebbe emerso che Catalano, già condannato per associazione mafiosa nell’operazione Olimpia, quando ha cercato di assumere il comando del territorio, è entrato in contrasto con Corso che già nel 2018 era diventato il principale referente mafioso nella zona.

Zlatan, poco dopo l’omicidio, ha fatto perdere le sue tracce in Italia trasferendosi nel Regno Unito, dove, stamani è stato rintracciato e arrestato dalle autorità britanniche attivate tramite il canale I-Can del Servizio cooperazione internazionale di Polizia. Sempre dalle indagini sull’omicidio Catalano sarebbe emerso un giro di usura anche nei confronti di commercianti che avevano fatto ricorso agli indagati per far fronte alle difficoltà finanziarie per il lockdown legato alla pandemia da Covid.

Ai responsabili di un supermercato, affiliato ad un noto marchio, era stata imposta l’assunzione di diversi soggetti e la promozione della moglie di uno degli indagati. Gli indagati sono accusati anche di essersi infiltrati nel settore della panificazione con l’imposizione a rifornirsi di farina da un determinato rivenditore. Nel corso dell’operazione, i carabinieri hanno sequestrato alcune armi e sono stati eseguiti i sequestri, disposti dal Gip di 4 società fittiziamente intestate a terzi, ma di fatto, secondo l’accusa, nella disponibilità degli indagati.

“Una delle principali attività della consorteria criminale che egemonizzava il quartiere di Gallico, nella periferia nord di Reggio Calabria, era quella del mutuo soccorso dei detenuti”. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri incontrando i giornalisti con Polizia di Stato e Carabinieri per illustrare i risultati dell’operazione “Gallicò”.

“Attraverso la raccolta di fondi – ha aggiunto – si assicurava il necessario per le famiglie del detenuto, per la sua detenzione e per le spese legali per la sua difesa. Bisognava assicurare uno ‘stipendio’ ai componenti il clan che erano incappati in indagini giudiziarie ed erano stati condannati”. Alla conferenza stampa hanno partecipato il capo della Squadra mobile Alfonso Iadevaia, il direttore del Sisco Giuseppe Izzo, il comandante del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Reggio Calabria Vincenzo Palmieri e il comandante del Reparto operativo Antonio Merola.

Terrorismo, perquisizioni in Italia nella rete dell’attentatore di Bruxelles

Le abitazioni di diciotto immigrati nordafricani sono state perquisite dal Ros dei carabinieri e da agenti della Digos di Bologna perché indiziati di far parte di una rete terroristica di matrice islamica. Il provvedimento, emesso dalla Dda di Bologna, è stato eseguito nelle province di Bologna, Brescia, Сото, Fermo, Feпara, Lecco, Macerata, Teramo, Palermo, Perugia, Roma, Torino, Trento е Udine.

Le misure, che si inquadraпo nell’ambito degli approfondimenti investigativi scaturiti dall’attentato perpetrato а Bruxelles, il 16 ottobre 2023, dal cittadino tunisino Abdessalem Lassoued, originano anche da acquisizioni provenienti dai canali di cooperazione internazionale, avviate fin da subito con la polizia belga е gli organismi di Europol, che hanno consentito di fare piena luce sui contatti mantenuti in Italia dell’autore dell’attacco terroristico, rimasto nel nostro paese dal 2012 al 2016.

In particolare, і destinatari dei provvedimenti, appartenenti alla cerchia relazionale virtuale del citato tunisino Lassoued, rimasto ucciso dopo avere ucciso due svedesi prima di una partita di calcio a Bruxelles, usano profili social per diffondere conteпuti tipici degli ambienti dell’estremismo di matrice confessionale.

Gli sviluppi di tali accertamenti hanno gia permesso di individuare altri stranieri nei cui confronti si è definito l’iter per l’alloпtanamento dal territorio пazionale con provvedimeпti amministrativi di espulsione.

Sono in corso di valutazioпe le posizioni amministrative degli stranieri oggetto di perquisizione volte а verificare la regolarita della loro permanenza sul territorio nazionale.

Maltrattavano pazienti anziani in una casa di cura, 4 arresti in Sicilia

I carabinieri di Caltanissetta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare che sottopone agli arresti domiciliari quattro persone del posto, di cui tre appartenenti al medesimo nucleo familiare, gravemente indiziati, a vario titolo, per sequestro di persona, esercizio abusivo della professione sanitaria e abbandono di incapaci, nei confronti di anziani ospiti di una casa di riposo di Caltanissetta.

L’ordinanza, emessa nel corso delle indagini preliminari dal giudice su richiesta della locale Procura della Repubblica, trae origine da un’ampia e articolata attività investigativa, condotta dai militari a partire dal giugno del 2023, che avrebbe rilevato una conduzione illecita dell’attività assistenziale agli anziani ospiti di una casa di riposo nissena, i quali quotidianamente sarebbero stati abbandonati, anche per diverse ore, nonostante le loro richieste di cura, ponendoli in una situazione di grave pericolo per la loro incolumità personale, senza adeguata assistenza – soprattutto notturna – all’interno della struttura.

Nel corso delle indagini è emerso altresì che la casa di riposo sarebbe stata priva degli adeguati requisiti organizzativi e finanche igienico sanitari, in quanto connotata da servizi igienici mancanti di coperture, esiguità di appositi bagni per persone con disabilità e condizionatori non funzionanti.

Gli accertamenti svolti avrebbero permesso di acclarare l’assenza di figure professionali idonee, in quanto prive di qualifiche, necessarie per salvaguardare in modo corretto la salute dei degenti. In ragione di una politica gestionale volta al contenimento delle spese tramite l’assunzione di operatori in numero inferiore a quanto previsto e necessario, agli anziani ospiti sarebbero stati anche somministrati medicinali tranquillanti senza alcuna prescrizione medica al fine di fronteggiare l’assenza di personale soprattutto nelle fasce orarie notturne, così riducendo il rischio di dover erogare un’assistenza notturna attiva.

L’attività investigativa avrebbe persino permesso di accertare, a carico di uno degli indagati, una serie di comportamenti che integrerebbero la fattispecie di reato del sequestro di persona, in quanto l’anziano paziente è stato letteralmente rinchiuso nel suo posto letto attraverso l’utilizzo di griglie di ferro, normalmente utilizzate come barriere laterali, impedendogli di spostarsi durante la notte.

I militari, su disposizione del gip di Caltanissetta, hanno posto sotto sequestro la casa di riposo, ora affidata ad un amministratore giudiziario, procedendo anche ad un’ispezione igienico sanitaria della struttura con l’ausilio di personale del Nas di Ragusa, mirata ad accertare la sussistenza di ulteriori inadempienze. Alle operazioni ha partecipato anche personale medico, che ha svolto opportuni e accurati accertamenti al fine di verificare le attuali condizioni di salute degli anziani.

Frode fiscale, riciclaggio e false fatture: arresti in diverse regioni. Oltre cento indagati

Carabinieri e Guardia di Finanza, coordinati della Procura di Reggio Emilia, stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di cinque persone, ai domiciliari per sette, indagati per associazione a delinquere e per numerose ipotesi, in prevalenza reati tributari, false fatturazioni, riciclaggio internazionale ed autoriciclaggio.

Previste anche tre interdittive. Più di 100 gli indagati tra Emilia, Calabria, Campania, Toscana, Lazio, Lombardia, Marche e Veneto e 81 le società coinvolte; le Fiamme Gialle e i Carabinieri stanno procedendo con perquisizioni e sequestri per 10,5 milioni. Il giro d’affari scoperto è di più di 30 milioni.

Nel mirino un’organizzazione ritenuta contigua ad ambienti della criminalità organizzata, finalizzata a frodi fiscali, indebite percezioni di risorse pubbliche, reati fallimentari e, appunto, riciclaggio e autoriciclaggio. Più di 100 le perquisizioni, 251 le società utilizzatrici di fatture false e oltre 350 i militari impegnati, tra carabinieri e finanzieri, nell’esecuzione dell’operazione “Minefield”. Le interdittive riguardano due commercialisti e un imprenditore.

L’inchiesta vede coinvolti 108 indagati, di cui 26 facenti parte di un’associazione a delinquere, e 81 società, per numerose ipotesi delittuose, in prevalenza del settore fiscale.

Quindici le misure cautelari eseguite, di cui 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 7 misure degli arresti domiciliari, un obbligo di dimora e tre misure interdittive, di cui due nei confronti di professionisti. Si è reso necessario anche un arresto in flagranza per detenzione ai fini di spaccio di droga, in quanto rinvenuti durante una perquisizione 18 Kg di hashish e 4 di marijuana. Sequestrati anche preziosi ed orologi di valore.

Le condotte poste in essere dall’organizzazione criminale – spiega una nota – sono emerse all’esito di complesse attività di indagine (sviluppate dai militari del Gruppo Guardia di Finanza e della Compagnia Carabinieri di Reggio Emilia), che hanno evidenziato operazioni di infiltrazione nel tessuto economico regionale e conseguente gestione criminale, con influssi sull’intero territorio nazionale, ad opera del sodalizio, condotte da soggetti calabresi originari di Cutro (Crotone), professionisti calabresi e campani, soggetti nativi di Reggio Emilia ed altri originari della Provincia di Foggia.

Le attività d’indagine hanno fatto emergere come il core business criminale fosse legato in misura prevalente alla commissione di reati tributari, mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, con una costante crescita dei cosiddetti. “utilizzatori”, coinvolti nell’articolato sistema di frode fiscale; l’organizzazione ha, inoltre, gestito un imponente giro d’affari nel più ampio settore delle prestazioni di servizi, quali cantieristica e manutenzione di macchinari industriali e pulizie, oltre che nel settore del noleggio di autovetture e di commercio all’ingrosso.

Nello specifico, il meccanismo fraudolento prevedeva la creazione di società cartiere o l’acquisizione di società realmente esistenti poi destinate alla emissione di fatture false, che venivano intestate a soggetti principalmente prestanome, che agivano sotto le direttive loro impartite dai capi dell’organizzazione.

Venivano quindi individuate ditte compiacenti utilizzatrici delle F.O.I., i cui titolari effettuavano bonifici pari all’importo delle fatture ricevute sui conti correnti riferibili alle società del sodalizio, denaro che successivamente veniva – sia attraverso numerosi prelievi giornalieri, sia attraverso bonifici o emissione di assegni – riconsegnato agli stessi
fruitori delle fatture emesse per operazioni inesistenti, al netto della percentuale stabilita per il “servizio”.

Oltre ai reati fiscali i sodali avrebbero altresì commesso numerosi altri reati, quali l’estorsione, il riciclaggio ed auto-riciclaggio dei proventi illecitamente ottenuti, nonché bancarotta fraudolenta, indebita percezione di erogazioni pubbliche ed appropriazione indebita.

Nel corso delle attività d’indagine, i militari hanno scoperto come il sodalizio criminale abbia posto in essere anche sistemi di frode al welfare statale, mediante la richiesta e la percezione illecita dell’indennità di disoccupazione Naspi, per un valore di circa 60 mila euro, mentre continuavano illecitamente a porre in essere le proprie attività criminose ed a gestire il proprio giro d’affari; alcune delle “società cartiere” hanno altresì fatto indebitamente ricorso ai contributi pubblici stanziati durante l’emergenza pandemica da Covid-19,
per un importo di circa euro 72.000.

Nel corso delle investigazioni, è stato ricostruito anche il sistema di riciclaggio internazionale utilizzato dall’organizzazione in molti casi: infatti, i proventi illecitamente ottenuti venivano fatti confluire attraverso un sistema di scatole vuote prevalentemente verso il territorio Bulgaro; da qui, il denaro veniva inviato su ulteriori
conti esteri o monetizzato, per essere poi reintrodotto fisicamente in Italia.

In altri casi, l’organizzazione criminale, per “ripulire” il denaro illecitamente ottenuto e reintrodurlo nei circuiti dell’economia legale nazionale, lo reinvestiva nell’acquisto di diamanti o preziosi ovvero in autovetture di lusso, acquistate in territorio austriaco e poi noleggiate sul territorio reggiano, attraverso società riconducibili all’organizzazione.

L’attività investigativa svolta dalle Fiamme Gialle ha consentito di ricostruire il provento derivante dal reato di “emissione di fatture false”, ottenuto dall’associazione, per un valore di circa 4.000.000 di euro e l’importo dell’imposta evasa da 69 società, risultate essere le maggiori utilizzatrici delle “fatture false”, per un importo di oltre 6.000.000 di euro.

In casa custodisce due kg di droga, scoperto e arrestato

Un 39enne di Mesoraca (Crotone), è stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti.

I militari della locale stazione, nel corso dei regolari servizi di controllo del territorio, hanno notato un assiduo via vai di soggetti nell’abitazione del 39enne – già noto per precedenti spacifici -, e pertanto hanno effettuato una perquisizione personale e domiciliare nella sua abitazione.

I carabinieri, all’interno del garage di proprietà dell’arrestato, occultato in un grande contenitore di plastica, hanno rinvenuto un ingente quantitativo – poco meno di 2 kg – di stupefacente di vario genere, così suddiviso: 697 grammi di hashish confezionato in panetti avvolti da plastica, un kg. di marijuana anche questa confezionata all’interno di involucri di plastica e 140 grammi di cocaina all’interno di un barattolo di vetro, nonché sono stati trovati anche altro materiale e un bilancino di precisione utilizzati per confezionare e suddividere la droga in dosi.

Una nota dell’Arma spiega che l’ingente sequestro “ha rivelato ai militari una bizzarra, ma non rara particolarità: infatti su due panetti di hashish era presente un adesivo di carta riportante il logo – falso –  di un famoso marchio di moda; utilizzare la modalità di “branding” per il confezionamento, cioè apporre sulle sostanze marchi di aziende famose, squadre di calcio o scuderie automobilistiche, è ormai molto diffusa e serve sia a “garantire” agli occhi dell’acquirente l’elevata qualità dello stupefacente che si va ad acquistare sia una vera e propria pubblicizzazione della sostanza al fine di renderla riconoscibile e quindi acquistabile sempre dalla stessa clientela”.

“Continuano quindi senza sosta i controlli e le attività preventive e repressive dell’Arma dei Carabinieri su tutto il territorio, finalizzate alla lotta allo spaccio di sostanze stupefacenti, fenomeno che vede ormai un triste coinvolgimento – come acquirenti – anche dei più giovani”.

Il sequestro ha permesso di togliere dalla disponibilità dell’arrestato un ingente quantitativo di droga, che avrebbe fruttato l’incasso di circa 20mila euro.

Traffico di droga al porto di Gioia Tauro, arrestati funzionari doganali

Porto Gioia Tauro

Avrebbero alterato i controlli per favorire la ‘ndrangheta. Per questo motivo due funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Gioia Tauro e una dipendente di una società di spedizioni sono stati arrestati dai finanzieri di Reggio Calabria con il supporto dello Scico e la collaborazione di Europol e della Dcsa.

I tre, secondo l’accusa, sarebbero coinvolti in un traffico internazionale di droga aggravato dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta. Complessivamente sono 7 gli indagati dalla Dda reggina, con il supporto di Eurojust, tra i quali anche un terzo funzionario doganale, già arrestato in un’altra operazione nel 2022.

Le misure cautelari sono state disposte dal Gip su richiesta della Dda reggina guidata da Giovanni Bombardieri. In carcere sono stati portati i funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli Antonio Pititto, di 60 anni, residente a Mileto, addetto al controllo scanner, e Mario Giuseppe Italo Solano, di 51 anni, residente a Limbadi, in servizio all’ufficio antifrode, fino al 2021 addetto al “controllo scanner” e successivamente alla “visita merci”. Ai domiciliari è stata posta Elisa Calfapietra, di 36, residente a Gioia Tauro.

Le indagini sono state condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria-Gico di Reggio Calabria, anche con la collaborazione di personale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, e dagli esiti sarebbe emerso che i funzionari avrebbero fatto parte di un sodalizio criminale, ora disarticolato, costituito dal responsabile di una ditta di spedizioni, da portuali infedeli e dai referenti delle principali cosche di ‘ndrangheta operanti nell’area della piana di Gioia Tauro.

I doganieri, in servizio in punti nevralgici del dispositivo di controllo, quali il controllo scanner e quello “visivo” mediante apertura dei container, secondo l’accusa, avrebbero consentito l’uscita dal porto di ingentissimi quantitativi di cocaina mediante l’alterazione degli esiti delle ispezioni o l’omessa rilevazione di anomalie nei carichi controllati.

Tra i documenti rinvenuti dai finanzieri figurano anche precise istruzioni, fornite dai funzionari doganali, su come i narcos sudamericani avrebbero dovuto collocare i panetti di cocaina all’interno dei carichi di copertura, al fine di ridurre sensibilmente la possibilità che questi venissero individuati nel corso dei controlli ordinari.

Tra l’altro, secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini, se il carico fosse stato comunque scoperto, gli stessi doganieri avrebbero provveduto a fornire all’organizzazione i verbali di sequestro per giustificare la perdita della droga, evitando in tal modo il pagamento di quanto pattuito.

Uno dei funzionari doganali, inoltre, si sarebbe preoccupato di avvertire i sodali in merito ad eventuali operazioni condotte dalla Guardia di finanza, con l’intento di evitarne l’arresto.

Duplice omicidio del 2013 nel Catanzarese, chiuse le indagini

La Dda di Catanzaro ha emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari sull’omicidio di Giuseppe Bruno, di 39 anni, presunto capo dell’omonimo gruppo criminale di Roccelletta di Borgia, e della moglie, Caterina Raimondi, di 29, avvenuto il 18 febbraio del 2013 a Squillace.

A commettere il duplice assassinio, secondo l’accusa, sarebbe stato Francesco Gualtieri, di 44 anni, di Borgia, attualmente detenuto con l’accusa di essere un affiliato alla cosca Catarisano. Per mettere in atto il duplice omicidio fu usato un kalashnikov.

L’agguato contro Bruno e la moglie fu messo in atto poco dopo che le due vittime erano usciti dalla loro abitazione. Secondo quanto è emerso dall’inchiesta della Dda, il duplice omicidio sarebbe da collegare ad uno scontro tra la cosca Catarisano ed il gruppo capeggiato da Giuseppe Bruno per il controllo delle attività illecite in una vasta zona dell’entroterra catanzarese.

Francesco Gualtieri, difeso dagli avvocati Salvatore Staiano e Antonio Lomonaco, è già stato condannato in via definitiva con l’accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso.

Omicidio avvocato Pagliuso, chiesta la conferma dell’ergastolo per Gallo

Francesco Pagliuso
L’avvocato Francesco Pagliuso, ucciso a Lamezia Terme il 9 agosto 2016

Conferma della condanna all’ergastolo comminata in primo grado. E’ la richiesta che il sostituto procuratore generale di Catanzaro, Luigi Maffia, ha fatto davanti a giudici della Corte d’assise d’appello, presieduta da Abigail Mellace, per Marco Gallo, di 39 anni, imputato dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso, di 43 anni, ucciso in un agguato la sera del 9 agosto del 2016 a Lamezia Terme, nel giardino della sua abitazione, dopo avere appena parcheggiato la propria automobile.

Maffia ha anche chiesto che a Gallo, accusato di essere stato un killer della ‘ndrangheta e di avere commesso altri omicidi, venga applicata l’aggravante mafiosa, esclusa dai giudici di primo grado.

Il pg Maffia, infatti, si è detto “convinto e certo” che quello dell’avvocato Pagluso “sia stato un omicidio che ha avuto origine in un ambiente mafioso. E che sia stato eseguito con modalità tipicamente mafiose”. Il Procuratore generale ha anche chiesto per Gallo, difeso dall’avvocato Francesco Siclari, la condanna ad un anno di isolamento diurno.

Killer
L’imputato Marco Gallo, in primo grado condannato all’ergastolo

Nella sua requisitoria Maffia, riferendosi al movente dell’omicidio, ha detto che “l’avvocato Pagliuso era visto come un nemico dalla cosca Scalise della ‘ndrangheta dal momento in cui aveva assunto la difesa del gruppo rivale dei Mezzatesta, ottenendo in loro favore notevoli successi processuali, al punto da determinare la propria condanna a morte”.

Maffia, tra l’altro, all’epoca dell’omicidio dell’avvocato Pagliuso, era procuratore facente funzioni di Lamezia Terme e fu lui ad aprire un’inchiesta sull’assassinio del penalista prima di trasmettere gli atti, per competenza, alla Dda di Catanzaro.

Nel processo si sono costituiti parte civile i familiari dell’avvocato Pagliuso, la Camera penale ed il Consiglio forense di Lamezia Terme, il Consiglio nazionale forense ed i Comuni di Lamezia Terme e di Soveria Mannelli.

Forza Italia, Roberto Occhiuto si candida a vice di Tajani

“Posso dirlo ufficialmente: ho già raccolto le firme tra i delegati al congresso nazionale di venerdì e sabato prossimi per candidarmi alla vicesegretaria nazionale di Forza Italia e dare una mano ad Antonio Tajani alla guida del partito”.

Lo ha detto il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, rispondendo ai giornalisti a Catanzaro a margine di un incontro alla Cittadella regionale. “Non c’è alcuna possibilità, inoltre – ha detto ancora Occhiuto – che io mi candidi alle elezioni europee”. (ansa)

Territori occupati in Palestina, udienze della Corte di giustizia su Israele

Lunedì la Corte internazionale di giustizia dell’Aia inizierà a tenere udienze pubbliche sulle conseguenze legali derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est. Lo riportano le agenzie di stampa in Medio oriente.

La giornata di oggi vede l’apertura delle udienze all’Aia e la dichiarazione dello Stato di Palestina.

Le sessioni si inseriscono nel contesto della richiesta dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di ottenere un parere consultivo da parte della Corte sugli effetti dell’occupazione israeliana che dura da più di 57 anni, e durerà sei giorni tra il 19 e il 26 febbraio.

Durante le sessioni, è previsto che la Corte ascolti le autorità di 52 paesi – un numero senza precedenti nella storia della corte – oltre all’Unione Africana, all’Organizzazione per la Cooperazione Islamica e alla Lega degli Stati Arabi.

Un panificio come centrale della droga, 9 arresti tra Catania e Reggio Calabria

Oltre cento Carabinieri del Comando provinciale di Catania, con il supporto dei reparti specializzati, hanno eseguito nelle province del capoluogo etneo e di Reggio Calabria un provvedimento cautelare nei confronti di 9 persone accusate a vario titolo di spaccio di sostanze stupefacenti. Per otto indagati il gip ha disposto la custodia in carcere e per uno gli arresti domiciliari.

L’indagine, denominata “Non solo pane”, coordinata dalla Procura distrettuale e condotta dai Carabinieri della Compagnia di Gravina di Catania, ha consentito di individuare una fiorente attività di smercio al dettaglio di cocaina, realizzata dagli indagati sia autonomamente che in concorso tra loro nel capoluogo etneo e in diversi comuni della cintura metropolitana.

In particolare, sarebbero state ricostruite le diverse modalità di cessione della droga, che avveniva sia in maniera “itinerante”, con gli “ordini” stabiliti telefonicamente e consegnati, o addirittura lasciati, in luoghi concordati, un vero e proprio “take away” della cocaina, sia nelle abitazioni dei pusher, dove si realizzava la compravendita e la consumazione dello stupefacente.

Uno degli spacciatori, che è un panettiere, avrebbe utilizzato il suo forno quale “copertura” e “base logistica” per l’attività illecita, venendo incontro alle esigenze degli acquirenti che avrebbero chiesto di ritirare di volta in volta “mezzo chilo di pane” o “mezza pagnotta”, tutte forme criptiche per celare il reale riferimento alla droga.

Contestualmente, i Carabinieri hanno eseguito anche diverse perquisizioni domiciliari con il supporto delle unità cinofile antidroga.

Ucraina, i russi conquistano Avdeyevka, roccaforte di Kiev nel Donbass

“Oggi al Cremlino, il ministro della Difesa russo, generale dell’esercito Shoigu, ha riferito al comandante supremo delle forze armate russe Putin che il gruppo centrale di forze sotto il comando del colonnello generale Andrey Mordvichev ha preso sotto il pieno controllo della città di Avdeyevka della Repubblica popolare di Donetsk, che era un’enorme roccaforte fortificata delle forze armate ucraine“, ha affermato il ministero della difesa.

Un’area di 31,75 chilometri quadrati è stata liberata dai nazionalisti ucraini. Le perdite del nemico nei combattimenti per Avdeevka nelle ultime 24 ore hanno superato i 1.500 uomini.

Sotto il continuo fuoco russo solo gruppi sparsi di militanti ucraini sono riusciti a fuggire, abbandonando armi ed equipaggiamento militare. Al momento, si stanno adottando misure per ripulire la città dai militanti e isolare le forze ucraine che sono fuggite dalla località e si sono trincerate nell’impianto chimico e di coke di Avdeyevka, ha detto il Ministero della Difesa.

Il Ministero ha sottolineato che le informazioni sull’avanzata delle truppe russe non saranno rese pubbliche fino alla completa sconfitta del nemico e all’istituzione del pieno controllo della località.

“La liberazione di Avdeevka ha permesso di allontanare la linea del fronte da Donetsk, proteggendola così in modo significativo dagli attacchi terroristici del regime criminale di Kiev. Il gruppo delle forze del Centro continua le operazioni offensive per liberare ulteriormente la Repubblica popolare di Donetsk dai nazionalisti ucraini“, si legge infine nel comunicato del ministero della Difesa russo.

Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, che sul suo canale Telegram ha scritto: “le truppe ucraine si sono ritirate da Avdeyevka perché il regime del presidente Vladimir Zelenskyj sa combattere solo per i soldi e solo contro i civili“.

Usa, Kennedy jr. vince causa contro Casa Bianca per la censura imposta ai social

Robert Kennedy Jr. ha ottenuto una importante vittoria nella sua causa contro l’amministrazione Biden ritenuto responsabile di aver colluso le aziende di social media per censurare lui e altri. E’ quanto si legge in un ripost di Elon Musk su X.

RFK Jr. è riuscito a vincere un’ingiunzione preliminare contro la Casa Bianca e diverse agenzie federali poiché un giudice federale ha stabilito che il governo “si stava insinuando negli affari privati ​​delle società di social media e stava offuscando il confine tra azione pubblica e privata”.

Il giudice Doughty ha affermato che Kennedy ha fornito prove sostanziali del fatto che l’amministrazione Biden aveva costretto le aziende a sopprimere la libertà di parola relativa a Covid, vaccini, elezioni, prezzi del gas, cambiamento climatico, genere e aborto.

“È certamente probabile che gli imputati potrebbero usare il loro potere su milioni di persone per sopprimere opinioni alternative o contenuti moderati con cui non sono d’accordo nelle prossime elezioni nazionali del 2024”, ha aggiunto il giudice.

L’ingiunzione è sospesa fino a 10 giorni dopo la sentenza della Corte Suprema sul Missouri contro Biden, sebbene impedisca alla Casa Bianca e ad altre agenzie di costringere le società di social media a “rimuovere, eliminare, sopprimere o ridurre… contenuti contenenti libertà di parola protetta.”

“Questo è un grande trionfo per la libertà di parola nel paese vinto da RFK Jr”.

“Grande”, ha postato Elon Musk, patron di Tesla, XSpace e X. “Il pubblico – scrive – continua a non comprendere nemmeno una piccola parte del potere di censura del complesso governativo-industriale” degli Stati Uniti.

“Come previsto, io e le mie aziende siamo stati attaccati incessantemente nel momento in cui è stata revocata la censura su questa piattaforma. Fino a che punto si spingeranno per fermarmi?” si chiede.

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