7 Ottobre 2024

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‘Ndrangheta, confiscati beni per un milione a un imprenditore

Beni per un milione di euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia ad un imprenditore catanzarese considerato il vertice di un’associazione ‘ndranghetista attiva sotto l’influenza delle locali di Cutro e Isola Capo Rizzuto e con epicentro nei territori dei comuni di Vallefiorita, Amaroni e Squillace in provincia di Catanzaro.

Il provvedimento di confisca, emesso dal Tribunale di Catanzaro e divenuto definitivo dopo il vaglio della Suprema Corte di Cassazione, trae origine da una proposta a firma del direttore della Dia e nella quale sono confluite le risultanze degli accertamenti patrimoniali esperiti dal Centro operativo di Catanzaro dello stesso organismo interforze che hanno fatto emergere una rilevante sproporzione tra il patrimonio nella disponibilità del proposto e i redditi da lui dichiarati.

Tra i beni confiscati figurano l’intero compendio aziendale di due società attive nei settori della ristorazione e della tinteggiatura e posa in opera di vetri, un’associazione culturale, 10 immobili, un motociclo, una autovettura, nonché rapporti bancari e disponibilità finanziarie.

L’imprenditore, Luciano Babbino, di 45 anni, di Catanzaro, è coinvolto nell’inchiesta “Scolacium” condotta dai carabinieri e coordinata dalla Dda catanzarese, che il 22 febbraio scorso ha portato a 22 arresti, 19 in carcere e tre ai domiciliari dove si trova Babbino.

I beni oggetto di confisca erano stati sequestrati nel gennaio 2021 a seguito di un’indagine patrimoniale condotta dalla Dia di Catanzaro su disposizione della Dda dopo il coinvolgimento dell’imprenditore in un’altra inchiesta antimafia per la quale è stato condannato in primo grado a 12 anni di reclusione.

L’operazione Scolacium del febbraio scorso, ha colpito le cosche di ‘ndrangheta In particolare, l’inchiesta ha riguardato le cosche operanti nel territorio di Vallefiorita, Squillace e Girifalco, ricostruendo l’attuale organigramma di due sodalizi ricadenti sotto l’influenza delle locali di ‘ndrangheta di Cutro e Isola Capo Rizzuto, e l’alternanza dei rispettivi equilibri criminali, oltre alle attività illecite attribuite agli indagati. Cosche che concentravano la loro attenzione criminale sulle estorsione ai danni di imprenditori del settore edile, boschivo ed eolico, nonché sugli stupefacenti.

Gratteri: “Contro la mafia assumere bravi hacker per social e dark web”

“Bisogna attrezzarsi, non solo sul piano normativo, ma anche sul piano tecnologico perché siamo indietro su questo piano. E soprattutto bisogna assumere hacker buoni, ingegneri informatici, oltre che polizia, carabinieri e finanzieri”. A dirlo è stato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, oggi a Vibo Valentia per presentare il suo libro “Il Grifone” scritto con Antonio Nicaso, parlando con i giornalisti di come la ‘ndrangheta utilizzi anche i social “come Facebook ma soprattutto Tik Tok” per i propri scopi.

“Purtroppo gli hacker buoni costano – ha aggiunto Gratteri – quelli bravi vanno a lavorare nelle aziende private e quindi è un rincorrersi. Però bisogna accelerare, bisogna anche cambiare i contratti per tenere questi hacker buoni, di qualità, nella pubblica amministrazione altrimenti non riusciremo a contrastare questa nuova sfida delle mafie nel campo del dark web”. Mafie che hanno anche iniziato a utilizzare le criptovalure.

“Ormai – ha spiegato l’ex procuratore di Catanzaro – anche qui in Calabria le mafie sono in grado di estrarre criptovalute, nel vibonese, nella Locride o nella zona del Crotonese si estraggono le monete elettroniche in quantità. Moneta elettronica che incomincia ormai ad essere usata per pagare la cocaina nella foresta amazzonica. Quindi possiamo dire che nell’arco di un anno, un anno e mezzo c’è stata una forte accelerazione nel campo dell’informatica, del dark web e questo ci preoccupa tantissimo. Dobbiamo correre e inseguire per non rimanere troppo indietro”.

“Se la Calabria mi Manca? Certo – ha detto Gratteri – ho trascorso tutta la mia vita, anche lavorativa, qui in Calabria. Come sapete sono stato costretto ad andare via però sono procuratore di Napoli e sto dando tutto me stesso per rendere più vivibile quel territorio. Oggi torno in una provincia che ha avuto tanto bisogno di attenzioni sul piano investigativo e sul piano giudiziario e i risultati sono sotto gli occhi di tutti”.

“Ritengo che sia una provincia più libera, più vivibile dove la gente ha oggi la possibilità di fare scelte importanti e di pensare anche al futuro, non solo per se stessi ma anche per i giovani, per le nuove generazione Sono molto contento di essere tornato qui, abbiamo speso tante energie ma i risultati si vedono. Intanto – ha proseguito – abbiamo contribuito a creare una nuova generazione di magistrati molto bravi, molto preparati e in pochi anni sono stati ottenuti risultati importantissimi.

“Ovvio che a cascata sono nate altre indagini e ancora per diversi anni ci saranno risultati importanti col lavoro che abbiamo seminato nel corso degli anni. Qui, su Vibo, ad esempio ci sono 4 pm della Dda di Catanzaro che sono di altissimo livello quale target qualitativo e quindi continueranno loro il lavoro che abbiamo ragionato, progettato e impostato assieme”.

Omicidio Maria Chindamo, inizia il processo ma è subito rinviato

Maria Chindamo
Maria Chindamo

E’ stata un’udienza breve e interlocutoria quella che si è tenuta stamani davanti alla Corte d’assise di Catanzaro in apertura del processo per l’omicidio di Maria Chindamo, l’imprenditrice di 44 anni di Laureana di Borrello (Reggio Calabria), rapita e uccisa a Limbadi (Vibo Valentia) il 6 maggio 2016 e il cui corpo è stato poi dato in pasto ai maiali e i resti distrutti con la fresa di un trattore.

Per il delitto è imputato Salvatore Ascone, di 58 anni, accusato di avere collaborato alla pianificazione, organizzazione ed esecuzione dell’omicidio in concorso con l’ex suocero di Maria Chindamo, Vincenzo Punturiero, che è deceduto, il quale avrebbe commissionato il delitto perché imputava il suicidio del figlio alla separazione che questi aveva avuto da Maria Chindamo.

Secondo l’accusa, Ascone avrebbe partecipato avendo interesse, in proprio e in qualità di referente della cosca Mancuso, ad acquisire un terreno dell’imprenditrice.

Nel corso dell’udienza, il difensore di Ascone, l’avvocato Salvatore Staiano, ha sollecitato la Corte a trasferire l’imputato dal carcere di Secondigliano a quello di Catanzaro perché deve essere sottoposto urgentemente a un intervento chirurgico essendo “affetto da una patologia che potrebbe portarlo alla morte”. Il presidente, Massimo Forciniti, ha riferito che la Corte già dall’8 marzo ha acconsentito a dare il nulla osta per il trasferimento.

Il pm Annamaria Frustaci ha poi spiegato che per 4 mesi Ascone ha rifiutato i ricoveri nelle strutture indicate dalle case circondariali nelle quali era detenuto perché voleva essere operato dal suo medico di fiducia. La Procura comunque non si è opposta al trasferimento.

L’avvocato Staiano ha quindi accusato l’inerzia della casa circondariale e ha chiesto un sollecito perché venga dato seguito al trasferimento. Nel prosieguo dell’udienza è stata presentata un’eccezione di nullità relativa alla notifica della chiusura indagini.

Nel processo vengono giudicati anche i presunti autori di un altro delitto, quello di Angelo Antonio Corigliano, ucciso a Mileto il 19 agosto 2013, per il quale sono imputati Giuseppe Mazzitelli, Salvatore Pititto, e Domenico Iannello. La Corte ha quindi aggiornato all’11 aprile prossimo.

Rifiuti smaltiti illegalmente, indagato il presidente del Cosenza Guarascio

Tonnellate di prodotto, indicato come fertilizzante, ma costituito in realtà da rifiuto smaltito illecitamente sui terreni agricoli delle province di Vibo Valentia, Catanzaro e Reggio Calabria. Ruota intorno a questa ipotesi di inquinamento ambientale l’indagine condotta dai Carabinieri dall’Aliquota Operativa del Nor di Serra San Bruno insieme al Nipaaf dei Carabinieri Forestali di Vibo Valentia coordinati dal Procuratore della Repubblica Camillo Falvo e da un sostituto cotitolare del procedimento. Al centro dell’attività investigativa il ciclo di trasformazione dei rifiuti effettuato all’interno di un impianto di recupero vibonese.

L’origine dell’indagine e le ipotesi accusatorie
Un’attività investigativa che già tra il marzo e il novembre del 2021, attraverso intercettazioni, campionamenti e controlli, aveva portato alla denuncia di undici persone e alla segnalazione di tre società per responsabilità penali ed amministrative. L’azienda, sita nell’entroterra vibonese, operante nel settore del recupero dei rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata, avrebbe dovuto produrre ammendante compostato misto. Ma, di fatto, non rispettando la procedura prevista all’interno dell’autorizzazione integrata ambientale, generava un prodotto che non aveva perso la qualifica di rifiuto, contente plastiche, vetri e metalli, anche pesanti come il cromo esavalente ed andando ad inquinare irrimediabilmente i terreni agricoli ove lo stesso veniva spanso.

Gli indagati
Tra gli indagati ci sono il patron del Cosenza Calcio Eugenio Guarascio e sua sorella Ortensia. Per loro il giudice ha disposto l’obbligo di dimora nel comune di residenza. E ancora Gianfranco Comito, manager del settore Ambiente della Regione Calabria. Gli altri indagati sono Maria Carmela Amato di Cosenza; Giuseppe Antonio Caruso di Lamezia Terme; Francesco Currado di Curinga; Rosario Fruci di Lamezia Terme; Alessandro Giardiello di Castrolibero; Vincenzo De Matteis di San Fili; Franco Dario Giuliano di Ricadi; Nicola Anselmo Ociello di Vibo Valentia.

La produzione illecita
Il procedimento produttivo, inoltre, veniva effettuato all’interno di capannoni, i cui portelloni sarebbero dovuti restare chiusi; di fatto l’attività veniva svolta mantenendo gli stessi aperti, non consentendo il corretto utilizzo dei filtri e determinando l’inquinamento dell’aria a causa delle polveri e delle emissioni immesse in atmosfera.

L’indagine avrebbe consentito di cristallizzare la presunta condotta illecita di diversi soggetti, attuata attraverso attività decisionali, esecutive e materiali, connesse alle posizioni e alle funzioni, apicali e non, rivestite all’interno della stessa azienda. Nel mirino degli investigatori sono finiti anche un dirigente della Regione Calabria e alcuni tecnici.

Regionali in Abruzzo, vince Marsilio (centrodestra) con oltre il 53%

Quando mancano meno di 100 sezioni ancora da scrutinare, Marco Marsilio è in testa alle elezioni regionali dell’Abruzzo con il 53,5% delle preferenze, contro il 46,5% del suo sfidante, il candidato del centrosinistra e M5S Luciano D’Amico.

Il partito che ha ottenuto il maggior numero di voti, stando ai dati del portale Eligendo, è Fratelli d’Italia (24%), seguito dal Pd con il 20%. Terza piazza per Forza Italia che conquista il 13,2%, mentre la Lega è ferma al 7,6%. M5S al 7%, dietro anche ad Abruzzo insieme (7,6%).

“Mai negli ultimi 30 anni un presidente era stato riconfermato: è stata scritta una pagina di storia e abbattuto un altro muro. Abbiamo chiesto altri 5 anni per continuare a crescere per completare un’opera di rilancio, ricostruzione e valorizzazione che stiamo mettendo in campo”, sono state le parole di Marsilio festeggiando la vittoria durante la notte nel suo comitato elettorale. “Meloni? – gli hanno chiesto – È andata a dormire tranquilla e felice”.

“Ho aspettato che si consolidassero i risultati. Un’ora fa ho chiamato Marsilio. Mi sono congratulato con lui. Il risultato è stato chiarissimo. Gli ho augurato buon lavoro assicurando che faremo un’opposizione che possa essere d’aiuto per realizzare progetti e programmi”. Lo afferma Luciano D’Amico, commentando l’esito del voto, nel corso di una conferenza stampa nel suo comitato elettorale.”Il risultato è chiaro: un abruzzese su quattro ha votato la coalizione Marsilio, uno su quattro ha votato la nostra coalizione. Ma due abruzzesi su quattro non hanno votato. Questa è la sconfitta più bruciante al di là dei risultati delle coalizioni. Per questo ci impegneremo molto nei prossimi cinque anni”, afferma D’Amico. “Non siamo riusciti a convincere gli abruzzesi che l’ente regione impatta sulla vita di tutti i giorni e a convincere i giovani che il loro futuro può essere determinato anche dalle scelte che l’ente regione fa – aggiunge – Cercheremo di essere propulsivi, di essere di stimolo per far sì che la regione Abruzzo possa raggiungere dei buoni risultati”.

“Marco Marsilio è il primo Presidente nella storia dell’Abruzzo ad essere riconfermato dagli elettori per un secondo mandato – scrive sui social Giorgia Meloni, presidente del Consiglio e leader di FdI -. Ed è per noi motivo di grande orgoglio che i cittadini abruzzesi abbiano voluto continuare a dargli fiducia, e con lui a dare fiducia al centrodestra, che si conferma maggioritario. È una fiducia che, come sempre, non tradiremo. Continueremo a lavorare per restituire all’Abruzzo e all’Italia il posto che meritano. Grazie!”.

Esulta anche la Lega: “Netta vittoria del centrodestra, con un buon risultato per la Lega. Grazie Abruzzo, avanti col buongoverno per altri cinque anni!”, si legge in una nota. (ansa)

Papa Francesco: Zelensky “alzi bandiera bianca. Farlo non è una resa né è vergognoso”

L’Ucraina, e il suo governo, “alzi bandiera bianca” di fronte all’orso russo e si avviino seri negoziati di pace. A dirlo, a sorpresa, è stato Papa Francesco in una intervista. Il pontefice ritiene che Kiev dovrebbe entrare nei negoziati mostrando così coraggio e non considerandolo una resa, men che meno una vergogna.

“Chi ha a cuore il popolo, chi ha il coraggio di alzare bandiera bianca e avviare i negoziati è davvero forte”, ha detto il Papa in un’intervista all’emittente svizzera RSI, quando gli è stato chiesto se potesse essere considerata una dimostrazione di coraggio sul piano parte dell’Ucraina per “alzare bandiera bianca” o se sarebbe “legittimazione di quello più forte”.

Allo stesso tempo, il Papa ha aggiunto che quando qualcuno è consapevole della propria sconfitta, che qualcosa è andato storto, è fondamentale mostrare coraggio e accettare di negoziare.

“Uno può vergognarsi, ma altrimenti quanti altri morti ci saranno prima che tutto finisca?” – continua Francesco. Secondo il pontefice i mediatori internazionali potrebbero facilitare i negoziati: ce ne sono molti, quando si tratta della guerra in Ucraina.

“La Turchia, per esempio, ma anche altri. Non bisogna vergognarsi dei negoziati, che impediscono che succeda il peggio”, ha detto il Papa. È certo che le trattative non sono mai una resa. “Ci vuole vero coraggio per non portare il Paese al suicidio”, ha sottolineato.

Dopo la pubblicazione dell’intervista a Papa Francesco sono piovute critiche sul pontefice da chi – come Usa e Ue – ritiene che la Russia debba essere sconfitta a tutti i costi. L’esito però è sotto gli occhi di tutti: centinaia di migliaia di soldati ucraini usati come carne da macello dalle èlite globaliste, una guerra annunciata ben prima del 2022 già stravinta da Mosca, con l’Occidente cosiddetto ‘democratico e liberale’ che non potendo ammettere la sconfitta di una guerra per procura si nasconde dietro a un dito ed è in fuga denudato con una mano davanti e una dietro per citare una metafora cara ai seguaci di “Sturmtruppen”.

Vìola il divieto di avvicinamento, arrestato

I carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Rende hanno arrestato un uomo per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Già denunciato nel mese di gennaio a seguito della denuncia sporta dall’ex compagna per stalking per gli episodi di atti persecutori posti in essere, l’uomo, di 32 anni, era stato sottoposto a febbraio alla misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Tuttavia, nonostante le prescrizioni imposte, si era presentato a casa della vittima pretendendo di entrare nell’abitazione, ma, grazie alla tempestiva chiamata al 112 della donna, i militari sono giunti rapidamente presso l’abitazione della vittima. Al momento dell’arrivo dei Carabinieri l’uomo era ancora sul posto, a bordo della propria autovettura in violazione della citata misura cautelare e per questo tratto in arresto in flagranza di reato.

Inoltre, durante le fasi del controllo lo stesso è risultato positivo all’esame alcolemico eseguito tramite l’etilometro e pertanto è stato deferito in stato di libertà per guida in stato di ebbrezza alcolica.

L’uomo si trova ristretto agli arresti domiciliari a disposizione dell’Autorità Giudiziaria di Cosenza.

‘Ndrangheta, preso un latitante ricercato da quattro mesi

Narcotraffico, altri quattro arresti nell'inchiesta Santa Fè
archivio

Dopo 4 mesi di latitanza è stato arrestato a Reggio Calabria Davide Berlingieri, 26 anni, appartenente alla comunità rom, sfuggito all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip nell’ambito dell’inchiesta “Garden” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e che lo scorso novembre portò all’arresto di 27 persone ritenute vicine alle cosche Borghetto e Latella operanti nei quartieri di Modena e Ciccarello.

Proprio in quest’ultima zona, nella periferia sud della città, è scattato oggi il blitz del Gico della guardia di finanza che ha consentito l’arresto di Berlingieri. Il giovane è stato scovato in via Loreto.

I finanzieri non hanno dubbi sull’esistenza di una rete di fiancheggiatori che ha garantito la latitanza di Berlingieri e, per questo, sono ancora in corso numerose perquisizioni in zona dove non è escluso possano esserci anche dei fermi. Stando all’inchiesta, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Walter Ignazitto, il ventiseienne avrebbe ricoperto un “ruolo apicale” nel gruppo criminale composto da soggetti appartenenti alla comunità rom e in rapporti con la ‘ndrangheta. Secondo gli inquirenti, infatti, Berlingieri fungeva non solo “da trait d’union tra i Latella e i numerosi pusher da loro riforniti” ma, con la droga della ‘ndrangheta, gestiva una piazza di spaccio.

Considerato uomo di fiducia di Angelo Latella, infatti, il giovane rom avrebbe partecipato anche a un summit avvenuto il 7 dicembre 2020 alla presenza del boss Cosimo Borghetto nel corso del quale, riporta l’ordinanza “si erano definite le strategie dell’associazione nella gestione del traffico degli stupefacenti”.

Tra i reati contestati a Berlingieri c’è anche la detenzione di armi ed esplosivi. Non solo pistole e fucili ma anche il materiale trovato dai finanzieri all’interno di un garage nel condominio “La Chiocciola” a Sbarre Superiori dove il clan nascondeva una mitragliatrice Likaweld M91 calibro 9 parabellum con matricola abrasa e 2,39 chili di esplosivo tipo gelatina dinamite a base di nitroglicerina.

Omicidio nel Vibonese, la droga il movente del delitto

Un debito di alcune decine di migliaia di euro. E’ questo secondo l’accusa il movente dell’omicidio di Giuseppe Salvatore Tutino, per il quale oggi due soggetti sono stati arrestati dai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia e del Ros. Da quello che hanno ricostruito gli investigatori, la vittima vantava un credito nei confronti di uno degli indagati per motivi legati alla produzione di stupefacenti.

Rimasti infruttuosi i suoi tentativi di ricevere quanto dovuto, avrebbe deciso di recarsi nelle coltivazioni di kiwi degli indagati, recidendo le piante per poi vantarsi di non aver alcun timore, anche dopo alcune minacce ricevute dai famigliari di uno degli accusati dell’omicidio.

Tale gesto, secondo l’ipotesi accusatoria, oltre ad accendere una profonda ira, avrebbe anche portato alla minaccia operata da uno degli indagati che ha pubblicato su un social network alcuni contenuti, usando come sottofondo una canzone folkloristica, il cui testo era un mix tra una minaccia velata e un rito di affiliazione alla ‘ndrangheta: “Chi tanto parla, niente guadagna, solo una cassa fatta da 4 legni e così hanno scritto i Cavalieri di Spagna, la lingua è peggio della gramigna”.

Un contributo fondamentale per lo sviluppo delle indagini e l’identificazione degli autori del delitto è venuto dal ritrovamento, nei pressi dell’auto incendiata, di un accendino di colore verde raffigurante una banconota da 100 euro.

Nonostante sull’accendino – usato presumibilmente per dare fuoco alla vettura con dentro il cadavere – non siano state trovate tracce utili per la comparazione del Dna, il suo ritrovamento ha consentito agli investigatori di raccogliere importanti elementi utili allo sviluppo delle indagini. Una ulteriore svolta è scaturita dall’analisi dei contenuti telematici rinvenuti nel tablet e negli apparati cellulari sequestrati ad uno degli indagati.

Omicidio Tutino nel vibonese, arrestate due persone

I carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia e del reparto Crimini violenti del Raggruppamento operativo speciale, coordinati dalla Procura di Vibo hanno fatto luce su un caso di lupara bianca risalente al 2021 ed hanno arrestato, a Rosarno e Siracusa, due soggetti in esecuzione di un’ordinanza cautelare in carcere del gip per l’omicidio di Giuseppe Salvatore Tutino, classe ’61, ucciso nel 2021 nel Vibonese.

A uno dei due, il provvedimento è stato notificato in carcere dove l’uomo è detenuto per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, mentre l’altro, già noto alle forze dell’ordine per reati in materia di armi, era libero.

Le indagini sono iniziate il 17 dicembre 2021 dopo la denuncia di scomparsa fatta dalla figlia di Giuseppe Salvatore Tutino, all’epoca 60enne, il cui cadavere è stato trovato un mese dopo all’interno di un’auto raggiunta di colpi di fucile, bruciata e interrata tra le campagne di Calimera, una frazione di San Calogero.

Grazie all’attività dei carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo, del Nor di Tropea e del reparto Crimini violenti del Ros, con il contributo della Sezione intervento operativo del Ris di Messina coordinati dalla Procura diretta da Camillo Falvo, gli inquirenti ritengono di avere individuato i presunti autori dell’omicidio nei due soggetti arrestati oggi ritenuti vicini ad ambienti criminali del rosarnese.

Secondo l’accusa, Tutino è stato ucciso con modalità tipiche delle esecuzioni di matrice ‘ndranghetistica: prima l’inganno per farlo allontanare dalla propria abitazione, poi l’esplosione ravvicinata di due colpi di fucile caricato a pallettoni ed infine il tentativo di eliminare il cadavere. I due indagati, che conoscevano molto bene la vittima, in concorso con altri soggetti da identificare, avrebbero infatti impiegato dei mezzi meccanici per eseguire le operazioni di scavo di una buca, all’interno della quale volevano collocare l’auto con all’interno il cadavere dopo averle dato fuoco.

A dare l’allarme, nel tardo pomeriggio del 17 gennaio 2022, ai carabinieri di San Calogero era stato il proprietario di un fondo agricolo nei pressi del torrente “Mesima” che aveva trovato una Fiat Panda bruciata risultata poi intestata alla vittima.

Lamezia, confiscati a un uomo beni per 700mila euro

I finanzieri del Gruppo di Lamezia Terme hanno confiscato beni per un valore di circa 700 mila euro a carico di un soggetto ritenuto vicino alle cosche della zona, già noto alle forze dell’ordine. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Catanzaro sezione Misure di prevenzione su richiesta della Procura di Lamezia Terme.

In particolare, attraverso specifici e accertamenti economico-finanziari sul conto dell’uomo è stato ricostruito il profilo economo – patrimoniale dei vari soggetti coinvolti in prima persona e/o per l’interposizione fittizia nelle varie disponibilità patrimoniali, individuando acquisizioni di beni immobili quali abitazioni e terreni prive di giustificazioni.

Complessivamente, la Guardia di finanza ha confiscato cinque appartamenti e due fondi agricoli situati in diversi comuni della provincia di Catanzaro.

Dossieraggi, Melillo: “Molto gravi i fatti di Perugia. Le azioni di Striano non individuali”

“Ho chiesto di essere ascoltato affinché vengano colti i fatti e i problemi e per allontanare il pericolo di disinformazione, di speculazione e di letture strumentali di vicende che riguardano delicate funzioni statuali.

Per tacere delle punte di scomposta polemica che sembrano mirare non ad analizzare la realtà e a contribuire alla sua comprensione e all’avanzamento degli equilibri del sistema ma ad incrinare l’immagine dell’ufficio e a delegittimare l’idea di istituzioni neutrali come la Procura nazionale antimafia e magari anche la Banca d’Italia”. Così il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo in commissione Antimafia.

“Potrà essere interessante rilevare che nella nostra banca dati, ben lontana dall’essere un mostro nero, si ritrova una ridotto numero delle Sos (segnalazioni di operazioni sospette) generate nel sistema finanziario e trasmesse dall’unità di informazione finanziaria”. Così il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo in commissione parlamentare antimafia, ascoltato in merito all’inchiesta di Perugia.

“La gravità dei fatti in corso è estrema. Bisogna sottolineare la complessità estrema della corretta e rigorosa gestione delle banche dati dove confluiscono quelle e altre non meno delicate informazioni al fine della repressione dei reati” sostiene il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo in commissione parlamentare antimafia, ascoltato in merito all’inchiesta di Perugia.

“La consapevolezza della serietà estrema dei rischi che gravano sull’immagine di trasparenza, correttezza e affidabilità di tutte le istituzioni che gestiscono informazioni riservate, credo potrà utilmente contribuire a valutare l’adeguatezza degli attuali strumenti legislativi tecnologici e gli assetti della pubblica amministrazione necessari per assicurare la tutela del segreto d’ufficio e investigativo ma anche la protezione di persone coinvolte dall’eventuale uso abusivo di quelle informazioni e di ogni altro patrimonio informativo, ma anche a tutelare la sicurezza della Repubblica” precisa il Procuratore nazionale antimafia.

Le condotte di Striano “mi paiono difficilmente compatibili con la logica della deviazione individuale. Credo ci siano molti elementi che confliggano con l’idea di un’azione concepita e organizzata da un singolo ufficiale ipoteticamente infedele. Uno dei punti centrali della procura di Perugia sarà comprendere la figura e il sistema di relazioni di Striano” precisa Giovanni Melillo in commissione Antimafia. É “una mia personale valutazione. Ma – aggiunge – ho una discreta esperienza anche come vittima di autentici dossieraggi abusivi come quelli ritrovati negli archivi paralleli della sede Sismi affidati a Pio Pompa nel 2006”.

Cos’è la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo

Schlein: ‘Le destre non strumentalizzino’
“Penso che sia molto grave che ci siano stati 800 accessi non legittimi. Su questo bisogna vederci chiaro. Siamo tra quelli che auspicavano la comparizione oggi di Melillo e Cantone per fare piena chiarezza. D’altra parte, però, questa vicenda non deve intaccare in alcun modo la libertà di stampa che è sacrosanta e non vorremmo che fosse strumentalizzata dalle destre per colpire in maniera generalizzata autorità che fanno un lavoro importantissimo, come la Direzione nazionale antimafia o per colpire la stampa. Non sarebbe la prima volta, noi questo non lo accettiamo”. Lo ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein a Chieti Scalo.

Cafiero de Raho ,’E’ un mio diritto essere qui in Commissione’
“E’ un mio diritto da parlamentare esserci”. Lo ha detto il vicepresidente della Commissione Antimafia Federico Cafiero de Raho arrivando a Palazzo San Macuto per l’audizione in Commissione Antimafia del Procuratore Nazionale Antimafia Melillo. Il vicepresidente della Commissione, Mauro D’Attis, aveva chiesto, assieme ad altri colleghi, nei giorni scorsi che de Raho si astenesse dal presenziare all’audizione di Melillo perchè “all’epoca dei fatti era alla Procura nazionale antimafia”. (ansa)

Dossieraggi, Gasparri (FI): “Cafiero de Raho lasci l’Antimafia”

“Le parole ieri del Procuratore Melillo, se non lo assolvono dalle mancanze che si potrebbero essere verificate anche durante la sua gestione della Procura antimafia, gettano un’ombra pesante sull’azione di Cafiero De Raho al vertice della Procura nazionale antimafia.

Infatti ieri il Procuratore generale non ha avuto neanche il coraggio di prendere la parola durante una riunione alla quale non avrebbe dovuto nemmeno partecipare”. Lo dichiara il Capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri

“Cafiero De Raho deve giustificarsi del suo operato di Procuratore nazionale antimafia ed il fatto che sia presente nell’Antimafia è inquietante. Rappresenta un conflitto di interessi che non può essere ignorato”, dice Gasparri. “Lo scandalo che investe la Procura nazionale antimafia è il più grave dei tempi recenti. Andremo fino in fondo. E anche Cantone sta confermando vicende inquietanti”.

“Il tenente Striano, della Guardia di finanza, non può aver agito da solo. Lo dice anche Melillo. E quindi ha agito, evidentemente, in connessione con i giornalisti, i cui nomi sono già in parte apparsi, ma anche con strutture interne alla magistratura che, evidentemente, hanno facilitato questo uso spregiudicato di banche dati per denigrare persone nemmeno sfiorate da un’indagine. La Procura nazionale antimafia va rifondata, va commissariata e sottoposta a una implacabile ispezione. Non ci fermeremo qui. Cafiero De Raho lasci con immediatezza la Commissione antimafia. Nella quale porremo con forza e decisione la vicenda del suo ruolo passato”, conclude Gasparri.

Dossieraggi, Cantone: 10mila gli accessi, ci sono altri Striano

“Credo ci sia l’esigenza di ripristinare la verità sui fatti che sono stati detti in questa fase, alcuni riportati in modo generico non avendo conosciuto gli atti, e per intervenire a tutela di un’istituzione sacra come la procura nazionale”.

Così il procuratore di Perugia Raffaele Cantone in commissione parlamentare antimafia, ascoltato in merito all’inchiesta sui presunti dossieraggi. “Non mi occupo di bolle di sapone. E chi parla di bolle di sapone ne risponderà nelle sedi giuste. Esiste un limite a tutto, se non si conoscono gli atti non si può esprime giudizio”, ha detto Cantone, secondo cui “c’è l’esigenza di una serie di strumenti come delle infrastrutture telematiche giudiziarie e vorrei ricordarlo in un momento nel quale con grandissima fatica ci stiamo avviando al processo telematico”.

Il mercato delle Segnalazioni di operazioni sospette (Sos) non si è affatto fermato. Abbiamo una prova clamorosa: durante la prima fuga di notizie è uscito un riferimento ad una Sos riguardo a un imprenditore che avrebbe avuto a che fare col ministro della Difesa, quella Sos non era stata vista da Striano. C’era qualcuno che continuava a vendere sotto banco le Sos. Questa indagine è stata trasmessa alla procura di Roma” ha evidenziato Cantone.

Gli accessi sono maggiori di 800. Dal primo gennaio 2019 al 24 novembre 2022 Striano all’interno della banca dati Siva ha consultato 4.124 Sos, un numero spropositato. Digitato 171 schede di analisi e 6 schede di approfondimenti seguite digitando il nominativo 1531 persone fisiche 74 persone giuridiche. Ha cercato 1.123 persone sulla banca dati Serpico, ma potrebbero essere pure 3mila le ricerche, io sto parlando delle persone. Ha effettuato 1.947 ricerche alla banca dati Sdi. Siamo ad oltre 10mila accessi e il numero è destinato a crescere in modo significativo”, ha rimarcato Cantone.

“Striano ha presentato una sorta di diario di tutte le pratiche che aveva fatto e ne abbiamo acquisito anche altre, tra cui quella sui fondi della Lega. L’attività sui fondi della Lega è uno degli oggetti di futuro approfondimento”, ha affermato Cantone rispondendo a chi gli ha chiesto durante l’audizione di entrare nel merito del dossier sulla Lega.

“Sappiamo che Striano operava in pool, non abbiamo al momento fatto approfondimenti che operavano con Striano, il coordinatore era lui. Ci sono stati altri accessi fatti alle Sos durante questa fase. Continuiamo ad avere accessi abusivi ad altre banche dati”, ha proseguito il procuratore di Perugia.

“Il fatto che la stampa abbia commissionato le attività di informazione a un ufficiale di polizia giudiziaria è un’ipotesi investigativa su cui auspichiamo di essere smentiti. Ci sono stati casi in cui ritenevamo evidente che c’era stata una commissione per accedere alle banche dati”, ha detto ancora Cantone. “Abbiamo analizzato i nominativi e i soggetti mediaticamente esposti, in quel lungo elenco di nomi 165 accessi complessivi riguardavano soggetti vip e sono oggetti del capo di imputazione”, ha aggiunto.

“Questa è la seconda fuga di notizie in questa inchiesta. Però ancora non abbiamo capito chi e come questa notizia l’ha fatta uscire, danneggiando l’indagine”, ha proseguito Cantone. Il procuratore ha inoltre spiegato di aver “sentito per due volte il ministro della Difesa, che credo vada ringraziato”. “La funzione del pm è individuare l’esistenza dei reati, dei fenomeni non se ne occupano. Esistono fatti di rilevante gravità di cui se ne occupa ognuno per le sue competenze”, ha aggiunto.

Cantone: “La vicenda Gravina? C’erano contatti con soggetti della Lazio”
In merito alla vicenda delle operazioni pre investigative di Striano e Laudati su Gravina “ci sono stati una serie di contatti con soggetti della Lazio, ma finché non si trova la prova non ci sono responsabilità. Abbiamo ascoltato a Perugia Claudio Lotito come persona informata sui fatti, poi abbiamo ritenuto di trasmettere gli atti alla procura di Roma”. Così il procuratore di Perugia Raffaele Cantone in commissione parlamentare antimafia, ascoltato in merito all’inchiesta sui presunti dossieraggi.

Lega: il dossier sui fondi al partito è attacco alla democrazia
“Un dossier sui finanziamenti della Lega finito nei cassetti della Dna – che pure non aveva competenza – e non è stato trasmesso ad alcuna procura distrettuale. Perché erano state raccolte e custodite quelle informazioni? Nel bel mezzo dello scandalo spioni, il giallo di questo dossier è l’ennesima notizia inquietante, su cui il parlamentare Gianluca Cantalamessa ha chiesto spiegazioni in Commissione Antimafia a Giovanni Melillo (ieri) e a Raffaele Cantone (oggi)”. Così la Lega in un comunicato. “Da anni la Lega subisce una campagna diffamatoria che poi viene smontata in tribunale dopo anni di fango e di vite rovinate: lo scandalo spioni conferma che si tratta di un vero e proprio attacco alla democrazia. Faremo di tutto per andare fino in fondo”.

Borghi (Lega): regia di area Pd e De Benedetti
“Oggi al Copasir, di cui io sono membro, ci saranno due audizioni importanti, del procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, e del procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo”. Lo afferma ad Affaritaliani.it il senatore della Lega e membro del Copasir Claudio Borghi. “Nel cercare di scoprire il malaffare – sottolinea Borghi – intanto venivano costruiti dossier falsi su operazioni sospette che non sono assolutamente un reato. I miei dati da quanto ho saputo sono stati spiati nell’agosto del 2022 quindi esattamente prima delle elezioni politiche. La domanda che tutti si fanno, chi c’è dietro? Il faro di queste operazioni ossessive è su personaggi in particolare del Centrodestra o Renzi e renziani, quindi usciti dal Partito Demmocratico. E se pensiamo che il giornale che sembra essere il veicolo di questi dossier, Il Domani, è di proprietà di De Benedetti tutto fa pensare che dietro ci sia una regia politica intorno all’area del Pd. Non mi aspetto un coinvolgimento diretto del partito, sarebbe ancora più grave, ma è un fatto che queste operazioni sembrano mirate a colpire gli avversari politici del Pd. D’altronde non dimentichiamoci che De Benedetti è noto come la tessera numero uno del Partito Democratico”.

Orlando, un cretino chi pensa Pd collegato
“Chi pensa che il Pd sia collegato a questa vicenda è semplicemente un cretino. Tra gli spiati “ci sono anche esponenti non del centrodestra”. Così Andrea Orlando, deputato Pd e componente della Commissione Antimafia al termine dell’audizione del procuratore di Perugia Raffaele Cantone. Per Orlando, “chi sono coloro che chiedevano queste informazioni di dimensioni così copiose è la domanda fondamentale che dobbiamo porci. Si pone la questione non della polemica tra centrodestra e centrosinistra ma della vulnerabilità del nostro Paese rispetto alla possibilità di ingerenze interne ed esterne – sottolinea -. Sarebbe matura una maggiore unità delle forze politiche. Evidentemente non sempre siamo in grado di dare questa prova di maturità”.

Serracchiani: maggioranza schizofrenica
“Come dichiarato dal procuratore Cantone nel corso dell’audizione in antimafia, l’acquisizione del cellulare di Striano è stato un momento fondamentale per l’indagine. Sottolineiamo la schizofrenia della maggioranza e del governo che, da una parte, chiedono di fare luce su questo scandaloso dossieraggio e, dall’altra, presentano e sostengono una norma che complicherà questa e molte altre indagini in corso rallentando l’attività delle procure”. Così la responsabile giustizia del Pd, la deputata Debora Serracchiani è intervenuta in commissione antimafia a proposito delle modifiche legislative sulle modalità di sequestro di smartphone e pc.

Giustizia, uomo accusato di estorsione mafiosa assolto dopo 9 anni

Accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso e condannato in primo grado, è stato prosciolto da ogni accusa dalla Corte d’appello di Catanzaro dopo 9 anni dall’inizio del procedimento.

Saverio Valente era stato arrestato e posto ai domiciliari nel novembre 2015 quando fu accusato di aver intimidito i componenti di una cooperativa sociale assegnataria di un terreno comunale in località Pantano, nel comune di Scalea (Cosenza), per la creazione di un orto sociale.

Secondo le accuse, Valente avrebbe minacciato i componenti della cooperativa per costringerli a rinunciare al progetto, adducendo pretese sulla proprietà del terreno.

In primo grado, nel dicembre 2017, l’uomo era stato condannato dal Tribunale di Paola, sentenza appellata dalla difesa, guidata dall’avv. Italo Guagliano che in appello ha dimostrato l’insussistenza dell’accusa, portando alla riforma della pronuncia di primo grado.

Il legale ha dimostrato come Valente fosse il legittimo proprietario del terreno in questione, e pertanto, non sussisteva alcuna base per le accuse di estorsione mosse nei suoi confronti. La Corte d’Appello di Catanzaro, accogliendo le argomentazioni della difesa, ha quindi prosciolto l’imputato.

La difesa ha espresso “grande soddisfazione per il risultato che chiude un capitolo difficile nella vita di Valente durato quasi dieci anni”.

Terrorismo, espulso un tunisino irregolare radicalizzato alla Jihad

Questa mattina la Polizia di Stato di Milano ha eseguito il provvedimento di espulsione emesso dal Ministro dell’Interno nei confronti di un cittadino tunisino irregolare sul territorio nazionale, in quanto sprovvisto di titolo di soggiorno e autore di gravi reati per la sicurezza dello Stato.

Allo straniero, già destinatario di provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto di Reggio Calabria il 29.04.2014, in data 26.03.2016 è stato notificato un nuovo provvedimento di espulsione del Prefetto di Bologna, a seguito del quale è stato rimpatriato il 1 giugno 2016.

Nel 2022, tuttavia, il cittadino tunisino è rientrato illegalmente in Italia e arrestato per l’esecuzione della pena di un anno e 4 mesi di reclusione per il reato di rapina.

A suo carico, risultano numerose sentenze di condanna irrevocabili per reati contro il patrimonio, fede pubblica e in materia di armi e stupefacenti, motivo per cui già nel 2012 fu emesso un provvedimento di cumulo pene con cui fu sottoposto alla pena detentiva di anni 6 di reclusione. Nel periodo di detenzione, il nordafricano ha sempre tenuto rapporti con detenuti noti per radicalizzazione religiosa e, in generale, nel periodo di permanenza in Italia, è stato più volte ristretto in carcere e si è dedicato sistematicamente alla commissione di reati.

In considerazione della mancata integrazione sociale e culturale e, soprattutto, della minaccia concreta per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato, l’uomo è stato trattenuto presso il Cpr di Milano – Corelli al fine di ottenere dalle competenti autorità consolari il documento valido per l’espatrio.

Accompagnato ieri presso il Consolato della Tunisia a Milano dai poliziotti dell’uUfficio immigrazione della Questura milanese, durante le fasi propedeutiche al rilascio del documento consolare, necessario per il rimpatrio, il tunisino ha messo in atto gesti autolesionistici e comportamenti oppositivi per attirare l’attenzione dell’autorità diplomatica. Successivamente lo stesso è stato accompagnato presso l’aeroporto di Roma Fiumicino per essere rimpatriato, oggi, in Tunisia con volo di linea e personale di scorta.

Scontri derby, sindaco Fiorita: “Troppi buchi neri. Individuare falle in sistema di controlli”

“Ci sono troppi buchi neri nella gestione delle tifoserie nel derby, troppe cose che non hanno funzionato, troppe carenze nei sistemi di prevenzione. Così non va. Ho sentito il sottosegretario agli interni, Wanda Ferro, di cui conosco serietà, correttezza e sensibilità, per esprimerle la mia preoccupazione e i miei dubbi. Penso, innanzitutto, che sia necessario ricostruire la dinamica degli incidenti, ma soprattutto individuare le falle nel sistema” di controlli. Lo afferma il sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita, in relazione agli incidenti che hanno fatto seguito al derby di serie B Cosenza-Catanzaro e che ieri hanno portato agli arresti otto tifosi giallorossi.

“Nessuna intenzione da parte mia di giustificare chi commette reati – prosegue – ma non posso girarmi dall’altra parte quando viene messa in discussione l’immagine e la reputazione della mia città e della nostra tifoseria. Gli incidenti potevano e dovevano essere evitati, anche perché la rivalità tra le due tifoserie non è cosa nuova. Vengano, pertanto, ricostruiti in maniera seria ed equilibrata anche i vari passaggi della gestione dell’ordine pubblico, perché questo è utile per ristabilire la verità ed evitare che, in futuro, possano verificarsi nuovi deprecabili episodi di violenza”.

“La repressione, pure necessaria – conclude Fiorita – non risolve il problema. Il Catanzaro è seguito da decine di migliaia di tifosi in Calabria e in tante città del centro nord e, perfino, all’estero. La loro passione non merita di essere offuscata e io farò di tutto perché ciò non avvenga. Io non rinuncio al sogno di una regione unita attorno al suo Capoluogo e sono certo che, nelle prossime ore, con il sindaco di Cosenza Franz Caruso troveremo assieme il modo di condannare le violenze e di riaffermare la fratellanza tra due città civili, colte e democratiche e che assieme dovranno marciare per una Calabria migliore”.

Scontri dopo il derby Cosenza-Catanzaro, arrestati otto tifosi giallorossi

Otto persone sono state arrestate dalla Polizia in conseguenza ai gravi tafferugli avvenuti nel post partita Cosenza-Catanzaro di domenica 3 marzo, gara di serie B finita con la vittoria dei giallorossi.

Gli indagati, posti ai domiciliari, appartengono alla tifoseria catanzarese e sono accusati di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, devastazione e saccheggio, lesione aggravata, danneggiamento, violenza privata, lancio di materiale pirotecnico, porto d’armi o oggetti atti ad offendere in luogo pubblico. Negli scontri tredici appartenenti alle forze di polizia sono rimasti contusi, oltre a ad alcuni feriti lievi tra la cittadinanza.

Gli arresti sono stati eseguiti, in flagranza differita, dalla Squadra mobile e dalla Digos di Cosenza, in collaborazione con la Questura di Catanzaro e con il coordinamento delle Procure della Repubblica delle due città.

Tra gli otto arrestati c’è anche il tifoso del Catanzaro che era stato fermato subito dopo gli scontri e portato in Questura. La svolta nelle indagini è arrivata dopo la visione delle immagini di videosorveglianza nonché da diverse clip registrate da privati che hanno fatto il giro dei social.

La sequenza video degli scontri tra tifosi e Polizia

Le indagini della polizia proseguono per ricostruire in ogni dettaglio la dinamica degli incidenti ed identificare tutti i tifosi coinvolti. Seguiranno dei Daspo a carico di quanti si siano resi responsabili di comportamenti antisportivi, fa sapere una nota della Questura cosentina.

Secondo quanto ricostruito, domenica dopo il derby, gruppi di tifosi hanno cominciato a scontrarsi con le forze dell’ordine nei dintorni dello stadio San Vito-Marulla per finire in pura violenza nei pressi centro commerciale Marconi (e in un fast food), allo svincolo autostradale di Rende, ossia a ben 7 km di distanza dallo svincolo di Cosenza sud, che è la via d’uscita “naturale” per i tifosi di ogni squadra ospite in quanto dista circa un chilometro e mezzo dallo stadio e vengono facilmente scortati dalle forze dell’ordine.

Come siano finiti a sette km di distanza (fra l’altro in direzione opposta) i tifosi del Catanzaro è una domanda ancora senza risposta, nonostante il derby fosse stato definito dalle forze dell’ordine con un rischio molto elevato.

Aggredisce un poliziotto dopo una rissa in un locale, 18enne in manette

Questura di Cosenza

Ha aggredito e malmenato un agente di polizia dopo che questo era intervenuto per sedare gli animi in un locale della movida cosentina in seguito a una rissa. Il poliziotto è finito in ospedale con trenta giorni di prognosi mentre l’aggressore è stato arrestato e posto ai domiciliari. Protagonista un diciottenne di Cosenza accusato di resistenza e lesioni aggravate nei confronti di un pubblico ufficiale.

Il provvedimento di arresto nasce da un intervento effettuato dagli agenti a seguito di una lite avvenuta nel centro urbano di Cosenza e da cui ne è derivato il deferimento in stato di libertà dell’odierno indagato, già gravato da precedenti di polizia per condotte analoghe, poiché in relazione ai fatti sono emersi a suo carico gravi indizi di colpevolezza, spiega una nota della Polizia bruzia.

In particolare, a seguito di una segnalazione di una lite presso un noto locale della movida cosentina è intervenuta una pattuglia della Squadra Volante che ha notato numerosi giovani uscire dal locale, inizialmente invitando le persone a mantenere la calma.

Un agente, dopo essersi avvicinato ad uno di essi per riportarlo alla calma, è stato afferrato per la giacca, spintonato e minacciato. Il giovane, riuscito a divincolarsi si è allontanato per poi ritornare nuovamente sul posto e, ponendosi alle spalle del poliziotto, gli ha sferrato al volto un violento pugno per poi darsi alla fuga. I successivi approfondimenti degli agenti e le testimonianze raccolte hanno consentito di raggiungere un quadro indiziario ben definito nei confronti dell’indagato evidenziandone le sue condotte.

L’Agente è stato trasportato presso l’ospedale Annunziata dove gli è stata diagnosticata una contusione della faccia, del cuoio capelluto e collo, nonché un trauma cranico e facciale con frattura zigomatica pluriframmentata giudicata guaribile in trenta giorni.

Migranti, sequestrata a Crotone la nave della Ong tedesca Sos Humanity

Le autorità italiane hanno sottoposto a fermo amministrativo per 20 giorni la nave della Ong tedesca Sos Humanity che ieri sera è giunta a Crotone con a bordo 77 migranti soccorsi sabato scorso nel canale di Sicilia.

Il decreto di fermo è stato notificato nella nottata al comandante della Humanity 1. La nave il 2 marzo era intervenuta per soccorrere tre barche in difficoltà cariche di migranti che, probabilmente, erano partite dalla Libia.

Un soccorso che secondo la Ong tedesca è avvenuto in acque internazionali e che è riuscito nonostante, come ha denunciato in una nota Sos Humanity, “l’intervento violento e illegale della cosiddetta guardia costiera libica. Numerose persone si sono gettate in acqua in preda al panico e la guardia costiera ha sparato un colpo in acqua”.

Dopo l’approdo a Crotone la nave è stata sottoposta a fermo amministrativo in base alle norme del decreto Piantedosi. In particolare, le autorità italiane su segnalazione di quelle libiche, contestano alla Humanity 1 di essere intervenuta in acque Sar libiche e di aver operato senza seguire il coordinamento del centro soccorsi competente; inoltre, sempre secondo la segnalazione dei libici, la nave che ha soccorso le persone in balia del mare su barchini di fortuna, avrebbe invece creato una situazione di pericolo mettendo a rischio l’incolumità dei migranti che si sono buttati in mare per andare verso i mezzi di soccorso della Humanity 1.

Per la nave tedesca si tratta del secondo fermo amministrativo subito a Crotone. La prima volta era accaduto il 3 dicembre scorso quando la Humanity 1, che aveva soccorso 200 persone e, anche in quella occasione, era stata accusata di aver ostacolato la guardia costiera libica. (ansa)

NOTIZIE DALLA CALABRIA

ITALIA E MONDO

Lavrov: “La pace in Ucraina non fa parte del piano dell’Occidente e di Kiev”

Il massimo diplomatico russo: "Washington e i suoi alleati della NATO forniscono supporto politico, militare e finanziario a Kiev in modo che il conflitto possa continuare". Il ministro degli Esteri russo in una intervista: "Elimineremo minacce". Poi mette in guardia l'Occidente: "Non può consentire a Kiev di colpire in profondità la Russia"