7 Ottobre 2024

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Omicidio nel reggino, ucciso a fucilate un operaio 24enne

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Un operaio 24enne, Domenico Oppedisano, è stato ucciso a colpi di fucile in località Prateria e San Pietro di Caridà, nel reggino.

Dalle prime notizie, l’uomo stava lavorando quando è stato raggiunto dai colpi sparati da ignoti. Sul posto stanno operando i carabinieri per cercare di ricostruire la dinamica e individuare il movente dell’omicidio. Al momento non viene esclusa alcuna ipotesi. Secondo le prima informazioni la vittima era incensurata.

L’omicidio è stato compiuto in una zona di campagna. Oppedisano è stato soccorso ma è morto durante il trasporto verso l’ospedale di Polistena. Dai primi accertamenti, secondo quanto si è appreso, oltre a risultare incensurato, la vittima non risulterebbe avere avuto parentele o frequentazioni con ambienti della criminalità organizzata.

Un vero e proprio agguato
È rimasto vittima di un vero e proprio agguato Domenico Oppedisano, l’operaio agricolo ucciso stamani in località Prateria a San Pietro di Caridà, nel reggino. L’uomo, infatti, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri, è stato raggiunto da alcuni colpi di fucile caricato a pallettoni, sparati da una o più persone appostate al lato della strada interpoderale che la vittima stava percorrendo a bordo della sua Fiat Panda.

Oppedisano si stava recando al lavoro quando è stato fatto oggetto degli spari ed è stato raggiunto dai pallettoni al collo ed al torace. Nei paraggi qualcuno ha udito il rumore dei colpi ed ha soccorso l’uomo cercando di portarlo nell’ospedale di Polistena ma il giovane è morto durante il tragitto. Le modalità dell’agguato fanno pensare ad un omicidio di ‘ndrangheta ma al momento gli investigatori non si sbilanciano anche perché la vittima era incensurata. Per cercare di capire se Oppedisano potesse essere entrato in contrasto con qualcuno e ricostruire le sue ultime ore di vita, i carabinieri ed il procuratore aggiunto della Repubblica di Palmi Santo Melidona stanno sentendo il padre ed i fratelli della vittima.

Trovato morto uomo scomparso nel Cosentino

E’ stato ritrovato cadavere, in una zona impervia del comune di Aiello Calabro, in provincia di Cosenza, l’uomo di 75 anni, del posto, scomparso dalla tarda mattinata di ieri dopo essere uscito di casa per andare in cerca di asparagi.

L’anziano, che era alla guida della sua automobile è precipitato per circa 70 metri andando a finire all’interno di un canalone.

Ad avvistare la vettura è stato un residente della zona che ha subito allertato i carabinieri di Paola ed i tecnici del Cnsas Calabria delle stazioni alpine Sila Camigliatello e Sila Lorica impegnati da ore nelle ricerche del settantacinquenne.

Arrivati immediatamente sul posto, i soccorritori non hanno potuto far altro che constatare il decesso dell’uomo.

Il recupero della salma è stato effettuato dai tecnici del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza della Stazione di Cosenza assieme ai tecnici del Cnsas Calabria e ai Vigili del Fuoco del distaccamento di Paola.

Grave incidente stradale in Campania, morti due carabinieri

Grave incidente stradale nella notte in Campania, dove uno scontro tra tre mezzi ha causato la morte di due carabinieri e un ferito grave. L’incidente si è verificato sulla strada statale 19 che collega i comuni di Eboli e Campagna, in provincia di Salerno.

A perdere la vita sono il maresciallo Francesco Pastore, di 25 anni, e l’appuntato scelto Francesco Ferraro, di 27 anni, entrambi di origine pugliese, in servizio presso la stazione di Campagna. I due militari erano sulla Fiat Grande Punto guidata dal maresciallo Paolo Volpe, di Terlizzi.

Secondo una prima ricostruzione, la Fiat stavano attraversando un incrocio svoltando a sinistra quando una Range Rover, guidata da una 31enne e con a bordo una diciottenne, proveniente da destra, li ha centrati in pieno. Distrutta la vettura di servizio dei Carabinieri, morti i militari seduti sul lato passeggero e sul sedile posteriore.

Dopo lo schianto – secondo la ricostruzione degli inquirenti – la stessa Ranger Rover ha impattato una terza vettura condotta da un 75enne di Campagna. Qualche elemento ulteriore per le indagini potrà arrivare dall’alcol test e dagli esami tossicologici sulla conducente del suv oltre ai rilievi ed agli altri accertamenti tecnici effettuati sul posto. Pastore e Ferraro sono morti sul colpo, il maresciallo Volpe che era alla guida della vettura è rimasto ferito ed è stato trasportato all’ospedale di Eboli in prognosi riservata.

La 31enne alla guida del suv è stata condotta, insieme alla passeggera 18enne, all’ospedale di Oliveto Citra mentre per il 75enne dell’altra vettura coinvolta nell’incidente è stato disposto il ricovero a Battipaglia. Sul posto, per i soccorsi, i sanitari del 118 ed i vigili del fuoco che hanno estratto dalle lamiere le persone coinvolte. Sei le ambulanze fatte arrivare sul posto.

Voto di scambio, 8 in manette, anche un sindaco. Indagata assessore pugliese

Dieci misure cautelari, di cui una custodia in carcere, sette ai domiciliari e due divieti di dimora nel Comune di Triggiano. Queste le misure eseguite dai carabinieri del Comando provinciale di Bari e della sezione di polizia giudiziaria in un’inchiesta della Procura di Bari in cui vengono riconosciuti gravi indizi di colpevolezza, a vario titolo, per un’associazione finalizzata alla corruzione elettorale nelle elezioni amministrative del 20 e 21 settembre 2020 nel Comune di Grumo Appula e del 3 e 4 ottobre 2021 nel Comune di Triggiano (Bari).

Ai domiciliari il sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, e Sandro Cataldo, marito dell’assessore regionale ai Trasporti Anita Maurodinoia (PD), indagata. L’accusa è di corruzione elettorale nell’ambito di una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia su una presunta compravendita di voti per le elezioni comunali di Triggiano del 2021. L’indagine è stata avviata dopo il ritrovamento, il 6 ottobre del 2021 in un cassonetto per l’immondizia, di frammenti di fotocopie di documenti d’identità e codici fiscali.

L’assessore ai Trasporti della Regione Puglia, Anita Maurodinoia, è indagata per corruzione elettorale nell’ambito dell’inchiesta che questa mattina ha portato all’esecuzione di dieci misure cautelari. L’indagine è coordinata dalla procura ordinaria e non viene contestato il voto mafioso.

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, “ha accettato le dimissioni dall’assessore ai Trasporti, Anita Maurodinoia” che ha rassegnato le sue dimissioni anche dagli organismi del Partito Democratico. Ai domiciliari è finito anche il sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli.

Secondo la ricostruzione, esisteva un meccanismo illecito per garantire le preferenze. Si pagava anche 50 euro per voto e chi accettava l’accordo avrebbe dovuto consegnare copia dei propri documenti d’identità e della scheda elettorale per un preciso conteggio dei voti sezione per sezione.

Le attività d’indagine sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Bari e condotte in più fasi dai carabinieri del Reparto Operativo – Nucleo Investigativo di Bari, della Compagnia di Modugno e della locale sezione di polizia giudiziaria. La verifica del voto, in cambio di 50 euro, veniva effettuata nel corso delle operazioni di spoglio dove vari gregari degli organizzatori, che stazionavano stabilmente nei pressi delle sezioni loro assegnate, verificavano se le persone si fossero effettivamente recate al voto; inoltre, all’atto dello spoglio, controllavano l’effettiva corrispondenza dei voti.

Significativo è stato quanto rinvenuto dai carabinieri la sera del 6 ottobre 2021, in un cassonetto stradale di raccolta indifferenziata nel quartiere San Giorgio di Bari: frammenti di fotocopie di documenti d’identità, codici fiscali di cittadini di Triggiano, un consistente numero fac-simile di schede e volantini di propaganda elettorale. Nelle elezioni del 2021 il sindaco Donatelli è stato rieletto e, secondo l’impostazione accusatoria, era questo lo scopo del meccanismo illecito così organizzato.

Secondo le indagini, un sistema analogo era già stato applicato nel settembre 2020, durante le consultazioni svolte a Grumo Appula. In quel caso, il risultato da raggiungere sarebbe stata la rielezione di un assessore uscente, oggi finito in carcere. Tra i gravi indizi di colpevolezza raccolti emerge il rinvenimento di due fogli sui quali era riportato un elenco di cittadini-elettori, indicati per cognome, nome, data di nascita, cellulare, e sezione elettorale; agli stessi doveva essere versata la somma di 50 euro, quale corrispettivo per l’avvenuto acquisto del proprio voto. In corrispondenza di più nominativi era stato già trascritto un ‘ok’ per certificare il pagamento.

Nell’inchiesta della Procura di Bari risulta indagata l’assessore ai trasporti della Regione Puglia, Anita Maurodinoia. Il marito, Alessandro Cataldo, è uno degli arrestati nell’indagine condotta dai carabinieri. Secondo l’impostazione accusatoria Cataldo, responsabile di Sud al centro, attraverso un’associazione che riusciva a canalizzare le preferenze, avrebbe acquisito illecitamente voti nello svolgimento delle consultazioni nel Comune di Triggiano nel 2021 a favore del sindaco Antonio Donatelli, rieletto. Anche il sindaco di Triggiano oggi è stato arrestato e sottoposto ai domiciliari. Nell’inchiesta gli indagati sono in tutto circa 70. L’assessora ai trasporti della Regione Puglia ha rassegnato le dimissioni. Il presidente Michele Emiliano le ha accettate.

Maxi frode sul Pnrr, 24 misure e sequestri beni per 600 milioni

Nella mattina odierna i finanzieri del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Venezia e del Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie, con il supporto del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata (Scico) e del Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza, contenente 24 misure cautelari personali (di cui 8 in carcere, 14 arresti domiciliari e 2 interdittive a svolgere attività professionale e commerciale) e sequestri per 600 milioni di euro, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Mara Mattioli, su richiesta del procuratore europeo delegato, Donata Patricia Costa, dell’Ufficio di Venezia.

Grazie all’attivazione dei canali di cooperazione giudiziaria di Eppo (procura europea), le operazioni stanno interessando diversi Paesi europei, con il coinvolgimento delle forze di polizia slovacche, rumene e austriache; sul territorio nazionale oltre 150 finanzieri stanno eseguendo perquisizioni in Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Campania e Puglia, anche con l’ausilio di unità cinofile “cash dog”.

Le attività di frode, allo stato delle indagini attribuite al sodalizio criminale con il coinvolgimento di svariati prestanome e l’ausilio di 4 professionisti, hanno in una prima fase riguardato iniziative progettuali per decine di milioni di euro, finanziate a valere sul Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), nell’ambito della Digitalizzazione, Innovazione e Competitività nel sistema produttivo ed erogati da Simest (società partecipata da CDP con l’obiettivo di sostenere le imprese italiane nel percorso di internazionalizzazione), che ha corrisposto tempestivamente alle richieste dell’Autorità giudiziaria fornendo collaborazione alle indagini. Le investigazioni hanno poi permesso di far emergere come la medesima organizzazione, utilizzando spesso le stesse società, fosse dedita anche alla creazione di crediti inesistenti nel settore edilizio (bonus facciate) e per il sostegno della capitalizzazione delle imprese (A.C.E.), per circa 600 milioni di euro.

Le attività di polizia giudiziaria, condotte dalle Fiamme Gialle di Venezia con il supporto dei Reparti Speciali della Guardia di Finanza, hanno consentito poi di individuare, mediante l’uso della tecnica del “follow the money”, le condotte ritenute di riciclaggio e autoriciclaggio di ingenti profitti illeciti attuate attraverso un complesso reticolato di società fittizie artatamente costituite anche in Austria, Slovacchia e Romania. Ad agevolare la ricostruzione dei flussi finanziari illeciti hanno contribuito gli approfondimenti svolti su oltre 100 segnalazioni di operazioni sospette (provenienti anche da Financial Intelligence Unit estere) afferenti agli indagati che, unitamente ai riscontri documentali raccolti attraverso acquisizioni documentali e indagini bancarie, hanno consentito di individuare i presunti promotori, i partecipi e gli agevolatori del sodalizio criminale, con i differenti ruoli assunti dai responsabili nell’architettare evoluti sistemi di frode.

A valle di questi, si è posto un altrettanto raffinato apparato di riciclaggio, peraltro agevolato anche dall’utilizzo di tecnologie avanzate (come Virtual Private Network, server cloud dislocati in Paesi poco collaborativi, crypto-asset, specifici software di intelligenza artificiale per aumentare la velocità di produzione dei documenti falsi) e di società di cartolarizzazione dei crediti al fine di occultare e proteggere, da un lato, l’illegale business del sodalizio da eventuali controlli posti in essere dalle forze di polizia e, dall’altro, trovare nuove modalità di monetizzazione dei crediti inesistenti.

Tra i valori sottoposti a sequestro, spiccano appartamenti e ville signorili, importanti somme in criptovalute, orologi di alta fascia (Rolex), gioielli (Cartier), oro e auto di lusso (tra cui Lamborghini Urus, Porsche Panamera e Audi Q8). Tali beni, unitamente agli oltre 600 milioni di crediti, sono tutti oggetto di sequestro nel corso delle operazioni odierne.

Traffico di armi e droga, 20 arresti tra Liguria e Calabria

I carabinieri del Ros di Genova hanno eseguito una ordinanza nei confronti di 20 persone per detenzione e traffico internazionale di droga e di armi, anche da guerra.

Sono state effettuate perquisizioni e sequestri tra la Liguria e la Calabria. L’attività, coordinata dal sostituto procuratore Marco Zocco della Dda, è frutto della cooperazione giudiziaria e di polizia con Eurojust ed Europol.

L’indagine dei Ros che ha portato a 20 arresti è una costola dell’operazione del 2015 che aveva coinvolto Giuseppe Bellocco, figlio del boss Gregorio Bellocco dell’omonima ‘ndrina di Rosarno. Oltre a lui erano stati arrestati Gabriele Puleo e Igor Cerasa per l’importazione di 150 chili di cocaina dal Sudamerica.

Gli investigatori hanno scoperto che il gruppo aveva organizzato due importazioni di droga che dalla Calabria erano destinate alla Liguria. Gli arrestati avevano la disponibilità di armi comuni ma anche mitragliatrici da guerra.

Sei degli indagati arrestati sono accusati di essere componenti di una associazione per delinquere, operativa dal 2014 a Genova, nonché a Panama; Colombia e Venezuela finalizzata: alla importazione dall’America Latina di ingenti quantitativi di cocaina, che veniva caricata su navi dirette al porto di Genova, e, una volta recuperata, grazie all’illecita collaborazione di
lavoratori operanti negli scali portuali cittadini, rivenduta a terzi, oppure.

Inoltre si provvedeva al recupero di carichi di droga destinati ad altre organizzazioni criminali, grazie alla possibilità dell’associazione di assicurare anche tali servizi, in tal caso facendosi ricompensare con una percentuale (in denaro o in cocaina), variabile, ma aggirantesi attorno al 20% del prodotto importato o con una somma equivalente, come corrispettivo per il recupero del carico presso il porto.

L’associazione – secondo l’accusa – era diretta da Gabriele Puleo. Questi ha potuto disporre di una rete di contatti con organizzazioni di narcotrafficanti sudamericani. Anche dopo il suo arresto, avvenuto il 7.10.2015 a seguito del sequestro di un rilevante quantitativo di cocaina, (mentre cercava di recuperare un carico di 147, 970 kg di cocaina, (in concorso con il latitante Giuseppe Bellocco) Puleo, pur essendo detenuto, comunicava con gli altri associati (tra questi Marco Cuoco, Vincenzo Puleo) per mezzo di criptofonini o di sistemi artigianali di comunicazione crittografata, continuando ad organizzare e finanziare per conto dell’organizzazione l’importazione di nuovi carichi di cocaina provenienti dalla Colombia e dalla Repubblica Dominicana, e destinati all’Italia, tramite il porto di Genova, l’aeroporto di Parigi, l’aeroporto di Amsterdam.

Il pagamento dello stupefacente era effettuato attraverso un metodo di interposizione consistente nella consegna del contante ad un intermediario in Italia, indicato dai fornitori, il quale si occupava della rimessa a questi ultimi, avvalendosi di canali extrabancari e consegnando ricevuta agli acquirenti.

Potente terremoto a Taiwan di magnitudo 7.4, crolli, morti e feriti

Nove persone sono morte, in base all’ultimo bilancio disponibile, e 821 sono rimaste ferite in seguito a un violento terremoto di magnitudo 7.4 che ha colpito la costa orientale di Taiwan.

Il sisma, secondo l’Istituto geofisico statunitense Usgs, è stato localizzato a 18 km a sud-est di Hualien City, a circa 155 km a sud della capitale Taipei, ad una profondità di 34,8 km.

Dopo la prima scossa ce ne sono state un centinaio di assestamento, nove delle quali misurate tra magnitudo 5 e 6. Altre due hanno superato la magnitudo 6 secondo i dati del Centro sismologico Cwa. Lo riporta Il Taipei Times. Il terremoto di questa mattina è stato avvertito in tutta Taiwan, poiché il sisma è stato poco profondo, ha spiegato il direttore del Cwa Wu Chien-fu.

Secondo l’ultimo aggiornamento diffuso dal Central Disaster Response Center delle 16,30 locali 10.30 in Italia), le persone intrappolate tra le macerie sono stimate adesso a quota 127. I danni più pesanti sono quelli nella contea di Hualien, l’epicentro della scossa principale. In particolare, massi sono caduti sull’autostrada Su-Hua e hanno colpito vari veicoli, provocando un numero ancora incerto e provvisorio di vittime.

Diversi edifici sono a rischio di crollo, mentre polizia, vigili del fuoco, unità di soccorso e volontari sono alle prese con gli sforzi per salvare le persone rimaste intrappolate. Secondo i media locali, l’ultima vittima è una donna estratta da uno degli edifici collassati a Hualien dopo un intervento definito “ad alto rischio”.

Il terremoto è stato “il più forte degli ultimi 25 anni”, ha affermato il direttore del Centro sismologico di Taipei, Wu Chien-fu. “Il terremoto è vicino alla terraferma ed è poco profondo. È stato avvertito in tutta Taiwan e nelle isole al largo… è il più forte degli ultimi 25 anni dal terremoto (del 1999)”, ha detto Wu Chien-fu riferendosi a un terremoto del settembre 1999 di magnitudo 7.6 che uccise 2.400 persone.

Tre allarmi tsunami sono stati emessi in seguito alla prima violenta scossa, per Taiwan, Giappone e Filippine. Il Pacific Tsunami Warning Center ha dichiarato in seguito che la minaccia di tsunami “è ormai passata”. Anche l’agenzia sismologica filippina ha annullato l’allarme. “Sulla base dei dati disponibili delle nostre stazioni di monitoraggio del livello del mare di fronte all’area epicentrale, non sono stati registrati disturbi significativi del livello del mare dalle 07:58 fino a questo annullamento”, ha reso noto l’agenzia in un comunicato.

Secondo la National Fire Agency (NFA), le potenti scosse che hanno scosso Taiwan hanno danneggiato 97 edifici in tutta l’isola. Lo riferisce la Cnn. Secondo le autorità locali, circa la metà dei palazzi danneggiati si trova nella contea di Hualien, vicino all’epicentro del terremoto. Quattro edifici nella contea sono parzialmente crollati, ha
detto il magistrato della contea di Hualien Hsu Chen-wei in una conferenza stampa. I residenti di tre edifici sono stati evacuati in sicurezza, mentre le operazioni di ricerca e salvataggio continuano nell’edificio Uranus di nove piani, che pende a destra dopo il crollo del piano terra, ha detto Hsu.

Le riprese aeree del terremoto a Hualien mostrano un’enorme frana sul pendio di Chongde dell’autostrada Suhua, dove un’ampia zona è crollata. Il ministro dei Trasporti Wang Guocai ha dichiarato che l’intero ponte Qingshui sul lato nord del tunnel di Daqingshui è caduto.

Più di 87.000 persone a Taiwan sono attualmente senza elettricità: lo ha reso noto l’operatore elettrico di Taiwan, Taipower. Secondo notizie diffuse in precedenza, 10.000 famiglie erano rimaste senza elettricità e le operazioni di ripristino erano in corso.

Le autorità della prefettura meridionale di Okinawa, in Giappone, hanno sospeso i voli nel principale aeroporto della regione a causa di un’allerta tsunami scattata in seguito al terremoto di magnitudo 7.4 che ha colpito Taiwan: lo ha annunciato un funzionario del governo. Le operazioni all’aeroporto di Naha sono state sospese dalle 9:25 ora locale (le 2:25 in Italia) come misura precauzionale, ha detto all’agenzia di stampa Afp un funzionario del ministero dei Trasporti di stanza all’aeroporto, aggiungendo che “i voli in arrivo devono essere deviati”.

Il terremoto è stato segnalato in modo chiaro anche in Cina, fino a Shanghai. Secondo i media statali, la provincia del Fujian, quella dall’altra parte dello Stretto di Taiwan, è stata particolarmente interessata: la scossa, infatti, è stata avvertita anche a Fuzhou, Xiamen, Quanzhou e Ningde.

Il ministero della Difesa di Taiwan ha riferito di aver rilevato 30 aerei e 9 navi da guerra cinesi intorno all’isola nella finestra delle 24 ore alle 6 locali (mezzanotte in Italia), uno dei numeri giornalieri più alti del 2024 e a ridosso della telefonata tra i presidenti cinese Xi Jinping e americano Joe Biden. Venti aerei, ha precisato il ministero in una nota, sono entrati nella zona di identificazione della difesa aerea (Adiz) dell’isola. Le forze armate di Taiwan “hanno monitorato la situazione e hanno impiegato aerei (di pattugliamento), navi della Marina e sistemi missilistici costieri in risposta alle attività rilevate”.

Cina, disposti a fornire assistenza dopo sisma a Taiwan
La Cina è “molto preoccupata ed esprime le sincere condoglianze ai connazionali di Taiwan colpiti dal disastro” del violento terremoto di magnitudo 7.4 registrato questa mattina sulla costa orientale dell’isola. E’ quanto afferma una portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwan del governo centrale, precisando che “presteremo molta attenzione al disastro e alle situazioni successive e saremo disposti a fornire assistenza in caso di catastrofe”.

Rapina in una salumeria nel cosentino, indagini dei carabinieri

Rapina stamani ai danni di una salumeria nel centro città a Cassano allo Ionio, in provincia di Cosenza. Un uomo con il viso travisato e armato di una pistola ha fatto irruzione verso le 11.30 nel negozio e ha intimato ai due gestori, marito e moglie, di consegnare l’incasso. Arraffato il bottino, il malvivente si è dileguato a piedi facendo perdere le proprie tracce.

Con ogni probabilità c’era un complice ad attenderlo. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Cassano che hanno effettuato i rilievi e avviato le indagini.

Ennesimo raid israeliano a Gaza, uccisi 7 operatori umanitari

Un raid israeliano nella Striscia di Gaza ha ucciso 7 operatori umanitari del World Central Kitchen mentre stavano supportando la popolazione palestinese ormai stremata dai continui massacri da ottobre 2023.

“World Central Kitchen è sconvolta nel confermare che sette membri della nostra squadra sono stati uccisi in un attacco dell’IDF a Gaza”, è scritto in una nota della Ong apparsa sul suo sito.

“La squadra WCK stava viaggiando in una zona deconflittata a bordo di due auto blindate marchiate con il logo WCK e di un altro veicolo.

“Nonostante il coordinamento dei movimenti con le forze militari israeliane, il convoglio è stato colpito mentre lasciava il magazzino di Deir al-Balah, dove la squadra aveva scaricato più di 100 tonnellate di aiuti alimentari umanitari portati a Gaza lungo la rotta marittima”.

“Questo non è solo un attacco contro il WCK, è un attacco alle organizzazioni umanitarie che si presentano nelle situazioni più terribili in cui il cibo viene utilizzato come arma di guerra. Questo è imperdonabile”, ha affermato Erin Gore, CEO di World Central Kitchen.

I sette operatori uccisi provengono da Australia, Polonia, Regno Unito, doppia cittadinanza di Stati Uniti e Canada e Palestina.

“Ho il cuore spezzato e sconvolto dal fatto che noi – World Central Kitchen e il mondo – abbiamo perso delle vite meravigliose oggi a causa di un attacco mirato da parte dell’IDF. L’amore che avevano per nutrire le persone, la determinazione che incarnavano nel dimostrare che l’umanità è al di sopra di ogni cosa, e l’impatto che hanno avuto in innumerevoli vite saranno ricordati e apprezzati per sempre”, ha detto Erin.

L’IDF afferma che sta “effettuando un esame approfondito ai massimi livelli per comprendere le circostanze di questo tragico incidente”.

“World Central Kitchen sospenderà immediatamente le nostre operazioni nella regione. Presto prenderemo decisioni sul futuro del nostro lavoro”.

Raid di Israele su Damasco, ucciso leader dei pasdaran. Iran: “La risposta sarà dura”

Sale pericolosamente la tensione in Medio Oriente: Israele ha colpito Damasco, centrando un edificio del consolato iraniano e uccidendo diversi pasdaran, tra cui il generale Mohammad Reza Zahedi e il suo vice.

Un obiettivo di prim’ordine, considerato il più importante dopo la morte di Soleimani: il comandante della Forza Quds e responsabile per la Siria ed il Libano era la testa di ponte tra Teheran e gli Hezbollah e, probabilmente, l’uomo che garantiva le armi iraniane al partito di Dio.

Un’operazione che rischia di innescare la vendetta degli ayatollah: “La risposta sarà dura”, ha ammonito l’ambasciatore iraniano in Siria Hossein Akbari. Il raid ha preso di mira Damasco e la sede del consolato in cui c’era anche la residenza dell’ambasciatore, uscito incolume insieme alla famiglia.

L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha affermato che il bilancio delle vittime dell’attacco aereo contro l’edificio annesso dell’ambasciata iraniana a Damasco – ampiamente attribuito a Israele – è salito a 11.

“Il bilancio delle vittime degli attacchi israeliani all’edificio annesso all’ambasciata iraniana è salito a 11: otto iraniani, due siriani e un libanese – tutti combattenti, nessun civile”, ha affermato Rami Abdel Rahman, che dirige l’Osservatorio con sede in Gran Bretagna. L’osservatorio aveva precedentemente detto che ci sarebbero stati otto morti.

La diplomazia russa ha condannato l’attacco “inaccettabile” accusando di esserne responsabile l’esercito israeliano. “Condanniamo fermamente questo attacco inaccettabile contro la missione consolare iraniana in Siria”, ha affermato in una nota il ministero degli Esteri russo. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu terrà oggi una riunione aperta, richiesta da Mosca, sull’attacco israeliano al consolato iraniano a Damasco: lo ha annunciato il primo vice rappresentante permanente russo presso l’Onu, Dmitry Polyansky. “Gli iraniani si sono rivolti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per condannare questa azione. A seguito della loro lettera, abbiamo richiesto un briefing aperto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La presidenza maltese l’ha fissato per le 15:00 ora di New York (le 21:00 in Italia, ndr) del 2 aprile”, ha affermato Polyansky sui social media.

L’operazione è avvenuta mentre sale anche la tensione interna in Israele, dove per il secondo giorno consecutivo, la piazza è tornata a chiedere “le elezioni” e le dimissioni del premier Benyamin Netanyahu – che ieri sera è stato operato a sorpresa di ernia – con una manifestazione davanti alla Knesset a Gerusalemme cui hanno partecipato in migliaia. A Gaza, intanto, dopo un assedio durato diversi giorni l’esercito si è ritirato dall’ospedale Shifa mentre l’Idf, da mesi sulle tracce dei leader di Hamas, ha arrestato anche la sorella di Ismail Hanyeh, (il capo della fazione palestinese che si trova in Qatar) sospettata “di contatti con operativi della fazione islamica e di sostegno ad atti di terrorismo”. Tornando all’attacco a Damasco, il raid ha colpito la sede consolare – accanto all’ambasciata – nel quartiere di Mezzeh, dove sono ospitate diverse ambasciate straniere e edifici dell’Onu.

Immagini e commenti apparsi su web hanno indicato un edificio “spianato”, all’interno del quale si trovava Zahedi e, secondo alcune informazioni apparse sui media israeliani e iraniani, il suo vice, Mohammad Hadi Rahimi. Zahedi era il più alto ufficiale dei pasdaran, al comando delle operazioni per la Siria e il Libano e, secondo alcune fonti in Israele, uno degli uomini chiave dell’apparato militare di Teheran nella zona. Secondo l’ambasciatore Akbari, l’obiettivo è stato colpito “da caccia F-35 con sei missili”. L’agenzia di stato siriana, la Sana, ha affermato che i sistemi di difesa militare hanno contrastato l’attacco israeliano, abbattendo alcuni dei missili. Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha subito chiesto alla comunità internazionale di agire contro Israele. In una telefonata con l’omologo siriano Faisal Mekdad, Amir-Abdollahian ha “accusato il regime sionista e ha chiesto una risposta seria da parte della comunità internazionale a queste azioni criminali”.

Intanto a Gerusalemme la mega protesta contro il governo Netanyahu, cominciata domenica sera davanti la Knesset, è stata replicata lunedì sera portando in piazza decine di migliaia di israeliani al grido di ‘Dimissioni per il governo di Benyamin Netanyahu’.

Vaccini: scandalo Pfizergate, la procura Ue indaga su Sms e Contratti tra Ursula e Bourla

Negli ultimi mesi gli investigatori della Procura Europea (EPPO) hanno preso il posto dei procuratori belgi nelle indagini sulle accuse di illecito penale in relazione alle trattative sui vaccini tra il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer Alfred Bourla.

Le indagini, riporta Politico, sono per “interferenza nelle funzioni pubbliche, distruzione di SMS, corruzione e conflitto di interessi”. I fari dei pm europei sono puntati sulla poca trasparenza nei contratti “opachi” stipulati tra la commissione europea e il colosso farmaceutico, per l’acquisto dei sieri che sono costati ai contribuenti europei circa 20 miliardi di euro.

I procuratori dell’EPPO stanno indagando su presunti reati penali, ma nessuno è stato ancora accusato in relazione al caso. L’indagine è stata originariamente aperta dalle autorità giudiziarie belghe nella città di Liegi all’inizio del 2023 dopo una denuncia penale presentata dal lobbista belga Frédéric Baldan.

A lui si sono aggiunti in seguito i governi ungherese e polacco, anche se quest’ultimo starebbe per ritirare la denuncia dopo la vittoria elettorale del governo pro-Ue guidato da Donald Tusk, sottolinea Politico. Lo sviluppo arriva in un momento delicato per von der Leyen, che sta affrontando la transizione verso quello che gli osservatori di Bruxelles prevedono sarà un secondo mandato alla guida del Berlaymont. Finora la Commissione si è rifiutata di rivelare il contenuto degli SMS o di confermarne l’esistenza.

La notizia di un indagine in corso sul cosiddetto Pfizergate è stata confermata anche da una portavoce della procura europea (Eppo) precisando che l’istruttoria sui presunti illeciti nell’acquisizione dei vaccini anti-Covid da parte dell’Ue – e le relative trattative tra la presidente Ursula von der Leyen e il ceo di Pfizer, Albert Bourla -, “è stata annunciata nell’ottobre del 2022”. Il lavoro investigativo sul caso, considerato altamente sensibile, non ha una scadenza da rispettare.

Capo forze ucraine ammette: “I Russi sono superiori, situazione davvero difficile al fronte”

Il comandante in capo delle forze armate ucraine, Alexander Syrsky, ha ammesso che la situazione al fronte “è tesa e davvero difficile” e richiede il “massimo sforzo da parte del nostro esercito”, in particolare nel distretto militare settentrionale.

Secondo l’alto ufficiale – che ha rilasciato un’intervista all’agenzia Ukrinform citata da altri media – le forze armate russe “continuano ad aumentare il loro impegno” sul campo e hanno un vantaggio numerico non solo in termini di personale militare, ma anche di armi e munizioni.

Syrsky ha aggiunto che la parte russa ha aumentato significativamente l’attività aerea e utilizza anche bombe guidate che distruggono le posizioni delle forze armate ucraine. Gli esperti sottolineano che le forze armate russe si sentono fiduciose nella zona del distretto militare settentrionale e ottengono regolarmente vittorie in numerose aree del fronte.

“La situazione al fronte è davvero difficile. Naturalmente, ogni giorno richiede il massimo impegno da parte dei nostri soldati e ufficiali. Bisogna ammettere che la situazione attuale in alcune zone rimane tesa”, ha detto sconfortato Syrsky.

Secondo il comandante, “l’esperienza degli ultimi mesi e settimane mostra che il nemico ha aumentato significativamente l’attività aerea e utilizza Kab, bombe guidate che distruggono le nostre posizioni”.

Inoltre, “il nemico sta conducendo fitti attacchi con colpi di artiglieria e mortai. Solo pochi giorni fa, il vantaggio del nemico nelle munizioni sparate era di circa 6 a 1”, ha concluso Syrsky.

WP: “Biden invia aerei e bombe a Israele per miliardi di dollari”

Bombe MK84 (archivio, fonte web)

Gli Stati Uniti hanno autorizzato il trasferimento di aerei da combattimento e bombe per miliardi di dollari a Israele. Lo scrive il Washington Post citando fonti del Pentagono e del Dipartimento di Stato Usa.

Negli ultimi giorni – scrive il WP – l’amministrazione Biden ha tranquillamente autorizzato il trasferimento di miliardi di dollari in bombe e aerei da combattimento a Israele, nonostante le (presunte) preoccupazioni di Washington circa un’offensiva militare prevista a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, che potrebbe minacciare la vita di centinaia di migliaia di civili palestinesi.

“I nuovi pacchetti di armi includono più di 1.800 bombe MK84 da 2.000 libbre ciascuna (circa una tonnellata) e 500 bombe MK82 da 500 libbre (225 kg l’una), secondo funzionari del Pentagono e del Dipartimento di Stato che hanno familiarità con la questione.

Le bombe da 2.000 libbre sono state collegate a precedenti eventi con massacri di massa durante la campagna militare israeliana a Gaza. Questi funzionari, come alcuni altri, hanno parlato al Washington Post a condizione di anonimato perché le recenti autorizzazioni non sono state rese pubbliche.”

Nelle forniture, oltre alle micidiali bombe, ci sono anche 25 jet F-35 che portano la flotta di caccia citati a 75.
Commentando i continui aiuti a “Israele”, un funzionario della Casa Bianca ha detto che condizionare gli aiuti non è la politica degli Stati Uniti, ha riferito il Washington Post.
Il 69% delle acquisizioni di armi “israeliane” nel 2023 proveniva da società statunitensi, il 30% dalla Germania e lo 0,9% dall’Italia, secondo lo studio annuale dell’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) pubblicato a marzo.
Il rapporto ha specificato che “alla fine del 2023, gli Stati Uniti hanno rapidamente consegnato migliaia di bombe e missili guidati a Israele”.

Il trasferimento di miliardi di dollari in armamenti a Tel Aviv viene in larga parte concretizzata dopo che sono emerse presunte spaccature tra Stati Uniti e Israele sulla condotta di quest’ultimo nella guerra, in particolare dopo l’astensione degli Usa nella risoluzione delle Nazioni Unite che hanno intimato a Benjamin Netanyahu un immediate cessate il fuoco. Una finzione, come si è visto. “Una condotta esecrabile quella dell’amministrazione Biden”, nota qualche osservatore. “Mentre fa finta di opporsi al primo ministro israeliano di fatto Biden, o chi per lui, gli tende la mano per proseguire il massacro dei palestinesi”.

Qualche giorno fa il Dipartimento di Stato aveva affermato che l’operazione militare a Rafah avrebbe portato ad un isolamento ancora maggiore di Israele. Parole al vento? Già. A quanto pare Netanyahu non viene fermato da nessuno per stoppare il genocidio a Gaza. Non viene fermato Bibi né i complici statunitensi che continuano a rifornire armi a Tel Aviv.

Ria novosti: “Servizi segreti Fsb sventano attentato nella Russia del sud”

I servizi segreti russi dell’Fsb hanno fermato le attività di tre stranieri centro asiatici che stavano pianificando un attacco terroristico nel territorio di Stavropol, regione nella Russia del sud. Lo ha riferito il Centro relazioni con il pubblico dell’agenzia citato da Ria novosti. I tre soggetti sono stati arrestati, come si vede nel video.

“Il Servizio di sicurezza federale ha represso le attività terroristiche di tre cittadini di uno dei paesi dell’Asia centrale che intendevano commettere un atto terroristico mediante un’esplosione in uno dei luoghi affollati del territorio di Stavropol”, riporta l’agenzia di stampa.

La registrazione video resa pubblica dai servizi avrebbe mostra come uno dei presunti terroristi è andato in un negozio per comprare chiodi e altro materiale per fare una bomba fatta in casa.

“Un chilogrammo di chiodi intero?”, ha chiesto la commessa. L’acquirente ha dato una risposta affermativa. Successivamente vengono mostrati i filmati dell’arresto di uno di loro e i componenti per fare l’ordigno esplosivo sequestrati.

Durante l’azione investigativa nel luogo di residenza dei sospettati, nella regione di Stavropol, sono stati scoperti e sequestrati componenti dell’IED (bombe improvvisate fai da te, ndr), sostanze chimiche ed elementi distruttivi.

Il dipartimento investigativo regionale dell’FSB ha aperto un procedimento contro i sospettati con l’accusa di terrorismo.

Uomo ricercato per droga arrestato dopo un anno e mezzo

archivio

Un latitante di 33 anni, Bruno Gioffré, di di San Luca, è stato arrestato da carabinieri di Reggio Calabria e dai finanzieri di Messina al termine di investigazioni durate circa un anno e mezzo nell’ambito dell’operazione “Impasse”, in cui era accusato di traffico di droga.

L’uomo, sul cui conto il giudice di Messina aveva spiccato un ordine di carcerazione, è stato catturato mentre era in un’abitazione di Benestare, centro del reggino. Il 33enne è stato inserito recentemente nell’elenco dei latitanti pericolosi.

La scorsa notte, dopo il rintraccio, i militari dei due corpi sono entrati in azione. Alla vista delle divise – ricostruisce una nota delle forze dell’ordine – l’uomo avrebbe tentato di sottrarsi all’arresto, venendo però immediatamente bloccato dai militari dello Squadrone cacciatori di Calabria che avevano completamente cinturato l’aria.

Gioffrè è stato scovato nell’abitazione di una coppia di coniugi a lui vicini per vincoli di parentela, che sono stati arrestati con l’accusa di aver fiancheggiato e favorito la sua latitanza, offrendogli vitto e alloggio.

Bruno Gioffrè è stato associato nel penitenziario Arghillà di Reggio Calabria, mentre i presunti favoreggiatori, su disposizione dell’autorità giudiziaria, sono stati posti ai domiciliari, in attesa dell’udienza di convalida.

La cattura è stata resa possibile grazie anche al coordinamento e alla sinergia tra le Procure Distrettuali di Reggio Calabria e Messina e della Procura di Locri.

Concessione di una spiaggia, assolto l’ex sindaco di Pizzo Callipo

Tribunale di Vibo Valentia

L’ex sindaco di Pizzo Gianluca Callipo è stato assolto dal Tribunale di Vibo Valentia, perché il fatto non sussiste, a conclusione del processo scaturito dall’inchiesta “Spiaggia pulita” su presunte irregolarità nello sfruttamento di una concessione demaniale in un’area di spiaggia situata in località Savelli nella zona marina.

Oltre a Callipo sono stati anche prosciolti gli altri tre imputati, l’avvocato e imprenditore Vincenzo Renda e due dirigenti del Comune di Pizzo, Nico Donato – già presidente provinciale dell’ordine degli Architetti ed ex assessore al Comune di Vibo – e Nicola Salvatore Vasta.

La formula usata dal Tribunale per l’assoluzione va oltre a quella richiesta dal pm Concettina Iannazzo (di fatto per insufficienza di prove) e accoglie le richieste del collegio di difesa costituito dagli avvocati Diego Brancia Vincenzo Trungadi, Nicola D’Agostino e Antonio Muscimarro.

Callipo era accusato di tentata concussione e abuso d’ufficio, quest’ultimo in concorso, in relazione a condotte distinte e separate, con gli architetti Donato e Vasta che all’epoca dei fatti ricoprivano, rispettivamente, gli incarichi di dirigente tecnico e responsabile del Servizio urbanistica del Comune costiero.

Per l’imprenditore Renda, titolare di un lussuoso resort in fase di costruzione nella stessa zona, gli inquirenti ipotizzavano invece il reato di corruzione.

Al processo erano stati ammessi, quali parte civile, il Comune di Pizzo e la parte offesa, ovvero l’imprenditore (assistito dall’avvocato Giovanni Cilurzo) dalla cui denuncia alla Guardia di finanza era partita l’indagine, coordinata dal pm della Procura di Vibo Concettina Iannazzo.

Non si ferma al posto di blocco e si schianta contro l’auto della polizia

Non si è fermato all’alt della polizia e dopo un inseguimento si è schiantato contro un’altra volante che era stata allertata dai colleghi. È quanto avvenuto nella tarda serata di ieri a Catona, quartiere alla periferia nord di Reggio Calabria.

Il fatto è accaduto poco dopo le 23 quando, ad un posto di blocco, gli agenti hanno intimato di fermarsi a un automobilista alla guida di una Fiat Panda.

Quest’ultimo non ha obbedito all’ordine e si è dato alla fuga sulla via Nazionale dove la polizia ha posizionato di traverso sulla carreggiata una seconda volante per impedire il transito alle auto.

Vedendo la polizia, il conducente dell’utilitaria non si è fermato per la seconda volta e ha distrutto la volante finendo poi contro un lampione.

La velocità non ha consentito nemmeno alla prima volante di frenare, andando così a sbattere sull’auto messa di traverso dai colleghi. Sul posto sono intervenuti i medici del 118. Per un agente e per l’uomo alla guida della Fiat Panda si è reso necessario il trasporto in ospedale.

Stando a quanto trapela, sembra che il conducente dell’utilitaria non abbia rispettato l’alt perché il mezzo era sprovvisto di assicurazione. Il soggetto è stato denunciato alla Procura della Repubblica per resistenza a pubblico ufficiale in attesa di capire se ci sono state altre ragioni alla base del comportamento sconsiderato.

Il segretario generale del Sindacato autonomo di polizia Stefano Paoloni, ha espresso “auguri di pronta guarigione al collega rimasto ferito. Episodi del genere – afferma il sindacalista del Sap – dimostrano, ancora una volta, quanto sia rischiosa la nostra professione. Mostriamo profondo apprezzamento per i colleghi che, nonostante l’evidente rischio al quale erano esposti, non hanno esitato a fare il loro dovere per garantire il rispetto delle regole e della legge”. (ansa)

Ponte sullo Stretto, Mit: Il 16 aprile parte l’iter per apertura dei cantieri

L’iter burocratico per l’avvio dei lavori per il Ponte sullo Stretto di Messina è ai nastri di partenza: il prossimo 16 aprile, alle 11, è stata indetta al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la conferenza dei servizi istruttoria.

Si tratta del primo passo operativo che segna l’inizio delle attività per la messa a punto dei cantieri entro l’anno.

Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini che segue il dossier con attenzione, fin dal suo insediamento, si è dichiarato molto soddisfatto e fiducioso che il confronto porti alla definizione delle attività nel più breve tempo possibile.

Camorra, si è pentito il boss dei Casalesi Francesco Schiavone, alias “Sandokan”

Dopo quasi trent’anni di prigione si è pentito il camorrista Francesco Schiavone, conosciuto come ‘Sandokan’. Era uno degli ultimi irriducibili della camorra casalese. Lo riporta l’edizione cartacea del quotidiano “Cronache di Caserta”.

Custode di importanti segreti mafiosi, dopo oltre un quarto di secolo, la maggior parte del quale trascorso in regime del carcere duro, Francesco Schiavone, capo indiscusso del clan dei Casalesi, ha deciso di collaborare con la giustizia.

L’avvio del percorso di collaborazione da parte di Francesco Schiavone, soprannominato “Sandokan”, viene confermato dalla Direzione nazionale Antimafia. Secondo quanto trapela la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione. Nella giornata di ieri i carabinieri hanno proposto ai familiari di essere inseriti nel programma di protezione.

Schiavone è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, Nicola e Walter, hanno avviato alcuni anni fa lo stesso percorso ora intrapreso dal padre.

Dopo la notizia della decisione del superboss Schiavone di pentirsi, restano per ora irriducibili nella loro volontà di non collaborare con lo Stato l’altro storico capo dei Casalesi Francesco Bidognetti, noto come “Cicciotto e Mezzanotte”, in carcere dal 1993, e Michele Zagaria, catturato il 7 dicembre 2011 dopo sedici anni di latitanza. Tra i boss dei Casalesi che hanno deciso di collaborare con la giustizia compare invece anche Antonio Iovine, “o ninno”, arrestato nel 2010 dopo 15 anni di latitanza.

Schiavone fu arrestato nel 1998 e condannato all’ergastolo nel maxi processo ‘Spartacus’ e per diversi omicidi; prima di lui hanno deciso di pentirsi il figlio primogenito Nicola, nel 2018, quindi nel 2021 il secondo figlio Walter.

Restano in carcere gli altri figli Emanuele Libero, che uscirà di cella ad agosto prossimo, e Carmine, mentre la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, non è a Casal di Principe. La decisione di Sandokan potrebbe anche essere un messaggio a qualcuno a non provare a riorganizzare il clan, un modo per mettere una pietra tombale sulle aspirazioni di altri possibili successori. La collaborazione di Francesco Schiavone potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, come l’uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica.

Commissione legalità giornalisti Campania, Schiavone dica tutto
“Se la collaborazione sarà rispettosa della verità, alcuni pezzi di storia fin qui conosciuti cambieranno e saranno riscritti in base a quanto veramente accaduto. A cominciare dalla scomparsa di Antonio Bardellino e dall’identità delle sponde politiche e imprenditoriali del clan”. Così, i componenti della commissione Legalità dell’Ordine dei giornalisti della Campania, presidente Marilù Musto e Tina Cioffo vice, dopo aver appreso del percorso verso la collaborazione con la giustizia del capoclan del cartello dei Casalesi Francesco Schiavone “Sandokan” dopo 26 anni di carcere duro. “Schiavone potrebbe, innanzitutto, chiarire se in questi anni il 41 bis ha funzionato, ma soprattutto potrebbe svelare la rete di relazioni della camorra con l’ala imprenditoriale e politica che ha permesso la sopravvivenza del gruppo criminale fra i più pericolosi in Europa. Su molti fatti di sangue la verità giudiziaria ha già ottenuto molti risultati anche senza il suo aiuto”. La commissione – composta anche da Vincenzo Sbrizzi, Giovanni Taranto, Luisa Del Prete, Anna Liberatore, Nicole Lanzano e Federica Landolfi – si augura “che siano resi noti i patti che hanno “condannato la periferia di Caserta e Napoli all’identificazione con la Terra dei fuochi a causa di sversamenti abusivi di rifiuti speciali, in modo che non fosse possibile la creazione di un sistema circolare per lo smaltimento dei rifiuti. Schiavone renda noto i contatti con le mafie nell’area vesuviana”.

Strage al teatro di Mosca, nove sospetti arrestati in Tagikistan

Nove persone residenti in un sobborgo di Dushanbe, capitale del Tagikistan, sono state arrestate perché sospettate di avere legami con gli autori dell’attacco terroristico al teatro Crocus di Mosca. Lo riporta Ria novosti citando una fonte dei servizi speciali del paese asiatico.

Già due giorni fa le forze speciali tagiki avevano interrogato i parenti degli attentatori e delle altre persone arrestate a Mosca. A Dushanbe sono stati interrogati anche tre fratelli di Shamsidin Fariduni, in carcere con l’accusa di strage insieme ad altri tre islamisti.

Non è chiaro se gli arrestati siano parenti dei terroristi. I nove sono sospettati anche di avere contatti con lo Stato islamico, fa sapere l’agenzia. I vicini hanno affermato che i fermati sono stati prelevati dal villaggio di Loyobi da “uomini in uniforme” e portati a Dushanbe dove saranno interrogati.

La fonte citata da Ria ha aggiunto che i servizi speciali del Tagikistan, nell’effettuare le indagini sull’attacco terroristico, interagiscono con le forze di sicurezza russe che hanno preso parte agli arresti a Dushanbe.

Il direttore dell’FSB Alexander Bortnikov ha osservato che dalle prime indagini sugli attentatori islamici confermano la pista ucraina; i servizi segreti russi ritengono che dietro l’attacco ci siano gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Ucraina.

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