12 Ottobre 2024

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L’Atalanta batte 3-0 il Bayer Leverkusen e conquista l’Europa League

Una notte storica, magica, indimenticabile: l’UEFA Europa League è dell’Atalanta. A Dublino il cielo si colora di nerazzurro: battuto 3-0 il Bayer Leverkusen grazie a una fantastica tripletta di Lookman e a una grandissima prova di tutta la squadra. Il sogno è realtà: la coppa, la prima storica coppa europea, arriva a Bergamo ed entra nella bacheca nerazzurra.

Gara da subito intensa e da emozioni forti con i nerazzurri che partono bene e dopo un colpo di testa di Scamacca rimpallato da un difensore, sbloccano la partita al 12′: combinazione a destra che libera Zappacosta al cross, chiusura vincente di Lookman sul secondo palo per l’1-0. Al 26′ arriva anche il raddoppio: Lookman recupera palla sulla trequarti, si libera con un tunnel di un difensore e batte Kovar con un destro a giro angolato per il 2-0. Musso è attento al 35′ sul tentativo di pallonetto di Grimaldo, ma al 43′ sono ancora i nerazzurri pericolosi, stavolta con De Ketelaere che si accentra e calcia col mancino trovando la risposta di Kovar. L’ultimo tentativo del primo tempo arriva al primo minuto di recupero ma la conclusione di Xhaka sfila sul fondo.

Nella ripresa aumenta la spinta del Bayer Leverkusen. Al 59′ Frimpong arriva sul cross respinto da Musso, ma la girata è alta. Ma i nerazzurri controllano la partita, si difendono con ordine e combattono su ogni pallone. E al 76′ arriva anche il terzo gol ed è ancora Lookman, servito da Scamacca a confezionarlo: dribbling secco e sinistro sotto l’incrocio più lontano che fa partire la festa dei migliaia di tifosi atalantini arrivati a Dublino. È il gol che chiude la partita!

ATALANTA-BAYER LEVERKUSEN 3-0

Reti: 12′, 26′ e 76′ Lookman (A)

Atalanta: Musso, Djimsiti, Hien, Kolašinac (46′ Scalvini), Zappacosta (84′ Hateboer), Éderson, Koopmeiners, Ruggeri (Toloi 91), De Ketelaere (57′ Pašalić), Scamacca (84′ El Bilal), Lookman. A disposizione: Carnesecchi, Rossi, Holm, de Roon, Bakker, Adopo, Miranchuk. Allenatore: Gian Piero Gasperini.

Bayer Leverkusen: Kovar, Stanisic (46′ Bonface), Tah, Tapsoba, Frimpong (81′ Tella), Xhaka, Palacios (69′ Andrich), Hincapie, Wirtz (81′ Schick), Grimaldo (69′ Hlozek), Adli. A disposizione: Hradecky, Lomb, Kossounou, Hofmann, Borja Iglesias, Arthur, Puerta. Allenatore: Xabi Alonso.

Arbitro: István Kovács (ROU).
Assistenti: 
Vasile Florin Marinescu (ROU) e Mihai Ovidiu Artene (ROU).
IV Ufficiale: Ivan Kružliak (SVK).
V.A.R.: 
Pol van Boekel (NED)A.V.A.R.: Catalin Popa (ROU), V.A.R. support: Rob Dieperink (NED).

Note: ammoniti Djimsiti (A), Scamacca (A), Wirtz (BL), Zappacosta (A), Tapsoba (BL), Koopmeiners (A).

Irlanda, Spagna e Norvegia riconoscono lo Stato palestinese

Le autorità di Irlanda, Spagna e Norvegia hanno annunciato la decisione di riconoscere la Palestina come Stato indipendente, inducendo il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz a lanciare un avvertimento sul pericolo di questa mossa.

In precedenza, 143 dei 193 paesi membri delle Nazioni Unite, inclusa la Russia, avevano riconosciuto la Palestina. Tuttavia, la maggior parte dei paesi europei non ha ancora deciso di riconoscere l’indipendenza dello Stato.

La decisione
Le autorità di Irlanda, Spagna e Norvegia hanno annunciato la mattina del 22 maggio la decisione di riconoscere la Palestina. Secondo il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, la decisione entrerà in vigore nel suo Paese il 28 maggio.

Secondo il primo ministro irlandese Simon Harris, altri paesi (soprattutto europei, ndr) potrebbero presto seguire l’esempio. Politico ha detto in precedenza che il Belgio e la Slovenia sono tra i paesi che probabilmente adotteranno la decisione.

La reazione di Israele
Israele ha già richiamato i suoi ambasciatori da Irlanda, Spagna e Norvegia. Secondo il ministro degli Esteri israeliano, il suo Paese “non si tirerà indietro di fronte a coloro che ne minano la sovranità e ne minacciano la sicurezza”.

Il ministro ha anche affermato che la decisione è “un’ingiustizia alla memoria delle vittime” dell’attacco del 7 ottobre contro Israele da parte di Hamas. Secondo Katz, questa mossa “invia ai palestinesi e a tutto il mondo il messaggio che il terrorismo paga”. Non una parola sulla rappresaglia genocida di civili a Gaza.

Intanto, il Ministero degli Esteri israeliano ha convocato gli ambasciatori dei tre paesi. Secondo il sito web Ynet, verranno confrontati e verrà mostrato un video di Hamas che rapisce donne truppe israeliane il 7 ottobre 2023. Video “taroccato” secondo Hamas. “Perché poi farlo uscire adesso e non a ottobre?”, nota qualche osservatore.

Reazione mondiale
La leadership palestinese ha lodato Irlanda, Spagna e Norvegia per aver sostenuto “il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione sulla propria terra” e ha esortato altri paesi a seguire questo esempio.

Anche il movimento Hamas ha accolto con favore la decisione, definendola “un passo importante verso l’affermazione del diritto del popolo palestinese a creare un proprio Stato indipendente”.

Anche il ministero degli Esteri turco ha elogiato la decisione, mentre il dipartimento diplomatico cinese ha esortato a “tornare alla politica della soluzione dei due Stati”.

Il contesto della decisione
Irlanda, Spagna e Norvegia hanno deciso di riconoscere la sovranità della Palestina nel contesto del conflitto armato nella Striscia di Gaza scoppiato dopo l’attacco del 7 ottobre. Quel giorno centinaia di israeliani furono uccisi e presi in ostaggio. In risposta, Israele ha lanciato un’operazione militare su vasta scala, che ha ucciso oltre 35.000 persone, tra cui migliaia di bambini, donne e anziani.

Nelle ultime settimane si sono accese le voci su un’operazione nella città di Rafah, al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Secondo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è necessario “sconfiggere completamente Hamas”. Altre nazioni, compresi gli Stati Uniti, esortano gli israeliani a non lanciare alcuna operazione militare su larga scala nella città, dove si trovano 1,4 milioni di sfollati forzati.

Il 20 maggio, il procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan ha chiesto che l’organismo emettesse mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, affermando che la CPI ha “fondati motivi per ritenere” che essi “sopportano responsabilità penale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi sul territorio dello Stato di Palestina (nella Striscia di Gaza) almeno dall’8 ottobre 2023. Ha inoltre chiesto che fossero emessi mandati di arresto per tre leader di Hamas.

Lo status della Palestina
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione sulla creazione di due stati, uno ebraico e uno arabo, nel 1947. Dopo la fondazione di Israele nel 1948, i paesi arabi inviarono truppe nel territorio del paese; tuttavia, furono sconfitti (con l’aiuto di Usa e Gran Bretagna). Gli israeliani, nel frattempo, occupavano il territorio che sarebbe dovuto diventare lo Stato arabo.

Nel 1988, durante il Consiglio Nazionale Palestinese riunito in Algeria, fu adottata la decisione di creare uno stato con Gerusalemme Est come capitale. Tuttavia, ciò non è ancora avvenuto. La Palestina non ha un esercito né una valuta, mentre la maggior parte delle sue aree di confine, così come Gerusalemme Est, sono controllate da Israele. Inoltre, dal 2007, la Palestina è politicamente divisa: la Cisgiordania è controllata dal movimento Fatah, e Hamas governava la Striscia di Gaza prima che iniziasse l’operazione israeliana. Circa tre quarti degli stati membri dell’ONU riconoscono la Palestina indipendente, cosa che non è accettata dalla maggior parte dei paesi occidentali. La Palestina è membro della Lega Araba, ma non ha potere nell’ONU.

La stragrande maggioranza dei paesi delle Nazioni Unite riconosce dunque lo Stato di Palestina. Non sono fra questi Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti, che restato in netta minoranza sebbene le ultime quattro siano le maggiori potenze occidentali.

Norvegia, Spagna e Irlanda sono le ultime in ordine di tempo a riconoscerlo: hanno annunciato l’intenzione di riconoscere uno Stato della Palestina, rompendo con la posizione a lungo sostenuta dalle potenze occidentali, secondo cui uno Stato palestinese può nascere solo nell’ambito di una pace negoziata con Israele. Ma quali sono i Paesi che riconoscono già oggi uno Stato di Palestina?

Secondo l’Autorità Palestinese, che ha poteri limitati in alcune parti della Cisgiordania occupata da Israele, 143 dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite al momento riconoscono lo Stato di Palestina.

Tra questi ci sono Russia e molti Paesi mediorientali, africani ed asiatici, ma non appunto il Belpaese, gli Stati Uniti, il Canada, la maggior parte dell’Europa occidentale, l’Australia, il Giappone e la Corea del Sud; insomma tutti paesi che gravitano nell’orbita di Washington.

Non solo, ad aprile, gli Stati Uniti hanno usato il loro veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per impedire la richiesta palestinese di diventare uno Stato membro a pieno titolo delle Nazioni Unite.

La Palestina è da quasi 80 anni un territorio illegalmente occupato dal Sionismo d’Israele che col passare del tempo sta scacciando con inaudita violenza gli storici proprietari di quelle terre, massacrando donne, anziani e bambini palestinesi.

Ecco come si è evoluta la Palestina, nel grafico rappresentata in verde. In bianco i territori occupati abusivamente dai sionisti israeliani.

Pestaggio Davide Ferrerio, condannata a 8 anni la donna istigatrice

Tribunale di Crotone Processo pestaggio Davide Ferrerio
Ansa

E’ stata condannata a otto anni di reclusione Anna Perugino la donna ritenuta l’istigatrice dell’aggressione di Davide Ferrerio, il giovane di 22 anni, di Bologna, ridotto in fin di vita l’11 agosto del 2022 nel centro di Crotone dove era in vacanza, da Nicolò Passalacqua, condannato in abbreviato a 20 anni di carcere.

La sentenza del Tribunale di Crotone, letta dal presidente del collegio penale Edoardo D’Ambrosio, non ha accolto la richiesta del pm Pasquale Festa di condanna a 12 anni per concorso anomalo in tentato omicidio, ma ha riqualificato il reato in concorso anomalo in lesioni gravissime.

Una decisione che avrà ripercussioni anche nel processo di Appello per Nicolò Passalacqua che è in corso a Catanzaro.

Assolto invece il coimputato Andrei Gaiu, per non aver commesso il fatto. Il collegio penale ha tenuto in considerazione la consulenza del perito del Tribunale nella quale si sosteneva che non era stato il pugno inferto da Passalacqua a causare il danno cerebrale a Davide Ferrerio ma l’impatto sull’asfalto. Da qui, come anche sostenuto dal difensore della donna, l’avvocato Aldo Truncé, la riqualificazione del reato.

Davide Ferrerio rimase stato vittima del brutale pestaggio per uno scambio di persona in seguito ad una spedizione punitiva che aveva come obiettivo un uomo che infastidiva sui social la figlia della Perugino.

Spedizione organizzata – secondo la tesi dell’accusa – dalla stessa donna che si avvalse anche del compagno Andrei Gaiu il quale quella sera faceva parte del gruppo che doveva andare ad incontrare l’uomo il quale su instagram faceva la corte a Martina Perugino (all’epoca minorenne) per la quale è stata disposto la messa alla prova ai servizi sociali per 2 anni e 6 mesi. Davide Ferrerio che passava casualmente in quella zona venne scambiato per lo spasimante e aggredito da Passalacqua. Il giovane bolognese da quel giorno è in coma irreversibile all’ospedale di Bologna.

Il Tribunale ha rigettato la richiesta di risarcimento del danno del Comune di Bologna e riconosciuto quello per le altre parti civili in separata sede. Perugini è stata condannata al pagamento di una provvisionale di 500 mila euro per Davide Ferrerio e di 150 mila euro per i familiari del ragazzo, di 10 mila euro per Comune e Provincia di Crotone.

In Russia esercitazioni militari con l’uso di armi nucleari tattiche

In Russia è iniziata la prima fase dell’esercitazione militare sulla preparazione e l’uso di armi nucleari tattiche. Lo ha annunciato il Ministero della Difesa russo citato dall’agenzia di stampa Tass.

“Per ordine del comandante in capo, nel distretto militare meridionale è iniziata un’esercitazione militare che prevede esercitazioni di preparazione e utilizzo di armi nucleari tattiche sotto la supervisione dello Stato maggiore”, ha affermato il ministero.

Durante l’esercitazione, le forze missilistiche si esercitano nella preparazione per l’uso dei sistemi missilistici tattici Iskander, mentre l’aviazione verrà equipaggiata con armi aeronautiche, compresi i missili ipersonici Kinzhal con carichi utili speciali e si dirigerà verso la loro area di pattugliamento.

Il Ministero ha sottolineato che l’esercitazione si svolge in risposta alle dichiarazioni provocatorie rilasciate dai funzionari occidentali e mira a mantenere la prontezza di risposta e garantire la sovranità nazionale, spiega il dicastero russo.

Esplosione in una villetta nel catanzarese, un ferito grave

La villetta in cui si è verificata l’esplosione

Una esplosione, probabilmente causata da una fuga di gas è avvenuta in una villetta a due piani sita in località Martelletto nel comune di Settingiano, nel catanzarese. Una persona è rimasta ferita gravemente e trasportata in ospedale per le ustioni.

Il fatto è successo intorno all’ora di pranzo. La deflagrazione, avvenuta in una parte della villa, ha sventrato alcune pareti interne ed esterne, con fiamme che hanno interessato gli arredamenti della casa e minacciato le vicine abitazioni.

Sul posto squadre dei vigili del fuoco del Comando di Catanzaro intervenute con quattro automezzi ed autobotti carichi di acqua per domare le fiamme e mettere in sicurezza l’area. L’intervento di soccorso è ancora in corso.

Sul posto anche i Carabinieri per gli adempimenti di competenza. Rilievi dei pompieri per accertare le causa dell’esplosione. L’ipotesi al momento più accreditata è una fuga di gas.

Boss turco arrestato da Dda di Milano subì intimidazione in Calabria

Era stato vittima di un’intimidazione a Crotone Baris Boyun, il presunto boss della mafia turca arrestato stamattina nel viterbese su ordine della Dda di Milano che fatto arrestare lui insieme ad altre 17 persone accusate di terrorismo e altri reati.

L’episodio risale al 18 marzo scorso, quando persone non identificate spararono alcuni colpi di pistola contro la porta d’ingresso della casa in cui Boyun si trovava agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.

Provvedimento restrittivo applicatogli perché accusato della detenzione di un’arma clandestina contestatagli dalla Squadra mobile di Milano, Boyun era arrivato a Crotone nell’ottobre del 2022 prima di andare via e tornarvi il 2 febbraio scorso per scontare la detenzione domiciliare nella casa della compagna.

Nel corso della notte ignoti s’introdussero nel condominio in cui abitava Boyun e spararono quattro colpi di pistola contro il portone dell’appartamento, nessuno dei quali comunque ferì il boss turco e la compagna, che in quel momento erano a letto.

Dalle indagini della Polizia è emerso che Boyun avrebbe ricevuto a Crotone numerose visite e, malgrado fosse ai domiciliari avrebbe continuato a dirigere la sua rete criminale, con diramazioni in tutta Europa. Il giorno dopo l’intimidazione Boyun fu prelevato dalla Polizia e trasferito in un’altra località.

Terrorismo, presa banda turca tra cui presunto boss Boyun. “Pianificava attentati”

Una task force congiunta di forze dell’ordine italiane e l’Interpool alle 4 di questa mattina ha fatto irruzione in un appartamento nella frazione viterbese di Bagnaia, dove sembra stesse da tempo agli arresti domiciliari e piantonato, il presunto boss della mafia turca Baris Boyun, che intorno alle 5:30 è stato portato via dagli agenti per essere condotto presumibilmente a Milano.

Con un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 19 persone di origine turca che vivono in Italia, Svizzera, Germania e Turchia, la Procura di Milano ha smantellato una rete criminale guidata dal presunto boss della mafia turca Baris Boyun, uno degli uomini più ricercati da Ankara.

Il provvedimento del gip milanese Roberto Crepaldi è stato eseguito all’alba, assieme a un paio di fermi, da centinaia di poliziotti coordinati dall’antiterrorismo milanese, in particolare dal pm Bruna Albertini e dal procuratore Marcello Viola.

Quattordici cittadini turchi dimoranti nel nostro Paese e altri tre attivi all’estero sono finiti in carcere per associazione per delinquere aggravata anche dalla transnazionalità, banda armata diretta a costituire un’associazione con finalità terroristiche e a commettere attentati terroristici, detenzione e porto illegale di armi micidiali e di esplosivi, traffico internazionale di stupefacenti, omicidio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E’ scritto in una nota apparsa sul sito della Polizia.

L’indagine è stata avviata a Como all’inizio di ottobre dello scorso anno quando i poliziotti hanno arrestato tre appartenenti dell’organizzazione criminale mentre cercavano di raggiungere la Svizzera ed erano in possesso di due pistole, di cui una clandestina, numerose munizioni e materiale di propaganda.

L’attività investigativa ha consentito di constatare che il capo dell’organizzazione Baris Boyun, finito successivamente agli arresti domiciliari (con una parentesi in Calabria) per detenzione e porto di arma comune da sparo, continuando a dirigere e coordinare dall’Italia le attività criminali: trasporto di migranti, traffico di stupefacenti, contrabbando di sigarette e di farmaci ma anche la commissione di reati terroristici come l’omicidio di un cittadino turco a Berlino o ancora l’attentato alla fabbrica di alluminio in Turchia avvenuti a marzo scorso. Quest’ultimo attentato è fallito grazie allo scambio informativo tra la Polizia di Stato, l’Interpol e la polizia turca.

Il video con le intercettazioni sulla pianificazione di un attentato

Alla Sezione investigativa finanziamento terrorismo della Guardia di finanza di Milano, è stata delegata l’attività d’indagine sui flussi finanziari provenienti dall’estero che hanno permesso al capo di disporre di somme di denaro contante consistenti.

Nell’operazione che ha coinvolto centinaia di poliziotti, è stato impegnato il personale della Squadra mobile di Como, del Servizio centrale operativo di Roma, delle Sisco di Milano e di Brescia, delle Squadre mobili di Catania, Crotone, Verona, Viterbo, delle Unità operative di primo intervento, del Reparto prevenzione crimine Lazio e Lombardia, delle Unità cinofile di Roma, del Reparto volo di Roma, della Polizia scientifica delle città interessate e della Guardia di finanza di Milano e Roma.

Iran, grande folla a Teheran per omaggiare Raisi

La cerimonia commemorativa per Ebrahim Raisi e le altre sette vittime presenti con il presidente iraniano nell’elicottero che si è schiantato domenica nella provincia dell’Azerbaigian orientale, è iniziata alla Summit Hall di Teheran (Iran).

Oltre 22 capi di Stato e funzionari di Paesi vicini all’Iran e della regione hanno partecipato alla cerimonia, tra cui rappresentanti di Egitto, Turchia, Siria, Bielorussia, Russia e Libano. Il presidente nominato dopo la morte di Raisi, Mohammad Mokhber, e il ministro degli Esteri ad interim, Ali Bagheri, hanno guidato la cerimonia.

Decine di migliaia di iraniani si sono riuniti dall’alba nel centro della capitale per rendere l’ultimo omaggio a Raisi.

La Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ha guidato la preghiera durante la cerimonia. Lo riporta Irna, mostrando una fotografia di Khamenei che prega all’università di Teheran, davanti alle bare di Raisi e delle altre vittime dell’incidente aereo che si trovavano insieme a lui.

Dopo la preghiera è iniziato il corteo funebre nelle strade della capitale iraniana a cui partecipano decine di migliaia di persone. Tra le altre vittime dell’incidente il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian, le guardie del corpo del presidente e il generale Mehdi Mousavi.

Ismail Haniyeh, il capo dell’ufficio politico di Hamas, si trova a Teheran, dove sta partecipando alla cerimonia di addio per Ebrahim Raisi. Lo riporta Mehr, pubblicando un video in cui si vede Haniyeh che saluta il comandante in capo dell’Esercito iraniano, Abdolrahim Mousavi, mentre partecipa alla cerimonia.

“Siamo sicuri che l’Iran continuerà a sostenere la nazione palestinese con le sue politiche, le sue strategie e i suoi valori fino a quando la bandiera della vittoria non sarà innalzata sulla moschea di Al-Aqsa”, ha detto Haniyeh nel suo discorso nel corso della cerimonia.

Haniyeh ha fatto riferimento al suo recente incontro con Raisi a Teheran e ha aggiunto: “Il defunto presidente ha sottolineato il sostegno dell’Iran alla resistenza e ha affermato che la questione palestinese non è politica e che la nazione islamica utilizzerà tutte le sue capacità per liberare la Palestina”.

“Il presidente Raisi ha anche affermato che il movimento di resistenza, come primo fronte della resistenza dei musulmani, è una scelta strategica per concretizzare la liberazione – ha aggiunto il leader di Hamas -. Ha elogiato l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre, definendolo ‘una battaglia che ha preso di mira il cuore del regime sionista’”, ha detto Haniyeh.

Il dirigente di Hamas ha anche incontrato Khamenei, al quale ha espresso le sue condoglianze per la morte del presidente Raisi e di altre sette vittime dell’incidente aereo di domenica. Il leader ha inoltre ricevuto numerosi funzionari stranieri in visita, tra cui i primi ministri di Armenia e Iraq.

Durante il suo incontro con Haniyeh, Khamenei ha sottolineato che “la promessa di eliminare Israele sarà mantenuta. Vedremo il giorno in cui la
Palestina passerà dal fiume al mare”. Lo riporta l’agenzia Irna. Il leader iraniano ha poi sottolineato che “la resistenza del popolo di Gaza ha impressionato il mondo” facendo riferimento alle “proteste nelle università degli Stati Uniti a sostegno della Palestina”. Secondo la Guida suprema iraniana, “il popolo di
Gaza ha sconfitto gli Stati Uniti, la Nato, la Gran Bretagna e altri Paesi”.

Gli ha fatto eco Ali Bagheri, ministro degli Esteri ad interim dopo la morte di Amirabdollahian. “Sarò fedele ai principi della Repubblica Islamica – compreso il sostegno ai palestinesi – sostenuti dal defunto ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian”, ha detto, aggiungendo che Teheran “sostiene l’asse del movimento di resistenza e tutte le nazioni oppresse contro la tirannia dell’arroganza globale e i criminali sionisti”.

Stragi del ’93, indagato il generale Mario Mori. Lui: “Accuse ridicole”

Strage, associazione mafiosa, associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico. Sono queste le accuse di cui deve rispondere il generale Mario Mori, ex capo del Ros ed ex direttore del Sisde.

L’avviso di garanzia è stato emesso dalla procura di Firenze e notificato il 16 maggio scorso, giorno del suo 85esimo compleanno.

Stavolta Mori ha anticipato i pm e ha reso nota la notizia dell’atto giudiziario ricevuto insieme all’invito a comparire davanti ai magistrati di Firenze, fissato per il 23 maggio, il giorno del 32esimo anniversario della strage costata la vita al giudice Giovanni Falcone.

L’ex ufficiale dell’Arma ha anche fatto sapere che non si presenterà per quella data, che per l’indagato non sarebbe stata affatto scelta a caso, per impegni del suo legale, l’avvocato Basilio Milio.

A fianco del generale si schierano la stessa Arma dei Carabinieri e il governo.

“Appresa la notizia dell’avviso di garanzia, con invito a comparire per rendere interrogatorio in qualità di indagato, nei confronti del Generale Mario Mori, nel pieno rispetto del lavoro dell’Autorità Giudiziaria, l’Arma dei Carabinieri – è scritto in una nota – esprime la sua vicinanza nei confronti di un Ufficiale che, con il suo servizio, ha reso lustro all’Istituzione in Italia e all’estero, confidando che anche in questa circostanza riuscirà a dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati”.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, che ieri ha incontrato l’ufficiale a palazzo Chigi e il ministro della Difesa Guido Crosetto, oltre ad altri esponenti della maggioranza, in particolare Rita Dalla Chiesa, capogruppo di Forza Italia alla Camera. “Ho ricevuto a Palazzo Chigi il generale Mario Mori, che conosco da oltre 25 anni, e del quale ho sempre apprezzato la lucidità di analisi e la capacità operativa”, ha detto Mantovano: “Gli ho manifestato per un verso vicinanza di fronte alle contestazioni che gli vengono rivolte, delle quali mi ha messo a parte; per altro verso sconcerto, nonostante che decenni di giudizi abbiano già dimostrato l’assoluta infondatezza di certe accuse”.

“Non ci si poteva accontentare di avergli reso la vita un calvario per decenni; non si poteva accettare il fatto che fosse stato assolto da ogni contestazione…”, ha detto da parte sua Crosetto.

Dopo 22 anni di processi, che si sono tutti conclusi con assoluzioni, torna, dunque, sotto inchiesta l’ex capo del Ros che, secondo i pm fiorentini, pur avendo notizia delle intenzioni stragiste di Cosa nostra, nel 1993 si sarebbe girato dall’altra parte non facendo nulla per sventare i piani di morte dei mafiosi. “Pur avendone l’obbligo giuridico, Mori – scrivono i magistrati con in testa il neo procuratore Spiezia – non avrebbe impedito mediante doverose segnalazioni e denunce all’autorità giudiziaria, ovvero con l’adozione di autonome iniziative investigative e preventive, gli eventi stragisti di cui aveva avuto anticipazioni”, poi verificatisi a Firenze, Roma e Milano, nonché il fallito attentato allo stadio Olimpico.

Nella ricostruzione dell’accusa ad anticipare al generale le mosse dei boss sarebbe stato, nell’agosto 1992, dopo gli attentati di Capaci e Via D’Amelio, dunque, il maresciallo Roberto Tempesta, informato dall’esponente della destra eversiva Paolo Bellini, che gli avrebbe fatto sapere delle bombe al patrimonio storico, artistico e monumentale e, in particolare, alla torre di Pisa”. Altra fonte dell’ufficiale sarebbe stato il pentito Angelo Siino “durante il colloquio investigativo – dicono i pm – intercorso a Carinola il 25 giugno 1993, durante il quale il collaboratore gli aveva espressamente comunicato che vi sarebbero stati attentati al Nord”.

“Quelle a mio carico, com’è agevole a tutti comprendere, sono accuse surreali e risibili se tutto ciò non fosse finalizzato alla gogna morale che sarò costretto a subire ancora per chissà quanti anni”, commenta Mario Mori che fa notare che a Palermo i pm l’hanno processato per 11 anni con l’accusa di aver ‘trattato’ con la mafia e siglato un accordo con Bernardo Provenzano per far cessare le stragi, mentre a Firenze lo indagano per non averle impedite”.

“Sono profondamente disgustato da tali accuse che offendono, prima ancora della mia persona, i magistrati seri con cui ho proficuamente lavorato nel corso della mia carriera nel contrasto al terrorismo e alla mafia, su tutti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Forse non mi si perdona di non aver fatto la loro tragica fine”, conclude amaramente Mori.

Incarichi a parenti in una biblioteca finanziata dalla Regione, 2 arresti

Peculato. E’ questa l’accusa contestata a cinque persone indagate nell’ambito di una inchiesta della procura di Vibo Valentia che ha richiesto e ottenuto gli arresti domiciliari per due soggetti e il sequestro preventivo di beni per un ammontare per oltre 230 mila euro.

Le indagini dei finanzieri vibonesi hanno permesso di appurare come due dirigenti di un servizio pubblico locale (Il Sistema bibliotecario vibonese, ndr) gestito e finanziato dalla Regione Calabria, si sarebbero appropriati, nel tempo, di ingenti somme di denaro – pari all’importo sequestrato – destinandole, tra l’altro, a propri congiunti mediante il conferimento diretto di incarichi in palese conflitto di interesse, eludendo le disposizioni normative in materia di accesso al pubblico impiego.

In particolare, – spiega una nota della Guardia di finanza – dagli accertamenti svolti è emerso che, per l’espletamento delle attività connesse alla realizzazione dei progetti a cui ha preso parte, l’ente si è avvalso, negli anni, oltre che del personale regolarmente assunto, anche di altri soggetti, mediante contratti di lavoro autonomo conferiti attraverso lettere di incarico prive di ogni riferimento circa la tipologia di selezione utilizzata e nelle quali non si dava atto di aver reso pubblica la ricerca di personale in quello specifico settore.

La pluralità di incarichi dal medesimo contenuto, reiteratamente conferiti a familiari delle persone colpite da misura cautelare evidenzia, peraltro, la sussistenza di esigenze non temporanee ed eccezionali, ma ordinarie e perduranti, rispetto alle quali l’amministrazione avrebbe dovuto trovare idonee soluzioni in termini di programmazione dei fabbisogni di personale, nonché di aggiornamento e formazione dei profili professionali interni.

L’analisi della documentazione amministrativa ha consentito, altresì, di accertare che, negli anni, l’ente ha approvato bilanci senza sottoporli al vaglio di un apposito Revisore dei Conti, figura mai nominata. I bilanci, inoltre, risultavano essere “manipolati” al fine di dare false informative economico-finanziarie, attraverso una rappresentazione fuorviante della situazione reale.

La gestione illecita della cosa pubblica, così realizzata, ha portato al dissesto dell’ente che nel periodo preso in esame ha maturato una situazione debitoria quantificata in circa 700.000 euro.

Regione Calabria: Il sistema bibliotecario vibonese non è un ente regionale

“Il Sistema bibliotecario vibonese appartiene al Sistema bibliotecario regionale, ma non è un ente regionale e dunque non è gestito in alcun modo dalla Regione Calabria. Negli anni ha avuto, così come altre realtà territoriali, finanziamenti regionali relativi ad alcune specifiche attività”. È quanto si legge in una nota della Regione Calabria in relazione alla vicenda dei due arresti ai domiciliari per peculato per essersi appropriati di somme di denaro del Sistema bibliotecario vibonese.

“Di recente – prosegue la nota – la Regione ha revocato diversi finanziamenti e non ha più ammesso il Sistema bibliotecario vibonese ai bandi perché questo ente non ha rendicontato, nel corso degli ultimi anni, i contributi che gli erano stati concessi. Proprio per tale ragione la Regione Calabria ha fatto ricorso ad atti ingiuntivi per il recupero delle somme erogate e non rendicontate”.

Corruzione e turbativa, tre indagati per Milano-Cortina 2026

Inchiesta della procura di Milano sulla Fondazione Milano Cortina, l’ente che organizza i Giochi olimpici invernali del 2026. Tre le persone indagate per corruzione e turbativa d’asta: gli ex manager della fondazione Vincenzo Novari e Massimiliano Zuco e l’imprenditore digitale Luca Tomassini. Nessuna dei tre è un dirigente o dipendente attuale della Fondazione dove il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano ha effettauto perquisizioni e acquisizioni dei sistemi informatici.

Sequestri, da quanto riporta Adnkronos, anche in una società di Orvieto a cui sono stati affidati i servizi digitali per le Olimpiadi invernali e in alcuni uffici Deloitte, subentrata all’azienda umbra. L’operazione è coordinata dai pm Francesco Cajani e Alessandro Gobbis e dalla procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano.

“Ne siamo stati informati come voi, aspettiamo di capire. La Guardia di Finanza fa un lavoro egregio e ha il nostro sostegno. Ora vediamo le risultanze dell’indagine che non è mai motivo di soddisfazione e orgoglio, ma nemmeno di preoccupazione”, ha detto il ministro per lo sport e per i giovani, Andrea Abodi, a margine dell’incontro con il Roma Club Gerusalemme. “La fondazione deve essere ed è una casa di vetro – ha aggiunto Abodi-. E chiunque voglia guardarci dentro deve trovare le risposte sulla trasparenza e sui comportamenti gestionali”.

Pm: “Criticità su 3 gare”
Secondo quanto emerge nel decreto di perquisizione, emergono “profili di criticità quantomeno in relazione a tre affidamenti a Vetrya” in particolare sviluppo delle piattaforme web e mobile; servizi licensing Office 365, hosting in cloud e operation; implementazione Microsoft Azure information protection – operati da Fondazione tra il marzo 2020 e il gennaio 2021 (e successivamente gestiti da Quibyt, dopo la messa in liquidazione di Vetrya)”.

La procura di Milano sottolinea come Zuco sia “sempre attivo in interlocuzioni con Tomassini in palese violazione degli elementari criteri di trasparenza ed imparzialità nella aggiudicazione di gare pubbliche”. Mentre, nello stesso periodo, emerge “come altrettanto significativa una e-mail inviata all’interno di Vetrya nella quale si legge ‘Entro domani sera cerchiamo di avere un importo da trasferire a Zuco’”.

E ancora la Guardia di finanza di Milano segnala ulteriori elementi di criticità in conversazioni nelle quali Zuco “per interessi di carattere personale non altrimenti giustificabili nell’esercizio delle sue funzioni pubblico gestito – a livello tecnologico – sempre da Vetrya, avesse la meglio sull’altro (in violazione dell’idea stessa di una ‘giuria popolare’ alla quale fosse deputata, in via esclusiva, la scelta del logo)”.

Pm: “Soldi e auto per corrompere due ex dirigenti Fondazione”

Nel decreto di perquisizione si fa riferimento anche alla nomina di Zuco. In conversazioni WhatsApp, che risalgono al novembre 2019, “Tomassini faceva riferimento a propri pregressi rapporti con Novari (con cui ha rapporti di vecchia data, ndr)”, inviando all’amico Zuco lo screenshot di una conversazione, in cui “già riferiva di essere intervenuto al fine di consentire il proprio inserimento lavorativo nel comitato organizzatore delle Olimpiadi”, di prossima costituzione.

“Nomina che effettivamente è avvenuta, tramite l’intervento di Novari (amministratore delegato della Fondazione Milano Cortina 2026 dal 9 dicembre 2019), nel ruolo di direttore tecnico dei servizi digitali (Digital director) con un compenso complessivo per Zuco di 857.732 euro dal 2020 e il 2022 e con assegnazione di auto Smart, fin dal novembre 2019, pagata direttamente da Tomassini tramite Vetrya per le ‘cortesie’ fatte ‘ultimamente’ (così si esprime in chat lo stesso Tomassini) e venendo così investito da Novari, dapprima di fatto e successivamente con delega formale, a stipulare contratti ed effettuare affidamenti per conto dell’Ente nell’ambito del settore tecnologico/digitale”.

Impianti solari mai entrati in funzione, danno per 1,5 milioni

Un danno erariale per 1,5 milioni di euro è stato contestato dalla Corte dei conti della Calabria nei confronti di due dirigenti pubblici e tre professionisti per impianti solari realizzati nel 2012 in 24 presidi ospedalieri nelle province di Cosenza, Crotone e Vibo Valentia e mai entrati in funzione.

La Procura regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale per la Calabria ha notificato l’atto di citazione in giudizio ai 5 – tra i quali un dirigente della Regione Calabria e uno dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza all’epoca dei fatti – perché coinvolti a vario titolo nella realizzazione dell’appalto (responsabile unico del procedimento, direttore dei lavori o con altre mansioni di gestione) per la realizzazione di impianti solari per la produzione di calore a bassa temperatura per l’acqua calda sanitaria.

Le indagini, coordinate dal procuratore regionale Romeo Ermenegildo Palma e dal vice procuratore generale Giovanni Di Pietro e condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Catanzaro, avrebbero consentito di accertare come gli impianti, costruiti nel 2012, non siano mai entrati effettivamente in funzione a beneficio delle strutture sanitarie, tanto da versare in stato di totale abbandono e incuria, in assenza dei previsti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Secondo l’accusa, in fase di progetto non sarebbe stato effettuato un corretto dimensionamento degli impianti in rapporto alle esigenze delle strutture oggetto degli interventi.

Inoltre non vi sarebbe stato il coordinamento con gli impianti idraulici preesistenti e alcuni impianti risultavano addirittura situati in zone a ridotta irradiazione solare.

Dagli accertamenti compiuti, sarebbe emerso che nella maggior parte dei casi i lavori sono stati realizzati senza le preventive autorizzazioni o concessioni comunali e, quando necessario, senza le autorizzazioni previste in presenza di vincoli di tutela paesaggistico-ambientale, tanto che alcuni Comuni hanno comminato sanzioni e hanno emesso ordinanze di demolizione delle opere abusivamente eseguite.

Ai cinque vengono contestate condotte colpose sia in merito alla correttezza dei progetti sia ai successivi controlli. La realizzazione degli impianti è stata coordinata dall’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza quale capofila e stazione appaltante, anche nell’interesse delle altre aziende sanitarie, con la collaborazione tecnico-amministrativa di un consorzio appositamente costituito, con compiti anche di vigilanza e di coordinamento.

Il danno contestato è pari al contributo che era stato erogato dal ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica) per la realizzazione degli impianti, nell’ambito di un programma di energia termica rinnovabile per le aziende sanitarie.

Il Csm assolve il magistrato Luberto dagli addebiti disciplinari

Il magistrato Vincenzo Luberto

La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha assolto l’ex Procuratore della Repubblica aggiunto di Catanzaro Vincenzo Luberto dalle incolpazioni che gli venivano mosse in quanto sono risultati insussistenti gli addebiti disciplinari che gli venivano contestati.

La sezione che ha emesso la sentenza è stata presieduta dal vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli.

Il procedimento disciplinare a carico di Luberto traeva origine dall’inchiesta condotta nel 2016 dalla Procura della Repubblica di Salerno in cui il magistrato era indagato per corruzione aggravata.

A Luberto si contestava, in particolare, di avere favorito un ex parlamentare del Pd, Ferdinando Aiello.

A causa del suo coinvolgimento nell’inchiesta per Luberto era stato disposto il trasferimento d’ufficio al Tribunale civile di Potenza. Il procedimento penale scaturito dall’inchiesta si é poi risolto con l’assoluzione, da parte del Gup di Salerno, sia di Luberto che di Aiello a conclusione del processo con rito abbreviato. L’assoluzione é stata motivata dall’accertata insussistenza di qualsiasi favoritismo da parte di Luberto nei confronti dell’ex parlamentare, che conosceva solo per il fatto di essere un paziente della moglie, che é una dentista.

Nel periodo in cui é stato Procuratore aggiunto di Catanzaro Luberto ha condotto importanti inchieste sulle cosche di maggiore rilievo della ‘ndrangheta, tra cui quelle dei Forastefano e degli zingari di Cassano allo Ionio, gli Acri di Rossano, i Muto di Cetraro ed i Farao-Marincola di Cirò e sulla gestione del Cara di Isola Capo Rizzuto. Inchieste conclusesi con pesanti condanne per le persone coinvolte.

Malgrado l’assoluzione, Luberto non ha potuto fare rientro nella Procura della Repubblica di Catanzaro poiché il posto di Procuratore aggiunto che occupava è stato, nel frattempo, assegnato ad un altro magistrato. Luberto è andato così a svolgere le funzioni di sostituto Procuratore generale a Reggio Calabria, dove si trova tuttora. (Ansa)

Tremano i Campi Flegrei, lo sciame sismico fa paura

Un intenso sciame sismico sta interessando l’area dei Campi Flegrei con decine di scosse la più forte delle quali di magnitudo 4.4 registrata nel sottosuolo all’interno della nota Solfatara. Tantissima paura tra la popolazione, in particolare a Pozzuoli, che si è riversata in strada e sta passando la notte in auto o nelle tende della protezione civile poste all’aperto.

Per garantire l’assistenza alla popolazione si sta procedendo all’allestimento di aree di accoglienza, all’attivazione del volontariato di protezione civile a supporto delle autorità locali e il rafforzamento dei controlli sulla viabilità. È in corso anche la verifica delle reti dei sottoservizi e l’attivazione di tutti i centri di coordinamento in raccordo tra loro. Il Dipartimento della Protezione Civile continuerà a seguire in costante contatto con il territorio l’evolversi della situazione.

È stata di magnitudo 3.5 la prima scossa di terremoto significativa avvertita ieri a Napoli alle 19.51 – con epicentro nella zona dei Campi Flegrei – e che ha dato il via a uno sciame di terremoti. Una successiva scossa è stata di magnitudo 4.4 alle ore 20.10 ad una profondità di tre chilometri.

Il fenomeno è stato avvertito anche sull’isola di Procida, non solo nella zona collinare e centrale di Napoli, ma anche nei comuni dell’hinterland, come Casavatore e Giugliano in Campania. Segnalazioni pure da Afragola. I Campi Flegrei erano già stati interessati da uno sciame sismico stamattina, la cui scossa principale era stata di magnitudo 2.3, alle 8.50.

La scossa di terremoto di magnitudo 4.4 dovrebbe essere quella di maggiore intensità degli ultimi quaranta anni, la più forte mai registrata da quando è ricomparso il fenomeno del bradisismo ai Campi Flegrei. Il record precedente risale al terremoto del 27 settembre scorso: allora la magnitudo registrata fu 4.2, di poco inferiore a quella della scossa rilevata dai sismografi ieri sera. E anche allora come ieri la profondità fu individuata a 3 km, nell’area della Solfatara. Dopo la scossa delle 20.10 – che era stata preceduta da uno sciame sismico partito alle 19.51 – si sono susseguite molte scosse di minore intensità tuttora in corso e comunque di magnitudo non elevata. In particolare, alle 19.56 di magnitudo 1.8, alle 20.09 di 1.5, alle 2012 di magnitudo 1.0 e alle 20.16 di 1.2.

Alla sala operativa dei vigili del fuoco sono giunte alcune segnalazioni per crepe e caduta di cornicioni, intonaci esterni o piastrelle cadute in casa nelle zone prossime all’epicentro dei terremoti. Nessun danno alle persone. Sono in corso le verifiche sul territorio.

Le scuole restano chiuse a Pozzuoli, informa il Comune, sulla pagina Facebook. “Siamo riuniti – si legge in un post – per affrontare la situazione. Stiamo ricevendo diverse segnalazioni sia alla Protezione Civile che alla Polizia Municipale, ma le linee sono sovraccariche. In caso di difficoltà, potete utilizzare anche i messaggi del canale Facebook del Comune di Pozzuoli, e del sindaco Gigi Manzoni, indicando indirizzo compreso di civico e numero di telefono. Vi ricontatteremo appena possibile. Nel frattempo, per quanto possibile, vi chiediamo di mantenere la calma”.

Ai Campi Flegrei: “Sembrava che non finisse mai”
“Stavolta è stata pesante, sembrava che non finisse mai”. A Bagnoli, lungo il vialone che costeggia l’ex base Nato, un uomo racconta lo spavento provato per le due scosse di terremoto che hanno spinto tanta gente dei Campi Flegrei, come lui e i suoi figli piccoli, a scendere in strada.

Pensa di rientrare a casa? “Vediamo, per adesso no”, risponde. Tante gente anche sul lungomare che collega Bagnoli a Pozzuoli, una strada stretta che suggerisce di stare sul marciapiede opposto a quello dei palazzi. I locali sono aperti, ma dentro non c’è nessuno.

Il sindaco di Pozzuoli: “Mantenete la calma”
“Abbiamo tutti avvertito la scossa di pochi minuti fa, mantenete la calma, siamo in contatto con l’Osservatorio Vesuviano per tutti gli aggiornamenti”, afferma il sindaco di Pozzuoli, Gigi Manzoni. Dall’ufficio stampa del Comune fanno sapere che il sindaco ha riunito in Comune il Centro operativo comunale (Coc) per organizzare le squadre dei tecnici per i rilievi di eventuali danni agli edifici. Il sindaco ha ricevuto la chiamata del ministro Musumeci, che “si è messo a totale disposizione per ogni cosa”. Anche il direttore della protezione civile regionale sta arrivando nella sede comunale.

In centinaia i cittadini che si sono riversati in strada, così come a Bagnoli, dove molte auto con persone a bordo sono in sosta lungo il grande viale della ex base Nato.

L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) spiega che non si registra allo stato attuale un aumento della velocità di sollevamento, che attualmente è di 2 cm/mese, né variazioni di andamento nelle deformazioni orizzontali o deformazioni locali del suolo diverse rispetto all’andamento precedente.

L’Ingv quindi ricorda che durante la crisi bradisismica del 1982-84 il sollevamento del suolo raggiunse i 9 cm al mese, e si superarono anche 1300 eventi sismici al mese. Attualmente, invece, nell’ultimo mese sono stati registrati circa 450 eventi.

Inoltre, i parametri geochimici “non mostrano variazioni significative rispetto agli andamenti degli ultimi mesi, se non il ben noto incremento di temperatura e pressione che caratterizza il sistema idrotermale”.

“La sismicità – aggiunge l’Ingv – non è un fenomeno prevedibile, pertanto non può essere escluso che si possano verificare altri eventi sismici, anche di energia analoga con quanto già registrato durante lo sciame in corso”.

L’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv continua le attività di monitoraggio ordinarie e straordinarie al fine di “individuare anche le più piccole variazioni nei parametri di monitoraggio utili per definire al meglio l’attuale fenomeno in corso”.

Inoltre, le strutture dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia dedicate al monitoraggio dell’area della caldera dei Campi Flegrei “sono sempre operative h24 e oggi saranno effettuate misure e campionamenti in alcuni siti della caldera”.

L’Ingv, con la sua sezione di Napoli Osservatorio Vesuviano, “è costantemente in collegamento con la Protezione Civile nazionale, regionale e con i Comuni interessati, oltre che con tutte le Autorità competenti alla tutela del territorio”.

Morte Raisi, l’Iran apre una inchiesta sul disastro aereo

Il capo di stato maggiore delle forze armate iraniane, il generale Mohammad Bagheri, ha delegato un team di esperti di alto rango per indagare sul disastro aereo in cui ha perso la vita il ​​presidente iraniano Ebrahim Raisi e il suo entourage al seguito. Lo riporta l’agenzia di stampa Irna.

La delegazione è stata inviata sul luogo dell’incidente e le indagini sono già iniziate. I risultati dell’inchiesta saranno saranno resi noti successivamente al termine della missione.

Il presidente Raisi stava tornando da una cerimonia per l’apertura di una diga al confine tra Iran e Azerbaigian, quando il suo elicottero si è schiantato domenica a Varzaqan, in una zona montuosa nell’Iran nordoccidentale.

A bordo dell’elicottero, oltre a Raisi, c’erano anche il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian e alti funzionari iraniani, tutti rimasti uccisi nell’incidente.

Iran, dopo morte di Raisi paese sarà guidato dal vice fino a nuove elezioni

Mohammad Mokhber, fino ad oggi primo vicepresidente dell’Iran, ricoprirà fino a quando si terranno nuove elezioni il ruolo di Ebrahim Raisi, scomparso dopo che l’elicottero sul quale viaggiava si è schiantato nel nord ovest del Paese.

Secondo la Costituzione iraniana, in caso di morte improvvisa del presidente, il primo vicepresidente assume infatti la carica ad interim, con l’approvazione della Guida suprema, mentre nuove consultazioni presidenziali dovranno essere tenute in cinquanta giorni.

Nato nel 1955 a Dezful, nell’ovest del Paese, Mokhber è ritenuto, com’era anche lo stesso Raisi, molto vicino ad Ali Khamenei, la Guida suprema dell’Iran, che nel sistema politico della Repubblica islamica ricopre il ruolo di capo dello Stato mentre il presidente è il capo del governo.

Nominato primo vicepresidente dopo la vittoria di Raisi alle elezioni del 2021, Mokhber visitò Mosca lo scorso ottobre assieme ad una delegazione di funzionari iraniani che accettò di fornire missili superficie-superficie e droni all’esercito russo, secondo quanto riporta Reuters sul suo sito. Della stessa delegazione facevano parte anche due alti funzionari delle Guardie della rivoluzione iraniana e un funzionario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale.

Nel 2010, l’Unione Europea ha incluso Mokhber in un elenco di individui ed entità sanzionati per un presunto coinvolgimento in “attività nucleari o missilistiche balistiche” mentre due anni dopo il suo nome è stato cancellato dalla lista.

Nel 2013, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha aggiunto ad un elenco di entità sanzionate 37 società supervisionate da Mokhber e anche Setad (Setad Ejraiye Farmane Hazrate Emam – Quartiere generale degli ordini esecutivi dell’Imam), un fondo di investimento legato alla Guida suprema, istituito su ordine del fondatore della Repubblica islamica, l’ayatollah Ruhollah Khomeini, di cui l’attuale vicepresidente era stato in passato il capo. Mokhber ordinò a funzionari di vendere e gestire le proprietà del fondo, presumibilmente abbandonate negli anni turbolenti che seguirono la rivoluzione islamica del 1979, e di destinare la maggior parte dei proventi in beneficenza. (Ansa)

Corte penale chiede l’arresto di Netanyahu e leader Hamas: “Crimini di guerra”

Il procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi) Karim Kahn ha chiesto che i giudici emettano mandati di arresto internazionale nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del leader di Hamas a Gaza Yahya Sinwar per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Lo ha detto lo stesso Kahn in un videomessaggio condiviso sui social dicendosi “profondamente preoccupato” dalle “prove raccolte ed esaminate dal mio ufficio”.

Chiesto anche un mandato di arresto internazionale per il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant che, insieme a Netanyahu, è accusato da Kahn di vari crimini. Ovvero “aver causato uno sterminio, l’uso della fame come metodo di guerra, la negazione degli aiuti umanitari, trattamenti crudeli, atti disumani, la presa di mira deliberata della popolazione civile durante il conflitto” seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Uno “scandalo”, la replica di Netanyahu, che ha ribadito: “Questo non mi fermerà, non ci fermerà”.

Per quanto riguarda Hamas, invece, oltre che per Sinwar il procuratore capo della Cpi ha chiesto che venga emesso un mandato di arresto per Mohammed Diab Ibrahim al-Masri, il leader delle Brigate Al Qassem meglio conosciuto come Mohammed Deif, e Ismail Haniyeh, il leader politico di Hamas. Nei loro confronti le accuse sono di ”sterminio, omicidio, presa di ostaggi, torture, stupro e violenza sessuale durante la detenzione”.

Una giuria della Corte penale internazionale esaminerà ora la richiesta di Khan per i mandati di arresto. Con i mandati chiesti nei confronti dei politici israeliani è la prima volta che la Cpi prende di mira il leader di uno stretto alleato degli Stati Uniti. La Cpi aveva invece in precedenza emesso un mandato di arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin per la guerra lanciata contro l’Ucraina. Tuttavia Mosca aveva fatto sapere di non riconoscere l’autorità della Cpi e di non avere aderito alla sua costituzione, così come Stati Uniti e Cina.

Le Nazioni Unite avevano già definito “genocidio” le offensive militari israeliane nella Striscia di Gaza in cui sono morti finora oltre 35mila palestinesi, tra cui migliaia di bambini.

Mosca: “Zelensky è un obiettivo militare legittimo per la Russia”

“Volodymir Zelensky, in quanto capo di un regime ostile, è un obiettivo militare legittimo per la Russia”. Lo ha detto Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, citato dall’agenzia Tass alla vigilia di una data particolare. Il mandato di Zelensky, eletto nel 2019, è scaduto e nel paese non si tengono elezioni per via del conflitto.

La fine del mandato di Zelensky “non cambierà nulla”, spiega tuttavia Medvedev. “E’ già a capo di un regime politico ostile alla Russia, che ci fa la guerra, e i leader dei paesi che fanno la guerra vengono sempre considerati un legittimo obiettivo militare. Per noi è già un criminale di guerra e la perdita del suo status ufficiale non cambia nulla”.

L’affondo di Medvedev si allarga a tutto l’Occidente: il dialogo, dice l’ex presidente ed ex premier, non sembra un’ipotesi presa in considerazione: “Le garanzie migliori sono gli Iskander, gli Zircon e altre armi”, dice riferendosi in particolare ad alcuni dei missili a disposizione della Russia.

“Anche se venisse raggiunto qualche accordo, non avremmo piena fiducia nella sua applicazione. L’ho detto molte volte: qualsiasi nuovo Führer del Reich ucraino – dice accusando Kiev di nazismo – per ragioni opportunistiche sarebbe capace di rompere l’accordo in qualsiasi momento”. D’altra parte, “ogni decisione sulla questione relativa alla pace non sarà presa da Zelensky o dal suo successore ma dall’Occidente guidato dagli Usa”.

Il tema della soluzione diplomatica è stato affrontato dal ministro Esteri russo Sergej Lavrov, in un incontro con il suo omologo cinese Wang Yi ad Astana. Lavrov ha accolto con favore la proposta del leader cinese Xi Jinping di tenere una conferenza di pace sull’Ucraina a condizione di una partecipazione paritaria di Mosca e Kiev.

“Sergey Lavrov ha espresso la sua gratitudine ai partner cinesi per una posizione equilibrata sulla soluzione della crisi ucraina, ha accolto con favore la proposta del presidente cinese Xi Jinping di organizzare una conferenza di pace a condizione di una partecipazione paritaria di Russia e Ucraina, tenendo conto dei legittimi interessi di sicurezza di Mosca e la realtà attuale”, ha affermato il ministero in una nota.

Trovato morto il presidente iraniano Ebrahim Raisi. Iran sotto choc

Ebrahim Raisi, l’ottavo presidente dell’Iran, è stato trovato morto dopo che un elicottero che trasportava lui e il suo entourage si è schiantato nella regione montuosa di Varzaqan, nella provincia dell’Azarbaijan orientale, a nord-ovest del paese. Lo riporta l’agenzia di stampa Irna. Il velivolo è stato trovato dopo ore di ricerche in una zona impervia. Ignote le cause del disastro aereo. Sarebbero 9 i morti in tutto.

L’elicottero di Raisi, insieme ad altri due elicotteri, era in viaggio verso la città di Tabriz domenica dopo aver inaugurato la diga di Qiz Qalasi al confine con la Repubblica dell’Azerbaigian all’inizio della giornata.

A bordo del mezzo precipitato c’erano anche il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian, il governatore della provincia dell’Azarbaijan orientale Malek Rahmati e Mehdi Mousavi, il capo della squadra di guardie del corpo di Raisi. Li accompagnava anche Mohammad Ali Al-e-Hashem, rappresentante della Guida Suprema nella provincia.

Le autorità locali presenti sul luogo dell’incidente hanno confermato la morte di Raisi e del suo gruppo al seguito.

Ebrahim Raisi, 63 anni, era nato nella città santa di Mashhad. È stato eletto presidente nel 2021. In precedenza, ha ricoperto il ruolo di capo della magistratura, procuratore generale e vicepresidente dell’Assemblea degli esperti.

Nel settembre 2023, in occasione della Settimana del Governo in Iran, il leader supremo della rivoluzione islamica, l’Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, ha elogiato le prestazioni dell’amministrazione Raisi in vari settori, tra cui l’economia e la politica estera.

Alla notizia della morte del presidente Ebrahim Raisi il paese è sotto choc. Sono stati proclamati cinque giorni di lutto nazionale. Intanto le autorità iraniane stanno investigando per accertare le cause dell’incidente.

Si schianta l’elicottero del presidente iraniano Raisi, ricerche in corso

Il presidente iraniano Ebrahim Raisi

Il presidente dell’Iran Ebrahim Raisi è rimasto coinvolto in un incidente con l’elicottero a bordo del quale stava viaggiando insieme ad alcuni funzionari. Lo riporta l’agenzia di stampa iraniana Irna. L’elicottero si sarebbe schiantato in una zona montuosa impervia, probabilmente a causa del maltempo.

La notizia è stata confermata dal ministro dell’Interno iraniano Ahmad Vahidi alla tv annunciando che sono in corso le operazioni di ricerca e salvataggio per ritrovare l’elicottero del presidente Ebrahim Raisi.

L’incidente è avvenuto domenica nella foresta di Dizmar, tra le città di Varzaqan e Jolfa, nella provincia dell’Azerbaigian orientale, mentre il presidente stava tornando da un evento per inaugurare una diga con il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev.

“Vari gruppi di soccorso si stanno muovendo verso il sito, ma a causa della nebbia e del maltempo, potrebbe volerci del tempo per raggiungere la zona. Le operazioni sono sotto controllo”, ha detto Vahidi.

“Ci sono stati contatti con gli accompagnatori del presidente, ma dato che la zona è montuosa ed è difficile stabilire contatti, speriamo che le squadre di soccorso arrivino prima sul luogo dell’incidente e ci diano maggiori informazioni”, ha aggiunto il ministro.

I media locali iraniani hanno riferito che sta piovendo forte nella zona del distretto di Varzaghan ed è difficile per le squadre di soccorso e ricerca camminare nella fitta nebbia.

Vahidi ha detto alla televisione di stato iraniana che, a causa delle difficili condizioni meteorologiche, potrebbe volerci del tempo prima che la squadra di ricerca e soccorso raggiunga il luogo dell’incidente.

Il ministro ha espresso la speranza che il team raggiunga presto il sito e trasmetta maggiori informazioni.

Il corteo del presidente Raisi comprendeva tre elicotteri. A bordo di quello coinvolto nel disastro oltre a Raisi c’erano anche il capo del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica, Hossein Amir Abdollahian, e il governatore dell’Azerbaigian orientale, Malik Rakhmati.

Sul posto sono stati inviati l’esercito, la polizia e alcuni dipendenti della Mezzaluna Rossa iraniana. Secondo i media, persone dell’entourage del presidente hanno contattato il centro di comando, il che fa sperare che nessuno sia morto nell’incidente.

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