11 Ottobre 2024

Home Blog Pagina 2

In un anno Israele ha massacrato non solo i palestinesi ma anche l’ambiente a Gaza

“Mentre Israele continua i suoi attacchi a Gaza ininterrottamente da un anno, ha causato una grande distruzione ambientale e una crisi umanitaria, con molti metodi utilizzati in questo processo, in particolare l’uso di bombe al fosforo bianco.

Gli attacchi lanciati da Israele su Gaza il 7 ottobre 2023 hanno causato la morte di oltre 40mila persone e il ferimento di quasi 100mila persone, mentre migliaia di persone sono state sfollate e costrette a vivere in tende allestite da organizzazioni umanitarie o in scuole e ospedali trasformati in centri di accoglienza. Oltre alla crisi umanitaria, i bombardamenti hanno lasciato dietro di sé una grande distruzione ambientale.

Nella dichiarazione rilasciata dall’Ufficio stampa del governo di Gaza il 200esimo giorno degli attacchi, è stato riferito che Israele ha sganciato su Gaza 75mila tonnellate di bombe. Si tratta di circa 6 volte la quantità di bombe sganciate su Hiroshima durante la Seconda Guerra Mondiale.

Secondo uno studio della Queen Mary University di Londra, capitale dell’Inghilterra, dal 54 al 66 per cento delle strutture di Gaza sono state danneggiate o completamente distrutte dagli attacchi israeliani. Sebbene gli attacchi israeliani abbiano causato l’emissione da 420mila a 652mila tonnellate di anidride carbonica equivalente nei primi 120 giorni, compreso febbraio 2024, questa cifra corrisponde a più delle emissioni annuali di carbonio di 26 paesi e regioni.

Uno dei fattori più importanti che aumentano i danni causati dagli attacchi all’ambiente è la bomba al fosforo bianco, il cui utilizzo è vietato in aree ad alta densità di popolazione civile secondo il diritto internazionale.

Amnesty International ha documentato l’uso da parte dell’esercito israeliano di proiettili di artiglieria al fosforo bianco in aree civili densamente popolate di Gaza e ha prodotto numerose prove, comprese fotografie scattate da un fotoreporter dell’Agenzia Anadolu.

Il fosforo bianco, che può rimanere nel suolo e nell’acqua per anni, uccide a breve termine le piante con cui entra in contatto e, a lungo termine, crea un effetto fertilizzante in agricoltura, provocando una crescita eccessiva di piante, alghe e alghe”.

La crisi idrica si aggrava

Prendendo di mira le infrastrutture critiche oltre agli obiettivi militari a Gaza, Israele ha lasciato Gaza nell’oscurità con i suoi attacchi alle linee elettriche. Israele ha colpito non solo le linee elettriche ma anche le linee idriche, provocando una grave crisi idrica a Gaza. L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) ha annunciato che circa il 67% delle strutture e delle infrastrutture idriche e igienico-sanitarie sono state distrutte o danneggiate alla fine dei primi 8 mesi di attacchi.

Secondo il rapporto intitolato “Water War Crimes” pubblicato dall’organizzazione umanitaria internazionale Oxfam a luglio, una persona ha bisogno di 15 litri d’acqua al giorno per sopravvivere in situazioni di emergenza, mentre gli abitanti di Gaza possono accedere a 4,74 litri d’acqua per soddisfare i propri bisogni, come cucinare. , fare la doccia e pulire. Questa cifra mostra che, rispetto al periodo precedente agli attacchi israeliani, l’accesso all’acqua da parte della popolazione di Gaza è diminuito del 94%.

Il problema dell’acqua, che si è aggravato a seguito dell’interruzione del flusso d’acqua verso la Striscia di Gaza da parte di Israele, costringe le persone a dover utilizzare l’acqua sporca dei pozzi. Israele, che ha ripetutamente attaccato le code d’acqua dove gli abitanti di Gaza aspettano per ore per prendere l’acqua, ha ucciso 2 bambini che tornavano a casa con taniche d’acqua il 17 ottobre 2023.

Non è possibile raccogliere i rifiuti

Secondo il rapporto intitolato “Guerra e spazzatura a Gaza”, pubblicato a giugno dall’organizzazione non governativa PAX for Peace con sede nei Paesi Bassi, i veicoli per la raccolta dei rifiuti sono stati danneggiati negli attacchi e le forze di difesa israeliane (IDF) intorno alla Striscia di Gaza, dove ci sono Sono almeno 225 le aree di raccolta dei rifiuti di varie dimensioni. Centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti solidi sono apparse nelle strade e nei campi a causa del blocco dell’accesso alle aree di raccolta dei rifiuti da parte del . A Gaza, dove oltre l’85% della popolazione è sfollata dall’inizio del conflitto, il 62% degli edifici è andato in macerie dopo gli attacchi e, secondo i dati della Municipalità di Gaza, almeno 100mila tonnellate di rifiuti solidi accumulato in tutta la sola città.

Rischio di malattie epidemiche

Il mancato smaltimento dei rifiuti sanitari e la miscelazione di sostanze chimiche e radioattive nel suolo e nelle falde acquifere portano alla diffusione di malattie come l’epatite B e l’epatite C, mentre le sostanze chimiche che entrano nell’acqua e nel suolo dalle aree di stoccaggio e poi nella catena alimentare attraverso le attività agricole in queste zone raggiungono il corpo umano e animale. Nella dichiarazione rilasciata dal Ministero della Sanità palestinese il 4 marzo 2024, è stato affermato che nella Striscia di Gaza, dove vivono circa 2,3 milioni di palestinesi, sono stati rilevati circa 1 milione di casi di malattie infettive e che le strutture mediche necessarie per il trattamento non erano disponibili. disponibile.

Carico di carbonio derivante dalla distruzione

Le Nazioni Unite (ONU) hanno annunciato che potrebbero volerci anni per rimuovere i 23 milioni di tonnellate di detriti causati dalla distruzione causata dagli attacchi israeliani a Gaza. Secondo l’ONU, considerando che negli attacchi israeliani a Gaza sono state danneggiate o completamente distrutte tra le 156mila e le 200mila strutture, tra cui case civili, ospedali ed edifici scolastici, la loro ricostruzione costerà dai 46,8 ai 60 milioni di tonnellate causerà emissioni equivalenti al biossido di carbonio. Si tratta di una cifra superiore alle emissioni annuali di anidride carbonica di oltre 135 paesi e pari a quella di Svezia e Portogallo”.

Cortei pro-Palestina, scontri a Roma: Feriti diversi agenti di polizia, fermi

Ansa

Tensione e scontri nel corteo di sabato per la Palestina a Roma. Lancio di bottiglie e bombe carta contro gli agenti. Molti i manifestanti incappucciati. La polizia risponde con idranti, fumogeni e cariche per disperdere i violenti. Feriti 24 agenti e una ragazza. Il Viminale: “Confermate le ipotesi sugli infiltrati al corteo”.

Quattro le persone fermate
Sono quattro i fermati durante gli scontri e portati in questura. Due di questi sono stati denunciati a piede libero per resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale. Al vaglio la posizione degli altri due. Sale per ora a 30 il bilancio dei feriti tra le forze dell’ordine (26 poliziotti e 4 militari della Gdf) e 40 i fogli di via.

24 agenti feriti negli scontri al corteo pro Palestina
Sono 24 al momento gli agenti delle forze dell’ordine ferite nel corso degli scontri alla manifestazione pro Pal a Roma. Di questi 20 sono della Polizia di Stato e 4 della Guardia di finanza. Secondo quanto si apprende al momento sono 38 i fogli di via per manifestanti provenienti da varie città tra cui Varese, Livorno, Campobasso, Brindisi, Napoli, Salerno, Torino, Firenze, Milano, Perugia, Modena, Catania e Bari.

Lancio di bottiglie e bombe carta contro gli agenti
Lancio di bottiglie e bombe carta contro le forze dell’ordine che in tenuta anti sommossa sbarrano la strada al corteo pro Palestina a Roma. Il lancio è stato fatto da alcuni manifestanti incappucciati.

Anche un palo della segnaletica stradale è stato lanciato contro le forze dell’ordine che presidiano la piazza della manifestazione. Il grosso dei manifestanti è arretrato. Autori del lancio di bombe carta, lacrimogeni e del palo un gruppo di incappucciati. La polizia risponde con lacrimogeni.

Hacker vìola server del ministero della Giustizia e altre aziende, preso

Non saranno brevi i tempi dell’indagine sull’hacker Carmelo Miano, arrestato dalla Polizia Postale con l’accusa di aver violato i server del ministero della Giustizia e di altre importanti aziende italiane.

Lo dice esplicitamente il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, il cui ufficio inquirente ha coordinato le operazioni che hanno portato all’arresto dell’uomo.

“Abbiamo ottenuto risultati importanti. Ci sono milioni di file audio e video, milioni di documenti e quindi l’indagine sarà lunga”, sottolinea Gratteri.

Dopo l’interrogatorio di garanzia di ieri è attesa ora la decisione del gip. L’hacker ha ammesso gli accessi abusivi. Lo avrebbe fatto, ha sottolineato, da solo, senza mandato di alcuno e senza, a suo giudizio, provocare alcun danno.

Un’attività la sua che, tiene a rilevare il legale che lo difende, Gioacchino Genchi, ha messo in evidenza la fragilità dei sistemi informatici violati. Miano sarebbe stato abilissimo nel suo lavoro, un ‘mago’ lo aveva definito Gratteri nel corso della conferenza stampa successiva al suo arresto, ed era anche riuscito a guadagnare – non muovendosi dal suo appartamento alla Garbatella a Roma – diversi milioni di euro sul mercato delle criptovalute.

Nel lavoro degli investigatori anche la verifica di eventuali contatti con presunti esponenti dei servizi: l’avvocato Genchi si limita a ribadire che questo aspetto sarà oggetto di prossimi interrogatori. Il legale ha presentato un’istanza al Riesame di Napoli per chiedere l’attenuazione della misura cautelare del carcere.

Nella richiesta depositata dal legale viene sottolineata l’insussistenza del pericolo di fuga, del rischio di inquinamento delle prove e della possibilità di reiterare i reati contestati, che sono accesso abusivo aggravato a strutture informatiche e diffusione di malware e programmi software, commessi in concorso.

L’opinione del legale, poi, “in relazione agli accessi, ammessi da Miano, alle caselle di posta elettronica di alcuni magistrati inquirenti” è che vi sia “l’incompetenza funzionale delle procure della Repubblica di Napoli e di Roma” e quindi, a suo giudizio, il dossier dovrebbe essere trasferito alla Procura di Perugia.

Nell’interrogatorio, Miano avrebbe ammesso infatti di avere consultato le mail di diversi magistrati tra Napoli, Roma, Gela e Brescia. E inoltre, secondo quanto riferito da organi di stampa, avrebbe usato la password di un pm per accedere a materiale investigativo: grazie agli account privilegiati che aveva poteva probabilmente accedere ai data-base utenti e carpire user e password.

Dagli atti d’indagine emerge anche che Miano si sarebbe collegato a un portale russo dove è possibile la compravendita di dati sensibili come, per esempio password e dati bancari.

Sul giovane hacker pende a Gela un procedimento per riciclaggio, dal 2021: la procura della Repubblica, su istanza del legale, ha restituito a Miano tutte le copie forensi degli hard disk che gli erano stati sequestrati all’epoca dalla Guardia di Finanza, attraverso un provvedimento del pubblico ministero titolare del fascicolo.

Trump choc: “Israele dovrebbe colpire gli impianti nucleari dell’Iran”

Il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dichiarato durante un evento della sua campagna elettorale nella Carolina del Nord che, secondo lui, Israele dovrebbe colpire gli impianti nucleari in Iran. Lo riferiscono i media citando una dichiarazione rilasciata in risposta al presidente in carica degli Usa Joe Biden, che non sostiene gli attacchi contro gli impianti nucleari in Iran.

“Penso che Biden abbia sbagliato su questo. Non è quello che dovresti colpire? Voglio dire, è il rischio più grande che abbiamo, le armi nucleari”, ha detto Trump. “Quando gli hanno fatto quella domanda, la risposta avrebbe dovuto essere, colpire prima il nucleare e preoccuparsi del resto dopo”. Secondo il tycoon gli Stati Uniti dovrebbero essere preparati a questo scenario.

In precedenza, la rivista New Yorker aveva scritto che senza l’assistenza degli Stati Uniti, Israele non sarebbe stato in grado di distruggere l’infrastruttura nucleare iraniana, “in particolare il sito sotterraneo di arricchimento nucleare di Fordow, a sud di Teheran”. “L’unica forza aerea in grado di distruggere quel reattore è quella degli Stati Uniti”, osserva la rivista, aggiungendo che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden “non ha mai escluso l’uso della forza militare” contro i siti nucleari iraniani.

Nella tarda serata del 1° ottobre, l’Iran ha lanciato un massiccio attacco missilistico balistico e ipersonico contro Israele in risposta all’uccisione di alti funzionari del movimento palestinese Hamas, del movimento sciita libanese Hezbollah e dell’IRGC.

Teheran ha affermato che il 90% dei missili ha colpito i bersagli designati. Israele, a sua volta, ha affermato che l’Iran ha lanciato circa 180 missili nel paese, la maggior parte dei quali è stata intercettata. Lo Stato maggiore israeliano ha giurato di scegliere il momento giusto per sorprendere l’Iran con un contrattacco, mentre il leader supremo iraniano Ayatollah Ali Khamenei ha avvertito che Israele avrebbe assistito ad attacchi su scala ancora più ampia.

Arresti a Casabona, pm: “Stretto legame” con i vertici della cosca Tallarico

Uno “stretto legame” con i vertici della cosca Tallarico della ‘ndrangheta ,”grazie al quale ha ottenuto l’elezione a sindaco, a fronte della promessa di benefici, tra cui l’assegnazione di alcune commesse comunali per alcuni lavori edilizi e di altre utilità di prossima realizzazione”.

E’ quanto afferma la Dda di Catanzaro, in una nota stampa, facendo riferimento al sindaco di Casabona, Francesco Seminario, arrestato insieme ad altre nove persone nell’operazione “Nemesis” con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso.

“Seminario – si aggiunge nella nota, a firma del Procuratore della Repubblica facente funzioni, Vincenzo Capomolla – prima delle elezioni amministrative del 2021, avrebbe reperito un cospicuo bacino di voti tramite la cosca Tallarico e i suoi affiliati che gli hanno consentito di raggiungere l’obiettivo dell’elezione. In più Seminario si sarebbe avvalso dell’ausilio di altri appartenenti all’Amministrazione comunale”, tra cui l’assessore De Giacomo, “per favorire gli interessi degli esponenti della cosca, con riguardo, in particolare, alle attività imprenditoriali nel settore dell’edilizia riconducibili allo stesso gruppo criminale, ai vantaggi nell’indebito godimento di beni pubblici, ad aree destinate a piano per insediamenti industriali, ad assunzioni ed allo svolgimento di attività lavorative”.

I risultati delle indagini, condotte dai carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale, hanno permesso di delineare la gravità indiziaria riguardo l’attuale operatività della ‘ndrina di Casabona e di rilevare i suoi interessi criminali in seno alla realtà politica e imprenditoriale del territorio”.

La famiglia di ‘ndrangheta Tallarico di Casabona sarebbe stata in contatto, tra l’altro, con i capi ed i sodali delle cosche dei vicini territori di Rocca di Neto, Petilia Policastro, Cirò e di Cirò Marina e della frazione Papanice di Crotone “finalizzati – riferisce la Dda – al mantenimento, nell’area di competenza, degli affari, connessi con lo spaccio di sostanze stupefacenti e con altre attività delittuose in grado di garantire le risorse economiche necessarie anche per l’alimentazione della ‘bacinella’, dedicata, tra l’altro, al soddisfacimento dei bisogni dei sodali detenuti e delle loro famiglie”.

“L’indagine – è detto ancora nella nota stampa – ha consentito altresì di rilevare le modalità operative del sodalizio anche a protezione delle sue attività illecite rispetto ai possibili controlli da parte delle forze dell’ordine, nonché a tutela degli interessi economici della consorteria anche mediante il controllo e il condizionamento della vendita all’asta di beni collocati sul suo territorio di influenza”.

‘Ndrangheta, arrestato sindaco di Casabona. In manette un assessore

Ci sono il sindaco di Casabona, Francesco Seminario, di 54 anni, del Pd, e l’assessore dello stesso Comune, Anselmo De Giacomo, di 40, tra gli arrestati nell’operazione contro la ‘ndrangheta eseguita la scorsa notte dai carabinieri nel crotonese.

Seminario è stato eletto sindaco nel 2021 alla guida di una lista civica denominata “Ripartiamo” dopo che il Comune era stato sciolto per infiltrazioni mafiose a seguito dell’operazione “Stige”.

L’operazione che ha portato agli arresti di oggi, coordinata dalla Dda di Catanzaro, è stata chiamata “Nemesis”.

‘Ndrangheta e voto di scambio, dieci arresti nel crotonese

E’ in corso un’operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Crotone per l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip distrettuale di Catanzaro, su richiesta della Dda, a carico di dieci persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa e furto aggravato dal metodo mafioso.

Per otto delle dieci persone coinvolte nell’operazione è stata disposta la custodia cautelare in carcere e per due i domiciliari. I territori interessati dagli arresti sono quelli di Casabona, Scandale e Strongoli.

I particolari dell’operazione, in merito alla quale i carabinieri al momento non hanno fornito i dettagli, saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che avrà luogo alle 11, a Catanzaro, nella sede della Dda.

MO, l’Ayatollah Khamenei: “L’Iran non si tira indietro dagli attacchi israeliani”

La Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha dichiarato che l’Iran e i suoi alleati regionali non faranno marcia indietro di fronte a Israele e ha chiesto l’unità tra le nazioni musulmane durante un raro sermone di venerdì.

Khamenei ha guidato le preghiere nella moschea Imam Khomeini Grand Mosalla nel centro di Teheran, nella sua prima apparizione pubblica da quando l’Iran ha lanciato martedì un massiccio bombardamento di circa 200 missili balistici contro Israele.

L’attacco è stato una rappresaglia per le uccisioni da parte di Israele di importanti esponenti di Hezbollah, Hamas e del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) dell’Iran, tra cui il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, e per i crescenti attacchi in Libano.

“La resistenza nella regione non si tirerà indietro neanche se i suoi leader venissero uccisi”, ha affermato Khamenei, definendo l’attacco dell’Iran a Israele “legale e legittimo”.

“Le operazioni erano “in cambio” dei crimini efferati commessi da questa sanguinaria entità criminale”, ha affermato Khamenei citato da Al Jazeera, aggiungendo che l’Iran avrebbe adempiuto al suo “dovere” nei confronti degli alleati in modo ponderato.

“Non agiremo in modo irrazionale, non agiremo impulsivamente”, ha affermato, aggiungendo che il Paese seguirà le decisioni “prese dalla nostra leadership politica e militare”.

Riferendo da Teheran, Resul Serdar di Al Jazeera ha affermato che l’evento si è svolto in un “momento delicato e intenso”.

Il sermone di Khamenei ha inviato un messaggio a Israele: le autorità iraniane “non si nascondono, non cercano riparo, non si stanno nascondendo”, ha affermato Serdar.

Si è trattato del primo sermone del genere pronunciato dal leader supremo in più di quattro anni, poco prima del primo anniversario dell’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre , che ha portato a una guerra che ha causato finora la morte di oltre 41.700 palestinesi e che di recente si è estesa anche al Libano .

I rappresentanti dell’Iran nel suo “asse di resistenza” – Hezbollah, gli Houthi dello Yemen e i gruppi armati in Iraq – hanno condotto attacchi nella regione a sostegno dei palestinesi nella guerra di Gaza.

Rivolgendosi a folle immense, Khamenei ha lanciato un appello alle nazioni musulmane – “dall’Afghanistan allo Yemen, dall’Iran a Gaza e al Libano” – dicendo che dovrebbero unirsi contro il comune “nemico” Israele, che secondo lui aveva schierato una guerra “psicologica”, “economica” e “militare” contro di loro.

“Il nostro nemico è uno solo”, ha detto. “Se le loro politiche stanno seminando i semi della divisione in un paese, potrebbero prevalere e una volta preso il controllo di un paese, passare all’altro”.

Serdar di Al Jazeera ha affermato che il messaggio di unità contrasta “le critiche dell’ultimo decennio” secondo cui l’Iran si sarebbe isolato dalla regione.

“Il suo discorso si è concentrato sull’unità perché ora ha visto che la possibilità di una guerra regionale è reale ed è per questo che chiede ai musulmani di essere uniti, di eliminare in qualche modo questa minaccia come azione comune, così che una guerra regionale possa essere interrotta”.

L’ultima volta che Khamenei ha guidato le preghiere del venerdì è stato dopo l’uccisione del venerato generale Qassem Soleimani da parte degli Stati Uniti a Baghdad nel 2020.

Il suo discorso di venerdì è stato preceduto da una commemorazione per Nasrallah , ucciso la scorsa settimana nella periferia sud di Beirut in un attacco israeliano, insieme ad Abbas Nilforoushan, generale del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica.

E’ escalation in Medio Oriente, massiccio raid missilistico dell’Iran su Israele

Massiccio attacco missilistico dell’Iran su Israele. Teheran afferma di aver lanciato una raffica di missili contro Israele in risposta all’assassinio di alti funzionari di Hezbollah, Hassan Nasrallah, Hamas, Ismail Haniyed, e altri iraniani, spingendo gli israeliani a nascondersi nei rifugi antiaerei e alimentando il timore di una guerra totale nella regione.

Durante l’attacco di martedì sera sono risuonati gli allarmi in tutto Israele e si sono udite esplosioni a Gerusalemme e Tel Aviv. In tutto sarebbero stati lanciati duecento razzi, con un bilancio molto contenuto: una vittima e alcuni feriti.

Il portavoce militare israeliano Daniel Hagari, citato da Al Jazeera, ha affermato che non ci sono state segnalazioni di vittime e che l’esercito non vede “altre minacce nel nostro spazio aereo”. Ha affermato in un messaggio video che le persone in Israele possono tranquillamente lasciare i rifugi.

I servizi di emergenza israeliani hanno affermato che almeno due persone hanno riportato ferite lievi “a causa delle schegge nella zona di Tel Aviv”.

L’agenzia di stampa palestinese Wafa, citando la difesa civile, ha affermato che un palestinese di 38 anni è morto per le ferite riportate dalle schegge a Gerico, nella Cisgiordania orientale occupata.

“Un lavoratore palestinese a Gerico è stato ucciso quando i pezzi di un razzo sono caduti dal cielo e lo hanno colpito”, ha detto il governatore di Gerico Hussein Hamayel all’agenzia di stampa AFP.

Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica dell’Iran (IRGC) ha affermato che l’attacco missilistico contro Israele è stato una risposta all’uccisione del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah e del comandante dell’IRGC Abbas Nilforoushan la scorsa settimana, nonché a quella del leader di Hamas Ismail Haniyeh all’inizio di quest’anno, ha riportato l’agenzia di stampa iraniana Fars.

“In risposta al martirio di Ismail Haniyeh, Hassan Nasrallah e Nilforoushan, abbiamo preso di mira il cuore dei territori occupati”, ha affermato l’IRGC in una nota. Ha affermato che il suo attacco missilistico aveva come obiettivo “tre basi militari” nell’area di Tel Aviv.

In precedenza, le Guardie rivoluzionarie avevano dichiarato di aver lanciato decine di missili contro Israele e che, se Israele avesse reagito, la risposta di Teheran sarebbe stata “più schiacciante e rovinosa”.

Secondo la televisione di Stato iraniana, l’80 percento dei missili lanciati contro Israele hanno colpito i loro obiettivi. Nel frattempo, l’esercito israeliano ha affermato che è stato intercettato un “gran numero” di missili. Parlando ai giornalisti, Hagari ha affermato che l’attacco è stato grave e che avrà conseguenze “in tempi rapidi”.

Un alto funzionario iraniano ha detto all’agenzia di stampa Reuters che l’ordine di lanciare missili su Israele è stato impartito dal leader supremo del paese, l’ayatollah Ali Khamenei. Khamenei rimane in un luogo sicuro, ha aggiunto l’alto funzionario.

La rivendicazione iraniana: ‘Ci opporremo a qualsiasi minaccia’
La rivendicazione da parte dell’Iran non si è fatta attendere. Il neopresidente della Repubblica, Masoud Pezeshkian, ha avvertito sul social X: «È stata data una risposta decisa alle aggressioni del regime sionista”. Rivolgendosi poi al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu ha aggiunto: “Deve capire che l’Iran non è guerrafondaio, ma si opporrà fermamente a qualsiasi minaccia”.

In serata è arrivato anche il messaggio della guida suprema Ali Khamenei, la massima autorità della Repubblica islamica. Ricorrendo a un bellicoso e retorico messaggio ha precisato: Le “persone giuste” potrebbero dover fare sacrifici, “ma non saranno sconfitte alla fine della giornata. Sono loro i vincitori sul campo”. Citando versetti del Corano Khamenei ha poi predetto una e “imminente vittoria divina” dell’Iran.

Medio Oriente, Israele attacca il Libano: morti e feriti

Le forze armate israeliane (Idf) hanno annunciato con un comunicato di aver iniziato “attacchi mirati” contro Hezbollah nel sud del Libano. Lo scrive Reuters online. Ci sono decine di morti e feriti.

Nel comunicato si spiega che gli obiettivi degli attacchi terrestri si trovavano in villaggi vicino al confine e rappresentavano una minaccia immediata per le comunità nel nord di Israele.

L’aeronautica israeliana e l’artiglieria stanno supportando le forze di terra con attacchi precisi su obiettivi militari, si legge nella dichiarazione. Le operazioni sono state approvate e condotte in conformità con le decisioni delle autorità politiche del paese, aggiunge l’Idf. Si tratta della prima conferma israeliana di operazioni sul terreno in territorio libanese.

Libano, 95 morti nei raid israeliani
Il ministero della Sanità del Libano ha annunciato che i raid odierni compiuti da Israele nel Paese hanno provocato un bilancio di almeno 95 morti.

Elezioni parlamentari in Austria, vince l’estrema destra. Sinistra in crisi

Il Partito della libertà (Fpö, formazione di destra) ha vinto le elezioni parlamentari in Austria con il 29,2% dei voti. Ad annunciarlo il ministero dell’Interno austriaco. Si tratta della prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale che in Austria un partito di estrema destra vince le consultazioni.

Segue il Partito popolare austriaco (Övp) del cancelliere, Karl Nehammer, che guidava la coalizione del governo uscente, con il 26,5% dei voti. Il Partito popolare ha perso l’11% dei voti rispetto al 2019, mentre il Partito della libertà ha guadagnato il 13% delle preferenze. Il Partito socialdemocratico (Spö) ha ottenuto il 21,1% dei voti, con un calo di 0,1 punti. I Verdi, che facevano parte della coalizione di governo assieme ai conservatori, si sono fermati all’8% (con un calo del 5,9%) e poco più sopra, al 9%, si sono attestati i liberali di Neos.

L’interrogativo formazione governo
Il vero punto interrogativo riguarda, ora, la formazione del governo. Viene esclusa sulla carta l’alleanza tra Fpö e popolari. Il Parlamento che esce oggi dalle urne risulta fortemente frammentato, tanto che nessuna forza politica ha la maggioranza assoluta: la destra è la prima forza politica, con 57 seggi, secondi i popolari con 51, terzi i socialisti con 41, appaiati i Verdi e i liberali di Neos con 17 seggi ciascuno. Da oggi sono in programma i colloqui per la formazione dell’esecutivo.

Esultanza a destra e delusione a sinistra
“Il risultato delle elezioni non potrebbe essere più chiaro di quello di oggi, gli elettori hanno espresso la loro volontà, il risultato elettorale è una chiara conferma che le cose non possono continuare così nel Paese. Siamo pronti a guidare un governo e pronti per i colloqui con tutti i partiti» ha dichiarato il leader della Fpö, Herbert Kickl, parlando alla televisione austriaca “Örf” dopo gli exit poll. “Ciò che abbiamo realizzato va oltre i miei sogni più sfrenati” ha detto ai suoi sostenitori riuniti a Vienna, specificando che tenderà una mano a tutti nella ricerca di una soluzione, con l’obiettivo di creare però “una vera e propria fortezza austriaca”. Opposto, invece, l’umore nel campo dei popolari.

“È ovvio che siamo delusi da questi risultati. Ci aspettavamo di più e ora dovremo riflettere su come riconquistare la fiducia degli elettori”, ha dichiarato il segretario dell’Övp, Christian Stocker, che ha aggiunto di essere “comunque contrario a formare una coalizione con Kickl”. “Oggi — ha concluso — è un giorno nero per la democrazia», sottolineando come sia ora necessario riconnettersi con l’elettorato per ripristinare un senso di fiducia nelle istituzioni democratiche.

Israele uccide a Beirut il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah

Hassan Nasrallah, capo politico di Hezbollah, la milizia libanese simile ad Hamas, è stato ucciso in un attentato in Libano. Lo confermano le agenzie arabe, che riprendono una nota dell’esercito israeliano (Idf).

Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è rimasto ucciso nei giorni scorsi nel corso di un massiccio raid aereo israeliano sul quartier generale centrale di Hezbollah a Beirut. L’assassinio è simile a quella del capo politico di Hamas, Ismail Haniyed, avvenuto le scorse settimane a Teheran, in Iran.

La bomba che Israele ha usato per uccidere il capo di Hezbollah, Nasrallah, a Beirut la scorsa settimana era un’arma guidata di fabbricazione americana: lo ha rivelato alla Nbc il senatore democratico Mark Kelly, presidente della sottocommissione Aereonautica del Senato per le forze armate Usa. Secondo Kelly, Israele ha utilizzato una Mark 84 da 900 kg.

Nasrallah, che raggiunse l’apice della sua popolarità dopo la guerra con Israele nel 2006, era visto come un eroe da molti, non solo in Libano ma anche altrove. Affrontare Israele è ciò che ha caratterizzato lui e il suo gruppo sostenuto dall’Iran, Hezbollah, per anni. Ma le cose sono cambiate quando Hezbollah ha inviato combattenti in Siria per reprimere la rivolta che minacciava il governo del presidente Bashar al-Assad.

Nasrallah non era più considerato il leader di un movimento di resistenza, bensì il leader di un partito sciita che lottava per gli interessi iraniani, e fu criticato da molti paesi arabi.

Anche prima del coinvolgimento di Hezbollah nella guerra in Siria, Nasrallah non era riuscito a convincere molti nel mondo arabo musulmano sunnita che il suo movimento non era dietro l’assassinio del 2005 dell’ex primo ministro libanese, Rafik Hariri. Un tribunale internazionale ha incriminato quattro membri del gruppo per l’omicidio e uno è stato successivamente condannato.

Nonostante ciò, Nasrallah continuò a godere del sostegno della sua base leale, costituita principalmente da musulmani sciiti del Libano, che lo veneravano come leader e figura di spicco religiosa.

Israele ha effettuato in nottata un attacco aereo nei pressi dell’incrocio di Kola nel centro di Beirut. Lo riferisce il Guardian precisando che è la prima volta che Israele colpisce Beirut fuori dai sobborghi meridionali dall’inizio della guerra. Il rumore dell’esplosione è stato udito in tutta la città. L’incrocio di Kola è un punto di riferimento popolare a Beirut, dove taxi e bus si riuniscono per raccogliere i passeggeri. Le prime immagini del raid mostrano due piani di un condominio completamente distrutti. Fino ad ora Israele aveva limitato i suoi attacchi sulla capitale del Libano ai suoi sobborghi meridionali. Una fonte della sicurezza libanese ha reso noto che almeno due persone sono morte nel raid. Secondo questa fonte, “sono state uccise nell’attacco israeliano con un drone che ha preso di mira un appartamento appartenente alla Jamaa Islamiya. Questo gruppo islamista libanese sostiene Hezbollah nelle sue operazioni condotte nel nord di Israele.

Il Consiglio della Shura di Hezbollah, l’organismo decisionale centrale del gruppo sciita libanese, ha scelto Hashem Safieddine per sostituire Hassan Nasrallah come leader di Hezbollah. Lo scrive Haaretz e Al Arabya. Safieddine proviene da Deir Qanoun al-Nahr, un villaggio nel Libano meridionale, nato in una prominente famiglia sciita nota per aver prodotto influenti chierici e parlamentari. È cugino di Nasrallah e ha legami familiari con Qassem Soleimani, l’ex comandante della Forza Quds dell’Iran che è stato ucciso in un attacco aereo statunitense in Iraq nel 2020.

Il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin ha ordinato all’esercito Usa di rafforzare la propria presenza in Medio Oriente con capacità di supporto aereo “difensive” e ha messo altre forze armate in uno stato di prontezza elevata. Austin “ha aumentato la prontezza di ulteriori forze statunitensi da schierare, elevando la nostra preparazione a rispondere a varie contingenze”, ha detto il Pentagono. “Austin ha chiarito che se l’Iran, i suoi partner o i suoi alleati dovessero usare questo momento per colpire il personale o gli interessi americani nella regione, gli Stati Uniti adotteranno tutte le misure necessarie per difendere il nostro popolo”.

L’esercito israeliano ha effettuato oggi violenti raid contro le roccaforti di Hezbollah in Libano in cui sono morte almeno 105 persone. A tracciare il nuovo bilancio delle vittime è stato in serata il ministero della Salute libanese. I feriti sono 359.

Il report della giornata:

“Chi vuol fare del male allo Stato ebraico pagherà un caro prezzo”. Le parole ripetute da tempo dal premier israeliano, dal suo ministro della Difesa e dal capo dell’esercito, sono diventate realtà: nella notte tra sabato e domenica gli aerei con la stella di David (Iaf) hanno colpito duramente ‘l’anello di fuoco’, la strategia architettata per soffocare lo Stato ebraico dal generale iraniano Soleimani, ucciso dagli Usa nel 2020. Un piano sposato soprattutto da Hassan Nasrallah e perseguito dalle milizie in Libano, Siria, Iraq, Cisgiordania, Gaza e Yemen.

Domenica la reazione contro gli Houthi, attesa da giorni, dopo che nel mese di settembre hanno sparato missili balistici terra-terra e droni. L’esercito (Idf) ha inflitto un nuovo, possente colpo agli alleati di Teheran nello Yemen: decine di aerei hanno volato fino a 1.800 chilometri di distanza dal confine israeliano per colpire i porti di Hodeidah e Ras Issa, usati per il rifornimento di armi e petrolio. L’Iaf ha confermato di aver lanciato raid contro i siti utilizzati dal gruppo per scopi militari nel principale porto sul Mar Rosso e nel vicino terminal di Ras Issa. Quattro morti e feriti secondo le autorità locali. Preso di mira anche l’aeroporto internazionale di Hodeidah, dove i cargo degli ayatollah fanno arrivare carichi di armi. Gli stessi con cui gli Houthi da quasi un anno attaccano le navi commerciali in transito.

Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha sottolineato che “nessun posto è troppo lontano per Israele”. E questo è il secondo attacco in Yemen, dopo che il 20 luglio, rispondendo a un drone lanciato su Tel Aviv, che aveva provocato una vittima, Tsahal aveva bombardato lo scalo portuale di Hodeidah che aveva provocato un incendio colossale. La rappresaglia di Benyamin Netanyahu nella giornata è continuata in Libano dove, dal 17 di questo mese, praticamente l’intera leadership di Hezbollah è stata ‘eliminata’. L’Idf ha annunciato che nell’attacco di venerdì al quartier generale di Beirut del gruppo fondamentalista libanese oltre al leader del partito di Dio sono stati uccisi anche 20 comandanti, tra cui Ali Karaki, comandante del fronte meridionale, Ibrahim Hussein Jazini, capo della sicurezza personale di Nasrallah, il consigliere Samir Tawfiq Deeb, Abd al-Amir Muhammad Sablini, responsabile del rafforzamento delle forze militari, Ali Nayef Ayoub, capo della potenza di fuoco di Hezbollah. L’Idf ha pubblicato una mappa dell’area bombardata dove a soli 53 metri c’era una scuola gestita dalle Nazioni Unite. I media libanesi invece hanno mostrato il video con il recupero del cadavere di Nasrallah, ‘intatto’, tirato fuori dal cratere lasciato dalle bombe anti bunker dell’Idf. Non solo: nella notte tra sabato e domenica i caccia israeliani hanno di nuovo preso di mira la roccaforte sciita uccidendo Nabil Kawak, comandante dell’unità di sicurezza dei miliziani e membro del Consiglio centrale esecutivo. I piloti dell’Iaf hanno poi puntato il mirino sulla Siria, a Homs, dove hanno centrato, secondo il Centro di monitoraggio dei diritti umani, un veicolo con milizie irachene filo-iraniane.

Sul fronte di Gaza un nuovo raid ha distrutto con missili di precisione un centro di comando di Hamas in una ex scuola nel nord della Striscia. Intanto il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi è tornato a mettere in guardia dalle “conseguenze pericolose” degli attacchi in Libano. E ha aggiunto: “Il regime israeliano non troverà mai pace e tranquillità”. Alle minacce di Teheran hanno risposto indirettamente gli Usa con la loro posizione: “Il sostegno alla sicurezza di Israele è incrollabile e questo non cambierà”, ha detto il portavoce della sicurezza nazionale John Kirby, ribadendo il diritto dell’alleato a difendersi “da attacchi quotidiani”. “Biden e Netanyahu si conoscono da 40 anni, non sono d’accordo mai su nulla ma su una cosa concordano: la sicurezza di Israele”, ha aggiunto. Intanto funzionari statunitensi hanno dichiarato ad Abc News che operazioni “su scala ridotta ” dell’Idf in territorio libanese “potrebbero essere iniziate al confine con il Libano, o potrebbero essere sul punto di iniziare” per eliminare le posizioni di Hezbollah. Israele tuttavia sembra non aver preso ancora nessuna decisione su una eventuale invasione di terra. Ma se dovesse decidere di muovere le suo truppe oltreconfine, secondo gli Usa “la portata sarà probabilmente limitata”.

Nuoro, stermina la famiglia, uccide un vicino e si suicida

Erano da poco passate le 7, nell’appartamento al piano terra della palazzina di via Ichnusa a Nuoro, quando la violenza di un uomo si abbatte sulla sua famiglia e su un vicino di casa.

Dopo avere ucciso la moglie e la figlia, e avere ferito altri due figli e l’anziano vicino, si toglie la vita, nella casa dell’anziana madre, in via Gonario Pinna, dopo aver colpito anche lei.

Trasportati all’ospedale San Francesco in condizioni disperate il figlio di 10 anni e il vicino non ce l’hanno fatta. È una strage quella che Roberto Gleboni, operaio forestale di 52 anni, ha compiuto alle prime luci del giorno. Il bilancio è agghiacciante: cinque morti e due feriti.

L’uomo dopo aver impugnato una semiautomatica calibro 7.65, regolarmente detenuta, per motivi sconosciuti – da tutti è stato descritto come persona gentile e disponibile – inizia a sparare verso la moglie e i suoi tre figli. Li colpisce centrandoli tutti alla testa: Giuseppina Massetti, 43 anni, e la figlia Martina, di 24, muoiono sul colpo. L’uomo rivolge quindi l’arma verso gli altri due figli, di 14 e 10 anni: il primo lo prende di striscio e lo ferisce lievemente, il secondo lo colpisce in pieno. Poi si dirige verso il pianerottolo e spara contro Paolo Sanna, pensionato di 69 anni, proprietario della casa che i Gleboni hanno in affitto, nonché inquilino al terzo piano del palazzo, sceso al piano terra forse perchè aveva sentito gli spari. L’uomo viene ferito gravemente.

Roberto Gleboni non si ferma qua: esce di casa in tutta fretta e si dirige verso l’abitazione di sua madre, Maria Esterina Riccardi, contro la quale punta l’arma ferendola al viso, fortunatamente in maniera non grave, prima di togliersi la vita sparandosi un colpo alla tempia in cucina.

Nel capoluogo barbaricino intorno alle 7.30 si scatenano le sirene delle ambulanze e due elicotteri della polizia di Stato volano sulla città. Nelle due palazzine della strage arrivano gli agenti della Questura e i carabinieri del Comando provinciale di Nuoro, i magistrati Riccardo Belfiori e Sara Piccicuto, il medico legale Roberto Demontis, che ha subito effettuato un primo esame esterno dei corpi, mantenendo però uno stretto riserbo in attesa dell’autopsia. Cosa sia successo nell’appartamento dell’orrore e quale sia stato il movente della strage, resta per il momento un mistero.

Parenti e vicini di casa della coppia non avevano avuto alcuna avvisaglia di dissidi familiari: “Mai sentito nulla, un litigio o un problema – dicono all’unisono nel palazzo e nel quartiere di monte Gurtei – Sembravano affiatati, due giorni fa li ho visti mentre rientravano dopo aver fatto la spesa”.

Saranno gli inquirenti a ricostruire l’accaduto dopo aver sentito le persone più vicine alla famiglia. Fondamentale il racconto dei sopravvissuti che potranno dare la chiave per capire cosa ha scatenato la strage per mano di un uomo da sempre appassionato di armi per uso sportivo. Di certo c’è che l’operaio forestale, quando ha sparato con la sua semi automatica 7.65, ha colpito tutte le vittime alla testa, come se ci fosse una determinazione nel voler sterminare tutta la famiglia e con la stessa foga ha colpito il vicino di casa.
Verso le 9, quando le ambulanze hanno finito la loro corsa tra monte Gurtei, via Gonario Pinna e l’ospedale San Francesco, cala il silenzio nel quartiere, squarciato solo dalle urla della mamma di Giuseppina Massetti e nonna dei suoi figli: “Figlia mia del cuore” grida a squarciagola la donna poco prima che le venga comunicata anche la morte di Martina. E un’ambulanza la porta via dopo un mancamento.

Martina, ragazza di 25 anni piena di vita, tirocinante al tribunale di Nuoro, stravedeva per il suo papà. Il giorno della laurea, il 28 aprile 2022 la giovane scriveva su un biglietto dedicato ai genitori: “A mia madre, che ci ha creduto prima che ci credessi io. A mio padre, l’amore più grande della mia vita”.
Parole che alla luce dei fatti di oggi lasciano tanto dolore per quelle vite volate via tragicamente nel fiore degli anni.

Traffico illecito di rifiuti, assolti tutti gli imputati

Sono stati tutti assolti, perché “il fatto non sussiste”, i sette imputati coinvolti nell’inchiesta denominata “Erebo Lacinio”, condotta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, su una presunta associazione per delinquere accusata di avere gestito un traffico illecito di rifiuti.

Agli imputati venivano contestati anche il reato di truffa aggravata ed una serie di illeciti amministrativi.

La sentenza è stata emessa, a conclusione del processo con rito abbreviato, dal gup di Catanzaro, Sara Merlini.

Tra gli imputati figurava, nella qualità di amministratore dell’azienda “Le verdi praterie”, l’ex vicepresidente della Regione, Antonella Stasi; il fratello di quest’ultima, Roberto (52), nella qualità di consulente; Massimo Francesco Carvelli, di 60 anni, dipendente amministrativo; Anna Crugliano (50), rappresentante legale, ed i dipendenti Salvatore Esposito (54), Antonio Muto (61), Raffaele Rizzo (53) e Salvatore Succurro (45).

Il coinvolgimento nell’inchiesta della “Le verdi praterie” scaturiva dal fatto che la società, specializzata nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ha gestito un impianto alimentato con biomasse di origine vegetale e animale “in modo non conforme – secondo l’accusa – alla normativa”, provocando anche sversamenti illeciti.

“Sono state necessarie – ha commentato l’avvocato Francesco Verri, difensore di Antonella Stasi – quattro consulenze risultate decisive e due giudizi cautelari favorevoli, davanti al Tribunale della libertà e in Cassazione”.

Il gup ha anche disposto la revoca del sequestro dei beni mobili e immobili che era stato deciso a suo tempo a carico della società “Le verdi praterie”.

Si è insediato il colonnello Mommo, comandante carabinieri di Cosenza

Il colonnello Andrea Mommo, nuovo comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza

“In quest’ultima settimana, dopo il mio arrivo, ho visto un territorio fortemente effervescente non solo dal punto di vista criminale ma anche imprenditoriale. Ho percepito la presenza di una comunità fondamentalmente sana che vuole e pretende la presenza delle forze dell’ordine”.

Lo ha detto il colonnello Andrea Mommo, nuovo comandante provinciale di Cosenza dei carabinieri di Cosenza, che si é insediato nei giorni scorsi e che questa mattina si è presentato ai giornalisti.

“Il territorio è talmente vasto – ha aggiunto l’ufficiale – da richiedere l’elaborazione di precise strategie. Le sue peculiarità consentono di ripartirlo in quattro macroaree: una zona tirrenica, una ionica, l’area di centro e infine l’area montana che confina con il Pollino. C’é, infine, un’altra porzione di territorio che merita attenzione, la zona del Savuto e quella tra Corigliano-Rossano e Cassano”.

Nel corso dell’incontro con la stampa, inoltre, il colonnello Mommo ha presentato gli ufficiali che sono stati chiamati a sostituire i colleghi trasferiti negli ultimi tempi in altre sedi. Si tratta del tenente Massimiliano Cervo, che ha assunto la guida della Compagnia di Rogliano; del capitano Michelangelo Iocolo, comandante della Compagnia di Castrovillari; del tenente Salvatore Arcidiacono, che comanda il Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Cosenza, e del capitano Andrea Aiello, nuovo comandante della Compagnia di Rende.

“La squadra – ha detto Mommo – deve essere amalgamata. Ritengo che non bisogna soffermarsi esclusivamente sulle otto Compagnie e sul Reparto territoriale di Corigliano-Rossano, ma coinvolgere anche le stazioni. Fatto questo, si potrà poi procedere con la cooperazione con le altre forze di polizia”.

Iran: “Escalation israeliana in Libano potrebbe diventare un’altra Gaza”

Mentre cresce di ora in ora il numero delle vittime nel sud del Libano, dove stanotte le forze israeliane hanno bombardato alcuni insediamenti civili residenziali portando il numero dei morti a 558, “la situazione in Libano potrebbe degenerare in un conflitto regionale pericoloso per il mondo intero”. Lo ha affermato il presidente iraniano Masoud Pezeshkian citato dalla Tass.

“Esiste il pericolo che il fuoco degli eventi che stanno avendo luogo in Libano si espanda all’intera regione”, ha detto in un’intervista alla Cnn. “Non dobbiamo permettere che il Libano diventi un’altra Gaza per mano di Israele”, ha osservato Pezeshkian.

Il presidente ha allertato che gli eventi attuali potrebbero sfociare in un conflitto regionale, che “può essere pericoloso per il futuro del mondo e del pianeta Terra stesso, quindi dobbiamo impedire gli atti criminali in corso commessi da Israele”. “Hezbollah non può resistere da solo contro un paese che viene difeso, sostenuto e rifornito dai paesi occidentali”, ha aggiunto il presidente iraniano.

Il conflitto tra Israele e il movimento Hezbollah con sede in Libano si è nuovamente intensificato dopo le molteplici esplosioni di dispositivi di comunicazione avvenute in Libano il 17 e 18 settembre. Hezbollah ha attribuito le esplosioni a Israele; le autorità dello stato ebraico non hanno commentato apertamente quanto accaduto, ma hanno annunciato un aumento delle operazioni militari nel nord. Successivamente, l’aeronautica militare israeliana ha iniziato a effettuare massicci attacchi sulle aree di confine nel Libano meridionale; il 20 settembre, gli aerei hanno attaccato obiettivi nella capitale libanese Beirut, uccidendo 16 comandanti militari di Hezbollah.

Il portavoce delle Forze di difesa israeliane Daniel Hagari ha dichiarato lunedì che l’aeronautica militare del paese ha condotto attacchi su 1.300 obiettivi militari di Hezbollah in tutto il Libano nelle 24 ore precedenti. L’emittente Al Mayadeen ha riferito che, secondo il Ministero della Salute libanese, gli attacchi israeliani hanno ucciso oltre 550 persone e ne hanno ferite più di 1.200.

Idf avvisa i civili libanesi, attaccheremo anche oggi

Intanto, nuovi avvisi di evacuazione sono stati inviati ai civili in Libano dall’esercito israeliano nei villaggi in cui Hezbollah avrebbe immagazzinato munizioni nelle case, affermando che gli attacchi aerei contro il gruppo terroristico continueranno anche oggi. “Se vi trovate in prossimità o all’interno di edifici di Hezbollah o di quelli da esso utilizzati per immagazzinare armi, dovete allontanarvi da quelle strutture di almeno un chilometro o andare fuori dal villaggio, immediatamente”, ha scritto su X il portavoce in lingua araba dell’Idf. “Chiunque si trovi vicino ad elementi di Hezbollah si mette in pericolo”, aggiunge.

Cremlino: “Rischio completa destabilizzazione in Medio Oriente”

Dopo la dura reazione della Cina agli attacchi israeliani in Libano, i bombardamenti di Israele sul Libano sono stati condannati anche dalla Russia. “I Raid rischiano di portare a una completa destabilizzazione della regione. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato da Ria Novosti.

Onu, “decine di migliaia di persone fuggite dal Libano”‘

Decine di migliaia di persone sono fuggite dalle violenze israeliane in Libano da ieri: lo affermano le Nazioni Unite, citate dall’Ansa.

Raid israeliano nel sud del Libano, è strage di civili: quasi 500 morti

In diversi bombardamenti israeliani nel sud del Libano centinaia di persone civili sono state uccise e altrettante sono rimaste ferite. Lo confermano le autorità locali e la stessa Idf che afferma come “nella notte sono state colpite decine di obiettivi di Hezbollah”. Le vittime accertate sarebbero quasi 500.

Durante la notte l’aviazione israeliana ha colpito “decine di obiettivi di Hezbollah in numerose regioni del sud del Libano”, mentre l’artiglieria ha colpito altri obiettivi ancora nelle zone di Ayta al-Shab e Ramyeh,: scrivono le stesse forze armate di Israele in una nota aggiungendo che l’esercito israeliano aveva affermato di aver colpito circa 1.600 obiettivi.

Beirut: “Ieri giorno più sanguinoso dalla guerra civile 1975-90”
La giornata di ieri, con almeno 492 morti di cui almeno 35 bambini e 58 donne e oltre 1.600 feriti sotto i raid continui di Israele contro Hezbollah è stata la singola giornata più sanguinosa per il Libano dalla fine della lunga guerra civile del 1975-1990. Lo si legge sui media libanesi e internazionali.

L’azione di guerra di Israele ha suscitato lo sdegno internazionale con la Cina, che si schiera con il paese libanese e condanna fermamente “gli attacchi indiscriminati contro i civili in Libano”

Pechino ha espresso sostegno al Libano e ha condannato quelli che ha definito “attacchi indiscriminati contro i civili”. Incontrando a New York la controparte Abdallah Bou Habib per uno scambio di opinioni sulla situazione in Medio Oriente, il ministro degli Esteri Wang Yi ha detto che la Cina “presta molta attenzione agli sviluppi nella regione, in particolare alla recente esplosione di apparecchiature di comunicazione in Libano, e si oppone con fermezza agli attacchi indiscriminati contro i civili”, ha riferito un resoconto della diplomazia di Pechino. La Cina sostiene il Libano “nella tutela di sovranità e sicurezza”.

Processo “imponimento”, in appello assolte venti persone

Corte di Appello Catanzaro

Si è concluso con 20 assoluzioni, tra cui quelle di esponenti di spessore della criminalità organizzata vibonese, quattro prescrizioni, numerose rideterminazioni di pena rispetto al primo grado e 23 conferme delle condanne inflitte con la sentenza emessa, col rito abbreviato, dal Gup distrettuale, il processo d’appello denominato “Imponimento” scaturito dall’omonima inchiesta della Dda di Catanzaro.

Il procuratore della Repubblica facente funzioni, Vincenzo Capomolla, ed il sostituto procuratore generale Raffaela Sforza avevano chiesto la condanna di tutti gli imputati. E per sette di loro, in particolare, pene anche maggiori rispetto al primo grado. La Corte d’appello di Catanzaro, presieduta da Loredana De Franco, è stata però di diverso avviso.

Tra gli imputati assolti ci sono Vincenzo Barba, considerato un elemento di spicco della criminalità vibonese; Domenico Bonavota, ritenuto al vertice dell’omonima cosca di Sant’Onofrio, e Filippo Catania, altro elemento indicato quale appartenente al clan Lo Bianco, così come Paolino Lo Bianco.

Assolti, inoltre, l’imprenditore-avvocato Vincenzo Renda e il dirigente regionale Serafino Nero, mentre per alcuni imputati la Corte ha accolto l’appello della Dda infliggendo pene maggiori rispetto a quelle inflitte in primo grado come per il militare della Guardia di finanza Domenico, Bretti.

Confermati invece i 20 anni comminati in primo grado al boss di Filadelfia Rocco Anello e le condanne di Francesco Antonio Anello, dei fratelli Vincenzo e Giuseppe Fruci, di Daniele Prestanicola e di Teodoro Mancari.

L’operazione “Imponimento”, scattata nel 2020, si é concentrata sulle attività illecite gestite dalla cosca Anello di Filadelfia e dalle consorterie alleate su una vasta porzione di territorio a cavallo tra il Vibonese, l’hinterland lametino e parte dell’entroterra catanzarese.

Legale Bergamini: “Denis ucciso in ambiente della famiglia Internò”

Ansa

La morte di Donato Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza deceduto lungo la statale 106 a Roseto Capo Spulico il 18 novembre 1989, è collegata alla famiglia di Isabella Internò, “in quel contesto ambientale basato sul concetto di onore, è maturato l’omicidio”.

A dirlo l’avvocato di parte civile Fabio Anselmo, che oggi ha preso la parola davanti alla Corte d’assise di Cosenza nel processo a carico dell’ex fidanzata di Bergamini, imputata per omicidio volontario in concorso con ignoti.

Nelle quattro ore di discussione, il legale ha ripercorso le fasi successive alla tragedia di Roseto Capo Spulico evidenziando come tutti gli accertamenti svolti all’epoca per comprendere l’accaduto siano stati fatti superficialmente.

Il legale si è soffermato anche su ciò che hanno visto i testimoni Forte e Rinaldi, presenti sul luogo della tragedia che, sentiti nel corso delle udienze, hanno riferito entrambi di aver visto sul luogo una macchina scura, oltre alla Maserati di Bergamini.

Dichiarazioni che a giudizio di Anselmo avvalorerebbero l’ipotesi della presenza dei familiari della Internò sul posto.

Infine, il legale ha chiesto alla corte presieduta da Paola Lucente di mettersi nei panni della famiglia Bergamini e in special modo di Donata, sorella di Denis. “Pensate – ha detto – al cuore e al fegato che ha avuto questa donna fino a qui, sentire parlare in quel modo disonesto di suo fratello, ragazzo semplice e cristallino. Pochi giorni fa avrebbe compiuto 62 anni”.

“Io – ha concluso Anselmo mentre Donata Bergamini lasciava l’aula trattenendo a stento le lacrime – nel corso della mia lunga carriera, ho imparato che quando cambiano le persone cambia la giustizia. E la giustizia deve essere fatta da queste persone. Oggi vi ho dimostrato che erano milioni i motivi per indagare. Vi chiedo giustizia”.

Domani prenderanno la parola gli altri due legali della famiglia Bergamini, Alessandra Pisa e Silvia Galeone.

Caso Bergamini, chiesti 23 anni per l’ex fidanzata: “Fu la mandante”

Isabella Internò (oggi) e Denis Bergamini

Isabella Internò sarebbe stata “la mandante” e avrebbe “concorso” nell’omicidio dell’ex fidanzato Donato Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza morto il 18 novembre del 1989 lungo la statale 106 a Roseto Capo Spulico, ma essendo passati 35 anni merita le attenuanti generiche.

E’ il ragionamento che ha portato la Procura della Repubblica di Castrovillari a chiedere 23 anni di carcere e non l’ergastolo per la donna – assente oggi dall’aula – imputata per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi in concorso con ignoti.

Ad esplicitare in aula, davanti ai giudici della Corte d’Assise di Cosenza, i motivi che hanno spinto i pm a giungere alla richiesta è stato il procuratore di Castrovillari Alessandro D’Alessio che ha affiancato il sostituto Luca Primicerio in tutta la requisitoria, iniziata ieri.

“Internò – ha affermato il magistrato – ha agito con volontà con persone in corso di identificazione. Isabella Internò ha tradito l’affetto che il ragazzo aveva per lei, ha esasperato lei il rapporto e pur di salvare l’onore non ha esitato ad agire come sappiamo. Per il tempo trascorso, però, merita le attenuanti generiche e per questo che non chiediamo l’ergastolo, ma 23 anni di reclusione”.

Un delitto, quello di Bergamini, maturato in un “contesto patriarcale”, ha detto D’Alessio, motivato dalla mancata celebrazione “di un matrimonio riparatore” che la ragazza – che all’epoca della morte di Bergamini aveva 20 anni – avrebbe desiderato nel 1987 dopo essere rimasta incinta del calciatore. “Bergamini – ha poi spiegato Primicerio prendendo la parola – pur volendo tenere il bambino, non avrebbe mai voluto sposarla a causa del suo carattere ossessivo”.

La donna decise quindi di andare ad abortire a Londra. Il mancato matrimonio e la successiva fine della loro storia, secondo il pm, portò Internò a stolkerizzare, “e ha continuato a farlo fino alla fine” di Denis Bergamini, “nonostante la loro relazione fosse chiusa da tempo”.

A supporto della loro convinzione, i pm hanno ribadito di ritenere fondate e rilevanti le dichiarazioni di Tiziana Rota, moglie del calciatore Maurizio Lucchetti e amica intima in quegli anni di Internò. A lei, l’imputata avrebbe confidato che se Bergamini non fosse tornato sui suoi passi sarebbe stato “un uomo morto, perché mi ha disonorata, deve tornare da me perché io lo faccio ammazzare”.

La richiesta dei pm è stata accolta con soddisfazione mista ad amarezza dalla sorella del calciatore, Donata Bergamini, che dal primo giorno non ha mai creduto alla tesi del suicidio raccontato dalla stessa Internò – “Denis si è buttato a pesce davanti al camion che l’ha travolto” – ma ha sempre parlato di un omicidio. “Sono stata contenta – ha detto all’uscita dal palazzo di giustizia cosentino – perché sono emerse le verità che sia io che mio padre gridavamo sin dall’inizio”.

Queste verità – ha proseguito – dovevano emergere nel 1989, ma qualcuno non ha voluto farlo. Dopo così tanti anni la Internò poteva parlare e comportarsi in modo diverso”. Un concetto ripreso anche dal suo legale, l’avvocato Fabio Anselmo, che col suo lavoro ha portato la Procura di Castrovillari a riaprire per la seconda volta un’inchiesta per omicidio. La prima era stata poi archiviata con l’ipotesi di suicidio.

“E’ vero che essere condannati dopo 35 anni può sembrare un atto ingiusto – ha detto – ma è altrettanto vero che attendere giustizia per 35 anni lo è sicuramente di più”. Adesso la parola passa alle parti civili e poi alla difesa. Per il primo marzo 2025 è attesa la sentenza.

NOTIZIE DALLA CALABRIA

ITALIA E MONDO