12 Ottobre 2024

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Spacciavano droga anche a minorenni, tredici misure nel catanzarese

Tredici misure cautelari sono state notificate dai carabinieri ad altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e cessione di cocaina, hashish e marijuana.

Per quattro soggetti è stata disposta la misura dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza e di presentazione alla polizia giudiziaria; per gli altri nove è stata disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

I provvedimenti sono stati notificati a Guardavalle, Davoli, Isca sullo Ionio, Squillace, San Vito sullo Ionio, Catanzaro, Milano e Bologna, dai carabinieri della Compagnia di Soverato, supportati da quelli dei Comandi territorialmente competenti, al termine di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro.

L’inchiesta, svolta con intercettazioni telefoniche ed ambientali, e che ha portato a numerosi sequestri di droga oggetto di spaccio, avrebbe consentito di delineare la gravità indiziaria di più episodi di compravendita di sostanza stupefacente a Guardavalle e Catanzaro e con vendita al dettaglio nel soveratese in luoghi pubblici ed esercizi commerciali, anche a soggetti minorenni, con canali di approvvigionamento riconducibili ad appartenenti a soggetti di etnia rom della comunità di Catanzaro.

Dramma in Valtellina, tre finanzieri muoiono durante un’esercitazione

Tragedia in Valtellina oggi, dove tre militari della Guardia di Finanza sono morti durante un’esercitazione su una parete alpina nel territorio comunale di Val Masino, in provincia di Sondrio. Il dramma si è consumato sotto gli occhi di altri due finanzieri che prendevano parte all’esercitazione, ma in un’altra cordata. L’incidente è avvenuto poco prima delle 13.

Le vittime, tutte valtellinesi, Luca Piani, 33enne di Tirano, Simone Giacomelli, 24enne di Bormio e Alessandro Pozzi, 23enne di Santa Caterina Valfurva. Nelle specialità dei giovani militari
c’era quella dei soccorsi in montagna di escursionisti e turisti in pericolo o in difficoltà. Giacomelli e Pozzi, arruolati nelle Fiamme gialle soltanto nel 2022, prestavano servizio nella Stazione Sagf di Madesimo, guidata da Alessia Guanella, mentre Piani faceva parte della squadra del luogotenente Christian Maioglio nella caserma del capoluogo valtellinese.

Secondo quanto riportano le agenzie, i tre avrebbero fatto un volo nel vuoto di circa trenta metri che non ha lasciato loro scampo, mentre si trovavano sul cosiddetto Precipizio degli Asteroidi, nel territorio comunale di Val Masino (Sondrio).

I tre militari sarebbero caduti nel vuoto perché all’improvviso avrebbe ceduto uno sperone roccioso sul quale uno di loro poggiava i piedi, trascinando con sé nel vuoto gli altri due colleghi. Gli altri colleghi impotenti hanno visto la tragedia coi loro occhi. Erano su un’altra corda a scalare la parete rocciosa, abbastanza ripida.

Sarà ora l’inchiesta della Procura di Sondrio, diretta da Piero Basilone, a stabilire le esatte cause del drammatico incidente. Cordoglio unanime da parte delle istituzioni.

Villa, fermata la madre della 13enne che ha abbandonato il neonato

E’ stata fermata con l’accusa di infanticidio la madre della tredicenne che ha partorito il neonato il cui corpo senza vita è stato trovato domenica scorsa abbandonato tra gli scogli, all’interno di uno zaino, a Villa San Giovanni. Secondo quanto si è appreso, l’autopsia ha accertato che il neonato era nato vivo.

Le indagini di polizia e carabinieri, coordinate dalla Procura della Repubblica e dalla Procura per i minorenni di Reggio Calabria, hanno consentito di appurare che il neonato è stato soppresso, presumibilmente tramite soffocamento, pochi minuti dopo la nascita. Ed un ruolo attivo nella vicenda sarebbe stato svolto proprio dalla madre della tredicenne (e nonna del bambino), che si sarebbe anche adoperata per fare sparire il corpo del neonato.

Non si sa, al momento, se nell’inchiesta ci sono altri indagati. Si è appreso, comunque, che il padre della tredicenne è estraneo alla vicenda perché da alcuni anni vive in Toscana e non è coinvolto dunque nei fatti. Nulla si sa, inoltre, riguardo l’identità del padre del neonato, che, almeno per il momento, non sarebbe stata accertata.

Auto sbanda e finisce in un fossato, 2 feriti di cui uno grave

È di due feriti di cui uno in gravi condizioni il bilancio di un incidente stradale autonomo avvenuto sulla strada statale 110 nel comune di Lattarico, nel cosentino.

Per cause in corso di accertamento l’auto, dalle prime informazioni autonomamente, sarebbe sbandata finendo in un fossato. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco di Rende che hanno provveduto a estrarre dall’abitacolo gli occupanti per consegnarli ai sanitari del 118. Il primo è stato trasportato in ospedale con l’ambulanza, per il più grave è stato necessario lintervento dell’elisoccorso.
Sul posto anche le forze dell’ordine per i rilievi del caso.

La statale 110 nel tratto interessato dal sinistro è stato completamente chiusa al transito sino al termine delle operazioni di soccorso.

Trema ancora il Crotonese, scossa di magnitudo 4.0 a Cirò

terremoto Cirò 29-5-2024

Ancora scosse di terremoto nel Crotonese. Un nuovo sisma di magnitudo 4.0 della scala Richter è stato registrato alle 14.07 di oggi 29 maggio a pochi chilomotri da Cirò, più o meno nella stessa zona dove pochi giorni fa si era verificato un evento di analoga intensità, scossa che fortunatamente non aveva provocato danni ma tanta paura per la popolazione.

Il terremoto di oggi, informa la sala sismica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), è stato registrato a una profondità di oltre 23 chilometri e ha interessato diversi comuni tra le province di Crotone e Cosenza.

Al momento non si hanno notizie di eventuali danni a cose o persone. Il sisma, come quello dei giorni scorsi, è stato distintamente avvertito da crotonesi e cosentini ionici.
Nella stessa area cirotana qualche minuto dopo la prima sono state segnalate altre scosse strumentali.

La nota di aggiornamento dell’Ingv

“In quest’area il 24 maggio alle ore 19:35 italiane si è verificato un terremoto di magnitudo Richter Ml 4.0 ad una profondità di 23 km e da allora fino a questo aggiornamento (ore 15:15) sono stati localizzati circa 100 eventi sismici tra cui: 2 di magnitudo pari o superiore a 4.0, 1 di magnitudo tra 3 e 3.9, 15 tra 2 e 2.9 e tutti gli altri di magnitudo inferiore a 2.0.
La zona interessata dal terremoto di questa sequenza sismica è caratterizzata da pericolosità sismica medio alta, come testimoniato dalla Mappa della pericolosità sismica del territorio nazionale (MPS04) e dai forti terremoti avvenuti in passato. Una descrizione della sismicità di quest’area è presente dell’articolo relativo al terremoto del 24 maggio scorso.”

Terremoto di magnitudo 4.0 a Cirò (Crotone), panico tra la popolazione

Uccide ladro in casa sua e lo arrestano. Vittima: “Aggredito mi sono difeso”

“Quando sono rientrato a casa ho visto passare una persona, mi sono preso di panico. Ho avuto paura e ho afferrato un coltello. I due soggetti che erano dentro casa mi hanno aggredito e io mi sono difeso. Mentre scappavano ai due ladri sono cadute le pistole”.

Si sarebbe difeso così Francesco Putortì, l’uomo di 48 anni fermato dalla squadra mobile e dai carabinieri per l’omicidio di Alfio Stancampiano, il catanese di 30 anni abbandonato lunedì mattina nei giardini dell’ospedale Morelli di Reggio Calabria poco prima di morire, e per aver ferito un altro soggetto di 46 anni adesso ricoverato nell’ospedale di Messina nel corso dell’interrogatorio avvenuto in Questura nella notte tra lunedì e martedì.

L’uomo deceduto e il ferito, anche lui di Catania, assieme a una terza persona avrebbero tentato un furto in un’abitazione privata a Rosario Valanidi, nella periferia sud di Reggio Calabria. I due, però, sono stati sorpresi dal proprietario, Francesco Putortì appunto, che ha reagito accoltellandoli e ha poi chiamato i carabinieri per denunciare l’intrusione e il furto di circa 1500 euro. Agli investigatori, in un primo momento Putortì ha omesso di raccontare della colluttazione avuta con i due ladri per poi confessarla quando, dopo un’ora e mezza dai fatti, Alfio Stancampiano, è stato trovato quasi esanime davanti all’ospedale.

Entro stasera, il giudice per le indagini preliminari deve decidere se convalidare il fermo disposto dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dal pm Nunzio De Salvo nei confronti di Putortì che è incensurato che adesso si trova rinchiuso nel carcere di Arghillà.

“Ci sembra eccessiva e assurda l’accusa di omicidio volontario contestata dalla Procura” ha sostenuto l’avvocato Maurizio Condipodero, difensore di Putortì, secondo cui “tutto al più potrebbe essere un eccesso colposo di legittima difesa se dimostrato che le ferite derivano dalla colluttazione e non da altro. Attendiamo con fiducia la decisione la decisione del gip”.

Putin avverte la Nato: “Andate verso la guerra mondiale”

Dopo aver ascoltato per quattro giorni le voci e le polemiche che si rincorrono in Occidente, Vladimir Putin ha risposto all’ipotesi dell’uso da parte di Kiev di missili forniti da Paesi Nato per colpire in profondità il territorio russo.

E lo ha fatto con la massima durezza. Le conseguenze saranno “serie”, ha avvertito, sottolineando che comunque Mosca riterrà la Nato direttamente responsabile degli attacchi, valutando che vettori a lungo raggio come gli Atacms americani non potrebbero essere impiegati “senza dati d’intelligence satellitari” elaborati da tecnici dell’Alleanza.

Putin, che parlava in una conferenza stampa a Tashkent al termine di una visita in Uzbekistan, ha preso di mira in particolare il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che da sabato ha cominciato a parlare della necessità di consentire all’Ucraina di utilizzare contro la Russia gli armamenti occidentali. Un appello ripreso oggi dall’Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell, secondo il quale “alcuni Paesi” dell’Unione hanno già dato il loro assenso, e anche in parte dal presidente francese Emmanuel Macron.

Il leader russo ha detto di non capire la posizione di Stoltenberg. “Quando era primo ministro norvegese abbiamo discusso di varie questioni, e a quei tempi sono sicuro che non soffriva di demenza”, ha osservato. Ma ora “non può non sapere” che l’impiego di missili come gli Atacms contro il territorio russo necessiterebbe un ruolo diretto di tecnici Nato. Con tutte le conseguenze del caso.

La domanda è come risponderebbe Mosca. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, si è limitato a far sapere che “il comandante supremo”, cioè lo stesso Putin, e i vertici militari “stanno adottando contromisure adeguate e si stanno preparando”. Misure di cui solo loro sarebbero quindi a conoscenza.

Ma le parole del presidente sembrano lasciare aperto anche uno scenario terrificante, quello di una guerra tra Russia e Nato. Il capo del Cremlino ha messo in guardia soprattutto quei Paesi europei “con un piccolo territorio ma con un’alta densità di popolazione”, che subirebbero le conseguenze più devastanti. Facile vedere un accenno agli Stati baltici, sostenitori della linea più intransigente possibile contro Mosca. Proprio loro, dunque, dovrebbero prendere in considerazione questi fattori di rischio “prima di parlare di attacchi nel profondo del territorio russo”.

Alcuni di questi Paesi, insieme con la Polonia, si sono detti anche pronti all’invio di truppe sul terreno in Ucraina, ventilato per primo dal presidente francese Emmanuel Macron. Ciò sarebbe “un altro passo” verso “un conflitto globale”, ha commentato Putin, avvertendo che questi soldati “si troverebbero nella zona di tiro delle forze armate russe”.

“Possono andare e auguriamo loro buona fortuna – ha detto ancora – Noi faremo ciò che riteniamo opportuno, indipendentemente da chi si trova sul territorio dell’Ucraina”. Quanto agli istruttori occidentali, essi si trovano già nel Paese, ha assicurato, e manovrano gli armamenti ad alta precisione forniti da Paesi Nato nascondendosi dietro “le spoglie di mercenari”.

A proposito di rischi, specie in campo nucleare, un incontro per la messa in sicurezza della centrale ucraina di Zaporizhzhia, controllata dai russi, si è svolto a Kaliningrad tra inviati di Mosca e il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi. “Con i colloqui di oggi siamo stati in grado di raggiungere un accordo su una parte del lavoro immediato che dobbiamo avviare per la sicurezza dell’impianto”, ha detto Grossi.

I russi accusano le forze di Kiev di effettuare bombardamenti frequenti nei pressi della centrale, situata sulla sponda sud del bacino artificiale di Kakhovskaya, una cinquantina di chilometri in linea d’aria a sud-ovest della città capoluogo di Zaporizhzhia, controllata dagli ucraini.

Incidente a Catanzaro, muore una ragazza. Un ferito

Gravissimo incidente lungo viale Magna Grecia, all’altezza dell’ingresso al quartiere Aranceto. Le auto coinvolte nel frontale sono due, una C3 e una Ford Fiesta. La donna alla guida della Citroën purtroppo non ce l’ha fatta, le sue condizioni sono apparse subito drammatiche. Nonostante il tempestivo intervento dei sanitari del Suem 118, la donna è arrivata priva di vita in ospedale. La giovane rimasta uccisa nell’impatto si chiamava Martina Guzzi, aveva 25 anni.

Sul posto equipaggi della Squadra volante Upg Sp e una Squadra dei vigili del fuoco del Comando di Catanzaro sede centrale che hanno messo in sicurezza il sito e le vetture.

Ferito il conducente della Ford Fiesta. Quest’ultimo affidato al personale sanitario del Suem118 per le cure del caso e successivo trasferimento presso struttura ospedaliera. Sul posto anche polizia stradale per gli adempimenti di competenza. Disagi per la viabilità. A coordinare le operazioni di soccorso, il Cse di Francesco Rosi.

Morte Onorato, da autopsia “nessun segno di violenza sul corpo”. Resta il giallo

Non sarebbero stati riscontrati segni di violenza sul corpo di Angelo Onorato, l’imprenditore palermitano di 55 anni, trovato senza vita nella sua auto con una fascetta stretta al collo. Lo rivela, come appreso dall’Adnkronos, l’autopsia terminata oggi all’Istituto di Medicina legale del Policlinico di Palermo.

Il medico legale Tommaso D’Anna, incaricato dalla Procura di Palermo, ha eseguito l’autopsia alla presenza di alcuni specializzandi e del consulente di parte della famiglia Onorato, l’assessore alle Politiche sociali della regione siciliana Nuccia Albano, che per 40 anni è stato medico legale.

Il corpo dell’imprenditore palermitano, molto noto in città, è stato rinvenuto sabato pomeriggio dalla moglie, l’eurodeputata Francesca Donato e dalla figlia, Carolina di 21 anni, in una strada nei pressi della Circonvallazione di Palermo. Sono ancora tanti i punto oscuri della vicenda. Sul corpo sono stati eseguiti anche degli esami tossicologici e dei tessuti. Particolare attenzione è stata puntata sulla fascetta stretta al collo su cui ancora non si conoscono altri particolari. Importante, in questo caso, il DNA sulla cinghietta e possibili altre impronte sull’auto e su alcuni oggetti.

La famiglia è assistita dall’avvocato Vincenzo Lo Re. Da ambienti dell’istituto di Medicina legale del Policlinico, citati dall’Ansa, si apprende che sul corpo di Angelo Onorato sono stati fatti prelievi per fare “mirate indagini istologiche” per capire “cosa ci fosse nei polmoni, nella trachea e così via”. Dopo le analisi di laboratorio al microscopio i risultati saranno dati agli specialisti che daranno il proprio parere. Le analisi istologiche dureranno alcune settimane. Dall’istituto affermano che l’autopsia allo stato “non esclude alcuna ipotesi” sulla morte dell’architetto.

L’assenza di segni di violenza sul corpo dell’imprenditore non esclude infatti l’ipotesi dell’omicidio, tesi su cui è orientata la procura di Palermo che per questo ha aperto un fascicolo e di cui è convinta la famiglia. Il killer avrebbe potuto strangolare Onorato da dietro il sedile senza alcuna difficoltà e, se ben pianificato, senza lasciare tracce.

Leggi la possibile ricostruzione 

Morte Onorato, la procura di Palermo indaga per omicidio. I punti oscuri

Uccide un ladro entrato in casa e ne ferisce un altro, fermato per omicidio

Ha visto tre ladri in trasferta in casa sua, a Reggio Calabria, e durante una colluttazione, ha afferrato un coltello e colpito a morte uno di loro e ferito gravemente un secondo.

La vittima del furto, un reggino di 48 anni, ora è accusato omicidio e tentato omicidio ed è stato fermato dalla polizia che ha eseguito un decreto della procura.

L’uomo ucciso si chiamava Alfio Stancampiano, catanese di 30 anni abbandonato dai complici ieri nei giardini dell’ospedale Morelli di Reggio Calabria poco prima di morire. Il ferito è un soggetto di 46 anni e anche lui di Catania, adesso ricoverato nell’ospedale di Messina.

Secondo le ricostruzioni degli investigatori, non si sarebbe trattato di una rapina andata male, ma l’uomo deceduto, il ferito e una terza persona avrebbero tentato un furto in un’abitazione privata nel complesso Valanidi, alla periferia sud di Reggio Calabria.

I due, però, sono stati sorpresi dal proprietario che ha reagito accoltellando due di loro.

A causa delle condizioni gravi, Alfio Stancampiano è stato accompagnato davanti all’ospedale Morelli dove è morto subito dopo per le ferite riportate, mentre l’altro complice, pure lui accoltellato, dopo aver lasciato l’auto, una Fiat Punto, agli imbarcaderi di Villa San Giovanni, ha traghettato ma è stato costretto a farsi assistere nell’ospedale “Martino” di Messina.

La Procura ha sequestrato l’arma del delitto e l’abitazione in cui si è avvenuto l’omicidio dove i carabinieri del Ris si occuperanno di stabilire la dinamica dell’accoltellamento. È stata sequestrata, inoltre, l’auto trovata a Villa San Giovanni e sono in corso accertamenti da parte del gabinetto di polizia scientifica di Reggio Calabria.

Si è ora in attesa delle determinazioni del giudice per le indagini preliminari che potrebbe convalidare l’arresto oppure rubricare l’inchiesta per legittima difesa.

Incendiò un ristorante perché in concorrenza con quello della sorella, preso

I carabinieri della Stazione di Tropea hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di un uomo, già noto alle forze dell’ordine, ritenuto essere l’autore dell’incendio che lo scorso 15 gennaio ha devastato il ristorante “Little Italy” di Tropea.

La misura ai domiciliari è stata emessa a carico di Nicola Gramendola, di 52 anni, di Vibo Marina e accoglie la richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica guidata da Camillo Falvo, frutto di un’indagine condotta dal pm titolare del procedimento che ha coordinato gli accertamenti svolti dai militari già subito dopo il fatto.

Dalla visione di numerosi sistemi di videosorveglianza, pubblici e privati, i carabinieri hanno raccolto elementi utili a individuare il presunto autore dell’incendio, commesso in concorso con un complice in fase di identificazione.

Nello specifico, il soggetto si è avvicinato a bordo di un monopattino al gazebo del ristorante, cospargendo di liquido infiammabile il pavimento e quindi appiccando il fuoco che ha provocato un incendio di notevole potenzialità lesiva, con l’esplosione di una bombola.

Il movente del danneggiamento, secondo l’accusa, è verosimilmente riconducibile a presunte rivalità commerciali: il “Little Italy” era percepito come un concorrente diretto del ristorante della sorella dell’indagato, situato nelle vicinanze.

E’ di Catania l’uomo morto davanti all’ospedale reggino, forse ferito in una rapina

E’ di Catania l’uomo ferito e deceduto ieri davanti all’ospedale “Morelli” di Reggio Calabria, dove è stato “scaricato” da alcune persone a bordo di un’auto con cui si sono poi dileguati.

L’identità è stata accertata dalla squadra mobile e dai carabinieri che stanno conducendo le indagini coordinate dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal sostituto Nunzio De Salvo.

Stando a quanto trapela, il morto, un trentenne, sarebbe stato vittima di un accoltellamento mortale avvenuto ieri mattina a Reggio Calabria durante una rapina andata a male.

Al momento è l’ipotesi più accreditata sulla quale stanno lavorando gli investigatori che hanno individuato prima l’auto usata per accompagnare la vittima davanti all’ospedale la rapina, una Fiat Punto, e poi hanno rintracciato i due che erano sulla vettura a Messina. La vettura è stata trovata agli imbarcaderi per la Sicilia di Villa San Giovanni.

Secondo la ricostruzione, stavano cercando di rientrare a Catania ma non ci sono riusciti perché anche un altro di loro è rimasto ferito e, a causa delle sue precarie condizioni, è stato costretto al ricovero nell’ospedale Messina dove è vigilato dalle forze di polizia.

La Procura, adesso, sta cercando di ricostruire tutta la vicenda per capire dove sarebbe avvenuta la tentata rapina e la dinamica che ha portato all’accoltellamento del trentenne deceduto ed al ferimento dell’altro. Proprio in queste ore, gli inquirenti stanno visionando alcune immagini dei sistemi di videosorveglianza che potrebbero fornire alcuni dettagli ed aiutare a risalire ai responsabili dell’omicidio.

Operaio cade da una impalcatura e muore

Un muratore di 65 anni è morto cadendo dall’impalcatura sulla quale era impegnato ad effettuare dei lavori. L’incidente è avvenuto nel pomeriggio di ieri a Roggiana Gravina, nel Cosentino. Le indagini sulla dinamica sono coordinate della Procura della Repubblica di Cosenza.

Al momento le ipotesi sono di un malore o della perdita di equilibrio. Sul posto è stata fatta intervenire l’eliambulanza ma per l’uomo non c’era più niente da fare.

Sulla vicenda è intervenuto oggi il segretario generale della Fillea Calabria Simone Celebre. “La mattanza continua. Nonostante i tanti appelli – afferma in una nota – si continua a morire di lavoro. Purtroppo, in Calabria ieri si è verificato un altro tragico infortunio sul lavoro, costata la vita a un sessantacinquenne, padre di famiglia. Questo incidente si aggiunge alla lunga lista di morti sul lavoro che stanno affliggendo l’Italia, evidenziando gravi lacune nella sicurezza lavorativa. L’incidente in Calabria è parte di una più ampia crisi nazionale”.

“Nei primi mesi del 2024 – prosegue il sindacalista – si sono già registrati numerosi decessi sul lavoro, con il settore delle costruzioni che risulta essere uno dei più colpiti. In questa triste circostanza esprimiamo vicinanza e cordoglio ai familiari del lavoratore”.

Sequestrano, picchiano e rapinano un giovane, arrestati

Dopo un annuncio su internet in cerca di incontri con sconosciuti, è stato individuato da malviventi che, dopo l’appuntamento, lo hanno appostato, sequestrato per alcune ore, picchiato e rapinato. E’ accaduto a Reggio Calabria dove i carabinieri hanno arrestato tre uomini di età compresa tra i 28 ed i 30 anni, con le accuse di sequestro di persona a scopo di estorsione, lesioni personali aggravate ed indebito utilizzo di strumenti di pagamento.

La notte del 22 maggio scorso, durante un servizio di controllo, una pattuglia della Compagnia di Reggio Calabria ha fermato un’Audi A3 per un normale accertamento. Gli occupanti sono apparsi impacciati e restii a fornire i documenti per cui i militari hanno proceduto ad un controllo della vettura, trovando nel cruscotto diverse carte di credito, due telefoni cellulari, un mazzo di chiavi di un’altra auto ed il tesserino di riconoscimento di un ordine professionale. Alla richiesta di sapere a chi appartenesse quel materiale, nessuno dei tre ha saputo fornire delle spiegazioni. I carabinieri hanno quindi iniziato gli accertamenti per rintracciare il titolare degli effetti trovati.

Le ricerche hanno portato ad individuare, parcheggiata nei pressi dell’ex Lido comunale di Reggio Calabria, l’auto relativa alle chiavi trovate ai tre fermati e, poco distante, hanno soccorso un giovane che, sconvolto ed in stato di shock, ha riconosciuto subito i tre come coloro che poco prima lo avevano picchiato e derubato.

La vittima ha raccontato ai carabinieri che quella notte aveva deciso, tramite un annuncio su un sito di incontri online, di mettersi in contatto con uno sconosciuto, ottenendo un appuntamento nell’area balneare della città. Al suo arrivo, però, non ha trovato un potenziale “partner” ma tre persone che lo hanno prima minacciato e malmenato con dei bastoni e, poi, rapinato del portafogli e dei telefoni cellulari in suo possesso. Nella circostanza – ha raccontato la vittima – gli aggressori lo hanno ingiuriato costantemente con frasi discriminatorie, tenendolo per diverse ore a terra, immobilizzato e sotto continua sorveglianza, mentre perquisivano la sua autovettura e si recavano a prelevare più centinaia di euro in contanti usando le carte di credito sottratte. I tre sono quindi fuggiti a bordo della loro auto per poi essere fermati dai carabinieri.

La vittima è stata portata in ospedale dove è stato ricoverato per vari traumi riportati in tutto il corpo. Gli arrestati, già noti per reati contro il patrimonio e in materia di stupefacenti, l’11 aprile scorso erano stati denunciati all’Autorità giudiziaria per un episodio analogo. In provincia di Rovigo, infatti, con lo stesso modus operandi, avevano adescato un uomo e, una volta fatto accesso all’interno della sua abitazione, lo avevano legato con delle fascette e colpito ripetutamente alla testa con il calcio di una pistola, con lo scopo di rapinarlo.

Terrorismo, arrestato per la terza volta appartenente all’Isis

È stato arrestato dalla Digos di Torino, guidata dal dirigente Carlo Ambra, Halili Elmahdi, 29 anni, considerato l’autore dei primi testi di propaganda jihadista scritti in italiano.

Marocchino naturalizzato italiano, è accusato di associazione terroristica dello Stato Islamico.

In manette era finito già due volte, nel 2015 e nel 2018 quando viveva a Lanzo, nel torinese, sempre con l’accusa di terrorismo e di legami con il Daesh di cui portava avanti una campagna di radicalizzazione e proselitismo condotta sul web.

Dopo la condanna gli era stata tolta la cittadinanza italiana. A fine luglio del 2023 era stato scarcerato, ma per intoppi burocratici non era stato espulso.

Secondo gli inquirenti durante la sua detenzione avrebbe rafforzato il suo credo fondamentalista, assumendo sempre più atteggiamenti violenti, all’interno del carcere, ma anche dopo quando è tornato il libertà.

Traffico di droga e mafia, 30 arresti tra Calabria, Lombardia e Piemonte

In un’operazione dei poliziotti della Squadra mobile di Como, coordinati dalla procura di Milano, sono state arrestate 30 persone accusate di narcotraffico, usura ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.

Le indagini, condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato hanno permesso d’individuare due gruppi criminali specializzati allo spaccio di stupefacenti, in particolare cocaina, marijuana e hashish, nelle province di Como, Varese e Lecco.

Il primo gruppo attivo nella zona dell’Erbese, il secondo a cavallo tra le province di Como e di Varese nell’aerea della cosiddetta “Bassa Comasca”; questi ultimi strettamente legati ad ambienti criminali della ‘ndrangheta di Rosarno, Reggio Calabria.

Gli agenti hanno eseguito 25 ordinanze di custodia cautelare in carcere, ed ulteriori 5 ordinanze applicative degli arresti domiciliari, emesse dal tribunale di Milano, nei confronti di persone residenti in Lombardia, Piemonte e in Calabria.

Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con l’aggravante del possesso di armi, usura ed estorsione aggravati dal metodo mafioso. Gli indagati con l’autoriciclaggio di denaro sporco avevano acquistato locali pubblici e finanziato società intestate a prestanome, oltre ad aver indebitamente percepito finanziamenti con garanzia pubblica ottenuti attraverso presentazione di falsa documentazione contabile, contribuendo all’attività illecita con l’emissione di fatture fittizie per ottenere un mutuo di 700mila euro.

Gli indagati, forti della comune appartenenza e cultura ‘ndranghetista, non si facevano scrupolo ad usare violenza nei confronti delle vittime di usura che non restituivano i prestiti ricevuti: si sono accertate diverse estorsioni e prestiti usurari in danno di commercianti ed imprenditori locali.

Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati 690mila euro in contanti occultati in un doppiofondo creato ad arte su un veicolo in uso al gruppo.
All’operazione di oggi hanno partecipato oltre alle Squadre mobili delle diverse provincie interessate con il supporto delle Sezioni investigative del Servizio centrale operativo (Sisco) anche i poliziotti del Reparto prevenzione crimine, squadre cinofile antidroga e antiesplosivo e il reparto volo di Malpensa.

Rintracciata la madre del neonato morto a Villa: è una 13enne

È stata rintracciata la madre del neonato il cui corpo senza vita è stato trovato ieri, con il cordone ombelicale ancora attaccato, all’interno di uno zaino abbandonato tra gli scogli a Villa San Giovanni, nella vicinanze degli imbarcaderi per la Sicilia.

Si tratta di una tredicenne di nazionalità italiana. La ragazza è stata individuata nell’abitazione dei genitori, a Villa San Giovanni, dai carabinieri e dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, che stanno svolgendo le indagini su delega della Procura della Repubblica e della Procura per i minorenni.

La giovane è stata portata in ospedale e ricoverata perché affetta da setticemia, conseguenza del parto che sarebbe avvenuto nello scorso fine settimana in circostanze sulle quali sono in corso le indagini degli investigatori. Sui particolari della vicenda inquirenti ed investigatori mantengono, al momento, uno stretto riserbo.

Si è appreso, comunque, che il contesto familiare cui appartiene la tredicenne sarebbe particolarmente degradato. Nella stessa giornata di domani dovrebbe essere disposta l’autopsia sul corpo del neonato. Lo scopo, in particolare, è di accertare se il neonato, quando è stato partorito, era già morto o se il decesso sia sopraggiunto successivamente. E, in quest’ultimo caso, quali sono state le cause che l’hanno provocato.

Polizia e carabinieri, comunque, sono al lavoro per ricostruire l’intero quadro delle responsabilità connesse alla vicenda. Indagini in corso anche per risalire al “padre” del neonato e accertare se la ragazzina sia stata stata vittima di uno stupro.

Morte Onorato, la procura di Palermo indaga per omicidio. I punti oscuri

LaProcura di Palermo ha aperto una inchiesta con l’ipotesi di omicidio sulla morte di Angelo Onorato, l’imprenditore, marito dell’eurodeputata Francesca Donato, trovato senza vita con una fascetta stretta al collo, nella sua auto in Viale Regione Siciliana alla periferia ovest del capoluogo dell’isola.

I magistrati palermitani – per gli elementi fin quì raccolti nelle prime indagini della Polizia -, sono quindi orientati a seguire la pista del delitto, così come vanno ripetendo dal primo istante i familiari della vittima che non credono assolutamente alla tesi del suicidio, ipotesi ribadita da alcuni media.

La possibile dinamica dei fatti e i punti oscuri

Il cadavere di Angelo Onorato è stato rinvenuto riverso al posto di guida della sua Range Rover con una fascetta da elettricista stretta attorno al collo e con macchie di sangue sulla camicia e la cintura di sicurezza allacciata. Sarebbe morto soffocato. Oltre questi elementi, apparentemente certi, quello che alimenta la tesi dell’omicidio è lo sportello posteriore del grosso Suv rimasto socchiuso (foto), segno che il killer avrebbe ucciso l’imprenditore da dietro il sedile e in fretta guadagnato la via di fuga al riparo da occhi indiscreti, probabilmente scavalcando, facilmente, una recinzione rialzata da un muretto che sulla destra dà su un edificio dismesso sito pochi metri dopo un esercente di trasporti e consegne, forse aiutato da complici, per poi dileguarsi dietro la ferrovia, posta ad un centinaio di metri, come si può notare sulla mappa in basso.
Dalla parte opposta al punto dove è stata ritrovata l’auto c’è un muro alto circa due metri che costeggia il raccordo bis che conduce verso Capaci, possibile da scalare ma molto più in vista oltreché pericoloso perché a ridosso di un’arteria a scorrimento veloce.
Non è chiaro se vi siano in zona telecamere di video sorveglianza in grado di riprendere la scena del crimine, che fra l’altro è coperta da grossi alberi. La strada è abbastanza isolata (e degradata), con divieto di parcheggio sulla sinistra sul lato della tangenziale. La ricostruzione sembra quadrare. Sembra. Al momento manca però il movente: economico, ad esempio qualche affare andato male, oppure altro?

Non convince invece la pista del suicidio. Sebbene sia tutto possibile, si fa fatica a immaginare che Onorato da solo e con la cintura allacciata si sia stretto attorno al collo la fascetta e l’abbia tirata con tutta la sua forza fino a soffocarsi. Sembra inverosimile. Non è la stessa cosa di stringersi una corda al collo appesa a un albero e lasciarsi andare con tutto il peso del corpo. Ecco perché non convince il suicidio. E poi quelle macchie di sangue sugli indumenti? Di chi sono, sue o del possibile assassino?

Il punto esatto del ritrovamento dell’auto di Angelo Onorato 

La lettera: “Se mi succede qualcosa l’avvocato sa tutto”

A insospettire gli inquirenti c’è anche la misteriosa lettera attraverso cui Angelo Onorato avvisa i suoi familiari che nel caso gli fosse successo qualcosa dovevano rivolgersi al suo avvocato: perché “lui sa tutto”, avrebbe scritto. Oltretutto, da quanto è trapelato, Onorato avrebbe fatto sapere a un parente che quella mattina doveva andare a prendere una persona in aeroporto; un tale con cui avrebbe avuto un appuntamento per dirimere alcune questioni. Possibile che abbia incontrato il tipo in una strada così appartata? Altro mistero. Un elemento, questo dell’appuntamento, comunque facile da confutare con le celle telefoniche e gli impianti di videosorveglianza di cui aeroporto e autostrada sono zeppe. Se la vittima ha incontrato qualcuno basta incrociare qualche dato.

L’autopsia svelerà le cause del decesso

Domani sarà eseguita l’autopsia sul corpo dell’imprenditore. L’esame, che svelerà le cause della morte, sarà eseguito all’istituto di medicina legale dell’ospedale Policlinico di Palermo.

La drammatica testimonianza dell’europarlamentare Donato: “Momenti devastanti, non speculare”

“Sto vivendo i momenti più difficili e devastanti della mia vita. Il dolore è inimmaginabile. Prego tutti di astenersi da speculazioni sulle cause della morte di mio marito. Ci sono indagini in corso, lasciamo lavorare la polizia. Ringrazio tutti coloro che in queste ore tremende hanno avuto parole di affetto per il mio adorato Angelo e hanno mostrato vicinanza e solidarietà per la mia famiglia. Sono tantissimi e ognuno è prezioso per me”, ha scritto su X l’europarlamentare Francesca Donato in merito alle indagini sul morte del marito.

Sbanda con l’auto e finisce fuori strada, morto

Avrebbe perso il controllo della sua auto, per cause in corso di accertamento, finendo fuori strada.

E’ morto così, in contrada Mezzofato a Corigliano Rossano, un uomo molto probabilmente di nazionalità romena. La vittima era da sola in auto.

Sul posto oltre ai medici del servizio di emergenza 118 che hanno prestato i primi soccorsi rivelatisi però inutili e i carabinieri del Reparto territoriale di Corigliano Rossano che stanno effettuando i rilievi per accertare le cause dell’incidente stradale. Si sta inoltre lavorando per risalire all’identità della vittima. (Ansa)

Omicidio a Reggio, uomo ucciso a coltellate e “scaricato” davanti l’ospedale

Una persona di sesso maschile, di cui non si conosce al momento l’identità perché senza documenti, è stata lasciata davanti all’ospedale “Morelli” di Reggio Calabria con gravi ferite provocate da numerose coltellate ed è morta poco dopo.

L’ipotesi che viene fatta dagli investigatori è che l’uomo, dall’età apparente di 40 anni, sia stato ferito altrove e portato successivamente nel luogo adiacente l’ospedale in cui è stato trovato dal personale del nosocomio che ha prestato, invano, i primi soccorsi.

Sul posto sono intervenuti gli agenti delle Volanti e della Squadra mobile che hanno avviato le indagini. Cruciali le immagini di video sorveglianza e le testimonianze sul posto. L’automobile sarebbe stata poi ritrovata a Villa San Giovanni.

A bordo del veicolo ci sarebbero state tre persone che, probabilmente, sarebbero coinvolti nell’omicidio avvenuto altrove, oppure solo testimoni che, visto il fatto di sangue hanno comunque deciso di trasportare la vittima presso l’ospedale al fine di salvarlo. Se fosse stato infatti il killer non si sarebbe esposto davanti a numerose telecamere (con la certezza di essere riconosciuto) e avrebbe lasciato il corpo dov’è avvenuto il ferimento.

La polizia ha informato dell’accaduto la Procura della Repubblica, che coordina le indagini.

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