12 Ottobre 2024

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‘Ndrangheta, confiscati beni per un milione ad imprenditore vicino a clan

Questura di Reggio Calabria

Beni per un milione di euro sono stati confiscati a Domenico Foti, di 63 anni detto “Vecchia Romagna”, ritenuto esponente della cosca Labate di Gebbione, un quartiere nella periferia sud di Reggio Calabria.

Lo ha stabilito la sezione Misure di prevenzione del Tribunale reggino che ha accolto la richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e degli aggiunti Walter Ignazitto e Stefano Musolino.

Il provvedimento è stato eseguito dalla polizia di Stato che ha posto i sigilli al patrimonio mobiliare e immobiliare di Domenico Foti, imprenditore reggino attivo nel settore della produzione e commercio di packaging industriale.

In passato coinvolto nell’inchiesta “Larice 1”, l’imprenditore era stato condannato dalla Corte d’Assise d’Appello di Reggio a 4 anni e 6 mesi di carcere per associazione mafiosa.

Per lo stesso reato, nel dicembre 2021 è stato condannato a 17 anni e 4 mesi. Si tratta, però, di una sentenza di primo grado rimediata nel processo “Heliantus” per il quale è in corso l’appello.

Le indagini patrimoniali hanno dimostrato che l’imprenditore, in un arco temporale compreso fra la metà degli anni ’80 ed il dicembre 2021, aveva accumulato un ingente capitale, sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati.

Per questo motivo, su richiesta della Dda, il Tribunale ha confiscato un’impresa individuale, un fabbricato industriale e un appezzamento di terreno, tutti ubicati a Reggio Calabria.

Rientrano nel provvedimento di confisca anche due veicoli aziendali e diversi rapporti finanziari, per un ammontare complessivo di un milione di euro. Nei confronti di Foti, infine, i giudici hanno disposto la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per quattro anni.

Elezioni comunali, sabato e domenica in Calabria si vota in 135 comuni

elezioni comunali

Sono 135 comuni della Calabria che andranno al voto domani 8 e domenica 9 giugno, contestualmente alle elezioni europee. Nessuna previsione, salvo lo scontato calo dell’affluenza che in questa tornata potrebbe essere ancora più accentuata. Un fattore che preoccupa molto i partiti. Si vota sabato dalle 15 alle 23 e domenica dalle 7 alle 23.

Tra volti nuovi e conferme, si punta al rinnovo di un terzo di sindaci e consigli comunali calabresi. Solo quattro con popolazione superiore a 15mila abitanti, uno di questi è capoluogo di provincia. Per Corigliano Rossano, Montalto Uffugo, Gioia Tauro e Vibo Valentia, dunque, si andrà al ballottaggio il 23 e 24 giugno in caso nessun candidato raggiunga la maggioranza assoluta. I calabresi chiamati al voto per le comunali sono, in totale, 471.341.

A Vibo Valentia, unico capoluogo di provincia calabrese al voto, e a Corigliano-Rossano, in provincia di Cosenza, terza città più popolosa della regione, ci sono prove tecniche di “campo largo”: il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle hanno infatti trovato la quadra contro il centrodestra.

A Vibo, dove sono 28.179 gli aventi diritto al voto, il candidato a sindaco sostenuto da dem e pentastellati è Enzo Romeo, già primo presidente della neonata Provincia. Romeo ha il conforto di quattro liste: oltre a Pd e M5s, sono con lui Alleanza Verdi Sinistra-Liberamente progressisti e una civica.

Sei, invece, le liste di partito e non, Forza Italia, Fratelli d’Italia, il movimento “Indipendenza” e tre civiche, che si sono coagulate attorno al nome del candidato sindaco del centrodestra Roberto Cosentino, dirigente della Regione Calabria, che punta a raccogliere il testimone dall’uscente Maria Limardo, anche lei di centrodestra e non riproposta come primo cittadino. In corsa anche il centrista Francesco Muzzopappa, sostenuto da Azione, Italia Viva, Noi Moderati, Udc, Italia del Meridione e da alcune civiche, e Marcella Murabito, appoggiata da Rifondazione comunista.

E’ quasi “campo largo”, invece, a Corigliano-Rossano, dove Pd ed M5s sostengono il sindaco uscente, Flavio Stasi, che gode anche della fiducia di Alleanza Verdi e Sinistra e dei movimenti civici “Corigliano Rossano Pulita”, “Uniti per Stasi”, “Città libera”, “Corigliano Rossano futura” e “Gente di mare”, per un totale di otto liste.

A contendere a Stasi lo scranno di primo cittadino c’è, per il centrodestra, la consigliera regionale di Forza Italia Pasqualina Straface, già sindaco di Corigliano Calabro quando la fusione con Rossano era di là da venire, sostenuta da otto liste: oltre a quella ‘azzurra’, ci sono Fratelli d’Italia, Lega, Azione con Calenda e le civiche “Uniti per Corigliano-Rossano”, “Civico popolare per una città viva”, “Città futura noi moderati” e “Movimento del territorio”. Sono oltre 71 mila gli elettori chiamati alle urne nella città dell’Alto Ionio Cosentino.

Due gli altri comuni con popolazione superiore ai 15 mila abitanti in cui si vota: Gioia Tauro (16.312 votanti) e Montalto Uffugo (20.559), mentre alle urne in tutta la regione, per rinnovare sindaci e consigli, andranno complessivamente 135 comuni su 404. La provincia con più Comuni chiamati al voto, 65, è quella di Cosenza. Seguono Reggio Calabria, con 27; Catanzaro (19); Vibo Valentia (13) e Crotone (11).

Due i Comuni che tornano alle urne dopo lo scioglimento dei rispettivi organi elettivi per mafia: Soriano Calabro, nel Vibonese, e Portigliola, nella Locride. Non si voterà, invece, a San Luca, dove non è stata presentata alcuna candidatura a sindaco. Bruno Bartolo, primo cittadino uscente, in carica dal 2019, eletto dopo un periodo di commissariamento dell’ente proprio per mancate elezioni a causa dell’assenza di candidati, ha infatti deciso di non ripresentarsi.

Da Israele nuovo raid contro una scuola di sfollati a Gaza, decine di morti e feriti

Almeno 40 persone sono state uccise – bambini e donne compresi – e decine sono rimaste ferite in un attacco israeliano contro una scuola gestita dalle Nazioni Unite che ospitava migliaia di sfollati palestinesi nel centro di Gaza. Lo riferiscono i media arabi.

L’esercito israeliano conferma che i suoi aerei da combattimento hanno colpito la scuola dell’Unrwa nel campo di Nuseirat affermando di aver preso di mira e ucciso combattenti di Hamas.

Le vittime accertate sarebbero 40 palestinesi sfollati, tra cui 14 bambini e 9 donne. Erano civili scappati dalla furia di fuoco israeliana e hanno comunque trovato la morte in una scuola delle Nazioni Unite, così come in tanti eccidi avvenuti per mano politica di Netanyahu.

Nell’attacco – avvenuto la notte scorsa nel centro della Striscia – i feriti sarebbero 74, tra cui 23 bambini e 18 donne.

Ismail Al-Thawabta, direttore dell’ufficio stampa di Hamas, secondo la Bbc, ha accusato di aver compiuto “un massacro orribile”.

L’esercito israeliano (Idf) ha diramato una nota in cui si afferma che all’interno della scuola colpita si nascondevano miliziani di Hamas.

Studio del British Medical Journal: “Eccessiva mortalità coi vaccini anti-Covid”

Dall’inizio dell’impiego dei vaccini anti-covid in poi (fine dicembre 2020) vi è stato un eccesso di mortalità straordinaria, così come in eccesso sono stati i decessi dallo scoppio della pandemia a inizio 2020 a causa delle restrizioni. “L’eccesso di mortalità è rimasto elevato nel mondo occidentale per tre anni consecutivi, nonostante l’attuazione delle misure di contenimento (lockdown, distanziamento e mascherine) e dei vaccini contro il Covid-19. Ciò solleva serie preoccupazioni”. Lo riporta uno studio del British Medical Journal, prestigiosa rivista medico scientifica a livello mondiale. Gli autori della pubblicazione: “I leader governativi e i politici devono indagare a fondo sulle cause alla base del persistente eccesso di mortalità”.

“L’eccesso di mortalità durante la pandemia di COVID-19 è stato notevole”, è l’incipit dello studio condotto da medici olandesi. “La conoscenza dei tassi di mortalità in eccesso negli anni successivi alla dichiarazione di pandemia dell’OMS è fondamentale affinché i leader governativi e i politici possano valutare le loro politiche di crisi sanitaria. Questo studio esplora l’eccesso di mortalità nel mondo occidentale dal 2020 al 2022”.

“I rapporti sulla mortalità per tutte le cause – spiegano i ricercatori – sono stati estratti per i paesi utilizzando il database “Our World in Data”. La mortalità in eccesso viene valutata come una deviazione tra il numero di decessi riportati in un paese durante una determinata settimana o mese dal 2020 al 2022 e il numero di decessi previsto in un paese per quel periodo in condizioni normali. Per la linea di base delle morti attese è stato utilizzato il modello di stima di Karlinsky e Kobak. Questo modello utilizza dati storici sulla mortalità in un paese dal 2015 al 2019 e tiene conto delle variazioni stagionali e delle tendenze annuali della mortalità”.

“Il numero totale di decessi in eccesso in 47 paesi del mondo occidentale è stato di 3.098.456 dal 1 gennaio 2020 al 31 dicembre 2022. L’eccesso di mortalità è stato documentato in 41 paesi (87%) nel 2020, 42 paesi (89%) nel 2021 e 43 paesi (91%) nel 2022. Nel 2020, anno dell’inizio della pandemia di COVID-19 e dell’attuazione delle misure di contenimento, i record presentano 1.033.122 decessi in eccesso (punteggio P 11,4%). Nel 2021, l’anno in cui sono state utilizzate sia le misure di contenimento che i vaccini COVID-19 per affrontare la diffusione del virus e l’infezione, è stato segnalato il numero più alto di decessi in eccesso: 1.256.942 decessi in eccesso (punteggio P 13,8%). Nel 2022, quando la maggior parte delle misure di contenimento sono state revocate e i vaccini COVID-19 sono stati continuati, i dati preliminari presentano 808.392 decessi in eccesso (punteggio P 8,8%)”.

“L’eccesso di mortalità è rimasto elevato nel mondo occidentale per tre anni consecutivi, nonostante l’implementazione delle misure di contenimento e dei vaccini contro il COVID-19. Ciò solleva serie preoccupazioni. I leader governativi e i politici devono indagare a fondo sulle cause alla base del persistente eccesso di mortalità”, conclude l’estratto dello studio olandese pubblicato dal BMJ.

Aggiornamento: dopo la pubblicazione della ricerca sul British Medical Journal c’è stata una vasta eco nell’opinione pubblica e reazioni stizzite di parte della comunità scientifica che ha lamentato “inesattezze e falsità” nello studio al punto da costringere la rivista a pubblicare una rettifica in cui viene riferito di “false dichiarazioni e incomprensioni del lavoro”.
Interpretazioni errate? Più pressioni che interpretazioni. Per scoprire l’attendibilità dello studio bisognerebbe chiederlo ai familiari delle vittime dei vaccini killer che ogni giorno perdono i propri cari, anche in giovanissima età, per malori improvvisi. A migliaia, a decine di migliaia. 
Oltre a questa parte di comunità scientifica, come sempre, si sono mossi all’unisono i fact-checkers finanziati da Big Pharma e dalle èlite pronti a smentire e “sbufalare” tutto ciò che è vero ma non “allineato” ai desiderata dei loro datori di lavoro. 

Putin ai media: “L’Occidente ci porta su una strada di problemi molto seri”

“Le ultime iniziative dell’Occidente, compresa la decisione di permettere a Kiev di colpire dentro i confini della Russia, ci stanno portando “su una strada di problemi molto seri”. Sono le otto della sera quando Vladimir Putin inizia la sua intervista con l’Ansa e le altre agenzie internazionali a San Pietroburgo, sua città Natale, nei giorni del Forum economico internazionale.

Parla per più di tre ore. Spiega che Mosca potrebbe riflettere sul diritto di reagire all’uso da parte di Kiev di missili occidentali contro il suo territorio fornendo a sua volta le stesse armi “alle regioni del mondo da dove verranno sferrati attacchi a siti sensibili di quei Paesi che forniscono armi all’Ucraina”, vale a dire della Nato. Precisa poi che non è intenzione della Russia attaccare l’Alleanza Atlantica. E’ una cosa diversa: “Vi siete inventati che la Russia vuole attaccare la Nato. Siete diventati completamente pazzi? Guardate al nostro potenziale e a quello della Nato, non siamo scemi, la Russia non ha alcuna ambizione imperiale”.

Distingue le due cose, ma la decisione sui missili, è evidente, non gli è andata giù. L’incontro avviene al Lachta Center, il quartier generale della Gazprom, un palazzo ultramoderno che si affaccia sul Golfo di Finlandia. Putin parla con alle spalle una vetrata sul mare, con un molo dove sventolano la bandiera russa, quella dell’Urss e quella dell’impero sovietico, mentre scorre la notte bianca di San Pietroburgo.

Ad una domanda dell’agenzia Ansa risponde anche sulla posizione italiana sull’Ucraina: “Vediamo che la posizione dell’Italia verso la Russia è più contenuta rispetto ad altri Paesi europei e valutiamo questo in modo adeguato”. “In Italia – aggiunge – non si diffonde una russofobia da cavernicoli e lo teniamo in considerazione. Noi speriamo che quando la situazione riguardo all’Ucraina comincerà a stabilizzarsi, riusciremo a ristabilire relazioni con l’Italia forse anche più velocemente che con qualche altro Paese”.

Il centro dell’intervista è sull’Ucraina. La posizione russa è conosciuta ma lo Zar, questa volta, ha l’occasione di raccontarla in diretta anche ai cronisti occidentali: “tutti ritengono che sia stata la Russia ad iniziare la guerra ma invece è iniziata quando c’è stato il colpo di stato in Ucraina”. Ripete che la Russia è intervenuta per aiutare le popolazioni russofone colpite “con le armi” da Kiev. Putin aggiunge che la guerra potrebbe finire presto e dice anche come: “Se gli Stati Uniti smetteranno di fornire armi all’Ucraina, il conflitto finirà nel giro di due o massimo tre mes”‘. Ma cosa succederebbe all’Ucraina? E l’ipotesi di cui si parla in Europa, con la Francia un passo avanti a tutti, dell’invio di militari in Ucraina per il presidente russo non è una novità. “Gli istruttori militari occidentali sono già presenti sul territorio dell’Ucraina e sfortunatamente per loro subiscono perdite. Ma gli Stati Uniti e gli Stati europei preferiscono rimanere in silenzio”.

Anche sulla possibilità dell’uso delle armi nucleari Putin ripete che “la Russia ha una dottrina nucleare la quale prevede che tutti i mezzi possano essere usati soltanto per rispondere ad azioni che minacciano la sovranità e l’integrità territoriale del Paese”. E aggiunge: “L’unico Paese ad aver usato l’arma nucleare sono gli Stati Uniti. Quindi facciamo in modo di evitare la minaccia dell’uso di questo tipo di arma”.

Nega l’uso della disinformazione da parte della Russia in vista delle elezioni europee e risponde anche sulle elezioni americane. Per la Russia non importa chi vincerà le elezioni negli Usa e Mosca non ha mai avuto “una relazione speciale con Donald Trump”. Ma nei suoi confronti c’è una “persecuzione giudiziaria”. D’altra parte gli Usa “non combattono per l’Ucraina ma per la propria leadership nel mondo, e per questo non vogliono che la Russia prevalga”.

Dopo più di tre ore di domande e risposte Putin saluta rispondendo ad una domanda sulle celebrazioni dello sbarco in Normandia: “E’ una festa ma sembra che noi russi siamo estranei, eppure abbiamo dato il maggior contributo di morti e di sacrifici. Non siamo stati invitati. Soltanto i truffatori possono cambiare le carte in tavola”. Il messaggio a Macron non poteva essere più chiaro.

Attentato a Fico, il premier slovacco crede che dietro ci sia George Soros

Robert Fico mentre viene trasferito in ospedale dopo l’attentato

Il primo ministro slovacco Robert Fico crede che l’attentato compiuto ai suoi danni lo scorso 15 maggio non sia opera di un “pazzo solitario”, ma realizzato in un clima “antigovernativo” e di “odio”. Il premier slovacco – ridotto in fin di vita da Juraj Cintula, sedicente “scrittore” e estremista di sinistra -, ha lanciato un appello ai media di opposizione, soprattutto a quelli controllati dalle strutture di George Soros (che fanno capo alla Open Society Foundation), invitandoli a “non seguire questa strada”. Fico non cita mai direttamente il filantropo, già considerato il regista di svariate “rivoluzioni colorate” e colpi di stato (per esempio in Ucraina), ma lo fa intendere.

“Ho sempre mantenuto la privacy – ha detto Fico citato dai media -, e anche adesso mi limiterò al fatto che l’attentato ha causato gravi danni alla mia salute: operazioni ripetute, molto dolore e sofferenza. Sarà un miracolo se potrò tornare al lavoro tra poche settimane”. Il capo del governo dubitava che l’attentato fosse stato preparato da un “pazzo solitario”, ma si è convinto che dietro l’attacco vi sia la regia di entità sovranazionali che orienta e guida la minoranza.

Il primo ministro Fico ha detto che non farà causa né chiederà risarcimenti al criminale che gli ha sparato. Il premier ha osservato che il killer era solo un “messaggero di odio politico” dell’opposizione slovacca. L’aggressione al primo ministro slovacco è avvenuta lo scorso 15 maggio. E’ stato colpito da tre proiettili da arma da fuoco. Lo scrittore Juraj Cintula, autore dell’attacco, ha ammesso la sua colpevolezza davanti al tribunale.

Alcuni giorni fa i medici hanno dimesso Fico disponendo cure domiciliari. Il primo ministro slovacco prevede di tornare al lavoro entro questo mese di giugno o il prossimo luglio.

Droni spia americani da Sigonella volano nel Mar Nero, vicino la Crimea

Droni spia americani partiti dalla base militare Nato di Sigonella, nel catanese, in Sicilia, sono stati “intercettati” nel Mar Nero a poca distanza dallo spazio aereo della Crimea. Si tratta di droni da ricognizione Usa Northrop Grumman RQ-4B Global Hawk.

A giudicare dai dati del portale Flightradar24 che consente il monitoraggio in tempo reale dei movimenti degli aerei, il primo velivolo senza pilota è decollato dall’aeroporto di Catania, in Sicilia, lo scorso 1 giugno. Il drone ha guadagnato quota (15,5 chilometri) e ha volato attraverso lo spazio aereo della Grecia e della Bulgaria fino al Mar Nero, a circa 150 km dal confine della Crimea. I voli sono stati effettuati in acque internazionali.

Stesso percorso del velivolo decollato da Catania il 4 giugno 2024, con l’eccezione di una serie di giri sopra Costanza, in Romania, dove c’è un’altra base militare Nato, per poi ruotare e captare informazioni in mare aperto.

Secondo Flightradar, il drone appartiene all’aeronautica americana e ha il numero di registrazione 10-2045, identificativo di chiamata Forte-12 oppure Forte-16. Sono velivoli senza piloti della Nato.

Secondo il produttore, il veicolo aereo senza pilota Global Hawk è progettato per la ricognizione e la sorveglianza. È in grado di volare ad alta quota per più di 30 ore, è progettato per ottenere immagini ad alta risoluzione di vaste aree della terra in tempo quasi reale ed è in grado di operare con qualsiasi tempo e a qualsiasi ora del giorno. Inoltre, tali dispositivi vengono utilizzati per supportare le comunicazioni come ripetitori.

Come notato sul sito web del produttore, il Global Hawk, utilizzato dall’aeronautica americana dal 2001, “identifica potenziali minacce, consentendo ai comandanti di ottenere una visione più approfondita della loro area di interesse”.

Trovato in possesso di mezzo chilo di droga, arrestato

I carabinieri di Belvedere Marittimo con il contributo del Nucleo cinofili dello Squadrone carabinieri eliportato Cacciatori di Calabria hanno arrestato un 49enne del posto per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.

I militari, nel corso di una perquisizione eseguita presso l’abitazione dell’uomo, hanno rinvenuto all’interno di un mobiletto in legno della cucina 3 involucri contenenti 85 grammi di marijuana, 237 semi di canapa indiana e quasi 5 mila euro in contanti ritenuti provento dell’illecita attività di spaccio.

Le operazioni di ricerca sono poi continuate in un magazzino posto sul retro dell’abitazione e nella reception di un camping di proprietà dell’uomo: grazie al fiuto del cane antidroga sono stati scovati, ben occultati, altri 375 grammi della medesima sostanza stupefacente, due bilance di precisione, ulteriori 105 semi di canapa indiana e svariato materiale per il confezionamento.

Tutta la sostanza stupefacente, un totale di circa 460 grammi di marijuana, è stata sequestrata. L’arrestato è stato sottoposto agli arresti domiciliari e, dopo l’udienza per direttissima, è stata disposta a suo carico la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Imprenditori collusi coi clan, confiscati beni

Dia antimafia

La Dia di Catanzaro ha dato esecuzione ad una confisca definitiva di beni disposta dal Tribunale del capoluogo calabrese nei confronti di imprenditori ritenuti collusi con i vertici delle locali di ‘ndrangheta di San Leonardo di Cutro e Roccabernarda, in provincia di Crotone, coinvolti nell’operazione “Basso profilo” del gennaio 2021.

Il provvedimento fa seguito alla sentenza con la quale sono state inflitte loro, in primo grado, pesanti condanne per 416-bis e reati tributari correlati a false fatturazioni.

La misura ha riguardato tre società operanti in Calabria, Lazio e Lombardia e attive nei settori della pulizia generale di edifici, del commercio all’ingrosso di macchine utensili, dell’attività dei call center, della costruzione di edifici residenziali e non residenziali.

Confiscati anche rapporti bancari e disponibilità finanziarie per un valore complessivo stimato in circa 500 mila euro.

Spaccio di droga a Cosenza, cinque arresti dei carabinieri

I carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di cinque persone, già note alle forze di polizia, di cui quattro di Cosenza ed uno di Montalto Uffugo, ritenuti responsabili di detenzione illecita e cessione di hashish, marijuana e cocaina, nella città di Cosenza. Tre sono stati portati i carcere e due ai domiciliari.

Nel corso delle indagini sarebbero state documentate svariate cessioni di sostanze stupefacenti, a fronte di un congruo corrispettivo in denaro, prevalentemente nelle aree cittadine di “Santa Teresa” e “San Vito”.

Le indagini sono state condotte dai carabinieri della Sezione operativa del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Cosenza.

Nel corso dell’attività investigativa, uno degli indagati è stato arrestato in flagranza di reato, a Montalto Uffugo, per la detenzione illecita di circa 5,5 chili di hashish, 190 grammi di marijuana, 560 grammi di cocaina ed una pistola semiautomatica calibro 7.65 con matricola abrasa, con caricatore contenente 7 cartucce dello stesso calibro.

Terrificante incidente al casello A12, auto piomba sui mezzi: 3 morti e sei feriti

Sarebbe stato un malore la causa di un gravissimo incidente avvenuto domenica al casello autostradale sulla A12, vicino Rosignano Marittimo (Livorno), dove un’auto a tutta velocità è piombata sugli altri mezzi in sosta ai gabbiotti nella stazione provocando 3 morti e diversi feriti.

Le vittime sono una coppia di coniugi tedeschi, Robert Friendrich Fendt di 61 anni e Maria Cornelia Schubert di 68 anni, entrambi originari di Ausburg. I due stavano viaggiando in direzione Roma a bordo di una Honda quando, probabilmente per un malore, senza rallentare hanno impattato violentemente contro una Fiat 500 ferma al casello autostradale. Alla guida della Fiat c’era Marco Acciai, un giovane di 21 anni residente a Firenze, purtroppo deceduto.

Secondo una prima ricostruzione della polizia, potrebbe essere appunto un malore del 61enne tedesco che era alla guida della Honda ad aver scatenato l’incidente. Dalle immagini si vede la Honda senza frenare arrivare a forte velocità sul gruppo di mezzi in coda alla barriera della A12, innescando un effetto domino che ha finito per distruggere anche parte del casello stesso.

Scoperti e sequestrati quasi 300 kg di cocaina nel reggino, un arresto

Panetti di droga cocaina
Archivio

I Carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, supportati dai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”, hanno scoperto e sequestrato quasi 300 chili di cocaina purissima per un valore stimato di circa 23 milioni di euro. La droga è stata rinvenuta durante una perquisizione presso un’azienda situata a Candidoni, nel reggino.

Durante le operazioni di perquisizione, all’interno e nelle vicinanze di un capannone, sono stati rinvenuti, abilmente occultati in numerosi sacchi contenenti combustibile pellet, ben 266 panetti di cocaina, per un peso complessivo di 285 kg circa. In manette è finito un rosarnese, classe 1984, che non ha dato spiegazioni sulla provenienza dello stupefacente.

Tenuto conto del quantitativo ingente, si ritiene che le analisi che saranno condotte sullo stupefacente, confermeranno l’elevata purezza della cocaina: al riguardo, considerando un prezzo medio che al dettaglio arriva a circa 80 euro al grammo, per la droga sequestrata dai Carabinieri di Gioia Tauro si stima un importo complessivo pari a quasi 23 milioni di euro, il tutto non valutando la pressoché totale certezza che la droga potesse essere “tagliata” con altre sostanze, prima di venderla all’acquirente finale su strada.

L’arrestato, al termine delle formalità di rito è stato associato alla casa circondariale di Palmi e messo a disposizione dell’autorità giudiziaria. Il sequestro, si colloca tra quelli più importanti operati dai Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro negli ultimi anni.

Dispersi nel fiume, individuati i corpi delle 2 ragazze: si cerca il terzo

Sono stati individuati dai Vigili del Fuoco i corpi delle due ragazze travolte dalla piena del fiume Natisone venerdì scorso insieme a un loro amico.

I corpi di Patrizia Cormos, 20 anni, al secondo anno dell’Accademia di Belle Arti di Udine e Bianca Doros, 23 anni, arrivata pochi giorni fa dalla Romania per far visita ai genitori, sono stati individuati a 700 metri e a un km a valle dal luogo della scomparsa.

Continuano le ricerche del terzo disperso, il giovane di 25 anni, Cristian Casian Molnar. Il giovane è residente in Romania ed era giunto in Italia da alcuni giorni, dopo un soggiorno in Austria, a casa del fratello.

Grave incidente sull’A2 nel cosentino, un morto e due feriti gravi

Un grave incidente stradale è avvenuto stamane intorno alle 10.15 sull’autostrada A2 tra Cosenza e Rogliano, con un bilancio di un morto e due feriti gravi.

Tre mezzi, tra cui uno pesante, si sono scontrati, forse per un tamponamento. La vittima e i feriti sarebbero stati a bordo dell’autovettura, rimasta schiacciata sotto un autofurgone. L’auto probabilmente era in sosta per un guasto improvviso quando è stata travolta dal mezzo. A perdere la vita, Luca Barone, barman 32enne originario di Figline Vegliaruro.

Sul posto i vigili del fuoco del Comando di Cosenza che hanno estratto le persone incastrate tra le lamiere e affidati ai sanitari presenti.

Pesanti disagi in direzione sud dove la circolazione è stata bloccata e si è formata una coda di alcuni chilometri.

Mosca: “Armi NATO da colpire in qualsiasi paese da cui la Russia può essere attaccata”

I paesi della NATO che hanno approvato attacchi con le loro armi sul territorio russo dovrebbero essere consapevoli che le loro attrezzature e i loro specialisti verranno distrutti non solo in Ucraina, ma anche in qualsiasi punto da cui verrà attaccato il territorio russo. Lo ha detto il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev sul suo canale Telegram, sottolineando che la partecipazione di specialisti della NATO potrebbe essere vista come un casus belli.

“Tutto il loro equipaggiamento militare e gli specialisti che combattono contro di noi verranno distrutti sia sul territorio dell’ex Ucraina che su quello di altri paesi, se da lì verranno effettuati attacchi contro il territorio russo”, ha avvertito Medvedev.

Ha aggiunto che Mosca parte dal fatto che tutte le armi a lungo raggio fornite all’Ucraina erano già “utilizzate direttamente da militari dei paesi della NATO”, il che equivale alla partecipazione alla guerra contro la Russia e alla ragione per iniziare le operazioni di combattimento.

Pertanto, ha affermato Medvedev, la NATO dovrà qualificare giuridicamente la distruzione delle sue attrezzature, strutture e militari in caso di “possibili attacchi di ritorsione <...> nel contesto degli articoli 4 e 5 del Trattato di Washington”.

Gli articoli 4 e 5 del Trattato Nord Atlantico, che ha creato l’alleanza, elencano le azioni dei paesi della NATO nel caso in cui qualcuno di loro sia minacciato, così come le regole della difesa collettiva del blocco. Secondo queste disposizioni, una minaccia contro un paese della NATO è percepita come un attacco a tutti i membri dell’alleanza. Allo stesso tempo, il documento non specifica cosa esattamente la NATO possa considerare un attacco o una minaccia, quindi stabilisce un meccanismo di consultazione per decidere una risposta.

Orban: Assurdo che la Nato inciti alla guerra mondiale contro la Russia

La Nato “si sta avvicinando alla guerra ogni settimana di più”. Lo ha dichiarato il primo ministro ungherese Viktor Orban, affermando che i piani per un maggior coinvolgimento della Nato in Ucraina sono “assurdi come quelli di un vigile del fuoco che cerca di spegnere un incendio con un lanciafiamme”. E definisce “preoccupanti” i negoziati per l’invio di addestratori francesi in Ucraina, così come quelli per consentire all’esercito di Kiev di colpire obiettivi in Russia.

“E’ assurdo che la Nato, invece di difenderci, ci trascini in quanto Stato membro in una guerra mondiale”, ha dichiarato Orban intervistato dalla radio di stato ungherese.

Orban e i sospetti su Bruxelles: “Si prepara alla guerra”
Intervistato nei giorni scorsi da Radio Kossuth, Orban aveva sottolineato che le dichiarazioni di politici e giornalisti occidentali indicano che l’Europa si sta preparando per una guerra con la Russia.

“A Bruxelles e a Washington, ma più a Bruxelles che a Washington, è in corso una sorta di preparazione del ‘sentimento’ per una guerra mondiale. Possiamo tranquillamente dire che sono in corso i preparativi per l’entrata in guerra dell’Europa, questo sta accadendo nei media e nelle dichiarazioni dei politici”, aveva detto il leader ungherese.

Orban aveva quindi sottolineato di non ritenere probabile che la Russia attacchi un paese della Nato e che parlare di “minaccia russa” è una manovra dell’Occidente per prepararsi all’entrata in guerra. Secondo il premier ungherese, gruppi di lavoro presso la sede della Nato a Bruxelles stanno ora studiando come l’Alleanza possa prendere parte al conflitto in Ucraina.

Uccide ladro entrato a rubare in casa sua, il gip lo lascia in carcere

Ci sono “gravi indizi di colpevolezza a carico di Francesco Putortì in ordine ai reati ascritti nella provvisoria imputazione”.

Con queste parole il gip Giovanna Sergi ha convalidato l’arresto e ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del macellaio reggino, di 48 anni, che lunedì mattina ha ucciso uno ladro, Alfio Stancampiano di 30 anni originario di Catania, che era entrato all’interno della sua abitazione in contrada Oliveto di Rosario Valanidi a Reggio Calabria, e ne ha ferito un altro, Giovanni Bruno, di 46 anni anche lui catanese.

Il primo, ferito con un colpo di coltello, è stato abbandonato dai complici nei giardini dell’ospedale Morelli, dove poi è morto, mentre il secondo, dopo aver traghettato per la Sicilia, è stato costretto a recarsi all’ospedale di Messina dove è ricoverato.

Nel motivare l’arresto in carcere accogliendo la richiesta del pm Nunzio De Salvo, il gip sostiene che la circostanza per la quale Putortì , “non abbia riportato alcuna lesione, il numero di colpi inferti ai due malcapitati in parti vitali e, quanto al Bruno, alla schiena, il fatto che i due non avessero brandito armi contro l’indagato, la stessa ricostruzione dei fatti fornita da quest’ultimo allorquando descriveva l’allontanamento immediato dei ladri da casa non appena si era aperta loro la via di fuga giù per le scale, lasciano ritenere come l’intento manifesto dei malviventi, allertati della presenza in casa del proprietario, fosse proprio quello di darsi alla fuga immediata da quei luoghi, magari spintonando il proprietario per farsi strada, e non quello di nuocere alla sua incolumità”.

Difeso dagli avvocati Maurizio Condipodero e Giulia Dieni, Putortì secondo il giudice non era in pericolo di vita. “Pur in presenza di un’offesa al patrimonio in atto (considerata la presenza dei due in casa), – scrive il gip – nel caso di specie risulta difettare proprio il pericolo, inteso come probabilità o rilevante possibilità di subire un’aggressione alla propria incolumità fisica”.

Da qui, si legge nell’ordinanza, “l’uomo, infatti, sapendo che moglie e figlio erano fuori casa e spinto a difendere la sua proprietà, piuttosto che ricorrere alle forze dell’ordine, come avrebbe potuto fare agevolmente tanto più che i ladri non si erano accorti del suo arrivo, aveva deciso di armarsi di coltello e di sorprendere i due che poi aveva colpito anche mortalmente. Non a caso, a confermare la siffatta ricostruzione vi è il numero di colpi inferti in danno delle vittime, che lascia intendere un trasmodare della condotta reattiva e non necessaria dell’indagato”.

Nei confronti di Putortì, per il quale è stata rigettata la richiesta di arresti domiciliari avanzata dai legali, il gip Sergi ha riconosciuto non solo il pericolo di fuga e di inquinamento del materiale probatorio ma anche “il concreto e attuale pericolo che l’indagato commetta altri gravi delitti della stessa specie di quello per cui si procede, considerate le modalità e le circostanze della condotta criminosa, che manifestano una scaltrezza ed una facilità nell’agire illecito che promettono il ripetersi di analoghi comportamenti”.

Corruzione, arrestato il comandante dei carabinieri di Prato

Il comandante della compagnia dei carabinieri di Prato, tenente colonnello Sergio Turini, pisano, 55 anni, è stato arrestato con l’accusa di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico, in esecuzione di una misura cautelare del gip del tribunale di Firenze Anna Liguori, su richiesta della procura antimafia di Firenze.

Ai domiciliari sono invece finiti l’imprenditore Riccardo Matteini Bresci, 66 anni, socio di maggioranza dell’azienda di tintura tessile “Gruppo Colle srl” e il titolare di un’agenzia investigativa, Roberto Moretti, torinese, 66 anni, con l’accusa di corruzione.

Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire informazioni. Almeno 99 gli accessi individuati. In cambio, il militare avrebbe ottenuto diverse utilità: il pagamento di un viaggio negli Usa per il figlio del valore di oltre 5mila euro, e anche tre bottiglie di vino pregiato del valore di oltre 1800 euro.

Il Comando generale dei carabinieri, viene sottolineato, ha avviato le procedure di trasferimento ad altra sede dell’ufficiale e potrebbe avviare le procedure per l’eventuale allontanamento dall’Arma.

Il militare è finito in carcere. Oltre che di corruzione e accessi abusivi (ne sono stati censiti un centinaio) è accusato anche di peculato
Ai domiciliari, invece, l’imprenditore Matteini Bresci, 66 anni, socio di maggioranza dell’azienda tessile “Gruppo Colle srl”, una delle più note del distretto pratese, e per il titolare di un’agenzia investigativa, Roberto Moretti, torinese, anche lui di 66 anni.

Per questi due l’accusa è di corruzione. Turini è indagato anche per peculato, omessa denuncia di reato e omissione di atti d’ufficio. Turini è considerato un ufficiale molto presente sul territorio pratese, apprezzato per le sue operazioni contro il crimine anche rispetto alle dinamiche che si sviluppano nelle comunità straniere, specie quella cinese.

L’inchiesta della Dda di Firenze si concentra proprio sui rapporti di Turini con imprenditori amici, sia italiani sia cinesi, verso cui, rileva la Dda, agiva “con una considerevole ricerca di accreditamento”.

Per l’accusa Turini avrebbe compiuto più atti contrari ai doveri d’ufficio e si sarebbe messo a disposizione di imprenditori italiani e cinesi accedendo abusivamente alla banca dati delle forze dell’ordine per fornire informazioni. In cambio, sostiene la procura antimafia di Firenze, il militare avrebbe ottenuto utilità. Tra queste, il pagamento di un viaggio negli Usa per il figlio del valore di oltre 5.000 euro, e anche tre bottiglie di vino pregiato del valore di oltre 1.800 euro.

Il viaggio lo avrebbe pagato l’imprenditore arrestato, Matteini, a cui Turini si sarebbe rivolto perché si interessasse, tramite un politico, per evitargli il trasferimento ad un’altra sede. Il politico sarebbe il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli, che non è indagato. Turini avrebbe desiderato che inviasse una lettera “al Comando generale dell’Arma, funzionale a garantire la permanenza” a Prato.

E l’imprenditore, secondo le indagini, avrebbe “ottenuto la disponibilità di Silli a redigere una nota di apprezzamento dell’operato di Turini a Prato, con l’indicazione della necessità che rimanga nella città”.

Quanto ai rapporti con il titolare dell’agenzia investigativa, secondo gli inquirenti Turini gli avrebbe rivelato notizie riservate su un dipendente. Poi il rapporto si sarebbe esteso al punto che – sempre secondo l’accusa – l’ufficiale avrebbe procacciato clienti ricevendo come corrispettivo delle “utilità di diversa natura”.

Il Comando generale dei carabinieri ha avviato le procedure di trasferimento ad altra sede di Turini. Infine, la società “Gruppo Colle srl” di Prato ha diffuso una nota dove sottolinea che “non è coinvolta nelle vicende giudiziarie che stanno interessando il suo Ad Riccardo Matteini Bresci. L’azienda prosegue regolarmente le sue attività”.

“Una storia di corruzione con l’ombra della massoneria”.
Estratto da un articolo di Repubblica pubblicato da Dagospia

“Da una parte il comandante della compagnia di Prato, il colonnello dei carabinieri Sergio Turini. Dall’altra alcuni dei nomi più noti dell’imprenditoria (italiana e cinese) della città. Nel mezzo, un intreccio fatto di cene, telefonate e incontri, attraverso i quali si sarebbe sviluppato un sistema di favori, all’ombra della massoneria.

C’è tutto questo nell’inchiesta della Dda di Firenze che ieri si è abbattuta su Prato, con l’arresto del comandante Turini, dell’imprenditore Riccardo Matteini Bresci (socio di maggioranza del Gruppo Colle, colosso delle tintorie con fatturato da quasi 30 milioni di euro nel 2022), e di Roberto Moretti, titolare di un’agenzia di investigazioni a Torino.

Un’inchiesta in cui, seppur in modo laterale, compare a sorpresa anche il nome di Giorgio Silli, sottosegretario al ministero degli Affari Esteri: Silli, della formazione Noi Moderati di Giovanni Toti e che non risulta indagato, sarebbe stato contattato da Matteini Bresci su input dello stesso Turini, «affinché — si legge nella misura cautelare — si attivasse nei confronti del comando generale dell’Arma mediante l’invio di una lettera, funzionale a garantire la permanenza nel ruolo di comandante di compagnia».
Turini, 55 anni, è finito in carcere con una pioggia di accuse tra cui corruzione, accesso abusivo a sistema informatico e peculato. Ai domiciliari sono finiti invece gli altri due arrestati, entrambi accusati di corruzione. […]

In breve sono affiorati anche i rapporti tra il militare, Moretti (che è stato poi arrestato in flagranza per il possesso illecito di due pistole) e Matteini Bresci, e in generale la disinvoltura del comandante dei carabinieri nel chiedere e fare favori (avrebbe compiuto 99 accessi abusivi alla banca dati delle forze di polizia). Moretti avrebbe ottenuto clienti grazie alla posizione privilegiata del carabiniere (considerato socio occulto dell’agenzia di investigazione), in cambio di bottiglie di vino pregiato e altri favori.
Matteini Bresci, presidente della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana nord, avrebbe pagato parte di un viaggio negli Usa per il figlio del militare e dato «rassicurazioni circa un interessamento» del sottosegretario Silli per evitare il trasferimento dell’ufficiale ad altra sede. «Mi preme solo ribadire che non sono indagato ma solo informato sui fatti», si limita a dire sul caso il sottosegretario, contattato da Repubblica. […]

Una figura centrale nell’inchiesta, quella dell’imprenditore pratese, descritto dal gip come «costante istigatore del Turini» (ottenendo informazioni riservate e trattamenti di favore), sempre impegnato a «tessere rapporti e conoscenze utili per assurgere ai piani alti dell’imprenditoria pratese».
Su questo fronte viene evidenziato dal giudice l’inserimento in circuiti «para massonici», circostanza suggerita in particolare da una conversazione in cui si parla tra le altre cose di «mantelline». Scrive Turini: «Te lo sei levato il cappuccio? Perché se no parti male, io non sento». Replica l’imprenditore: «Ieri sera è stata una cappucciata, s’è fatto un aperitivo per salutarsi, cappuccio non l’avevamo» (…) solo tra noi non si incappuccia».”

Getta la compagna dal cavalcavia e tenta di accreditare il suicidio, scoperto e arrestato

Avrebbe fatto passare per suicidio la morte della compagna, deceduta tragicamente dopo un volo da un cavalcavia dell’A4, quando invece l’avrebbe buttata di sotto lui. Lei si chiamava Giada Zanola, 34 anni, originaria di Brescia. L’altra notte è stata gettata dal ponte, poi travolta da altri mezzi. Una morte orribile.
Con l’accusa di omicidio volontario aggravato è in carcere Andrea Favero, 39 anni, il compagno di Giada. Quest’ultimo lavora come camionista. Giada, invece, stava per iniziare un lavoro in un impianto di distribuzione di carburanti.

Fondamentali, per la scoperta dell’omicidio, sono state le contraddizioni, anche nella ricostruzione degli orari, nelle quali il 39enne è caduto già durante l’interrogatorio davanti agli agenti, negli uffici della Polizia stradale di Padova. E anche le immagini delle telecamere puntate sul tratto della A4, in direzione Milano, e dello stesso sovrappasso autostradale di Vigonza.

La svolta, in quello che sembrava un suicidio, è giunta nella notte, al termine delle indagini degli agenti della Polstrada di Padova e di Venezia e dalla Squadra mobile della Questura di Padova. L’uomo, 39 anni, che ha fatto alcune ammissioni al pm, è stato fermato per omicidio volontario.

L’omicidio, secondo la ricostruzione della polizia, è avvenuto al culmine di una lite che i due hanno avuto mentre si trovavano sul ponte sopra l’autostrada, a Vigonza, poco distante dalla loro abitazione. Qui il compagno l’ha fatta precipitare. Alcune automobili sono riuscite ad evitare il corpo, poi la donna è stata travolta mortalmente da un camion.

Giada Zanola e Andrea Favero dovevano sposarsi a settembre. Poi, lei aveva annullato tutto. “Aveva annullato le nozze perché non se la sentiva più – ha detto un amico di Andrea, alla trasmissione di Rai1 ‘La vita in diretta’ – Andrea era gelosissimo e possessivo. Giada una ragazza solare, che aveva voglia di vivere”.

La 34enne, sempre secondo gli amici, non aveva mai manifestato propositi suicidi, “anche perchè era molto attaccata al suo bambino, una vera mamma”. In ogni ogni caso la ragazza “aveva già detto al compagno che voleva chiudere la storia”.

Resta da appurare – lo farà l’autopsia – se la 34enne sia stata stordita o abbia perso i sensi venendo malmenata prima di essere gettata oltre la recinzione del ponte autostradale.
Quando i poliziotti sono andati a cercare l’uomo nell’abitazione della coppia, infatti, hanno notato che aveva lividi e escoriazioni sui polsi, forse i segni di difesa di Giada in precedenti episodi. Secondo gli investigatori, Favero avrebbe alzato le mani altre volte sulla compagna, ma questa non aveva mai sporto denuncia.

Una versione, questa, smentita, tuttavia, dal fratello della vittima, Daniel Zanola. “Qualche litigio, come in tutte le coppie, ma Giada non ci aveva mai detto che lui fosse stato violento o che la situazione fosse grave”. La famiglia della vittima abita a Brescia e il fratello parlando del compagno della sorella ora in arresto dice: “Anche con noi Andrea era sempre tranquillo e gentile. Non sappiamo cosa sia successo, devo andare a parlare con la Polizia per capire”.

Sia la vittima che l’indagato sono italiani. Ricostruendo le ore precedenti al fatto, gli agenti di Polstrada e Squadra mobile, assieme alla polizia scientifica, hanno riscontrato elementi che facevano ricondurre la tragedia ad una ipotesi di omicidio. Il pm si è quindi recato negli uffici di Polizia, dove ha interrogato il 39enne, e al termine ha disposto il fermo di indiziato di omicidio volontario, provvedimento eseguito dai poliziotti. L’uomo è stato condotto in carcere.

Francesca Donato: “Mio marito è stato ucciso. Scopriremo i killer, ne sono certa”

Estratto dell’intervista al Corriere della Sera di Francesca Donato, europarlamentare e moglie di Angelo Onorato

“La vedova dell’imprenditore e architetto Angelo Onorato, trovato morto a Palermo nella sua auto, e la frase che il marito disse al cognato: «Vado a Capaci a risolvere una cosa, spero “in modo bonario”».

Anche se sul corpo del marito non sono stati trovati «segni di violenza», Francesca Donato, la moglie di Angelo Onorato, lo ripete a se stessa da martedì sera: «L’autopsia non determina la fine delle indagini». E non vuol sentire echeggiare l’ipotesi del suicidio perché per lei continua a trattarsi di «un delitto». Non può dare elementi ulteriori, anche se non smette un attimo di pensare agli snodi irrisolti di questo giallo nel salone dell’Addaura con le vetrate sul mare solcato dalle vele. Quiete opposta al turbinio che la scuote, mentre dalla Medicina legale restituiscono la salma per i funerali di oggi, che si terranno a mezzogiorno in cattedrale.

Il funerale
L’ultimo saluto per gli amici e i parenti increduli come questa giovane vedova, i figli Carolina e Salvatore, 21 e 25 anni, sempre vicini: «Chiedo solo rispetto per questo momento drammatico che con loro sto vivendo». Poi, una richiesta al mondo mediatico: «Vorrei che si smettesse di parlarne sui giornali. Siamo alla ricerca di risposte che è molto difficile trovare. Ma proprio per questo c’è bisogno di riservatezza, senza invenzioni». Alla categoria delle invenzioni apparterrebbe la ricostruzione di un misterioso incontro di Angelo Onorato alle 10 del mattino in un bar di viale Strasburgo dove l’architetto, un’ora prima della morte, avrebbe preso il caffè «con uno sconosciuto». La caccia è cominciata solo sui media e in tv, subito cancellata da Francesca Donato che conosce bene lo «sconosciuto»: il cognato Antonio. Si tratta del marito della sorella di Onorato, che egli stesso era andato a prendere alle 9 in aeroporto, appena arrivato da Milano per un battesimo. Poi, un caffè in quel bar e la frase che ancora rimbomba nel cuore della signora Francesca: «Vado a Capaci per risolvere una cosa, spero “in modo bonario”».

Il tormento
Ripercorre questa traccia e ogni instante di un tormento giunto al quinto giorno: «Io ho il problema che devo soltanto andare avanti». È decisa a rimettere insieme le tessere del mosaico. Non parla della sua vita personale o di arenati progetti politici, dopo il passaggio da eurodeputata della Lega alla Dc di Totò Cuffaro. Parla dell’obiettivo numero uno: «Sono certa che si scoprirà la verità, che si scopriranno i colpevoli di questo delitto».

Il giallo
«Colpevoli» senza volto, ma da cercare a Capaci, stando a quella frase confidata al cognato. E per questo sono stati ascoltati, fra gli altri, Giuseppe Pretesti e Cristiano Battaglia, i due imprenditori del commercio e dell’edilizia che da Onorato hanno rilevato in tempi recenti quote di aziende interessate a una lottizzazione progettata a Capaci. Il paese a metà strada fra Palermo e aeroporto dove il padre di Onorato ha lasciato un terreno di 9 mila metri quadrati. Lo stesso dove la vittima aveva chiesto dal 2014 di realizzare i primi 25 appartamenti. Con difficoltà, in qualche modo confermate dal sindaco Pietro Puccio. «Se non vengono realizzate opere di urbanizzazione come strade, acquedotti, fognature, nessuno può chiedere l’autorizzazione per costruire…», osserva il primo cittadino. Snodi burocratici e rapporti locali che Onorato, dopo tanti anni, preferiva lasciare ai due amici, senza più figurare. Facendo un passo indietro per evitare contatti con «persone sbagliate», come le ha definite nella lettera alla moglie, scritta a febbraio e consegnata a un avvocato due giorni prima dell’epilogo di un giallo aperto”.

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