6 Ottobre 2024

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Dispersi nel fiume, individuati i corpi delle 2 ragazze: si cerca il terzo

Sono stati individuati dai Vigili del Fuoco i corpi delle due ragazze travolte dalla piena del fiume Natisone venerdì scorso insieme a un loro amico.

I corpi di Patrizia Cormos, 20 anni, al secondo anno dell’Accademia di Belle Arti di Udine e Bianca Doros, 23 anni, arrivata pochi giorni fa dalla Romania per far visita ai genitori, sono stati individuati a 700 metri e a un km a valle dal luogo della scomparsa.

Continuano le ricerche del terzo disperso, il giovane di 25 anni, Cristian Casian Molnar. Il giovane è residente in Romania ed era giunto in Italia da alcuni giorni, dopo un soggiorno in Austria, a casa del fratello.

Grave incidente sull’A2 nel cosentino, un morto e due feriti gravi

Un grave incidente stradale è avvenuto stamane intorno alle 10.15 sull’autostrada A2 tra Cosenza e Rogliano, con un bilancio di un morto e due feriti gravi.

Tre mezzi, tra cui uno pesante, si sono scontrati, forse per un tamponamento. La vittima e i feriti sarebbero stati a bordo dell’autovettura, rimasta schiacciata sotto un autofurgone. L’auto probabilmente era in sosta per un guasto improvviso quando è stata travolta dal mezzo. A perdere la vita, Luca Barone, barman 32enne originario di Figline Vegliaruro.

Sul posto i vigili del fuoco del Comando di Cosenza che hanno estratto le persone incastrate tra le lamiere e affidati ai sanitari presenti.

Pesanti disagi in direzione sud dove la circolazione è stata bloccata e si è formata una coda di alcuni chilometri.

Mosca: “Armi NATO da colpire in qualsiasi paese da cui la Russia può essere attaccata”

I paesi della NATO che hanno approvato attacchi con le loro armi sul territorio russo dovrebbero essere consapevoli che le loro attrezzature e i loro specialisti verranno distrutti non solo in Ucraina, ma anche in qualsiasi punto da cui verrà attaccato il territorio russo. Lo ha detto il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev sul suo canale Telegram, sottolineando che la partecipazione di specialisti della NATO potrebbe essere vista come un casus belli.

“Tutto il loro equipaggiamento militare e gli specialisti che combattono contro di noi verranno distrutti sia sul territorio dell’ex Ucraina che su quello di altri paesi, se da lì verranno effettuati attacchi contro il territorio russo”, ha avvertito Medvedev.

Ha aggiunto che Mosca parte dal fatto che tutte le armi a lungo raggio fornite all’Ucraina erano già “utilizzate direttamente da militari dei paesi della NATO”, il che equivale alla partecipazione alla guerra contro la Russia e alla ragione per iniziare le operazioni di combattimento.

Pertanto, ha affermato Medvedev, la NATO dovrà qualificare giuridicamente la distruzione delle sue attrezzature, strutture e militari in caso di “possibili attacchi di ritorsione <...> nel contesto degli articoli 4 e 5 del Trattato di Washington”.

Gli articoli 4 e 5 del Trattato Nord Atlantico, che ha creato l’alleanza, elencano le azioni dei paesi della NATO nel caso in cui qualcuno di loro sia minacciato, così come le regole della difesa collettiva del blocco. Secondo queste disposizioni, una minaccia contro un paese della NATO è percepita come un attacco a tutti i membri dell’alleanza. Allo stesso tempo, il documento non specifica cosa esattamente la NATO possa considerare un attacco o una minaccia, quindi stabilisce un meccanismo di consultazione per decidere una risposta.

Orban: Assurdo che la Nato inciti alla guerra mondiale contro la Russia

La Nato “si sta avvicinando alla guerra ogni settimana di più”. Lo ha dichiarato il primo ministro ungherese Viktor Orban, affermando che i piani per un maggior coinvolgimento della Nato in Ucraina sono “assurdi come quelli di un vigile del fuoco che cerca di spegnere un incendio con un lanciafiamme”. E definisce “preoccupanti” i negoziati per l’invio di addestratori francesi in Ucraina, così come quelli per consentire all’esercito di Kiev di colpire obiettivi in Russia.

“E’ assurdo che la Nato, invece di difenderci, ci trascini in quanto Stato membro in una guerra mondiale”, ha dichiarato Orban intervistato dalla radio di stato ungherese.

Orban e i sospetti su Bruxelles: “Si prepara alla guerra”
Intervistato nei giorni scorsi da Radio Kossuth, Orban aveva sottolineato che le dichiarazioni di politici e giornalisti occidentali indicano che l’Europa si sta preparando per una guerra con la Russia.

“A Bruxelles e a Washington, ma più a Bruxelles che a Washington, è in corso una sorta di preparazione del ‘sentimento’ per una guerra mondiale. Possiamo tranquillamente dire che sono in corso i preparativi per l’entrata in guerra dell’Europa, questo sta accadendo nei media e nelle dichiarazioni dei politici”, aveva detto il leader ungherese.

Orban aveva quindi sottolineato di non ritenere probabile che la Russia attacchi un paese della Nato e che parlare di “minaccia russa” è una manovra dell’Occidente per prepararsi all’entrata in guerra. Secondo il premier ungherese, gruppi di lavoro presso la sede della Nato a Bruxelles stanno ora studiando come l’Alleanza possa prendere parte al conflitto in Ucraina.

Uccide ladro entrato a rubare in casa sua, il gip lo lascia in carcere

Ci sono “gravi indizi di colpevolezza a carico di Francesco Putortì in ordine ai reati ascritti nella provvisoria imputazione”.

Con queste parole il gip Giovanna Sergi ha convalidato l’arresto e ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del macellaio reggino, di 48 anni, che lunedì mattina ha ucciso uno ladro, Alfio Stancampiano di 30 anni originario di Catania, che era entrato all’interno della sua abitazione in contrada Oliveto di Rosario Valanidi a Reggio Calabria, e ne ha ferito un altro, Giovanni Bruno, di 46 anni anche lui catanese.

Il primo, ferito con un colpo di coltello, è stato abbandonato dai complici nei giardini dell’ospedale Morelli, dove poi è morto, mentre il secondo, dopo aver traghettato per la Sicilia, è stato costretto a recarsi all’ospedale di Messina dove è ricoverato.

Nel motivare l’arresto in carcere accogliendo la richiesta del pm Nunzio De Salvo, il gip sostiene che la circostanza per la quale Putortì , “non abbia riportato alcuna lesione, il numero di colpi inferti ai due malcapitati in parti vitali e, quanto al Bruno, alla schiena, il fatto che i due non avessero brandito armi contro l’indagato, la stessa ricostruzione dei fatti fornita da quest’ultimo allorquando descriveva l’allontanamento immediato dei ladri da casa non appena si era aperta loro la via di fuga giù per le scale, lasciano ritenere come l’intento manifesto dei malviventi, allertati della presenza in casa del proprietario, fosse proprio quello di darsi alla fuga immediata da quei luoghi, magari spintonando il proprietario per farsi strada, e non quello di nuocere alla sua incolumità”.

Difeso dagli avvocati Maurizio Condipodero e Giulia Dieni, Putortì secondo il giudice non era in pericolo di vita. “Pur in presenza di un’offesa al patrimonio in atto (considerata la presenza dei due in casa), – scrive il gip – nel caso di specie risulta difettare proprio il pericolo, inteso come probabilità o rilevante possibilità di subire un’aggressione alla propria incolumità fisica”.

Da qui, si legge nell’ordinanza, “l’uomo, infatti, sapendo che moglie e figlio erano fuori casa e spinto a difendere la sua proprietà, piuttosto che ricorrere alle forze dell’ordine, come avrebbe potuto fare agevolmente tanto più che i ladri non si erano accorti del suo arrivo, aveva deciso di armarsi di coltello e di sorprendere i due che poi aveva colpito anche mortalmente. Non a caso, a confermare la siffatta ricostruzione vi è il numero di colpi inferti in danno delle vittime, che lascia intendere un trasmodare della condotta reattiva e non necessaria dell’indagato”.

Nei confronti di Putortì, per il quale è stata rigettata la richiesta di arresti domiciliari avanzata dai legali, il gip Sergi ha riconosciuto non solo il pericolo di fuga e di inquinamento del materiale probatorio ma anche “il concreto e attuale pericolo che l’indagato commetta altri gravi delitti della stessa specie di quello per cui si procede, considerate le modalità e le circostanze della condotta criminosa, che manifestano una scaltrezza ed una facilità nell’agire illecito che promettono il ripetersi di analoghi comportamenti”.

Corruzione, arrestato il comandante dei carabinieri di Prato

Il comandante della compagnia dei carabinieri di Prato, tenente colonnello Sergio Turini, pisano, 55 anni, è stato arrestato con l’accusa di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico, in esecuzione di una misura cautelare del gip del tribunale di Firenze Anna Liguori, su richiesta della procura antimafia di Firenze.

Ai domiciliari sono invece finiti l’imprenditore Riccardo Matteini Bresci, 66 anni, socio di maggioranza dell’azienda di tintura tessile “Gruppo Colle srl” e il titolare di un’agenzia investigativa, Roberto Moretti, torinese, 66 anni, con l’accusa di corruzione.

Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire informazioni. Almeno 99 gli accessi individuati. In cambio, il militare avrebbe ottenuto diverse utilità: il pagamento di un viaggio negli Usa per il figlio del valore di oltre 5mila euro, e anche tre bottiglie di vino pregiato del valore di oltre 1800 euro.

Il Comando generale dei carabinieri, viene sottolineato, ha avviato le procedure di trasferimento ad altra sede dell’ufficiale e potrebbe avviare le procedure per l’eventuale allontanamento dall’Arma.

Il militare è finito in carcere. Oltre che di corruzione e accessi abusivi (ne sono stati censiti un centinaio) è accusato anche di peculato
Ai domiciliari, invece, l’imprenditore Matteini Bresci, 66 anni, socio di maggioranza dell’azienda tessile “Gruppo Colle srl”, una delle più note del distretto pratese, e per il titolare di un’agenzia investigativa, Roberto Moretti, torinese, anche lui di 66 anni.

Per questi due l’accusa è di corruzione. Turini è indagato anche per peculato, omessa denuncia di reato e omissione di atti d’ufficio. Turini è considerato un ufficiale molto presente sul territorio pratese, apprezzato per le sue operazioni contro il crimine anche rispetto alle dinamiche che si sviluppano nelle comunità straniere, specie quella cinese.

L’inchiesta della Dda di Firenze si concentra proprio sui rapporti di Turini con imprenditori amici, sia italiani sia cinesi, verso cui, rileva la Dda, agiva “con una considerevole ricerca di accreditamento”.

Per l’accusa Turini avrebbe compiuto più atti contrari ai doveri d’ufficio e si sarebbe messo a disposizione di imprenditori italiani e cinesi accedendo abusivamente alla banca dati delle forze dell’ordine per fornire informazioni. In cambio, sostiene la procura antimafia di Firenze, il militare avrebbe ottenuto utilità. Tra queste, il pagamento di un viaggio negli Usa per il figlio del valore di oltre 5.000 euro, e anche tre bottiglie di vino pregiato del valore di oltre 1.800 euro.

Il viaggio lo avrebbe pagato l’imprenditore arrestato, Matteini, a cui Turini si sarebbe rivolto perché si interessasse, tramite un politico, per evitargli il trasferimento ad un’altra sede. Il politico sarebbe il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli, che non è indagato. Turini avrebbe desiderato che inviasse una lettera “al Comando generale dell’Arma, funzionale a garantire la permanenza” a Prato.

E l’imprenditore, secondo le indagini, avrebbe “ottenuto la disponibilità di Silli a redigere una nota di apprezzamento dell’operato di Turini a Prato, con l’indicazione della necessità che rimanga nella città”.

Quanto ai rapporti con il titolare dell’agenzia investigativa, secondo gli inquirenti Turini gli avrebbe rivelato notizie riservate su un dipendente. Poi il rapporto si sarebbe esteso al punto che – sempre secondo l’accusa – l’ufficiale avrebbe procacciato clienti ricevendo come corrispettivo delle “utilità di diversa natura”.

Il Comando generale dei carabinieri ha avviato le procedure di trasferimento ad altra sede di Turini. Infine, la società “Gruppo Colle srl” di Prato ha diffuso una nota dove sottolinea che “non è coinvolta nelle vicende giudiziarie che stanno interessando il suo Ad Riccardo Matteini Bresci. L’azienda prosegue regolarmente le sue attività”.

“Una storia di corruzione con l’ombra della massoneria”.
Estratto da un articolo di Repubblica pubblicato da Dagospia

“Da una parte il comandante della compagnia di Prato, il colonnello dei carabinieri Sergio Turini. Dall’altra alcuni dei nomi più noti dell’imprenditoria (italiana e cinese) della città. Nel mezzo, un intreccio fatto di cene, telefonate e incontri, attraverso i quali si sarebbe sviluppato un sistema di favori, all’ombra della massoneria.

C’è tutto questo nell’inchiesta della Dda di Firenze che ieri si è abbattuta su Prato, con l’arresto del comandante Turini, dell’imprenditore Riccardo Matteini Bresci (socio di maggioranza del Gruppo Colle, colosso delle tintorie con fatturato da quasi 30 milioni di euro nel 2022), e di Roberto Moretti, titolare di un’agenzia di investigazioni a Torino.

Un’inchiesta in cui, seppur in modo laterale, compare a sorpresa anche il nome di Giorgio Silli, sottosegretario al ministero degli Affari Esteri: Silli, della formazione Noi Moderati di Giovanni Toti e che non risulta indagato, sarebbe stato contattato da Matteini Bresci su input dello stesso Turini, «affinché — si legge nella misura cautelare — si attivasse nei confronti del comando generale dell’Arma mediante l’invio di una lettera, funzionale a garantire la permanenza nel ruolo di comandante di compagnia».
Turini, 55 anni, è finito in carcere con una pioggia di accuse tra cui corruzione, accesso abusivo a sistema informatico e peculato. Ai domiciliari sono finiti invece gli altri due arrestati, entrambi accusati di corruzione. […]

In breve sono affiorati anche i rapporti tra il militare, Moretti (che è stato poi arrestato in flagranza per il possesso illecito di due pistole) e Matteini Bresci, e in generale la disinvoltura del comandante dei carabinieri nel chiedere e fare favori (avrebbe compiuto 99 accessi abusivi alla banca dati delle forze di polizia). Moretti avrebbe ottenuto clienti grazie alla posizione privilegiata del carabiniere (considerato socio occulto dell’agenzia di investigazione), in cambio di bottiglie di vino pregiato e altri favori.
Matteini Bresci, presidente della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana nord, avrebbe pagato parte di un viaggio negli Usa per il figlio del militare e dato «rassicurazioni circa un interessamento» del sottosegretario Silli per evitare il trasferimento dell’ufficiale ad altra sede. «Mi preme solo ribadire che non sono indagato ma solo informato sui fatti», si limita a dire sul caso il sottosegretario, contattato da Repubblica. […]

Una figura centrale nell’inchiesta, quella dell’imprenditore pratese, descritto dal gip come «costante istigatore del Turini» (ottenendo informazioni riservate e trattamenti di favore), sempre impegnato a «tessere rapporti e conoscenze utili per assurgere ai piani alti dell’imprenditoria pratese».
Su questo fronte viene evidenziato dal giudice l’inserimento in circuiti «para massonici», circostanza suggerita in particolare da una conversazione in cui si parla tra le altre cose di «mantelline». Scrive Turini: «Te lo sei levato il cappuccio? Perché se no parti male, io non sento». Replica l’imprenditore: «Ieri sera è stata una cappucciata, s’è fatto un aperitivo per salutarsi, cappuccio non l’avevamo» (…) solo tra noi non si incappuccia».”

Getta la compagna dal cavalcavia e tenta di accreditare il suicidio, scoperto e arrestato

Avrebbe fatto passare per suicidio la morte della compagna, deceduta tragicamente dopo un volo da un cavalcavia dell’A4, quando invece l’avrebbe buttata di sotto lui. Lei si chiamava Giada Zanola, 34 anni, originaria di Brescia. L’altra notte è stata gettata dal ponte, poi travolta da altri mezzi. Una morte orribile.
Con l’accusa di omicidio volontario aggravato è in carcere Andrea Favero, 39 anni, il compagno di Giada. Quest’ultimo lavora come camionista. Giada, invece, stava per iniziare un lavoro in un impianto di distribuzione di carburanti.

Fondamentali, per la scoperta dell’omicidio, sono state le contraddizioni, anche nella ricostruzione degli orari, nelle quali il 39enne è caduto già durante l’interrogatorio davanti agli agenti, negli uffici della Polizia stradale di Padova. E anche le immagini delle telecamere puntate sul tratto della A4, in direzione Milano, e dello stesso sovrappasso autostradale di Vigonza.

La svolta, in quello che sembrava un suicidio, è giunta nella notte, al termine delle indagini degli agenti della Polstrada di Padova e di Venezia e dalla Squadra mobile della Questura di Padova. L’uomo, 39 anni, che ha fatto alcune ammissioni al pm, è stato fermato per omicidio volontario.

L’omicidio, secondo la ricostruzione della polizia, è avvenuto al culmine di una lite che i due hanno avuto mentre si trovavano sul ponte sopra l’autostrada, a Vigonza, poco distante dalla loro abitazione. Qui il compagno l’ha fatta precipitare. Alcune automobili sono riuscite ad evitare il corpo, poi la donna è stata travolta mortalmente da un camion.

Giada Zanola e Andrea Favero dovevano sposarsi a settembre. Poi, lei aveva annullato tutto. “Aveva annullato le nozze perché non se la sentiva più – ha detto un amico di Andrea, alla trasmissione di Rai1 ‘La vita in diretta’ – Andrea era gelosissimo e possessivo. Giada una ragazza solare, che aveva voglia di vivere”.

La 34enne, sempre secondo gli amici, non aveva mai manifestato propositi suicidi, “anche perchè era molto attaccata al suo bambino, una vera mamma”. In ogni ogni caso la ragazza “aveva già detto al compagno che voleva chiudere la storia”.

Resta da appurare – lo farà l’autopsia – se la 34enne sia stata stordita o abbia perso i sensi venendo malmenata prima di essere gettata oltre la recinzione del ponte autostradale.
Quando i poliziotti sono andati a cercare l’uomo nell’abitazione della coppia, infatti, hanno notato che aveva lividi e escoriazioni sui polsi, forse i segni di difesa di Giada in precedenti episodi. Secondo gli investigatori, Favero avrebbe alzato le mani altre volte sulla compagna, ma questa non aveva mai sporto denuncia.

Una versione, questa, smentita, tuttavia, dal fratello della vittima, Daniel Zanola. “Qualche litigio, come in tutte le coppie, ma Giada non ci aveva mai detto che lui fosse stato violento o che la situazione fosse grave”. La famiglia della vittima abita a Brescia e il fratello parlando del compagno della sorella ora in arresto dice: “Anche con noi Andrea era sempre tranquillo e gentile. Non sappiamo cosa sia successo, devo andare a parlare con la Polizia per capire”.

Sia la vittima che l’indagato sono italiani. Ricostruendo le ore precedenti al fatto, gli agenti di Polstrada e Squadra mobile, assieme alla polizia scientifica, hanno riscontrato elementi che facevano ricondurre la tragedia ad una ipotesi di omicidio. Il pm si è quindi recato negli uffici di Polizia, dove ha interrogato il 39enne, e al termine ha disposto il fermo di indiziato di omicidio volontario, provvedimento eseguito dai poliziotti. L’uomo è stato condotto in carcere.

Francesca Donato: “Mio marito è stato ucciso. Scopriremo i killer, ne sono certa”

Estratto dell’intervista al Corriere della Sera di Francesca Donato, europarlamentare e moglie di Angelo Onorato

“La vedova dell’imprenditore e architetto Angelo Onorato, trovato morto a Palermo nella sua auto, e la frase che il marito disse al cognato: «Vado a Capaci a risolvere una cosa, spero “in modo bonario”».

Anche se sul corpo del marito non sono stati trovati «segni di violenza», Francesca Donato, la moglie di Angelo Onorato, lo ripete a se stessa da martedì sera: «L’autopsia non determina la fine delle indagini». E non vuol sentire echeggiare l’ipotesi del suicidio perché per lei continua a trattarsi di «un delitto». Non può dare elementi ulteriori, anche se non smette un attimo di pensare agli snodi irrisolti di questo giallo nel salone dell’Addaura con le vetrate sul mare solcato dalle vele. Quiete opposta al turbinio che la scuote, mentre dalla Medicina legale restituiscono la salma per i funerali di oggi, che si terranno a mezzogiorno in cattedrale.

Il funerale
L’ultimo saluto per gli amici e i parenti increduli come questa giovane vedova, i figli Carolina e Salvatore, 21 e 25 anni, sempre vicini: «Chiedo solo rispetto per questo momento drammatico che con loro sto vivendo». Poi, una richiesta al mondo mediatico: «Vorrei che si smettesse di parlarne sui giornali. Siamo alla ricerca di risposte che è molto difficile trovare. Ma proprio per questo c’è bisogno di riservatezza, senza invenzioni». Alla categoria delle invenzioni apparterrebbe la ricostruzione di un misterioso incontro di Angelo Onorato alle 10 del mattino in un bar di viale Strasburgo dove l’architetto, un’ora prima della morte, avrebbe preso il caffè «con uno sconosciuto». La caccia è cominciata solo sui media e in tv, subito cancellata da Francesca Donato che conosce bene lo «sconosciuto»: il cognato Antonio. Si tratta del marito della sorella di Onorato, che egli stesso era andato a prendere alle 9 in aeroporto, appena arrivato da Milano per un battesimo. Poi, un caffè in quel bar e la frase che ancora rimbomba nel cuore della signora Francesca: «Vado a Capaci per risolvere una cosa, spero “in modo bonario”».

Il tormento
Ripercorre questa traccia e ogni instante di un tormento giunto al quinto giorno: «Io ho il problema che devo soltanto andare avanti». È decisa a rimettere insieme le tessere del mosaico. Non parla della sua vita personale o di arenati progetti politici, dopo il passaggio da eurodeputata della Lega alla Dc di Totò Cuffaro. Parla dell’obiettivo numero uno: «Sono certa che si scoprirà la verità, che si scopriranno i colpevoli di questo delitto».

Il giallo
«Colpevoli» senza volto, ma da cercare a Capaci, stando a quella frase confidata al cognato. E per questo sono stati ascoltati, fra gli altri, Giuseppe Pretesti e Cristiano Battaglia, i due imprenditori del commercio e dell’edilizia che da Onorato hanno rilevato in tempi recenti quote di aziende interessate a una lottizzazione progettata a Capaci. Il paese a metà strada fra Palermo e aeroporto dove il padre di Onorato ha lasciato un terreno di 9 mila metri quadrati. Lo stesso dove la vittima aveva chiesto dal 2014 di realizzare i primi 25 appartamenti. Con difficoltà, in qualche modo confermate dal sindaco Pietro Puccio. «Se non vengono realizzate opere di urbanizzazione come strade, acquedotti, fognature, nessuno può chiedere l’autorizzazione per costruire…», osserva il primo cittadino. Snodi burocratici e rapporti locali che Onorato, dopo tanti anni, preferiva lasciare ai due amici, senza più figurare. Facendo un passo indietro per evitare contatti con «persone sbagliate», come le ha definite nella lettera alla moglie, scritta a febbraio e consegnata a un avvocato due giorni prima dell’epilogo di un giallo aperto”.

Spacciavano droga anche a minorenni, tredici misure nel catanzarese

Tredici misure cautelari sono state notificate dai carabinieri ad altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e cessione di cocaina, hashish e marijuana.

Per quattro soggetti è stata disposta la misura dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza e di presentazione alla polizia giudiziaria; per gli altri nove è stata disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

I provvedimenti sono stati notificati a Guardavalle, Davoli, Isca sullo Ionio, Squillace, San Vito sullo Ionio, Catanzaro, Milano e Bologna, dai carabinieri della Compagnia di Soverato, supportati da quelli dei Comandi territorialmente competenti, al termine di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro.

L’inchiesta, svolta con intercettazioni telefoniche ed ambientali, e che ha portato a numerosi sequestri di droga oggetto di spaccio, avrebbe consentito di delineare la gravità indiziaria di più episodi di compravendita di sostanza stupefacente a Guardavalle e Catanzaro e con vendita al dettaglio nel soveratese in luoghi pubblici ed esercizi commerciali, anche a soggetti minorenni, con canali di approvvigionamento riconducibili ad appartenenti a soggetti di etnia rom della comunità di Catanzaro.

Dramma in Valtellina, tre finanzieri muoiono durante un’esercitazione

Tragedia in Valtellina oggi, dove tre militari della Guardia di Finanza sono morti durante un’esercitazione su una parete alpina nel territorio comunale di Val Masino, in provincia di Sondrio. Il dramma si è consumato sotto gli occhi di altri due finanzieri che prendevano parte all’esercitazione, ma in un’altra cordata. L’incidente è avvenuto poco prima delle 13.

Le vittime, tutte valtellinesi, Luca Piani, 33enne di Tirano, Simone Giacomelli, 24enne di Bormio e Alessandro Pozzi, 23enne di Santa Caterina Valfurva. Nelle specialità dei giovani militari
c’era quella dei soccorsi in montagna di escursionisti e turisti in pericolo o in difficoltà. Giacomelli e Pozzi, arruolati nelle Fiamme gialle soltanto nel 2022, prestavano servizio nella Stazione Sagf di Madesimo, guidata da Alessia Guanella, mentre Piani faceva parte della squadra del luogotenente Christian Maioglio nella caserma del capoluogo valtellinese.

Secondo quanto riportano le agenzie, i tre avrebbero fatto un volo nel vuoto di circa trenta metri che non ha lasciato loro scampo, mentre si trovavano sul cosiddetto Precipizio degli Asteroidi, nel territorio comunale di Val Masino (Sondrio).

I tre militari sarebbero caduti nel vuoto perché all’improvviso avrebbe ceduto uno sperone roccioso sul quale uno di loro poggiava i piedi, trascinando con sé nel vuoto gli altri due colleghi. Gli altri colleghi impotenti hanno visto la tragedia coi loro occhi. Erano su un’altra corda a scalare la parete rocciosa, abbastanza ripida.

Sarà ora l’inchiesta della Procura di Sondrio, diretta da Piero Basilone, a stabilire le esatte cause del drammatico incidente. Cordoglio unanime da parte delle istituzioni.

Villa, fermata la madre della 13enne che ha abbandonato il neonato

E’ stata fermata con l’accusa di infanticidio la madre della tredicenne che ha partorito il neonato il cui corpo senza vita è stato trovato domenica scorsa abbandonato tra gli scogli, all’interno di uno zaino, a Villa San Giovanni. Secondo quanto si è appreso, l’autopsia ha accertato che il neonato era nato vivo.

Le indagini di polizia e carabinieri, coordinate dalla Procura della Repubblica e dalla Procura per i minorenni di Reggio Calabria, hanno consentito di appurare che il neonato è stato soppresso, presumibilmente tramite soffocamento, pochi minuti dopo la nascita. Ed un ruolo attivo nella vicenda sarebbe stato svolto proprio dalla madre della tredicenne (e nonna del bambino), che si sarebbe anche adoperata per fare sparire il corpo del neonato.

Non si sa, al momento, se nell’inchiesta ci sono altri indagati. Si è appreso, comunque, che il padre della tredicenne è estraneo alla vicenda perché da alcuni anni vive in Toscana e non è coinvolto dunque nei fatti. Nulla si sa, inoltre, riguardo l’identità del padre del neonato, che, almeno per il momento, non sarebbe stata accertata.

Auto sbanda e finisce in un fossato, 2 feriti di cui uno grave

È di due feriti di cui uno in gravi condizioni il bilancio di un incidente stradale autonomo avvenuto sulla strada statale 110 nel comune di Lattarico, nel cosentino.

Per cause in corso di accertamento l’auto, dalle prime informazioni autonomamente, sarebbe sbandata finendo in un fossato. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco di Rende che hanno provveduto a estrarre dall’abitacolo gli occupanti per consegnarli ai sanitari del 118. Il primo è stato trasportato in ospedale con l’ambulanza, per il più grave è stato necessario lintervento dell’elisoccorso.
Sul posto anche le forze dell’ordine per i rilievi del caso.

La statale 110 nel tratto interessato dal sinistro è stato completamente chiusa al transito sino al termine delle operazioni di soccorso.

Trema ancora il Crotonese, scossa di magnitudo 4.0 a Cirò

terremoto Cirò 29-5-2024

Ancora scosse di terremoto nel Crotonese. Un nuovo sisma di magnitudo 4.0 della scala Richter è stato registrato alle 14.07 di oggi 29 maggio a pochi chilomotri da Cirò, più o meno nella stessa zona dove pochi giorni fa si era verificato un evento di analoga intensità, scossa che fortunatamente non aveva provocato danni ma tanta paura per la popolazione.

Il terremoto di oggi, informa la sala sismica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), è stato registrato a una profondità di oltre 23 chilometri e ha interessato diversi comuni tra le province di Crotone e Cosenza.

Al momento non si hanno notizie di eventuali danni a cose o persone. Il sisma, come quello dei giorni scorsi, è stato distintamente avvertito da crotonesi e cosentini ionici.
Nella stessa area cirotana qualche minuto dopo la prima sono state segnalate altre scosse strumentali.

La nota di aggiornamento dell’Ingv

“In quest’area il 24 maggio alle ore 19:35 italiane si è verificato un terremoto di magnitudo Richter Ml 4.0 ad una profondità di 23 km e da allora fino a questo aggiornamento (ore 15:15) sono stati localizzati circa 100 eventi sismici tra cui: 2 di magnitudo pari o superiore a 4.0, 1 di magnitudo tra 3 e 3.9, 15 tra 2 e 2.9 e tutti gli altri di magnitudo inferiore a 2.0.
La zona interessata dal terremoto di questa sequenza sismica è caratterizzata da pericolosità sismica medio alta, come testimoniato dalla Mappa della pericolosità sismica del territorio nazionale (MPS04) e dai forti terremoti avvenuti in passato. Una descrizione della sismicità di quest’area è presente dell’articolo relativo al terremoto del 24 maggio scorso.”

Terremoto di magnitudo 4.0 a Cirò (Crotone), panico tra la popolazione

Uccide ladro in casa sua e lo arrestano. Vittima: “Aggredito mi sono difeso”

“Quando sono rientrato a casa ho visto passare una persona, mi sono preso di panico. Ho avuto paura e ho afferrato un coltello. I due soggetti che erano dentro casa mi hanno aggredito e io mi sono difeso. Mentre scappavano ai due ladri sono cadute le pistole”.

Si sarebbe difeso così Francesco Putortì, l’uomo di 48 anni fermato dalla squadra mobile e dai carabinieri per l’omicidio di Alfio Stancampiano, il catanese di 30 anni abbandonato lunedì mattina nei giardini dell’ospedale Morelli di Reggio Calabria poco prima di morire, e per aver ferito un altro soggetto di 46 anni adesso ricoverato nell’ospedale di Messina nel corso dell’interrogatorio avvenuto in Questura nella notte tra lunedì e martedì.

L’uomo deceduto e il ferito, anche lui di Catania, assieme a una terza persona avrebbero tentato un furto in un’abitazione privata a Rosario Valanidi, nella periferia sud di Reggio Calabria. I due, però, sono stati sorpresi dal proprietario, Francesco Putortì appunto, che ha reagito accoltellandoli e ha poi chiamato i carabinieri per denunciare l’intrusione e il furto di circa 1500 euro. Agli investigatori, in un primo momento Putortì ha omesso di raccontare della colluttazione avuta con i due ladri per poi confessarla quando, dopo un’ora e mezza dai fatti, Alfio Stancampiano, è stato trovato quasi esanime davanti all’ospedale.

Entro stasera, il giudice per le indagini preliminari deve decidere se convalidare il fermo disposto dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dal pm Nunzio De Salvo nei confronti di Putortì che è incensurato che adesso si trova rinchiuso nel carcere di Arghillà.

“Ci sembra eccessiva e assurda l’accusa di omicidio volontario contestata dalla Procura” ha sostenuto l’avvocato Maurizio Condipodero, difensore di Putortì, secondo cui “tutto al più potrebbe essere un eccesso colposo di legittima difesa se dimostrato che le ferite derivano dalla colluttazione e non da altro. Attendiamo con fiducia la decisione la decisione del gip”.

Putin avverte la Nato: “Andate verso la guerra mondiale”

Dopo aver ascoltato per quattro giorni le voci e le polemiche che si rincorrono in Occidente, Vladimir Putin ha risposto all’ipotesi dell’uso da parte di Kiev di missili forniti da Paesi Nato per colpire in profondità il territorio russo.

E lo ha fatto con la massima durezza. Le conseguenze saranno “serie”, ha avvertito, sottolineando che comunque Mosca riterrà la Nato direttamente responsabile degli attacchi, valutando che vettori a lungo raggio come gli Atacms americani non potrebbero essere impiegati “senza dati d’intelligence satellitari” elaborati da tecnici dell’Alleanza.

Putin, che parlava in una conferenza stampa a Tashkent al termine di una visita in Uzbekistan, ha preso di mira in particolare il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che da sabato ha cominciato a parlare della necessità di consentire all’Ucraina di utilizzare contro la Russia gli armamenti occidentali. Un appello ripreso oggi dall’Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell, secondo il quale “alcuni Paesi” dell’Unione hanno già dato il loro assenso, e anche in parte dal presidente francese Emmanuel Macron.

Il leader russo ha detto di non capire la posizione di Stoltenberg. “Quando era primo ministro norvegese abbiamo discusso di varie questioni, e a quei tempi sono sicuro che non soffriva di demenza”, ha osservato. Ma ora “non può non sapere” che l’impiego di missili come gli Atacms contro il territorio russo necessiterebbe un ruolo diretto di tecnici Nato. Con tutte le conseguenze del caso.

La domanda è come risponderebbe Mosca. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, si è limitato a far sapere che “il comandante supremo”, cioè lo stesso Putin, e i vertici militari “stanno adottando contromisure adeguate e si stanno preparando”. Misure di cui solo loro sarebbero quindi a conoscenza.

Ma le parole del presidente sembrano lasciare aperto anche uno scenario terrificante, quello di una guerra tra Russia e Nato. Il capo del Cremlino ha messo in guardia soprattutto quei Paesi europei “con un piccolo territorio ma con un’alta densità di popolazione”, che subirebbero le conseguenze più devastanti. Facile vedere un accenno agli Stati baltici, sostenitori della linea più intransigente possibile contro Mosca. Proprio loro, dunque, dovrebbero prendere in considerazione questi fattori di rischio “prima di parlare di attacchi nel profondo del territorio russo”.

Alcuni di questi Paesi, insieme con la Polonia, si sono detti anche pronti all’invio di truppe sul terreno in Ucraina, ventilato per primo dal presidente francese Emmanuel Macron. Ciò sarebbe “un altro passo” verso “un conflitto globale”, ha commentato Putin, avvertendo che questi soldati “si troverebbero nella zona di tiro delle forze armate russe”.

“Possono andare e auguriamo loro buona fortuna – ha detto ancora – Noi faremo ciò che riteniamo opportuno, indipendentemente da chi si trova sul territorio dell’Ucraina”. Quanto agli istruttori occidentali, essi si trovano già nel Paese, ha assicurato, e manovrano gli armamenti ad alta precisione forniti da Paesi Nato nascondendosi dietro “le spoglie di mercenari”.

A proposito di rischi, specie in campo nucleare, un incontro per la messa in sicurezza della centrale ucraina di Zaporizhzhia, controllata dai russi, si è svolto a Kaliningrad tra inviati di Mosca e il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi. “Con i colloqui di oggi siamo stati in grado di raggiungere un accordo su una parte del lavoro immediato che dobbiamo avviare per la sicurezza dell’impianto”, ha detto Grossi.

I russi accusano le forze di Kiev di effettuare bombardamenti frequenti nei pressi della centrale, situata sulla sponda sud del bacino artificiale di Kakhovskaya, una cinquantina di chilometri in linea d’aria a sud-ovest della città capoluogo di Zaporizhzhia, controllata dagli ucraini.

Incidente a Catanzaro, muore una ragazza. Un ferito

Gravissimo incidente lungo viale Magna Grecia, all’altezza dell’ingresso al quartiere Aranceto. Le auto coinvolte nel frontale sono due, una C3 e una Ford Fiesta. La donna alla guida della Citroën purtroppo non ce l’ha fatta, le sue condizioni sono apparse subito drammatiche. Nonostante il tempestivo intervento dei sanitari del Suem 118, la donna è arrivata priva di vita in ospedale. La giovane rimasta uccisa nell’impatto si chiamava Martina Guzzi, aveva 25 anni.

Sul posto equipaggi della Squadra volante Upg Sp e una Squadra dei vigili del fuoco del Comando di Catanzaro sede centrale che hanno messo in sicurezza il sito e le vetture.

Ferito il conducente della Ford Fiesta. Quest’ultimo affidato al personale sanitario del Suem118 per le cure del caso e successivo trasferimento presso struttura ospedaliera. Sul posto anche polizia stradale per gli adempimenti di competenza. Disagi per la viabilità. A coordinare le operazioni di soccorso, il Cse di Francesco Rosi.

Morte Onorato, da autopsia “nessun segno di violenza sul corpo”. Resta il giallo

Non sarebbero stati riscontrati segni di violenza sul corpo di Angelo Onorato, l’imprenditore palermitano di 55 anni, trovato senza vita nella sua auto con una fascetta stretta al collo. Lo rivela, come appreso dall’Adnkronos, l’autopsia terminata oggi all’Istituto di Medicina legale del Policlinico di Palermo.

Il medico legale Tommaso D’Anna, incaricato dalla Procura di Palermo, ha eseguito l’autopsia alla presenza di alcuni specializzandi e del consulente di parte della famiglia Onorato, l’assessore alle Politiche sociali della regione siciliana Nuccia Albano, che per 40 anni è stato medico legale.

Il corpo dell’imprenditore palermitano, molto noto in città, è stato rinvenuto sabato pomeriggio dalla moglie, l’eurodeputata Francesca Donato e dalla figlia, Carolina di 21 anni, in una strada nei pressi della Circonvallazione di Palermo. Sono ancora tanti i punto oscuri della vicenda. Sul corpo sono stati eseguiti anche degli esami tossicologici e dei tessuti. Particolare attenzione è stata puntata sulla fascetta stretta al collo su cui ancora non si conoscono altri particolari. Importante, in questo caso, il DNA sulla cinghietta e possibili altre impronte sull’auto e su alcuni oggetti.

La famiglia è assistita dall’avvocato Vincenzo Lo Re. Da ambienti dell’istituto di Medicina legale del Policlinico, citati dall’Ansa, si apprende che sul corpo di Angelo Onorato sono stati fatti prelievi per fare “mirate indagini istologiche” per capire “cosa ci fosse nei polmoni, nella trachea e così via”. Dopo le analisi di laboratorio al microscopio i risultati saranno dati agli specialisti che daranno il proprio parere. Le analisi istologiche dureranno alcune settimane. Dall’istituto affermano che l’autopsia allo stato “non esclude alcuna ipotesi” sulla morte dell’architetto.

L’assenza di segni di violenza sul corpo dell’imprenditore non esclude infatti l’ipotesi dell’omicidio, tesi su cui è orientata la procura di Palermo che per questo ha aperto un fascicolo e di cui è convinta la famiglia. Il killer avrebbe potuto strangolare Onorato da dietro il sedile senza alcuna difficoltà e, se ben pianificato, senza lasciare tracce.

Leggi la possibile ricostruzione 

Morte Onorato, la procura di Palermo indaga per omicidio. I punti oscuri

Uccide un ladro entrato in casa e ne ferisce un altro, fermato per omicidio

Ha visto tre ladri in trasferta in casa sua, a Reggio Calabria, e durante una colluttazione, ha afferrato un coltello e colpito a morte uno di loro e ferito gravemente un secondo.

La vittima del furto, un reggino di 48 anni, ora è accusato omicidio e tentato omicidio ed è stato fermato dalla polizia che ha eseguito un decreto della procura.

L’uomo ucciso si chiamava Alfio Stancampiano, catanese di 30 anni abbandonato dai complici ieri nei giardini dell’ospedale Morelli di Reggio Calabria poco prima di morire. Il ferito è un soggetto di 46 anni e anche lui di Catania, adesso ricoverato nell’ospedale di Messina.

Secondo le ricostruzioni degli investigatori, non si sarebbe trattato di una rapina andata male, ma l’uomo deceduto, il ferito e una terza persona avrebbero tentato un furto in un’abitazione privata nel complesso Valanidi, alla periferia sud di Reggio Calabria.

I due, però, sono stati sorpresi dal proprietario che ha reagito accoltellando due di loro.

A causa delle condizioni gravi, Alfio Stancampiano è stato accompagnato davanti all’ospedale Morelli dove è morto subito dopo per le ferite riportate, mentre l’altro complice, pure lui accoltellato, dopo aver lasciato l’auto, una Fiat Punto, agli imbarcaderi di Villa San Giovanni, ha traghettato ma è stato costretto a farsi assistere nell’ospedale “Martino” di Messina.

La Procura ha sequestrato l’arma del delitto e l’abitazione in cui si è avvenuto l’omicidio dove i carabinieri del Ris si occuperanno di stabilire la dinamica dell’accoltellamento. È stata sequestrata, inoltre, l’auto trovata a Villa San Giovanni e sono in corso accertamenti da parte del gabinetto di polizia scientifica di Reggio Calabria.

Si è ora in attesa delle determinazioni del giudice per le indagini preliminari che potrebbe convalidare l’arresto oppure rubricare l’inchiesta per legittima difesa.

Incendiò un ristorante perché in concorrenza con quello della sorella, preso

I carabinieri della Stazione di Tropea hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di un uomo, già noto alle forze dell’ordine, ritenuto essere l’autore dell’incendio che lo scorso 15 gennaio ha devastato il ristorante “Little Italy” di Tropea.

La misura ai domiciliari è stata emessa a carico di Nicola Gramendola, di 52 anni, di Vibo Marina e accoglie la richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica guidata da Camillo Falvo, frutto di un’indagine condotta dal pm titolare del procedimento che ha coordinato gli accertamenti svolti dai militari già subito dopo il fatto.

Dalla visione di numerosi sistemi di videosorveglianza, pubblici e privati, i carabinieri hanno raccolto elementi utili a individuare il presunto autore dell’incendio, commesso in concorso con un complice in fase di identificazione.

Nello specifico, il soggetto si è avvicinato a bordo di un monopattino al gazebo del ristorante, cospargendo di liquido infiammabile il pavimento e quindi appiccando il fuoco che ha provocato un incendio di notevole potenzialità lesiva, con l’esplosione di una bombola.

Il movente del danneggiamento, secondo l’accusa, è verosimilmente riconducibile a presunte rivalità commerciali: il “Little Italy” era percepito come un concorrente diretto del ristorante della sorella dell’indagato, situato nelle vicinanze.

E’ di Catania l’uomo morto davanti all’ospedale reggino, forse ferito in una rapina

E’ di Catania l’uomo ferito e deceduto ieri davanti all’ospedale “Morelli” di Reggio Calabria, dove è stato “scaricato” da alcune persone a bordo di un’auto con cui si sono poi dileguati.

L’identità è stata accertata dalla squadra mobile e dai carabinieri che stanno conducendo le indagini coordinate dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal sostituto Nunzio De Salvo.

Stando a quanto trapela, il morto, un trentenne, sarebbe stato vittima di un accoltellamento mortale avvenuto ieri mattina a Reggio Calabria durante una rapina andata a male.

Al momento è l’ipotesi più accreditata sulla quale stanno lavorando gli investigatori che hanno individuato prima l’auto usata per accompagnare la vittima davanti all’ospedale la rapina, una Fiat Punto, e poi hanno rintracciato i due che erano sulla vettura a Messina. La vettura è stata trovata agli imbarcaderi per la Sicilia di Villa San Giovanni.

Secondo la ricostruzione, stavano cercando di rientrare a Catania ma non ci sono riusciti perché anche un altro di loro è rimasto ferito e, a causa delle sue precarie condizioni, è stato costretto al ricovero nell’ospedale Messina dove è vigilato dalle forze di polizia.

La Procura, adesso, sta cercando di ricostruire tutta la vicenda per capire dove sarebbe avvenuta la tentata rapina e la dinamica che ha portato all’accoltellamento del trentenne deceduto ed al ferimento dell’altro. Proprio in queste ore, gli inquirenti stanno visionando alcune immagini dei sistemi di videosorveglianza che potrebbero fornire alcuni dettagli ed aiutare a risalire ai responsabili dell’omicidio.

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