11 Ottobre 2024

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Abramo, il sindaco "Scalzato" dal Tar si ribella: "Non sono brogli ma errori". Sergio è meglio che cambi staff, mentre Scalzo il suo mentore

sergio abramo
Abramo, il sindaco “Scalzato” dal Tar

di Antonio Greco-

Consigli che si sciolgono per mafia e quelli che scioglie il Tar, tribunale amministrativo ordinario che ha “Scalzato”, è il caso di dire, il sindaco eletto Sergio Abramo per presunte illiceità in otto sezioni alla scorse elezioni del 2011. Abramo oggi ribadisce quanto già detto all’indomani della denuncia e ricorso del bersaniano Salvatore Scalzo sui presunti brogli a Catanzaro. “La sentenza del Tar Calabria e le relative motivazioni che hanno portato all’annullamento parziale delle elezioni amministrative del maggio scorso confermano quanto detto finora dallo schieramento del centro destra: non vi è stato broglio elettorale, ma solo errori”. Il dettagliato documento redatto dal Tribunale Amministrativo Regionale chiarisce, una volta per tutte, che se ci sono delle responsabilità in questa vicenda, non sono, certamente, da addebitare a nessuno partito politico. Decade, quindi, la strumentale accusa di brogli che il centro sinistra ha tentato di agitare solo e per conto di propri interessi politici. L’unico risultato prodotto da Salvatore Scalzo e dal centro sinistra – si legge ancora nella nota dello staff di Abramo – è aver dipinto Catanzaro come un luogo losco abitato da loschi individui. Scalzo ha gettato sulla città quintali di “letame mediatico” solo per propri tornaconti personali. E le motivazioni contenute nelle 46 pagine scritte dai giudici del Tar Calabria, se lette attentamente, confermano che non è stata trovata lo stralcio di una prova concreta. Tant’è che le elezioni non sono state annullate, ma si dovrà tornare a rivotare in 8 sezioni solo per errori operati da parte del personale nominato dal Presidente della Corte d’Appello di Catanzaro. Basta pensare che in una sezione di quelle in cui si dovrà votare nuovamente, il segretario di seggio era il fratello del consigliere comunale Vicenzo Capellupo, primo degli eletti tra le fila del Partito Democratico di Salvatore Scalzo. Questo, conferma, qualora ce ne fosse bisogno, che i brogli di cui parla il centro sinistra non esistono e comunque non possono essere addebitati al centro destra e al sindaco Sergio Abramo.
Tant’è che il Tar, dopo aver verificato che in 26 sezioni ci sono state inesattezze di diverso genere, ha deciso di invalidare il voto soltanto in 8 di queste a causa di: errori di trascrizione, cancellazioni e conteggi sbagliati da parte dei Presidenti e degli scrutatori presenti nei seggi nella sottoscrizione dei verbali. Nella sezione 3 non è stato verbalizzato il numero delle schede autenticate. Nella 4 i responsabili di seggio hanno effettuato un errato numero di conteggi trascrivendo erroneamente la somma dei votanti. Nel verbale della sezione 18 sono stati indicati contraddittoriamente due valori diversi in ordine alle schede autenticate salvo però verificare che il numero dei votanti di questa sezione corrisponde al numero delle schede scrutinate. Nei verbali della 24 viene riportato una macroscopico errore di conteggio delle schede residue, infatti, vengono riportate 86 schede anziché 192 ma alla fine dei conti corrispondono i numeri dei votanti. Nella 28, quella speciale dell’ospedale in cui era segretario di seggio il fratello del consigliere Capellupo, manca una scheda autenticata e non utilizzata. Così com’è avvenuto anche nella sezione 70. Mentre nella sezione 85, alcune schede (3 precisamente) risultato timbrate ma non sottoscritte da uno scrutatore. Inoltre si registrano errori di conteggi e trascrizioni. Anche per quel che riguarda le accuse sull’uso del normografo da parte dei ricorrenti del centro sinistra, il Tar della Calabria considera “infondata la censura secondo cui l’uso del normografo vizierebbe l’espressione di voto”. Delle decine e decine  di errori e negligenze accertate commesse da scrutatori inesperti, solo in un passaggio si ipotizza, parlando al condizionale, che “la mancanza di schede autenticate e non utilizzate costituisca sintomo di grave illegittimità delle operazioni elettorali, potendo essa dar luogo al così detto sistema della ‘scheda ballerina’ “. Come a dire ad andare sempre in automobile ci si potrebbe trovare coinvolto in un incidente. La sostanza  è quella che abbiamo sempre sostenuto e che è scritta chiara nelle motivazioni che invitiamo tutti a leggere per esteso ovvero “ attesa la superficialità, la negligenza e l’incuria con cui è stato adempiuto l’incarico di componente della sezione elettorale, è quanto mai opportuno che la nomina dei seggi che si andranno a costituire sia possibilmente affidata a scrutatori di provata esperienza e a presidenti, altrettanto esperti e affidabili, che vigilino con attenzione e serietà sullo svolgimento dei compiti loro demandati”. Cosa aggiungere? Che ad Abramo nessuno potrà mai dirgli che è stato un sindaco nominato da qualcuno. Lui è sempre stato eletto (o trombato, come nel 2005 alle regionali) ma sulla sua persona più di uno è disposto a mettere le mani sul fuoco per l’onestà intellettuale. In attesa di sapere come andrà a finire con le elezioni nelle otto sezioni, bisogna ricordare ad Abramo, che se in futuro dovesse ricandidarsi da qualche parte si scelga uno staff e una rete di sostenitori più affidabile. La negligenza non è ammessa in politica. E nemmeno i brogli, intendiamoci. A Scalzo, che rilevare? Che per dare la disponibilità a essere trombati per ben due volte alle elezioni comunali qualcosa in cambio il suo mentore Bersani gli avrà pure promesso. Il Parlamento? Le voci sono insistenti nel suo ambiente. Un giovane “intelligente” come lui che sostiene un vecchio expostcomunista come Bersani è già un motivo più che sufficiente per tenerlo lontano dai palazzi, di Catanzaro e di Roma. Rigorosamente in “Cetto”

Diego Armando Maradona jr prende un 1 mln dal padre

Diego Maradona e Veronica Ojeda
Diego con Veronica Ojeda

Ora che è stata approvata definitivamente la legge sui figli naturali, Maradona senior fa le bizze. A provocarle il figlio Diego Armando Maradona jr, nato  25 anni fa da un rapporto “occasionale” con Cristiana Sinagra, che dopo aver ricevuto un milione di euro dal padre per non parlare coi giornalisti, è andato a Buenos Aires e ha rilasciato interviste.

In Argentina pare abbia mandato su tutte le furie il “pibe de oro”, il fuoriclasse di tutti i tempi. Lui, Diego Maradona rompe il silenzio e manda a quel paese Diego Armando Jr: “Con me non hai nessun vincolo”. Prende posizione sulla lite da una parte tra la sua ex moglie Claudia Villafane e le loro due figlie, e dall’altra la sua compagna Veronica Ojeda, incinta di sei mesi.

Nella lite ribadisce di “non avere alcun vincolo né sentimentale né affettivo con Diego Maradona Jr”, figlio di Cristiana Sinagra. Quindi non se lo fila il figlio, nato quando lui giocava col Napoli di Ferlaino.

E’ una storia di quelle che fanno tenerezza e sono un po’ complicate da capire. Sul primo fronte, il ‘pibe de oro’ ha fatto sapere che è pronto a riconoscere la paternità del bambino che partorirà Veronica. Un altro figlio “occasionale”? Ma la legge passata ieri l’altro recita che non ci saranno più “figli e figliastri”.

Tramite un testo reso noto dal suo avvocato, Victor Stinfale, ha ricordato che il suo rapporto con la Ojeda (attaule compagna) è in una fase di “stallo”, e che non ha “interessi in gioco né opinioni” circa il braccio di ferro che va avanti ormai da tempo tra la stessa Ojeda e la prima ex Claudia. Maradona precisa inoltre che è pronto a difendere, e lo farà sempre, sia Claudia sia le due figlie, Dalma e Yanina, sorelle (di padre) di Diego Armando Jr. Nel ricordare che si trova negli Emirati Arabi “per questioni di lavoro”, Maradona fa d’altro lato sapere che è “pronto a parlare” con Veronica appena rientrerà a Buenos Aires.

In merito invece a Diego Maradona Jr., il ‘Pibe’ ha chiesto all’avvocato di chiarire quanto segue: “Non ho alcun vincolo né sentimentale né affettivo con Diego Maradona Jr, che è il frutto del rapporto occasionale di un giorno”. “Di fatto – prosegue il testo – qualche anno fa Diego Maradona consegnò quasi un milione di euro a Diego Armando Jr e alla madre (l’italiana Cristiana Sinagra) arrivando ad un’intesa affinché non parlassero di Maradona ai media. Accordo che evidentemente non è stato rispettato”, conclude il testo precisando che “i soldi sono stati ricevuti”.

Qualche tempo fa Diego Jr. è stato a Buenos Aires e in questi giorni le tv locali hanno mandato in onda sue dichiarazioni e interviste.
Certo, deve essere stato pure un grande campione, ma lascia perplessi il suo comportamento. Se poi vorrà spiegare attraverso i suoi legali cosa significa “frutto di un rapporto occasionale di un giorno” tutti quanti capiranno meglio. Perché per concepire un figlio basta una semplice scopata che può durare anche cinque minuti. Tutta una notte può essere un’eternità.

Intervista a Nino Galloni: “Per uscire dalla crisi non dar retta a Ue e Fmi”

Il professor Nino Galloni
Il professor Nino Galloni

Per Nino Galloni serve una nuova dimensione economica. Non più finanza e speculazione, quanto modelli economici inclusivi dove al centro ci sia sempre e comunque l’uomo e non gruppi di potere che determinano i destini di miliardi di uomini, mentre l’unica cosa che rimane ai governi è quella di tassare i cittadini.

Ma non di sole tasse deve vivere l’uomo. “L’alternativa” all’attuale sistema è stata spiegata in una conferenza promossa da Rosy Perrone del Forum Lavoro Calabria,  presso la Camera di Commercio di Cosenza. Un dibattito a più voci cui hanno fra gli altri partecipato, il presidente dell’ente camerale, Giuseppe Gaglioti, l’economista Nino Galloni, Gigi Sbarra della Cisl , Katia Stancato del Forum Terzo settore, e Francesco Saverio Sesti della Facoltà di Giurisprudenza di Roma 2, i quali hanno offerto spunti molto interessanti per riflettere sul contesto economico attuale.

Il pubblico alla Camera di Commercio di Cosenza.
Il pubblico alla Camera di Commercio di Cosenza.

Oggi l’alternativa potrebbe essere rappresentata da quel mondo associativo, quel “terzo settore” che opera senza clamore alla ricerca di un percorso a «dimensione d’uomo», lontani «dall’egoismo e dalle volgarità che questo sistema ci offre», afferma Sesti che propone strumenti diversi soprattutto nel mercato del lavoro. Se per il sindacalista Sbarra siamo davanti ad una «transizione senza fine che ci distrae dai problemi veri come occupazione e sviluppo», per Stancato «dobbiamo guardare verso l’economia sociale di mercato».

Molto atteso l’intervento del prof. Nino Galloni che ha rivolto critiche al sistema bancario e ai governi. «Da decenni ci hanno raccontano che se le Banche centrali emettono moneta per le esigenze del paese si crea inflazione. Questa è una grande fesseria – afferma Nino Galloni – perché poi Fed e Bce hanno dimostrato il contrario facendo massicce iniezioni di liquidità a favore delle Banche», nei periodi più acuti della crisi. Potrebbe essere rievocata la massima di Ezra Pound quando affermava che “Se uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri”. Una massima illuminante che sembra rispecchiare tutto il pensiero di Galloni. Lui, allievo di Federico Caffè (come Mario Draghi, ndr) e figlio dell’ex vicepresidente del Csm, Giovanni Galloni.

A margine Nino Galloni ci rilascia una intervista, dove articola meglio la sua analisi e parla dell’attuale crisi, del risanamento del governo Monti e del rating.

Le agenzie di rating – spiega l’economista – guardano allo sviluppo: vogliono vedere che il debito è sotto controllo perché si riduce in rapporto al reddito. In Italia, invece, si stanno colpendo i consumi e non si impegnano nuove risorse per gli investimenti pubblici; i privati non investono perché non c’è ripresa, anzi le prospettive stanno peggiorando».
Però gli esperti dicono che nel 2013 si recupererà il Pil del 2008?
«Già, però nel 2013 saremo 3 milioni di residenti in più, quindi, a parità di PIL ci sarà una riduzione pro-capite del 5%. E così i consumi si ridurranno e l’indebitamento delle famiglie aumenterà in valore assoluto, quello delle imprese rispetto al fatturato, quello dello Stato rispetto al PIL».
Siamo davanti ad una crisi del Capitalismo o cosa?
«Guardi, i saggi di profitto sono quasi a zero mentre i costi – proprio dove le tecnologie risultano più efficaci – si abbassano; ne consegue che, tra l’80 ed il 90% dei produttori non registra profitto».
Allora, perchè non disinvestono?
«Perchè così controllano risorse reali e contano all’interno della società. Questo è il nuovo modello».

Professore, possiamo finire come la Grecia?
«No. Finchè non  si riduce drasticamente l’offerta. La domanda effettiva si riduce per la crisi; se l’offerta si riduce di più, vengono riprotetti i margini di profitto, ma inizia una deriva che ci porta verso il baratro. Tuttavia, come ho accennato, gli obiettivi degli operatori sono cambiati, non sono più tanto di profitto bensì di controllo delle risorse fisiche. Ce la faremo quando un governo capirà che gli Italiani sono all’avanguardia più di quello che appare comunemente».
L’allarmismo è tanto rispetto al rischio paventato da molti osservatori. A chi dobbiamo dar retta?
«Non all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale; bisognerebbe accordarsi con la Russia o con la Cina e fare un progetto che vada dall’Africa alla Siberia; passando per il Mediterraneo e il Nord Africa. L’Italia, soprattutto meridionale, si salverebbe».
E l’Euro sopravviverà?
«Stanno facendo di tutto per farlo morire: da una parte gli Stati Uniti d’America che vogliono ripristinare il Dollaro come moneta unica degli scambi internazionali, dall’altra gli Europei che sono del tutto miopi. Ma, per ora, non ci sono riusciti».

Nota: Questa intervista è stata pubblicata a marzo 2012 sulla Gazzetta del Sud. La riproponiamo su queste colonne a richiesta dei lettori di Secondo Piano News nonché per la grande attualità. [d.g.]

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Nino Galloni: le telefonate di Ciampi a Berlinguer e di Kohl ad Andreotti

Primarie, Bersani avanti lento. Renzi può ribaltare il risultato. Pigi vince in Calabria (55%) tra Bulgari e Maoisti

Renzi e Bersani
IL NUOVO E IL VECCHIO

Bersani vittorioso in 16 regioni su 20, mentre il rottamatore Renzi nelle restanti quattro (Toscana, Umbria, Piemonte e Valle d’Aosta). Al Sud Pigi supera il 50% in ben cinque regioni (Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) con il massimo risultato in Calabria con il 55%. L’ex ministro prodiano resta sotto il 50% in Abruzzo e Molise (45% e 42%).
Poi c’è il caso Puglia (Bersani al 40%), dove, però, c’è l’effetto Vendola (35,3%) con Renzi (caso unico in Italia) che finisce al terzo posto con appena il 20,7%. In altre cinque regioni, Bersani ottiene un risultato superiore alla media nazionale e stacca decisamente Renzi di oltre otto punti percentuali. Si tratta del Lazio (46,9% a 29,9%) della Lombardia (45,7% a 37%), dell’Emilia Romagna (48,5% a 39,2%), della Liguria (47,5% a 35%) e del Trentino Alto Adige (45,7% a 34,7%). Scarti talvolta oltre il 10 percento.
Nelle Marche e in Veneto, Bersani è in testa ma con margini piuttosto ridotti. Nelle Marche, il suo vantaggio è di mezzo punto (41,6% a 41,1%) e nel Veneto di un punto esatto (39,5% a 38,5). In Friuli Venezia Giulia i dati dicono: 43,9% a 37,8% per Bersani. In Toscana, Umbria, Piemonte e Valle d’Aosta vince Renzi. In Piemonte il sindaco di Firenze vince 41,1% a 39,7%. Fa pensare il dato del Sud ed è lo stesso Bersani a dirlo: «C’e’ stato un dato molto forte nel sud e di questo sono orgoglioso. Al sud – ha aggiunto Pigi B. – alcuni effetti della crisi si sono sentiti più che altrove e noi da anni abbiamo particolare attenzione al sud. Inoltre come segretario del Pd mi sono tolto alcune soddisfazioni: le primarie le ho volute a prezzo anche di una scelta forte, dalla nascita del Pd l’unico cambio di statuto che si è fatto è stato per fare queste primarie aperte. Ho insistito – ha detto ribadendo il concetto espresso a caldo dopo la chiusura dei seggi – anche per il ballottaggio, altrimenti avrei vinto con 9-10 punti di vantaggio. Faremo anche questa ulteriore tappa che che ci aiutera’ a crescere».
In questo contesto fa riflettere il dato della Calabria, la regione più povera d’Europa dove il bisogno è gestito da mafia e politica:
Bersani in quella regione prende percentuali altissime (oltre il 55%), ma perde oltre venti punti rispetto al dato bulgaro (mozione Bersani circa l’80%) delle primarie per la segreteria del Pd nel 2009, vinte da Bersani con a disposizione tutto l’apparato loieriano che governava la regione e i grandi “guru” della politica nostrana del Pd. Un voto allora poco libero poiché vi furono forti pressioni e qualche minaccia per portare la gente ai seggi.
A parte qualche piccola defezione, in Calabria a far votare Bersani ieri sono stati gli stessi di tre anni fa, li chiamano i grandi elettori, cioè i grandi potentati politici che da Pigi si aspettano (se vincerà il ballottaggio) grandi ricompense (politiche, naturalmente).
E qualcuno si sente già viceministro o sottosegretario. Marco Minniti, poi, non ne parliamo…si sente già l’Altissimo. In ogni caso, rispetto al dato nazionale, in Calabria Renzi e Vendola non sfigurano, anzi. Oltre il 20 per Renzi dimostra che senza apparato è stato un successone a prescindere. Non avrà preso i voti delle vedove, ma i suoi sono voti di gente libera che si è stufata di abbassare la testa ogni qualvolta chiamo i politicanti di turno per votare questo o quello. «Il dato che emerge dall’esito delle primarie del centro sinistra in Calabria deve far riflettere la nomenclatura del PD regionale», è il comento a caldo del renziano Mario Muzzì, già candidato alla segreteria regionale. «A fronte di uno schieramento totalitario ai limiti dell’indecenza – attacca ancora Muzzì – che ha visto insieme l’intero rassemblement PD di Capo Suvero, la corazzata CGIL, i segretari dei circoli, i sindaci, residui spezzoni dell’ IDV, il PSI, i Comunisti Italiani, tanta sinistra radicale e movimenti ondivaghi che si professano bersaniani per pura convenienza personale, la mozione Bersani riesce a raggranellare una striminzita maggioranza del 54%, mentre il sostegno spontaneistico che si è motivato con entusiasmo attorno all’idea rotta matrice di Matteo Renzi, al di là di ogni possibile sospetto che, se sussiste, deve riguardare tutti, ha registrato l’adesione, tra quanti si sono recati ai seggi, di un elettore su quattro. Penso che l’analisi del voto delle primarie andrebbe fatto a prescindere dai giudizi di parte e con lo sguardo ad altezza degli occhi della gente, tanto per citare lo stesso Bersani, per capire quali siano le ragioni vere (d’altra parte non difficili da ricercarsi) della controtendenza partecipativa che ha caratterizzato in negativo quella che è stata una straordinaria pagina democratica in Italia e in Europa! In ogni caso, stante la condizione di disagio in cui versa l’intero centro sinistra in Calabria ed il PD in particolare, -conclude l’esponente politico – è un autentico miracolo che allo svolgimento delle operazioni elettorali abbiano partecipato più di centomila calabresi: segno evidente di un corpo vivo che abbisogna solo di essere tenuto nella giusta considerazione». Il ballottaggio è fissato per domenica 2 dicembre 2012. Le percentuali calabresi. Provincia di Catanzaro: Bersani 58,00%, Tabacci 8,27%,  Puppato 1,28%,  Vendola 13,09%,  Renzi 19.35%; Provincia di Cosenza: Bersani 48,85%, Tabacci 4,68%, Puppato 0,59%, Vendola 21,47%, Renzi 24,40%; Provincia di Reggio Calabria: Bersani 51,78%, Tabacci 3,74%, Puppato,  0,85%, Vendola 19,45%, Renzi 24,19%; Provincia di Crotone: Bersani 57,74%, Tabacci 4,86%, Puppato 0,27%, Vendola 7,74%, Renzi 29,39%; Provincia di Vibo Valentia: Bersani 71,80%, Tabacci 7,16%, Puppato 0,59%, Vendola 7,43%, Renzi 13,02%. [Red]

 

Il digitale terrestre dà fastidio al 4G

Pensavate di essere posto quando, al passaggio della tv al Digitale Terrestre, avete fatto ritoccare l’antenna della vostra casa o del condominio? Non è detto. Anzi.

Perché saranno migliaia [si parla di 700mila] le famiglie italiane che dovranno chiamare l’antennista quando verranno accessi gli impianti della telefonia di quarta generazione, il cosiddetto 4G o Lte, che porterà Internet in banda ultra larga in mobilità su chiavette, smartphone e tablet (vai alla nostra prova su strada).

«Abbiamo stimato che saranno circa 700 mila antenne (abitazioni, ndr) ad essere coinvolte» ha spiegato al programma 2024 di Radio24 Mario Frullone, direttore ricerche della Fondazione Ugo Bordoni, che studia il tema per conto del Ministero dello Sviluppo Economico.

FREQUENZE – Qual è il problema? È relativo alla frequenza degli 800 Mhz (uno delle tre su cui sarà attivo il 4G in Italia), che è adiacente ad alcuni canali televisivi. Questi canali verranno dunque disturbati dagli impianti 4G, la cui attivazione su questa frequenza è prevista in maniera graduale a partire da gennaio 2013. Si tratta di impianti operati soprattutto da Wind – che ha le frequenze più vicine ai canali della tv digitale terrestre – ma anche da Tim e Vodafone. Tre non ha invece questo acqueistato blocco di frequenze.

COSTI – Chi pagherà i costi di adeguamento degli impianti? Dovrebbero essere a carico degli operatori di telefonia. Dovrebbero, sottoliniamo, perché le trattative sono ancora in corso. «C’è un tavolo presso il Ministero dello Sviluppo Economico al quale partecipano gli operatori che hanno già dato la propria disponibilità a farsi carico degli oneri» ha spiegato Frullone.

COME FARE – I cittadini che – una volta accesi gli impianti 4G sulla frequenza degli 800 Mhz – non riuscissero più a vedere la tv dovranno chiamare un call center. «Servizio che dovrebbe essere gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni per conto del Ministero – spiega Frullone -. Sarà il call center che attiverà uno degli operatori, che poi provvederà al ripristino della qualità».

Il servizio 4G è già stato attivato a novembre in alcune città italiane, ma per ora funziona solo sulla frequenza di 1800 Mhz e dunque non disturba la tv digitale terrestre. Tim ha lanciato il servizio a Milano, Roma, Napoli e Torino. Vodafone a Roma e Milano. Tre ha un impianto test nel piccolo paese di Acuto (Fr). Wind non ha invece ancora avviato i servizi 4G.

"Avanti cretino, che ghe pensi mi". Il colpo di coda di Berlusconi. L'uomo che si crede l'Onnipotente

Silvio Berlusconi e Angelino Alfano
IL SEGNO DEL DOMINIO

Avanti adagio, poi accelera. Ora indietro. Poi di nuovo avanti. Un mezzo passo dritti, uno a lato, un quarto in cantina…Come a san Martino. Su e giù come nei vialotti dei giardinetti, con le mani dietro la schiena a pensare e ripensare ciò che il cervello 77enne gli fa dire: menti o smenti(sci). E’ vecchio, stanco e un po’ imbambolato Silvio Berlusconi.

La senilità gioca talvolta brutti scherzi e, a all’ex premier, gli pesa tanto quanto la ceretta che è costretto a spalmarsi per apparire pimpante e attraente alle sue “donnette”. Di lui, nel Paese che ha portato alla deriva con il contributo dei tanti lacché che non hanno mai avuto gli attributi (le palle!) per redargurilo quando errava, resterà ben poco, se non i danni vistosi a tutti i livelli e almeno il “dono” di un ventennio futuro ala sinistra, moderna o post comunista.

Quella “macedonia” guidata da Bersani, perché è lui che vincerà le primarie (salvo sorprese ad un eventuale ballottaggio), in cui le contraddizioni sono più forti delle condivisoni, ma, diranno: “Meglio l’insulsa macedonia che Berlusconi e i suoi yesman”. Cosa gli obietti, che il Pdl si ispira ai valori cattolici e al consumato motto Dio, Patria e Famiglia? Per favore!

Lo raccontassero al ceto medio, scivolato nel baratro della povertà grazie a lui, grazie a Silvio Berlusconi che oggi ha mortificato nuovamente il suo “angelo”, l’uomo che ha portato alle stelle per poi ributtarlo nella sua stalla a rivestire i panni del cucciolo buono. Lo usa e lo getta com’è solito fare con i suoi dipendenti e le sue femmine da quattro soldi. “Ti avevo avvertito”, ha detto al povero Alfano.

Ad ogni piccola provocazione lanciata da chi percepisce gli umori del paese (Angelino) e della base pidiellina (Alfano), eccolo che a B. spuntano le corna. Non digerisce il fatto che il segretario, pur essendo un suo “nominato”, stia facendo di tutto per smarcarsi. Angelino ha capito l’ondata (non antipolitica ma antipdl e antiB) che sta per travolgere lui e tutto il resto. Lo percepisce dagli umori generali, lo constata nella vita di tutti i giorni. Fuori e dentro il partito. Fuori e dentro il palazzo. Un Pdl con Berlusconi scenderebbe al 15 percento, senza Berlusconi potrebbe giocarsela, ma a patto che Alfano si affranchi davvero (se-ria-men-te) da Silvio.

D’altro canto lui, Berlusconi, primo, non si fida; secondo, non ci sta a essere rottamato. E glielo manda a dire. «Non mi fido di chi mi volta le spalle». Gli “infedeli” sarebbero tutti quelli che, insieme ad Alfano, hanno detto sì alle primarie e stanno “scalpitando” perché prima o poi bisogna pur costruirla una nuova leadership. Il Cavaliere è terrorizzato dalla vecchiaia. Impazzisce all’idea che lui non potrà essere più il protagonista di nulla in questa piccola, maledetta Italietta.

Non si sente più utile, né all’altezza delle situazioni. Ha così tanti soldi da permettersi tutto ma non potrà mai comprare i desideri e i sogni degli altri, però! Per questo detesta i giovani, se non gli inservienti e le squaldrine. Per questo in vent’anni non ha mai fatto nulla per costruire una leadership alternativa alla sua. Ci ha pensato dopo, sempre dopo. Perché lui non vede altri dopo di lui. E quando passerà a miglior vita valga il detto “muoia Sansone con tutti i Filistei”.

Era l’uomo del “Ghe pensi mi” ma poi ha pensato a se stesso…I suoi giornali e quelle del potere, gli danno filo. Dopotutto è sempre uno che ha fatto, nel male e nel bene, la storia d’Italia. Nel bene, quella di impedire ai postcomunisti di conquistare nel ’92 l’Italia con un colpo di stato giudiziario (D’Alema e Violante pernsiero, ndr). Nel male, di averla regalata nel 2011 (complice la sinistra di Bersani e l’Udc di Casini) ai banchieri per via dei suoi vizietti sessuali notturni che gli impedivano di ben governare di giorno. Quante volte è capitato che il capo del governo è stato ripreso mentre sonnecchiava negli incontri importanti e istituzionali? Tante volte. Ha chiesto scusa al Paese ma molto tardi. Sempre dopo. E ora vuol giocare (ancora!) facendo la parte del puparo.

Adesso con questo gioco dei passi avanti e indietro è diventato la barzelletta d’Italia a denti strettissimi che non fa ridere nemmeno le vecchiette sotto casa. Le comiche finali? E’ andato oltre. Siamo passati da Caf al Cav., ad un comico come Grillo che porterà schiere di ragazzini in Parlamento con al governo la macedonia cattocomunista. Alla beffa di B, il danno della non politica. Ma tant’è, e poco possiamo fare.
In mezzo al ventennio berlusconiano poche cose positive, molte cose da rifare, tante promesse e pochi fatti se non quelli consumati nei suoi palazzi dorati nella penombra di un paese in ginocchio per l’assenza di riforme e prospettive. Sotto le ceneri delle macerie che sta lasciando il governo Monti, covano le camarille pronte a cibarsi nei palazzi. Nell’orizzonte nebuloso del futuro incerto ecco spuntare i camerieri dei banchieri, come li definiva Ezra Pound.

Vai avanti che “ghe pensi mi”. L’ultimo colpo di coda di Silvio, il “superman” che si crede l’Onnipotente

Silvio Berlusconi e Angelino Alfano
IL SEGNO DEL DOMINIO

Avanti adagio, poi accelera. Ora indietro. Poi di nuovo avanti. Un mezzo passo dritti, uno a lato, un quarto in cantina…Come a San Martino. Su e giù come nei vialotti dei giardinetti, con le mani dietro la schiena a pensare e ripensare ciò che il cervello 76enne gli fa dire: menti o smenti(sci). E’ vecchiotto, stanco e, politicamente, un po’ rincoglionito Silvio Berlusconi, con tutto il rispetto per la persona. La senilità gioca brutti scherzi e, a B, gli pesa tanto quanto la ceretta che è costretto a spalmarsi per apparire pimpante e attraente alle sue donnette. Di lui, nel Paese che ha portato alla deriva con il contributo dei tanti lacché che non hanno mai avuto gli attributi (le palle!) per redargurilo quando errava, resterà ben poco, se non i danni vistosi a tutti i livelli e almeno il “dono” di un ventennio futuro, se non più, di dominio cattocomunista. Il Belpaese tornerà all’Ulivo prodiano. Quella “macedonia” guidata da Bersani, perché è lui che vincerà le primarie (salvo sorprese ad un eventuale ballottaggio), in cui le contraddizioni sono più forti delle condivisoni, ma, diranno: “Meglio l’isulsa macedonia che Berlusconi e i suoi yesman”. Cosa gli obietti, che il Pdl si ispira ai valori cattolici e al consumato motto Dio, Patria e Famiglia? Per favore. Lo raccontassero al ceto medio, scivolato nel baratro della povertà grazie a lui, grazie a Silvio Berlusconi che oggi ha mortificato nuovamente il suo “angelo”, l’uomo che ha portato alle stelle per poi ributtarlo nella sua stalla a rivestire i panni del cucciolo buono. Lo usa e lo getta com’è solito fare con i suoi dipendenti e le sue femmine da quattro soldi. “Ti avevo avvertito”, ha detto al povero Alfano. Ad ogni piccola provocazione lanciata da chi percepisce gli umori del paese (Angelino) e della base pidiellina (Alfano), eccolo che a B. spuntano le corna. Non digerisce il fatto che il segretario, pur essendo un suo “nominato”, stia facendo di tutto per smarcarsi. Angelino ha capito l’ondata (non antipolitica ma antipdl e antiB) che sta per travolgere lui e tutto il resto. Lo percepisce dagli umori generali, lo constata nella vita di tutti i giorni. Fuori e dentro il partito. Un Pdl con Berlusconi scenderebbe al 12 percento, senza Berlusconi potrebbe giocarsela, ma a patto che Alfano si affranchi davvero (se-ria-men-te) da Silvio. D’altro canto lui, B, primo, non si fida; secondo, non ci sta a essere rottamato.

E glielo manda a dire. «Non mi fido di chi mi volta le spalle». Gli “infedeli” sarebbero tutti quelli che, insieme ad Alfano, hanno detto sì alle primarie e stanno “scalpitando” perché prima o poi bisogna pur costruirla una nuova leadership. Il Cavaliere è terrorizzato dalla vecchiaia. Impazzisce all’idea che lui non potrà essere più il protagonista di nulla in questa piccola, maledetta Italietta. Non si sente più utile, né all’altezza delle situazioni. Ha così tanti soldi da permettersi tutto ma non potrà mai comprare i desideri e i sogni degli altri, però! Per questo detesta i giovani, se non gli inservienti e le squaldrine. Per questo in vent’anni non ha mai fatto nulla per costruire una leadership alternativa alla sua. Ci ha pensato dopo, sempre dopo. Perché lui non vede altri dopo di lui. E quando passerà a miglior vita valga il detto “muoia Sansone con tutti i Filistei”. Era l’uomo del “Ghe pensi mi” ma poi ha pensato a se stesso…I suoi giornali e quelle del potere, gli danno filo. Dopotutto è sempre uno che ha fatto, nel male e nel bene, la storia d’Italia. Nel bene, quella di impedire ai postcomunisti di conquistare nel ’92 l’Italia con un colpo di stato giudiziario (D’Alema e Violante thinking, nda). Nel male, di averla regalata nel 2011 (complice la sinistra di Bersani e l’Udc di Casini) ai banchieri per via dei suoi vizietti sessuali notturni che gli impedivano di ben governare di giorno. Quante volte è capitato che il capo del governo è stato ripreso mentre sonnecchiava negli incontri importanti e istituzionali? Tante volte. Ha chiesto scusa al Paese ma molto tardi. Sempre dopo. E ora vuol giocare (ancora!) facendo la parte del puparo.
Adesso con questo gioco dei passi avanti e indietro è diventato la barzelletta d’Italia a denti strettissimi che non fa ridere nemmeno le vecchiette sotto casa. Le comiche finali? E’ andato oltre. Siamo passati da Caf al Cav., ad un comico come Grillo che porterà schiere di ragazzini in Parlamento con al governo la macedonia cattocomunista. Alla beffa di B, il danno della non politica. Ma tant’è, e poco possiamo fare.
In mezzo al ventennio berlusconiano poche cose positive, molte cose da rifare, tante promesse e pochi fatti se non quelli consumati nei suoi palazzi dorati nella penombra di un paese in ginocchio per l’assenza di riforme e prospettive. Sotto le ceneri delle macerie che sta lasciando il governo Monti, covano le camarille pronte a cibarsi nei palazzi. Nell’orizzonte nebuloso del futuro incerto ecco spuntare i camerieri dei banchieri, come li definiva Ezra Pound.

Mario Muzzì, l'anziano del Pd che sostiene Renzi, «La Calabria ha bisogno di più rottamazione»

Mario Muzzì

«Chi ha condiviso il messaggio di Walter Veltroni nella sua essenza non può che stare con Matteo Renzi, poiché la novità del Partito Democratico stava tutta nella modernizzazione del significato della parola “sinistra” che in tanti ancora utilizzano pensando ad un partito socialdemocratico o socialista europeo, quando in realtà essa abbisogna di un aggiornamento nei suoi valori rappresentativi, essendosi allargata a dismisura l’area del bisogno».

Esordisce così Mario Muzzì, ex Presidente della Fondazione Field e dirigente democrat già candidato alle primarie per l’elezione del segretario regionale del PD in Calabria, per offrire una prima chiave di lettura alla sua adesione sin dalla prima ora al movimento renziano. Recentemente ha spiegato le ragioni della sua scelta affermando testualmente che nella sua regione c’è più bisogno di “rottamazione” che altrove. Nella Calabria dei paradossi, dove in queste primarie i giovani sostengono gli anziani e gli anziani i giovani abbiamo stuzzicato Mario Muzzì su questo argomento e su tanto altro.

Lei ha giustificato la sua scelta di stare con Matteo Renzi parlando di esigenza di cambiamento.
«Il cambiamento in politica, soprattutto nella politica di oggi, non può più riguardare il contenitore ma il contenuto, avendo a mente che la gente, disillusa e disgustata dalle cronache degli ultimi giorni, non è più disposta a dare credito ai bei discorsi che si pronunciano ma agli atti concreti che si compiono. [quote style=”boxed”]La gente, disillusa e disgustata dalle cronache degli ultimi giorni, non è più disposta a dare credito ai bei discorsi che si pronunciano ma agli atti concreti [/quote] Ecco perché cambiare non deve significare sostituire le persone sulla base di un semplice dato anagrafico ma modificare i metodi sin qui sperimentati che hanno prodotto solo fallimenti nella selezione della classe dirigente di partito e istituzionale».

Perché questo cambiamento non può essere perseguito con Pierluigi Bersani?
«
Mi faccia dire innanzitutto che Pierluigi Bersani si sta confermando un grande segretario, una persona seria, un galantuomo della politica, ma serve un messaggio più convincente rispetto al disagio complessivo del paese che non può essere quello della narrazione di Vendola o del furore ideologico dei vari Fassina!».

Non le sembra un’affermazione vaga?

«
L’Italia sta peggio di 20 anni fa. Il debito pubblico è praticamente raddoppiato. Si è allargata l’area della povertà. E’ aumentato il numero dei disoccupati, dei sottoccupati, dei precari. E’ svanito il ceto medio. E’ in crisi il sistema delle PMI. Di capitale sociale e umano non si parla più. Dilagano la corruzione ed il malcostume in tutti i gangli vitali della società. In una situazione di questo genere può essere una priorità l’ articolo 18 da ripristinare o non serva, piuttosto, un soggetto politico nuovo che guardi a questo universo di disagi, ne comprenda i bisogni ascoltandoli per  poi parlare il linguaggio della verità…».

Quale verità, scusi?
«Occorre spiegare a questa gente che, nella situazione attuale, che non è solo quella italiana, il confronto non deve più svolgersi tra ricchi e poveri, tra occupati e disoccupati, tra la destra e la sinistra o tra il nord e il sud, ma si deve incentrare sul conflitto che sta insorgendo sempre più tra diritti e risorse. [quote style=”boxed”]Il confronto non deve più svolgersi tra ricchi e poveri, tra occupati e disoccupati, tra la destra e la sinistra o tra il nord e il sud, ma si deve incentrare sul conflitto che sta insorgendo sempre più tra diritti e risorse[/quote] Far capire che se la contrazione dei diritti è una conseguenza della diminuzione delle risorse ci troveremmo dinanzi ad una normale crisi congiunturale; se, invece, come io temo e come i dati macro economici dimostrano, si verifica che al meno diritti per tutti si contrappone il più risorse per pochi allora vuol dire che la crisi è strutturale, prossima a sfociare in conflitto sociale, con il rischio che possa degenerare in tragedia».

Stare con Renzi, che utilizza il termine “rottamare”, a lei che non è più un “regazzino” non le provoca un minimo di disagio?
«L’ho ascoltato attentamente e ne ho parlato personalmente per capire il senso di questo termine colorito. Ritengo che a temerne le conseguenze debbano essere coloro che della politica ne hanno fatto un mestiere o uno strumento per arricchirsi, che hanno approfittato delle cariche ricoperte per aumentare i loro privilegi, che hanno gestito risorse finanziarie e umane in modo non proprio trasparente, che hanno interpretato il ruolo assegnatogli dagli elettori in modo consociativo, che si sono resi responsabili della disastrosa situazione in cui versa il nostro paese, che da tempo immemorabile siedono sulle stesse poltrone senza aver prodotto alcun risultato percepibile».

Lei ha affermato che in Calabria il bisogno della “rottamazione” si avverte di più.
«La mia non era una battuta ma il convincimento pieno che scaturisce dalla conoscenza dei limiti e dei comportamenti di una classe dirigente istituzionale, scarsamente autonoma e priva di autostima per se stessa, che ha poco rispetto del lavoro e dello spirito di abnegazione di tanti militanti desiderosi di avere quella casa comune agognata che è il Partito Democratico e che, purtroppo, è distratta dalla voglia di privilegiare l’interesse personale rispetto all’interesse generale!».

Matteo RenziCosa addebita in concreto alla loro responsabilità?
«Fondamentalmente la loro inerzia operativa dinanzi alla grave situazione che si è determinata nel partito, oramai quasi sfibrato e logorato da oltre due anni di commissariamento, e complessivamente nella Regione, che sta vivendo una condizione assai più grave di quella del Lazio e della Lombardia, dove non si coglie la presenza di un’azione di contrasto che faccia emergere con forza le deficienze di una destra inadeguata ad affrontare le mille emergenze di una Calabria, fanalino di coda in tutte le classifiche nazionali ed europee».

Insomma, con Renzi senza se e senza ma…
«Ripeto che la mia scelta per Renzi non equivale a stare dalla parte opposta a quella di D’Attorre o a quella di Bersani, ma per stare dalla parte del Pd. E lo scelgo anche perché in Calabria, più che altrove vi è bisogno di rottamare. Rottamare, soprattutto, assieme alla “mala” politica la “mala” rassegnazione per dare speranza al futuro della Calabria e del PD!».

Lei in questi anni è stato un amico di Loiero. Oggi però lui vota per Tabacci e lei Renzi. Cosa è successo e perché?
«La scelta di Loiero credo sia nata per rapporti di natura personale e di stima reciproca».
Giovani come Scalzo e Bevacqua votano Bersani mentre lei alla sua età vota Renzi. Siamo davanti ad una mutazione politica, i soliti paradossi oppure è questione di convenienza?
«Non ho capito le scelte fatte da questi giovani i quali avrebbero motivazioni più profonde delle mie per fare una scelta di campo che facesse capire che in Calabria è possibile rompere gli schemi e invertire la rotta. Sicuramente si ravvedranno a breve ma sarà troppo tardi».
E’ vero che se dovesse vincere Renzi avrà un ruolo a livello nazionale.
«Non saprei, me lo auguro. In ogni caso ripropongo la ricandiatura alla segreteria regionale del Pd augurandomi che dall’altra parte ci sia un solo candidato per i bersaniani (o ex)».

Si parla di una sua candidatura al Parlamento. Conferma?
«Nessuna candidatura. [quote style=”boxed”]La mia è una disponibilità totale a far nascere il Pd in Calabria cosa che finora non è accaduta e soprattutto per ripristinare le condizioni di agibilità democratiche mortificate dalla disattenzione della dirigenza nazionale pronta a ascoltare tutti coloro che vanno a Roma con il cappello in mano[/quote] La mia è una disponibilità totale a far nascere il Pd in Calabria cosa che finora non è accaduta e soprattutto per ripristinare le condizioni di agibilità democratiche mortificate dalla disattenzione della dirigenza nazionale pronta a ascoltare tutti coloro che vanno a Roma con il cappello in mano».

Ci va giù pesante! Senta, qual è la cosa di Renzi che l’ha colpita di più?
«L’effervescenza della proposta che nel suo complesso è più credibile perché non bisognevole di giustificazione».
Ciò che fa riflettere è che tutta la nomenclatura sia schierata con un vecchio comunista. Anche gli ex della Margherità, da cui lei proviene. Dov’è l’anima moderata in tutto questo?.

«Premesso che questo non è motivo di preoccupazione, è inquietante che tutta la nomenclatura istituzionale e di partito si sia schierata a sostegno di Bersani. E’ uno scandalo perché neanche in Bulgaria si raggiungevano percentuali di questa natura».
Bersani al Governo come lo vedrebbe?
«Mi auguro di vedere Renzi al governo del Paese».

Torniamo alla Calabria. Come giudica l’operato della maggioranza, della classe politica in generale e dell’opposizione al governo regionale?
«Negative entrambe. La maggioranza non ha dimostrato un’azione incisiva. L’opposizione non si vede. Non è netto il confine dell’azione della maggioranza e dell’opposizione. [quote style=”boxed”]L’opposizione in Consiglio regionale non esiste[/quote] Si alimentano a vicenda per difendere il loro orticello inaridito per assenza di proposte e per assenza di politica. Si tengono aggrappate reciprocamente in una operazione di mutuo soccorso».

Rende, il Prefetto di Cosenza ha nominato la Commissione d'accesso. Il sindaco Cavalcanti: «Gioverà per la verità»

Il Prefetto CannizzaroIl Prefetto di Cosenza Raffaele Cannizzaro, (foto) ha nominato la Commissione d’accesso antimafia per il Comune di Rende, in provincia di Cosenza.  Il fatto è da ricondurre all’arresto, per corruzione, dell’ex sindaco Umberto Bernaudo e dell’ex assessore Pietro Paolo Ruffolo, entrambi anche consigliere ed ex assessore provinciale, che avrebbero ottenuto sostegno elettorale dalla ‘ndrangheta. In una nota della prefettura si legge che il prefetto «ha nominato la commissione incaricata di accertare la sussistenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa nell’Amministrazione comunale di Rende». La Commissione d’accesso è composta dal Vice Prefetto Francesco Antonio Cappetta, dal Vice Prefetto Aggiunto Antonio Gulì e dal Dirigente di prima fascia Domenico Giordano. L’attività di accertamento durerà tre mesi, periodo eventualmente prorogabile. Sulla possibile nomina della commissione, nei giorni scorsi, alla vigilia degli arresti, si era registrata una dura polemica fra il Pdl, che sosteneva la necessità del provvedimento, ed il centro-sinistra, che difendeva l’operato degli amministratori del grosso centro dell’Hinterland cosentino. Al centro delle indagini della Dda di Catanzaro, l’attività di una cooperativa di servizi promossa dal Comune che aveva assunto ‘ndranghetisti o loro congiunti in cambio di sostegno elettorale. Contrariamente a quanto scritto nei giorni scorsi su questo blog, il rappresentante dello stato ha deciso quindi di nominare la Commissione al comune di Rende per «accertare la sussistenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa nell’Amministrazione…». La sussistenza di eventuali tentativi. Una dichiarazione cautissima e proforma. Perché non è ben chiaro fino a che punto i due amministratori, arrestati per corruzione elettorale (senza aggravante mafiosa) per le provinciali 2009 e rimasti in carica al comune fino a maggio 2011 abbiano potuto inquinare la gestione dell’attuale amministrazione guidata dall’avvocato Vittorio Cavalcanti, sempre che, ribadiamo, la Rende Servizi che ancora oggi eroga servizi al comune non abbia inquinato l’attuale consiglio e amministrazione, perché è di questo che si parla dal momento in cui non è possibile sciogliere un consiglio comunale che non esiste più. Da ciò che si apprende in ambienti rendesi, la Commissione è stata disposta per stemperare la tensione che si è creata all’indomani dello scioglimento del Comune di Reggio Calabria. Il Pdl aveva con forza chiesto la Commissione d’accesso per Rende. Come dire, dato che al momento non vi sono elementi concreti, nominiamo lo stesso una commissione antimafia per placare gli animi…Dal canto suo il sindaco Cavalcanti ha detto che la «Commissione d’accesso gioverà a tutti per l’accertamento della verità. Noi -ha proseguito- rispettiamo l’attività della prefettura, questa mattina ho ricevuto i commissari, li ho salutati, ho detto che questo deve essere un momento di chiarezza che può servire a tutti per eliminare qualsiasi tipo di sospetto e trasformarlo in certezza e verità. Lo vogliono tutti e prima il sindaco di una città che continua a ritenere che ha una grande storia e tradizione. Lo dice un sindaco -ha detto ancora- che in un anno e mezzo non ha mai avuto la percezione che questo comune o societa’ collegate fossero infiltrate dalla mafia. Poi, certo, il quadro e il livello di verifica e’ diverso a seconda della mia postazione. Io posso dirlo dalla mia, comunque oggi -ha concluso- e’ il momento in cui si avvia l’attivitàdi verifica che non può che giovare a me, ai cittadini, a tutti perché non potrà che portare all’accertamento della reale situazione».

Alemanno minaccia, se in venti giorni Monti non dà risposte su patto di stabilità ci dimetteremo

«Se entro 20 giorni, quando la legge di stabilita’ verrà approvata in Senato, non ci saranno risposte, ci dimetteremo». Lo ha detto il sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno ribadendo quanto annunciato ieri dai sindaci durante la manifestazione di Milano organizzata dall’Anci. Parlando a Unomattina, Alemanno ha spiegato: «abbiamo protestato perchè il Governo non ci dà risposte sulle prospettive per il prossimo anno sul Patto di stabilità, sui tagli e sull’Imu. L’anno prossimo non saremo più in grado di governare i Comuni e molti andranno in default’. L’uscita di Alemanno riflette l’umore di moltissimi sindaci italiani che pur avendo possibilità di cassa non possono materialmente spendere per via del patto di stabilità interno. Questo significa, al netto dei tagli del governo che di quattrini nelle casse dei comuni ve ne sono, ma se si toccano si sfora il patto interno. Si parla che in Italia i comuni hanno nelle casse otre due miliardi di euro.

No usura day. La crisi spinge. In 3 anni chiuse 450mila aziende

“La crisi e’ un potente supporto dell’usura”: nel triennio 2010-2012 hanno chiuso 450 mila aziende commerciali, artigiane e dei servizi, 150 mila per indebitamento o per usura, cancellando di conseguenza circa 300 mila posti di lavoro.

Sono i dati emersi dalla terza edizione del ‘No usura day’, evidenziati dal presidente della Confesercenti, Marco Venturi.

Gli italiani direttamente invischiati nei patti usurari – ha sottolineato Venturi – sono 600 mila, fra essi ci sono almeno 200 mila commercianti, mentre quelli che sono ad alto rischio usura sono almeno 2 milioni.

Lazio e Campania sono le regioni nelle quali il fenomeno dell’usura, che ha un giro d’affari di almeno 20 miliardi l’anno tocca il suo apice.

”Se guardiamo al capitolo delle denunce presentate vediamo in pochi anni un crollo dalle 398 del 2004 alle 230 recenti”, ha aggiunto, mettendo in guardia dal ”parlare di un problema apparentemente marginale: se guardiamo ai recuperi dovuti alle importanti e recenti operazioni antiusura, ci accorgiamo che questo odioso reato e’ vivo e vegeto”.

Primarie Centrosinistra, Laratta a tutto campo per Bersani. Ma lascia spazio a Renzi per la segreteria del partito

Laratta con Bersani

Va via in treno da Paola per Roma, destinazione Montecitorio. Non ama molto l’aereo, lo prende pure se c’è bisogno, ma lui, Franco Laratta, deputato per quasi due legislature (una piena, l’altra, quella prodiana, di due anni) predilige il treno. «Faccio risparmiare lo Stato e mi trovo a mio agio», dice sornione. In quattro ore è nella Capitale e in quest’arco di tempo legge e scrive, scrive e legge. Sforna almeno sette, otto comunicati stampa al giorno, a dir poco 500 tra mail e sms.

Gli piace comunicare e scrive e telefona all’universo mondo. Non ci fossero computer e telefoni, sarebbe un novello Archimede: inventerebbe qualche marchingegno per farsi sentire dalla sua San Giovanni in Fiore, grosso e isolato centro silano a 60 chilometri da Cosenza. [quote style=”boxed”]Laratta è un comunicatore puro. tanti comunicati al giorno e 500 tra mail e sms[/quote] Prima che il suo mentore politico Dario Franceschini lo catapultasse a fare il parlamentare con il porcellum, Laratta è stato assessore al Lavoro della Giunta provinciale guidata da Tonino Acri («Un grande presidente e amico»)e, per un periodo breve, consigliere regionale nel 2009. Carica cumulata con quella di deputato per una serie di regolamenti di conti all’interno del partito. Ma lui nega questa circostanza. «Non è vero». Da tempo è uomo forte del Pd calabrese, proveniente dalla Margherità.

E’ uno dei pochi, se non l’unico, a pubblicare le sue buste paghe sul web. «Ci tengo perché è un segnale di trasparenza». Guadagna e spende tanto per l’attività politica. Giornalista, oltre alla passione per la scrittura, ama i libri e la buona musica, sempre che quella sfornata da Mina, sia tale. «Lo è, lo è» assicura un po’ infastidito. Sempre garbato, puoi insultarlo come vuoi che non se la prende, ma se gli tocchi Mina, tira fuori gli artigli. Su questo blog lo abbiamo più volte provocato e simpaticamente “deriso” per il fatto che alla sua età sostiene Pierluigi Bersani alle primarie del centrosinistra. Lo telefoniamo mentre è in viaggio.
Onorevole Laratta, ma perchè proprio uno come lei, rinnovatore ante litteram, rottamatore anti-loieriano, si trova a votare Bersani?
«E perchè non dovrei? Bersani non é forse quello, con Franceschini e Veltroni, che ha voluto il 28 enne Salvatore Scalzo candidato sindaco di una città capoluogo di Regione? E per ben due volte!»

Ma a Catanzaro oltre a Scalzo c’èra ben poco e comunque non sembra un motivo sufficiente…
«Si che lo è. Attorno a questa storia ci sono state troppe chiacchiere. Scalzo è la prova delle scelte coraggiose fatte dal Pd di Bersani. Oggi perché dovrebbe votare Renzi?»
Ma che c’entra? Bersani comunque rappresenta il vecchio!
«Bersani è candidato a Presidente del Consiglio, mica allo Zecchino d’Oro! E’ uomo forte, stabile, competente».
Questo lo pensa lei. Ma Bersani è pur sempre un ex comunista e lei un cattolico moderato!
«Certo che lo dico io? Sa una cosa poi?»[quote style=”boxed”]Bersani è candidato a Presidente del Consiglio, mica allo Zecchino d’Oro! E’ uomo forte, stabile e competente. Renzi andrebbe bene alla guida del partito[/quote]
Cosa?

«Io non sono mai stato un moderato. Nel Pd passo anche per un “estremista”, soprattutto qui in Calabria».
Estremista per via dei blitz sui binari, negli ospedali con Guccione o perché ascolta Mina?
«Ancora con Mina? Dai, ma il suo è un chiodo fisso»!
La linea cade. Ma lo ribecchiamo mezzoretta dopo. «Basta con Mina. E’ il mio punto debole». Ricordate gli artigli, ecco!
Continui, prego.
«Come nel passato con Loiero sono l’unico ad attaccare frontalmente Scopelliti, ho duramente contestato la gestione della Rai calabrese, vado spesso nelle carceri e passo il Natale con i profughi di Rosarno e di Amantea».
E qualcuno le manda pure lettere anonime di minacce…
«Infatti, ma vede, non mi faccio intimidire da nessuno. Proseguo nel mio lavoro di denuncia quotidiana».
Torniamo a parlare di primarie. Ma come si fa a votare uno come Bersani, un ex comunista, uno che farfuglia battute insipide. E poi quel “Siam mica qui a pettinar bambole”, su!
«Ma io l’ho visto operare al governo Prodi…»
Scappa spontaneamente da ridere ma l’onorevole prosegue…
«… ed è stato il primo ministro davvero liberale e riformista. Basti pensare alle ‘lenzuolate di liberalizzazioni’. Provvedimenti che hanno avviato riforme storiche per il Paese e per i giovani. Un tocco di modernità atteso da decenni».
Guardi, stendiamo un lenzuolo sulle liberalizzazioni di Bersani…Penso che uno come lei dovrebbe stare con Renzi. Perché no?
«Perchè, ad esempio, non gli ho sentito dire niente di veramente liberale e riformista per il futuro del Paese. Lo vedo proiettato a cambiare il partito (la ‘rottamazione’, che pure ha fatto bene al Pd) ma non dice niente di alternativo per l’economia, l’Europa, la finanza, il lavoro, la crisi sociale e culturale del Paese».

Anche lei a condannare Renzi come D’Alema, la Bindi e tanti altri.«Al contrario: Renzi ha fatto bene al partito, lo sta aiutando a svecchiarsi e a prendere la strada della modernità e del cambiamento. Però queste sono primarie per la guida del Governo, in un momento drammatico. Nel cuore di una crisi dalle conseguenze devastanti. Non stiamo celebrando il congresso nazionale del Pd».
Va detto che non è scontato che il centrosinistra vinca le elezioni, o da quella parte siete sicuri al 100 percento?
«Sarà una grande sfida in cui si spera possano prevalere le nostre proposte di governo. Un anno di Monti è stato più che sufficiente, ora basta»
Ma Monti ce l’avete piazzato voi a Palazzo Chigi, mica altri. Avevate dieci punti avanti nei sondaggi. Si potevan fare le elezioni, o no?
«In quella precisa fase storica è stato meglio così. A Monti abbiamo dato nelle mani il Paese mentre stava affondando. Le do solo un dato. A Novembre 2011, lo Stato non aveva i soldi per pagare gli stipendi e le tredicesime di Dicembre. Un dramma. Mentre qualche mese prima c’è stato in Parlamento il “più grande statista dopo De Gasperi”, a giurare che la crisi era solo psicologica, che avevamo i migliori conti d’Europa. Dopo qualche mese, sono stati necessari tagli per 400 miliardi di euro!»
E adesso?
«Adesso dobbiamo dire grazie a Monti per aver tirato fuori il Paese dal baratro, ma ora tocca alla politica, alla buona politica, mettere in piedi programmi per il rilancio, per il lavoro, per la ripresa. Urgentemente, prima che il Paese si ritrovi immerso in un incubo! Più politica, più Europa, per salvare l’Italia».

E se arriva Grillo in Parlamento, anzi è certo che ci arriverà, secondo i sondaggi…

«Passeremo da un buffone ad un comico. L’Italia è un Paese che non si smentisce mai. Grillo sarebbe devastante nelle istituzioni. Ma, e lo dico con franchezza, il comico genovese ha raccolto le istanze di quella parte del Paese che ha sognato con Berlusconi, e oggi si riscopre affranta e sconfortata senza nulla in cui credere. Vuole cambiare radicalmente. Grillo è una farsa, ma una parte dei grillini saranno un risorsa!»[quote style=”boxed”]Siamo un partito di gente onesta e perbene. Se ci sono mele marce, noi siamo in grado di isolarle e di mandarle via[/quote]
Laratta con Franceschini al forum dei giovani del PdIl Pd calabrese non è messo bene. E’ così vecchio, così consumato. Tutto da rottamare, o quasi, ora è pure nei guai giudiziari il suo partito.
«Si sbaglia: siamo un partito di gente onesta e perbene. Se ci sono mele marce, noi siamo in grado di isolarle e di mandarle via. Altrove chi commette reato è un eroe, come minimo lo fanno ministro. O presidente di Regione! Da noi è uno che sbaglia e va processato. La magistratura vada avanti speditamente, senza alcuna remora».

A sentirla parlare sembra Di Pietro. Dov’è finito il suo garantismo?
«Non è questa la questione. Gli avversari spesso si nascondono dietro al garantismo…»
Prossime le elezioni. Da Roma a Catanzaro giungono voci che sarebbe uno dei pochissimi uscenti nel Pd a essere riconfermato…

«Mah, non saprei. Io ho fatto il mio dovere, non mi sono mai fermato, ho sempre combattuto le battaglie che ritenevo giuste per la nostra terra. Ho fatto tutto quello che potevo, senza risparmiarmi mai. Una cosa è vera: mi trovo spesso a lavorare con i giovani, anche giovanissimi, dei quali condivido ansie e aspirazioni»
Porcellum, Mattarellum o il ritorno delle preferenze? Onorevole, dai, il suo partito era diventato il Pd delle Vedove, con tutto il rispetto per le signore.
«Dico una cosa che il mio partito non condivide: io sono per le preferenze. Sì, lo so, sono un rischio in realtà inquinate come le nostre. Ma i cittadini chiedono a gran voce di scegliere i parlamentari. Giusto ascoltare questa voce fortissima che si alza nel Paese».
Glissa sulle vedove…

Allora, ci ripensi: Renzi o Bersani (oppure Vendola)
«Bersani oggi. Bersani per il governo. Per il partito, come per la Calabria, ascoltiamo Renzi, ragioniamo su come cambiare il Pd. Insieme. Perché solo un Pd forte potrà salvare il Paese e la Calabria».[quote style=”boxed”]Su Loiero che sostiene Bersani Laratta risponde: “No comment!”[/quote]
Glissa pure su Vendola…
Bene, è inutile insistere.
«Mi fa dire una cosa?»
Prego, se vuole si faccia una domanda e si dia una risposta. Alla Marzullo…
«Sa quando si voterà in Calabria?»
Si, nel 2015
«No, nel giugno 2013!»
E come lo sa? Lo dice perché è un feroce oppositore di Scopelliti?

«Lo so. Sono alla frutta. Sono nel panico. Scopelliti ha finito. Ha distrutto Reggio, si è dimostrato letteralmente incapace alla guida della Regione. Non dura».
Lei diceva anche di peggio a Loiero ma poi è durato cinque anni. E’ lana caprina, la sua
Piuttosto una cattiveria finale…

«Dica»
Che effetto le fa sapere che c’è anche Loiero tra i sostenitori di Bersani? (La domanada è stata posta prima che Loiero annunciasse il sostegno a Tabacci) 
«No comment! Chiudiamo qui. Grazie».
Sentir parlare dell’ex governatore della Calabria a l’onorevole Laratta provoca il mal di testa. Mi conceda e prosegue per il suo cammino.

Sciame sul Pollino, e se le scosse fossero dovute alle trivellazioni dell'Eni in Basilicata? Le procure indagano?

Estrazioni di Petrolio in Basilicata e la terra che trema sul Pollinodi Vito Barresi*

Rischio sismico e prevenzione, dissesto idrogeologico, rottamazione edilizia… petrolio e falde acquifere. Ma che succede nella Valle del Petrolio che sta proprio al piano di sotto lo sciame sismico che fa traballare ormai da mesi, ripetutamente, il Massiccio del Pollino? Sgomenti, confusi, frastornati, disorientati e persino incantati dalla superficiale leggerezza di chi usa in modo improprio la parola sciame come il dolce miele del reame, mentre la terra trema in alto, lassù nell’area del Pollino, [quote style=”boxed”]Cosa avviene in basso, a valle, in Basilicata, dove il fuoco adesso è spento e scorre l’acqua torrenziale del Basento[/quote] solo pochi trangugiano a stento l’amara soluzione ‘Giuliani’. Chiedendosi, prima di brindare alla fine delle scosse, cosa avviene in basso, a valle, in Basilicata, dove il fuoco adesso è spento e scorre l’acqua torrenziale del Basento, tanto caro al romanziere Raffaele Nigro? Può, forse, rintracciarsi un geologico nesso tra il Pollino e la Val d’Agri, tra la scossa continua e le estrazioni petrolifere permanenti dell’Eni e della Shell nei tanti pozzi di campagna? Tutto probabile. L’attività di estrazione degli idrocarburi è un’attività ad alto impatto ambientale, che nessun protocollo d’intesa potrà minimizzare, nessuna compensazione ambientale potrà banalizzare. Di fronte a un’informazione pubblica regionale e nazionale, completamente ripiegata sul risultato del terremoto e non sulle vere cause, ne parla ‘Notizie Radicali’, la testata online diretta da Valter Vecellio dove ci si chiede testualmente: “E adesso come la mettiamo? Come conciliamo la presenza di un pozzo di reiniezione in una zona ad alto rischio sismico e in prossimità di un invaso?  Quando i signori procuratori delle illustrissime Procure della Repubblica di Potenza e Lagonegro decideranno di indagare sul Pertusillo e magari sull’ennesimo ‘giallo’ Arpab (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Basilicata)?
“Quando la terra trema – per il geologo Giampiero D’Ecclesiis, dell’istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia – non è solo per caso: la Val d’Agri è “una delle aree italiane a maggior potenziale sismogenetico”. Questa la sua opinione sui rischi connessi alle attività di estrazione e raffinazione idrocarburi condotte in una delle zone d’Italia a maggiore pericolosità sismica. Suffragata dalle stesse osservazioni del prof. Franco Ortolani – ordinario di Geologia e Direttore del Dipartimento di pianificazione e scienze del territorio dell’Università Federico II di Napoli –   secondo cui ‘viviamo e soffriano nell’Italia delle eterne emergenze e del senno di poi, dove il dissesto idrogeologico é indubbiamente figlio del dissesto ideologico’.

Il Prof. Vito Barresi
Il Prof. Vito Barresi

Eppure basterebbe ben poco, non già per asseverare bensì smentire, l’eventuale nesso tra attività sismica e attività estrattiva. Per esempio una moratoria petrolifera temporanea, lo stop alle attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi sull’intero territorio regionale per un lasso di tempo ragionale tale da permettere controllerie tecniche e verifiche scientifiche. [quote style=”boxed”]Lungo la strada che collega Mormanno all’autostrada, in Val d’Agri le trivelle continuano a trapanare il sottosuolo, giorno e notte[/quote] Sempre lo stesso prof. Ortolani, tra l’altro, si è soffermato sulle attività di estrazione idrocarburi effettuate in Val D’Agri, sulle trivellazioni in atto nei Campi Flegrei, sul terremoto che ha colpito la vicina Emilia, sui ciclici disastri che colpiscono il “Bel Paese”. Lo sciame e la trivella come il pozzo e il pendolo di Edgard Allan Poe? Non si tratta solo di suggestioni letterarie. Qui, infatti, mentre tutti guardano nei servizi dei Tg di stato i segni del terremoto, lungo la strada che collega Mormanno con la Salerno – Reggio Calabria, in Val d’Agri le trivelle continuano, ripetutamente, costantemente, a trapanare il sottosuolo, giorno e notte. Mal scavato, vecchia talpa?
* Antropologo

Nel Pdl evviva Giorgia. Per Alfano saranno “Meloni”? Col partito al 13% la base spera in cambiamento. Non vogliono girare pagina e trovare ancora il Cav.

E’ uscita fuori dal coro del Popolo delle Libertà, l’ex ministro Giorgia Meloni. Fuori da quell’unanimismo che ha rovinato prima la Destra, poi il Paese. Un coro, oggi, tutto appiattito su Angelino Alfano, l’uomo videocomandato da Silvio Berlusconi che nonostante passi indietro e smentite, rimane a(r)corato sulle sue posizioni: il partito l’ho fatto io e sarò io a decretarne successi e sventure. I sondaggi al 13 percento, la percentuale che prendeva prima la sola An, dicono tutto sullo stato di salute del partito fondato a San Babila. E’ come dire che Forza Italia, che prima aveva il 25 percento si fosse dissolta nel nulla, volatilizzata. Fuuw! All’interno del Pdl crescono i malumori ma nessuno ne parla. Molti sono i timori, molte le paure soprattutto dei parlamentari che sperano in Silvio (tramite il sostegno ad Alfano) in una ricandidatura. Nessuno ha il coraggio di spezzare il cordone ombelicale, il filo sottile che lega i destini della nostra terra ad un uomo rimasto al potere quasi venti anni e non si rende conto che è ora di lasciare. Che il suo ciclo è finito. Sembra tutto avvolto nella tristezza:  ti guardi intorno e trovi stralunati che davanti ti parlano bene di Angelino e Silvio, ti giri e senti le cose peggiori. Un po’ come succede tra “ex fascisti”: “mi raccomando, davanti agli altri non chiamarmi mai camerata, quando siamo soli sai che ci tengo…”. Un po’ com’è successo del resto a Fini. Tutti erano ubbidienti e reverenziali, poi è venuto il Cav. e via, tutti con l’altro Capo: un principale più disponibile e più “facoltoso”, soprattutto aveva un po’ del Duce ed evocava la figura di Re Artù, attorno a cui sedevano i cavalieri della tavola rotonda. Uomini di bassa lega, adulatori, yesman; sono gli stessi che hanno dato del “traditore” a Fini quando ha dissentito da Silvio ma guai a “tradire” loro. Tutti “fidel” al Capo, come i fidel di Cuba. Tutti pseudo capetti che vivono con la cultura del capo e con la speranza di diventare tale: un capetto da birreria. La Russa, era uno di questi a Milano, prima di diventare un capo corrente.

Va dato quindi atto alla Meloni di aver rotto gli schemi, gli equlibri. Ancora è presto per capire se la mossa dell’ex ministro è studiata (e concordata con B.) per contenere la grande delusione della base, oppure è una scelta spontanea che è stata pensata e ragionata appunto perché c’è bisogno di pluralismo e “Libertà” in un partito che questa parola ce l’ha nel nome ma non nella genesi, nel dna. Lo stesso gesto della Meloni era atteso dall’ex ministro e sindaco di Roma Gianni Alemanno, che avrebbe potuto giocarsela con Alfano, sondaggi favorevoli alla mano ma poi ha rinunciato per ricandidarsi a sindaco di Roma, senza che l’esito della vittoria sia garantito. Anzi, gli umori sono del tutto sfavorevoli. Ha preferito fare la seconda, terza fila, stare dietro ad Angelino per voltare pagina, girata la quale troveranno sempre e comunque lui, Silvio Berlusconi, l’irriducibile, il proprietario, il padrone, il dominus di un movimento virtuale, intangibile, rappresentato a livello locale da piccoli padroncini come se fosse un’azienda in Franchising, piramidale, con gli elettori e la base che sono allo stesso tempo venditori e clienti.

Alemanno, a differenza dei Gasparri, Cicchitto, La Russa, Bondi, Cosentino, Brancher, Dell’Utri e tanti altri, avrebbe potuto dare insieme a gente come Meloni, una svolta seria all’interno del Pdl. Un po’ come Maroni sta cercando di fare con la Lega dopo gli scandali di Bossi. Dare cioè quell’anima “sociale” ad una destra irriconoscibile che ha perso la sua identità storica e culturale e, molto probabilmente, qualche milionata di elettori.

“Credo – scrive Giorgia Meloni sul sul blog – valga la pena offrire il proprio contributo per cercare di riportare il Popolo della Libertà e il centrodestra italiano il più vicino possibile a quel 38 per cento con il quale è nato, mentre oggi i sondaggi lo attestano a percentuali molto più basse. Mi piacerebbe – prosegue – che si potesse rappresentare un po’ i delusi, cioè quell’oltre 20 per cento di italiani che oggi non si sentono più rappresentati da noi. E credo di poterlo fare in parte perché delle volte il centro destra e il Popolo della Libertà hanno deluso anche me. Credo che valga la pena di dire che bisogna difendere il bipolarismo anche da chi pensa che si possano fare delle leggi elettorali che sono veri e propri complotti ai danni del popolo italiano, che sono studiate per garantire ingovernabilità e per riportare a Palazzo Chigi Mario Monti. Credo che bisogna dire che l’esperienza di Monti è stata un’esperienza fallimentare e che in nessun modo può essere reiterata in Italia, che bisogna restituire agli italiani il diritto di scegliersi i governi dai quali farsi rappresentare e non farseli dettare dalla Casa Bianca, dalle cancellerie europee e da nessun altro. Credo che valga anche la pena di dire che la politica rimane una straordinaria forma di impegno civile, che non è vero che i politici sono tutti uguali, che ci sono brave persone e ci sono persone pessime. Credo che bisogna dire che l’esperienza di Monti è stata un’esperienza fallimentare e che in nessun modo può essere reiterata in Italia, che bisogna restituire agli italiani il diritto di scegliersi i governi dai quali farsi rappresentare. Meloni. E se noi non sappiamo distinguere saranno i migliori che molle ranno. Io mi aspetto il sostegno di quelli che vogliono cambiare. Sono una persona che ha molto chiaro da dove viene, sono fiera della mia storia ma ho anche molto chiaro dove voglio andare. Vorrei andare verso il futuro e quel futuro è fatto di idee nuove, di persone nuove e di tutti quelle che pensano che la politica debba essere rimessa in mano al popolo italiano e debba essere tolta dal predominio degli apparati. Tutti quelli che pensano che bisogna tornare alla partecipazione, alla meritocrazia, al consenso, all’onestà e a una grande domanda civile che ci viene dagli italiani e che ci piacerebbe poter rappresentare”. Ed è un peccato che un “uomo del cambiamento” come Giuseppe Scopelliti. Scopelliti si guardi bene da alcuni “amici” di partito che sono assillati dalla sua sostituzione… non abbia colto o non abbia voluto cogliere questa sfida. Schierandosi con Alfano ha fatto una scelta di comodo, sicuramente non di campo. Una decisione poco coraggiosa, certamente libera ma anche contraria ai principi espressi sopra da Giorgia Meloni, storica “camerata” di partito del leader calabrese. Probabilmente in attesa che si rassereni il clima politico appesantito dalle vicende reggine. O, nella peggiore delle ipotesi, attendere ignari il disarcionamento da parte dei “falsi” amici e compagni di partito che potrebbero pensare di “sostituirlo” con un altro “Capo” o (ex Capo) da decenni nelle istituzioni.

Carceri, associazione Antigone: "Aumentano i suicidi. Il più giovane aveva 21 anni". Oltre 66mila i detenuti. Uno su tre è straniero

Aumentano i suicidi nelle carceri italiane super affollate. Dieci persone in più dell’anno scorso si sono tolte la vita in carcere: sono 53 in tutto. A sottolinearlo è l’associazione Antigone nel rapporto annuale presentato oggi a Roma. Sono 93 i detenuti morti in carcere, di questi 50 per suicidio in cella, uno per sciopero della fame (Lecce), uno per overdose (Regina Coeli), uno per omicidio (Opg di Aversa), 31 per cause ancora da accertare e 9 per malattia. A questi numeri si devono aggiungere altri quattro morti nelle camere di sicurezza, di cui 3 per suicidio: tutti giovani stranieri, tra i 26 e 31 anni. Nello stesso periodo dello scorso anno erano morti 91 detenuti, 43 dei quali per suicidio.
Il piu’ giovane a togliersi la vita aveva 21 anni, era italiano ed e’ morto a San Vittore: incensurato, era accusato di molestie sessuali ai danni di minorenni e aveva denunciato piu’ volte di aver subito violenze dagli altri detenuti. Tra i suicidi anche due donne: una madre tossicodipendente di 36 anni che si e’ impiccata nella sua cella nel carcere di Sollicciano sei mesi prima di uscire; l’altra era un’etiope di 55 anni, condannata a 18 per omicidio. Il suo avvocato ne aveva chiesto l’assoluzione per infermita’ mentale.
Ma chi sono i detenuti nelle carceri. Chi sono i 66.685 detenuti nelle carceri italiane? Il detenuto tipo è uomo, le donne sono solo il 4,2% della popolazione carceraria. Uno su tre è straniero e quattro su dieci hanno meno di 35 anni e i reati piu’ comuni sono quelli contro il patrimonio, e subito dopo quelli legati agli stupefacenti. Gli ergastolani sono 1.567, mentre a fine 2005 erano 1.224. Tra i dati raccolti dall’associazione Antigone nel rapporto annuale c’e’ la provenienza geografica dei detenuti: gli italiani vengono dalla Campania per il 26,3%, Sicilia 17,9%, Puglia 10,5%, Calabria 8,6%, Lombardia 7,3% e Lazio 6,5%. Gli stranieri sono 23.789 (su 66.685), e rappresentano il 35,6% dei detenuti, una percentuale stabile ormai da tempo, nonostante la direttiva rimpatri, che prevedeva il carcere in caso di mancata ottemperanza dell’ordine di espulsione sia stata bocciata ad aprile 2011 dalla Corte di Giustiza europea (al dicembre del 2010 gli stranieri erano il 36,7%). Le nazionalita’ piu’ rappresentate sono quella marocchina (19,4%), romena (15,3%), tunisina (12,7%), albanese (11,9%) e nigeriana (4,4%).

Dossier sulle morti in carcere

Abolizione province, il 53% degli italiani è a favore

Carlo Rienzi presidente del CodaconsAbolizione province: quale destino per gli enti locali? Codacons e Comitas lo hanno chiesto ad un campione di 2.950 soggetti, rappresentativo dei cittadini, dei piccoli imprenditori e dei professionisti: il 53% degli intervistati si e’ detto favorevole all’abolizione di tutte province italiane, contro un 35% che non e’ affatto d’accordo con tale proposta (il 12% ha risposto ”non so”).

Ma dalla ricerca e’ emerso anche che tra abolire le regioni o le province, gli italiani preferirebbero cancellare le prime. Il 44% del campione, infatti, abolirebbe le regioni, contro il 37% di coloro che hanno indicato le province. Solo il 5% cancellerebbe entrambi gli enti.

”Questo dato – sottolineano Codacons e Comitas – e’ sicuramente influenzato dagli ultimi scandali che hanno visto coinvolte alcune regioni italiane, all’interno delle quali si sono verificati sperperi di denaro pubblico se non veri e propri furti dei soldi dei cittadini”.

Sono state poi sottoposte al campione due proposte (emerse nell’ambito della ricerca ”L’Italia che vogliono gli italiani”) finalizzate a ”razionalizzare e ottimizzare competenze e prestazioni”:

fondere Province, Camere di commercio e Prefetture, e limitare le Regioni a sole 4 Macroregioni (Nord Ovest, Nord Est, Centro Nord, Centro Sud, Sud). Favorevole all’accorpamento di Province, Camere di Commercio e Prefetture si e’ detto il 57% del campione (contrario il 25%, il 18% non sa), mentre la proposta delle quattro macroregioni e’ bocciata dal 63% degli interpellati (favorevoli il 29%, mentre l’8% non sa).

 

 

Caso Rende, la Commissione d'accesso? Non può sciogliersi un Consiglio che non esiste più. E mancano i presupposti…

Il Prefetto Cannizzaro ricevuto dal Presidente Mario Oliverio
Il Prefetto Raffaele Cannizzaro con il Presidente Oliverio

La Commissione di accesso antimafia per Rende? Nessuno sa ancora niente, nonostante le indiscrezioni dei giorni scorsi. Il prefetto di Cosenza, Raffaele Cannizzaro l’altro giorno non ha espresso questa eventualità. Del resto è lui che riceve la delega dal Viminale e nomina la terna commissariale. Alcuni aspetti non sono ancora chiari in ordine all’inchiesta che ha portato ai domiciliari due consiglieri provinciali del Pd: Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo (assessore all’Istruzione della giunta Oliverio autosospesosi in seguito ad altra inchiesta per usura) che erano “ex” sindaco ed “ex” assessore del comune di Rende. [quote style=”boxed”]Un dilemma assilla il Prefetto Cannizzaro: chiedere la commissione per la Provincia di Cosenza o per il Comune Rende?[/quote] Ex amministratori, dunque. In teoria non avrebbero più potuto condizionare né il consiglio comunale, da cui sono fuori,  né l’amministrazione comunale di Rende guidata da oltre un anno da Vittorio Cavalcanti che con un remotissimo scioglimento pagherebbe il prezzo più alto, pur essendo estraneo ai fatti contestati ai suoi predecessori. A meno che non siano accertati “condizionamenti mafiosi” dell’attuale amministrazione da parte della “Rende Servizi”, società al centro della tempesta giudiziaria dove sarebbero stati assunti presunti boss della mala. L’inchiesta della Dia che ha fatto scattare le manette ai polsi di Bernaudo e Ruffolo (con notifica in carcere dello stesso provvedimento a Michele Di Puppo, presunto affiliato alla cosca Lanzino-Ruà) riguarda l’ipotesi di corruzione elettorale, senza “aggravante mafiosa” alle elezioni provinciali del 2009. [toggle title_open=”chiudi” title_closed=”Una marea di voti” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]”Cinquemila voti in due collegi. Esiti alla Ceaușescu. L’opinione della gente? Sono lo specchio. I cittadini di Rende li rivoterebbe. Se si ripresentassero prenderebbero anzi il doppio dei consensi. E’ nella cultura rendese. Di un regime!” Anonimo rendese[/toggle] E quand’anche ci fosse stata l’aggravante mafiosa, l’ente da porre sotto i riflettori dovrebbe essere non il comune di Rende, ma la Provincia di Cosenza, dove i due politici hanno stravinto le elezioni nei collegi di Rende 1 (Ruffolo con 2.562 voti) e Rende 2 (Bernaudo con 2.482 voti). Questo proprio grazie al presunto appoggio delle ‘ndrine, come ritiene l’accusa. [toggle title_open=”Chiudi” title_closed=”Primarie in Secondo Piano. Ecco il nuovo che avanza…” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]Principe e Oliverio sono in seria difficoltà. Come giustificheranno questi arresti a Bersani, alle primarie preferito dai due potentati politici calabresi. D’Attorre è inesistente. A San Giovanni in Fiore, città di Oliverio, anche un “giovane” come Franco Laratta – che parla sempre di rinnovamento – si esprime per il vecchio, stanco e logoro Bersani. Cosa avrà promesso in cambio Pierluigi? E il giovanissimo vice di Oliverio, Mimmo Bevacqua, di ZonaDem, movimento che straparla di “svecchiare” la classe politica come giustificherà ai suoi amici la scelta di sostenere Bersani. Principe e Oliverio, “nemici” a distanza, lo fanno per il ruolo che ricoprono ed è pure legittimo, ma “innovatori” come Laratta e Bevacqua (uomo di Gentiloni il quale ha capito l’andazzo e vota Renzi) come lo giustificano ai loro amici “virtuali”? Cosa c’è in ballo? Diranno che Renzi è inadeguato?. Ma perché, costoro sono “adeguati” per i prestigiosi ruoli che ricoprono?[/toggle] In buona sostanza col comune di Rende Ruffolo e Bernaudo non c’entrano più nulla dal maggio 2011, cioè da quando si è rinnovato il consiglio comunale, nuovo sindaco Cavalcanti. E se non c’entrano più col consiglio comunale, la Commissione d’accesso antimafia su quali basi potrebbe lavorare? Il Caso Reggio è diverso, perché la contiguità mafiosa sarebbe stata accertata tra la multiservizi, il comune e alcuni consiglieri in carica arrestati per associazione mafiosa. Tornando all’inchiesta Terminator, non è ben chiaro, anche perché c’è sì l’ipotesi del voto di scambio ma senza “l’aggravante mafiosa”. A questo punto ci sarebbe da chiedersi, eventualmente, contro quale ente intervenire? Il comune di Rende o la provincia di Cosenza? I reati contestati si sarebbero consumati per essere eletti alla Provincia di Cosenza, non al Municipio di Rende. [quote style=”boxed”]Bernaudo e Ruffolo sono stati arrestati per voto di scambio per le provinciali 2009. Non sono più nel comune di Rende dal 2011[/quote] E, una volta eletti alla Provincia di Cosenza, il Presidente Mario Oliverio per accordi con il dominus di Rende Sandro Principe, ha deciso di nominare Pietro Ruffolo assessore all’Istruzione; quindi, prima di autosospendersi per altre grane giudiziarie, aveva un ruolo di peso (per più di un anno) all’interno dell’amministrazione e, insieme a Bernaudo, all’interno del Consiglio provinciale. Non è dunque escluso che l’attenzione del Prefetto Cannizzaro e del Viminale guidato da Annamaria Cancellieri possa rivolgersi all’interno del Consiglio Provinciale di Cosenza dove i due esponenti del Pd, come dicevamo, hanno avuto ruoli di primissimo piano. Ma mancando il requisito “dell’aggravante mafiosa” (depennata dal Gip), necessaria per un “accesso” della commissione del ministero dell’Interno, il prefetto di Cosenza come potrà giustificarne la richiesta? Su quali basi? [toggle title_open=”Chiudi” title_closed=”L’onnipotente” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]”Chiamatemi onorevole anche se non lo sono, ma quando lo diventerò vi sistemerò a tutti e allora dovrete (dovrete) chiamarmi il Signore”. Politicante cosentino[/toggle] Non saranno sufficienti le interrogazioni parlamentari di Angela Napoli e del Pdl sul “Caso Rende”, anche perché gli scioglimenti si dispongono se il condizionamento o la contiguità mafiosa è in atto con la consiliatura attuale. Non è cioè possibile sciogliere un consiglio comunale che non c’è più. Ruffolo e Bernaudo potrebbero pagare sul piano penale e politico presunte infiltrazioni con la loro passata gestione ma non è oggettivamente possibile trasferire le responsabilità sulla gestione Cavalcanti, sempre che, ribadiamo, non ci siano “novità” finora non emerse in ordine alla “Rende Servizi” che continua a erogare servizi per il comune. [toggle title_open=”Chiudi che è meglio” title_closed=”Chi perde e chi vince” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]Bersani perde due Grandi Elettori alle primarie del centrosinistra. Almeno Ruffolo, avrebbe portato a votare anche le “Pietre” ad Arcavacata, la sua roccaforte, dove alle scorse primarie del Pd avrebbero votato 1000 persone in più tra iscritti a votare e residenti. Peccato per Sandro Principe che, avendo rotto i rapporti con Bernaudo, poteva contare sull’appoggio di “San Pietro” per far bella figura con Pierluigi[/toggle]Tutt’al più si dovrebbe sciogliere la società in house, non il consiglio comunale. Per concludere, sul presidente Mario Oliverio pesano sul piano politico queste inchieste che gli hanno “regalato” tre consiglieri arrestati, di cui un suo assessore. A gennaio di quest’anno Giuseppe Carotenuto, consigliere eletto nella lista di ‘Calabria Riformista’, poi approdato al Pdl, arrestato per associazione a delinquere, peculato e truffa; tre giorni fa Bernaudo e Ruffolo, due pezzi da 90 del Pd di Rende entrambi di fede principiana e bersaniana.

Sisma in Emilia, via libera dell'Ue per 670 mln di euro. Il "no" della destra europea. Quanti per il Pollino?

Continua l’iter del fondo europeo da 670 milioni per il terremoto in Emilia-Romagna. Oggi é stato approvato a larghissima maggioranza dalla Commissione Bilancio del Parlamento europeo, ma non sono mancati due voti contrari dall’ultradestra di Gran Bretagna e Olanda. Ad esprimere il ‘no’: Marta Andreasen, esponente degli indipendisti inglesi euroscettici dell’Ukip, e Lucas Hartong, eletto nelle file del Pvv del leader xenofobo olandese Geert Wilders. Voto dal peso puramente simbolico, il loro, per un provvedimento a favore del quale l’Europarlamento martedì scorso ha chiesto e ottenuto una corsia preferenziale, stralciandolo dalla trattativa (bloccata) con il Consiglio Ecofin sui budget 2012 e 2013. Due giorni fa i ministri hanno approvato lo stralcio ed il finanziamento del fondo (cui gli stati contribuiranno con ‘denaro fresco’ secondo le usuali quote di ripartizione), ma Gran Bretagna, Olanda e Svezia avevano votato contro. Non per negare solidarietà ai terremotati, avevano dichiarato, ma perché chiedevano che il finanziamento venisse da eventuali fondi Ue ancora non utilizzati. La conclusione dell’iter è prevista per la settimana prossima: martedì’ il Consiglio Affari Generali darà l’approvazione formale ‘senza discussione’, mercoledì sarà votato in plenaria a Strasburgo.
Intanto in Italia, dopo lo stato di emergenza dichiarato dal Consiglio dei ministri, si attende quanto denaro sarà stanziato per il sisma sul Pollino del 26 ottobre 2012.  Bisognerà prima quantificare i danni che, da quello che dicono i sindaci interessati, ammontano  a svariate decine di milioni di euro.

Carceri, anche i penalisti si lamentano: "Presto, fate qualcosa"

Manifesti affissi in tutti gli uffici giudiziari italiani, mobilitazioni con assemblee, convegni, conferenze stampa da Nord a Sud, per chiedere alle forze politiche di utilizzare gli “ultimi scampoli di legislatura per assumere provvedimenti che il dramma sociale delle carceri

impone”: il 22 novembre, data dell’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria indetta dall’Unione Camere Penali per denunciare le “intollerabili condizioni dei penitenziari”, sarà un’occasione per mobilitare l’interno Paese su un tema che, come recita il manifesto dell’astensione, non può più aspettare.

In tutta Italia – si legge in una nota – gli avvocati delle Camere Penali osserveranno un minuto di silenzio, all’apertura delle udienze, come ulteriore forma di denuncia e lo stesso avverrà al Congresso nazionale forense, che si aprirà a Bari in quel giorno.

A Roma, alle 10,30, si terrà una manifestazione nell’aula ‘Occorsio’ di piazzale Clodio a cui parteciperanno, oltre all’avvocato Alessandro De Federicis, responsabile dell’Osservatorio Carcere dell’Ucpi, anche il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli, il numero due del Dap, Luigi Pagano e il presidente di Antigone Patrizio Gonnella.

Una partecipazione “significativa”, che mette in luce come “sull’emergenza carceri l’avvocatura penale si rivolga a tutte le componenti del pianeta giustizia”. Anche il leader dei Radicali Marco Pannella, che da lunedì prossimo ha indetto 4 giorni di sciopero per la battaglia sul voto ai detenuti e l’amnistia, ha dato “piena adesione e sostegno all’astensione dei penalisti”.

L’Unione Camere Penali è anche tra i firmatari del ‘Manifesto contro l’ergastolo’, in prima linea anche in questa ultima campagna lanciata da Umberto Veronesi in occasione della conferenza internazionale ‘Science for peace’.

‘Ndrangheta, finisce la latitanza di Ettore Lanzino

Si nascondeva all’interno di una mansarda di un condominio a Commenda di Rende (Cs), Ettore Lanzino, 57 anni, ritenuto “l’irriducibile boss” della ‘ndrangheta cosentina. Ricercato dal 2008, Lanzino è stato arrestato nel tardo pomeriggio di oggi dai militari del Reparto operativo del Comando provinciale di Cosenza e del Ros, con la collaborazione dei “Cacciatori di Calabria”.

Con lui, in manette, il suo luogotenente Umberto Di Puppo, accusato di favoreggiamento e Renato Mazzulla, presunto fiancheggiatore. Lanzino si era reso latitante quattro anni fa quando scattò l’operazione “Terminator” contro le cosche cosentine. Gli investigatori hanno scovato l’uomo dopo molti mesi di pedinamenti e intercettazioni. Secondo il gip di Catanzaro Tiziana Macrì, sarebbe stato Lanzino uno dei responsabili degli omicidi del cosentino Vittorio Marchio e del boss di San Lucido, Marcello Calvano.

L’operazione di oggi segue quella di ieri dove nel filone “politico” dell’inchiesta “Terminator 4” sono finiti in manette per corruzione elettorale l’ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo, l’ex assessore al Bilancio Pietro Ruffolo e Michele Di Puppo, presunto boss di Rende. Ettore Lanzino era dipendente della società Rende 2000, fondata proprio da Di Puppo, confluita poi nella Rende Servizi, partecipata interamente del Comune di Rende e su cui si è concentrata l’attenzione degli investigatori della Dia.

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