5 Ottobre 2024

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Sciame sul Pollino, e se le scosse fossero dovute alle trivellazioni dell'Eni in Basilicata? Le procure indagano?

Estrazioni di Petrolio in Basilicata e la terra che trema sul Pollinodi Vito Barresi*

Rischio sismico e prevenzione, dissesto idrogeologico, rottamazione edilizia… petrolio e falde acquifere. Ma che succede nella Valle del Petrolio che sta proprio al piano di sotto lo sciame sismico che fa traballare ormai da mesi, ripetutamente, il Massiccio del Pollino? Sgomenti, confusi, frastornati, disorientati e persino incantati dalla superficiale leggerezza di chi usa in modo improprio la parola sciame come il dolce miele del reame, mentre la terra trema in alto, lassù nell’area del Pollino, [quote style=”boxed”]Cosa avviene in basso, a valle, in Basilicata, dove il fuoco adesso è spento e scorre l’acqua torrenziale del Basento[/quote] solo pochi trangugiano a stento l’amara soluzione ‘Giuliani’. Chiedendosi, prima di brindare alla fine delle scosse, cosa avviene in basso, a valle, in Basilicata, dove il fuoco adesso è spento e scorre l’acqua torrenziale del Basento, tanto caro al romanziere Raffaele Nigro? Può, forse, rintracciarsi un geologico nesso tra il Pollino e la Val d’Agri, tra la scossa continua e le estrazioni petrolifere permanenti dell’Eni e della Shell nei tanti pozzi di campagna? Tutto probabile. L’attività di estrazione degli idrocarburi è un’attività ad alto impatto ambientale, che nessun protocollo d’intesa potrà minimizzare, nessuna compensazione ambientale potrà banalizzare. Di fronte a un’informazione pubblica regionale e nazionale, completamente ripiegata sul risultato del terremoto e non sulle vere cause, ne parla ‘Notizie Radicali’, la testata online diretta da Valter Vecellio dove ci si chiede testualmente: “E adesso come la mettiamo? Come conciliamo la presenza di un pozzo di reiniezione in una zona ad alto rischio sismico e in prossimità di un invaso?  Quando i signori procuratori delle illustrissime Procure della Repubblica di Potenza e Lagonegro decideranno di indagare sul Pertusillo e magari sull’ennesimo ‘giallo’ Arpab (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Basilicata)?
“Quando la terra trema – per il geologo Giampiero D’Ecclesiis, dell’istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia – non è solo per caso: la Val d’Agri è “una delle aree italiane a maggior potenziale sismogenetico”. Questa la sua opinione sui rischi connessi alle attività di estrazione e raffinazione idrocarburi condotte in una delle zone d’Italia a maggiore pericolosità sismica. Suffragata dalle stesse osservazioni del prof. Franco Ortolani – ordinario di Geologia e Direttore del Dipartimento di pianificazione e scienze del territorio dell’Università Federico II di Napoli –   secondo cui ‘viviamo e soffriano nell’Italia delle eterne emergenze e del senno di poi, dove il dissesto idrogeologico é indubbiamente figlio del dissesto ideologico’.

Il Prof. Vito Barresi
Il Prof. Vito Barresi

Eppure basterebbe ben poco, non già per asseverare bensì smentire, l’eventuale nesso tra attività sismica e attività estrattiva. Per esempio una moratoria petrolifera temporanea, lo stop alle attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi sull’intero territorio regionale per un lasso di tempo ragionale tale da permettere controllerie tecniche e verifiche scientifiche. [quote style=”boxed”]Lungo la strada che collega Mormanno all’autostrada, in Val d’Agri le trivelle continuano a trapanare il sottosuolo, giorno e notte[/quote] Sempre lo stesso prof. Ortolani, tra l’altro, si è soffermato sulle attività di estrazione idrocarburi effettuate in Val D’Agri, sulle trivellazioni in atto nei Campi Flegrei, sul terremoto che ha colpito la vicina Emilia, sui ciclici disastri che colpiscono il “Bel Paese”. Lo sciame e la trivella come il pozzo e il pendolo di Edgard Allan Poe? Non si tratta solo di suggestioni letterarie. Qui, infatti, mentre tutti guardano nei servizi dei Tg di stato i segni del terremoto, lungo la strada che collega Mormanno con la Salerno – Reggio Calabria, in Val d’Agri le trivelle continuano, ripetutamente, costantemente, a trapanare il sottosuolo, giorno e notte. Mal scavato, vecchia talpa?
* Antropologo

Nel Pdl evviva Giorgia. Per Alfano saranno “Meloni”? Col partito al 13% la base spera in cambiamento. Non vogliono girare pagina e trovare ancora il Cav.

E’ uscita fuori dal coro del Popolo delle Libertà, l’ex ministro Giorgia Meloni. Fuori da quell’unanimismo che ha rovinato prima la Destra, poi il Paese. Un coro, oggi, tutto appiattito su Angelino Alfano, l’uomo videocomandato da Silvio Berlusconi che nonostante passi indietro e smentite, rimane a(r)corato sulle sue posizioni: il partito l’ho fatto io e sarò io a decretarne successi e sventure. I sondaggi al 13 percento, la percentuale che prendeva prima la sola An, dicono tutto sullo stato di salute del partito fondato a San Babila. E’ come dire che Forza Italia, che prima aveva il 25 percento si fosse dissolta nel nulla, volatilizzata. Fuuw! All’interno del Pdl crescono i malumori ma nessuno ne parla. Molti sono i timori, molte le paure soprattutto dei parlamentari che sperano in Silvio (tramite il sostegno ad Alfano) in una ricandidatura. Nessuno ha il coraggio di spezzare il cordone ombelicale, il filo sottile che lega i destini della nostra terra ad un uomo rimasto al potere quasi venti anni e non si rende conto che è ora di lasciare. Che il suo ciclo è finito. Sembra tutto avvolto nella tristezza:  ti guardi intorno e trovi stralunati che davanti ti parlano bene di Angelino e Silvio, ti giri e senti le cose peggiori. Un po’ come succede tra “ex fascisti”: “mi raccomando, davanti agli altri non chiamarmi mai camerata, quando siamo soli sai che ci tengo…”. Un po’ com’è successo del resto a Fini. Tutti erano ubbidienti e reverenziali, poi è venuto il Cav. e via, tutti con l’altro Capo: un principale più disponibile e più “facoltoso”, soprattutto aveva un po’ del Duce ed evocava la figura di Re Artù, attorno a cui sedevano i cavalieri della tavola rotonda. Uomini di bassa lega, adulatori, yesman; sono gli stessi che hanno dato del “traditore” a Fini quando ha dissentito da Silvio ma guai a “tradire” loro. Tutti “fidel” al Capo, come i fidel di Cuba. Tutti pseudo capetti che vivono con la cultura del capo e con la speranza di diventare tale: un capetto da birreria. La Russa, era uno di questi a Milano, prima di diventare un capo corrente.

Va dato quindi atto alla Meloni di aver rotto gli schemi, gli equlibri. Ancora è presto per capire se la mossa dell’ex ministro è studiata (e concordata con B.) per contenere la grande delusione della base, oppure è una scelta spontanea che è stata pensata e ragionata appunto perché c’è bisogno di pluralismo e “Libertà” in un partito che questa parola ce l’ha nel nome ma non nella genesi, nel dna. Lo stesso gesto della Meloni era atteso dall’ex ministro e sindaco di Roma Gianni Alemanno, che avrebbe potuto giocarsela con Alfano, sondaggi favorevoli alla mano ma poi ha rinunciato per ricandidarsi a sindaco di Roma, senza che l’esito della vittoria sia garantito. Anzi, gli umori sono del tutto sfavorevoli. Ha preferito fare la seconda, terza fila, stare dietro ad Angelino per voltare pagina, girata la quale troveranno sempre e comunque lui, Silvio Berlusconi, l’irriducibile, il proprietario, il padrone, il dominus di un movimento virtuale, intangibile, rappresentato a livello locale da piccoli padroncini come se fosse un’azienda in Franchising, piramidale, con gli elettori e la base che sono allo stesso tempo venditori e clienti.

Alemanno, a differenza dei Gasparri, Cicchitto, La Russa, Bondi, Cosentino, Brancher, Dell’Utri e tanti altri, avrebbe potuto dare insieme a gente come Meloni, una svolta seria all’interno del Pdl. Un po’ come Maroni sta cercando di fare con la Lega dopo gli scandali di Bossi. Dare cioè quell’anima “sociale” ad una destra irriconoscibile che ha perso la sua identità storica e culturale e, molto probabilmente, qualche milionata di elettori.

“Credo – scrive Giorgia Meloni sul sul blog – valga la pena offrire il proprio contributo per cercare di riportare il Popolo della Libertà e il centrodestra italiano il più vicino possibile a quel 38 per cento con il quale è nato, mentre oggi i sondaggi lo attestano a percentuali molto più basse. Mi piacerebbe – prosegue – che si potesse rappresentare un po’ i delusi, cioè quell’oltre 20 per cento di italiani che oggi non si sentono più rappresentati da noi. E credo di poterlo fare in parte perché delle volte il centro destra e il Popolo della Libertà hanno deluso anche me. Credo che valga la pena di dire che bisogna difendere il bipolarismo anche da chi pensa che si possano fare delle leggi elettorali che sono veri e propri complotti ai danni del popolo italiano, che sono studiate per garantire ingovernabilità e per riportare a Palazzo Chigi Mario Monti. Credo che bisogna dire che l’esperienza di Monti è stata un’esperienza fallimentare e che in nessun modo può essere reiterata in Italia, che bisogna restituire agli italiani il diritto di scegliersi i governi dai quali farsi rappresentare e non farseli dettare dalla Casa Bianca, dalle cancellerie europee e da nessun altro. Credo che valga anche la pena di dire che la politica rimane una straordinaria forma di impegno civile, che non è vero che i politici sono tutti uguali, che ci sono brave persone e ci sono persone pessime. Credo che bisogna dire che l’esperienza di Monti è stata un’esperienza fallimentare e che in nessun modo può essere reiterata in Italia, che bisogna restituire agli italiani il diritto di scegliersi i governi dai quali farsi rappresentare. Meloni. E se noi non sappiamo distinguere saranno i migliori che molle ranno. Io mi aspetto il sostegno di quelli che vogliono cambiare. Sono una persona che ha molto chiaro da dove viene, sono fiera della mia storia ma ho anche molto chiaro dove voglio andare. Vorrei andare verso il futuro e quel futuro è fatto di idee nuove, di persone nuove e di tutti quelle che pensano che la politica debba essere rimessa in mano al popolo italiano e debba essere tolta dal predominio degli apparati. Tutti quelli che pensano che bisogna tornare alla partecipazione, alla meritocrazia, al consenso, all’onestà e a una grande domanda civile che ci viene dagli italiani e che ci piacerebbe poter rappresentare”. Ed è un peccato che un “uomo del cambiamento” come Giuseppe Scopelliti. Scopelliti si guardi bene da alcuni “amici” di partito che sono assillati dalla sua sostituzione… non abbia colto o non abbia voluto cogliere questa sfida. Schierandosi con Alfano ha fatto una scelta di comodo, sicuramente non di campo. Una decisione poco coraggiosa, certamente libera ma anche contraria ai principi espressi sopra da Giorgia Meloni, storica “camerata” di partito del leader calabrese. Probabilmente in attesa che si rassereni il clima politico appesantito dalle vicende reggine. O, nella peggiore delle ipotesi, attendere ignari il disarcionamento da parte dei “falsi” amici e compagni di partito che potrebbero pensare di “sostituirlo” con un altro “Capo” o (ex Capo) da decenni nelle istituzioni.

Carceri, associazione Antigone: "Aumentano i suicidi. Il più giovane aveva 21 anni". Oltre 66mila i detenuti. Uno su tre è straniero

Aumentano i suicidi nelle carceri italiane super affollate. Dieci persone in più dell’anno scorso si sono tolte la vita in carcere: sono 53 in tutto. A sottolinearlo è l’associazione Antigone nel rapporto annuale presentato oggi a Roma. Sono 93 i detenuti morti in carcere, di questi 50 per suicidio in cella, uno per sciopero della fame (Lecce), uno per overdose (Regina Coeli), uno per omicidio (Opg di Aversa), 31 per cause ancora da accertare e 9 per malattia. A questi numeri si devono aggiungere altri quattro morti nelle camere di sicurezza, di cui 3 per suicidio: tutti giovani stranieri, tra i 26 e 31 anni. Nello stesso periodo dello scorso anno erano morti 91 detenuti, 43 dei quali per suicidio.
Il piu’ giovane a togliersi la vita aveva 21 anni, era italiano ed e’ morto a San Vittore: incensurato, era accusato di molestie sessuali ai danni di minorenni e aveva denunciato piu’ volte di aver subito violenze dagli altri detenuti. Tra i suicidi anche due donne: una madre tossicodipendente di 36 anni che si e’ impiccata nella sua cella nel carcere di Sollicciano sei mesi prima di uscire; l’altra era un’etiope di 55 anni, condannata a 18 per omicidio. Il suo avvocato ne aveva chiesto l’assoluzione per infermita’ mentale.
Ma chi sono i detenuti nelle carceri. Chi sono i 66.685 detenuti nelle carceri italiane? Il detenuto tipo è uomo, le donne sono solo il 4,2% della popolazione carceraria. Uno su tre è straniero e quattro su dieci hanno meno di 35 anni e i reati piu’ comuni sono quelli contro il patrimonio, e subito dopo quelli legati agli stupefacenti. Gli ergastolani sono 1.567, mentre a fine 2005 erano 1.224. Tra i dati raccolti dall’associazione Antigone nel rapporto annuale c’e’ la provenienza geografica dei detenuti: gli italiani vengono dalla Campania per il 26,3%, Sicilia 17,9%, Puglia 10,5%, Calabria 8,6%, Lombardia 7,3% e Lazio 6,5%. Gli stranieri sono 23.789 (su 66.685), e rappresentano il 35,6% dei detenuti, una percentuale stabile ormai da tempo, nonostante la direttiva rimpatri, che prevedeva il carcere in caso di mancata ottemperanza dell’ordine di espulsione sia stata bocciata ad aprile 2011 dalla Corte di Giustiza europea (al dicembre del 2010 gli stranieri erano il 36,7%). Le nazionalita’ piu’ rappresentate sono quella marocchina (19,4%), romena (15,3%), tunisina (12,7%), albanese (11,9%) e nigeriana (4,4%).

Dossier sulle morti in carcere

Abolizione province, il 53% degli italiani è a favore

Carlo Rienzi presidente del CodaconsAbolizione province: quale destino per gli enti locali? Codacons e Comitas lo hanno chiesto ad un campione di 2.950 soggetti, rappresentativo dei cittadini, dei piccoli imprenditori e dei professionisti: il 53% degli intervistati si e’ detto favorevole all’abolizione di tutte province italiane, contro un 35% che non e’ affatto d’accordo con tale proposta (il 12% ha risposto ”non so”).

Ma dalla ricerca e’ emerso anche che tra abolire le regioni o le province, gli italiani preferirebbero cancellare le prime. Il 44% del campione, infatti, abolirebbe le regioni, contro il 37% di coloro che hanno indicato le province. Solo il 5% cancellerebbe entrambi gli enti.

”Questo dato – sottolineano Codacons e Comitas – e’ sicuramente influenzato dagli ultimi scandali che hanno visto coinvolte alcune regioni italiane, all’interno delle quali si sono verificati sperperi di denaro pubblico se non veri e propri furti dei soldi dei cittadini”.

Sono state poi sottoposte al campione due proposte (emerse nell’ambito della ricerca ”L’Italia che vogliono gli italiani”) finalizzate a ”razionalizzare e ottimizzare competenze e prestazioni”:

fondere Province, Camere di commercio e Prefetture, e limitare le Regioni a sole 4 Macroregioni (Nord Ovest, Nord Est, Centro Nord, Centro Sud, Sud). Favorevole all’accorpamento di Province, Camere di Commercio e Prefetture si e’ detto il 57% del campione (contrario il 25%, il 18% non sa), mentre la proposta delle quattro macroregioni e’ bocciata dal 63% degli interpellati (favorevoli il 29%, mentre l’8% non sa).

 

 

Caso Rende, la Commissione d'accesso? Non può sciogliersi un Consiglio che non esiste più. E mancano i presupposti…

Il Prefetto Cannizzaro ricevuto dal Presidente Mario Oliverio
Il Prefetto Raffaele Cannizzaro con il Presidente Oliverio

La Commissione di accesso antimafia per Rende? Nessuno sa ancora niente, nonostante le indiscrezioni dei giorni scorsi. Il prefetto di Cosenza, Raffaele Cannizzaro l’altro giorno non ha espresso questa eventualità. Del resto è lui che riceve la delega dal Viminale e nomina la terna commissariale. Alcuni aspetti non sono ancora chiari in ordine all’inchiesta che ha portato ai domiciliari due consiglieri provinciali del Pd: Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo (assessore all’Istruzione della giunta Oliverio autosospesosi in seguito ad altra inchiesta per usura) che erano “ex” sindaco ed “ex” assessore del comune di Rende. [quote style=”boxed”]Un dilemma assilla il Prefetto Cannizzaro: chiedere la commissione per la Provincia di Cosenza o per il Comune Rende?[/quote] Ex amministratori, dunque. In teoria non avrebbero più potuto condizionare né il consiglio comunale, da cui sono fuori,  né l’amministrazione comunale di Rende guidata da oltre un anno da Vittorio Cavalcanti che con un remotissimo scioglimento pagherebbe il prezzo più alto, pur essendo estraneo ai fatti contestati ai suoi predecessori. A meno che non siano accertati “condizionamenti mafiosi” dell’attuale amministrazione da parte della “Rende Servizi”, società al centro della tempesta giudiziaria dove sarebbero stati assunti presunti boss della mala. L’inchiesta della Dia che ha fatto scattare le manette ai polsi di Bernaudo e Ruffolo (con notifica in carcere dello stesso provvedimento a Michele Di Puppo, presunto affiliato alla cosca Lanzino-Ruà) riguarda l’ipotesi di corruzione elettorale, senza “aggravante mafiosa” alle elezioni provinciali del 2009. [toggle title_open=”chiudi” title_closed=”Una marea di voti” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]”Cinquemila voti in due collegi. Esiti alla Ceaușescu. L’opinione della gente? Sono lo specchio. I cittadini di Rende li rivoterebbe. Se si ripresentassero prenderebbero anzi il doppio dei consensi. E’ nella cultura rendese. Di un regime!” Anonimo rendese[/toggle] E quand’anche ci fosse stata l’aggravante mafiosa, l’ente da porre sotto i riflettori dovrebbe essere non il comune di Rende, ma la Provincia di Cosenza, dove i due politici hanno stravinto le elezioni nei collegi di Rende 1 (Ruffolo con 2.562 voti) e Rende 2 (Bernaudo con 2.482 voti). Questo proprio grazie al presunto appoggio delle ‘ndrine, come ritiene l’accusa. [toggle title_open=”Chiudi” title_closed=”Primarie in Secondo Piano. Ecco il nuovo che avanza…” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]Principe e Oliverio sono in seria difficoltà. Come giustificheranno questi arresti a Bersani, alle primarie preferito dai due potentati politici calabresi. D’Attorre è inesistente. A San Giovanni in Fiore, città di Oliverio, anche un “giovane” come Franco Laratta – che parla sempre di rinnovamento – si esprime per il vecchio, stanco e logoro Bersani. Cosa avrà promesso in cambio Pierluigi? E il giovanissimo vice di Oliverio, Mimmo Bevacqua, di ZonaDem, movimento che straparla di “svecchiare” la classe politica come giustificherà ai suoi amici la scelta di sostenere Bersani. Principe e Oliverio, “nemici” a distanza, lo fanno per il ruolo che ricoprono ed è pure legittimo, ma “innovatori” come Laratta e Bevacqua (uomo di Gentiloni il quale ha capito l’andazzo e vota Renzi) come lo giustificano ai loro amici “virtuali”? Cosa c’è in ballo? Diranno che Renzi è inadeguato?. Ma perché, costoro sono “adeguati” per i prestigiosi ruoli che ricoprono?[/toggle] In buona sostanza col comune di Rende Ruffolo e Bernaudo non c’entrano più nulla dal maggio 2011, cioè da quando si è rinnovato il consiglio comunale, nuovo sindaco Cavalcanti. E se non c’entrano più col consiglio comunale, la Commissione d’accesso antimafia su quali basi potrebbe lavorare? Il Caso Reggio è diverso, perché la contiguità mafiosa sarebbe stata accertata tra la multiservizi, il comune e alcuni consiglieri in carica arrestati per associazione mafiosa. Tornando all’inchiesta Terminator, non è ben chiaro, anche perché c’è sì l’ipotesi del voto di scambio ma senza “l’aggravante mafiosa”. A questo punto ci sarebbe da chiedersi, eventualmente, contro quale ente intervenire? Il comune di Rende o la provincia di Cosenza? I reati contestati si sarebbero consumati per essere eletti alla Provincia di Cosenza, non al Municipio di Rende. [quote style=”boxed”]Bernaudo e Ruffolo sono stati arrestati per voto di scambio per le provinciali 2009. Non sono più nel comune di Rende dal 2011[/quote] E, una volta eletti alla Provincia di Cosenza, il Presidente Mario Oliverio per accordi con il dominus di Rende Sandro Principe, ha deciso di nominare Pietro Ruffolo assessore all’Istruzione; quindi, prima di autosospendersi per altre grane giudiziarie, aveva un ruolo di peso (per più di un anno) all’interno dell’amministrazione e, insieme a Bernaudo, all’interno del Consiglio provinciale. Non è dunque escluso che l’attenzione del Prefetto Cannizzaro e del Viminale guidato da Annamaria Cancellieri possa rivolgersi all’interno del Consiglio Provinciale di Cosenza dove i due esponenti del Pd, come dicevamo, hanno avuto ruoli di primissimo piano. Ma mancando il requisito “dell’aggravante mafiosa” (depennata dal Gip), necessaria per un “accesso” della commissione del ministero dell’Interno, il prefetto di Cosenza come potrà giustificarne la richiesta? Su quali basi? [toggle title_open=”Chiudi” title_closed=”L’onnipotente” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]”Chiamatemi onorevole anche se non lo sono, ma quando lo diventerò vi sistemerò a tutti e allora dovrete (dovrete) chiamarmi il Signore”. Politicante cosentino[/toggle] Non saranno sufficienti le interrogazioni parlamentari di Angela Napoli e del Pdl sul “Caso Rende”, anche perché gli scioglimenti si dispongono se il condizionamento o la contiguità mafiosa è in atto con la consiliatura attuale. Non è cioè possibile sciogliere un consiglio comunale che non c’è più. Ruffolo e Bernaudo potrebbero pagare sul piano penale e politico presunte infiltrazioni con la loro passata gestione ma non è oggettivamente possibile trasferire le responsabilità sulla gestione Cavalcanti, sempre che, ribadiamo, non ci siano “novità” finora non emerse in ordine alla “Rende Servizi” che continua a erogare servizi per il comune. [toggle title_open=”Chiudi che è meglio” title_closed=”Chi perde e chi vince” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]Bersani perde due Grandi Elettori alle primarie del centrosinistra. Almeno Ruffolo, avrebbe portato a votare anche le “Pietre” ad Arcavacata, la sua roccaforte, dove alle scorse primarie del Pd avrebbero votato 1000 persone in più tra iscritti a votare e residenti. Peccato per Sandro Principe che, avendo rotto i rapporti con Bernaudo, poteva contare sull’appoggio di “San Pietro” per far bella figura con Pierluigi[/toggle]Tutt’al più si dovrebbe sciogliere la società in house, non il consiglio comunale. Per concludere, sul presidente Mario Oliverio pesano sul piano politico queste inchieste che gli hanno “regalato” tre consiglieri arrestati, di cui un suo assessore. A gennaio di quest’anno Giuseppe Carotenuto, consigliere eletto nella lista di ‘Calabria Riformista’, poi approdato al Pdl, arrestato per associazione a delinquere, peculato e truffa; tre giorni fa Bernaudo e Ruffolo, due pezzi da 90 del Pd di Rende entrambi di fede principiana e bersaniana.

Sisma in Emilia, via libera dell'Ue per 670 mln di euro. Il "no" della destra europea. Quanti per il Pollino?

Continua l’iter del fondo europeo da 670 milioni per il terremoto in Emilia-Romagna. Oggi é stato approvato a larghissima maggioranza dalla Commissione Bilancio del Parlamento europeo, ma non sono mancati due voti contrari dall’ultradestra di Gran Bretagna e Olanda. Ad esprimere il ‘no’: Marta Andreasen, esponente degli indipendisti inglesi euroscettici dell’Ukip, e Lucas Hartong, eletto nelle file del Pvv del leader xenofobo olandese Geert Wilders. Voto dal peso puramente simbolico, il loro, per un provvedimento a favore del quale l’Europarlamento martedì scorso ha chiesto e ottenuto una corsia preferenziale, stralciandolo dalla trattativa (bloccata) con il Consiglio Ecofin sui budget 2012 e 2013. Due giorni fa i ministri hanno approvato lo stralcio ed il finanziamento del fondo (cui gli stati contribuiranno con ‘denaro fresco’ secondo le usuali quote di ripartizione), ma Gran Bretagna, Olanda e Svezia avevano votato contro. Non per negare solidarietà ai terremotati, avevano dichiarato, ma perché chiedevano che il finanziamento venisse da eventuali fondi Ue ancora non utilizzati. La conclusione dell’iter è prevista per la settimana prossima: martedì’ il Consiglio Affari Generali darà l’approvazione formale ‘senza discussione’, mercoledì sarà votato in plenaria a Strasburgo.
Intanto in Italia, dopo lo stato di emergenza dichiarato dal Consiglio dei ministri, si attende quanto denaro sarà stanziato per il sisma sul Pollino del 26 ottobre 2012.  Bisognerà prima quantificare i danni che, da quello che dicono i sindaci interessati, ammontano  a svariate decine di milioni di euro.

Carceri, anche i penalisti si lamentano: "Presto, fate qualcosa"

Manifesti affissi in tutti gli uffici giudiziari italiani, mobilitazioni con assemblee, convegni, conferenze stampa da Nord a Sud, per chiedere alle forze politiche di utilizzare gli “ultimi scampoli di legislatura per assumere provvedimenti che il dramma sociale delle carceri

impone”: il 22 novembre, data dell’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria indetta dall’Unione Camere Penali per denunciare le “intollerabili condizioni dei penitenziari”, sarà un’occasione per mobilitare l’interno Paese su un tema che, come recita il manifesto dell’astensione, non può più aspettare.

In tutta Italia – si legge in una nota – gli avvocati delle Camere Penali osserveranno un minuto di silenzio, all’apertura delle udienze, come ulteriore forma di denuncia e lo stesso avverrà al Congresso nazionale forense, che si aprirà a Bari in quel giorno.

A Roma, alle 10,30, si terrà una manifestazione nell’aula ‘Occorsio’ di piazzale Clodio a cui parteciperanno, oltre all’avvocato Alessandro De Federicis, responsabile dell’Osservatorio Carcere dell’Ucpi, anche il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli, il numero due del Dap, Luigi Pagano e il presidente di Antigone Patrizio Gonnella.

Una partecipazione “significativa”, che mette in luce come “sull’emergenza carceri l’avvocatura penale si rivolga a tutte le componenti del pianeta giustizia”. Anche il leader dei Radicali Marco Pannella, che da lunedì prossimo ha indetto 4 giorni di sciopero per la battaglia sul voto ai detenuti e l’amnistia, ha dato “piena adesione e sostegno all’astensione dei penalisti”.

L’Unione Camere Penali è anche tra i firmatari del ‘Manifesto contro l’ergastolo’, in prima linea anche in questa ultima campagna lanciata da Umberto Veronesi in occasione della conferenza internazionale ‘Science for peace’.

‘Ndrangheta, finisce la latitanza di Ettore Lanzino

Si nascondeva all’interno di una mansarda di un condominio a Commenda di Rende (Cs), Ettore Lanzino, 57 anni, ritenuto “l’irriducibile boss” della ‘ndrangheta cosentina. Ricercato dal 2008, Lanzino è stato arrestato nel tardo pomeriggio di oggi dai militari del Reparto operativo del Comando provinciale di Cosenza e del Ros, con la collaborazione dei “Cacciatori di Calabria”.

Con lui, in manette, il suo luogotenente Umberto Di Puppo, accusato di favoreggiamento e Renato Mazzulla, presunto fiancheggiatore. Lanzino si era reso latitante quattro anni fa quando scattò l’operazione “Terminator” contro le cosche cosentine. Gli investigatori hanno scovato l’uomo dopo molti mesi di pedinamenti e intercettazioni. Secondo il gip di Catanzaro Tiziana Macrì, sarebbe stato Lanzino uno dei responsabili degli omicidi del cosentino Vittorio Marchio e del boss di San Lucido, Marcello Calvano.

L’operazione di oggi segue quella di ieri dove nel filone “politico” dell’inchiesta “Terminator 4” sono finiti in manette per corruzione elettorale l’ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo, l’ex assessore al Bilancio Pietro Ruffolo e Michele Di Puppo, presunto boss di Rende. Ettore Lanzino era dipendente della società Rende 2000, fondata proprio da Di Puppo, confluita poi nella Rende Servizi, partecipata interamente del Comune di Rende e su cui si è concentrata l’attenzione degli investigatori della Dia.

Formigoni minaccia la sua portavoce: "Spacca la faccia a Parodi o ti licenzio". L'Odg gli dia la tessera rossa

Violento. Roberto Formigoni
Roberto Formigoni

Sommerso dagli scandali, Roberto Formigoni perde le staffe e minaccia la sua portavoce. Il governatore uscente della Lombardia è infatti stato protagonista di uno scontro, con minaccia di licenziamento di Gaia Carretta, colpevole, secondo l’azzurro di non aver concordato con attenzione le domande che gli erano state poste da Cristina Parodi per la trasmissione “Cristina Parodi Live” in onda su La7. Domande che secondo Formigoni erano troppo sbilanciate sulle vicende giudiziarie che hanno investito la Regione, mentre l’intervista doveva essere incentrata sul Pdl e sul futuro governo lombardo. Secondo quanto riportato da alcuni presenti al termine della registrazione, fissata in mattinata in via eccezionale visto che il programma è in diretta, Formigoni dopo aver salutato cordialmente la Parodi, si sarebbe recato dietro le quinte dove avrebbe iniziato ad urlare contro Gaia Carretta. Secondo quanto riporta il Corriere.it il governatore avrebbe minacciato di licenziamento la portavoce e le avrebbe intimato di “spaccare la faccia” alla stessa Parodi e ai giornalisti stranieri, protagonisti della rubrica “Fratelli D’Italia”. Rivolgendosi poi ad un’ autrice del programma avrebbe aggiunto che erano state fatte “solo cagate”. Sbalordita per l’accaduto Cristina Parodi che pur non avendo assistito alla scenda ha definito quella di Formigoni “una reazione eccessiva”.

Non è la prima volta che il Celeste o l’Azzurro governatore della Lombardia si scontra con violenza verbale coi giornalisti. Ad ogni contatto leva i microfoni e dà lezioni di giornalismo agli altri. Sarebbe il caso che il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, gli regalasse ad honorem la tessera rossa dell’ordine. E’ vero che tra un governatore e un portavoce c’è un rapporto fiduciario ma è comunque intollerabile che, per questa ragione, chi fa questo mestiere deve sopportare angherie e soprusi da parte dei potenti di turno. Non ha da dire nulla la FNSI di Franco Siddi?

Rai come Alitalia sommersa dai debiti "E io pago" avrebbe detto Totò, tra giornalisti nababbi e superconsulenti

Annamaria Tarantola

La Rai come l’Alitalia. Sommersa dai debiti. E’ profondo rosso. L’azienda di stato nei primi nove mesi dell’anno registra una perdita di 184,5 milioni di euro. Una flessione in peggioramento di circa 218 milioni al corrispondente periodo del 2011. Siamo quasi davanti a un buco come quello di Alitalia. Di chi è la colpa? La perdita è imputabile principalmente alla flessione dei ricavi pubblicitari e al costo dei grandi eventi sportivi, dice l’azienda in un comunicato al termine dei lavori del Cda presieduti da Anna Maria Tarantola (foto) e proseguiti per due giorni. [quote style=”boxed”]Un buco di centinaia di milioni di euro provocato da una contrazione degli introiti pubblicitari, ma anche dai tanti privilegi che in Rai ancora resistono[/quote] Perdita “nonostante la riduzione dei costi di 82 milioni di euro”, sottolineano da Viale Mazzini.

I ricavi del Gruppo Rai nei primi nove mesi dell’anno ammontano a circa a 2.039 milioni di euro, anche qui in calo rispetto allo stesso periodo di un anno fa: meno 137 milioni. Un trend negativo determinato “principalmente dalla contrazione del fatturato pubblicitario (559 milioni di euro nel periodo considerato), in diminuzione di 114 milioni rispetto al 2011”. In controtendenza invece il trend degli investimenti pubblicitari dirottati sui canali specializzati e sul web: registrano complessivamente un incremento di circa 6 milioni di euro, in percentuale equivalente rispettivamente a un +13% sui canali specializzati e a un +30% sul web Rai.

Nessun cenno agli introiti del canone Rai che diminuisce, è vero, ma nessuno conosce la destinazione finale. Pare che anche Mediaset partecipi alla spartizione del Canone. La Rai insomma sta diventando un carrozzone pubblico (in parte privatizzato) le cui risorse (dei contribuenti) viene bruciato dai grandi conduttori e dagli stipendi da nababbo delle migliaia di giornalisti. Professionisti che guadagnano dai tremila quattromila euro fino a quindici, ventimila euro al mese, al netto di trasferte, super indennità per i giorni festivi, buoni pasto da 40/60 euro, indennità di conduzioni, vestiario, indennità notturne dalle 22, autisti, macchine blu e carte di credito aziendali (come nel caso di Minzolini). Un carrozzone che somiglia un po’ all’Alitalia per la montagna di debiti e un po’ alla Fiat, che non eroga un servizio competitivo rispetto ai concorrenti e non all’altezza dei tempi.

Chi pagherà? Certamente il pubblico, perché il potente editore, il Parlamento, sarà pronto a fare una leggina per accollare il debito agli italiani. Così chi paga il canone, ignaro di tutto, finisce per pagare due volte un servizio di informazione che lascia molto a desiderare.
Un ulteriore calo dei ricavi del Gruppo per 57 milioni di euro nell’arco di tempo di nove mesi e’ invece da imputare alla diminuzione dei ricavi commerciali e da convenzione con la Pubblica amministrazione.

Nel corso dei lavori del Cda è stato rilevato che tra i costi del 2012 ci sono quelli per i grandi eventi sportivi, risultati pari a 143 milioni di euro per la fase finale dei campionati europei di calcio di Polonia e Ucraina e le Olimpiadi estive di londra. Sono anche in atto operazioni di efficientamento in fatto di costi per beni e servizi, che hanno prodotto un risparmio di 82 milioni di euro rispetto ai primi nove mesi dell’anno precedente. Guglielmo Rositani, membro del Cda RaiQuanto invece al costo del lavoro, risulta aumentato di circa 7 milioni di euro “nonostante la rigorosa politica del turnover e il sostanziale blocco delle politiche retributive”, si giustifica incautamente il cda. Infine un cenno anche alla risposta del pubblico a casa con gli ascolti: nei primi nove mesi del 2012 le reti Rai hanno ottenuto nel complesso uno share medio del 41,5% in prime time e del 39,8% nell’intera giornata, il che ha permesso all’azienda del serizio pubblico di mantenere la “sua posizione di centralità e leadership nel mercato radiotelevisivo italiano”.[quote style=”boxed”] La legge Gasparri, devastante, ha costretto milioni di famiglie a sostituire tv e decoder per il digitale terrestre con risultati peggiori dell’analogico[/quote] Senza calcolare l’ingentissimo danno provocato dalla legge Gasparri agli italiani che sono stati costretti a comprare nuovi televisori e decoder compatibili con il digitale terrestre (di Paolo Berlusconi…), che nelle premesse doveva essere l’anticamera dell’alta definizione ma in realtà appare peggio dell’analogico.

Per salvare la Rai, prima che si mettano le mani nei portafogli degli italiani, bisogna affrancarla dal suo editore che l’han fatta diventare “Tele Baghdad”. Fuori il Parlamento da Viale Mazzini e un profondo riassetto interno con una sforbiciata netta ai privilegi insopportabili del sistema Rai. Rivedere il privato, nel senso che non si possono fare ricavi e spartirseli in pochi, mentre le perdite ingenti sono distribuite in pubblico. Se vuoi fare il “prenditore di successo” vai altrove, non in Rai.

Porti, il presidente Merlo si ribella per i 100 milioni al solo porto di Venezia. Cosa dirà il critico della Calabria Stella?

Luigi Merlo, Pres. Assoporti

Il presidente di Assoporti, Luigi Merlo, è pronto a lasciare la presidenza dei porti italiani nel caso in cui venga approvato anche in Senato l’emendamento alla Legge di Stabilità passato ieri alla Camera che prevede 100 milioni per il solo porto di Venezia. “Qui si tratta della salvaguardia del sistema portuale italiano e del rispetto delle regole. Ma come? Fino a ieri erano disponibili solo 70 milioni per tutti i porti italiani ed ora, su proposta di due veneziani, ne saltano fuori 100 solo per Venezia? E’ un imbroglio”, chiosa secco il presidente Merlo, la cui posizione andrebbe abbracciata da tutte le regioni, soprattutto al Sud, in Calabria, che vede Gioia Tauro, il primo porto del Mediterraneo, il terzo d’Europa, mortificato da politiche antimeridionaliste insieme a tutte le grandi opere che dovrebbero sorgere a Sud. C’è da aspettarsi sul caso sollevato dal presidente di Assoporti Merlo un “autorevole” intervento dell’editorialista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella, inviato super speciale sempre attento a scovare fatti e misfatti calabresi ma poi glissa su fatti che riguardano i suoi editori, il suo Veneto e la sua Venezia. Anche il presidente Scopelliti dovrebbe dire la sua su questo “imbroglio” svelato dal presidente di Assoporti.

In Parlamento anni per rispondere agli atti. Il caso Rende da sei mesi senza risposte

Antonio GentileMesi e mesi, talvolta un anno, due o forse più. Se va bene. E’ tanto il tempo che trascorre dal deposito di un atto ispettivo in Parlamento (Camera e Senato) fino alla risposta scritta, orale o in aula da parte degli esponenti del governo. Un parlamentare della Repubblica che rivolge una interpellanza al governo tanto attende.

E’ sufficiente spulciare negli atti online. Una vergogna tipica dei ritardi italiani. Va detto che l’istituto degli atti ispettivi appare un esercizio inutile, serve a poco se non a deputati e senatori per interrogare governi che non daranno mai risposte o se le danno sono prevalentemente insufficienti.

Diciamo che è l’unico strumento a disposizione dei parlamentari, oltre l’esercizio del voto in aula per questo o quel provvedimento e la presentazione di qualche proposta di legge, anche queste inutili. Al 99% non passano mai. Pensate alla Legge Lazzati.  Presentata e ripresentata nella’arco di ventanni è stata approvata con grande fatica l’anno scorso.

Talvolta vi sono deputati e senatori che annunciano (e abusano) a mezzo stampa l’interrogazione ma che poi magari non depositano nulla negli uffici ispettivi. Per i politici, è sempre una buona occasione per uscire sui giornali…

I ritardi per le risposte agli atti dei parlamentari sono comunque intollerabili. Prendiamo l’interrogazione della deputata di Futuro e Libertà, Angela Napoli, (Commissione parlamentare Antimafia) sulla richiesta della Commissione d’accesso al Comune di Rende, che pare il ministro dell’Interno Cancellieri abbia disposto proprio ieri a seguito degli arresti di due importanti esponenti della vecchia amministrazione comunale di Rende: Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo, ex sindaco ed ex assessore, entrambi del Partito democratico e di fede bersaniana. Angela Napoli

La deputata finiana nella seduta 642  del 31 maggio 2012, quasi sei mesi fa, indirizzò una interrogazione (n. 4/16371) al Ministro dell’Interno con cui chiese se a seguito dell’inchiesta “Terminator 4” (in cui risultavano indagati Bernaudo e Ruffolo, oggi ai domiciliari), il Ministro “non ritenga necessario ed urgente, alla luce degli incarichi di sindaco e di assessore tenuti all’epoca della tornata elettorale del 2009, rispettivamente da Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo, avviare le procedure per autorizzare l’invio di una commissione d’accesso presso il comune di Rende”.

Per il portale della Camera dei Deputati la richiesta della deputata Fli è ancora vergognosamente “In corso”. Di ufficiale sull’invio della Commissione non vi è ancora nulla, ma corrono voci insistenti sul via libera del Viminale ai commissari, i quali dovrebbero passare al setaccio tutta l’attività amministrativa “passata” per individuare le commistioni con i clan ed eventualmente le contiguità mafiose come nel caso di Reggio Calabria.

L’attività dei commissari dovrebbe soprattutto toccare il “presente”, dal momento che la “Rende Servizi”, società al centro della bufera giudiziaria, opera ancora per l’ente guidato oggi dall’avvocato Vittorio Cavalcanti, successore di Umberto Bernaudo, entrambi espressione del capogruppo regionale del Pd Sandro Principe che li ha scelti per guidare il processo amministrativo, in “continuità”, con quel passato riconducibile alla sua gestione del comune di Rende.

60 anni di potere incontrastato. Consensi plebiscitari, bulgari, a volte senza opposizione; se si esclude Mimmo Talarico, oggi serio e capace consigliere regionale di Idv. Tutti alla corte di Principe, per dei periodi anche Spartaco Pupo, che denunciò il “modello Rende” a mezzo mondo ma a maggio è passato nel Pd “dell’odiatissimo Principe”, salvo poi passare di nuovo al gruppo misto. A Rende se non c’è l’assenso di Sandro non si muove foglia.

Dopo il “Caso Reggio”, anche alcuni parlamentari del Pdl, sollecitati dal coordinatore Pdl e governatore Scopelliti, hanno ‘rispolverato’ il “Caso Rende”. Lo hanno fatto con una interrogazione, ma soltanto sei mesi dopo l’onorevole Napoli. Six months later.

E’ importante questo dettaglio perché dà la misura dell’attenzione” che manifestano alcuni parlamentari cosentini del centrodestra (del centrosinistra la stessa cosa) verso il proprio territorio. Come dire, che è venuta una “tale” da Taurianova a raccontare al ministro dell’Interno ciò che succede in un’area da cui proviene il senatore Antonio Gentile (sempre eletto nel collegio di Rende prima del Porcellum), collega di Antimafia della finiana nonché vice di Scopelliti al coordinamento regionale del Pdl.

Evidentemente il senatore Gentile ha trascurato il suo territorio per i suoi fitti impegni romani. Probilmente qualcuno avrà riferito al senatore dell’operazione di oggi e forse si decide, chissà, a chiedere le dimissioni del suo vecchio compagno di partito (Psi) Sandro Principe da tutte le cariche pubbliche.

Non perché il “Mentore”, “il Grande Regista” di Bernaudo e Ruffolo abbia delle responsabilità dirette, ma per dare un segnale politico di discontinuità a quella “continuità” politica che ha prodotto questa degenerazione nonché per interrompere tutte le contiguità, buone o cattive che siano, che la Commissione d’accesso eventualmente accerterà non solo per Rende ma anche per la Provincia di Cosenza guidata da Mario Oliverio, dove Ruffolo proprio in virtù del rapporto Principe-Oliverio, era stato nominato assessore all’Istruzione poi autosospeso per altre grane giudiziarie legate all’usura.

Mafia, arrestati Bernaudo e Ruffolo, ex amministratori di Rende

Presunti finanzPietro Ruffolo, ex assessore al Bilancio del Comune di Rendeiamenti ad una cooperativa riconducibile al presunto boss della ‘ndrangheta di Cosenza, Michele Di Puppo, in cambio del sostegno alle elezioni per il rinnovo del Consiglio provinciale di Cosenza svoltesi nel 2009. E’ questa l’accusa contestata dalla Dda di Catanzaro a Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo nella loro qualità, rispettivamente, di ex sindaco ed ex assessore del Comune di Rende. I due politici, attualmente  consiglieri provinciali di Cosenza del Pd, sono stati arrestati e posti ai domiciliari da Dia e Carabinieri nell’operazione denominata Terminator.
Il terzo provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere al presunto boss della ‘ndrangheta di Cosenza, Michele Di Puppo.

Bernaudo e Ruffolo erano gia’ indagati per concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e voto di scambio. I provvedimenti restrittivi, emessi dal Gip distrettuale di Catanzaro, nascono da una ulteriore filone d’indagine sviluppato dalla Dia di Catanzaro e dai carabinieri di Cosenza. I due politici sono ora accusati di corruzione e corruzione elettorale. Il giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catanzaro, Livio Sabatini, ha escluso l’aggravante delle modalità mafiose che era stata chiesta dalla Dda nella proposta di misura cautelare. A Bernaudo e Ruffolo viene contestato di avere assunto, nella società partecipata ‘Rende Servizi’, familiari ed esponenti della cosca della ‘ndrangheta Lanzino-Presta-Di Puppo, che opera nel territorio cosentino, in cambio del sostegno elettorale in occasione delle elezioni provinciali del 2009.
A Bernaudo e Ruffolo viene contestato di avere finanziato con risorse pubbliche la cooperativa “Rende 2000”. che secondo l’accusa era riconducibile a Di Puppo, indicato come soggetto di primo piano della cosca Lanzino-Presta-Di Puppo. Quale corrispettivo, secondo l’accusa sostenuta dai pm Pierpaolo Bruni e Carlo Villani, i due politici avrebbero ricevuto l’impegno della cosca a procacciare voti in loro favore in occasione delle elezioni provinciali. Di voti ne presero tantissimi i due politici rendesi alle provinciali. Ruffolo venne nominato poi dal presidente Mario Oliverio, assessore all’Istruzione, ma inciampò in un’altra brutta storia di usura.

Dall’operazione Terminator in cui sono coinvolti i due ex amministratori nasce  il cosiddetto “Caso Rende”, del quale si sono occupati recentemente i parlamentari del Pdl che hanno chiesto a gran cassa la Commissione di accesso dopo  lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria per contiguità con la ‘ndrangheta. Umberto Bernaudo, ex sindaco di Rende“Perché Corigliano e Reggio Calabria si, e invece Rende no?”, è la domanda che pare si siano posti alla presenza del coordinatore Scopelliti, gli esponenti politici di destra in una sorta di revanche contro la desione del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. L’iniziativa del Pdl, contestatissima dal Pd, segue quella promossa sei mesi fa dalla deputata di Fli Angela Napoli che chiedeva la Commissione d’accesso al Comune di Rende dopo l’inchiesta culminata con gli arresti di stamattina di Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo, entrambi di assoluta fede principiana, riconducibili cioè al potente capogruppo regionale del Pd, Sandro Principe che di Rende, insieme al padre Francesco, è stato sindaco e amministratore incontrastato per oltre cinquantanni.

Dopo gli arresti dei due ex amministratori e attuali consiglieri provinciali di Cosenza (Ruffolo era assessore autosospeso della giunta Oliverio), vi potrebbero esserci tutte le condizioni chieste dalla Napoli e dal Pdl per la nomina di una commissione d’accesso che valuti se il Comune è stato e fino a che punto condizionato dalla ‘ndrangheta.

Channing, il simbolo Usa dei sexy Tatum. Meglio di Obama

channing tatumLe riviste People e GQ hanno stabilito che Channing Tatum è l’uomo più sexy del 2012. L’attore statunitense, approdato a Hollywood in qualità di ballerino (esordì nel video di Ricky Martin “She Bangs” nel 2000), nel corso degli anni ha lavorato in molti film che l’hanno consacrato al successo.

Ultimamente è stato visto in ‘Magic Mike’ nei panni di spogliarellista, professione che nella realtà gli ha permesso di mantenersi per qualche anno dopo aver abbandonato il college.

La reazione di Channing Tatum alla notizia è stata: “E’ una presa in giro?”. L’attore ha raccontato che anche la moglie, Jenna Dewan, è rimasta stupita, ma che ora lo chiama ‘l’uomo più sexy del pianeta.

L’attore, che ha tolto lo scettro a Bradley Cooper (il più sexy del 2011), ha rivelato di essere pronto a diventare padre e che vorrebbe avere tre figli; Jenna ha replicato: “Per gli uomini è sempre facile dire che vogliono avere 15 figli”. Nell’attesa, l’attore sarà impegnato nei prossimi mesi ad allenarsi per il ruolo del lottatore Mark Schultz, medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1984, nel film ‘Foxcatcher’.

E pensare che c’era chi credeva che l’uomo più sexi del momento fosse Hussein (Obama), fresco di riconferma alla guida della White House. In Italia potevamo pensare a Maria, non la Madonna, ma alla De Filippi, quella di “Amici” il programma di Canale 5 ignorato dal pubblico sobrio. Seguitissima, popolarissima e poi fa… voce…oh, scusate, audienz. People e GQ, pensate un po’. Le riviste “trash” che sembrano come le agenzie di raiting, o come si scrive, che mettono i voti anche alle suore. Trash o non trash però “la fanno su cess…”

L'A3 è strategica ma non è il futuro. Nel Mediterraneo servono altre infrastrutture. Senza chiedere permessi a Berlino

Pietro Ciucci, amministraore delegato di Anas
Pietro Ciucci, amministraore delegato di Anas – A3

L’autostrada Salerno-Reggio Calabria è sbarcata oggi al Parlamento Ue per una presentazione, che a un anno dalla conclusione dei lavori, vuole risaltarne il ruolo cruciale per l’Italia e per la stessa Unione. ”La Salerno-Reggio Calabria ha un’importanza strategica”, ha affermato durante la conferenza “A3 un’Autostrada Europea”, l’amministratore delegato dell’Anas Pietro Ciucci (foto).

L’arteria “ha consentito di rompere l’isolamento di vaste aree del Mezzogiorno” e costituisce un anello essenziale nel ”Corridoio Helsinki-La Valletta”. Viste le ombre che si sono addensate sull’opera, non ultimi i 382 milioni di euro di aiuti comunitari recuperati dall’Olaf, l’Ufficio anti frode della Ue, e la presenza dell’esercito per alcuni mesi nei cantieri, Ciucci ha voluto sottolineare l’impegno sul fronte della legalità.

”Dove si muovono grandi capitali bisogna prendere forte precauzioni”, ha ricordato, indicando in particolare la ”tracciabilita’ dei movimenti finanziari, il sistema di controllo dei cantieri e dei materiali”. Gianni Pittella, vice presidente Pd del Parlamento Ue e co-fondatore di Meseuro, il Centro studi che ha organizzato l’evento, ha ricordato che ”solo tramite le infrastrutture fisiche e materiali l’Italia e l’Europa possono recuperare competitività e coesione”. Un appello che arriva mentre la Ue si è bloccata nei difficili negoziati sul prossimo bilancio comunitario 2014-2020.

Ma non  solo. L’Europa dovrebbe riconoscere il Mediterraneo come area strategica prioritaria per tutto il Continente. Se non si parte da questo presupposto il Mezzogiorno sarà sempre un peso, pensiamo noi. Il Mare Nostrum deve essere la porta esclusiva per l’Europa – (non solo per l’immigrazione) -, continente che deve guardare a questo bacino con una visione più moderna e inclusiva delle regioni più povere. Discutiamo sempre di area di libero scambio, ma a parte qualche eccezione il Sud Italia è tagliata fuori da tutto e pure dalle grandi tratte commerciali.

L'europarlamentare lucano Gianni Pittella (S&D)
L’europarlamentare lucano Gianni Pittella (S&D)

I trasporti e le infrastrutture in questo lembo di mondo sono cruciali, pertanto non si possono cambiare gli assi e i corridoi come se fossero una variante di un crocevia stradale, o magari per accontentare grandi gruppi di potere che decidono se l’oleodotto o l’autostrada x possa passare per le nazioni y e j.

Che l’autostrada Salerno Reggio Calabria fosse strategica era risaputo, anche perché unica arteria di collegamento a Sud, ma potrà favorire davvero il Mezzogiorno se accompagnata da altre grandi infrastrutture come il Ponte sullo Stretto (o tunnel sottomarino?), dall’Autostrada Jonica Taranto-Reggio, dall’Alta velocità Salerno-Palermo, l’ammodernamento del sistema viario interno (tra Puglia Basilicata e Calabria) e non ultimo il potenziamento effettivo di Gioia Tauro, il più grande porto del Mediterraneo (Terzo d’Europa) che sta divenendo il primo al mondo per traffici illeciti.

Parliamo pure di Autostrade del Mare, poiché è inutile dibattere, anche in sedi prestigiose come da sempre si sforza di fare Gianni Pittella, se poi non abbiamo vie di collegamento per veicolare i container nel continente. E’ il caso di evidenziare l’assenza di una visione organica complessiva del bacino mediterraneo?.

Beh! Un’area che non basta vederla solo sulle mappe geografiche, ma bisogna immaginare che a queste latitudini è possibile generare sviluppo avendo finestre privilegiate su nuovi mondi e mercati (Oriente e il Magreb) che sono lontani da Helsinki, Rotterdam e Berlino. L’amministratore di Anas non se lo scordi. Né l’Europa.

Arresto Maruccio (ex Idv), spunta l'ombra del presunto riciclaggio sui fondi

Vincenzo MaruccioCi sarebbe l’ombra del riciclaggio dietro l’attività di sperpero di soldi pubblici da parte di Vincenzo Maruccio, ex capogruppo regionale di Idv ed ex assessore della giunta di centrosinistra nel Lazio, arrestato ieri a Roma con l’accusa di peculato per essersi appropriato illecitamente di circa un milione di euro.

E’ questa l’ipotesi su cui stanno lavorando inquirenti ed investigatori. Un’ipotesi che sorge alla luce della vorticosa movimentazione di assegni emessi da Maruccio, avvocato di origini calabresi, tra l’altro presunto schiavo del gioco, un vizio che si permetteva coi soldi dei fondi del gruppo Idv. Un giro, quello dei mandati di pagamento, che in genere contraddistingue o le vittime di usura, circostanza che non sembra adattarsi alle condizioni economiche dell’ex capogruppo Idv, o i riciclatori di danaro.

Lo stesso gip Flavia Costantini, firmataria dell’ordinanza di custodia cautelare, parla di Maruccio come di ”una persona che, pur percependo cospicui introiti come consigliere regionale ed essendo, al contempo, l’amministratore esclusivo di una piccola fortuna – 2 milioni e mezzo di euro nell’arco di due anni e due mesi – era perennemente pressato dalla necessita’ di reperire denaro”.

Denaro reperito, scrive il Gip, ”violando ogni regola”’ e preso ”da sale giochi, tabaccherie, parenti, quali la madre che dalla Calabria, a suo dire, gli inviava con l’autobus i risparmi della nonna, amici vari, alcuni calabresi”. di pietro il moralizzatoreIl nome di Maruccio compare anche nell’indagine su presunti legami tra clan e logge massoniche della Dda catanzarese. Amici calabresi sui quali sono in corso indagini.

Uno di questi sarebbe infatti risultato implicato in un giro di usura. Nell’inchiesta, che ora punta anche a verificare le posizioni dei collaboratori dell’esponente Idv, uno di questi, la segretaria Laura Marchesi è indagata per favoreggiamento, per aver aiutato Maruccio ad ostacolare le indagini.

E su questo punto, quello dei possibili complici di Maruccio, è in corso un’attività istruttoria per verificare la posizione di alcune persone spuntate da alcune intercettazioni. Persone dell’entourage di Maruccio e delle quali lui si fidava. Intanto l’ex capogruppo ha trascorso la prima notte a Regina Coeli ”sereno e tranquillo”, riferisce il suo difensore Luca Petrucci.

Si trova in cella con altre tre persone e attende l’interrogatorio di garanzia di venerdì. Ascoltato già dai pm subito dopo essere indagato Maruccio disse di non ”avere speso i fondi per fini personali ma solo politici”. Dalle indagini sarebbe emerso un quadro diverso: almeno 100mila euro di fondi pubblici persi al gioco nella sala del suo collega di partito Andrea Palma al quale versava costantemente assegni. ”Erano debiti di gioco”, avrebbe detto Palma. Ma la Procura vuole vederci chiaro.

L'Italia non fa figli e invecchia. Intanto importa quelli degli altri. La cultura sessantottina impera

L’Italia non fa figli e continua a invecchiare. Intanto, però, importiamo quelli degli altri. Secondo i dati Istat sulla popolazione residente, sono stati 546.607 gli iscritti in anagrafe per nascita nel 2011, circa 15 mila in meno rispetto al 2010. Il dato, secondo l’Istat, conferma la tendenza alla diminuzione delle nascite avviatasi dal 2009. Il calo delle nascite è causato per lo più alla diminuzione dei nati da genitori entrambi italiani, quasi 40 mila in meno rispetto al 2008. Anche i nati da almeno un genitore straniero, che hanno continuato ad aumentare al ritmo di circa 5 mila l’anno fino al 2010 sostenendo la ripresa della natalità in Italia, nel 2011 mostrano una diminuzione dovuta al calo di circa 2 mila nati da coppie miste. Che dire, che è veramente paradossale non riuscire a fare figli anche se i tempi sono duri. Se pensiamo ai nostri avi che nel dopoguerra mettavan su famiglie con sette, dieci figli. I tempi che correvano erano di gran lunga più duri di oggi, roba da pane e acqua, altro che telefonini e tablet. L’egoismo generato dall’era postsessantottina è diventato cultura imperante nel nostro paese e questi sono i risultati. Moriremo tutti con gli occhi a mandorla, rumeni e africani (che proliferano che è una meraviglia e poi sbarcano in Italia e in Europa). Eppure, basterebbe un semplice gesto di generosità: restituire il dono della vita e dare anche ad altri potenziali figli la possibilità di vedere ciò che vediamo noi. Forse l’egoismo acceca. Il problema è anche dello Stato. Perché non incentiva le nuove nascite, anzi. Pensate che Berlusconi aveva varato una norma che per ogni primo figlio invece di dare una dote, avviava le famiglie a indebitarsi, con prestiti di 5000 euro. Cose da matti. Comunque con tanti figli una Nazione diventa ricca, guardate nella stessa Cina, India, Brasile, tutti paesi emergenti. Ne vale la pena anche sul piano economico.

Bersani in Calabria ha detto tutto e niente tra figli di troi…ka, anziani baroni e bambole truccate

“Non possiamo tollerare elementi di classismo nell’istruzione, è il peggio che possa capitare alla societa”. Lo ha detto Pierluigi Bersani parlando all’Università della Calabria nella sua visita in regione, dove è stato contestato da un gruppo di studenti al grido: “Non siamo figli di troi… ka”.
La platea è quella delle grandi occasioni. In larga parte attempata, pochi giovani, truppe cammellate e molti baroni sessantottini, con qualche “bambola” truccata qua e là.

C’era il “nuovo” che avanza per usare una metafora. Che avanza lento ma deciso alla conquista della “nuova” Italia. Parla di tutto e di niente, Pigi Bersani. Tocca argomenti nazionali triti e ritriti. Le tasse, le riforme, (si guarda bene dal toccare a fondo quella del lavoro e delle pensioni). Non dice nulla sulle grandi questioni: l’alta finanza e il predominio delle banche, del ruolo dell’Europa, dell’euro, della Bce e dei trattati internazionali, ma butta giù qualche elogio a quel governo Monti che lui ha voluto e che ancora sostiene.

Tra battute e sorrisi, esterna finta sicurezza il leader che molti nel centrosinistra vorrebbero a palazzo Chigi. Il volto stanco per il fitto impegno (ieri su Sky ha perso il confronto con gli altri quattro contendenti, tra cui Renzi e Vendola), Pierluigi, sente tutto il fiato sul collo delle nuove leve che vorrebbero inchiodare una sua foto nei corridoi di via Sant’Andrea delle Fratte, con la didascalia: “Pierluigi Bersani, ex segretario del Pd”. Il 25 novembre è vicino e lui sente comunque la vittoria in tasca. Probabilmente la spunterà avendo a suo favore tutta la nomenclatura che Renzi vorrebbe mandare a casa.

“E’ un vero insulto alla società – ha detto poi Bersani – voler studiare e non poterlo fare. Dobbiamo riportare la tassazione ai livelli europei, del tema del diritto allo studio dovremmo farne un tema d’attacco della nostra politica.
Noi critichiamo le nostre università, ma dall’estero appariamo, in molti settori come quelli che formiamo meglio la gente. E infatti ci rubano i laureati”. Il leader del Pd ha poi elogiato il sistema universitario di Arcavacata definendolo “un fiore all’occhiello” nel panorama nazionale. Pesano poco, come doveva essere, gli scandali giudiziari che legano il nome dell’Ateneo alle false lauree.

“Ci vuole – secondo Bersani – un contratto unico dei ricercatori, un percorso più certo e favorire le start up che possono decollare da percorsi di ricerca. C’e’ tanto da fare”, ha detto in modo generico. Per Bersani “la legge Gelmini va certamente modificata, e tuttavia dico – ha aggiunto – che sono alla ricerca di una situazione in cui modificando quello che non va, si riesca a impostare una prospettiva stabile del sistema. Non possiamo prendere ogni anno degli schiaffoni. Facciamo una ragionata seria con gli aventi causa e cerchiamo di allestire una prospettiva, non possiamo destabilizzare il sistema ogni sei mesi. E c’e’ anche un meccanismo di turnover che va rivisto”. Il candidato alle primarie del centrosinistra si è recato poi a Crotone e Reggio Calabria dove ha chiuso il suo tour calabrese.

Bersani ha detto la sua anche sul sisma del Pollino (“Vigileremo”) e sul recente commissariamento del Comune di Reggio Calabria. “A Reggio la situazione è stata spinta dalla destra oltre i limiti della corretta amministrazione, perfino oltre i limiti della legalità”. Il Partito democratico, ha aggiunto, “darà una mano a questa città, cercando di affrontare i problemi aperti che sono stati provocati. Farò tutto il possibile per Reggio e i reggini, che meritano di meglio, anche nel ricordo di quel grande sindaco che è stato Italo Falcomatà”. Il leader è stanco e non si sbilancia più di tanto. Dalle sue parole trapelano insicurezza e tanta improvvisazione.

Sciame sismico, la Calabria trema ancora

Lo sciame sismico in Calabria continua. Alle 8.06 di stamane una forte scossa di magnitudo 4.4 è stata avvertita nella Piana di Gioia Tauro e in provincia di Reggio Calabria.

E’ avvenuta a 75 chilometri di profondita’ ed e’ al momento isolata, ossia non seguita da repliche, verso costa. Il ‘motore’ che l’ha generata, rilevano gli esperti della sala sismica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e’ il fenomeno per il quale la Placca Ionica tende a scivolare sotto la Calabria.

Lo stesso tipo di movimento il 29 agosto scorso aveva provocato un terremoto di magnitudo 4,6 in mare, nella zona dello stretto di Messina, anche in quel caso il sisma era avvenuto in profondita’ e non era stato seguito da repliche.

Le osservazioni basate sui terremoti passati, rilevano dalla sala sismica, mostrano che in questa zona non sono infrequenti scosse isolate e non seguite da repliche. ”Ma queste – rilevano gli esperti della sala sismica – sono osservazioni basate sul passato e che non hanno nulla a che vedere con il futuro”. Altre scosse sul Pollino. Lo sciame prosegue senza soste su tutto l’appennino calabro lucano.

La gente ancora ha paura e dorme all’aperto. Il governo ha dischiarato lo stato di emergenza per i primi interventi di messa in sicurezza. Finora, fa sapere l’Anas, non si registra nessun danno alle strutture dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria  Il traffico e’ regolare sull’autostrada e su tutte le altre arterie di competenza. ”Le squadre di emergenza, immediatamente attivate a seguito dell’evento sismico stanno effettuando sopralluoghi e verifiche continue in corrispondenza di gallerie, ponti e viadotti presenti sulla rete stradale in gestione diretta, in particolare, sull’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria”.

Bersani, l’uomo che regalò l’Italia a Monti, si candida a guidarla sulle macerie del governo tecnico

Bersani il Re del PD, dice la foto

“Il coraggio dell’Italia è anche il tuo”. Bersani dixit alla vigilia delle Primarie del Pd. Con quale faccia, c’è da aggiungere. Con quale coraggio, appunto, si ripresenta per governare dopo che l’ex ministro alle “lenzuolate” del governo Prodi ha abdicato a governare andando ad elezioni anticipate.

Aveva la vittoria in mano, nei sondaggi 10 punti avanti sul Pdl lo scorso novembre, allorquando le “pressioni internazionali” ad orologeria e gli indici dello Spread schiacciarono Berlusconi costringendolo alle dimissioni. Perché non l’ha fatto? Non voleva assumersi responsabilità? Ebbene, chi non vuole assumersi responsabilità non può fare politica, men che meno fare il segretario di un grande partito come il Pd.

Oggi Bersani vuol ripresentarsi su quelle macerie lasciate dal governo Monti a raccogliere lacrime e qualche consenso che gli elettori sono disposti ancora a dare dopo le rapina tout court e gli sfregi sociali operati dal governo tecnico voluto, appoggiato e venerato anche da Bersani. Giorgio Napolitano, regista assoluto di questa spietata operazione probabilmente si pentirà.

Rapina e sfregi, intesi come i provvedimenti scellerati, cioè a fare molto male, attuati contro il Popolo Italiano lasciato orfano di rappresentanza politica e di prospettive future.  Popolo, cittadini, elettori che avevano espresso una volontà popolare precisa per essere governati dal leader e dalla coalizione apparsa più convincente e credibile nelle proposte nel 2008. Non è stato così, sia chiaro, ma era giusto tornare alle urne. Al diavolo lo Spread e le 1500 persone che governano ogni giorno i mercati finanziari influenzando i destini dei governi e di milioni di persone.

Era giusto che Bersani nelle consultazioni dicesse: “Andiamo a votare, se ci tocca faremo noi il lavoro impopolare”. Invece ha preferito “pettinare le bambole” e raccontare alla gente castronerie. Ma non è soltanto Pierluigi il protagonista da rottamare. Le promesse di Berlusconi sono state un abbaglio per milioni di italiani, è vero! Le ha spalmate in un un ventennio. Silvio si sentiva come il Duce, ma senza avere la statura del Duce. Si sentiva come Napoleone, ma senza avere l’intelligenza di Napoleone.

Esagerava e talvolta si sentiva come l’Onnipotente senza essere né Dio nè la controfigura. Poteva, nel senso che uno coi soldi compra tutto, ma se sei stupido e hai soldi, hai potere ma rimani sempre stupido. Era solo un imprenditore (ricco sfondato) prestato alla politica che riteneva che il successo ottenuto nel lavoro poteva averlo anche in politica. In parte c’è riuscito, ma con una macchina da guerra che ha “sostitutito” quella di Occhetto (con grande dispiacere di D’Alema) con cui si è voluto anche enfatizzare un falso storico, raccontare un’altra grande menzogna: sdoganare la Destra italiana.

La Destra italiana si è sdoganata da sola sulle macerie di Tangentopoli nel ’92/93. Prima di scendere in campo ufficialmente, Berlusconi alle elezioni per il sindaco di Roma si schierò con Fini contro Rutelli: “Se votassi a Roma voterei per Fini”, disse il capo del biscione. Il simbolo che accompagnò il presidente della Camera in quell’avventura era quella del Msi-Dn di cui era segretario. La Mussolini a Napoli uguale. Entrambi furono sconfitti, ma presero milioni di voti, oltre il 45 percento di preferenze. Una grande stagione. Poi venne Silvio e Fini fece An, formazione che era già in programma. E’ stato comunque un grave errore. Un grave errore pensare che il successo nel lavoro poteva e possa trasferirsi in politica. La presunzione di Silvio è stata anche questa. (Piccolo inciso: vedo nelle liste elettorali i cosiddetti professionisti, imprenditori di successo, la cosiddetta società civile.

Niente di più sbagliato. Se uno vuol fare politica la deve fare cosciente che questa è una missione ma deve avere fiuto, idee, lungimiranza. Non è sufficiente appartenere alle cricche o agli ordini professionali). In questi venti anni ci sono anche state delle parentesi di sinistra. Ciampi (’93/’94), Dini, D’alema, Prodi. Solo quest’ultimo eletto democraticamente. I precedenti tutti con colpi di spugna e ribaltoni. Nessuno di loro ha in ogni caso saputo dare risposte. Non rimarrà nessuna traccia di loro nei secoli.

Segno di una classe politica autoreferenziale, non da rottamare come dice il coraggioso Matteo Renzi, ma da cestinare come Fiorito cestinava le fatture del gruppo pidiellino. Per colpa di costoro e di Berlusconi, oggi siamo diventati come la Grecia, forse peggio, ma ci mancano gli scontri di piazza, ci manca la forza della rabbia e dell’orgoglio, come diceva Oriana. Rispetto ai nostri “fratelli” greci – ridotti in povertà e quasi in schiavitù dai poteri finanziari vicini a Monti, Passera & CO.-, che all’Occidente nei millenni hanno regalato la Storia, la Cultura, la Civiltà, il Mito, il Logos, noi abbiamo gli ammortizzatori familiari che sono i genitori, le pensioni dei nonni e delle nonne.

Resistiamo ma fino a quando, noi italiani? Siamo come la Spagna dilaniata dall’alta finanza; come la ricchissima Argentina piegata in ginocchio dalle lobby internazionali. Grazie al cielo per loro, a Buenos Aires hanno avuto il coraggio di cacciare fuori dagli affari interni del paese il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Oggi il popolo argentino respira libertà e un po’ di benessere. Tornando a Bersani e Berlusconi, immaginate cosa significhi per un quarantenne o cinquantenne italiano di oggi sapere che possono andare in pensione a 70 anni, che i loro contributi da precario valgono “zero”.

Questo Grazie al lavoro atipico e a progetto e similari della legge Biagi (il giuslavorista ucciso dalle Br) che ostinatamente il centrodestra berlusconiano ha introdotto nel sistema normativo perché serviva al Cavaliere di Arcore per un duplice motivo: uno, come (fallace) ritorsione contro il terrorismo; l’altro, il più importante sotto l’aspetto strategico elettorale, cercare di ottenere i milioni di posti di lavoro che costui aveva promesso durante le sue campagne elettorali. E per l’Istat, istituto carrozzone che rileva ciò che vuole il potere, dire che i posti di lavoro creati sono cresciuti di due milioni, senza però spiegare che questi erano lavori atipici, a chiamata, a progetto, cococo, ossia che non valgono un corno, era cosa facile e alquanto disonesta.

Con l’introduzione della Biagi questo è successo: milioni di precari senza futuro né speranza. Diceva Berlusconi: “Meglio un lavoro atipico che in nero”. In verità, siamo passati dal lavoro fisso a quello atipico senza diminuire quello in nero, anzi! Un fallimento devastante. Per le famiglie e per i giovani. Un fallimento ma non per quelle imprese che tifavano per questi provvedimenti. Norme che tuttavia non vietavano di delocalizzare, anche avendo finanziamenti pubblici.

E così grazie alla Biagi, le Pmi poterono assumere precari, licenziarli e andare a produrre in Cina. Berlusconi è riuscìto a precarizzare l’intero sistema produttivo italiano che intanto veniva schiacciato dai nuovi competitor dei paesi emergenti. Tutto questo coadiuvato da grandi scienziati giuslavoristi e con la complicità dei sindacati, la triplice e le altre sigle sempre inclini al potere. Il risultato di quelle politiche dissennate sono sotto gli occhi di tutti.

Milioni di precari grazie alla legge 30 (o legge Biagi), milioni di giovani che non sanno come crearsi un futuro e altrettante famiglie che non arrivano alla prima settimana del mese. Famiglie e imprese schiacciate da Equitalia, un istituto para militare che reprime i piccoli per far capire ai grandi evasori che loro fanno sul serio. Col risultato che i piccoli, cioè famiglie e imprese – più facile da perseguire -, sono stati distrutti e messi sul lastrico per qualche multa o qualche contributo, mentre quel 5 percento che evade il 95 percento del totale italiano, l’ha scampato e la fa franca in barba a ciò che ritengono Befera o Monti. Una vergogna nazionale.

Le politiche di austerità dei tecnici sono queste. Annientare l’economia reale per far contenti i banchieri e la Merkel. Ma ci sono movimenti di protesta che si stanno preparando per raccogliere i molti delusi nel paese. Uno di questi è il movimento 5 stelle di Grillo. I sondaggi ad oggi lo danno al 1o%, ma il dato è sottostimato, talmente è il vuoto che si trovano a riempire in questo paese malandato. Per fortuna, verrebbe da dire. Almeno c’è da confidare in forti reazioni contro questo andazzo che ha fatto sprofondare  l’Italia. Poi viene Bersani e ci parla di “coraggio”. Eccolo il coraggio! Lo vada a raccontare ai giovani. I codardi non possono fare politica! Se li conosci li eviti.

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