5 Ottobre 2024

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Dissesto idrogeologico, Calabria Molise e Basilicata primi

I comuni a rischio per il dissesto idrogeologico sono 6.633 in Italia. Le regioni che superano il 90% di pericolosita’ nel proprio territorio sono 13. Il che significa che, in media, l’82% del nostro Paese vive su un suolo fragile.

Questi alcuni dei dati contenuti in un rapporto realizzato da Legambiente insieme con la Protezione civile, che disegna una mappa della pericolosita’ potenziale del territorio italiano. Cinque le regioni praticamente al 100 per cento a rischio, Calabria, Molise,Basilicata,Umbria e Val D’Aosta, oltre alla provincia di Trento.

Tra le regioni meno a rischio, ma sempre oltre il 50% del territorio, Lombardia, Veneto e la provincia di Bolzano.

Di seguito, il rischio idrogeologico in Italia suddiviso per regione, numero di comuni esposti al rischio e percentuale sul totale: – Calabria 409 100%; – provincia autonoma Trento 222 100%; – Molise 136 100%; – Basilicata 131 100%; – Umbria 92 100%; – Valle d’Aosta 74 100%; – Marche 239 99%; – Liguria 232 99%; – Lazio 372 98%; – Toscana 280 98%; – Abruzzo 294 96%; – Emilia Romagna 313 95%; – Campania 504 92%; – Friuli Venezia Giulia 201 92%; – Piemonte 1.049 87%; – Sardegna 306 81%; – Puglia 200 78%; – Sicilia 277 71%; – Lombardia 929 60%; – provincia aut. di Bolzano 46 59%; – Veneto 327 56%

Rimborsi ai gruppi, Gdf in Calabria. Indagini dal 2010, ma non si esclude la gestione Loiero Bova.

A chi pensava che la questione della distrazione dei fondi dei gruppi regionali fosse solo laziale dovrà ricredersi. Anche in Calabria, come del resto in tutte le regioni d’Italia, vi sono tanti Fiorito e Maruccio.

La Guardia di finanza ha fatto un “blitz” oggi nel Consiglio regionale della Calabria, dopo che ieri è stata in Liguria. I militari, su disposizione del procuratore facente funzioni di Reggio Calabria Ottavio Sferlazza e del sostituto Matteo Centini, stanno acquisendo documenti relativi alla gestione dei bilanci di tutti i gruppi consiliari.

L’iniziativa si collega ad un’indagine sull’organizzazione e i finanziamenti alla campagna di un consigliere in carica alla Provincia di Reggio Calabria, che sarebbe stato eletto nella lista “Raffa presidente”, collegata a quella del Pdl. Le perquisizioni si stanno concentrando anche nel palazzo della Provincia. Il periodo preso in esame è dal 2010 in poi.

Ma nessuno si sente di escludere che gli inquirenti possano andare indietro ai cinque anni della gestione Loiero-Bova (e oltre, alla gestione Chiaravalloti), dove pullulavano i cosiddetti monogruppi. Cioè ogni consigliere poteva fare un suo gruppo con conseguente disponibilità finanziaria, autisti, auto blu, viaggi vacanza all’estero camuffate da missioni istituzionali e spese che ritenere “folli” è un eufemismo.

Rendicontazione, ovviamente, discrezionali. Annualmente si presentava un foglietto scritto a mano: “Spese varie” o “Spese eventuali varie”. Tutto a carico dei contribuenti che non avevavo modo né titolo per “entrare nel merito”. Spese pazze, carte di credito cedute alle mogli e agli amici, viaggi, ristoranti, alberghi, auto con pezze giustificative fallaci o inesistenti a fronte di onerosi rimborsi. Ostriche e champagne?

Si ipotizza molto ma molto di più. Maruccio è d’oro rispetto a quello fatto coi monogruppi. Lo stesso Loiero è oggi a capo del monogruppo Autonomia e diritti, con una cassa di oltre 300 mila euro tutti per lui, oltre all’indennità di carica. Gli inquirenti seppure in modo conoscitivo stanno cercando adesso di ricostruire le partite di giro di denaro pubblico elargito ai gruppi di provincia e regione per un arco di tempo breve.

Ancora non si hanno notizie certe sul consigliere provinciale ma si starebbe cercando di capire qualcosa in più su un vecchio stratagemma che usano i politici eletti alla provincia e alla regione per gonfiare i rimborsi: quello di trasferire il domicilio nel paese più lontano dalla sede del palazzo per intascare i soldi che in verità non spende. Alla provincia di Cosenza vi sono stati in passato (e forse ancora oggi) consiglieri che avevano la residenza a Praia a Mare piuttosto che a Roseto Capo Spulico, 120 chilometri di distanza dal capoluogo.
Intanto il presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico, non ha commentato l’incursione delle Fiamme Gialle. Si è limitato a ricordare, come da programma, la strage degli otto ciclisti uccisi a Lamezia da un pirata della strada.

Legge elettorale. Partiti, come ladri di Pisa: di giorno liti, di notte intese.

La legge elettorale? un nulla di fatto. Probabilmente non se ne farà nulla. Diciamoci la verità: A tutti i partiti sta bene questa legge. Calderoli che l’ha partorita, l’aveva definita una “porcata”, per via del fatto che toglieva agli elettori il diritto di esercitare la garanzia costituzionale di scegliere i rappresentanti in parlamento. Ma a tutto l’establishment politico, ai segretari di partito, insomma, ai capoccioni che si chiamino Bersani, Casini, Berlusconi, Di Pietro, Grillo eccetera, questa legge era e sarà buona.

Non crediamo alle favole che raccontano nei Tg. Sono d’accordo a tenersela, la “porcata”, studiata ad arte da Berlusconi e approvata con il consenso velato del centrosinistra. Una norma fatta formalmente presentare al leghista Calderoli in cambio del Federsalismo a Bossi. Questo era l’accordo. Fingono di scannarsi, ma poi tutti d’accordo. Come i ladri di Pisa.

Altrimenti, logica conclusione, l’avrebbero già cambiata, no? Se ne fregano delle sollecitazioni che arrivano dalla società civile, dalle associazioni, dagli elettori che invocano una nuova legge che introduca le preferenze perché stufi di questo teatrino ignobile, stufi di vedere parlamentari schiavi di antichi e novelli capetti che mortificano l’autonomia di un rappresentante del popolo sovrano. Ma anche loro, però, peggio, molto peggio, dei loro capetti.

Approvano tutto in cambio di una ricandidatura. Sono omertosi come i migliori vicini dei mafiosi pur di trarre vantaggi: possa essere una spesa al market per il vicino del mafioso piuttosto della promessa di un vitalizio per un parlamentare. In linea di principio è la stessa cosa. “Chi me lo fa fare. Se non lo faccio io lo farà gente come Scilipoti”, pensano guardandosi la mano. Gente della peggiore specie, che ha fiuto per l’assenso (cioè chinarsi) ma non ha consenso. I loro padroni non vogliono cambiarla la legge perché attraverso il “porcellum” costoro continueranno ad esercitare potere su questi mediocri.

Uomini e donne che ad ogni chiamata abbassano la testa come caproni (come i picciotti alla chiamata del boss) ed eseguono senza fiatare, ovvero fanno presenza in parlamento senza muovere un dito salvo quando votare si o no secondo le indicazioni del capogruppo. E’ una legge elettorale per avere in parlamento solo servi, “yesman” e qualche squaldrinella. La pretendono per non avere gente intorno che fa il suo onesto lavoro, per star lontano da chi fa troppe domande, da chi dissente e pensa con la propria testa e non attraverso quella di B&B, di C&G. A questo punto è compito dei super tecnici tentare un “colpo di spugna”. Facessero presto un decreto legislativo con le indicazioni più fedeli alle istanze dei cittadini (non ai padroncini dei partiti) e poi vedremo alla conta chi ci sta, o vota contro. Ma non c’è da fidarsi neanche del governo dei professoroni…

Renzi perde ma prende il 40% del centrosinistra. A Bersani, se vince nel 2013, toccherà proseguire il lavoro sporco dei suoi capi oggi al governo

Ha vinto Bersani le primarie del centrosinistra. Pigi l’emiliano, il “codardo” che durante la crisi dello spread che buttò giù Berlusconi, non ebbe il coraggio di prendere in mano la situazione, pur avendo dieci punti avanti nei sondaggi. Ha vinto l’ex ministro che ha dato le lenzuolate agli italiani e coi poteri del decreto Visco Bersani, anche le legnate di Equitalia ai piccoli imprenditori e alla povera gente.

La verità è che il vincitore di queste primarie ambisce ad avere non tanto un ruolo da premier in Italia, ma in Europa. La partita è lì e si gioca a Bruxelles. Supportato da Romano Prodi (alias Mortadella) e da tutti quei poteri che nel continente tifano per la conservazione della speculazione finanziaria, delle grandi holding, dei grandi criminali e faccendieri in giacca e cravatta che si alimentano in quel “mercato” asfittico che determina i destini di milioni di uomini; di quel “popolo” evocato da Bersani, dopo la vittoria delle primarie, che vorrebbe vedere “tranquillo e sereno”, “forte e deciso”, e se così fosse, forte e deciso, sarebbero guai! Lo raccontasse a chi, per colpa sua, è costretto a pagare: l’Imu sulla prima e seconda casa, le tasse al 53 percento, le stangate della (sua) creatura tremontiana.

Lo raccontasse alle migliaia di giovani coppie e famiglie che non sono più in grado di pagare il mutuo. Una giornata di grande partecipazione. Evviva. Il grande vincitore morale è però Matteo (Davide) Renzi. Nei numeri ha vinto Bersani (Golia) trasportato dalle truppe cammellate, ma ha perso il paese perché l’uomo sbucato dalle urne delle primarie del centrosinitra, non è affatto adeguato a guidare il Paese, ha avuto in passato un po’ di esperienza, ma disastrosa. Il grande “puparo” , (il Lider Maximo) è a conoscenza dei grandi limiti dell’uomo delle metafore e si era affannato a dire il contrario: che Renzi non era adatto. Cosa forse vera. (Dopo le delusioni dei governi degli ultimi 40 anni e degli uomini alla Fiorito o alla Penati diffidare è un obbligo morale). Ma da quale pulpito, pero, veniva la predica! Veniva da lui, da D’Alema, il predecessore  o successore di Berlusconi, comunque la giri.

Bersani&CO, complice il compagno presidente della Repubblica Napolitano, quando decisero di far fare il “lavoro sporco” a Monti erano consapevoli (insieme a quelli del centrodestra) che in questo modo era più facile racimolare lacrime e consensi sulle macerie del governo tecnico. Quante prebende vedremo alle Bindi, ai D’Alema, ai Latorre agli altissimi come Minniti?

Quale sarà la ricompensa per tutti quei deputaticchi senza dignità che hanno mosso le truppe al voto per Bersani? Ce li ritroveremo tutti nel governicchio balcanico della “macedonia”;  lo stesso che attraverso il consenso dei grandi leader progressisiti, gli enormi potentati economici,
le lobby, le agenzie di rating, dei grandi giornali europei ottiene la fiducia a prescindere dalla volontà del popolo.

E’ vergognoso che questa gente con due, tre, quattro e oltre legislature alle spalle; quelli che erano prossimi al pensionamento, ce li ritroveremo protagonisti dei prossimi anni. Ecco dov’era l’importanza della “rottamazione”. E pensare che gente come il candidato a Sindaco del Pd di Catanzaro, Salvatore Scalzo, 28 anni, “trombato” per due volte, ha votato indovinate per chi? Per Bersani (supportato dalla nomenclatura piddina guidata da Oliverio, Minniti e compagnia bella.

E allora cosa avrà promesso Bersani a Scalzo? la Camera! Spazio ai giovani. Sacrosanto. Ma questi giovani alla Scalzo, sembrano più vecchi della Serracchiani. Vergognosi questi pupazzi e burattini in Parlamento, yesman e lacchè del potere che prima di muovere qualcosa chiedono cento permessi ai loro mentori politici.

Evviva Renzi! A Gran voce! Non c’è da condividere molto su ciò che ha proposto. Nelle proposte è stato un po’ vago e superficiale, forse improvvisato (non che Bersani abbia espresso maggiore convinzione, intendiamoci!), ma almeno ha avuto le palle di mettersi in gioco, di smuovere lo stagno nauseabondo della politica italiana.

E forse è meglio questo esito. Bersani, se ci riesce, conquisti e guidi il paese. Sia lui il responsabile alla raccolta di quei “cocci” lasciati dal governo tecnico voluto da lui, Berlusconi e Napolitano, il burattinaio e il garante del governo tecnico. Se vincesse le elezioni toccherà a Bersani proseguire nel lavoro “impopolare” intrapreso da Monti. Su Equitalia cosa dirà? Le ridurrà i poteri e le azioni estorsive sui cittadini? (A quanto una inchiesta per capire quanti figli e parenti di politici sono stati assunti da Equitalia?

Cosa diranno i parlamentari calabresi su questo tema? Perché non interrogano il governo visto che blaterano sempre di ingiustizie. Speriamo non stiano zitti sulla parentopoli di Equitalia, dicano qualcosa sullo scandalo delle estorsioni di Equitalia. Se non lo fanno è evidente che han qualcosa da nascondere?

Sul lavoro e sulle pensioni cosa farà Bersani? (Cosa dirà la Cgil che si è schierata apertamente con il vecchio compagno?) . Riaccorcerà l’età pensionabile? Quali azioni intraprende per rilanciare la crescita del paese in  queste condizioni? E naturalmente tante altre cose. Lo abbiamo già visto all’opera con Prodi nel governicchio del 2006. Speriamo di non rivederlo il 2013.

Assisteremmo ad un’altra più nota metafora: “Speriamo che io me la cavo”. Ma se dovesse accadere (malauguratamente) bisognerebbe dire: Renzi, meglio così. Hai avuto un gran coraggio a sfidare le corazzate del centrosinistra. Hai insegnato anche alla destra il coraggio di cui va cianciando ma non manifesta mai. Sei un piccolo Davide che ha combattuto contro un Golia sollevato dalla forza tipica delle nomenclature comuniste. Ti sei preso il 40 percento del centrosinistra. Un bene per l’Italia. Adesso stattene li a osservare mentre affini le tue proposte. Poi sarà il tuo turno. Ti saresti bruciato a prendere ora il paese in mano.

Fallo fare a loro, ai pupari e ai pupazzi. Perché gente come Bersani, D’Alema, Bindi, Latorre, e per stare in Calabria, persone come Minniti super star l’Altissimo, Marini, Fortugno, Lo Moro, Laratta, Oliverio e tantissimi altri, devono dare conto agli italiani del loro operato in tanti anni costellati da chiacchiere e potere, poiché anche con Berlusconi al governo loro hanno fatto come i ladri di Pisa: di giorno si rompevan le corna, la notte erano sempre insieme… L’operazione rottamazione renziana non è fallita. Costoro saranno mandati a casa dal sovrano Popolo italiano, scazzato e sbeffeggiato dall’arroganza di questi politicanti da quattro soldi, lontani dalle vere istanze dei cittadini. [Fernando de Meis]

Italia vince battaglia con Ue. I bandi dovranno essere pubblicati in tutte le lingue e non in sole tre. Era discriminante

No ai bandi di concorso pubblicati solo in inglese, francese e tedesco. Tutte le 23 lingue della Ue sono ‘ufficiali’. La Corte di Giustizia europea ha annullato la sentenza di primo grado del settembre 2010 dando così ragione all’Italia che aveva fatto ricorso contro la pratica di pubblicare i bandi in tre sole lingue. Per i giudici di Lussemburgo la scelta di pubblicare un bando in sole tre lingue costituisce effettivamente “discriminazione basata sulla lingua”, cosa che invece non era stata riconosciuta in primo grado con la sentenza del 13 settembre 2010. La decisione di oggi comunque non rimette in discussione i concorsi svolti, “al fine di salvaguardare il legittimo affidamento dei candidati selezionati”. Il caso contestato è partito nel febbraio e maggio 2007 quando vennero pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione e solo in francese, inglese e tedesco, i bandi di selezione per personale nel settore dell’informazione, della comunicazione e nei media. In essi si chiedeva la conoscenza “approfondita” di una delle 23 lingue e la conoscenza “soddisfacente” di una tra tedesco, inglese e francese. Lingue in cui si sarebbero svolti i test di preselezione, nonché le prove scritte del concorso. La Corte non solo ha dato ragione all’Italia perché i bandi devono obbligatoriamente e “senza alcuna eccezione” essere pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale in tutte le 23 lingue ufficiali, ma se anche la limitazione a inglese, francese e tedesco della seconda lingua può essere ammessa “dall’interesse del servizio” le regole che limitano la scelta devono prevedere “criteri chiari, oggettivi e prevedibili”. Cosa che in realtà non avviene. La Corte infatti constatata che “le istituzioni interessate dai concorsi non hanno mai adottato norme interne disciplinanti le modalità di applicazione del regime linguistico nel loro ambito”. Altro colpo alla prevalenza pratica del trilinguismo di fatto della Ue, arriva quando la Corte osserva che “affinché le istituzioni possano assicurarsi i candidati migliori (in termini di competenza, di rendimento e di integrità) può essere preferibile che questi ultimi siano autorizzati a sostenere le prove di selezione nella loro lingua materna o in quella che essi padroneggiano meglio”. Tuttavia nella sentenza si riconosce che “le conoscenze linguistiche costituiscono un elemento essenziale della carriera dei funzionari”.

Protezione civile: 15 regioni su 20 non presentano i piani di emergenza obbligatori per legge. Manca quasi tutto il Sud

Protezione civileQuindici regioni su 20, nonostante il termine sia scaduto da quasi 2 mesi, non hanno presentato al Dipartimento della Protezione Civile l’elenco dei comuni che hanno i piani d’emergenza aggiornati, obbligatori per legge. Lo dicono i dati pubblicati dal Dipartimento della Protezione civile, secondo i quali solo Puglia ed Emilia hanno indicato il numero e l’elenco dei comuni mentre Calabria, Sardegna e Veneto hanno fornito i soli dati relativi al numero dei comuni.
L’ultima alluvione in Maremma, meno di un mese fa, ha lasciato dietro di se cinque morti. E ogni volta che piove o che c’è un terremoto anche di scarsa intensità, il rischio di dover contare danni e vittime è altissimo. Ma nonostante ciò, a due mesi dalla scadenza del termine previsto dalla legge, soltanto 5 regioni su 20 hanno presentato al Dipartimento della Protezione Civile l’elenco dei comuni che si sono dotati dei piani d’emergenza aggiornati, cioè il primo e principale strumento per evitare appunto che ogni calamità naturale o semplice nubifragio si trasformi in tragedia. Il dato è messo nero su bianco sul sito del Dipartimento della Protezione Civile, con tanto di elenco dei comuni virtuosi. E conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che l’Italia è lontanissima dall’avere una cultura di prevenzione e previsione. Ma in questo caso, c’è anche dell’altro: c’è una legge dello Stato che, ad oggi, è violata da quasi la totalità del paese. Lo sa bene il capo della Protezione Civile Franco Gabrielli che negli ultimi giorni ha avvertito più volte enti e amministratori locali di ogni colore, richiamandoli al rispetto della legge: o arrivano i piani o potrebbero essere bloccate le eventuali e future richieste di stato d’emergenza. “Sono passati oltre due mesi dalla scadenza del termine di legge – ha sottolineato – e soltanto pochissime Regioni hanno presentato i piani. Chiederò dunque al governo di non prendere in considerazione le richieste di stato d’emergenza di quei comuni che non hanno presentato e aggiornato i piani”. Significa, tanto per fare un esempio, che tra le regioni che non hanno comunicato al Dipartimento i piani, c’è la Toscana: i comuni della provincia di Grosseto e quelli della provincia di Massa colpiti dal maltempo, hanno i piani di evacuazione aggiornati? Perché se così non fosse, l’eventuale richiesta delle regione di stato d’emergenza potrebbe essere respinta al mittente. “C’è un deficit culturale evidente – ha ribadito Gabrielli – si fa pochissima pianificazione e spesso i meccanismi non sono conosciuti dagli amministratori. Preoccupiamoci prima, facciamo prevenzione e dotiamo i territori di strumenti che consentano alla protezione civile di intervenire efficacemente. Evitiamo di preoccuparci solo dopo quando si tratta di chiedere l’emergenza”. La situazione, però, è all’opposto di quello che chiede il capo della Protezione Civile: ad oggi hanno risposto soltanto cinque regioni. Nel dettaglio, la Puglia e l’Emilia Romagna hanno indicato il numero e l’elenco dei comuni che si sono dotati di un piano di emergenza (sui 258 comuni pugliesi, 202 hanno il piano, mentre sono 266 i comuni emiliani sui 348 totali che dispongono di questo strumento). Calabria, Sardegna e Veneto, invece, hanno fornito i soli dati relativi al numero dei comuni e dovranno integrare le informazioni trasmettendone anche l’elenco. In particolare, in Veneto risultano 488 comuni sui 581 totali, in Calabria 219 su 409 e in Sardegna 202 su 377. In totale, dunque, dei 1.973 comuni di Calabria, Emilia Romagna, Puglia, Sardegna e Veneto il 70%, (1.377) dispone di un piano di emergenza. E le altre 15 regioni? Silenzio assoluto. Eppure la legge 100, quella che ha riformato la Protezione Civile ed è stata approvata il 12 luglio di quest’anno, è chiarissima: entro 90 giorni dall’entrata in vigore i comuni devono procedere ad approvare il piano di emergenza comunale. Il 12 ottobre scorso Gabrielli ha inviato una nota alle Regioni e Province autonome, ricordando la scadenza ormai passata, ma ha ricevuto risposta solo da cinque regioni. Ma cos’è un piano d’emergenza? E l’insieme delle procedure operative di intervento per fronteggiare una qualsiasi calamità in un determinato territorio. In sostanza è lo strumento che consente alle autorità di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un’area a rischio, ma è anche lo strumento che deve contenere tutte le informazioni sulle caratteristiche e sulla struttura del territorio: dunque è l’unico mezzo per conoscere le situazioni a rischio e prevenire i disastri.

Crackbarry e l'ossessione di stare connessi. Il controllo sugli Sms rovina la vita e le relazioni

Smanenttare con il telefonino per vedere se arrivano sms è una patologia che rischia di rovinare la vita e le relazioni. Vengono scherzosamente definiti «crackberry», storpiando il nome del celebre dispositivo della Rim, perché quell’ossessiva necessità di controllare lo smartphone per vedere se ci sono nuovi messaggi fa quasi sorridere, se non fosse che tale comportamento è però indice di una dipendenza paragonabile allo shopping compulsivo o ad altri pessimi comportamenti. Insomma, è una patologia e quindi, come tale, va curata, per evitare conseguenze ben più nefaste sulla propria vita di un crampo alle dita causato dal furioso messaggiare, con ripercussioni negative anche sulla coppia. Che inevitabilmente scoppia, come avvertono gli scienziati della Hankamer School of Business alla Bayolor University del Texas, che, basandosi sull’analisi comportamentale di 191 studenti di economia di due università, hanno analizzato lo stretto legame fra materialismo e dipendenza da telefono cellulare, scoprendo così che non solo i giovani passano almeno sette ore al giorno interagendo coi dispositivi mobili, ma anche che la percentuale di utilizzo degli stessi fra gli studenti sfiora quasi il 90%.
DIPENDENZA – «I telefonini fanno ormai parte della cultura consumistica – spiega il dottor James Roberts, a capo della ricerca, sul Journal of Behavioral Addictions – ma non rappresentano più solo uno strumento di essa, bensì uno status symbol. Di conseguenza, non vengono più usati esclusivamente per motivi pratici ma, come del resto conferma l’analisi sugli studenti, in ogni momento della giornata, persino durante le lezioni, e visto che le funzioni sono sempre in continua evoluzione, l’uso smodato diventa ancora più probabile. Ecco perché in molti casi l’utilizzo ossessivo del cellulare può scatenare una dipendenza simile a quelle da shopping compulsivo o da abuso di carte di credito, o fenomeni di autentico smarrimento quando si resta senza dispositivo e questi comportamenti vanno a discapito delle relazioni personali, perché chi ci sta attorno può trovarli estremamente fastidiosi».
LA PAURA DI RIMANERE DISCONNESSI – E dal 2008 la paura di rimanere «disconnessi» dal mondo o comunque senza la possibilità di usare il telefonino – che non a caso è la fobia più spaventosa per il 66% di britannici in un recente studio della SecurEnvoy – ha anche il nome scientifico di «Nomophobia», con tanto di sito specializzato dove sono illustrati i sintomi della patologia e vengono forniti consigli su come superarla. «Di primo acchito e in maniera un po’ superficiale, qualcuno potrebbe provare a liquidare l’uso aberrante che talvolta viene fatto del telefonino come una sciocchezza giovanile o una moda passeggera – conclude Roberts – ma un numero sempre maggiore di studi scientifici sta invece confermando l’esistenza di una vera e propria dipendenza da cellulare, con caratteristiche simili alle dipendenze di tipo comportamentale»
Fonte Corriere

Angela Napoli contro Bocchino, Scopelliti e il Pdl.

Angela Napoli

E’ una che non le manda a dire, Angela Napoli, deputata “tosta” per più legislature e componente la Commissione parlamentare Antimafia. Si è dimessa l’altro giorno dal coordinamento regionale calabro di Futuro e Libertà in forte contrasto con Italo Bocchino e il suo fido Francesco Grandinetti. Lascia il partito ma resta nel gruppo Fli.

I motivi del gesto? Legati alla mancata osservanza dei «valori» fondanti di Fli[quote style=”boxed”]Le fibrillzazioni portano la deputata fuori da tutto. Oggi la Napoli è come Renzi: piace alla sinistra come il sindaco di Firenze piace alla destra[/quote] Nel corso di questa lunga intervista, scopriamo che c’è qualcuno, per inciso il presidente Fini, che osserva la disputa calabrese contro la sua “pupilla”, standosene in «silenzio» dallo scranno più alto di Montecitorio. Un silenzio che racconta tante cose e che può essere interpretato in tante maniere: come ad esempio “abbandono”,  “tradimento” e, puntini sospensivi. Lei, che di coraggio ne ha da vendere non ci sta a questo gioco al massacro e accusa i suoi vertici di «coprire» il mondo parallelo calabrese che si alimenta di “illegalità” ed è “contiguo” ad ambienti chiacchierati. Vecchie ruggini che nessun solvente potrà disincrostare. Denunce incrociate, molte minacce e tanti nemici: mafiosi da un lato, politici del suo ambiente dall’altro, il che è ancora peggio. [quote style=”boxed”]Il silenzio di Fini sa di tradimento: “Nemmeno una telefonata ho ricevuto” [/quote]

Vive blindata e scortata da anni per le sue denunce contro la mafia. Nomi e cognomi alla mano. Le tensioni, le paure. Paure e tensioni che non conosce nemmeno il presidente della Camera che vive ovattato nel palazzo. A dirla come un “grillino”, la Napoli guadagna un “sacco” di soldi, ma la sua vita non è affatto invidiabile. Con le camionette della scorta sotto casa, davanti al ristorante, coi poliziotti nell’ascensore fino all’uscio di casa. Provate a immaginare e farvi un’idea. E’ lugubre, altroché! Difficilmente si trova lo spirito per un sorriso.
E lei che ha chiesto lo scioglimento di diversi comuni per mafia, tra cui Corigliano e Reggio Calabria, amministrati da persone che con la Napoli si sono cresciuti politicamente insieme. Lei non guarda in faccia nessuno. Ultimo in ordine di tempo è la Rende di Sandro Principe, del PD. A maggio la prima interrogazione per la commissione d’accesso antimafia. Poi sei mesi dopo, i pidiellini di Berlusconi misero a  ferro e fuoco la Camera per sollecitare ciò che aveva chiesto la Napoli molti mesi prima. Scopelliti, che ha subìto lo scioglimento del suo comune, si è imbarazzato molto per questo. E a Rende sul comune avrebbe detto ai suoi: “Ma perché state fermi e non fate nulla”. Poi il 18 novembre ha annunciato su Twitter il “Reset” tanto atteso.[quote style=”boxed”]Scopelliti ce l’ha coi suoi e su Twitter si sfoga: “A casa i nominati”[/quote]”Alle prossime elezioni i nominati tutti a casa”. Non ci sarà più spazio insomma per i lacché della politica, per i i yesman che sono i peggiori parassiti della politica.
Il coraggio e l’attenzione sui temi talvolta fanno la differenza!
Piove mentre parliamo con la Napoli e la linea va su e giù come lo spread o come l’indice di gradimento di Berlusconi. Diciamo come il secondo. Va sempre giù, purtroppo per gli italiani. Quanta acqua sotto i ponti…

Una definizione della Napoli? Beh, possiamo definirla una come Renzi: piace alla sinistra come il sindaco di Firenze piace alla destra. Con dei paradossi. Per la sinistra, uno come Saviano, che ha denunciato la camorra con un libro, è diventato un divo e un punto di riferimento internazionale. Una come la Napoli che con la ‘Ndrangheta deve confrontarsi tutti i giorni, deve difendersi dai suoi, da quella Destra che detesta quelli in trincea come lei “salvo poi osannare i professionisti dell’antimafia”, quelli delle passerelle, per intenderci. Lei oggi rischia la ricandidatura dopo il suo gesto. E con questi chiari di luna….

Onorevole ma che sta succedendo in Fli?
«Ho preso una decisione sicuramente sofferta ma anche meditata perché credo che a causa di qualche elemento interno a Fli, supportato dal vice coordinatore nazionale Italo Bocchino, sono venute meno quelle premesse contenute nel manifesto dei valori sul quale è stato fondato Futuro e Libertà. Fra l’altro noi abbiamo cercato, insieme alla maggioranza dell’ormai disciolto coordinamento regionale, di essere rispettosi di  quello che andiamo predicando: e cioè della lotta al malaffare, alla corruzione e alla criminalità organizzata.
E invece?
«Beh, invece c’era qualcuno all’interno che manovrava subdolamente per mantenere dei rapporti con il Governatore della Calabria…».
Si riferisce a Francesco Grandinetti?
«Non solo lui, naturalmente. Guardi, il tutto parte da Roma, perché non è mai stata messa in sordina l’alleanza e il rapporto di amicizia fraterna che c’è tra Bocchino e Scopelliti….»
Vabbè, ma sono vecchi compagni e camerati di partito, si sono cresciuti insieme. Anche lei del resto…
«Si, anche io ero compagna di partito, però se vogliamo non fare battaglie di mera facciata o cosi sulla carta, le distanze vanno prese da chi si rende responsabile di scioglimenti per infiltrazione mafiosa dei consigli comunali, da chi porta le casse di un comune capoluogo come quello di Reggio Calabria in dissesto».
Giuseppe ScopellitiScusi onorevole, prima delle regionali 2010, in un’altra mia intervista (Il Quotidiano della Calabria, ndr), mi disse però che Scopelliti era il migliore, che era il nuovo, uno affidabile. Ricordo ancora le sue parole…
«
Si, all’inizio, prima delle regionali! Prima che presentasse le liste. Ma poi ha presentato le liste da coordinatore regionale del Pdl, inserendo dentro degli elementi che per me non erano assolutamente candidabili. Io stessa l’ho denunciato nella trasmissione di Santoro».
Poi che è successo?
«Poi è successo che ho preso subito le distanze e non sono andata a votare».
Però Scopelliti dopo che si è accorto di chi c’era in lista ha invitato a non votarli, ricorda?
«No no no».
Come no! Contro Signorelli, il figlio di La Rupa…
«No, è troppo facile così. Oltre a Signorelli e al figlio di La Rupa c ’erano personaggi impresentabili  nelle liste del Pdl, nella lista Scopelliti Presidente, vedi Cherubino, vedi Zappalà, Morelli e altri…».
Poi hanno fatto le intese sulla legalità…
«Guardi, lasci stare…»[quote style=”boxed”]Sugli arrestati e inquisiti “Non mi aspettavo di Morelli, ma su altri c’erano ampi sospetti[/quote]
Immagino che nemmeno lei si aspettava di Morelli, dai!
«No, di Morelli sinceramente non me lo aspettavo. Di questo le dò atto. Però di altri personaggi come Cherubino, si. Ci sono ancora persone in questo Consiglio regionale arrestate, indagate e inquisite. Lo stesso presidente Scopelliti è inquisito».

Vorrebbe lo scioglimento del Consiglio come insisteva con la legislatura Loiero?
«Ci ho provato ma non si può chiedere lo scioglimento dei Consigli regionali. Non è previsto. Ci sarebbe una prassi, ma è una procedura un po’ complessa. E’ una situazione comunque anomala. Pensi che nemmeno il governo può intervenire. Certo, anche in circostanze così gravi, con membri inquisiti o arrestati per mafia, ci vorrebbe buon senso e responsabilità. Gli eletti sono invece li seduti sostenendo che le responsabilità sono personali».
Forse, fino al terzo grado, su!
«Assolutamente! Dicevo prima, in riferimento al Governatore, che ciò non toglie che vanno rispettate tutte le forme di garanzia massima. Però mi lasci dire che almeno fino a quando la magistratura non detta la soluzione finale, io credo che la politica dovrebbe guardarsi e riflettere. Altrimenti in Calabria e in Italia, continuiamo a delegare la magistratura…».
Traspare al di là della cornetta il suo disappunto sul perché la politica non sia preventiva…
Si spieghi meglio…
«Dobbiamo smetterla di dire: “dato che quest’uomo non è stato intaccato da indagini della magistratura è per automatismo una persona per bene. [quote style=”boxed”]”Non si può sciogliere il Consiglio regionale come i comuni. E’ anomalo, questo. Nemmeno Monti potrebbe”[/quote] E No!, Bisogna saper prendere le distanze in tempo utile, altrimenti poi ci lamentiamo quando viene magistratura».
E pensare che l’ambiente da cui provengono Fini, Napoli, Scopellliti e Bocchino è lo stesso che agitava i guanti bianchi bianchi in piazza nella stagione di mani pulite di Di Pietro, “l’agente segreto”, come raccontano le fiabe, prestato alla politica da cui tutti oggi prendono le distanze.Gianfranco Fini

Scusi, ma come si fa a prendere le distanze in tempo utile. La nostra società è pervasa da mille collusioni. Non bisognerebbe uscire di casa per evitare di stringere mani sconosciute o fare incontri del quarto tipo con mafiosi. Vedi l’assessore Fedele che ha incrociato il presunto ‘ndranghetista Lampada…
«Infatti!… Ma tante volte a che fine ci si incontra? Questo è quello che bisogna capire. Vedere cioè se un tale stringe patti, se tizio assume impegni, se caio chiede consenso elettorale. In questo senso bisogna saper prendere le distanze».
E Gianfranco Fini, il suo presidente, che dice sulla sua questione?
«Gianfranco Fini?»
Segue una pausa…poi afferma dispiaciuta
«Lui tace, silenzio!»
Silenzio? ma non le sembra strano?
«Non deve chiederlo a me, deve chiederlo al Presidente Fini»
Nemmeno una telefonata?
«No no no»
Ma alla Camera non vi incrociate mai?
«Alla Camera io lavoro, ho tanto da fare…»
Senta, cosa rimprovera a Bocchino?
«Non posso accettare che ci sia gente del mio partito che tenda la mano a persone del Pdl come l’ex ministro Alfano, il quale copre nel suo partito gente come Cosentino, Dell’Utri, Brancher, Papa e poi viene a Reggio Calabria a supportare gente che ha grosse responsabilità, come le dicevo prima, nello scioglimento di Reggio Calabria».

Come nasce Grandinetti?
«E’ stato lui a chiedere di entrare in Futuro e Libertà. Io l’ho preso subito e positivamente, l’ho fatto inserire nell’Assemblea nazionale del partito, nel comitato nazionale dei probiviri, [quote style=”boxed”]Non posso accettare che ci sia gente del mio partito che tenda la mano a persone del Pdl come l’ex ministro Alfano, il quale copre nel suo partito gente come Cosentino, Dell’Utri, Brancher, Papa…[/quote] poi l’ho nominato mio vice coordinatore. Subito dopo il congresso mio lui pretendeva di essere nominato vicario perché, nel frattempo, ha stretto questa alleanza con Bocchino e in virtù di questa “alleanza” pretendeva di fare il vicario. Io ho detto di no, perché mi ero già accorta che si allargava un po’ troppo e non era gradito molti della base. Quindi ho nominato 13 coordinatori per dare maggiore supporto al territorio e da li e nata la disputa».[quote style=”boxed”]Di Grandinetti mi ero accorta da tempo che si era allargato un po’ troppo…[/quote]
Come vede in questa fase il Pdl, il suo ex partito,… i vari La Russa, Gasparri?
«Non bene da ciò che leggo. Primarie si, primarie no. Un balletto irriguardoso delle condizioni in cui versa il paese. C’era comunque da aspettarsi che Berlusconi li scaricasse prima o dopo. Però anche loro hanno delle responsabilità».
Quali?
Italo Bocchino«Perché anziché tutelare il presidente Fini e tutti quelli di An, si sono autotutelati, hanno pensato a loro stessi».
Come?
«Abbarbicandosi dietro Berlusconi e io ero convinta, conoscendo Berlusconi, che prima o poi li avrebbe scaricati. Ormai siamo in prossimità elettorale. E’ chiaro che Berlusconi non avendo la possibilità di garantire i  suoi più stretti, i primi che fa fuori sono gli ex AN, è logico no».
Lei adesso cosa farà onorevole?
«Io porterò a termine questa legislatura da indipendente nel gruppo parlamentare di Futuro e Libertà, perché non mi va di sedermi in altri gruppi, nemmeno nel gruppo misto e riprenderà l’attività della mia associazione “Risveglio Ideale”, proseguirò accanto alla società civile. Insomma, non starò seduta».

Il prossimo anno pensa ad una sua ricandidatura?
«Non lo so, non lo so. Perché qui la politica e tutta in itenere, in fermento. Le dinamiche e i tempi sono velocissimi in politica. Vediamo la legge elettorale, vediamo queste liste dei movimenti. Io non escludo mai nulla. Dico no adesso, magari poi si presentano nuovi scenari.
«E poi le posso dire una cosa?»
Prego.
«Ascolti, io mi sono dimessa  a quattro mesi di distanza dalle elezioni politiche, dove comunque la mia storia, il mio percorso, la mia stessa situazione di sicurezza avrebbe portato il partito a ricandidarmi. C’è voluto coraggio a prendere questa decisione, non crede?
Beh, quando assistiamo a corse senza fine per conquistare una candidatura in Parlamento un po’ di coraggio ci vuole a fare scelte di questo tipo.
«Credo che prima venga l’ etica e l’onesta intellettuale. Se si fanno certe battaglie bisogna dimostrare coerenza».

Abramo, il sindaco "Scalzato" dal Tar si ribella: "Non sono brogli ma errori". Sergio è meglio che cambi staff, mentre Scalzo il suo mentore

sergio abramo
Abramo, il sindaco “Scalzato” dal Tar

di Antonio Greco-

Consigli che si sciolgono per mafia e quelli che scioglie il Tar, tribunale amministrativo ordinario che ha “Scalzato”, è il caso di dire, il sindaco eletto Sergio Abramo per presunte illiceità in otto sezioni alla scorse elezioni del 2011. Abramo oggi ribadisce quanto già detto all’indomani della denuncia e ricorso del bersaniano Salvatore Scalzo sui presunti brogli a Catanzaro. “La sentenza del Tar Calabria e le relative motivazioni che hanno portato all’annullamento parziale delle elezioni amministrative del maggio scorso confermano quanto detto finora dallo schieramento del centro destra: non vi è stato broglio elettorale, ma solo errori”. Il dettagliato documento redatto dal Tribunale Amministrativo Regionale chiarisce, una volta per tutte, che se ci sono delle responsabilità in questa vicenda, non sono, certamente, da addebitare a nessuno partito politico. Decade, quindi, la strumentale accusa di brogli che il centro sinistra ha tentato di agitare solo e per conto di propri interessi politici. L’unico risultato prodotto da Salvatore Scalzo e dal centro sinistra – si legge ancora nella nota dello staff di Abramo – è aver dipinto Catanzaro come un luogo losco abitato da loschi individui. Scalzo ha gettato sulla città quintali di “letame mediatico” solo per propri tornaconti personali. E le motivazioni contenute nelle 46 pagine scritte dai giudici del Tar Calabria, se lette attentamente, confermano che non è stata trovata lo stralcio di una prova concreta. Tant’è che le elezioni non sono state annullate, ma si dovrà tornare a rivotare in 8 sezioni solo per errori operati da parte del personale nominato dal Presidente della Corte d’Appello di Catanzaro. Basta pensare che in una sezione di quelle in cui si dovrà votare nuovamente, il segretario di seggio era il fratello del consigliere comunale Vicenzo Capellupo, primo degli eletti tra le fila del Partito Democratico di Salvatore Scalzo. Questo, conferma, qualora ce ne fosse bisogno, che i brogli di cui parla il centro sinistra non esistono e comunque non possono essere addebitati al centro destra e al sindaco Sergio Abramo.
Tant’è che il Tar, dopo aver verificato che in 26 sezioni ci sono state inesattezze di diverso genere, ha deciso di invalidare il voto soltanto in 8 di queste a causa di: errori di trascrizione, cancellazioni e conteggi sbagliati da parte dei Presidenti e degli scrutatori presenti nei seggi nella sottoscrizione dei verbali. Nella sezione 3 non è stato verbalizzato il numero delle schede autenticate. Nella 4 i responsabili di seggio hanno effettuato un errato numero di conteggi trascrivendo erroneamente la somma dei votanti. Nel verbale della sezione 18 sono stati indicati contraddittoriamente due valori diversi in ordine alle schede autenticate salvo però verificare che il numero dei votanti di questa sezione corrisponde al numero delle schede scrutinate. Nei verbali della 24 viene riportato una macroscopico errore di conteggio delle schede residue, infatti, vengono riportate 86 schede anziché 192 ma alla fine dei conti corrispondono i numeri dei votanti. Nella 28, quella speciale dell’ospedale in cui era segretario di seggio il fratello del consigliere Capellupo, manca una scheda autenticata e non utilizzata. Così com’è avvenuto anche nella sezione 70. Mentre nella sezione 85, alcune schede (3 precisamente) risultato timbrate ma non sottoscritte da uno scrutatore. Inoltre si registrano errori di conteggi e trascrizioni. Anche per quel che riguarda le accuse sull’uso del normografo da parte dei ricorrenti del centro sinistra, il Tar della Calabria considera “infondata la censura secondo cui l’uso del normografo vizierebbe l’espressione di voto”. Delle decine e decine  di errori e negligenze accertate commesse da scrutatori inesperti, solo in un passaggio si ipotizza, parlando al condizionale, che “la mancanza di schede autenticate e non utilizzate costituisca sintomo di grave illegittimità delle operazioni elettorali, potendo essa dar luogo al così detto sistema della ‘scheda ballerina’ “. Come a dire ad andare sempre in automobile ci si potrebbe trovare coinvolto in un incidente. La sostanza  è quella che abbiamo sempre sostenuto e che è scritta chiara nelle motivazioni che invitiamo tutti a leggere per esteso ovvero “ attesa la superficialità, la negligenza e l’incuria con cui è stato adempiuto l’incarico di componente della sezione elettorale, è quanto mai opportuno che la nomina dei seggi che si andranno a costituire sia possibilmente affidata a scrutatori di provata esperienza e a presidenti, altrettanto esperti e affidabili, che vigilino con attenzione e serietà sullo svolgimento dei compiti loro demandati”. Cosa aggiungere? Che ad Abramo nessuno potrà mai dirgli che è stato un sindaco nominato da qualcuno. Lui è sempre stato eletto (o trombato, come nel 2005 alle regionali) ma sulla sua persona più di uno è disposto a mettere le mani sul fuoco per l’onestà intellettuale. In attesa di sapere come andrà a finire con le elezioni nelle otto sezioni, bisogna ricordare ad Abramo, che se in futuro dovesse ricandidarsi da qualche parte si scelga uno staff e una rete di sostenitori più affidabile. La negligenza non è ammessa in politica. E nemmeno i brogli, intendiamoci. A Scalzo, che rilevare? Che per dare la disponibilità a essere trombati per ben due volte alle elezioni comunali qualcosa in cambio il suo mentore Bersani gli avrà pure promesso. Il Parlamento? Le voci sono insistenti nel suo ambiente. Un giovane “intelligente” come lui che sostiene un vecchio expostcomunista come Bersani è già un motivo più che sufficiente per tenerlo lontano dai palazzi, di Catanzaro e di Roma. Rigorosamente in “Cetto”

Diego Armando Maradona jr prende un 1 mln dal padre

Diego Maradona e Veronica Ojeda
Diego con Veronica Ojeda

Ora che è stata approvata definitivamente la legge sui figli naturali, Maradona senior fa le bizze. A provocarle il figlio Diego Armando Maradona jr, nato  25 anni fa da un rapporto “occasionale” con Cristiana Sinagra, che dopo aver ricevuto un milione di euro dal padre per non parlare coi giornalisti, è andato a Buenos Aires e ha rilasciato interviste.

In Argentina pare abbia mandato su tutte le furie il “pibe de oro”, il fuoriclasse di tutti i tempi. Lui, Diego Maradona rompe il silenzio e manda a quel paese Diego Armando Jr: “Con me non hai nessun vincolo”. Prende posizione sulla lite da una parte tra la sua ex moglie Claudia Villafane e le loro due figlie, e dall’altra la sua compagna Veronica Ojeda, incinta di sei mesi.

Nella lite ribadisce di “non avere alcun vincolo né sentimentale né affettivo con Diego Maradona Jr”, figlio di Cristiana Sinagra. Quindi non se lo fila il figlio, nato quando lui giocava col Napoli di Ferlaino.

E’ una storia di quelle che fanno tenerezza e sono un po’ complicate da capire. Sul primo fronte, il ‘pibe de oro’ ha fatto sapere che è pronto a riconoscere la paternità del bambino che partorirà Veronica. Un altro figlio “occasionale”? Ma la legge passata ieri l’altro recita che non ci saranno più “figli e figliastri”.

Tramite un testo reso noto dal suo avvocato, Victor Stinfale, ha ricordato che il suo rapporto con la Ojeda (attaule compagna) è in una fase di “stallo”, e che non ha “interessi in gioco né opinioni” circa il braccio di ferro che va avanti ormai da tempo tra la stessa Ojeda e la prima ex Claudia. Maradona precisa inoltre che è pronto a difendere, e lo farà sempre, sia Claudia sia le due figlie, Dalma e Yanina, sorelle (di padre) di Diego Armando Jr. Nel ricordare che si trova negli Emirati Arabi “per questioni di lavoro”, Maradona fa d’altro lato sapere che è “pronto a parlare” con Veronica appena rientrerà a Buenos Aires.

In merito invece a Diego Maradona Jr., il ‘Pibe’ ha chiesto all’avvocato di chiarire quanto segue: “Non ho alcun vincolo né sentimentale né affettivo con Diego Maradona Jr, che è il frutto del rapporto occasionale di un giorno”. “Di fatto – prosegue il testo – qualche anno fa Diego Maradona consegnò quasi un milione di euro a Diego Armando Jr e alla madre (l’italiana Cristiana Sinagra) arrivando ad un’intesa affinché non parlassero di Maradona ai media. Accordo che evidentemente non è stato rispettato”, conclude il testo precisando che “i soldi sono stati ricevuti”.

Qualche tempo fa Diego Jr. è stato a Buenos Aires e in questi giorni le tv locali hanno mandato in onda sue dichiarazioni e interviste.
Certo, deve essere stato pure un grande campione, ma lascia perplessi il suo comportamento. Se poi vorrà spiegare attraverso i suoi legali cosa significa “frutto di un rapporto occasionale di un giorno” tutti quanti capiranno meglio. Perché per concepire un figlio basta una semplice scopata che può durare anche cinque minuti. Tutta una notte può essere un’eternità.

Intervista a Nino Galloni: “Per uscire dalla crisi non dar retta a Ue e Fmi”

Il professor Nino Galloni
Il professor Nino Galloni

Per Nino Galloni serve una nuova dimensione economica. Non più finanza e speculazione, quanto modelli economici inclusivi dove al centro ci sia sempre e comunque l’uomo e non gruppi di potere che determinano i destini di miliardi di uomini, mentre l’unica cosa che rimane ai governi è quella di tassare i cittadini.

Ma non di sole tasse deve vivere l’uomo. “L’alternativa” all’attuale sistema è stata spiegata in una conferenza promossa da Rosy Perrone del Forum Lavoro Calabria,  presso la Camera di Commercio di Cosenza. Un dibattito a più voci cui hanno fra gli altri partecipato, il presidente dell’ente camerale, Giuseppe Gaglioti, l’economista Nino Galloni, Gigi Sbarra della Cisl , Katia Stancato del Forum Terzo settore, e Francesco Saverio Sesti della Facoltà di Giurisprudenza di Roma 2, i quali hanno offerto spunti molto interessanti per riflettere sul contesto economico attuale.

Il pubblico alla Camera di Commercio di Cosenza.
Il pubblico alla Camera di Commercio di Cosenza.

Oggi l’alternativa potrebbe essere rappresentata da quel mondo associativo, quel “terzo settore” che opera senza clamore alla ricerca di un percorso a «dimensione d’uomo», lontani «dall’egoismo e dalle volgarità che questo sistema ci offre», afferma Sesti che propone strumenti diversi soprattutto nel mercato del lavoro. Se per il sindacalista Sbarra siamo davanti ad una «transizione senza fine che ci distrae dai problemi veri come occupazione e sviluppo», per Stancato «dobbiamo guardare verso l’economia sociale di mercato».

Molto atteso l’intervento del prof. Nino Galloni che ha rivolto critiche al sistema bancario e ai governi. «Da decenni ci hanno raccontano che se le Banche centrali emettono moneta per le esigenze del paese si crea inflazione. Questa è una grande fesseria – afferma Nino Galloni – perché poi Fed e Bce hanno dimostrato il contrario facendo massicce iniezioni di liquidità a favore delle Banche», nei periodi più acuti della crisi. Potrebbe essere rievocata la massima di Ezra Pound quando affermava che “Se uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri”. Una massima illuminante che sembra rispecchiare tutto il pensiero di Galloni. Lui, allievo di Federico Caffè (come Mario Draghi, ndr) e figlio dell’ex vicepresidente del Csm, Giovanni Galloni.

A margine Nino Galloni ci rilascia una intervista, dove articola meglio la sua analisi e parla dell’attuale crisi, del risanamento del governo Monti e del rating.

Le agenzie di rating – spiega l’economista – guardano allo sviluppo: vogliono vedere che il debito è sotto controllo perché si riduce in rapporto al reddito. In Italia, invece, si stanno colpendo i consumi e non si impegnano nuove risorse per gli investimenti pubblici; i privati non investono perché non c’è ripresa, anzi le prospettive stanno peggiorando».
Però gli esperti dicono che nel 2013 si recupererà il Pil del 2008?
«Già, però nel 2013 saremo 3 milioni di residenti in più, quindi, a parità di PIL ci sarà una riduzione pro-capite del 5%. E così i consumi si ridurranno e l’indebitamento delle famiglie aumenterà in valore assoluto, quello delle imprese rispetto al fatturato, quello dello Stato rispetto al PIL».
Siamo davanti ad una crisi del Capitalismo o cosa?
«Guardi, i saggi di profitto sono quasi a zero mentre i costi – proprio dove le tecnologie risultano più efficaci – si abbassano; ne consegue che, tra l’80 ed il 90% dei produttori non registra profitto».
Allora, perchè non disinvestono?
«Perchè così controllano risorse reali e contano all’interno della società. Questo è il nuovo modello».

Professore, possiamo finire come la Grecia?
«No. Finchè non  si riduce drasticamente l’offerta. La domanda effettiva si riduce per la crisi; se l’offerta si riduce di più, vengono riprotetti i margini di profitto, ma inizia una deriva che ci porta verso il baratro. Tuttavia, come ho accennato, gli obiettivi degli operatori sono cambiati, non sono più tanto di profitto bensì di controllo delle risorse fisiche. Ce la faremo quando un governo capirà che gli Italiani sono all’avanguardia più di quello che appare comunemente».
L’allarmismo è tanto rispetto al rischio paventato da molti osservatori. A chi dobbiamo dar retta?
«Non all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale; bisognerebbe accordarsi con la Russia o con la Cina e fare un progetto che vada dall’Africa alla Siberia; passando per il Mediterraneo e il Nord Africa. L’Italia, soprattutto meridionale, si salverebbe».
E l’Euro sopravviverà?
«Stanno facendo di tutto per farlo morire: da una parte gli Stati Uniti d’America che vogliono ripristinare il Dollaro come moneta unica degli scambi internazionali, dall’altra gli Europei che sono del tutto miopi. Ma, per ora, non ci sono riusciti».

Nota: Questa intervista è stata pubblicata a marzo 2012 sulla Gazzetta del Sud. La riproponiamo su queste colonne a richiesta dei lettori di Secondo Piano News nonché per la grande attualità. [d.g.]

Guarda anche
Nino Galloni: le telefonate di Ciampi a Berlinguer e di Kohl ad Andreotti

Primarie, Bersani avanti lento. Renzi può ribaltare il risultato. Pigi vince in Calabria (55%) tra Bulgari e Maoisti

Renzi e Bersani
IL NUOVO E IL VECCHIO

Bersani vittorioso in 16 regioni su 20, mentre il rottamatore Renzi nelle restanti quattro (Toscana, Umbria, Piemonte e Valle d’Aosta). Al Sud Pigi supera il 50% in ben cinque regioni (Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) con il massimo risultato in Calabria con il 55%. L’ex ministro prodiano resta sotto il 50% in Abruzzo e Molise (45% e 42%).
Poi c’è il caso Puglia (Bersani al 40%), dove, però, c’è l’effetto Vendola (35,3%) con Renzi (caso unico in Italia) che finisce al terzo posto con appena il 20,7%. In altre cinque regioni, Bersani ottiene un risultato superiore alla media nazionale e stacca decisamente Renzi di oltre otto punti percentuali. Si tratta del Lazio (46,9% a 29,9%) della Lombardia (45,7% a 37%), dell’Emilia Romagna (48,5% a 39,2%), della Liguria (47,5% a 35%) e del Trentino Alto Adige (45,7% a 34,7%). Scarti talvolta oltre il 10 percento.
Nelle Marche e in Veneto, Bersani è in testa ma con margini piuttosto ridotti. Nelle Marche, il suo vantaggio è di mezzo punto (41,6% a 41,1%) e nel Veneto di un punto esatto (39,5% a 38,5). In Friuli Venezia Giulia i dati dicono: 43,9% a 37,8% per Bersani. In Toscana, Umbria, Piemonte e Valle d’Aosta vince Renzi. In Piemonte il sindaco di Firenze vince 41,1% a 39,7%. Fa pensare il dato del Sud ed è lo stesso Bersani a dirlo: «C’e’ stato un dato molto forte nel sud e di questo sono orgoglioso. Al sud – ha aggiunto Pigi B. – alcuni effetti della crisi si sono sentiti più che altrove e noi da anni abbiamo particolare attenzione al sud. Inoltre come segretario del Pd mi sono tolto alcune soddisfazioni: le primarie le ho volute a prezzo anche di una scelta forte, dalla nascita del Pd l’unico cambio di statuto che si è fatto è stato per fare queste primarie aperte. Ho insistito – ha detto ribadendo il concetto espresso a caldo dopo la chiusura dei seggi – anche per il ballottaggio, altrimenti avrei vinto con 9-10 punti di vantaggio. Faremo anche questa ulteriore tappa che che ci aiutera’ a crescere».
In questo contesto fa riflettere il dato della Calabria, la regione più povera d’Europa dove il bisogno è gestito da mafia e politica:
Bersani in quella regione prende percentuali altissime (oltre il 55%), ma perde oltre venti punti rispetto al dato bulgaro (mozione Bersani circa l’80%) delle primarie per la segreteria del Pd nel 2009, vinte da Bersani con a disposizione tutto l’apparato loieriano che governava la regione e i grandi “guru” della politica nostrana del Pd. Un voto allora poco libero poiché vi furono forti pressioni e qualche minaccia per portare la gente ai seggi.
A parte qualche piccola defezione, in Calabria a far votare Bersani ieri sono stati gli stessi di tre anni fa, li chiamano i grandi elettori, cioè i grandi potentati politici che da Pigi si aspettano (se vincerà il ballottaggio) grandi ricompense (politiche, naturalmente).
E qualcuno si sente già viceministro o sottosegretario. Marco Minniti, poi, non ne parliamo…si sente già l’Altissimo. In ogni caso, rispetto al dato nazionale, in Calabria Renzi e Vendola non sfigurano, anzi. Oltre il 20 per Renzi dimostra che senza apparato è stato un successone a prescindere. Non avrà preso i voti delle vedove, ma i suoi sono voti di gente libera che si è stufata di abbassare la testa ogni qualvolta chiamo i politicanti di turno per votare questo o quello. «Il dato che emerge dall’esito delle primarie del centro sinistra in Calabria deve far riflettere la nomenclatura del PD regionale», è il comento a caldo del renziano Mario Muzzì, già candidato alla segreteria regionale. «A fronte di uno schieramento totalitario ai limiti dell’indecenza – attacca ancora Muzzì – che ha visto insieme l’intero rassemblement PD di Capo Suvero, la corazzata CGIL, i segretari dei circoli, i sindaci, residui spezzoni dell’ IDV, il PSI, i Comunisti Italiani, tanta sinistra radicale e movimenti ondivaghi che si professano bersaniani per pura convenienza personale, la mozione Bersani riesce a raggranellare una striminzita maggioranza del 54%, mentre il sostegno spontaneistico che si è motivato con entusiasmo attorno all’idea rotta matrice di Matteo Renzi, al di là di ogni possibile sospetto che, se sussiste, deve riguardare tutti, ha registrato l’adesione, tra quanti si sono recati ai seggi, di un elettore su quattro. Penso che l’analisi del voto delle primarie andrebbe fatto a prescindere dai giudizi di parte e con lo sguardo ad altezza degli occhi della gente, tanto per citare lo stesso Bersani, per capire quali siano le ragioni vere (d’altra parte non difficili da ricercarsi) della controtendenza partecipativa che ha caratterizzato in negativo quella che è stata una straordinaria pagina democratica in Italia e in Europa! In ogni caso, stante la condizione di disagio in cui versa l’intero centro sinistra in Calabria ed il PD in particolare, -conclude l’esponente politico – è un autentico miracolo che allo svolgimento delle operazioni elettorali abbiano partecipato più di centomila calabresi: segno evidente di un corpo vivo che abbisogna solo di essere tenuto nella giusta considerazione». Il ballottaggio è fissato per domenica 2 dicembre 2012. Le percentuali calabresi. Provincia di Catanzaro: Bersani 58,00%, Tabacci 8,27%,  Puppato 1,28%,  Vendola 13,09%,  Renzi 19.35%; Provincia di Cosenza: Bersani 48,85%, Tabacci 4,68%, Puppato 0,59%, Vendola 21,47%, Renzi 24,40%; Provincia di Reggio Calabria: Bersani 51,78%, Tabacci 3,74%, Puppato,  0,85%, Vendola 19,45%, Renzi 24,19%; Provincia di Crotone: Bersani 57,74%, Tabacci 4,86%, Puppato 0,27%, Vendola 7,74%, Renzi 29,39%; Provincia di Vibo Valentia: Bersani 71,80%, Tabacci 7,16%, Puppato 0,59%, Vendola 7,43%, Renzi 13,02%. [Red]

 

Il digitale terrestre dà fastidio al 4G

Pensavate di essere posto quando, al passaggio della tv al Digitale Terrestre, avete fatto ritoccare l’antenna della vostra casa o del condominio? Non è detto. Anzi.

Perché saranno migliaia [si parla di 700mila] le famiglie italiane che dovranno chiamare l’antennista quando verranno accessi gli impianti della telefonia di quarta generazione, il cosiddetto 4G o Lte, che porterà Internet in banda ultra larga in mobilità su chiavette, smartphone e tablet (vai alla nostra prova su strada).

«Abbiamo stimato che saranno circa 700 mila antenne (abitazioni, ndr) ad essere coinvolte» ha spiegato al programma 2024 di Radio24 Mario Frullone, direttore ricerche della Fondazione Ugo Bordoni, che studia il tema per conto del Ministero dello Sviluppo Economico.

FREQUENZE – Qual è il problema? È relativo alla frequenza degli 800 Mhz (uno delle tre su cui sarà attivo il 4G in Italia), che è adiacente ad alcuni canali televisivi. Questi canali verranno dunque disturbati dagli impianti 4G, la cui attivazione su questa frequenza è prevista in maniera graduale a partire da gennaio 2013. Si tratta di impianti operati soprattutto da Wind – che ha le frequenze più vicine ai canali della tv digitale terrestre – ma anche da Tim e Vodafone. Tre non ha invece questo acqueistato blocco di frequenze.

COSTI – Chi pagherà i costi di adeguamento degli impianti? Dovrebbero essere a carico degli operatori di telefonia. Dovrebbero, sottoliniamo, perché le trattative sono ancora in corso. «C’è un tavolo presso il Ministero dello Sviluppo Economico al quale partecipano gli operatori che hanno già dato la propria disponibilità a farsi carico degli oneri» ha spiegato Frullone.

COME FARE – I cittadini che – una volta accesi gli impianti 4G sulla frequenza degli 800 Mhz – non riuscissero più a vedere la tv dovranno chiamare un call center. «Servizio che dovrebbe essere gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni per conto del Ministero – spiega Frullone -. Sarà il call center che attiverà uno degli operatori, che poi provvederà al ripristino della qualità».

Il servizio 4G è già stato attivato a novembre in alcune città italiane, ma per ora funziona solo sulla frequenza di 1800 Mhz e dunque non disturba la tv digitale terrestre. Tim ha lanciato il servizio a Milano, Roma, Napoli e Torino. Vodafone a Roma e Milano. Tre ha un impianto test nel piccolo paese di Acuto (Fr). Wind non ha invece ancora avviato i servizi 4G.

"Avanti cretino, che ghe pensi mi". Il colpo di coda di Berlusconi. L'uomo che si crede l'Onnipotente

Silvio Berlusconi e Angelino Alfano
IL SEGNO DEL DOMINIO

Avanti adagio, poi accelera. Ora indietro. Poi di nuovo avanti. Un mezzo passo dritti, uno a lato, un quarto in cantina…Come a san Martino. Su e giù come nei vialotti dei giardinetti, con le mani dietro la schiena a pensare e ripensare ciò che il cervello 77enne gli fa dire: menti o smenti(sci). E’ vecchio, stanco e un po’ imbambolato Silvio Berlusconi.

La senilità gioca talvolta brutti scherzi e, a all’ex premier, gli pesa tanto quanto la ceretta che è costretto a spalmarsi per apparire pimpante e attraente alle sue “donnette”. Di lui, nel Paese che ha portato alla deriva con il contributo dei tanti lacché che non hanno mai avuto gli attributi (le palle!) per redargurilo quando errava, resterà ben poco, se non i danni vistosi a tutti i livelli e almeno il “dono” di un ventennio futuro ala sinistra, moderna o post comunista.

Quella “macedonia” guidata da Bersani, perché è lui che vincerà le primarie (salvo sorprese ad un eventuale ballottaggio), in cui le contraddizioni sono più forti delle condivisoni, ma, diranno: “Meglio l’insulsa macedonia che Berlusconi e i suoi yesman”. Cosa gli obietti, che il Pdl si ispira ai valori cattolici e al consumato motto Dio, Patria e Famiglia? Per favore!

Lo raccontassero al ceto medio, scivolato nel baratro della povertà grazie a lui, grazie a Silvio Berlusconi che oggi ha mortificato nuovamente il suo “angelo”, l’uomo che ha portato alle stelle per poi ributtarlo nella sua stalla a rivestire i panni del cucciolo buono. Lo usa e lo getta com’è solito fare con i suoi dipendenti e le sue femmine da quattro soldi. “Ti avevo avvertito”, ha detto al povero Alfano.

Ad ogni piccola provocazione lanciata da chi percepisce gli umori del paese (Angelino) e della base pidiellina (Alfano), eccolo che a B. spuntano le corna. Non digerisce il fatto che il segretario, pur essendo un suo “nominato”, stia facendo di tutto per smarcarsi. Angelino ha capito l’ondata (non antipolitica ma antipdl e antiB) che sta per travolgere lui e tutto il resto. Lo percepisce dagli umori generali, lo constata nella vita di tutti i giorni. Fuori e dentro il partito. Fuori e dentro il palazzo. Un Pdl con Berlusconi scenderebbe al 15 percento, senza Berlusconi potrebbe giocarsela, ma a patto che Alfano si affranchi davvero (se-ria-men-te) da Silvio.

D’altro canto lui, Berlusconi, primo, non si fida; secondo, non ci sta a essere rottamato. E glielo manda a dire. «Non mi fido di chi mi volta le spalle». Gli “infedeli” sarebbero tutti quelli che, insieme ad Alfano, hanno detto sì alle primarie e stanno “scalpitando” perché prima o poi bisogna pur costruirla una nuova leadership. Il Cavaliere è terrorizzato dalla vecchiaia. Impazzisce all’idea che lui non potrà essere più il protagonista di nulla in questa piccola, maledetta Italietta.

Non si sente più utile, né all’altezza delle situazioni. Ha così tanti soldi da permettersi tutto ma non potrà mai comprare i desideri e i sogni degli altri, però! Per questo detesta i giovani, se non gli inservienti e le squaldrine. Per questo in vent’anni non ha mai fatto nulla per costruire una leadership alternativa alla sua. Ci ha pensato dopo, sempre dopo. Perché lui non vede altri dopo di lui. E quando passerà a miglior vita valga il detto “muoia Sansone con tutti i Filistei”.

Era l’uomo del “Ghe pensi mi” ma poi ha pensato a se stesso…I suoi giornali e quelle del potere, gli danno filo. Dopotutto è sempre uno che ha fatto, nel male e nel bene, la storia d’Italia. Nel bene, quella di impedire ai postcomunisti di conquistare nel ’92 l’Italia con un colpo di stato giudiziario (D’Alema e Violante pernsiero, ndr). Nel male, di averla regalata nel 2011 (complice la sinistra di Bersani e l’Udc di Casini) ai banchieri per via dei suoi vizietti sessuali notturni che gli impedivano di ben governare di giorno. Quante volte è capitato che il capo del governo è stato ripreso mentre sonnecchiava negli incontri importanti e istituzionali? Tante volte. Ha chiesto scusa al Paese ma molto tardi. Sempre dopo. E ora vuol giocare (ancora!) facendo la parte del puparo.

Adesso con questo gioco dei passi avanti e indietro è diventato la barzelletta d’Italia a denti strettissimi che non fa ridere nemmeno le vecchiette sotto casa. Le comiche finali? E’ andato oltre. Siamo passati da Caf al Cav., ad un comico come Grillo che porterà schiere di ragazzini in Parlamento con al governo la macedonia cattocomunista. Alla beffa di B, il danno della non politica. Ma tant’è, e poco possiamo fare.
In mezzo al ventennio berlusconiano poche cose positive, molte cose da rifare, tante promesse e pochi fatti se non quelli consumati nei suoi palazzi dorati nella penombra di un paese in ginocchio per l’assenza di riforme e prospettive. Sotto le ceneri delle macerie che sta lasciando il governo Monti, covano le camarille pronte a cibarsi nei palazzi. Nell’orizzonte nebuloso del futuro incerto ecco spuntare i camerieri dei banchieri, come li definiva Ezra Pound.

Vai avanti che “ghe pensi mi”. L’ultimo colpo di coda di Silvio, il “superman” che si crede l’Onnipotente

Silvio Berlusconi e Angelino Alfano
IL SEGNO DEL DOMINIO

Avanti adagio, poi accelera. Ora indietro. Poi di nuovo avanti. Un mezzo passo dritti, uno a lato, un quarto in cantina…Come a San Martino. Su e giù come nei vialotti dei giardinetti, con le mani dietro la schiena a pensare e ripensare ciò che il cervello 76enne gli fa dire: menti o smenti(sci). E’ vecchiotto, stanco e, politicamente, un po’ rincoglionito Silvio Berlusconi, con tutto il rispetto per la persona. La senilità gioca brutti scherzi e, a B, gli pesa tanto quanto la ceretta che è costretto a spalmarsi per apparire pimpante e attraente alle sue donnette. Di lui, nel Paese che ha portato alla deriva con il contributo dei tanti lacché che non hanno mai avuto gli attributi (le palle!) per redargurilo quando errava, resterà ben poco, se non i danni vistosi a tutti i livelli e almeno il “dono” di un ventennio futuro, se non più, di dominio cattocomunista. Il Belpaese tornerà all’Ulivo prodiano. Quella “macedonia” guidata da Bersani, perché è lui che vincerà le primarie (salvo sorprese ad un eventuale ballottaggio), in cui le contraddizioni sono più forti delle condivisoni, ma, diranno: “Meglio l’isulsa macedonia che Berlusconi e i suoi yesman”. Cosa gli obietti, che il Pdl si ispira ai valori cattolici e al consumato motto Dio, Patria e Famiglia? Per favore. Lo raccontassero al ceto medio, scivolato nel baratro della povertà grazie a lui, grazie a Silvio Berlusconi che oggi ha mortificato nuovamente il suo “angelo”, l’uomo che ha portato alle stelle per poi ributtarlo nella sua stalla a rivestire i panni del cucciolo buono. Lo usa e lo getta com’è solito fare con i suoi dipendenti e le sue femmine da quattro soldi. “Ti avevo avvertito”, ha detto al povero Alfano. Ad ogni piccola provocazione lanciata da chi percepisce gli umori del paese (Angelino) e della base pidiellina (Alfano), eccolo che a B. spuntano le corna. Non digerisce il fatto che il segretario, pur essendo un suo “nominato”, stia facendo di tutto per smarcarsi. Angelino ha capito l’ondata (non antipolitica ma antipdl e antiB) che sta per travolgere lui e tutto il resto. Lo percepisce dagli umori generali, lo constata nella vita di tutti i giorni. Fuori e dentro il partito. Un Pdl con Berlusconi scenderebbe al 12 percento, senza Berlusconi potrebbe giocarsela, ma a patto che Alfano si affranchi davvero (se-ria-men-te) da Silvio. D’altro canto lui, B, primo, non si fida; secondo, non ci sta a essere rottamato.

E glielo manda a dire. «Non mi fido di chi mi volta le spalle». Gli “infedeli” sarebbero tutti quelli che, insieme ad Alfano, hanno detto sì alle primarie e stanno “scalpitando” perché prima o poi bisogna pur costruirla una nuova leadership. Il Cavaliere è terrorizzato dalla vecchiaia. Impazzisce all’idea che lui non potrà essere più il protagonista di nulla in questa piccola, maledetta Italietta. Non si sente più utile, né all’altezza delle situazioni. Ha così tanti soldi da permettersi tutto ma non potrà mai comprare i desideri e i sogni degli altri, però! Per questo detesta i giovani, se non gli inservienti e le squaldrine. Per questo in vent’anni non ha mai fatto nulla per costruire una leadership alternativa alla sua. Ci ha pensato dopo, sempre dopo. Perché lui non vede altri dopo di lui. E quando passerà a miglior vita valga il detto “muoia Sansone con tutti i Filistei”. Era l’uomo del “Ghe pensi mi” ma poi ha pensato a se stesso…I suoi giornali e quelle del potere, gli danno filo. Dopotutto è sempre uno che ha fatto, nel male e nel bene, la storia d’Italia. Nel bene, quella di impedire ai postcomunisti di conquistare nel ’92 l’Italia con un colpo di stato giudiziario (D’Alema e Violante thinking, nda). Nel male, di averla regalata nel 2011 (complice la sinistra di Bersani e l’Udc di Casini) ai banchieri per via dei suoi vizietti sessuali notturni che gli impedivano di ben governare di giorno. Quante volte è capitato che il capo del governo è stato ripreso mentre sonnecchiava negli incontri importanti e istituzionali? Tante volte. Ha chiesto scusa al Paese ma molto tardi. Sempre dopo. E ora vuol giocare (ancora!) facendo la parte del puparo.
Adesso con questo gioco dei passi avanti e indietro è diventato la barzelletta d’Italia a denti strettissimi che non fa ridere nemmeno le vecchiette sotto casa. Le comiche finali? E’ andato oltre. Siamo passati da Caf al Cav., ad un comico come Grillo che porterà schiere di ragazzini in Parlamento con al governo la macedonia cattocomunista. Alla beffa di B, il danno della non politica. Ma tant’è, e poco possiamo fare.
In mezzo al ventennio berlusconiano poche cose positive, molte cose da rifare, tante promesse e pochi fatti se non quelli consumati nei suoi palazzi dorati nella penombra di un paese in ginocchio per l’assenza di riforme e prospettive. Sotto le ceneri delle macerie che sta lasciando il governo Monti, covano le camarille pronte a cibarsi nei palazzi. Nell’orizzonte nebuloso del futuro incerto ecco spuntare i camerieri dei banchieri, come li definiva Ezra Pound.

Mario Muzzì, l'anziano del Pd che sostiene Renzi, «La Calabria ha bisogno di più rottamazione»

Mario Muzzì

«Chi ha condiviso il messaggio di Walter Veltroni nella sua essenza non può che stare con Matteo Renzi, poiché la novità del Partito Democratico stava tutta nella modernizzazione del significato della parola “sinistra” che in tanti ancora utilizzano pensando ad un partito socialdemocratico o socialista europeo, quando in realtà essa abbisogna di un aggiornamento nei suoi valori rappresentativi, essendosi allargata a dismisura l’area del bisogno».

Esordisce così Mario Muzzì, ex Presidente della Fondazione Field e dirigente democrat già candidato alle primarie per l’elezione del segretario regionale del PD in Calabria, per offrire una prima chiave di lettura alla sua adesione sin dalla prima ora al movimento renziano. Recentemente ha spiegato le ragioni della sua scelta affermando testualmente che nella sua regione c’è più bisogno di “rottamazione” che altrove. Nella Calabria dei paradossi, dove in queste primarie i giovani sostengono gli anziani e gli anziani i giovani abbiamo stuzzicato Mario Muzzì su questo argomento e su tanto altro.

Lei ha giustificato la sua scelta di stare con Matteo Renzi parlando di esigenza di cambiamento.
«Il cambiamento in politica, soprattutto nella politica di oggi, non può più riguardare il contenitore ma il contenuto, avendo a mente che la gente, disillusa e disgustata dalle cronache degli ultimi giorni, non è più disposta a dare credito ai bei discorsi che si pronunciano ma agli atti concreti che si compiono. [quote style=”boxed”]La gente, disillusa e disgustata dalle cronache degli ultimi giorni, non è più disposta a dare credito ai bei discorsi che si pronunciano ma agli atti concreti [/quote] Ecco perché cambiare non deve significare sostituire le persone sulla base di un semplice dato anagrafico ma modificare i metodi sin qui sperimentati che hanno prodotto solo fallimenti nella selezione della classe dirigente di partito e istituzionale».

Perché questo cambiamento non può essere perseguito con Pierluigi Bersani?
«
Mi faccia dire innanzitutto che Pierluigi Bersani si sta confermando un grande segretario, una persona seria, un galantuomo della politica, ma serve un messaggio più convincente rispetto al disagio complessivo del paese che non può essere quello della narrazione di Vendola o del furore ideologico dei vari Fassina!».

Non le sembra un’affermazione vaga?

«
L’Italia sta peggio di 20 anni fa. Il debito pubblico è praticamente raddoppiato. Si è allargata l’area della povertà. E’ aumentato il numero dei disoccupati, dei sottoccupati, dei precari. E’ svanito il ceto medio. E’ in crisi il sistema delle PMI. Di capitale sociale e umano non si parla più. Dilagano la corruzione ed il malcostume in tutti i gangli vitali della società. In una situazione di questo genere può essere una priorità l’ articolo 18 da ripristinare o non serva, piuttosto, un soggetto politico nuovo che guardi a questo universo di disagi, ne comprenda i bisogni ascoltandoli per  poi parlare il linguaggio della verità…».

Quale verità, scusi?
«Occorre spiegare a questa gente che, nella situazione attuale, che non è solo quella italiana, il confronto non deve più svolgersi tra ricchi e poveri, tra occupati e disoccupati, tra la destra e la sinistra o tra il nord e il sud, ma si deve incentrare sul conflitto che sta insorgendo sempre più tra diritti e risorse. [quote style=”boxed”]Il confronto non deve più svolgersi tra ricchi e poveri, tra occupati e disoccupati, tra la destra e la sinistra o tra il nord e il sud, ma si deve incentrare sul conflitto che sta insorgendo sempre più tra diritti e risorse[/quote] Far capire che se la contrazione dei diritti è una conseguenza della diminuzione delle risorse ci troveremmo dinanzi ad una normale crisi congiunturale; se, invece, come io temo e come i dati macro economici dimostrano, si verifica che al meno diritti per tutti si contrappone il più risorse per pochi allora vuol dire che la crisi è strutturale, prossima a sfociare in conflitto sociale, con il rischio che possa degenerare in tragedia».

Stare con Renzi, che utilizza il termine “rottamare”, a lei che non è più un “regazzino” non le provoca un minimo di disagio?
«L’ho ascoltato attentamente e ne ho parlato personalmente per capire il senso di questo termine colorito. Ritengo che a temerne le conseguenze debbano essere coloro che della politica ne hanno fatto un mestiere o uno strumento per arricchirsi, che hanno approfittato delle cariche ricoperte per aumentare i loro privilegi, che hanno gestito risorse finanziarie e umane in modo non proprio trasparente, che hanno interpretato il ruolo assegnatogli dagli elettori in modo consociativo, che si sono resi responsabili della disastrosa situazione in cui versa il nostro paese, che da tempo immemorabile siedono sulle stesse poltrone senza aver prodotto alcun risultato percepibile».

Lei ha affermato che in Calabria il bisogno della “rottamazione” si avverte di più.
«La mia non era una battuta ma il convincimento pieno che scaturisce dalla conoscenza dei limiti e dei comportamenti di una classe dirigente istituzionale, scarsamente autonoma e priva di autostima per se stessa, che ha poco rispetto del lavoro e dello spirito di abnegazione di tanti militanti desiderosi di avere quella casa comune agognata che è il Partito Democratico e che, purtroppo, è distratta dalla voglia di privilegiare l’interesse personale rispetto all’interesse generale!».

Matteo RenziCosa addebita in concreto alla loro responsabilità?
«Fondamentalmente la loro inerzia operativa dinanzi alla grave situazione che si è determinata nel partito, oramai quasi sfibrato e logorato da oltre due anni di commissariamento, e complessivamente nella Regione, che sta vivendo una condizione assai più grave di quella del Lazio e della Lombardia, dove non si coglie la presenza di un’azione di contrasto che faccia emergere con forza le deficienze di una destra inadeguata ad affrontare le mille emergenze di una Calabria, fanalino di coda in tutte le classifiche nazionali ed europee».

Insomma, con Renzi senza se e senza ma…
«Ripeto che la mia scelta per Renzi non equivale a stare dalla parte opposta a quella di D’Attorre o a quella di Bersani, ma per stare dalla parte del Pd. E lo scelgo anche perché in Calabria, più che altrove vi è bisogno di rottamare. Rottamare, soprattutto, assieme alla “mala” politica la “mala” rassegnazione per dare speranza al futuro della Calabria e del PD!».

Lei in questi anni è stato un amico di Loiero. Oggi però lui vota per Tabacci e lei Renzi. Cosa è successo e perché?
«La scelta di Loiero credo sia nata per rapporti di natura personale e di stima reciproca».
Giovani come Scalzo e Bevacqua votano Bersani mentre lei alla sua età vota Renzi. Siamo davanti ad una mutazione politica, i soliti paradossi oppure è questione di convenienza?
«Non ho capito le scelte fatte da questi giovani i quali avrebbero motivazioni più profonde delle mie per fare una scelta di campo che facesse capire che in Calabria è possibile rompere gli schemi e invertire la rotta. Sicuramente si ravvedranno a breve ma sarà troppo tardi».
E’ vero che se dovesse vincere Renzi avrà un ruolo a livello nazionale.
«Non saprei, me lo auguro. In ogni caso ripropongo la ricandiatura alla segreteria regionale del Pd augurandomi che dall’altra parte ci sia un solo candidato per i bersaniani (o ex)».

Si parla di una sua candidatura al Parlamento. Conferma?
«Nessuna candidatura. [quote style=”boxed”]La mia è una disponibilità totale a far nascere il Pd in Calabria cosa che finora non è accaduta e soprattutto per ripristinare le condizioni di agibilità democratiche mortificate dalla disattenzione della dirigenza nazionale pronta a ascoltare tutti coloro che vanno a Roma con il cappello in mano[/quote] La mia è una disponibilità totale a far nascere il Pd in Calabria cosa che finora non è accaduta e soprattutto per ripristinare le condizioni di agibilità democratiche mortificate dalla disattenzione della dirigenza nazionale pronta a ascoltare tutti coloro che vanno a Roma con il cappello in mano».

Ci va giù pesante! Senta, qual è la cosa di Renzi che l’ha colpita di più?
«L’effervescenza della proposta che nel suo complesso è più credibile perché non bisognevole di giustificazione».
Ciò che fa riflettere è che tutta la nomenclatura sia schierata con un vecchio comunista. Anche gli ex della Margherità, da cui lei proviene. Dov’è l’anima moderata in tutto questo?.

«Premesso che questo non è motivo di preoccupazione, è inquietante che tutta la nomenclatura istituzionale e di partito si sia schierata a sostegno di Bersani. E’ uno scandalo perché neanche in Bulgaria si raggiungevano percentuali di questa natura».
Bersani al Governo come lo vedrebbe?
«Mi auguro di vedere Renzi al governo del Paese».

Torniamo alla Calabria. Come giudica l’operato della maggioranza, della classe politica in generale e dell’opposizione al governo regionale?
«Negative entrambe. La maggioranza non ha dimostrato un’azione incisiva. L’opposizione non si vede. Non è netto il confine dell’azione della maggioranza e dell’opposizione. [quote style=”boxed”]L’opposizione in Consiglio regionale non esiste[/quote] Si alimentano a vicenda per difendere il loro orticello inaridito per assenza di proposte e per assenza di politica. Si tengono aggrappate reciprocamente in una operazione di mutuo soccorso».

Rende, il Prefetto di Cosenza ha nominato la Commissione d'accesso. Il sindaco Cavalcanti: «Gioverà per la verità»

Il Prefetto CannizzaroIl Prefetto di Cosenza Raffaele Cannizzaro, (foto) ha nominato la Commissione d’accesso antimafia per il Comune di Rende, in provincia di Cosenza.  Il fatto è da ricondurre all’arresto, per corruzione, dell’ex sindaco Umberto Bernaudo e dell’ex assessore Pietro Paolo Ruffolo, entrambi anche consigliere ed ex assessore provinciale, che avrebbero ottenuto sostegno elettorale dalla ‘ndrangheta. In una nota della prefettura si legge che il prefetto «ha nominato la commissione incaricata di accertare la sussistenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa nell’Amministrazione comunale di Rende». La Commissione d’accesso è composta dal Vice Prefetto Francesco Antonio Cappetta, dal Vice Prefetto Aggiunto Antonio Gulì e dal Dirigente di prima fascia Domenico Giordano. L’attività di accertamento durerà tre mesi, periodo eventualmente prorogabile. Sulla possibile nomina della commissione, nei giorni scorsi, alla vigilia degli arresti, si era registrata una dura polemica fra il Pdl, che sosteneva la necessità del provvedimento, ed il centro-sinistra, che difendeva l’operato degli amministratori del grosso centro dell’Hinterland cosentino. Al centro delle indagini della Dda di Catanzaro, l’attività di una cooperativa di servizi promossa dal Comune che aveva assunto ‘ndranghetisti o loro congiunti in cambio di sostegno elettorale. Contrariamente a quanto scritto nei giorni scorsi su questo blog, il rappresentante dello stato ha deciso quindi di nominare la Commissione al comune di Rende per «accertare la sussistenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa nell’Amministrazione…». La sussistenza di eventuali tentativi. Una dichiarazione cautissima e proforma. Perché non è ben chiaro fino a che punto i due amministratori, arrestati per corruzione elettorale (senza aggravante mafiosa) per le provinciali 2009 e rimasti in carica al comune fino a maggio 2011 abbiano potuto inquinare la gestione dell’attuale amministrazione guidata dall’avvocato Vittorio Cavalcanti, sempre che, ribadiamo, la Rende Servizi che ancora oggi eroga servizi al comune non abbia inquinato l’attuale consiglio e amministrazione, perché è di questo che si parla dal momento in cui non è possibile sciogliere un consiglio comunale che non esiste più. Da ciò che si apprende in ambienti rendesi, la Commissione è stata disposta per stemperare la tensione che si è creata all’indomani dello scioglimento del Comune di Reggio Calabria. Il Pdl aveva con forza chiesto la Commissione d’accesso per Rende. Come dire, dato che al momento non vi sono elementi concreti, nominiamo lo stesso una commissione antimafia per placare gli animi…Dal canto suo il sindaco Cavalcanti ha detto che la «Commissione d’accesso gioverà a tutti per l’accertamento della verità. Noi -ha proseguito- rispettiamo l’attività della prefettura, questa mattina ho ricevuto i commissari, li ho salutati, ho detto che questo deve essere un momento di chiarezza che può servire a tutti per eliminare qualsiasi tipo di sospetto e trasformarlo in certezza e verità. Lo vogliono tutti e prima il sindaco di una città che continua a ritenere che ha una grande storia e tradizione. Lo dice un sindaco -ha detto ancora- che in un anno e mezzo non ha mai avuto la percezione che questo comune o societa’ collegate fossero infiltrate dalla mafia. Poi, certo, il quadro e il livello di verifica e’ diverso a seconda della mia postazione. Io posso dirlo dalla mia, comunque oggi -ha concluso- e’ il momento in cui si avvia l’attivitàdi verifica che non può che giovare a me, ai cittadini, a tutti perché non potrà che portare all’accertamento della reale situazione».

Alemanno minaccia, se in venti giorni Monti non dà risposte su patto di stabilità ci dimetteremo

«Se entro 20 giorni, quando la legge di stabilita’ verrà approvata in Senato, non ci saranno risposte, ci dimetteremo». Lo ha detto il sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno ribadendo quanto annunciato ieri dai sindaci durante la manifestazione di Milano organizzata dall’Anci. Parlando a Unomattina, Alemanno ha spiegato: «abbiamo protestato perchè il Governo non ci dà risposte sulle prospettive per il prossimo anno sul Patto di stabilità, sui tagli e sull’Imu. L’anno prossimo non saremo più in grado di governare i Comuni e molti andranno in default’. L’uscita di Alemanno riflette l’umore di moltissimi sindaci italiani che pur avendo possibilità di cassa non possono materialmente spendere per via del patto di stabilità interno. Questo significa, al netto dei tagli del governo che di quattrini nelle casse dei comuni ve ne sono, ma se si toccano si sfora il patto interno. Si parla che in Italia i comuni hanno nelle casse otre due miliardi di euro.

No usura day. La crisi spinge. In 3 anni chiuse 450mila aziende

“La crisi e’ un potente supporto dell’usura”: nel triennio 2010-2012 hanno chiuso 450 mila aziende commerciali, artigiane e dei servizi, 150 mila per indebitamento o per usura, cancellando di conseguenza circa 300 mila posti di lavoro.

Sono i dati emersi dalla terza edizione del ‘No usura day’, evidenziati dal presidente della Confesercenti, Marco Venturi.

Gli italiani direttamente invischiati nei patti usurari – ha sottolineato Venturi – sono 600 mila, fra essi ci sono almeno 200 mila commercianti, mentre quelli che sono ad alto rischio usura sono almeno 2 milioni.

Lazio e Campania sono le regioni nelle quali il fenomeno dell’usura, che ha un giro d’affari di almeno 20 miliardi l’anno tocca il suo apice.

”Se guardiamo al capitolo delle denunce presentate vediamo in pochi anni un crollo dalle 398 del 2004 alle 230 recenti”, ha aggiunto, mettendo in guardia dal ”parlare di un problema apparentemente marginale: se guardiamo ai recuperi dovuti alle importanti e recenti operazioni antiusura, ci accorgiamo che questo odioso reato e’ vivo e vegeto”.

Primarie Centrosinistra, Laratta a tutto campo per Bersani. Ma lascia spazio a Renzi per la segreteria del partito

Laratta con Bersani

Va via in treno da Paola per Roma, destinazione Montecitorio. Non ama molto l’aereo, lo prende pure se c’è bisogno, ma lui, Franco Laratta, deputato per quasi due legislature (una piena, l’altra, quella prodiana, di due anni) predilige il treno. «Faccio risparmiare lo Stato e mi trovo a mio agio», dice sornione. In quattro ore è nella Capitale e in quest’arco di tempo legge e scrive, scrive e legge. Sforna almeno sette, otto comunicati stampa al giorno, a dir poco 500 tra mail e sms.

Gli piace comunicare e scrive e telefona all’universo mondo. Non ci fossero computer e telefoni, sarebbe un novello Archimede: inventerebbe qualche marchingegno per farsi sentire dalla sua San Giovanni in Fiore, grosso e isolato centro silano a 60 chilometri da Cosenza. [quote style=”boxed”]Laratta è un comunicatore puro. tanti comunicati al giorno e 500 tra mail e sms[/quote] Prima che il suo mentore politico Dario Franceschini lo catapultasse a fare il parlamentare con il porcellum, Laratta è stato assessore al Lavoro della Giunta provinciale guidata da Tonino Acri («Un grande presidente e amico»)e, per un periodo breve, consigliere regionale nel 2009. Carica cumulata con quella di deputato per una serie di regolamenti di conti all’interno del partito. Ma lui nega questa circostanza. «Non è vero». Da tempo è uomo forte del Pd calabrese, proveniente dalla Margherità.

E’ uno dei pochi, se non l’unico, a pubblicare le sue buste paghe sul web. «Ci tengo perché è un segnale di trasparenza». Guadagna e spende tanto per l’attività politica. Giornalista, oltre alla passione per la scrittura, ama i libri e la buona musica, sempre che quella sfornata da Mina, sia tale. «Lo è, lo è» assicura un po’ infastidito. Sempre garbato, puoi insultarlo come vuoi che non se la prende, ma se gli tocchi Mina, tira fuori gli artigli. Su questo blog lo abbiamo più volte provocato e simpaticamente “deriso” per il fatto che alla sua età sostiene Pierluigi Bersani alle primarie del centrosinistra. Lo telefoniamo mentre è in viaggio.
Onorevole Laratta, ma perchè proprio uno come lei, rinnovatore ante litteram, rottamatore anti-loieriano, si trova a votare Bersani?
«E perchè non dovrei? Bersani non é forse quello, con Franceschini e Veltroni, che ha voluto il 28 enne Salvatore Scalzo candidato sindaco di una città capoluogo di Regione? E per ben due volte!»

Ma a Catanzaro oltre a Scalzo c’èra ben poco e comunque non sembra un motivo sufficiente…
«Si che lo è. Attorno a questa storia ci sono state troppe chiacchiere. Scalzo è la prova delle scelte coraggiose fatte dal Pd di Bersani. Oggi perché dovrebbe votare Renzi?»
Ma che c’entra? Bersani comunque rappresenta il vecchio!
«Bersani è candidato a Presidente del Consiglio, mica allo Zecchino d’Oro! E’ uomo forte, stabile, competente».
Questo lo pensa lei. Ma Bersani è pur sempre un ex comunista e lei un cattolico moderato!
«Certo che lo dico io? Sa una cosa poi?»[quote style=”boxed”]Bersani è candidato a Presidente del Consiglio, mica allo Zecchino d’Oro! E’ uomo forte, stabile e competente. Renzi andrebbe bene alla guida del partito[/quote]
Cosa?

«Io non sono mai stato un moderato. Nel Pd passo anche per un “estremista”, soprattutto qui in Calabria».
Estremista per via dei blitz sui binari, negli ospedali con Guccione o perché ascolta Mina?
«Ancora con Mina? Dai, ma il suo è un chiodo fisso»!
La linea cade. Ma lo ribecchiamo mezzoretta dopo. «Basta con Mina. E’ il mio punto debole». Ricordate gli artigli, ecco!
Continui, prego.
«Come nel passato con Loiero sono l’unico ad attaccare frontalmente Scopelliti, ho duramente contestato la gestione della Rai calabrese, vado spesso nelle carceri e passo il Natale con i profughi di Rosarno e di Amantea».
E qualcuno le manda pure lettere anonime di minacce…
«Infatti, ma vede, non mi faccio intimidire da nessuno. Proseguo nel mio lavoro di denuncia quotidiana».
Torniamo a parlare di primarie. Ma come si fa a votare uno come Bersani, un ex comunista, uno che farfuglia battute insipide. E poi quel “Siam mica qui a pettinar bambole”, su!
«Ma io l’ho visto operare al governo Prodi…»
Scappa spontaneamente da ridere ma l’onorevole prosegue…
«… ed è stato il primo ministro davvero liberale e riformista. Basti pensare alle ‘lenzuolate di liberalizzazioni’. Provvedimenti che hanno avviato riforme storiche per il Paese e per i giovani. Un tocco di modernità atteso da decenni».
Guardi, stendiamo un lenzuolo sulle liberalizzazioni di Bersani…Penso che uno come lei dovrebbe stare con Renzi. Perché no?
«Perchè, ad esempio, non gli ho sentito dire niente di veramente liberale e riformista per il futuro del Paese. Lo vedo proiettato a cambiare il partito (la ‘rottamazione’, che pure ha fatto bene al Pd) ma non dice niente di alternativo per l’economia, l’Europa, la finanza, il lavoro, la crisi sociale e culturale del Paese».

Anche lei a condannare Renzi come D’Alema, la Bindi e tanti altri.«Al contrario: Renzi ha fatto bene al partito, lo sta aiutando a svecchiarsi e a prendere la strada della modernità e del cambiamento. Però queste sono primarie per la guida del Governo, in un momento drammatico. Nel cuore di una crisi dalle conseguenze devastanti. Non stiamo celebrando il congresso nazionale del Pd».
Va detto che non è scontato che il centrosinistra vinca le elezioni, o da quella parte siete sicuri al 100 percento?
«Sarà una grande sfida in cui si spera possano prevalere le nostre proposte di governo. Un anno di Monti è stato più che sufficiente, ora basta»
Ma Monti ce l’avete piazzato voi a Palazzo Chigi, mica altri. Avevate dieci punti avanti nei sondaggi. Si potevan fare le elezioni, o no?
«In quella precisa fase storica è stato meglio così. A Monti abbiamo dato nelle mani il Paese mentre stava affondando. Le do solo un dato. A Novembre 2011, lo Stato non aveva i soldi per pagare gli stipendi e le tredicesime di Dicembre. Un dramma. Mentre qualche mese prima c’è stato in Parlamento il “più grande statista dopo De Gasperi”, a giurare che la crisi era solo psicologica, che avevamo i migliori conti d’Europa. Dopo qualche mese, sono stati necessari tagli per 400 miliardi di euro!»
E adesso?
«Adesso dobbiamo dire grazie a Monti per aver tirato fuori il Paese dal baratro, ma ora tocca alla politica, alla buona politica, mettere in piedi programmi per il rilancio, per il lavoro, per la ripresa. Urgentemente, prima che il Paese si ritrovi immerso in un incubo! Più politica, più Europa, per salvare l’Italia».

E se arriva Grillo in Parlamento, anzi è certo che ci arriverà, secondo i sondaggi…

«Passeremo da un buffone ad un comico. L’Italia è un Paese che non si smentisce mai. Grillo sarebbe devastante nelle istituzioni. Ma, e lo dico con franchezza, il comico genovese ha raccolto le istanze di quella parte del Paese che ha sognato con Berlusconi, e oggi si riscopre affranta e sconfortata senza nulla in cui credere. Vuole cambiare radicalmente. Grillo è una farsa, ma una parte dei grillini saranno un risorsa!»[quote style=”boxed”]Siamo un partito di gente onesta e perbene. Se ci sono mele marce, noi siamo in grado di isolarle e di mandarle via[/quote]
Laratta con Franceschini al forum dei giovani del PdIl Pd calabrese non è messo bene. E’ così vecchio, così consumato. Tutto da rottamare, o quasi, ora è pure nei guai giudiziari il suo partito.
«Si sbaglia: siamo un partito di gente onesta e perbene. Se ci sono mele marce, noi siamo in grado di isolarle e di mandarle via. Altrove chi commette reato è un eroe, come minimo lo fanno ministro. O presidente di Regione! Da noi è uno che sbaglia e va processato. La magistratura vada avanti speditamente, senza alcuna remora».

A sentirla parlare sembra Di Pietro. Dov’è finito il suo garantismo?
«Non è questa la questione. Gli avversari spesso si nascondono dietro al garantismo…»
Prossime le elezioni. Da Roma a Catanzaro giungono voci che sarebbe uno dei pochissimi uscenti nel Pd a essere riconfermato…

«Mah, non saprei. Io ho fatto il mio dovere, non mi sono mai fermato, ho sempre combattuto le battaglie che ritenevo giuste per la nostra terra. Ho fatto tutto quello che potevo, senza risparmiarmi mai. Una cosa è vera: mi trovo spesso a lavorare con i giovani, anche giovanissimi, dei quali condivido ansie e aspirazioni»
Porcellum, Mattarellum o il ritorno delle preferenze? Onorevole, dai, il suo partito era diventato il Pd delle Vedove, con tutto il rispetto per le signore.
«Dico una cosa che il mio partito non condivide: io sono per le preferenze. Sì, lo so, sono un rischio in realtà inquinate come le nostre. Ma i cittadini chiedono a gran voce di scegliere i parlamentari. Giusto ascoltare questa voce fortissima che si alza nel Paese».
Glissa sulle vedove…

Allora, ci ripensi: Renzi o Bersani (oppure Vendola)
«Bersani oggi. Bersani per il governo. Per il partito, come per la Calabria, ascoltiamo Renzi, ragioniamo su come cambiare il Pd. Insieme. Perché solo un Pd forte potrà salvare il Paese e la Calabria».[quote style=”boxed”]Su Loiero che sostiene Bersani Laratta risponde: “No comment!”[/quote]
Glissa pure su Vendola…
Bene, è inutile insistere.
«Mi fa dire una cosa?»
Prego, se vuole si faccia una domanda e si dia una risposta. Alla Marzullo…
«Sa quando si voterà in Calabria?»
Si, nel 2015
«No, nel giugno 2013!»
E come lo sa? Lo dice perché è un feroce oppositore di Scopelliti?

«Lo so. Sono alla frutta. Sono nel panico. Scopelliti ha finito. Ha distrutto Reggio, si è dimostrato letteralmente incapace alla guida della Regione. Non dura».
Lei diceva anche di peggio a Loiero ma poi è durato cinque anni. E’ lana caprina, la sua
Piuttosto una cattiveria finale…

«Dica»
Che effetto le fa sapere che c’è anche Loiero tra i sostenitori di Bersani? (La domanada è stata posta prima che Loiero annunciasse il sostegno a Tabacci) 
«No comment! Chiudiamo qui. Grazie».
Sentir parlare dell’ex governatore della Calabria a l’onorevole Laratta provoca il mal di testa. Mi conceda e prosegue per il suo cammino.

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