5 Ottobre 2024

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Papa Francesco in mattinata prega poi salda il conto in hotel. Un esempio per la politica

Bergoglio  Kirchner
Il card. Bergoglio con la Kirchner

La semplicitità è l’umiltà sono il suo punto di forza. Quando dopo l’elezione gli portarono la croce d’oro lui oppose rifiuto: “Mi tengo la mia Croce di ferro”, ha detto Papa Francesco a comignolo ancora fumante. Il primo giorno da pontefice comincia pure all’insegna delle cose semplici. Si reca nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a pregare e poi passa senza scorta e in pulmino dalla Casa del Clero per «saldare il conto» delle notti passate in preconclave. Padre Federico Lombardi, ottimo portavoce della Santa Sede, spiega che è stato un gesto per “dare l’esempio” (alla politica italiana autoreferenziale?). Il primo giorno è comunque simile al primo giorno di scuola. Tra lo stupore e lo smarrimento. Poi, sicuramente gli impegni e le “pressioni” per ovvie ragioni lo porteranno inevitabilmente a “blindarsi”, anche se non sarà proprio utopistico ritrovarselo in metropolitana come un turista qualsiasi. Anche a Buenos Aires, in Argentina, faceva così da Cardinale, come mostra la foto. Il Papa ama il tango e probabilmente ce lo ritroveremo socio onorario in diverse accademie di danza se non addirittura vederlo in qualche esibizione. Il Papa della modernità? Si vedrà. Di fatto è già adeguato alle nuove tecnologie (come del resto i fedeli), ed ai nuovi sistemi di comunicazione, ma occorrerà capire quanta energia riverserà «contro» quel «relativismo culturale» contestato da Benedetto XVI. Modello che è l’insidia numero uno per una Chiesa che ha la difficile missione di difendere i valori cristiani e il primato dello spirito sulla materia, dell’anima sulla carne. Difensore degli ultimi, Papa Francesco è antiabortista per antonomasia, difensore della Famiglia e fermo oppositore dei matrimoni gay. Questa posizione (non poteva essere altrimenti) gli ha creato diversi dissidi con il presidente dell’Argentina Cristina Fernandez de Kirchner che ha invece introdotto nel sistema normativo argentino la possibilità delle nozze civile gay. Ed è proprio dalla de Kirchner che Papa Jorge Mario Bergoglio riceve uno dei primi telegrammi di auguri: “Sua Santità Francesco, a mio nome, del governo argentino e in rappresentanza del popolo argentino voglio salutarla e presentare i miei auguri per la sua elezione a nuovo Pontefice Romano della Chiesa Universale. Il nostro augurio è che lei abbia, nell’assumere la leadership e la guida della Chiesa, un lavoro pastorale fruttuoso per le responsabilità maggiori, come la difesa della giustizia, dell’eguaglianza, della fraternita’ e della pace per l’umanità”, ha detto ancora la Kirchner. Auguri al nuovo Pontefice sono arrivati anche dal presidente Usa Barack Obama: “A nome del popolo americano, io e Michelle porgiamo i nostri più calorosi auguri a Sua Santità il Papa Francesco nel momento in cui sale al soglio di san Pietro per iniziare il suo papato”. Così il messaggio augurale diffuso dalla Casa Bianca dopo l’elezione del nuovo Papa definito dal Presidente Usa in un altro passaggio del messaggio “campione dei più poveri e dei più vulnerabili tra di noi”. Il Presidente russo Vladimir Putin ha inviato un messaggio di congratulazioni a Papa Francesco per la sua elezione. “Ho fiducia che una cooperazione costruttiva fra la Russia e il Vaticano continuerà a svilupparsi sulla base dei valori cristiani che ci uniscono”, Jorge Bergoglio in metropolitanasi legge nel messaggio, pubblicato in parte sul sito del Cremlino. “Sua Santità, le auguro una buona salute, benessere e un impegno produttivo per rafforzare la pace e promuovere il dialogo interreligioso e fra le civiltà”, ha quindi aggiunto Putin. Un invito a venire “alla prima opportunità” in Terra Santa è invece giunto a Papa Francesco dal presidente israeliano Shimon Peres. Il Pontefice, afferma il premier israeliano potrà essere “fonte di ispirazione” ed aiutare “il tentativo di portare la pace in questa area tormentata”. Il nuovo Papa “rappresenta la devozione, l’amore di Dio, l’amore della pace, la modestia religiosa ed un nuovo continente che sta risvegliandosi”. “Abbiamo bisogno, ora più che mai – ha sottolineato Peres – di una leadership spirituale e non semplicemente politica dove i leader politici possono dividere, i leader spirituale possono unire. [toggle title_open=”chiudi” title_closed=”Il messaggio di Giorgio Napolitano” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]”Santità, la Sua elezione a Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica è motivo di universale e gioiosa emozione : il popolo italiano ne è particolarmente partecipe, e a suo nome, interpretandone il sentimento comune e profondo, Le indirizzo le mie più calorose e sincere felicitazioni”. Lo ha scritto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato a Sua Santità Francesco.
“Lo straordinario patrimonio morale e culturale del Cattolicesimo – ha continuato il Capo dello Stato – è indissolubilmente intrecciato con la nostra storia bimillenaria e con i valori morali nei quali l’Italia si riconosce. La figura di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, al quale Vostra Santità ha scelto di ispirarsi nell’assumere il nuovo Pontificato, racchiude questa condivisa ricchezza spirituale”.
“L’Italia – ha sottolineato il Presidente Napolitano – è orgogliosa che la sua storica Capitale sia centro della Chiesa Cattolica e sede dello Stato della Città del Vaticano. Mi ha colpito, nelle Sue prime parole di ieri sera, il richiamarsi alla missione pastorale di Vescovo della Città di Roma, cui Vostra Santità si è rivolta con profonda semplicità. Con identica e toccante immediatezza, il Suo primo messaggio dalla loggia di San Pietro ha raggiunto ieri i quattro angoli del globo. I saldi legami e rapporti di collaborazione tra la Santa Sede e lo Stato italiano sono rivolti a perseguire il bene comune e a promuovere un ordine internazionale che assicuri i diritti inviolabili, la dignità e la libertà della persona umana, la giustizia sociale e la pace. Serbo indelebile e grata memoria dell’alta testimonianza morale e intellettuale di Sua Santità Benedetto XVI, con il quale ho intrattenuto un dialogo intenso e condiviso momenti di grande vicinanza spirituale. Sono stato particolarmente toccato dalle parole con cui il Suo primo messaggio da Pontefice lo ha voluto ricordare”.
“Vostra Santità porta a Roma la testimonianza di un Cattolicesimo senza confini, presente nella società con un forte impegno spirituale e pastorale. E’ una testimonianza che ci viene per la prima volta dalle Americhe e da un’Argentina unita all’Italia da profondi e fraterni legami di amicizia, impersonati dalla Sua stessa storia famigliare. Le giungano – ha concluso il Capo dello Stato – i più fervidi e sinceri voti augurali miei personali e dell’intera Nazione italiana per l’alta missione di guida della Chiesa Cattolica universale.”[/toggle] Unire intorno a una visione, intorno a dei valori, intorno ad una fede nel fatto che possiamo rendere il mondo un posto migliore in cui vivere. Possa Dio benedire il nuovo Papa”.  Anche la cancelliera tedesca Angela Merkel ha espresso le sue felicitazioni. [Sabrina Cochi]

 

Eletto Papa Francesco, il gesuita argentino che avrà il compito di traghettare la Chiesa sulla Terza Via

Il nuovo Papa Jorge Mario Bergoglio con il nome di Francesco“Habemus Papam”.

Contro ogni previsione nel conclave di stasera è stato eletto il nuovo Papa. Si tratta di Jorge Mario Bergoglio, argentino di origini piemontesi. Si farà chiamare “Francesco”. Per la prima volta dopo milleduecento anni sul soglio di san Pietro sale un extra europeo. Un sud americano, gesuita con affinità francescane, un umile che alla prima apparizione nella gremita piazza san Pietro a Roma si è presentato con una croce di ferro anziché quella d’oro. La sua elezione doveva avvenire già il 2005 quando fu eletto Joseph Ratzinger, dimessosi il 28 febbraio scorso. Allora disse ai cardinali che puntavano su di lui di «non essere pronto». Papa Francesco raccoglierà un’eredità difficile. A lui il compito di rilanciare l’immagine della Chiesa nel mondo dopo gli scandali che hanno costretto alle dimissioni Ratzinger. A lui toccherà rilanciare la missione pastorale della Chiesa cattolica, ma anche far luce sui molti lati oscuri dietro cui si nascondono i “nemici” del Vaticano. Perché gli avversari della Chiesa non sono solo fuori, si sono insinuati all’interno con lo scopo di indebolirla, screditarla ed eroderne la potenza spirituale bimillenaria. L’elezione di un Papa argentino cambia in modo inatteso le carte in tavola.

Nessuno l’aveva previsto, non era tra i papabili dopo la «rinuncia» del 2005. Nessun vaticanista o esperto di cose divine ha previsto “Francesco”. Proprio come il polacco Karol Wojtyła, nel 1978, uscito fuori dall’urna cogliendo di sorpresa tutti tranne quel Stefan Wyszyński, primate di Polonia, che gli disse, «Karol, tocca a te!». Giovanni Paolo II e Francesco, due uomini umili provenienti da terre lontane ma simili nel carattere e nella missione “rivoluzionaria”.

Il primo dalla Polonia, una terra contesa e devastata dal Comunismo;piedi nudi san pietro il secondo proveniente dall’Argentina, una terra ricchissima messa in ginocchio e devastata dalla Finanza internazionale e da un Capitalismo cieco ed egoista.

Due papi provenienti da due mondi diversi (ma uniti nel destino) che rappresentavano la prima e la seconda «Via»: Comunismo e Capitalismo. La prima franata sotto i colpi dei picconi e per volontà di Karol; la seconda fallita per l’egoismo umano che aspetta il “The End” da Francesco. Non rimane che la «Terza Via»: quella “Sociale” realizzata grazie alla partecipazione dei popoli e asfaltata dalla solidarietà. Spetta a Francesco traghettare i cattolici (e non solo) in questa nuova direzione. Non è facile perché i tentativi di screditare anche lui come han fatto con Ratzinger sono cominciati quando il fumo bianco non era ancora uscito dal comignolo. I “corvi” e gli “infiltrati” scavano nel suo passato come han fatto con Joseph e prima con Karol. Ma non riusciranno a scalfire la sacra Pietra dove Gesù ha fatto erigere la sua Chiesa.

Grillo continua a parlare con la stampa estera: "Accordi con nessuno". La soluzione? Legge elettorale e al voto.

Beppe Grillo (foto Alpozzi/Inphoto)
Beppe Grillo (foto Alpozzi/Inphoto)

Beppe Grillo continua a ignorare la stampa italiana. Parla solo con la stampa straniera e dal suo blog attacca destra e sinistra. Nessun accordo è possibile con chi “è stato protagonista dello sfaglio italiano”, fa sapere a fasi alterne. Negli ultimi giorni ha rilasciato delle interviste a giornali tedeschi come Focus e Bilde, recentemente con Wired e il New York Times cui ha detto che è “inammissibile per il M5S garantire la stabilità”. Quindi Pd e Pdl dovranno fare a meno di Grillo. L’obiettivo dei partiti tradizionali, rivela alla stampa estera, è quello di addossare la “responsabilità” al movimento per i mancati accordi e ciò che ne consegue, ma sarebbe “da irresponsabili” afferma, appoggiare Pd o Pdl.  Insomma, non è disposto a fare alleanze “né con Pier Luigi Bersani, né con Silvio Berlusconi: Se Pd e Pdl dicessero: Legge elettorale subito, via i finanziamenti retroattivi, massimo due legislature e vanno fuori tutti quelli che hanno più di due legislature, noi appoggiamo qualsiasi governo”. A Focus tuttavia sottolineava , “che i partiti non lo faranno mai. Loro bluffano per guadagnare tempo”, nella speranza di logorare ed erodere l’enorme consenso che ha acquisito tra gli italiani. Lui non si fida dei partiti nè, fa intendere, del Quirinale, che in assenza di accordi potrebbe incaricare il banchiere Corrado “Passera”. Punto e capo. “Cacciati” dall’elettorato che hanno bocciato l’austerity di Monti, ecco riproporsi un governo tecnico di matrice filotedesco. E’ presto per dirlo ma Grillo lo ha già intuito. Egli rifiuta proposte di governicchi o ammucchiate per “soddisfare i Mercati e la Merkel”. La soluzione? Riforma della legge elettorale e subito al voto. Convinto che al prossimo giro alle urne, se le cose rimangono invariate, il leader del Movimento 5 Stelle porterà con molta probabilità a votare anche buona parte di quel 25 percento di astenuti, prendendo la maggioranza assoluta nel Paese. Intanto le politiche di austerità imposte dalla Germania al “Piigs” (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) stanno producendo effetti sociali devastanti. Questo Grillo lo sa bene, e parla con la stampa straniera affinché il suo messaggio di una “rivoluzione democratica”  contro questo “sistema” basato sul debito e sull’usura venga compreso dai cittadini europei.
Nel frattempo è di ieri la notizia che una marea umana ha invaso le piazze delle principali città portoghesi per protestare contro la politica di austerità e per chiedere le dimissioni del governo di centro destra del premier Pedro Passos Coelho, liberista e vicino alle posizioni tedesche e della Bce. Secondo gli organizzatori della protesta sono stati complessivamente un milione e mezzo i portoghesi che sono scesi in piazza in 34 città. A Lisbona, secondo le varie fonti, dai 200 ai 500 mila dimostranti si sono affollati nella centrale Praca do comerco ed hanno intonato lo slogan “E’ ora che il governo se ne vada”. E la canzone che molti hanno cantato è Grandola vila morena, divenuta l’inno della rivoluzione dei garofani del 1974 che pose fine alla dittatura di Antonio Salazar.

La protesta in Portogallo (foto Novais/Epa)
La protesta in Portogallo (foto Novais/Epa)

A chiamare la gente a raccolta è stata un movimento (‘Che la troika si fottà) che si organizza in rete, indipendente dai partiti e dai sindacati, nato spontaneamente a metà del 2012. Il movimento è riuscito a mobilitare persone di tutte le età e orientamenti politici con il comun denominatore delle critiche alle dure misure di austerità prese dal governo ed imposte dalla troika di creditori internazionali (Ue, Banca Mondiale e Fondo monetario internazionale). La manifestazione di ieri sera ha coinciso con la presenza nel paese della Troika che sta realizzando la settima valutazione del programma di assistenza finanziaria da 78 miliardi di euro. Da quando il premier è entrato in carica un anno e mezzo fa, la disoccupazione è aumentata dall’11 al 17,6 %, il pil è sceso del 3,2% nel 2012 e un quarto dei 10,6 milioni di portoghesi vivono in condizioni di povertà. Altra notizia di rilievo, forse d’auspicio per il resto dell’Unione, è che alle prossime elezioni tedesche si presenterà un movimento che ha come obiettivo la fuoriuscita della Germania dall’euro. [Moira Bonino]

E' stallo. Improbabile nuovo governo. Grillo: "Fiducia a nessuno". Spunta ipotesi Renzi, ma fedelissimo Reggi "esclude".

roberto reggi
RENZIANO – Roberto Reggi, ex sindaco Piacenza

E’ stallo. Mai nella storia della Repubblica il paese si è trovato in una situazione di così grave incertezza politica. Merito della legge elettorale definita “porcata” dal suo estensore. Il Centrosinistra si è accaparrato il premio di maggioranza alla Camera dove, tuttavia, il primo partito è il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo il quale ha sfondato ogni più ottimistica previsione. Il Pdl diventa il terzo partito, ma al Senato, dove il premio di maggioranza è su base regionale vince in sette regioni cruciali col risultato che la maggioranza a palazzo Madama non ce l’ha nessuno. Bersani ha detto in sostanza che “abbiamo perso pur arrivando primi”. Berlusconi, che pure tutti i sondaggi davano ormai spacciato, ha perso una marea di consensi, come del resto il Pd, ma ha recuperato fortemente anche in presenza dello tsunami Grillo. La situazione attuale somiglia per certi versi a quella del 2006, quando vinse di un soffio Romano Prodi. Ma allora in Senato, seppure con due, tre voti di scarto più i senatori a vita, si riusciva a governare. Poi ci fu la vicenda Mastella ma è altra storia. Oggi, anche volendo sommare i 120 seggi del Pd con quelli di Monti non si arriva a quota 140 quando la maggioranza è di 160. Grillo ha già annunciato che non darà la fiducia né a Bersani né a Berlusconi. Il nodo a questo punto diventa più complicato di quando si pensava perché il quadro politico coincide col semestre bianco del presidente della Repubblica che (anche in casi singolari come questi) non può sciogliere le Camere o anche una di esse. Giocoforza, Napolitano dovrà incaricare qualcuno per formare il nuovo governo. Ma a chi se nessuno ha i numeri per un governo stabile? Nel caos generale l’unica certezza che emerge dalle urne è che bisogna ritornarci se non a breve, tra qualche mese. Le ipotesi buttate giù finora sono state tante. Sul governissimo Pd-Pdl il Cavaliere ha fatto delle aperture, subito smorzate però dal Pd. Il governatore della Liguria Burlando, comprende tuttavia la situazione e si schiera in netta opposizione al suo partito. Sul Secolo XIX, il presidente afferma che bisogna avviare un dialogo con Grillo auspicando l’immediato cambio di leadership nel Pd. In sostanza, fuori Bersani e quel sistema di primarie “taroccate” dal cui cilindro emergono gli uomini (e le donne) che vuole l’apparato al vertice. Tornando al governissimo, potrebbe essere una via sensata (per non dire obbligata) se si tiene conto della “chiusura” tout court di Grillo: “Non scenderemo a compromessi con nessuno”. Questo esecutivo a guida Bersani potrebbe riformare la legge elettorale, eleggere il nuovo capo dello Stato a maggio e poi ritornare al voto a fine luglio. Altra ipotesi sarebbe quella di affidare l’incarico a Matteo Renzi, sconfitto alle primarie da Bersani. Sul sindaco di Firenze potrebbero convergere sia Grillo che Berlusconi. L’ex sindaco di Piacenza, Roberto Reggi, renziano di ferro e “grande escluso” dalla corsa per Montecitorio proprio da Bersani,  interpellato al telefono da secondopianonews.com ha detto ieri (27 febbraio, nda) di non credere a questa ipotesi, nonostante le voci siano insistenti. “La situazione è molto complicata”, ha ammesso Reggi . “Nessuno di noi avrebbe immaginato questo quadro politico”.  Ci sono voci sul fatto che Renzi sia papabile alla guida del governo, lei cosa pensa? “Lo escludo, lo escludo, non credo possa realizzarsi una cosa simile”, afferma il coordinatore della primarie per Renzi “anche se questa è una mia valutazione personale”. Poi si toglie qualche sassolino sulla sua vicenda personale. Bersani “ha posto il veto sulla mia candidatura. Diciamo che non gli ha portato fortuna”, dice sornione l’ex sindaco di Piacenza. Anche se, “detto questo, mi dispiace comunque sia andata a finire così”. Ma sono molti a scommettere su una investitura Renzi. Il sindaco di Firenze coi suoi recitano la parte, ma se dovesse chiederlo lo stesso Barsani, per “senso di responsabilità” non direbbe di no. Escludendo governi di “minoranza” che lasciano il tempo che trovano (come si reggerebbe?), spunta anche l’ipotesi di un incarico a Grillo il cui movimento è prima forza alla Camera. In questo caso però, Pdl e Pd potrebbero ricambiare il rifiuto posto loro dal movimento 5 stelle. A meno di accordi su pochi e condivisi punti programmatici, come la riforma della legge elettorale (per tutti), fisco più leggero e abolizione dell’Imu “senza rimborso” (per il Pdl); abolizione rimborsi elettorali, delle province e soppressione di Equitalia (per Grillo) e due o tre punti del programma del Pd. Un compromesso temporaneo non impossibile da concordare. Altro scenario: scartando l’idea di affidare l’incarico ad un governo tecnico (ad esempio una riedizione di Monti a guida Passera), sarebbe più verosimile quella che vedrebbe Napolitano dimettersi da capo dello Stato, le nuove Camere in seduta comune rieleggono il nuovo presidente (Letta/Prodi?) che affiderebbe l’incarico a Napolitano per formare un governo di transizione. In ogni caso, nella prossima legislatura “stabile” si dovrebbe apportare una modifica costituzionale per dare la possibilità, in casi come questi, di far slittare l’elezione del capo dello Stato, ovvero integrare i poteri nel “semestre bianco”  per consentire al capo dello Stato di sciogliere subito le camere o una di queste in caso di ingovernabilità.

L'antropologa Ida Magli e il fenomeno Grillo. "Ora basta! I giovani si riprendano il futuro. Questa tirannide è disumana.

Ida Maglidi Ida Magli*

“Tutti i giornali sono d’accordo: Grillo ha riempito con i suoi ragazzi la fatidica Piazza San Giovanni. Sono giovani, sono inesperti, sono entusiasti: si torna a vivere. E’ questa l’umanità che ha fatto la storia: quella che si è lanciata nella vita ingenuamente, forte soltanto del proprio entusiasmo, della sicurezza che essere uomini significhi sognare, sperare, amare, godere, gioire, e credere di riuscirci lavorando strenuamente per realizzare il sogno.
Siamo usciti, con questi sognatori, dall’incubo peggiore che gli Italiani si siano mai trovati a sperimentare, malgrado il loro lungo passato pieno di catastrofi: non avere un futuro. Non avere ciò che sostanzia, per ogni uomo, l’idea di futuro: che sarà bello, gioioso, nuovo, diverso, ricco di vita. Può forse il pareggio di bilancio, per quanto lo si prospetti come indispensabile, costituire “Il Futuro”? Può forse la Banca Centrale Europea, per quanti bond [quote style=”boxed”]Basta, sì basta! Abbiamo assoluto bisogno di tornare a vivere la vita vera, quella che ha sempre reso ricchissimi gli Italiani anche quando erano poveri: la capacità di credere nel futuro [/quote] italiani sia disposta ad acquistare, vestire i panni della Fata Turchina? Basta, sì basta! Abbiamo assoluto bisogno di tornare a vivere la vita vera, quella che ha sempre reso ricchissimi gli Italiani anche quando erano poveri: la capacità di credere nel futuro, di lavorare per il futuro, nella bellezza della propria terra, nella fiducia del suo “stellone” gioioso e fortunato. Tutto questo è stato deliberatamente ucciso, seppellito nel mondo lugubre dei sacerdoti del denaro, sordi e ciechi di fronte a qualsiasi cosa che non sia l’accumulo delle proprie monete. Economisti e banchieri si sono impadroniti dell’Europa e hanno scelto l’Italia come centro sperimentale del proprio potere, dove cominciare a sostituirsi ai politici, ormai del tutto succubi e corrotti. Ci sono riusciti con tanta facilità da rimanerne stupiti essi stessi. Forse non avevano immaginato, pur nella loro immensa presunzione, che sarebbe bastato il tintinnio delle monete a farsi addirittura chiamare da politici e capi di stato per governare al loro posto. Nel giro di un anno hanno costretto al suicidio 45 imprenditori. Un risultato davvero di tutto rispetto! L’Italia non è mai stato un paese da suicidio, neanche in tempo di guerra. I membri del governo, però, sono rimasti impassibili. Sono dei “fannulloni” questi italiani, purtroppo: sanno soltanto lamentarsi. Il giorno successivo al suicidio di un imprenditore Mario Monti è andato a consolare, non la famiglia disperata, ma i funzionari di Equitalia: quelli sì che sono dei solerti lavoratori! La verità è che con la tirannide dei banchieri-politici si è diffusa nell’aria la certezza della loro incancrenita disumanità.  [toggle title_open=”Chiudi” title_closed=”Il messaggio di Grillo a Roma” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]Cercavamo una porta per uscire. Eravamo prigionieri del buio. Pensavamo di non farcela. Ci avevano detto che le finestre e le porte erano murate. Che non esisteva un’uscita. Poi abbiamo sentito un flusso di parole e di pensieri che veniva da chissà dove. Da fuori. Da dentro. [quote style=”boxed”]Nel giro di un anno hanno costretto al suicidio 45 imprenditori. L’Italia non è mai stato un paese da suicidio, neanche in tempo di guerra. [/quote] Dalla Rete, dalle piazze. Erano parole di pace, ma allo stesso tempo parole guerriere. Le abbiamo usate come torce nel buio, come chiavi da girare nella serratura per andare altrove, in posti sconosciuti, verso noi stessi. E ora siamo fuori, siamo usciti nella luce e non ci siamo ancora del tutto abituati. Stringiamo gli occhi e, anche se sappiamo che stiamo percorrendo l’unica via possibile, abbiamo qualche timore, ed è normale. Quello che sta succedendo ora in Italia non è mai successo prima nella storia delle democrazie moderne. Una rivoluzione democratica, non violenta, che sradica i poteri, che rovescia le piramidi. Il cittadino che si fa Stato ed entra in Parlamento in soli tre anni. Abbiamo capito che eravamo noi quella porta chiusa, che le parole guerriere erano da tempo dentro di noi, ma non volevano venire fuori, pensavamo di essere soli e invece eravamo moltitudine. E adesso siamo sorpresi che così tante persone a noi del tutto sconosciute avessero i nostri stessi pensieri, le nostre speranze, le nostre angosce. Ci siamo finalmente riconosciuti uno nell’altro e abbiamo condiviso parole guerriere. Parole che erano state abbandonate da tempo, di cui si era perso il significato, sono diventate delle armi potenti che abbiamo usato per cambiare tutto, per ribaltare una realtà artificiale dove la finanza era economia, la menzogna era verità, la guerra era pace, la dittatura era democrazia. Parole guerriere dal suono nuovo e allo stesso tempo antichissimo, come comunità, onestà, partecipazione, solidarietà, sostenibilità si sono propagate come un’onda di tuono e sono arrivate ovunque annientando la vecchia politica. Siamo diventati consapevoli della realtà. Sappiamo che possiamo contare solo sulle nostre forze, che il Paese è in macerie e che quello che ci aspetta sarà un periodo molto difficile, ci saranno tensioni, problemi, conflitti, ma la via è tracciata. L’abbiamo trovata questa via e ci porta verso il futuro, un futuro forse più povero, ma vero, concreto, solidale e felice. C’è una nuova Italia che ci aspetta. Sarà bellissimo farne parte.[/toggle] L’arido deserto della loro anima è incompatibile con la vita. Hanno ingoiato, distruggendoli, tutti i sentimenti, gli affetti, i valori nei quali gli Italiani hanno creduto, e per i quali hanno lavorato e combattuto fin dall’inizio della loro storia. Tutto è stato azzerato, in nome del bilancio, in nome di una moneta. Perfino la Chiesa si è azzittita. Dopo aver sempre proclamato il primato dello spirito sulla materia, non ha avuto la forza di ribellarsi al primato del dio euro. C’è stato, a Sanremo, il “segno” della morte dell’italianità, un segno che soltanto il pensiero italiano poteva inventare: la deliberata, consapevole cacofonia della canzone Mononota.
Adesso, però, i giovani di Grillo hanno lanciato il grido della speranza: “politici, andate a casa!”. Per prima cosa, dunque, un Presidente della Repubblica che non appartenga ai partiti, che non sia né un economista [quote style=”boxed”]Il capo dello Stato ora ne prenda atto [/quote] né un banchiere, che non piaccia ai politici e non sia un fiancheggiatore dei politici, ma che rappresenti davvero gli Italiani, quello per cui tutto il mondo ha sempre apprezzato gli Italiani: l’arte, la poesia, la musica.” Dal Blog di beppegrillo.it
*Antropologa
Leggi anche l’intervista a lettera43.it

Venti di guerra in Vaticano per la successione a Benedetto XVI, il Papa “costretto” alle dimissioni da “infiltrati e poteri oscuri”

Soffiano venti di “guerra” in Vaticano. Le dimissioni del Papa si pensava potessero allentare le tensioni interne alla “Casa” di Pietro e invece si stanno moltiplicando veleni e sospetti. Tra scandali,”corvi” o infiltrati, è iniziata la guerra alla successione di Benedetto XVI, costretto alle dimissioni da “poteri oscuri” che vorrebbero la distruzione della Chiesa Cattolica. Poteri oscuri ai fedeli ma ben conosciuti agli ambienti vaticani.

Solo due giorni fa il direttore della tv dei vescovi Dino Boffo ha fatto delle dichiarazioni che raccontano il clima che si respira dietro le cinta della città del Vaticano: “Tutti i credenti, – ha detto Boffo – facendo tesoro del magistero e della rinuncia di Benedetto XVI, concorrano a porre fine a una gestione del potere che può scandalizzare gli ultimi e gli umili”. E la Santa Sede si liberi “del vizio infame delle lettere anonime senza firme e senza mittenti”. Ci sono gli scandali esplosi ad orologeria da quando Ratzinger si è seduto sul Soglio pontificio.

I preti pedofili e i preti gay, ma anche la massoneria. Gente “infiltrata” per screditare la millenaria Chiesa di Cristo. Sui preti gay la chiesa smentisce possa essere motivo di dimissioni del Pontefice. C’è lo Ior e i sospetti che la banca del Papa non abbia osservato le norme antiriciclaggio. C’è poi Vatileaks coi suoi dossier segreti, la trafugazione di documenti riservati del Papa a opera del suo maggiordomo Paolo Gabriele, arrestato per furto aggravato e poi scarcerato e perdonato da Benedetto XVI. Nessuno ha mai fatto sapere da chi era assoldato questo giovane che entrava nella stanza più intime del Pontefice. A chi portava i documenti? Chi l’ha corrotto?. Domande rimaste senza risposte ma che qualcuno le ha soltanto ipotizzate. Del resto lo stesso Benedetto XVI  a più volte richiamato all’esigenza di “pulizia” all’interno della Chiesa.

Lo stesso Boffo afferma: “Dobbiamo prendere sul serio tutti gli inviti che il Papa ha fatto alla pulizia”. Intanto la Segreteria di Stato della Santa Sede ha pubblicato un comunicato in cui si deplora il tentativo di condizionare i cardinali, in vista del Conclave, con la diffusione di “notizie spesso non verificate, o non verificabili, o addirittura false, anche con grave danno di persone e istituzioni”. “La libertà del Collegio Cardinalizio, – scrive la Segreteria di Stato Vaticana – al quale spetta di provvedere, a norma del diritto, all’elezione del Romano Pontefice, è sempre stata strenuamente difesa dalla Santa Sede, quale garanzia di una scelta che fosse basata su valutazioni rivolte unicamente al bene della Chiesa. Nel corso dei secoli i Cardinali hanno dovuto far fronte a molteplici forme di pressione, esercitate sui singoli elettori e sullo stesso Collegio, che avevano come fine quello di condizionarne le decisioni, piegandole a logiche di tipo politico o mondano.

”Non manca chi cerca di approfittare del momento di sorpresa e di disorientamento per seminare confusione e gettare discredito sulla Chiesa”. Parole polemiche di Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, nell’editoriale di Radio Vaticana riferito al caso Vatileaks e alle implicazioni sulle dimissioni del Papa. “Si ricorre a strumenti antichi – continua – come la maldicenza, la disinformazione, talvolta la stessa calunnia”.

“Non abbiamo, e ce ne rallegriamo, – osserva il direttore della Radio del Papa e della sala stampa vaticana – da portare il dolore per la morte di un Papa amato, ma non ci è risparmiata un’altra prova: quella del moltiplicarsi delle pressioni e delle considerazioni estranee allo spirito con cui la Chiesa vorrebbe vivere questo tempo di attesa e di preparazione”. Padre Lombardi parla anche di “pressioni inaccettabili per condizionare l’esercizio del dovere di voto da parte dell’uno o dell’altro membro del Collegio dei cardinali, ritenuto sgradito per una ragione o per l’altra. Nella massima parte dei casi chi si pone come giudice, tranciando pesanti giudizi morali, non ha in verità alcuna autorità per farlo. Chi ha in mente anzitutto denaro, sesso e potere, ed è abituato a leggere con questi metri le diverse realtà, non è capace di vedere altro neppure nella Chiesa, perché‚ il suo sguardo non sa mirare verso l’alto o scendere in profondità a cogliere le dimensioni e le motivazioni spirituali dell’esistenza. Ne risulta una descrizione profondamente ingiusta della Chiesa e di tanti suoi uomini”.

Se in passato sono state le cosiddette potenze, cioè gli Stati, a cercare di far valere il proprio condizionamento nell’elezione del Papa, oggi si tenta di mettere in gioco il peso dell’opinione pubblica, spesso sulla base di valutazioni che non colgono l’aspetto tipicamente spirituale del momento che la Chiesa sta vivendo. È deplorevole che, con l’approssimarsi del tempo in cui avrà inizio il Conclave e i Cardinali elettori saranno tenuti, in coscienza e davanti a Dio, ad esprimere in piena libertà la propria scelta, si moltiplichi la diffusione di notizie spesso non verificate, o non verificabili, o addirittura false, anche con grave danno di persone e istituzioni. Mai come in questi momenti, i cattolici si concentrano su ciò che è essenziale: pregano per Papa Benedetto, pregano affinché lo Spirito Santo illumini il Collegio dei Cardinali, pregano per il futuro Pontefice, fiduciosi che le sorti della barca di Pietro sono nelle mani di Dio”.

La politica promette l'impossibile mentre il paese affonda sotto una irreversibile. La Cgil: "Potere d'acquisto giù del 33%".

mercatoMentre si infiamma la campagna elettorale con programmi più o meno probabili e politici che promettono l’impossibile, ecco una fotografia dell’Italia scattata dalla Spi-Cgil. Un’istantanea sottostimata rispetto ad un una crisi che appare molto più grave di quello che sostengono politici e associazioni di categoria. A farne le spese, sono pensionati e famiglie numerose con redditi al minimo o del tutto assenti che quando c’era la lira (nel 2001) riempivano un carrello con gli stessi soldi e oggi non riempiono nemmeno una busta. Secondo il sindacato, il potere d’acquisto delle pensioni è in caduta libera: in 15 anni è diminuito del 33%. Nello stesso arco temporale il valore di una pensione media è sceso del 5,1%. Un ”crollo vertiginoso” del reddito da pensione rispetto all’andamento dell’economia reale. Mentre tasse e tariffe aumentano sempre più: nel 2013 saranno ”alle stelle” e incideranno sui pensionati per 2.064 euro a testa, il 20% in più sul 2012.  ”In Italia la patrimoniale c’è ed è quella che grava sui pensionati, che più di tutti stanno pagando il conto della crisi. Sarebbe bene che il prossimo governo la facesse pagare ai ricchi, che invece poco o nulla stanno contribuendo alle sorti del Paese”. Lo chiede il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone, anche alla luce degli ultimi dati sulla perdita del potere d’acquisto delle pensioni, in 15 anni crollato del 33%. ”Bisogna intervenire con urgenza – continua Cantone – per sostenere il potere d’acquisto delle pensioni, rimuovere l’odioso blocco della rivalutazione annuale, alleggerire il carico fiscale e rilanciare welfare e sanità. I pensionati rappresentano il 25% degli elettori e a votare ci vanno eccome. La politica dovrebbe avercelo chiaro e agire di conseguenza”. Il potere d’acquisto delle pensioni, già falcidiato (-33% in 15 anni, dal 1996 al 2011), è destinato a peggiorare ulteriormente per effetto del blocco della rivalutazione annuale introdotto dalla riforma Fornero per il 2012-2013 sulle pensioni superiori tre volte il minimo (circa 1.400 euro lordi al mese). Lo Spi-Cgil, evidenzia che lo stop all’indicizzazione rispetto all’inflazione toglie mediamente 1.135 euro nel biennio in considerazione a 6 milioni di pensionati.

IL PAPA SI E’ DIMESSO. IN 2000 ANNI UN SOLO PRECEDENTE: CELESTINO V. RATZINGER, L’UOMO “RICATTATO” DAGLI SCANDALI

PAPA BENEDETTO XVI

 

 

Cogliendo di sorpresa tutti, Papa Benedetto XVI ha annunciato le sue dimissioni dal Pontificato per le ore 20 del 28 febbraio prossimo. “Affaticato dall’età”. E’ una notizia storica, nonostante il Papa abbia più volte riferito di questa volontà qualora non avesse più avuto la “forza” di proseguire. In duemila anni è la seconda volta che accade. La prima con Celestino V, il pontefice molisano eletto nel 1294 e dimessosi cinque mesi dopo. Fu poi ucciso (secondo molti storici) su mandato di Bonifacio VIII, che lo fece rinchiudere in prigione. Joseph Ratzinger è stato il più stretto collaboratore di Giovanni Paolo II. Gli era succeduto il 19 aprile 2005 dopo la morte del pontefice polacco. Benedetto XVI ha raccolto una eredità difficile dopo trentanni di “illuminata” missione pastorale. Con Ratzinger (sarà stata una coincidenza?) cominciarono a emergere tutti gli scandali che hanno fatto piombare la Chiesa in un periodo buio. Un complotto? Difficile da dimostrare sebbene voci vaticane siano insistenti su tale ipotesi. Anche il Fatto Quotidiano lo scorso anno scrisse un articolo su un presunto complotto per uccidere il Papa. Sospetti sui motivi che hanno portato Benedetto XVI alla decisione arrivano da più parti. “Sorprende l’aspetto della non motivazione. Non conoscendo le dinamiche della chiesa conciliare la notizia genera perplessità”, afferma don Floriano Abrahamowicz, sacerdote lefebvriano. Pur facendo parte di un ambiente ecclesiale che non riconosce la legittimità dei pontefici quali successori di San Pietro, e per questo detti “sedevacantisti”, Abrahamowicz ha rilevato che “l’assenza di giustificazioni palesi alle dimissioni del Papa porta a una destabilizzazione”. A questo proposito, il sacerdote tradizionalista, allontanato dalla fraternità tre anni fa ed ora animatore di una comunità chiamata “Domun Marcel Levebvre“, ha ricordato una visita avvenuta nel 1987 da due inviati di Giovanni Paolo II nella casa madre lefebvriana di Econ, in Svizzera, in cui era seminarista.”In quella circostanza – ha detto – mons. Camillo Perl, in seguito segretario della Commissione pontificia Ecclesia Dei, ci disse chiaramente che il 10% dell’episcopato tedesco era ricattabile. Non ho ovviamente elementi per poter sostenere qualcosa di simile nei confronti di Joseph Ratzinger – ha concluso Abrahamowicz – ma oggi mi tornano in mente quelle parole”. Il portavoce della Santa Sede Padre Federico Lombardi, ha detto in conferenza stampa che “nessuna malattia ha influito sulla decisione del Papa. Negli ultimi mesi è diminuito il suo vigore. Sappiamo l’età che ha e che è normale per persone in età avanzata vivere un declino delle proprie forze ed il Papa lo ha sentito negli ultimi mesi e lo ha riconosciuto con lucidità”, ha aggiunto padre Lombardi che ha chiosato: ”Nel mese di marzo avremo il nuovo Papa. Per la Pasqua dovremmo avere il nuovo Papa, questa è la previsione che possiamo fare”, ha affermato il portavoce vaticano, spiegando le fasi della “sede vacante” che inizierà la sera del 28 febbraio e i tempi tecnici per lo svolgimento del Conclave a marzo. Intanto il cardinale polacco Stanislaw Dziwisz, storico segretario di Giovanni Paolo II, ha detto che “Papa Wojtyla decise di restare sul Soglio pontificio fino alla fine della sua vita perché riteneva che ‘‘dalla croce non si scende”. Su questa sua decisione di rimanere alla guida della Chiesa nonostante la malattia, ha detto Dziwisz, Giovanni Paolo II si consultava anche con il cardinale Jozeph Ratzinger, suo stretto collaboratore”.

Ecco la lettera integrale delle dimissioni.

Carissimi Fratelli,
vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.  Papa Benedetto XVI
Dal Vaticano, 10 febbraio 2013

LA LETTERA DI DIMISSIONI DI CELESTINO V
Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, Celestinus_quintusla tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa.

Grillo in 20 punti indica la strada per uscire dal buio: Reddito minimo, referendum su euro e abolizione di Equitalia.

Beppe Grillo
Beppe Grillo (foto Ansa)

Chiama a raccolta l’Italia, Beppe Grillo. Propone ricette per uscire dalla crisi e un referendum per restare nell’Euro. A poche settimane dal voto il leader del Movimento 5 Stelle scrive agli italiani una sorta di lettera-contratto che richiama alla memoria il contratto con gli italiani di Silvio Berlusconi. I contenuti sono quelli che assillano ogni giorno i cittadini, e in parte simili con le proposte del Cavaliere. Dall’euro, all’Imu, al carrello per la spesa, dall’oppressione fiscale fino ai metodi usati dagli esattori. Nell’incipit il comico genovese accenna al concetto di “comunità” (caro alla Destra) che si associa a quello di Nazione e di Popolo. Scrive Grillo: “L’Italia deve diventare una comunità, nessuno deve essere lasciato indietro. E’ intollerabile, inumano, vedere le file di esodati, sfrattati, disoccupati alle mense della Caritas mentre chi ha sprofondato il Paese nella miseria si muove con la scorta, l’auto blu, senza alcuna preoccupazione economica. [quote style=”boxed”]Oltre a Equitalia, aboliremo le province e l’Imu[/quote] I partiti sono i primi responsabili di questa situazione, hanno occupato lo Stato, lo hanno svenduto, spolpato da dentro. Ora, queste persone si presentano, grazie ai giornali e alle televisioni che controllano, come i salvatori della patria, proprio loro che l’hanno affossata, usata per i loro interessi”. Grillo indica in 20 punti la ‘ricetta’ per uscire dalla crisi, tra gli ‘ingredienti’ l’abolizione di Equitalia e il referendum sulla permanenza nell’euro. “L’Italia ha le tasse tra le più alte del mondo – ricorda Grillo – uno dei maggiori debiti pubblici, un tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, che ha fatto emigrare in pochi anni un milione e mezzo di ragazzi italiani, diplomati, laureati con il sacrificio dei loro genitori. E’ ora di dire basta, questa commedia deve finire o finirà il Paese. Non abbiamo più tempo, dobbiamo mandarli tutti a casa. Tutti coloro che fanno parte di questo marcio sistema, devono andarsene, sparire, ma prima devono giustificare il loro eventuale arricchimento”. “Io non chiedo il tuo voto – assicura il leader dei 5 Stelle – non mi interessa il tuo voto senza la tua partecipazione alla cosa pubblica, il tuo coinvolgimento diretto, se il tuo voto per il M5S è una semplice delega a qualcuno che decida al tuo posto, non votarci. Questo Paese lo possiamo cambiare solo insieme, non c’è alternativa. [quote style=”boxed”] Istituzione di un ”politometro” per verificare arricchimenti illeciti dei politici negli ultimi 20 anni[/quote] Usciamo dal buio e torniamo a rivedere le stelle. Lo Stato deve proteggere i cittadini o non è uno Stato, per questo va istituito il reddito di cittadinanza. Io sono Stato, tu sei Stato, noi siamo Stato. Riprendiamoci l’Italia”, è il motto. venti punti beppe grillo secondopianonews.comEd ecco i 20 punti indicati da Grillo “per uscire dal buio: reddito di cittadinanza; misure immediate per il rilancio della piccola e media impresa; legge anticorruzione; informatizzazione e semplificazione dello Stato; abolizione dei contributi pubblici ai partiti; istituzione di un ”politometro” per verificare arricchimenti illeciti dei politici negli ultimi 20 anni; referendum propositivo e senza quorum; referendum sulla permanenza nell’euro; obbligo di discussione di ogni legge di iniziativa popolare in Parlamento con voto palese; Una sola rete televisiva pubblica, senza pubblicità, indipendente dai partiti”. E ancora, “elezione diretta dei parlamentari alla Camera e al Senato; massimo di due mandati elettivi; legge sul conflitto di interessi; ripristino dei fondi tagliati alla Sanità e alla Scuola pubblica; abolizione dei finanziamenti diretti e indiretti ai giornali; accesso gratuito alla Rete per cittadinanza; abolizione dell’Imu sulla prima casa; non pignorabilità della prima casa; eliminazione delle province; abolizione di Equitalia”.

Il Ministro Barca: "Un concorso di idee per i Bronzi di Riace, Sulcis e Pompei". Non soldi ma idee.

bronzi riaceI Bronzi di Riace come annunciato nei giorni scorsi, saranno al centro di un concorso di idee per valorizzarli. Si parte in via sperimentale da Pompei, il museo di Reggio Calabria con appunto i Bronzi di Riace e l’area del Sulcis, in Sardegna.
L’iniziativa era stata lanciata dai suoi promotori, il ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca, l’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, e il capo dipartimento sviluppo e coesione Sabina De Luca. Il ministro Barca oggi a Potenza per l’inaugurazione del trentesimo anno accademico dell’Università della Basilicata ha confermato questo orientamento che dovrà realizzarsi attingendo a fondi Por 2014/2020. “Un bando di idee – ha detto Barca – che si potrebbe definire pre-commerciale”. fabrizio barca“Noi – ha aggiunto Barca – abbiamo rinvenuto in Calabria, intorno all’imminente conclusione dei lavori di sistemazione del museo di Reggio Calabria, le stesse condizioni che abbiamo trovato in altri due luoghi, nel Sulcis e a Pompei, per il lancio di una metodologia nuova di sviluppo del territorio, che consiste nel mettere assieme il meglio della conoscenza locale e il meglio delle idee internazionali, superando quindi tanto i limiti della visione localista che si affida solo alle idee locali, tanto a quella ‘colonizzatrice’ esterna, che vuol fare arrivare da fuori dei Soloni”. “Le condizioni del territorio lo consentono – dice ancora Barca -, perchè c’è un grande attrattore, ovvero i Bronzi di Riace, di interesse internazionale. Ci sono delle condizioni locali di particolare bellezza, e c’è una straordinaria lontananza tra quello che potrebbe essere, e tra quello che è. Perchè i Bronzi, dopo il loro ‘boom’ originario, attraggono poco più di centomila visitatori che non rimangono neanche particolarmente a lungo sul territorio”. ”Lanciamo quindi un bando di idee, che si potrebbe definire pre-commerciale – conclude il ministro: non ci sono soldi in quel bando il cui materiale sono le idee del territorio, e le migliori idee vengono premiate e discusse, e poi miscelate in un progetto ‘coprogettato’ che poi viene messo sul mercato e puo’ attivare fondi pubblici, quelli comunitari 2014-2020′‘. scavi sibariQuella di oggi non era probabilmente la sede opportuna (Basilicata) per evidenziare lo scempio avvenuto presso gli scavi archeologici di Sibari, completamente sommersi nel fango dopo l’esondazione del fiume Crati. Ma da voci ministeriali filtra “l’intenzione” di far confluire in questo progetto di Governo e Invitalia, anche l’area di Sibari, Kroton e Locri, siti archeologici di origini magnogreche degne di Pompei, ma totalmente trascurate e abbandonate all’incuria dalle istituzioni preposte alla valorizzazione.Oggi l’Università lucana ha compiuto 30 anni. ”Ci troviamo in un momento non facile della storia del nostro Paese –  ha detto a il presidente della Regione, Vito De Filippo, ma questa dell’Ateneo lucano è una storia bella per questa terra, e i docenti, i giovani e gli amministratori devono esserne sempre più orgogliosi”. Il governatore lucano ha poi spiegato di ”ricordare bene, da spettatore e da studente fuori sede in un altro ateneo, la prima inaugurazione di questa struttura, percependo immediatamente che si trattava di un momento di forte crescita del territorio, di una grande regione del Mezzogiorno, per una leva, quella culturale, per il futuro di tutti i lucani”. Vito De FilippoDe Filippo, facendo gli ”auguri di un successo sempre maggiore all’Università della Basilicata”, ha poi ricevuto dal rettore la medaglia celebrativa del 30esimo anno accademico: dopo il presidente della Regione è intervenuta il premio Nobel per la Pace, Betty Williams, ricordando ”l’importanza della citta’ della pace che la Basilicata sta realizzando”. Per il rettore dell’UniBas Mauro Fiorentino è “lecito pensare che da qualche parte si stia sperando in un suicidio di alcune sedi per collasso finanziario, o della qualità, o che quantomeno, se ne attenda l’ingresso in agonia per poterne suggerire la cancellazione o l’accorpamento, in analogia con quanto si e’ imparato a fare con enti e amministrazioni varie”. Nel pomeriggio nell’area dell’Ateneo ci saranno momenti di educazione musicale per i più piccoli, la tavola rotonda sui temi dalla Pace, la proiezione del film “Cuento Musical”. In serata alle ore 20 si terrà il concerto “Per la giornata della memoria”. Qualche settimana fa l’Università degli studi della Basilicata e ”Assoil school”, la struttura di formazione di Assomineraria hanno firmato un accordo per integrare l’offerta didattica dell’Ateneo sulla base delle necessita’ del settore produttivo petrolifero e per mettere a disposizione Rettore-Mauro-Fiorentinodegli studenti dei corsi di perfezionamento nelle aziende e delle tesi di laurea. L’accordo e’ stato firmato dal rettore dell’Universita’, Mauro Fiorentino, e il presidente di Assoil school, Sergio Polito. Unibas riceve finanziamenti statali per 32 milioni di euro (con una riduzione di 4 milioni di euro negli ultimi anni), a cui si aggiungono i 10 milioni del finanziamento regionale e circa 4 milioni di euro di entrate per le tasse universitarie. In tutto 46 milioni di euro, 36 dei quali coprono i costi del personale. Potenza sede Università“Le azioni dell’Unibas – ha detto Fiorentino – sono sottoposte in maniera trasparente al sistema di valutazione nazionale. E noi siamo responsabilizzati al massimo e cerchiamo di fare bene confrontandoci con i parametri messi in campo dal Ministero. Con il piano dodicennale, che presenta fattori di internazionalizzazione, di diversificazione, di miglioramento dei servizi agli studenti, intendiamo inoltre dare impulso alle attività di ricerca”.  [Moira Bonino]

Caserta, arrestato sindacalista della Fiom (Cgil). Chiedeva tangenti per ammorbidire stato di agitazione. Espulso.

Angelo Spena FiomUna tangente di 20mila euro (in varie tranche) per ammorbidire lo stato di agitazione dei lavoratori, chiesta da un rappresentante sindacale della Fiom di Caserta a un imprenditore del settore nautico, con l’azienda in cassa integrazione: queste le accuse mosse dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nei confronti del sindacalista della Fiom Angelo Spena (foto), finito oggi agli arresti domiciliari. Spena, ex segretario provinciale della Fiom di Caserta, ricopriva la carica di funzionario del sindacato dei metalmeccanici e di componente del direttivo regionale campano della Fiom e della Cgil. Un fulmine a ciel sereno per il sindacato, che lo ha immediatamente sospeso in via cautelativa da ogni incarico, manifestando ”piena fiducia nell’operato della magistratura” e chiedendo che ”si faccia piena luce al piu’ presto sull’intera vicenda”. L’avvocato del sindacalista, Giuseppe Stellato (consigliere provinciale del Pd, ndr), raggiunto telefonicamente dall’ANSA, ha affermato che ”tutto verra’ chiarito nell’interrogatorio di garanzia a cui Spena sara’ sottoposto nei prossimi giorni”. ”L’ipotesi di reato, secondo noi – ha aggiunto l’avvocato – non sussiste in alcun modo; inoltre l’accusa poggia quasi esclusivamente sulla denuncia della parte offesa”. Le indagini condotte dalla Polizia di Stato, coordinate dal pm Gerardina Cozzolino, sono state avviate proprio partendo dalla denuncia della presunta vittima, titolare della Mano’ Marine, azienda con sede a Bagnoli e Gricignano d’Aversa (Caserta) che il Tribunale di Napoli ha dichiarato fallita il 24 ottobre scorso. L’imprenditore si e’ presentato il 25 settembre scorso al commissariato di Bagnoli dicendosi disperato per le continue richieste estorsive di Spena. Richieste a cui non poteva piu’ fare fronte. Agli investigatori ha mostrato i numerosi sms inviati dal sindacalista per chiedere il pagamento di una tangente di 5mila euro; il giorno dopo i poliziotti del commissariato di Bagnoli hanno intercettato una telefonata tra i due nella quale Spena chiedeva un incontro urgente per farsi consegnare la somma. Il sindacalista e’ stato cosi’ fermato dalla polizia al termine dell’incontro con l’imprenditore, avvenuto nella zona di Agnano, durante il quale ha intascato una presunta tangente di 3.450 euro. Questa mattina, nel corso della perquisizione nell’abitazione e nell’ufficio di Spena (all’interno della sede della Fiom-Cgil di Caserta, ndr), i poliziotti hanno trovato e sequestrato 16.000 euro in contanti, diversi orologi di cospicuo valore, materiale cartaceo e informatico ritenuto interessante, riferibile ai conti bancari di Spena e ai rapporti con alcune società. 

Scandalo tangenti a Roma, Alemanno: "Noi siamo estranei". Bando di gara per i Filobus fatto quando c'era Veltroni.

Alemanno in conferenza stampaNella Capitale più di qualcuno è disposto a giurare sulle “inchieste a orologeria” fatte detonare a ridosso delle elezioni. La presunta tangente di 600 mila euro raccontata ai magistrati dall’imprenditore Edoardo D’Incà Levis, mazzetta che avrebbe fatto da sfondo alla commessa da 20 milioni di euro per la fornitura di 45 bus alla Roma Metropolitane, società controllata dal Campidoglio, potrebbe essere stata pagata, ma prima che si insediasse Alemanno in Campidoglio. Il sindaco di Roma Capitale Gianni Alemanno torna a ribadire l’estraneità del Comune di Roma, sotto la sua amministrazione, rispetto alla vicenda degli appalti filobus. Dopo la conferenza stampa di ieri in cui il primo cittadino ha spiegato il funzionamento del bando e ha chiesto che non si infanghi la campagna elettorale per le comunali con la menzogna, sul suo blog ha pubblicato un documento dettagliato che spiega tutte le tappe della questione. “La nostra Amministrazione non può essere coinvolta in nessun modo nell’inchiesta filobus seguita dal Pm Paolo Ielo. Come già ho spiegato in conferenza stampa, i tempi in cui si sono svolti i fatti sono la riprova del fatto che la mia segreteria non avrebbe in alcun modo potuto influenzare la gara”, spiega Alemanno. Un tassello in più che prova, secondo il primo cittadino, “l’estraneità del Comune” dalla vicenda appalti. Ecco di seguito il testo riportato sul blog del sindaco Alemanno: “Il Bando è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 28 gennaio 2008. (il sindaco dell’epoca Walter Veltroni si dimise il 13 febbraio del 2008 per candidarsi alle elezioni politiche dell’aprile successivo, ndr). Il termine per la presentazione delle offerte era le ore 12 del 28 aprile 2008 (giorno in cui il sindaco Alemanno è stato eletto). La commissione è stata nominata il giorno stesso: nel pomeriggio del 28 aprile 2008 ed era formata da 5 membri scelti tra i tecnici interni a Roma Metropolitane.
LA COMMISSIONE
La Commissione venne scelta dall’allora presidente di Roma Metropolitane, Chicco Testa, ed era formata dagli ingegneri Luigi Napoli, Valter Di Mario, Marco Santucci e Francesco De Santis. Il presidente della Commissione era Federico Bortoli. La prima seduta pubblica della commissione è avvenuta nei primi dieci giorni di maggio. La seconda seduta è stata convocata per la terza decade maggio 2008. Alemanno è stato proclamato sindaco il 30 aprile e la Giunta si è insediata il 17 maggio. La valutazione tecnica, con l’apertura delle buste, è avvenuta tra maggio e ottobre 2008. In quel periodo sono state anche effettuate le verifiche di rito sulle società partecipanti. E’ stata quindi stilata una prima classifica sui requisiti tecnici. A inizio novembre 2008 sono state aperte in seduta pubblica le buste con l’offerta economica. Dunque durante la valutazione dell’offerta tecnica non si conosceva quella economica. L’aggiudicazione della gara è avvenuta il 20 novembre 2008.
LA GARA
Si trattava di una gara a corpo (per un valore totale di 107.054.312, 52 euro) che comprendeva cioè sia la realizzazione dell’infrastruttura che la realizzazione dei filobus. Ad aggiudicarsi l’appalto è stata la ATI De Sanctis Costruzioni S.p.A. – Monaco S.p.A. – Azienda Trasporti Milanese S.p.A. – CIEG Engineering S.r.l..Ai fini della valutazione delle offerte tutte le società partecipanti alla gara hanno presentato una richiesta di subappalto per la produzione di filobus, cosa peraltro prevista nel disciplinare di gara. Va quindi evidenziato che durante la fase di valutazione dell’offerta non si conosceva il costruttore di filobus. In fase di offerta è stata quindi presentata una tecnica prestazionale e una economica. Nel luglio 2009, dopo l’aggiudicazione della gara, è sta fatta la richiesta di subappalto alla Breda-Menarini. E l’autorizzazione da parte di Roma Metropolitane arriva nel mese di ottobre.
I LAVORI
L’appalto prevedeva la realizzazione di due corridoi: Laurentina fino a Tor Pagnotta e Colombo fino a Tor de’ Cenci. Per la Laurentina i lavori sono in uno stato decisamente avanzato e prevedono, fra l’altro, il potenziamento del deposito di Tor Pagnotta dove allocare i nuovi filobus. Il corridoio dovrebbe essere completato per agosto/settembre prossimi. Per quanto riguarda il corridoio della Colombo in questi giorni Roma Metropolitane sta varando la progettazione esecutiva.
I FILOBUS
Dei 45 filobus previsti nella fornitura, 31 sono stati completati dal costruttore Breda Menarini. Questi 31 mezzi sono già stati parzialmente collaudati a Bologna, ma ancora non sono stati fatti pervenire a Roma perché si è in attesa del deposito che dovrebbe essere pronto prima dell’estate. Una volta arrivati concluderanno il ciclo di prove e verranno quindi messi su strada. Gli altri 14 sono in fase di costruzione.
Si tratta di mezzi assolutamente all’avanguardia con grandissime prestazioni, i migliori in Europa. Sono filobus bimodali in grado di circolare normalmente con l’elettricità, ma che sono dotati di un equipaggiamento diesel e in grado di prodursi da soli l’energia per circolare.

Tragedia in Brasile. Incendio in discoteca: oltre 230 persone

Tragedia incendio discoteca in Brasile. 250 mortiE’ di oltre 250 morti e circa duecento feriti il bilancio dell’incendio che la notte scorsa ha distrutto una discoteca nel sud del Brasile, a Santa Maria, un importante polo universitario 300 km a ovest di Porto Alegre, capitale dello Stato di Rio Grande do Sul. La tragedia, in cui sono morti giovani e giovanissimi, è avvenuta alle 2 del mattino (le 5  in Italia) al Kiss, un nightclub sempre affollato, che al momento dell’incendio – secondo le prime informazioni – ospitava circa 2.000 persone.

Un primo bilancio di 245 morti è stato rivisto dai soccorritori al termine di un nuovo conteggio, ma ancora non esiste una lista ufficiale dei morti e dei feriti. In base alle prime informazioni, la maggioranza dei corpi riconosciuti appartengono a vittime di sesso maschile, grazie alle carte di identità ritrovate insieme ai cadaveri, assenti nel caso delle ragazze, che più frequentemente lasciano nelle borse i loro documenti di riconoscimento. Ieri al Kiss era in programma l’esibizione di due gruppi musicali locali – Pimenta e Seus Comparsas e Gurizada Fandangueira – ed un’esibizione pirotecnica, che sarebbe stata la causa della carneficina.

Secondo le prime ricostruzioni della polizia locale, infatti, un bengala sparato durante lo spettacolo con fuochi d’artificio ha colpito il soffitto della discoteca, appiccando le fiamme a un materiale di plastica usato per l’isolamento acustico e seminando il panico nel pubblico. Le fiamme, violentissime, sono state domate dai vigili del fuoco solo dopo tre ore: secondo la stampa, il locale che poteva ospitare non più di 1000 persone, aveva solo un ingresso, fra l’altro chiuso per timore che la gente non pagasse,  ed i pompieri hanno dovuto aprire buchi nelle pareti per poter intervenire.

La maggior parte delle vittime – il bilancio di almeno 231 è stato riferito da Tv Globo – è morta per asfissia o travolta dalla folla che cercava di fuggire dal locale: le prime foto della tragedia, riprese con cellulari, mostrano immagini impressionanti di corpi di giovani stesi per terra dai pompieri fuori dalla discoteca. I morti e le decine di feriti sono stati portati nel Centro Sportivo Municipale, dove è stato allestito un obitorio di emergenza, e vari ospedali di Santa Maria, mentre il governatore di Rio Grande do Sul – Tarso Genro – ha assicurato che “stiamo prendendo tutte le misure necessarie”.

Da parte sua, la presidente Dilma Rousseff ha garantito da Santiago del Cile che il governo “darà tutta l’assistenza necessaria” alle autorità locali per affrontare la tragedia. L’incendio della discoteca Kiss ricorda, per la sua dinamica, quello di Republica Cromagnon, un locale notturno di Buenos Aires nel quale 194 persone sono morte e altre 1.432 sono rimaste ferite in un incendio divampato il 30 dicembre 2004, a causa dell’uso di materiale pirotecnico all’interno del locale e delle misure di sicurezza insufficienti.

“Uno scenario spaventoso”. Così il maggiore Cleberson Braida Bastianello, comandante del Battaglione operazioni speciali (Boe), ha descritto a una tv locale la tragedia occorsa questa notte nella discoteca ‘Kiss’ di Santa Maria, nel sud del Brasile. Oltre ai 231 morti confermati finora, l’ufficiale ha reso noto che vi sono almeno 48 feriti ricoverati in ospedale. Secondo il maggiore, il fumo diffusosi nel locale a seguito dell’incendio ha “reso difficile la fuga” dei presenti. Le forze dell’ordine stanno ancora cercando di capire quante persone stavano dentro il nightclub al momento del rogo: si ritiene che il numero superasse quello massimo consentito. La stampa brasiliana ha inoltre riferito che nella discoteca erano in programma due concerti. Testimoni hanno detto che il cantante di una banda avrebbe lanciato un razzo pirotecnico che ha poi raggiunto il tetto incendiandolo.

La discoteca Kiss non aveva le carte in regola con le autorità municipali, ha detto oggi il responsabile dei pompieri di Santa Maria, Moises Fuchs. “Il permesso per funzionare era scaduto dall’agosto del 2012, perché nel locale bisognava fare lavori per cambiare la segnaletica interna ed aprire un’uscita d’emergenza”, ha detto Fuchs in un’intervista alla radio Jovem Pam. Il responsabile dei vigili del fuoco ha confermato che la maggior parte delle vittime è morto per intossicazione, segnalando che “molti sembrano aver confuso il cartello dell’uscita con quello del bagno: nei gabinetti abbiamo trovato decine di cadaveri”. Inoltre, secondo alcune testimonianze di sopravissuti raccolte dai media locali, i buttafuori del Kiss avrebbero bloccato l’apertura della porta di uscita del locale, per evitare che entrasse gente senza pagare.

Secondo incidente più grave per morti – L’incendio occorso la notte scorsa nella discoteca ‘Kiss’ di Santa Maria, nel sud del Brasile, è il secondo più grave registrato nel Paese sudamericano per proporzioni e numero di vittime. Nella memoria dei brasiliani è ancora scolpita la tragedia del circo ‘Norte-Americano’, il 17 dicembre 1961, a Niteroi, nella regione metropolitana di Rio de Janeiro. In quella occasione, un rogo doloso provocò la morte nel locale di 372 persone, tra i tremila spettatori presenti. Il numero delle vittime salì nelle ore successive a 503, per il 70% bambini. Quanto alle stragi avvenute in modo specifico in discoteca, nel dopoguerra, al mondo, si conta un solo caso con un numero di vittime superiore a quello registrato – finora – a Santa Maria: in Cina, il 25 dicembre 2000, quando i morti censiti furono alla fine 309.

Verifiche della Farnesina sulla presenza di italiani – L’Unità di crisi del ministero degli Esteri sta verificando – attraverso il console generale a Porto Alegre Augusto Vaccaro e in contatto con le autorità locali – l’eventuale presenza di italiani nella discoteca di Santa Maria, in Brasile, dove nella notte è scoppiato un incendio.

Presidente Rousseff: Siamo uniti – “Siamo tutti uniti nella tragedia e, necessariamente, supereremo questo momento”: lo ha detto la presidente del Brasile, Dilma Rousseff, riferendosi all’incendio in una discoteca di Santa Maria, nel sud del Paese, che la notte scorsa ha provocato la morte di almeno 231 persone. Il capo di Stato tratteneva a stento le lacrime. Da parte sua, l’ex presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, ha espresso “solidarietà agli amici e ai parenti” delle vittime.

Parla Giuseppe Scopelliti, il governatore che tutti volevano a Roma. Pronto un rimpasto, e nel 2015 (forse) si ricandida.

Giuseppe Scopelliti
Giuseppe Scopelliti

E’ rimasto in Calabria con buona pace dei suoi “avversari” che volevano lasciasse la regione. Nella preparazione delle liste ha dovuto «subìre» la candidatura di Domenico Scilipoti. Lui incassa il «colpo» ribadendo sia stato un «regalo» di Denis Verdini. Una scelta scellerata aveva detto a caldo. Ma lo accoglie comunque perché la campagna elettorale è già cominciata. Dopotutto, il Mimmo nazionale, «non è il peggiore». I più maliziosi nel Pdl sospettano sia stata una «mossa romana» per far perdere terreno ad un partito «sano è vincente, esempio per molte regioni». Ma lui, Giuseppe Scopelliti, è il coordinatore del Pdl. Non ha tempo per sbirciare nei “rumors”. Non pensa a queste cose. E’ realista. Sta coi piedi per terra e tiene ben saldi i rapporti con Roma, con Berlusconi, Alfano e i coordinatori nazionali. Conosce bene la diplomazia della politica. In questa intervista a SecondoPianoNews.com spiega che «in un grande partito possono succedere queste cose», del resto il Pd in Calabria «ha calato la Bindi». Scopelliti afferma che rimarrà al coordinamento regionale del partito, probabilmente farà un rimpasto in giunta: «Qualcosa ho in mente», dice. E sul futuro spiazza tutti facendo intendere una sua ricandidatura alla regione nel 2015, poiché, spiega, «per essere incisivi e fare le riforme servono due legislature».

Presidente Scopelliti, quando tutte le indiscrezioni la davano in “partenza” per Roma alla fine è rimasto in Calabria…
«Sento di essere coerente. L’avevo detto e ho rispettato l’impegno, non scappo mai. Lo testimonia la mia storia politica. La mia volontà è stata sempre quella di rimanere in Calabria, completare la legislatura e dare una mano a questa terra. [quote style=”boxed”]Non scappo mai. Lo avevo detto e ho mantenuto l’impegno, nonostante le “pressioni per candidarmi”[/quote] L’ho ribadito anche a Roma nonostante le pressioni ricevute per candidarmi. Mi dispiace per Rosi Bindi che sognava andassi a Roma per lasciare la Calabria nelle sue mani e dell’onorevole Minniti».
Anche Tonino Gentile ha fatto di tutto per farla candidare…
«Ringrazio il senatore Gentile che lo ha fatto con propositi costruttivi e di rafforzamento delle liste».
Le avevano proposto di correre con “Grande Sud” di Micciché…
«Si, ma assieme ad altri governatori abbiamo rifiutato l’offerta. Abbiamo dato ottimi candidati come Sarra e Bilardi capilista e altre persone di qualità. Ma ovviamente siamo in campagna elettorale per il Pdl che deve mostrare una forza superiore al Pd. Soprattutto dopo la riconferma di Sergio Abramo sindaco di Catanzaro che sancisce una volta per tutte la volontà degli elettori. Il Pd se ne faccia una ragione».
Guardando le liste un po’ in tutta Italia sembra sia scomparsa l’area degli ex An. Che sta succedendo?
«Le posso dire che in Calabria non è così. Non bisogna ragionare con la logica delle quote, col famoso 70-30. [quote style=”boxed”]Area ex An scomparsa? In Calabria non è così. Poi non dobbiamo ragionare col principio delle “quote”, siamo un unico partito[/quote] Dobbiamo sforzarci di superarla questa logica e fonderci nell’idea di un progetto comune che interessa non piccole o grandi componenti, ma il destino politico ed economico dell’intero Paese».
La componente di Gasparri cui lei fa riferimento sembra indebolita rispetto al passato. E’ come se l’ex ministro fosse isolato dal Cavaliere…
«Dalle mie informazioni non è affatto così. Gasparri è un uomo politico stimato in tutta Italia, dentro e fuori il partito, e anche da Berlusconi che lo reputa un politico di primissimo piano. Io sono amico fraterno di Gasparri e con lui ho condiviso un percorso politico che ci ha fatto raggiungere grandi traguardi. Ora guardiamo avanti sempre con quell’incipit di comunanza che dicevo prima con la guida di un uomo capace come Angelino Alfano e sotto lo sguardo lungimirante di Silvio Berlusconi».So che non ha digerito la candidatura di Scilipoti. Roma poteva evitare, non crede?
«Guardi, questa candidatura l’abbiamo contrastata fino all’ultimo. Ho già detto che è stato un “regalo” dell’onorevole Verdini che non ha avuto compito facile nel gestire le liste di tutto il paese, tra dissapori e contrasti di tutti i tipi. Ma poi Scilipoti non è il peggiore. [quote style=”boxed”]Scilipoti? E’ stato un regalo dell’on. Verdini. Dopotutto non è il peggiore. E’ il solo non calabrese  dopo Silvio. Abbiamo candidati di qualità[/quote] Abbiamo comunque candidati giovani e di qualità, pensi a Rosanna Scopelliti al Professor D’Ascola e tanti altri. Dicevo che il nostro è un grande partito che per vocazione ascolta tutti e arriva a sintesi per realizzare un grande progetto politico che è quello di modernizzare il paese, valorizzare il Mezzogiorno e produrre grandi idee per lo sviluppo dell’Europa e del Mediterraneo».
La base e gli elettori sono un po’ “confusi” e “delusi” per scelte calate dall’alto.
«Vada a guardare nelle altre regioni. Anche ciò che hanno fatto la sinistra in Calabria. Rosi Bindi, D’Attorre e altri. Per fortuna siamo una delle regioni del Sud che ha riferimenti politici di qualità e una forte autonomia politica. Su questo gli elettori possono stare sicuri. Guarderei più al fatto che su entrambe le nostre liste, Camera e Senato, l’unico non calabrese è Scilipoti, oltre ovviamente a Berlusconi che è capolista al Senato in tutte le regioni. Nel Pd e in altri partiti di sinistra a leggere i nomi dei candidati sembra essere peggio».
L’ex sindaco di Reggio Calabria Demetrio Arena al settimo posto al Senato, Traversa escluso, Dima al sesto posto…
«Per quanto riguarda Demi Arena, è un settimo posto che potrebbe diventare il sesto se dovessimo vincere bene, dal momento che il Presidente Berlusconi opterà per altra regione. Arena è una persona perbene e un politico capace che vogliamo valorizzare comunque vadano le cose. Michele Traversa ha detto  che continuerà il suo impegno in altri ruoli, mettendosi ancora una volta a disposizione del Pdl e Giovanni Dima è in una posizione comunque utile per essere rieletto».
A Crotone ci sono fibrillazioni per la Bianchi…
«In tutta Italia ci sono state fibrillazioni. Succedono nei piccoli partiti immagini in quelli grandi come il nostro».
Con quale spirito affronterete la campagna elettorale?
«Con lo spirito di sempre. Combattivi e con maggiore impulso, poiché il riscatto del Paese dopo la parentesi montiana, come dicevo prima deve partire dal Mezzogiorno. Ecco perché è importante profondere ogni sforzo per raggiungere il massimo risultato alle prossime elezioni. [quote style=”boxed”]Serve l’impegno corale di tutti per non consegnare il Paese a una sinistra che ha governato a lungo ed è ancora assetata di potere[/quote] Al contrario, consegneremmo l’Italia ad un gruppo dirigente di sinistra che ha governato quasi dieci anni degli ultimi venti ed è ancora lì, assetata di potere. Il centrosinistra da sempre è a capo di grandi centri  di potere, amministra il governo locale che poi fa la differenza in tutte le elezioni. In Calabria grazie al nostro impegno questo trend l’abbiamo invertito conquistando la fiducia dei cittadini in numerosi comuni».
Resterà al coordinamento regionale del Pdl?
«Al momento si. non è facile guidare un partito come il nostro. Ma lo faccio con passione e dedizione politica. In futuro si vedrà».
Alcuni candidati hanno posizioni di responsabilità nella sua giunta. Se eletti, pensa di fare un rimpasto?
«Qualcosa ho in mente, ma dobbiamo attendere gli esiti delle elezioni. Certo, tutto sarà condiviso con le forze politiche che sostengono la mia maggioranza. Se faremo cambiamenti guarderemo come sempre agli interessi dei territori e dei cittadini».
Un’ultima cosa. Se ha rifiutato uno scranno in Parlamento che intende fare, ricandidarsi alla Regione nel 2015?
«Dico sempre che non è facile amministrare una regione del Sud. Premesso questo, penso ci sia il tempo necessario per valutare un ulteriore impegno per la mia terra. Ho comunque sempre detto che per incidere profondamente e fare le riforme servono due legislature».

Scandalo Mps. Governo contro Bankitalia. Grilli: "Sapevamo". Ma se sapevano perché non sono intervenuti?

Giuseppe Mussari e la sua lettera di dimissioni dall'ABI
Giuseppe Mussari e la sua lettera di dimissioni dall’ABI

La bomba dei derivati è esplosa. Le dimissioni di Giuseppe Mussari dall’Abi svelano tutto l’imbroglio delle banche ai danni dello Stato. Il Monte dei Paschi di Siena truccava i bilanci e per questo (e non solo) ha ricevuto 3.9 miliardi di euro di fondi pubblici per essere salvata. Il governo tecnico guidato da Monti ha imposto la tassa sulla prima casa (l’Imu) ricavando la stessa cifra  “regalata” al Mps che aveva in cassaforte circa 650 miliardi di dollari di derivati. Cinque, sei volte il Pil del Pianeta. Assurdo.

Sorge legittimo il sospetto di una grande “concertazione” internazionale per rubare ai cittadini risorse che ora devono pagare con gli interessi grazie al governo tecnico amico dei banchieri. stupisce il silenzio di Napolitano (regista del governo tecnico), poi quello del ministro banchiere Passera. Tutti sapevano degli effetti devastanti di questa formula di alchimia monetaria con cui un euro di debito diventava 100 di attivo, ma di soldi virtuali, inesistenti. Numeri. che volano da un computer all’altro delle borse mondiali. Truccavano i bilanci e spillavano soldi pubblici, però. Con la complicità delle banche d’affari, delle cosiddette agenzie di rating che davano a loro discrezione le pagelle a tripla A a queste banche piuttosto che a quei paesi. Intanto incidevano nei mercati, portando in portafogli titoli gonfi d’aria, e sfiancavano l’economia reale. La Lehman Brothers è fallita per queste ragioni.

E’ ancora fresca l’immagine dei dipendenti licenziati uscire con gli scatoloni dalla sede di  New York. Hanno bruciato tutto senza che dal fuoco rimanesse cenere. Dal fallimento della Lehman stiamo ancora pagando le conseguenze di una crisi mondiale senza precedenti. Di più. Le banche hanno provocato la crisi e i popoli hanno dovuto risarcirle pure. Hanno condotto  operazioni di “logoramento” che hanno portato i banchieri ai vertici stessi degli Stati messi in crisi dalla speculazione sui debiti sovrani. Delle bolle dei derivati tutti sapevano, dalla politica ai banchieri, dai faccendieri ai colletti bianchi amici dei banchieri. Sapevano il Pdl di Berlusconi e il Pd di D’Alema e Bersani, fino a Casini, Di Pietro e tanti altri. Coi derivati hanno affossato i paesi europei. L’Italia. Gli enti locali, Conoscevano i rischi e nonostante questo suggerivano o imponevano le nomine a comuni e regioni di consulenti di banche d’affari  senza scrupoli. Unico obiettivo: gonfiare il portafogli.

Che poi ci fosse un sistema collaudato e regolato dal “Do ut des” , le cosiddette “mazzette” è ancora presto per saperlo. Il copione poteva essere più o meno così: “Dai, fidati. Se hai problemi di bilancio in comune o alla regione nomina tizio o caio e stipula contratti “Derivati” con questa o quella banca d’affari. Che ti frega. Intanto risolvi il problema tuo oggi e ti fai bello con i tuoi elettori. Domani le rogne e i debiti alimentati da tassi usurai saranno ripagati dalle giovani generazioni”. Bell’affare. Intanto i consulenti delle banche per “spalmare” i debiti sul futuro dei più giovani percepivano ingentissime parcelle, poi succedeva che questi derivati rigonfiati a dismisura venissero rivenduti sui mercati finanziari, dove si alimentano avvoltoi e speculatori d’ogni specie. Oggi è scoppiato lo scandalo Monte dei Paschi di Siena, che ai più viene in mente per la pubblicità della buonanima di Luciano Pavarotti.

L’ex ad Giuseppe Mussari si è dimesso dall’Abi, potentissima associazione dei bancari italiani. Si è accorto che qualcosa di grosso stesse per succedere e infatti in una lettere ha spiegato il motivo delle sue dimissioni. Palazzo Chigi interviene con il ministro dell’Economia Grilli che da Torino afferma che “La situazione di Mps non è una novità, non è un fulmine a ciel sereno. Conoscevamo le sue problematicità già da un anno. Non ho evidenza di problemi in altre banche. Sui controlli dico solo che sono di competenza di Banca d’Italia”. Agli osservatori non sfugge un dettaglio, visto che siamo in tema di lettere e letterine mandate e ricevute tra governi e banche. Non è ben chiara una cosa: E’ vero che la competenza è della Banca d’Italia (che poi è una Spa privata), ma se il ministro Grilli e il governo Monti-Passera (che da potente banchiere sta in silenzio) conoscevano la grave situazione del Mps perché non sono intervenuti in tempo su Visco e Bankitalia? Appare facile scaricare oggi le responsabilità sulla Banca d’Italia. Se la “corrispondenza” il governo l’accetta con piacere dalla Bce non potevano fare altrettanto con Bankitalia mettendoli in guardia sui rischi, visto che “sapevano”?

Nel frattempo, l’azionista del Mps Beppe Grillo, parteciperà all’Assemblea straordinaria degli azionisti del Monte dei Paschi di Siena. Lo conferma in una nota lo staff del leader del Movimento 5 Stelle.

Monti con Grilli
Grilli con Monti “Sapevamo”. Ma non sono intervenuti su Bankitalia

Intanto a piazza Affari, a Milano, il titolo Mps cede il 7,01% a 0,23 euro, con oltre 485 milioni di euro passati di mano, pari al 4,15% del capitale dell’istituto senese. Ieri era emerso che i vertici della banca avevano omesso alla Banca d’Italia i documenti dello scandalo. Al tempo stesso l’istituto aveva precisato, per la prima volta, che la richiesta dei 500 milioni di Monti bond in più (per un totale di 3,9 miliardi) effettuata a fine novembre è legata alle perdite addizionali sul portafoglio titoli (3,2 miliardi a fine settembre 2012).

Secondo gli analisti di Equita sim, quindi, “il beneficio della riduzione degli spread a fine anno non sarà più di un miliardo ma solo di 500 milioni”. Oggi, intanto è previsto un Cda della banca che non dovrebbe esaminare il portafoglio titoli, mentre la Consob a stretto giro sentirà collegio sindacale e revisori oltre ad essere in contatto costante con i vertici della banca. Domani invece è in agenda l’assemblea straordinaria con all’ordine del giorno il via libera al cda per l’emissione dei Monti Bond, di cui 1,9 finalizzati alla sostituzione dei Tremonti Bond del 2009.

LE REAZIONI
Berlusconi, Banca cui voglio bene, mi concesse mutui – “Io ho un legame particolare con Monte dei Paschi perché grazie a loro potei costruire Milano due e Milano 3, il legame era tale per cui risultai come l’unica società con cui la banca concedeva mutui premiando la mia puntualità nei pagamenti. E’ un istituzione cui voglio bene”. Lo afferma Silvio Berlusconi, ospite di ’28 minuti’ su Radio 2.
Bersani, Maroni ricordi Credit Nord – “A Maroni che ha parlato a nome della Lega dico solo una parola: Credit Nord”, la banca legata al Carroccio salvata nel recente passato. Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, intervenuto ad “Agorà” su Raitre, a proposito delle polemica su Mps.
Fini, Governo farebbe bene a riferire in Parlamento – “Siamo in campagna elettorale e tutto fa brodo, ma la questione è drammaticamente seria. E’ vero che il governo Monti ha stanziato 3,9 miliardi a sostegno dell’Mps ma il primo governo a farlo fu quello di Berlusconi con i Tremonti Bonds”. Così Gianfranco Fini a ‘Omnibus’, La7. “Non si tratta di denaro a fondo perduto e la questione non riguarda solo l’Italia ma credo che il governo Monti farebbe bene a riferire subito in Parlamento, anche se è sciolto, e in Commissione, su questa vicenda che deve far riflettere”.
D’Alema, il sindaco di Siena non è il Pd  – “L’amministrazione comunale di Siena certamente, essendo parte della fondazione Monte dei Paschi, si occupa del Monte dei Paschi, è naturale sia così, questo è il suo compito. Nel senso che la proprietà è posseduta da una fondazione di cui sono soci gli enti locali. In questo non c’é nulla di scandaloso. Il PD non si è mai occupato del Monte dei Paschi. Il sindaco non è il PD, è eletto dal popolo, è un’istituzione, non c’é nulla di scandaloso e strabiliante”. Così Massimo D’Alema, intervenuto a RTL 102.5, ha risposto alla domanda se si fosse arrabbiato quando ha sentito ieri sera Renzi parlare di responsabilità indiretta. “Mentre il PD non si è mai occupato del MPS, il sindaco se ne è occupato e in particolare il sindaco Ceccuzzi è stato quello che ha chiesto oltre un anno fa un ricambio totale al vertice della banca e lo ha fatto anche sfidando alle resistenze che lo hanno portato alle dimissioni. Sono i fatti, non vedo perché ci si debba arrabbiare”, ha concluso. E alla domanda se il rapporto tra lui e Renzi resti complicato: “Assolutamente no, ognuno fa il suo lavoro. Non abbiamo occasioni frequenti per incontrarci. Io ho espresso un sincero apprezzamento per il modo in cui Renzi, dopo le primarie, sta dando una mano a Bersani e al nostro partito nella sfida elettorale. E’ molto apprezzabile tutto questo”.
Adusbef, pronti esposti contro Bankitalia e Consob – Adusbef annuncia esposti-denunce alla magistratura contro Banca d’Italia e Consob per la vicenda dei derivati di Mps. E’ quanto si legge in una nota dove punta il dito contro “la Banca d’Italia, che dispone di un esercito di 7.500 dipendenti e di un ufficio di vigilanza di prim’ordine diretto fino a poco tempo fa dalla signora Anna Maria Tarantola” e la Consob. Adusbef insiste poi “sulla favoletta raccontata da Bankitalia, che ieri oltre ad aver dichiarato la propria inutilità nell’ammettere di essere stata ingannata da una banca ha il dovere di vigilare anche con strumenti ispettivi, valutando la corretta apposizione delle poste contabili nei bilanci per prevenire crack, dissesti ed abusi nella delicata gestione del credito e del risparmio, senza ingannare a sua volta con cortine fumogene e comunicati poco credibili”. L’associazione, che giudica “poco credibile la storiella dei ‘documenti nascosti'” affermata da Via Nazionale, presenterà esposti denunce alle Procure della Repubblica, “chiedendo di valutare negligenze, connivenze, omessa vigilanza e responsabilità dirette di Bankitalia e Consob”.
Bankitalia: Mps nascose documenti – “La vera natura di alcune operazioni riguardanti il Monte dei Paschi di Siena riportate dalla stampa –   afferma la Banca d’Italia in una nota – é emersa solo di recente, a seguito del rinvenimento di documenti tenuti celati all’Autorità di Vigilanza e portati alla luce dalla nuova dirigenza di Mps”.

Condannato un deputato candidato in Campania

E’ stato condannato a tre anni e tre mesi di reclusione con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Per cui se dovesse essere eletto al Senato con la lista Grande Sud, l’imprenditore G.S, campano, ex Pdl passato poi nel gruppo misto, non può entrare a Palazzo Madama se la Cassazione dovesse confermare la condanna.

Il tribunale di Milano lo ha condannato per bancarotta fraudolenta nell’ambito del crack del gruppo turistico Buon Viaggio. Il pm aveva chiesto una condanna a quattro anni. L’imprenditore, ex presidente di una squadra di calcio e imprenditore nel settore alberghiero, è stato inoltre condannato a 10 anni di interdizione dall’esercizio delle imprese, oltre, appunto, a cinque anni di interdizione dalla pubblica amministrazione nonché al pagamento di 4,3 milioni alla curatela della società, che si era costituita parte civile nel procedimento. La società Buon Viaggio era fallita nel marzo 2010.

“Al momento  – scrive l’agenzia Reuters – non è stato possibile raggiungere il legale dell’interessato per un commento. Il nome dell’imprenditore era comparso l’anno scorso a febbraio anche in un’altra inchiesta in Calabria per frode fiscale che aveva portato al sequestro di beni per 2,5 milioni di euro. Ma dopo qualche settimana però il Gip del tribunale di Lamezia Terme, non aveva convalidato il sequestro dei beni. Il deputato era stato indagato in qualità di legale rappresentante pro tempore della società Temesa, proprietaria di un albergo a Nocera Terinese in provincia di Catanzaro.

Insieme a lui erano state indagate altre tre persone che si erano succedute nel tempo nell’amministrazione della società. L’accusa era per falsa fatturazione per operazioni in tutto o in parte inesistenti, emesse da società compiacenti, tra le quali anche una di diritto olandese.

Per gli investigatori della Finanza gli indagati avrebbero evaso imposte sui redditi ed Iva per 1,4 milioni di euro ed avrebbero beneficiato indebitamente di rimborsi Iva per più di 500 mila euro.  L’imprenditore, scrive il Fatto, “era stato protagonista anche di un addio alla maggioranza quando era in quota gruppo dei Responsabili poi Popolo e Territorio nel settembre del 2011. Sembrava pronto ad approdare al gruppo di Futuro e Libertà di Gianfranco Fini. Il deputato campano dopo aver incontrato l’allora coordinatore del Pdl in Campania Nicola Cosentino aveva deciso di rimanere nelle file della maggioranza”.

Articolo modificato

Corona catturato a Lisbona seguendo il Gps della sua auto.

Fabrizio Corona catturato a LisbonaQuando la tecnologia fa “miracoli”. Fabrizio Corona sarebbe stato individuato grazie al Gps dell’antifurto della sua auto. E’ quanto emerge dalle prime ricostruzioni sulla sua breve fuga finita in Portogallo.

La fuga diventa un giallo – Dopo quattro giorni di latitanza, il fotografo dei vip si sarebbe consegnato alla polizia portoghese a Lisbona, in una stazione metro. Per la verità, scrive l’Agi, c’è un piccolo giallo sulla fine della fuga: Corona fa sapere di essersi costituito, mentre fonti giudiziarie torinesi dicono che l’uomo, che venerdì scorso si è visto confermare in via definitiva dalla Cassazione la condanna a 5 anni di reclusione per l’estorsione nei confronti del calciatore David Trezeguet, è stato fermato prima che si costituisse. Corona risultava in Portogallo da tre giorni, dove si trovava a Cascais, e lì è stato individuato dalla polizia grazie al Gps dell’antifurto della sua auto.

Il fermo e la verità di Corona – Al fermo di Corona, oltre agli uomini della Squadra mobile di Milano, ha partecipato l’Interpol e la polizia portoghese. “Non sono fuggito, me ne sono andato dall’Italia perchè turbato da una sentenza ingiusta e perchè temo per la mia vita nelle carceri italiane”. E’ quanto ha detto Corona al suo legale, l’avvocato Nadia Alecci. “Mi sono costituito spontaneamente”, ha aggiunto, “e ho preferito raggiungere Lisbona e venire a costituirmi qua”. Corona è trattenuto presso gli uffici della Polizia giudiziaria di Lisbona, in attesa dell’udienza davanti al ‘Tribunal da relacao’ domani alle 10, come fa sapere la Questura di Milano.

Fuga senza soldi – Al momento della consegna, si precisa, Corona non aveva soldi ne’ documenti, indossava un paio di jeans, felpa grigia con cappuccio, una sciarpa in lana marrone e un paio di occhiali neri. Aveva con se’ una borsa da palestra con all’interno la tuta e le scarpe da tennis con cui era fuggito. Ora sono in corso valutazioni circa la posizione delle 5-6 persone che tra l’Italia e l’estero hanno favorito la latitanza di Corona rendendosi responsabili del reato di procurata inosservanza di pena.

Il retroscena – Stando a quanto si è appreso in ambienti investigativi, l’ex ‘fotografo dei vip’ dopo essere stato in palestra a Milano, nel primo pomeriggio di venerdi’ si è recato in auto in Emilia Romagna a casa di amici e qui si e’ fermato per qualche ora aspettando la pronuncia della Cassazione. Preso atto del verdetto, Corona si e’ diretto verso Milano con un amico, ma non è rientrato in citta’ e ha preso la via della Francia, evitando le autostrade. Da li’ poi in Spagna, dove Corona si e’ separato dall’amico che gli ha lasciato l’auto con cui il fotografo e’ quindi arrivato a Lisbona. Il compagno di fuga e’ invece rientrato a Milano domenica pomeriggio in treno. E nel capoluogo lombardo e’ stato fermato e interrogato dalle forze dell’ordine. Gli uomini della squadra mobile gia’ da sabato sapevano che Corona si trovava in Portogallo e, attraverso moltissime testimonianze, le intercettazioni telefoniche e la cooperazione con la polizia lusitana, sono riusciti a rintracciare l’ex ‘fotografo dei vip’. Lunedi’ hanno quindi chiesto all’ufficiale di collegamento italiano in Spagna di andare a Lisbona dove sono arrivati anche due agenti della squadra mobile di Milano che hanno effettuato perquisizioni nella notte. Poi l’epilogo della vicenda, con Corona – pare in lacrime, ma lui smentisce questo particolare – che si è consegnato alle autorità.

Tutto comincia a Potenza – La storia giudiziaria di Corona, scrive il giornalista Paride Leporace sull’Huffington Post, (che in qualità di direttore del Quotidiano della Basilicata ha seguito da vicino la vicenda) «ha origine a Potenza, capoluogo della Basilicata e città estranea alle luci della ribalta del gossip e della società spettacolo. Ma qui nel 2007 esercitava l’azione giudiziaria il pm anglonapoletano Henry John Woodcock, figlio di un professore universitario inglese e di un’insegnante partenopea, che pochi mesi prima aveva già fatto arrestare Vittorio Emanuele di Savoia. E proprio nelle pieghe di quell’inchiesta il magistrato mette l’orecchio sulle conversazioni del paparazzo più celebre d¹Italia.

E’ l’11 marzo del 2007 quando Woodcock può mandare la polizia giudiziaria a far arrestare il Palestrato titolare d’agenzia con l’accusa di estorsione, associazione a delinquere, induzione alla prostituzione. Nelle 300 pagine dell’ordinanza è finito tutto quel generone cafonal e vippaiolo che passerà alla storia con l’epigrafe di Vallettopoli. La paparazzata come ricatto: abbiamo le foto ma possiamo non pubblicarle. E’ coinvolta la moglie dell’epoca, Nina Moric. Insieme a Fabrizio arrestano anche Riccardo Schicchi, recentemente scomparso. Lele Mora, in prima battuta, ha soli il divieto d’espatrio, poi arriveranno altri guai (segue)».

La vendetta di Cosentino. Da Repubblica «Sono schifato da lui»

Nicola Cosentino a casa
Nicola Cosentino nella sua casa (foto Repubblica)

All’indomani del suo defenestramento dalle liste, Nicola Cosentino lancia strali contro Berlusconi  e dalle colonne di Repubblica afferma che “Mi sta cercando da ore, Berlusconi. Lascia messaggi. Ma non rispondo. Sono schifato, si è svenduto tutta la sua cultura garantista per un pugno di voti leghisti. Ma io non muovo un dito per questa campagna. E’ Una delusione enorme”., ammette l’ex sottosegretario di Casal di Principe che dopo aver spiegato in conferenza stampa le sue ragioni oggi, dice di più.

“Era tutto premeditato? Prima mi chiedono di dare il sangue, fare le liste migliori, allenare la squadra, essere pronti alla battaglia, poi zac, ti pugnalano l’allenatore. Sono stato bersaglio di un gioco delle parti, tra più parti – si sfoga l’ex coordinatore regionale Pdl in Campania – Ora mi difenderò bene nei processi, e mi vergogno di dire che non ho ancora letto con attenzione i miei atti (anche perché ho due avvocati di spessore), tanto mi fanno ridere questi pentiti”. Cosentino straripa e a Conchita Sannino di Repubblica, tra un sorso di caffè e un altro parla dei rifiuti e di Noemi Letizia. “Io ho sempre risolto problemi, ma non ne ho mai creati al Pdl.

Faticai tanto a convincere il sindaco di Terzigno, Auricchio, ad aprire la discarica sul Vesuvio, sennò veramente affondavamo tutti nella monnezza. E meno male: allora non c’erano le navi di rifiuti verso l’Olanda”. Poi parla del suo ruolo nel gestire le famiglie di Noemi Letizia e di Roberta Oronzo quando un eventuale racconto di quelle minorenni minacciava tutto ciò che aveva costruito l’ex premier. “Sì, tranquillizzai quelle ragazze…”, ammette.

“Oggi potevo essere governatore della Campania”, racconta amareggiato Cosentino. “Se non ci fosse stato questo accanimento contro di me. Invece c’è Caldoro, un politico che rispetto ma che non ha nerbo, responsabilità”. “Le sembra giusto che non abbia mai dato ascolto a Nitto Palma quando il commissario ha sempre visto quello che anche io vedevo? E cioè lo strapotere dell’Udc che in Regione sta con noi e a pochi metri, in Comune, ci tradisce e sta con De Magistris. Tra l’altro, Caldoro parla sempre di etica ma si è fatto dare dei punti dal sindaco.

Almeno de Magistris ha fatto dimettere i suoi assessori che si candidano al Parlamento. Stefano, neanche quello”, sottolinea Cosentino. Dicono che lei non andrà a votare o annullerà la scheda, domanda la giornalista. “Come faccio a rinnegare una vita? Questo no. Però non faccio null’altro. D’altro canto, non hanno detto che li danneggio se accosto la mia faccia alla loro? E poi non devo tenere conto delle riflessioni dei giudici? Qua finisco a Poggioreale…”. Per quanto riguarda invece Luigi Cesaro, l’ex coordinatore regionale del Pdl afferma: “Con lui ho chiuso, definitivamente. Solo questo”. “Infine, sulla vicenda delle liste sparite ammette che “Chi le ha fatte sparire, ha agito per proteggere il lavoro che avevamo fatto per settimane, per evitare quello che è successo dopo: quando sono scomparsi all’improvviso dalla lista alcuni nostri referenti perché ne entrassero altri”.

Stritolati dalla Finanza per arricchire le Banche. L'analista Paoletti spiega come uscire dalla crisi.

Pierluigi Paoletti

Dottor Paoletti, si ha la sensazione di essere stritolati da Finanza, speculazione, agenzie di rating , spread e mercati. Lei è un esperto di queste cose. Può spiegarci cosa succede?
«E’ una sensazione giusta perché in questo momento storico molto particolare la finanza ha invaso completamente tutti gli ambiti della nostra vita determinando anche le scelte politiche dei paesi che sono diventati tutti subordinati a questo mostro che pretende sacrifici (dis)umani per soddisfare la sua sete di egemonia».

Chi parla è Pierluigi Paoletti, (foto) analista finanziario indipendente ed esperto di politiche monetarie.In questa conversazione ci spiega i motivi di questa crisi e tante altre cose legate al «mutamento epocale» in atto in Italia, in Europa e nel pianeta. Nulla sarà più come prima ma, secondo l’economista, ci sono vie d’uscite se solo si guarda a Sud e al Mediterraneo tentando di ristabilire rapporti a oriente, mettendo in discussione l’Euro e la stessa Europa, frutto di patti economici «tra pochi eletti» ma «senza una vera integrazione». Con una politica che non fa politica e il mondo della finanza che ha preso il posto della politica, questa scelta sembrerebbe «obbligata».

L’intervista coincide col giorno delle dimissioni di Giuseppe Mussari dalla presidenza dell’Abi e a caldo afferma che «i nodi prima o poi vengono al pettine. E’ un fatto molto grave. I derivati sono la dimostrazione di come certa finanza ha speculato e messo in ginocchio le nostre economie».

Parliamo di questi sacrifici, Paoletti.
«Ho prima usato l’espressione di sacrifici disumani perché dietro i numeri delle statistiche, delle manovre draconiane, ci si dimentica troppo spesso che ci sono i drammi di milioni di persone. Non è un caso se i suicidi sono aumentati esponenzialmente in quest’ultimo periodo. Oggi si è ribaltato un concetto fondamentale perché l’essere umano è diventato strumentale ad un’economia gestita dalla finanza ed il benessere e la qualità della vita della comunità sociale è diventata meno importante dei conti di bilancio».

Ma non sono importanti i numeri?
«Non quando ci impongono di ripagare un debito ormai lanciato su di una crescita esponenziale che matematicamente è impossibile da ripagare. Oggi il nostro debito cresce al 6% all’anno mentre la nostra crescita economica degli ultimi 12 anni è stata inferiore allo 0,2% all’anno. Senza contare che non è un problema solo italiano basti pensare che il debito di Stato imprese e famiglie in Italia è intorno al 320% del PIL, mentre ad esempio ci sono paesi come  gli Stati Uniti che sono al 350% o la Gran Bretagna che è vicina al 450%. Con questi numeri è evidente che il sistema attuale basato sul debito perpetuo è insostenibile e che la partita dei prossimi mesi si giocherà proprio sulla remissione del debito, una sorta di giubileo. Se esaminassimo tutto quanto abbiamo pagato sino ad oggi probabilmente vedremmo che il capitale è stato ampiamente restituito».

E in tutto questo che ruolo gioca la politica?
«La politica avrebbe un ruolo fondamentale se non fosse completamente assoggettata a poteri sovranazionali non eletti dalle popolazioni che però orientano con la forza della finanza le scelte dei governi. Enti come la BCE, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, l’Organizzazione Mondiale per il Commercio, la stessa Commissione europea, non sono eletti democraticamente e godono molto spesso di completa immunità. Tutti ci ricordiamo le vicende che hanno portato il “governo tecnico” alla guida del paese e dopo più di un anno di riforme e nuove tasse i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Fa riflettere anche il fatto che misure come il Fiscal Compact o l’adesione al fondo Salva Stati (Esm) che comportano sacrifici enormi per il paese siano state prese nel completo silenzio mediatico e con maggioranze bulgare in parlamento».

Ma oggi con lo spread così basso non abbiamo scampato il pericolo?
«Credo che dietro la riduzione dello spread ci siano i generosi acquisti sul mercato secondario da parte della BCE che con le elezioni italiane e quelle tedesche non vuole alimentare le tensioni. La crisi è una crisi strutturale del sistema, se si ricorda lo dissi già quando mi intervistò nel 2008 e come allora siamo ben lontani dalla sua risoluzione».

Ricordo Dottor Paoletti, sembra che non ne usciamo, però. Intanto si danno aiuti alle banche…
«Infatti, la Commissione europea dal 2008 al 2011 ha approvato aiuti di Stato alle banche 4.500 miliardi, tre volte il PIL italiano, a cui vanno aggiunti quelli approvati nel 2012 come i 45 miliardi  in 5 anni per salvare le banche spagnole, e i 3,9 miliardi per ricapitalizzare il Monte dei Paschi di Siena. Tutte somme che hanno indebitato ulteriormente gli Stati e che potevano essere destinate per l’economia reale che invece non ha avuto alcun sostegno».

Secondo lei allora si deve mettere in discussione l’euro e la stessa Unione Europea?
«L’unificazione europea è un processo prima di tutto culturale. L’integrazione di popoli e culture diverse non può partire dalla unione monetaria, quella è solo l’atto finale. L’Unione Europea ha ricevuto il Nobel per la pace, ma la guerra è stata sostituita da qualcosa che è più subdolo, ma che produce gli stessi effetti: la moneta unica».

Cosa vuol dire?
«Che senza una omogeneità fra i paesi, di costi dell’energia, di tassazione e dei costi del lavoro con la moneta unica questi squilibri vengono esaltati favorendo l’economia più forte in questo caso la Germania e penalizzando le economie come quelle dei PIIGS (le economie in difficoltà di Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, ndr) che hanno un passo diverso».

Si spieghi meglio.
«Alcuni numeri per chiarire meglio: rispetto all’entrata in vigore dell’euro abbiamo una produzione industriale che è calata del 30%, una bilancia commerciale che da un attivo di 33 miliardi è passata ad un passivo di 45 miliardi peggiorando così di 78 miliardi, un aumento di 1,5 milioni di disoccupati, un aumento della pressione fiscale pari a 60 miliardi all’anno di tasse, una perdita di 80 miliardi l’anno di PIL e l’aumento di 270 miliardi di debito pubblico. Con questi numeri sostenere la bontà della moneta unica è insultare l’intelligenza delle persone. Dobbiamo necessariamente ripensare l’euro e ricominciare una vera integrazione fra i popoli riportando il benessere delle persone al centro della politica e far ritornare l’economia e la finanza alla loro naturale posizione strumentale».

Nel libro “Democrazia Vendesi” di Loretta Napoleoni che ha contribuito a scrivere, si prospetta come possibile soluzione il guardare al mediterraneo, al Nord Africa. Il Sud Italia secondo lei cosa ci guadagna?
«Il nostro paese ed in particolare il Sud, ha avuto sempre un ruolo chiave nel Mediterraneo. Con l’Unità d’Italia si è spostato il baricentro al Nord spezzando il millenario legame con i paesi del Mediterraneo e l’Asia. Probabilmente dobbiamo ricostruire questi legami sulla base una profonda collaborazione fra gli stati che potrebbero trarre reciproco giovamento. Sfruttando la sua posizione strategica il nostro meridione potrebbe ritrovare il suo ruolo e la sua naturale vocazione».

Paoletti, per concludere cosa si auspica  avvenga nei prossimi anni in Italia?
«L’Italia è il primo grande paese industriale a cadere sotto i colpi dell’egemonia finanziaria. Io spero che parta un movimento dal basso di persone che consapevolmente e responsabilmente si mettono al servizio delle comunità per il bene comune e questo movimento possa contagiare anche la politica verso cui non nutro alcuna speranza. Il nostro paese è sempre stato nel passato, sia nel bene che nel male, una guida per il mondo. Spero che nel nostro paese si possa posare una pietra miliare per la costruzione del nuovo sistema economico e sociale e trasformare questa profonda crisi in una grande opportunità di evoluzione».

Liste Pdl, in Campania è giallo (con lite). Cosentino scappa con le firme. Inseguito e preso

Berlusconi con CosentinoQuando il caos prende il sopravvento. Sono ore ancora fittissime di trattative per la presentazione delle candidature alle elezioni politiche.  Il partito che sta vivendo più di altri questi minuti al cardiopalma è il Pdl, alle prese con il problema dei cosiddetti “impresentabili”. Dopo il vertice notturno a palazzo Grazioli, due sembrano essere i punti fermi: l’annunciata rinuncia dell’ex braccio destro di Tremonti, Marco Milanese alla candidatura e la presenza di Augusto Minzolini in Liguria come numero due al Senato dopo Berlusconi. Ma è rivolta.

Il sindaco di Sanremo Maurizio Zoccarato va giù duro: “Siamo pronti a lasciare in massa”, se dovesse passare l’ex direttore del Tg1 Rai, il quale, commentando il suo impegno, aveva detto: “La mia candidatura  è l’occasione per poter dire ancora la mia. Mi sono sentito emarginato e messo da parte”. Resta invece ancora aperta la querelle che riguarda Nicola Cosentino e i dubbi giunti dagli esponenti locali del partito per quel che riguarda Sicilia, Marche, Abruzzo (dove scoppiano i casi di Razzi e Scilipoti) e Piemonte. “Comunico di aver ritirato sin da ieri la mia candidatura dalle liste del Pdl al fine di evitare ogni strumentalizzazione delle mie vicende giudiziarie” ha annunciato Milanese, che segue a ruota la rinuncia di Claudio Scajola e Marcello Dell’Utri.

Ma da quando si apprende potrebbe essere la lista di Miccichè “Grande Sud”, alleata del Pdl, a ospitare molti degli “impresentabili”. Non altrettanta disponibilità ancora, nonostante il pressing di Silvio Berlusconi, da parte del deputato campano Nicola Cosentino e del suo collega Alfonso Papa, entrambi inquisiti. E tra i candidati quasi certi si trovano gli uscenti oltre ad Angelino Alfano, capolista in Sicilia e forse nel Lazio, Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi, Mariastella Gelmini, Annamaria Bernini. E ancora Daniele Capezzone, Daniela Santanchè e Maria Vittoria Brambilla. Intanto il giorno dopo l’avvio della campagna elettorale di Mario Monti con i suoi candidati, fanno ancora discutere le sue parole. Massimo D’Alema ha criticato la presunzione del premier ed ha ricordato che il suo partito ha governato “con Ciampi, Prodi e Padoa Schioppa: calma professore!”.

E commentando le critiche del Financial Times il presidente Copasir si e’ detto “d’accordo: meglio uno che guarda negli occhi le persone, come Bersani”. “Chi cerca un uomo di spettacolo non voti Monti, perche’ Monti e’ altra cosa. Chi vota Monti e le liste a lui collegate vota qualcuno che in Europa e nel mondo canta fuori dal coro rispetto agli altri spartiti all’opera” ha replicato al Pd il leader Udc Pierferdinando Casini. Nel Pdl restano tesi i rapporti al vertice in vista delle composizioni delle liste. Si parla addirittura di uno scontro fisico tra Cosentino e lo stesso segretario Alfano che all’interno del partito deve vedersela pure con un altro grande escluso: Marcello Dell’Utri, che lo aveva accusato di “non avere palle” nella gestione del partito.

La coperta è molto corta e non c’è spazio per tutti. Sempre in Campania, dove pare sempre più sicura l’esclusione di Cosentino, scoppia un caso legato alle liste. Sarebbe sparito il plico con le candidature della Camera. Una “reazione” addebitata, da dirigenti pidiellini napoletani, all’ex sottosegretario di Casal di Principe. Subito dopo però il chiarimento. Da un comunicato ufficiale del Pdl campano si legge che «la notizia relativa a una presunta sparizione delle liste elettorali della Campania è destituita di fondamento. Tutta la documentazione è nelle mani del commissario regionale della Campania, senatore Francesco Nitto Palma, che sta provvedendo al deposito». Sempre l’ex ministro ha poi però ammesso che i documenti li ha recuperati dalle mani di Cosentino a Caserta. “Un vero e proprio inseguimento da parte di Verdini e Nitto Palma”, dice chi ha assistito alla scena.

Nel frattempo, per cautela, erano stati chiamati tutti i candidati a riprodurre la firma di accettazione della candidatura per “Campania 2” Domenico Scilipoti. Il passo indietro di Cosentino era stato auspicato anche dal leader del partito Silvio Berlusconi, molto attento ai sondaggi e ai molti rumors campani, sebbene gli avrebbe promesso un posto da Ministro qualora vincesse il Centrodestra, coalizione pronta a ripresentare un altro lodo allargato ai ministri non parlamentari. Uno dei “rumors” è il prete anticamorra Don Luigi Merola che in un incontro con Berlusconi aveva incassato la proposta di candidatura in Parlamento.

Ma il giovane Don Luigi avrebbe rifiutato per “l’assenza di pulizia e legalità all’interno del Pdl”, riferendosi proprio a Cosentino ed ai suoi legami parentali con presunti camorristi. Tornando in Abruzzo il governatore Gianni Chiodi ha minacciato “di prendere altre strade” se solo si trovasse in lista Antonio Razzi, ex Idv che denunciò la compravendita  di voti in Parlamento proprio a opera di Silvio Berlusconi, e Domenico Scilipoti anche lui ex dipietrista, su cui pesa il veto del governatore abbruzzese: “Sono pronto a lasciare il Pdl”. Sembrerebbe che il presidente dei responsabili, che tenne in piedi il governo Berlusconi dopo la “cacciata” di Fini, sia candidato in Calabria, ma a sua insaputa, come ha riferito in una intervista al Corriere della Calabria.

Anche in Calabria pare vi siano malumori per l’inclusione di Scilipoti nelle liste del Pdl. Mentre anche Alfano si mostra fiero per la candidatura in Calabria di Rosanna Scopelliti, figlia dell’ex magistrato ucciso dalla ‘ndrangheta nel ’91, il governatore calabrese dicono non abbia digerito affatto l’imposizione di Scilipoti.  Il suo fedelissimo e consigliere regionale Fausto Orsomarso su Twitter afferma: “Leggo da una velina Scilipoti candidato al Senato in Calabria nel Pdl. Spero sia uno scherzo!”.

L’imbarazzo è forte, fanno sapere in ambienti ex aennini che vedono in posizione marginale l’uscente Giovanni Dima e l’esclusione senza tanti complimenti del gasparriano Michele Traversa, mentre entra in forza l’avvocato Nico D’Ascola, collega e amico di Ghedini e legale di Giampi Tarantini. Trovano riconferma i forzisti Jole Santelli e Antonio Gentile. In ogni caso, nelle liste pesa forte un po’ ovunque nel Paese la presenza degli ex di Forza Italia mentre si registra la (quasi) scomparsa degli ex An, ad eccezione di Gasparri, Matteoli e altri due o tre. Fuori dalle liste Pdl, l’ex ministro finiano Andrea Ronchi (poi ripassato con Berlusconi).

Non troveranno spazio nemmeno Urso, Viespoli Menia e Landolfi, che parla di “pulizia etnica”. La Russa, che aveva fiutato tutto è andato via per tempo dal Pdl fondando “Fratelli d’Italia” con Crosetto e la Meloni. Maurizio Gasparri, potente colonnello del Pdl, aveva presenziato alla conferenza dei tre “dissidenti”. Poi ha fatto un “passo indietro”. Ma evidentemente non è bastato a riacquistare la fiducia di Berlusconi che qualche settimana prima aveva premesso: “Non mi fido di chi volta le spalle”. Infatti, sembra che il Cav. abbia perso stima per Gasparri e lo ha isolato.

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