5 Ottobre 2024

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Fermenti a destra, Raffaele Fitto: «Forza Italia superi lo stallo»

Da sinistra Capezzone, Fitto, Distaso, De Tomaso e Rossi (photo Gazzetta Mezzogiorno/Turi)
Da sinistra Capezzone, Fitto, Distaso, De Tomaso e Rossi (photo Gazzetta del Mezzogiorno/Turi)

Felice Salvati per la Gazzetta del Mezzogiorno

«Forza Italia è come una nave che in mare aperto mostra falle di consensi elettorali a destra e a sinistra». Raffaele Fitto rilancia la sfida all’ ex Cavaliere, cominciando a snocciolare le cifre: dal 2008 al 2014 si è passati da 13 milioni di elettori a 4 milioni. Un calo determinato dal disorientamento degli elettori a proposito della linea del partito.

L’ occasione, nel capoluogo pugliese, è offerta dall’ iniziativa del «Confronto», il laboratorio di idee, opinioni, cultura ed esperienze presieduto da Antonio Distaso, parlamentare e vicecoordinatore vicario regionale di Forza Italia, nel corso di un dibattito sul tema: «Le vere Riforme e l’economia reale in tempo di crisi».

Fitto, davanti a parlamentari, consiglieri regionali ed amministratori vicini al suo partito ha chiesto che Forza Italia esca allo scoperto e trovi una terza strada rispetto a quelle del patto del Nazareno o a quella opposta di dura opposizione al governo «Non si può passare dall’ ipotesi di votare la fiducia al governo alla linea ultrà».

Fitto chiede a Forza Italia una linea «credibile e seria, che superi la situazione di stallo nella quale si è cacciata». L’ ex ministro ha sottolineato gli emendamenti presentati alla manovra, ricordando che ogni proposta di taglio di tasse prevede la copertura sul versante del taglio della spesa.
Circa un eventuale accordo sulla legge elettorale, Fitto ha detto di non conoscerne i nuo vi contenuti ed aspetta che ci sia un confronto all’ inter no del suo partito.

Fitto, a proposito delle elezioni regionali in Puglia, ha ribadito che col passare dei giorni diventa sempre più difficile effettuare le primarie.
Sulle sulle eventuali intese ha lasciato al «tavolo» di coalizione ogni decisione sia sulla coalizione che sui programmi. A tal proposito, il vicecoordinatore Distaso ha lasciato intendere ai giornalisti che sarà importante, per le intese di coalizione, verificare i risultati che arriveranno dal voto in Calabria ed in Emilia Romagna.

Incalzati dal direttore della «Gazzetta», Giuseppe De Tomaso – che ha moderato il dibattito – ed introdotti dal presidente di«Confronto», Antonio Distaso, hanno offerto il loro contributo il presidente della commissione Finanze della Camera, Daniele Capezzone e l’ economista ed ex parlamentare, Nicola Rossi.

Capezzone ha ricordato i dati estremamente negativi del nostro Paese in materia di tassazione (altissima rispetto non solo al contesto europeo), fallimenti ed inflazione, attribuendo a tutti i partiti che hanno governato le responsabilità delle mancate riforme. Nicola Rossi – già presidente dell’ Istituto «Bruno Leoni» – è stato ancora più pesante verso le responsabilità dei partiti che hanno governato, ricordando che l’ agenda di Renzi è sostanzialmente la stessa di tutti i governi che hanno guidato il Paese dalla metà degli Anni ’90 in poi.

Rossi, assai critico verso la legge di stabilità, ha anche ricordato come negli ultimi sette anni si siano perse 500 mila imprese, raddoppiando così il numero dei disoccupati. A proposito della posizione di Forza Italia nei confronti del governo guidato da Renzi, l’ ex ministro Fitto ha auspicato sia reso pubblico il rapporto sui tagli elaborato da Cottarelli, rimandando tutti alla iniziativa annunciata per domani a Roma, in occasione dei 25 anni della caduta del muro di Berlino, nella quale conta di aprire un vero e proprio confronto all’ interno del suo partito. E non è un caso che sia stata scelta la sede di Santa Chiara, dal cui albergo nel 1919 don Luigi Sturzo, lanciò il celebre Appello ai Liberi e Forti, carta istitutiva del Partito Popolare.

Centrodestra e Lega Sud, ecco il "patto" tra Salvini e Berlusconi.

Silvio Berlusconi visto da Benny per Libero
Silvio Berlusconi visto da Benny per Libero

La decisione di Matteo Salvini di fondare un nuovo soggetto politico a destra, annunciato martedì scorso su Libero (uno dei giornali di Silvio Berlusconi), alimenta più di qualche dubbio e tensione nella politica italiana, nel Pd in particolare. Secondo indiscrezioni, dietro l’uscita del leader leghista (“Mi prendo il centrodestra”) sembrerebbe ci sia proprio l’ex premier Berlusconi che avrebbe concordato con Salvini un’operazione politica tesa a farsi “prestare soccorso” nel caso di un possibile crollo elettorale di Forza Italia, che oggi più di un sondaggio stima tra il 10 e il 12 percento.

L’obiettivo di Salvini e Berlusconi, tutt’altro che immaginario, sarebbe quello di contenere la fuoriuscita di voti azzurri per veicolarli, al Centro Sud (dove maggiore è la “dispersione”) verso un movimento di ampio respiro rappresentato da Salvini che potrebbe raccogliere le delusioni degli elettori azzurri e mantenerli nella galassia berlusconiana; quindi il più lontano possibile da Renzi, Grillo ed Ncd. Non va dimenticato che la Lega da vent’anni è organica a Berlusconi. Movimento che alcuni sondaggisti danno, da sola, in tre quattro regioni, tra l’8 e il 10 percento.

Del “patto” tra Silvio e l’altro Matteo, si mormorava già nei giorni scorsi ma ha preso forma ieri sera quando a “Bersaglio mobile” su La7, il conduttore Enrico Mentana ha prima anticipato di aver ricevuto una telefonata dal presidente di Fi e ha poi chiesto a Salvini lumi “sull’incontro di qualche sera fa con Berlusconi”…(guarda la domanda al minuto 18.05)

Incontro casuale Salvini Berlusconi a Cesano Boscone -- OggiIl leader leghista, spiazzato dalla domanda ha ammesso con non poco imbarazzo: “Si, siamo stati insieme domenica sera dopo una bruttissima partita del Milan”, confermando così indiscrezioni e i sospetti che dietro quell’incontro non c’era solo il calcio, ma ben altro…Insieme a Berlusconi e Salvini, c’era l’ex sottosegretario leghista ai Trasporti Giancarlo Giorgetti. Non è una novità in sé l’incontro. Del resto i due, da sempre amici e alleati, nei mesi scorsi si sono incrociati spesso (anche facendo sospettare “accordi” per rilanciare il centrodestra). L’incontro di alcuni giorni fa, invece, attiene ad un’operazione politica molto più raffinata: la Lega del Sud, un contenitore che dovrebbe essere simile alla vecchia Alleanza nazionale capace di raccogliere tra il 10 e il 12 percento.

L’incontro tra Salvini e il leader di Forza Italia è avvenuto domenica 2 novembre. Martedì 4 esce l’intervista del leghista sul giornale di B. diretto da un fedelissimo come Belpietro, il quale dà un titolone pensato per suscitare clamore, allarme e “reazioni”: “Mi prendo il centrodestra”. L’intervista per uscire il 4 in edicola è stata fatta almeno il giorno prima  (il 3) o tra sabato e domenica (tra l’1 e il 2). Quindi dobbiamo escludere che B non ne sapesse nulla. I conti tornano. E sono rafforzati dalla “reazione” di Silvio che affida alle agenzie un attacco frontale al leader del Carroccio, preparato evidentemente ad arte per fuorviare l’attenzione…”Tu, Matteo, – avrebbe detto B. – fai l’intervista, poi io ti attacco e nessuno potrà mai pensare che dietro ci sia io…”. Ed eccolo l’attacco: “La scelta di Salvini? Dimostri prima di saper fare qualcosa. Non è un liberale, le sue sono solo chiacchiere e propaganda”, ha detto il più stretto alleato della Lega.

Ma come?, si chiederà più di qualcuno: “Si sono visti il giorno prima dell’intervista e Salvini, da leale e fedele alleato, non gli racconta nulla della sua clamorosa Opa sul centrodestra? Strano. E coincidenza vuole che l’annuncio viene dato, sempre per caso, in esclusiva a uno dei giornali di Berlusconi. Non Repubblica, il Corriere o il Fatto, ma Libero, ossia uno dei megafoni del leader di Forza Italia.

berlusconi e lo svuotamento di forza italiaMa perché un nuovo partito? In qualche anno Fi ha perso per strada 8 milioni di voti. Berlusconi sa bene che il suo movimento è destinato al trocollo definitivo se non si muove per frenare l’emorragia. Complice la politica insensata degli ultimi anni (non poco influiranno le ultime sortite sulle nozze gay, adozioni e cittadinanza agli immigrati). Poi il suicidio annunciato per le mancate alleanze con Ncd e Udc alle regionali di Emilia e Calabria (già regalate al centrosinistra) per indispettire “quel traditore di Alfano”. Infine il patto “a perdere” del Nazareno con l’altro Matteo: il premier Renzi, che lo ha stretto in un angolo da cui gli riesce difficile disimpegnarsi.

E quanto più tenta strappi per liberarsi, tanto più il cappio gli si stringe attorno al collo. L’ex sindaco di Firenze lo tiene saldamente in pugno. E tira per la sua strada mostrando e minacciando più volte la ferma volontà di andare avanti da solo. Anche sulla riforma elettorale, inserendo tra i commi dell’Italicum l’assegnazione del premio di maggioranza per la lista che supera il 40%. Opzione che darebbe indegna sepoltura a Fi, impreparata oggi ad affrontare eventuali elezioni anticipate.

Matteo Salvini
Matteo Salvini (Ansa/Magni)

Un altro dei dilemmi che leva il sonno ai berluscones, è come riportare Forza Italia sui binari dell’opposizione. Nonostante gli inascoltati appelli di Raffaele Fitto, il leader azzurro e i suoi colonnelli stentano a intraprendere una politica di minoranza vera e affidabile.

Ma sono ormai in tanti a dare credito alle aspre critiche dell’ex governatore pugliese, perché l’aria dentro Fi “è diventata irrespirabile per l’unanimismo imperante”. Fitto è tornato ieri su Forza Italia e annuncia battaglia (coi suoi 20 senatori e altrettanti deputati) se non ci sarà un repentino cambio di marcia. Berlusconi se non vuole rivolte interne deve avere il coraggio di fare una inversione a U.

L’altro guaio (paradossale) per Berlusconi è però un altro. Se comincia a “inveire” oggi contro il premier non risulterebbe più credibile agli occhi dell’opinione pubblica e del suo striminzito elettorato. Quindi il punto di domanda è: come potrebbe recuperare credibilità l’artefice del governo delle larghe intese (con Letta) che ha lasciato “formalmente” la maggioranza non per questioni politiche bensì per la sua decadenza (discutibile) da senatore?

Dal labirinto a specchi in cui è rimasto “incastrato”, ecco la via di fuga concordata con Matteo Salvini. Un progetto molto ambizioso che dovrebbe avere un triplice obiettivo. Primo: contenere nel suo alveo la materia prima della politica, ossia il consenso. Secondo: scongiurare un’altra traumatica scissione annunciata da ulteriori malpancisti, dando segnali di svolta a chi, come Fitto, si sta adoperando per un netto cambio di rotta. Terzo: liberarsi dall’abbraccio mortale di Renzi che portandolo scientemente sulle sue posizioni di fatto lo sta logorando, per non dire che lo annulla dalla scena politica da quì allo scadere della legislatura. Del resto, l’esito delle ultime europee col Pd al 41% e Fi al 16 ne sono la chiara dimostrazione.

COME FRATELLI Matteo Salvini con Giorgia Meloni legati da un destino comune
Matteo Salvini con Giorgia Meloni

La strategia messa a punto da Salvini e Berlusconi (pare con il placet di Bossi e Maroni) sarebbe di rifondare nel medio periodo (2015-2016) una sorta di nuova Casa delle Libertà con all’interno la Lega Sud promossa da Salvini (che ha la missione di recuperare i consensi persi facendo leva su temi che fanno presa su una grossa fetta di elettorato: immigrazione, questione rom, euro, Ue, fisco, difesa della famiglia naturale, tradizione, imprese e lavoro) la stessa Lega Nord, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni (convinta anche lei della necessità di “rifondare il centrodestra”) e altri soggetti minori con il probabile innesto di Ncd-Udc, eccetto Alfano e i suoi colonnelli su cui il Cav ha messo sopra una croce.

In sostanza un grande partito unico capace di raccogliere tra il 37 e il 40 percento dei voti (forse anche più), quindi in grado di concorrere con il Pd renziano che potrebbe subire “l’effetto Obama” per via delle tante promesse annunciate in larga parte non mantenute. Nei fatti il premier è costretto a chiedere in prestito ossigeno ad altri gruppi parlamentari. Berlusconi glielo ha promesso (sempre per indispettire Alfano), ma se si sente “soffocato” dal Nazareno è disposto a sprigionare tutte le energie di cui dispone per metter fine alla sua spontanea prigionia. Naturalmente dovrà riparare i grossolani errori commessi in questi anni e negli ultimi mesi. E forse formulare qualche scusa ai suoi “elettori traditi”.

Il leader della nuova Cdl? Berlusconi, fin quando ce la farà ad avviare il nuovo corso, poi la staffetta passa a Salvini, “unico vero erede” dell’universo berlusconiano e, perché no, insieme alla Meloni, che in questi anni ha mantenuto una linea di condotta politicamente distinta ma leale in fatto di alleanze e contenuti.

Il segretario del Carroccio ha compreso bene i tempi e il messaggio (o la richiesta di aiuto?) di B., soprattutto ha capito che le politiche della Lega pre-crisi appartengono ormai alla preistoria. Se parla a Trapani o Crotone o Belluno un linguaggio schietto e comprensibile viene recepito (e forse premiato) da quanti in passato vedevano nella Lega un nemico del Sud. Fin qui il retroscena.

Intanto, è di stamane la notizia che “La Padania”, giornale storico della Lega chiude i battenti dal primo dicembre. Molti giornalisti saranno messi in cassa integrazione. Il motivo sarebbe riconducibile al fatto che Renzi ha tagliato i fondi per l’editoria.

Il Carroccio, a detta di Salvini, non ha più soldi in cassa tant’è che lo stesso segretario ha ritirato la costituzione di parte civile nel processo contro l’ex tesoriere Francesco Belsito nei procedimenti penali sui presunti fondi distratti della Lega. Il segretario ha affermato di “non aver tempo né soldi per andare in fondo a quella vicenda giudiziaria da cui non ricaverà nulla”. Sarà. Di certo non è un bel messaggio per gli elettori leghisti…Salvini insomma batte cassa. E non è remota l’ipotesi che nell’incontro col più potente (e ricco) editore e politico italiano, il segretario non abbia posto anche questi grossi problemi economici…

«Oggi gita in campagna». Lezioni a luci rosse di due belle Prof.

Due professoresse aretine davano ripassi a luci rosse ai loro alunni - (photo immaginarie)Con la scusa di fare un ripasso di cultura, storia e geografia, due attraenti professoresse liceali davano appuntamento ad alcuni alunni in un casolare isolato nelle campagne di Arezzo per dare loro “lezioni a luci rosse”. Protagoniste dell’insolita hard story, due giovani insegnanti sui 40 anni di una scuola aretina.

Insegnati e lezioni erotiche a scuolaA scoprire i pomeriggi “sexi” delle prof. è stata un’agenzia investigativa privata che si è attivata dopo la denuncia del marito di una delle prof. preoccupato per le costanti e frequenti assenze della mogliettina.

L’escamotage dalle due donne per invitare gli alunni “ripetenti” al dopo scuola “erotico” sulle colline toscane, era architettato con un Sms criptato destinato a quanti riuscivano a interpretarne il senso:

Insegnati e giochi erotici in campagna«Oggi gita in campagna», e i ragazzi capivano al volo che quella “gita in campagna” era una lezione spinta di “scienze naturali…” svolte nei sentieri del piacere tra carezze, baci e amplessi condivisi. Nulla di penalmente rilevante, ma lo scalpore nella città dell’affascinante ministra Maria Elena Boschi è tanto quanto l’imbarazzo. Secondo il Quotidiano Nazionale, gli incontri altro non erano che per fare “giochi erotici collettivi”.

Insegnati e giochi erotici in campagnaCinque o sei ragazzi, tutti maggiorenni, pare seguissero con molta attenzione le lezioni in classe. Tra spiegazioni e chiamate alla lavagna l’adrenalina degli alunni saliva alle stelle, attratti dalle “sirene” che non risparmiavano sguardi ammiccanti, occhiolini e ogni gesto possibile per lanciare messaggi sensuali.

Tutto ricambiato, dentro e fuori il circuito scolastico. Perché le due seduttrici frequentavano i giovani anche nei pomeriggi dopo scuola in aperta campagna per fare esplorare ai ragazzi i misteri della natura con approfondimenti sui temi dell’eros.

Insegnati e giochi erotici in campagnaInviti formulati via sms, forse via Social nelle bollenti chat private. Gite scolastiche istruttive, evidentemente. Le due colleghe sembra fossero solite dare frequenti appuntamenti per passare qualche oretta di svago dopo ore e ore di noiose e monotone ripetizioni a scuola.

Storie di passione durate forse qualche anno tra le due focose prof. e i ragazzi. Finché il marito di una delle due insegnanti, sposata con figli, sospetta l’ombra del tradimento e comincia a chiedersi: “Possibile che il lavoro a scuola di mia moglie dura tutta la giornata?”. Da qui l’incarico ad un’agenzia investigativa privata, la “Ombra” di Arezzo, che alcuni mesi fa porta alla luce una storia incredibile i cui risvolti sono ancora tutti da chiarire.

la-professoressa-di-scienze-naturaliIl coniuge agli 007 privati spiega di aver notato un cambiamento nella donna, sempre affaticata, annoiata nei rapporti di coppia e sempre più distaccata. Di qui la decisione di farla seguire per carpire movimenti e individuare eventuali amanti. “Gli investigatori – racconta il giornale – non impiegano molto tempo per capire quello che accadeva”.

Gloria Guida ne La licealeIn un paio di settimane di appostamenti e pedinamenti scoprono che la bella prof. insieme a una collega aveva affittato una casolare nella campagna aretina per intrattenersi con i ragazzi vogliosi di apprendere nuove nozioni teoriche e pratiche…

Pierino non perdonaViene alla luce una storia stile commedia sexy anni ’70/80, con studenti invaghiti da sensuali supplenti come quelle note tra Alvaro Vitali, al secolo Pierino e la sexissima Edwige Fenech ma a ruoli invertiti, con le prof che erano impazzite per i giovani.

La prof. Fenech Vitali MontagnaniAnche se non è dato sapere se i pomeriggi fuori porta influissero nel rendimento scolastico degli alunni. “Di sicuro hanno pesato nel matrimonio di una delle insegnanti coinvolte. E data la situazione, l’agenzia incaricata dell’indagine, al momento di riferirne l’esito, ha anche chiamato uno psicologo in aiuto del marito”.

“Mica capita tutti i giorni di ritrovarsi con la moglie nei panni di una sexy-star di provincia, anzi di scuola superiore. Come ai tempi in cui generazioni di adolescenti sognavano con Edwige Fenech o Gloria Guida”. Una storia degna dell’attenzione di produttori cinematografici alla Brass che potrebbero montare un bel set nelle misteriose ed erotiche campagne aretine.

Vladimir Putin, secondo Forbes, è l'uomo più potente del mondo

L'UOMO PIU' POTENTE DEL MONDO Vladimir Putin
L’UOMO PIU’ POTENTE DEL MONDO Vladimir Putin

Di fare il bis come l’uomo più potente del mondo non se l’aspettava nemmeno lui, Vladimir Putin, dopo il clima da guerra fredda tra Russia e Usa e Ue sulla questione Ucraina. Forbes l’ha nuovamente piazzato sul tetto del mondo prima di Barack Obama che si aggiudica il secondo posto (ma la ricerca è precedente alla sconfitta in Senato rimediata da Barack ieri notte).

Spiega Forbes che Putin ha recuperato consenso su scala internazionale dopo l’annessione della Crimea, le conseguenti sanzioni occidentali (un vero fallimento per Ue e Usa) ma soprattutto dopo aver firmato un contratto con la Cina per costruire il più grande gasdotto del pianeta. Un opera che prevede un investimento di 70 miliardi di dollari. La Russia, dice Forbes, somiglia a uno stato canaglia con una disponibilità nucleare non di poco conto ancorché ricchissima di energia e ha un capo indiscusso e imprevedibile come Putin che, nonostante la chiusura occidentale, sta raggiungendo uno a uno i suoi obiettivi.

Secondo la stima del periodico americano, che redige ogni anno la classifica, l’unico italiano ad entrare nella top ten è il governatore della Bce Mario Draghi che conquista l’ottavo posto, fatta eccezione per Papa Francesco, (4°), che è sì argentino, ma capo della Chiesa universale con sede a Città del Vaticano tra le cinta di Roma. Il terzo posto è stato assegnato al presidente cinese Xi Jinping, al 5° troviamo Angela Merkel, al settimo Bill Gates al nono il duo di Google Sergey Brin e Larry Page. Tra le sorprese in assoluto, il leader dello Stato islamico Abu Bakr al Baghdadi che Forbes classifica come il 54esimo uomo più influente del mondo. Ecco la classifica di Forbes dei primi 10.

  1. Vladimir Putin (presidente della Russia)
  2. Barack Obama (presidente degli Stati Uniti)
  3. Xi Jinping (presidente della Cina)
  4. Jorge Mario Bergoglio (papa)
  5. Angela Merkel (cancelliera della Germania)
  6. Janet Yellen (presidente della Federal Reserve)
  7. Bill Gates (fondatore di Microsoft)
  8. Mario Draghi (presidente della Banca centrale europea)
  9. Sergey Brin (cofondatore di Google) e Larry Page (amministratore delegato di Google)
  10. David Cameron (primo ministro del Regno Unito)

Inoltre al 16° posto troviamo Jeff Bezos di Amazon, al 17° il presidente francese François Hollande, al 19° l’autorità spirituale iraniana Ali Hoseini Khamenei, al 22° Mark Zuckerberg di Facebook, che si piazza bene tra i giovani. Al 67° Margaret Chan Direttore Generale, Organizzazione Mondiale della Sanità che ha dovuto fare i conti con il virus Ebola. Tra i giovani oltre ai leader dei più grandi gruppi economici del mondo spunta al 49esimo posto il leader della Corea del Nord,  Kim Jong-Un, di soli 31 anni.

Francesca Pascale a Vespa "Ecco come ho realizzato il mio sogno"

Francesca Pascale in posa sull'Harley Davidson per il settimanale Oggi - Testi di Bruno Vespa dal suo ultimo libro "Italiani voltagabbana"
Francesca Pascale in posa sull’Harley Davidson per il settimanale “Oggi” – Intervista di Bruno Vespa dal suo ultimo libro “Italiani voltagabbana”

Bruno Vespa per il settimanale Oggi (Da Italiani voltagabbana)

Mio padre era dipendente della Kodak, ma per arrotondare lo stipndio faceva il fotografo ai matrimoni, che a Napoli rendono molto. Foto dopo foto, ci siamo comprati due casette. Mia madre era l’angelo della casa. Quando se ne andata lei nel 2007, la famiglia ha ceduto. Io ho sempre avuto un rapporto difficile con mio padre. Ho due sorelle, io sono l’ultima, nata 11 anni dopo la prima. Ho studiato al liceo artistico, poi ho frequentato un anno di Scienze politiche alla Federico II, piena di comunisti.

"Italiani Voltagabbana" di Bruno Vespa edito da Rai Eri Montadori
“Italiani Voltagabbana” di Bruno Vespa edito da Rai Eri Mondadori

Ho cambiato università e mi sono laureata in Scienze della comunicazione al Suor Orsola Beninasa. Ho guadagnato i primi soldi reggendo il flash a mio padre e arrotolando lo scotch che serviva per incollare le foto grandi sugli album matrimoniali, [quote]Sono sempre stata vanitosa. Dalla pizzeria a Telecafone per fare lo Zeling napoletano[/quote]poi facendo la cameriera in pizzeria, poi la soubrette televisiva perché sono sempre stata vanitosa. Telecafone era una specie di Zelig alla napoletana: prendendo in giro i napoletani che mangiaano il gelato Calippo in piazza, ci conquistammo una grande popolarità.

Mio padre è stato sempre fascista e maschilista, mia madre era craxiana ed è stata la prima berlusconiana della famiglia. [quote]Mio padre era fascista, mia madre craxiana[/quote]Nel 94 mio padre ha votato per la destra, mia madre per Berlusconi: «Ha fatto Milano 2, ha fatto la televisione privata, diceva, farà anche il bene dell’Italia». Io avevo nove anni e sono cresciuta a pane e Canale 5: guardavo i Puffi, Mike e i Vianello. Ma non sono stata mai milanista e non lo sarò mai. Il Napoli, per sempre, anche e questo mi costa una sacco di litigate con B.

«Ero ancora una ragazzina quando mi sono messa in testa di conoscerlo. Ho iniziato ad amarlo in maniera ossessiva. Mio padre lo criticava da destra, mia madre lo ammirava. Io dicevo: è proprio un bel figo. [toggle title_open=”Chiudi” title_closed=”LEGGI LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BRUNO VESPA” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]

Italiani Voltagabbana” di Bruno Vespa edito da Rai-Eri Mondadori 

Fino all’autunno del 2013 Matteo Renzi era solo, attaccato più all’interno che all’esterno del suo partito. Nel giro di pochi mesi, molti dei suoi avversari hanno voltato gabbana, sono diventati renziani, e alcuni fanno parte della squadra di governo. Dopo la clamorosa vittoria del Pd alle elezioni europee del maggio 2014, un folto gruppo della classe dirigente del paese si è messo a disposizione del giovane presidente del Consiglio, sperando di conquistare un ruolo di primo piano.

Bruno Vespa
L’autore del libro Bruno Vespa

«Ma visto che da noi non cambiava niente, l’ondata di renzismo è improvvisamente cessata» racconta il premier nel lungo colloquio accordato a Bruno Vespa per questo libro. I voltagabbana sono una costante della storia nazionale. Dal Risorgimento, quando venivamo accusati di vincere le guerre con i soldati degli altri, alla prima guerra mondiale, di cui ricorre il centenario, quando in nome del «sacro egoismo» a un certo punto ci trovammo a combattere a fianco delle due fazioni opposte, per scegliere infine quella vincente, rivolgendo le armi anche contro i tedeschi, nostri alleati da trent’anni. Mussolini, che voltò gabbana come interventista prima della Grande Guerra, si alleò con Hitler nella seconda anche perché gli era rimasto il complesso del «tradimento» del 1915.

Alla caduta del fascismo, i voltagabbana furono milioni, e Vespa narra con divertito stuporela storia di prestigiosi intellettuali e artistidiventati all’improvviso antifascisti dopo aver orgogliosamente inneggiato al Duce fino al 25 luglio. E sulla pagina vergognosa dell’8 settembre 1943 è ancora aperto il dibattito se gli italiani abbiano tradito i tedeschi o – secondo una versione più recente – se siano stati i tedeschi a tradire gli italiani.

Nella Prima Repubblica i politici cambiavano spesso corrente (specie nella Dc) piuttosto che partito, ma i tradimenti più clamorosi furono senza dubbio quelli di molti dirigenti socialisti nei confronti di Craxi. Tuttavia, il trionfo dei voltagabbana si è avuto nella Seconda Repubblica e all’alba della Terza, quella che stiamo vivendo con la riforma costituzionale. Centinaia di parlamentari hanno cambiato casacca con sconcertante disinvoltura e diversi governi sono nati e caduti con il contributo decisivo dei «senza vergogna». Berlusconi e Prodi ne sono stati le vittime principali.

Dopo essere stato via via abbandonato da Bossi, Fini e Casini, in queste pagine il Cavaliere accusa severamente Alfano, che si difende dall’accusa di «parricidio» e parla, semmai, di «figlicidio». A sua volta, il Senatùr è stato abbandonato da chi lo adorava e Beppe Grillo ha già avuto le sue molte delusioni.

Nel libro, naturalmente, ampio spazio viene dedicato a Matteo Renzi, ai retroscena della sua ascesa al potere e al governo, e ai tanti che lo detestavano e ora lo amano. E ampio spazio viene dedicato alle donne: quelle che Renzi ha portato al governo, o a incarichi di grande potere, e a Francesca Pascale, che per la prima volta racconta nei dettagli la sua storia d’amore con il Cavaliere.

In Italiani voltagabbana, Bruno Vespa dipinge con il consueto stile incalzante un affresco del costume nazionale, rileggendo la storia e la cronaca sotto un’angolazione umanissima, anche se assai poco lusinghiera. [/toggle] E lei: “E’ sposato e potrebbe e essere tuo padre”. Piano piano cominciai ad avvicinarmi a Forza Italia. Facevo attivismo politico a scuola contro le occupazioni. Ma quello era anche il mio periodo dark, mi vesti o da punk bestia, da rockettara hard (mi cambiavo fuori casa perché mio padre mi avrebbe linciato).

La copertina del settimanale "Oggi" che dedica a Francesca Pascale stralci della storia scritta da Bruno Vespa suo ultimo libro "Italiani voltagabbana"
La copertina del settimanale “Oggi” che dedica a Francesca Pascale stralci della storia scritta da Bruno Vespa nel suo ultimo libro “Italiani voltagabbana”

Adoravo Piero Pelù: mia madre scrisse a Raffaella Carrà perché me lo facesse incontrare a Carramba. Pelù ci andò, ma al posto mio incontrò una ragazza di Firenze. [quote]Adoravo Piero Pelù poi il tentativo della Carrà fino all’inconto con Martusciello per fondare a 17 anni “Silvio ci manchi”[/quote] Era già cominciata l’egemonia fiorentina che dura tuttora…A 17 anni incontrai Antonio Martusciello, coordinatore di Forza Italia a Napoli, a 21, nel 2006, fondai con altri ragazzi il club “Silvio ci manchi”. Seguivamo il presidente dappertutto. Eravamo un centinaio, ma noi scatenati soltanto una decina.

Dovunque lui facesse un comizio, noi c’eravamo con le magliette, i cappellini e le bandiere. Io scavalcavo ogni transenna per dargli la mano. Fino a quando, il 5 ottobre 2006 alle 13.50, arrivò la grande occasione. Con altre quattro pazze di “Silvio ci manchi” eravamo a Roma per un documentario di Al Jazeera su giovani e politica quando ci dissero che lui aveva una riunione al Duke Hotel dei Parioli. [quote]Lo incontrai per la prima volta e gli dissi: sei bellissimo. Lui rispose: “Ma ti senti bene?”[/quote]

Ci precipitammo lì e arrivò lui: era davvero affascinante. Lo guardai come una deficiente: “Presidente”, gli dissi “lei è bellissimo”. Lui sorrise: “Ti senti bene?”. Ci invitò a pranzare in una sala diversa dalla sua (lui era a tavola con tutti gli eurodeputati azzurri) insieme con la scorta, che naturalmente cercai di farmi amica.

Silvio Berlusconi Francesca Pascale e Dudù
Silvio Berlusconi Francesca Pascale e Dudù

Alla fine mi avvicinai di nuovo e con sfrontatezza gli chiesi: “Da azzurra ad azzurro possiamo darci del tu?”. “Sì, certamente”, rispose lui. [quote]Dalle telefonate al primo volo verso villa Certosa. [/quote]“Questo è il mio numero”, gli dissi allungandogli un pezzetto di carta: “Aspetto una tua telefonata, così mi annoto il numero”. E lui: “Vai di fretta…”. Qualche giorno dopo, a mezzanotte, squilla il mio cellulare. “Pronto, chi sono?”. E io: “Dai Lello, non prendermi in giro…”. “Davvero non mi riconosci?”. Restammo al telefono per due ore filate.

Parlammo di politica, di televisione, di calcio. E poi mi ruccontò di sua madre dei suoi figli. Mi recitò una poesia. Alla fine della telefonata, mi provocò: «Ancora non credi che sono io. Richiamami tra un minuto su questo numero».

Berlusconi e PascaleMi accorsi in quel momento che non avevo più credito. Mi stava chiamando il sogno della mia vita e io avevo il cellulare senza credito. [quote]Avevo il telefono senza credito ma ho provveduto con Sos ricarica per richiamarlo[/quote]Allora impostai la formula Sos Ricarica e parlai di nuovo con lui. «Ti chiamo domani a mezzogiorno per invitare voi di “Silvio ci manchi” a villa Certosa». A mezzogiorno un minuto dell’indomani mi chiamò Marinella, la sua segretaria, per organizzare il volo privato Napoli-Olbia con Scalo a Roma.

I miei genitori vollero accompagnarci all’aeroporto perché credevano si trattasse di uno scherzo. E invece il comandante del G5 era già lì in attesa. A Roma salì B. In tuta e scarpe Hogan: bellissimo. In volo ci parlò di capi di Stato di Stati Uniti e di Europa, di Villa Certosa, dei suoi figli, di Marina. Ci diede appuntamento per l’aperitivo vicino al lago delle ninfee. Io, sfacciata, gli dissi: «Quando un giorno staremo insieme, verremo qui e tu mi dedicherai una canzone».

Sei anni dopo siamo stati di nuovo lì e lui mi ha dedicato una canzone che aveva composto per me: Francesca. Invece di ringraziarlo, gli dissi che quella canzone andava bene per qualsiasi donna, bastava cambiare il nome. Lui se la prese: «Non scriverò mai un’altra canzone per te. Sei diffidente ed ingrata!». Ripartimmo da Villa Certosa la sera dell’indomani. Tra noi non ci fu niente. Tornando a casa facevo come Marzullo: domande e risposte. Guarda Francesca, tu sei presa del fascino di quest’uomo e dal potere carismatico che emana, ma non è amore, smettila, potrebbe essere tuo padre…

Francesca Pascale in posa sull'Harley Davidson per il settimanale Oggi - Testi di Bruno Vespa dal suo ultimo libro "Italiani voltagabbana"
Francesca Pascale in posa sull’Harley Davidson per il settimanale Oggi – Testi di Bruno Vespa dal suo ultimo libro “Italiani voltagabbana”

Ogni tanto mi telefonava. Avevo impostato nella suoneria del cellulare il suo numero alla canzone di Gianna Nannini “Sei nell’anima”. Non l’avevo detto a nessuno. Solo mia madre aveva capito che dietro quella suoneria c’era Berlusconi. [quote]La prima volta ad Arcore, ma nonostante fosse sposato aveva attenzioni speciali per me[/quote]Nell’autunno del 2006 ci incontrammo a Vicenza per una grande manifestazione. Alla fine, ci invitò a pranzo ad Arcore.

Era la mia prima volta lì: appena arrivata sentii un profuno che ritrovo sempre quando ci ritorno. Continuammo a sentirci, anche se non c’era ancora niente tra me lui.

Poco dopo la nostra conoscenza si approfondì, nei limiti consentiti a un uomo ancora sposato. B. mi dimostrava un’attenzione speciale, anche con regali pensati per farmi felice. Io investivo nel mio sentimento testa e cuore e lui molta pazienza. Entrambi i sentimenti si sarebbero rafforzati quando in seguito lui sarebbe tornato un uomo libero.

Pascale a Bruno Vespa: "Il pilota Alberto Ceccotti mi ha insegnato a guidare la moto. Silvio non voleva"
Pascale a Bruno Vespa: “Il pilota Alberto Ceccotti mi ha insegnato a guidare la moto. Silvio non voleva”

L’anno seguente, il 2007, fu, da subito, un anno terribile. Mamma si ammalò di tumore. Il presidente la fece ricoverare e assistere al San Raffaele di Milano, ma non ci fu niente da fare. Non le avevvo raccontato niente di noi. Ma l’ultima cosa che mi disse prima di morire fu: «Francesca, mi raccomando…E’ più grande di te…Salutalo da parte mia…».

A pochi mesi di distanza anche il presidente perse sua madre, alla quale era straordinariamente legato, e qualche tempo dopo sua sorella Etta, e la nipotina figlia di Etta. Le telefonate si fecero più frequenti. Nel 2009 io diventai consigliere provinciale a Napoli. Coi i suoi voti, naturalmente.

Il 13 dicembre del 2009 dopo una manifestazione in piazza del Duomo a Milano il presidente subì un grave attentato. [quote]A Milano quando lo aggredirono con la statuetta svenni [/quote]Girò la testa in tempo e si salvò la vita. Ero presente: svenni. Mi soccorse Maria Tripodi, del giovanile di Forza Italia: «Franci, è vivo!». Poi lo vidi fare un gesto di saluto dall’auto con la faccia insanguinata. Mi precipitai in ospedale ma non volevano farmi entrare.

Prime festività natalizie (2012) ad Arcore di Fracesca Pascale (photo Ansa/Anticoli)
Prime festività natalizie (2012) ad Arcore di Fracesca Pascale (photo Ansa/Anticoli)

Chi ero? Finalmente entrai e conobbi Marina. Ha le qualità e la grinta del padre. Ma è anche tenera, delicata, dolce perché è donna e madre. [quote]Il mio sogno era che la figlia Marina scendesse in politica[/quote]Sognavo che scendesse in campo, ma B. le vuole troppo bene per esporla a subire quel che ha dovuto subire lui. La vista di padre e figlia così vicini ee così innamorati l’uno all’altra mi commosse. Io mi sentii imbarazzata nel presentarmi. Ma lei fu aperta e gentilissima. Così non ci fu una notte in cui non sia rimasta al San Raffaele al fianco del presidente.

Gli dicevo: “Tra noi ci sono quasi cinquant’anni di differenza, è vero, potrei esserti figlia e perfino nipote. [quote]Io sono innamorata di te. Lui: “Ragiona, io ti stimo ma non posso darti un futuro”[/quote]Lo so che hai tantissime aspiranti fidanzate. Ma io sono innamorata di te e, prima o poi, tu ti innamorerai di me”. Lui resisteva: “Devi ragionare. Io ti stimo e ti voglio bene ma non posso darti un futuro…”. Questa storia del futuro continuò a ripetermela per molto tempo ed io ci soffrivo moltissimo.

Francesca Pascale con Mariarosaria Rossi
Francesca Pascale con Mariarosaria Rossi

“Io ti voglio molto bene”, mi diceva “ma mezzo secolo di differenza tra noi è insuperabile”. Io continuavo a tenere a distanza le tante signore e signorine che stravedeano per lui e gli facevano la corte. [quote]Sono gelosissima. E lui è come il mile per le mosche ma poi ho sbarazzato tutta la “concorrenza”[/quote]Ma lui era come il miele per le mosche: leader politico, capo del governo, presidente del Milan, numero uno della televisione e del cinema, simpatico, ironico, affascinante e con una fama indiscussa di grande amatore. Ce n’era abbastanza per disperarmi. Ma io tenni ugualmente duro: «Si accorgerà che nessun’altra può arrivare ad amarlo come lo amo io».

Furono anni molto difficili. Partecipai anch’io a qualcuna delle famose “cene eleganti”, che in effetti tali erano. Ho conosciuto quasi tutte le donne che assediavano il presidente e sono stata gelosissima di tutte. [quote]Da Noemi Letizia ai suoi 18 anni c’ero anch’io[/quote]Come lo sono ancora, anche di una commessa che vuole farsi una foto con lui. In questo sono peggio di una siciliana. Noemi Letizia? E’ vero che siamo amiche. Alla festa dei suoi 18 anni c’ero anch’io.

Berlusconi tra Michelle Bonev Nicole Minetti e Francesca Pascale
Berlusconi tra Michelle Bonev Nicole Minetti e Francesca Pascale

Dopo la serata il presidente mi disse: «Vedrai che riusciranno a dire qualcosa di negativo sulla mia partecipazione al compleanno di questa Noemi. Avevo promesso di esserci e come al solito ho mantenuto la parola. [quote]Dalla D’Urso l’ufficializzazione: Con lei ci sto bene[/quote]Hai visto anche tu quanta gente c’era e quante foto ho fatto. Ma mi sa che ci monteranno sopra una storia…».

Finalmente, il 16 dicembre 2012, nella trasmissione di Barbara D’Urso, lui, rispondendo a una inaspettata domanda di Barbara, si lasciò andare e dichiarò pubblicamente: «Francesca è la mia fidanzata, con lei mi sento bene…». Finalmente. Era ora.

Da allora sono sempre al suo fianco, lo inseguo, lo assedio, lo controllo, non lo lascio mai. Adesso stiamo cercando una casa a Roma. Perché Palazzo Grazioli è di una tristezza unica con la finestra del suo studio che guarda un vicolo e lo costringe a tenere la luce sempre accesa.

Francesca Pascale con Berlusconi - Oggi
Francesca Pascale con Berlusconi – Oggi

Ma lui da dov’è non si vuole muovere perché Grazioli funziona: è casa, è ufficio, è partito, è tutto. Comunque io non dispero. Vorrei per noi una casa normale, luminosa, moderna e soprattutto separata dall’ufficio.

Com’è lui in privato? E’ tenerissimo, divertente, ironico, instancabile. I film che amo io, quelli romantici, i supereroi, i cartoni non gli piacciono. Non ricordo un film visto con lui. Legge, scrive, studia, pensa, telefona continuamente. Liti? Spesso e su ogni argomento: anche su come collocare un soprammobile su una mensola. Mi dà sempre torto. Ma pochi minuti dopo….”

Orrore in Pakistan. Cristiani bruciati vivi da mille musulmani e l'Italia gli dà 35 euro al giorno

blasfemia pakistan asia bibi
Una manifestazione per l’abolizione della legge sulla blasfemia in Pakistan

La spirale di violenza e orrore contro i Cristiani nel mondo aumenta di ora in ora. L’ultima strage a danno di una coppia di cristiani è stata consumata in Pakistan. Secondo quanto riferisce l’Agenzia Fides,  marito e moglie, genitori di tre bambini, sono stati arsi vivi da una folla di musulmani, provenienti da cinque villaggi a Sud di Lahore (provincia del Punjab), che li accusavano di aver commesso blasfemia, per aver bruciato delle pagine del Corano. Lui si chiamava Shahzad 26 anni, lei, Shama di soli 24 anni.

simboli-cristiani-bruciatiA comunicarlo all’agenzia è stato l’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, difensore dei diritti umani, che chiamato da altri cristiani si è recato sul luogo del tragico avvenimento, il villaggio “Chak 59”, nei pressi della cittadina di Kot Radha Kishan, a sud di Lahore.

I due, che lavoravano in una fabbrica di argilla, sono stati sequestrati e tenuti in ostaggio per due giorni, a partire dal 2 novembre, all’interno della fabbrica. Questa mattina alle ore 7.00 sono stati spinti nella fornace dove si cuociono i mattoni. Come spiegato l’avvocato Gill, l’episodio incriminato, cioè la supposta blasfemia, è relativo alla recente morte del padre di Shahzad.

Strage di cristiani in Nigeria  (photo/Gbenga Akinbule/AP)
Strage di cristiani in Nigeria (photo/Gbenga Akinbule/AP)

Due giorni fa Shama, ripulendo l’abitazione dell’uomo, aveva preso alcuni oggetti personali, carte e fogli dell’uomo, ritenuti inservibili, facendone un piccolo rogo. Secondo un uomo musulmano che ha assistito alla scena, in quel rogo vi sarebbero state delle pagine del Corano. L’uomo ha quindi sparso la voce nei villaggi circostanti e una folla di oltre 100 persone ha preso in ostaggio i due giovani.

Stamane il tragico epilogo. La polizia, avvisata da altri cristiani, è intervenuta constatando il decesso e arrestando, per un primo interrogatorio, 35 persone. L’avvocato Gill dice a Fides: “E’ una vera tragedia, è un atto barbarico e disumano”.

 

Miliziani integralisti dell'Isis
Miliziani integralisti dell’Isis

“Il mondo intero – ha detto l’avvocato – deve condannare fermamente questo episodio che dimostra come sia aumentata in Pakistan l’insicurezza tra i cristiani. Basta un’accusa per essere vittime di esecuzioni sommarie e extragiudiziali. Vedremo se qualcuno sarà punito per questo omicidio”.

Lo Stato garantisce un reddito ai clandestini
35 euro al giorno più servizi ai clandestini richiedenti protezione

Nel Belpaese si parla molto di accoglienza e integrazione verso gli immigrati molti dei quali con radici musulmane che giungono a migliaia sulle coste a Sud dell’Ue. Ai clandestini e ai richiedenti protezione gli stati Ue garantiscono diritti e dignità, denaro e assistenza. Costruiscono loro moschee dove recarsi a pregare con soldi pubblici. Non ci sono “leggi nere” sulla blasfemia, non esistono torture e barbarie per chi dissente da un’altra religione.

35 euro al giorno più servizi ai clandestini richiedenti protezioneIn Italia, cosi come in altri stati membri a molti migranti di fede islamica viene riconosciuto ciò che viene negato ai cittadini italiani: un reddito minimo. Loro percepiscono 35 euro al giorno, vitto, alloggio, schede telefoniche, vestiario, lavanderia, servizi, trasporti, pulizia degli alloggi, mediatori culturali e tantissimi altri servizi che sono negati ai cittadini stremati dalla crisi e schiacciati dal peso dell’enorme discriminazione che subiscono ogni giorno.

Basta visitare i siti delle prefetture italiane per vedere i bandi del ministero dell’Interno di Alfano e rendersi conto di quanti quattrini i cittadini sborsano per assistere chi viene in Italia attraverso gli sbarchi. Si tratta di milioni di euro pagati dallo Stato che li nega appunto a quelle famiglie italiane che non sbarca la prima settimana del mese e non potranno mai avere un sussidio o un reddito di cittadinanza.

Forse un modo c’è. Quello di andare in Libia e imbarcarsi come profugo verso l’Italia, stracciando documenti e resettando la propria esistenza. Vieni in Europa e ti danno 1.200 euro al mese, vitto, alloggio, vestiario, servizi e tanto altro. E forse anche un vitalizio.

Matteo Salvini vuole prendersi il Centrodestra. Partendo dal Sud

Matteo Salvini
MI RIPRENDO IL CENTRODESTRA Matteo Salvini (photo Monaldo/LaPresse)

Francesco Borgonovo per Libero

Un sondaggio di Nando Pagnoncelli appena pubblicato dal Corriere della Sera spiega che il secondo leader politico di cui gli italiani si fidano di più, dopo Renzi, è Matteo Salvini. Il dato è notevole: 28% di consensi. E in effetti il momento è più che propizio, per il segretario della Lega Nord. Anche il suo partito cresce. Un altro sondaggio, realizzato da Demoskopea per Otto e mezzo, quota il Carroccio al 9%. Una cifra incredibile, se si pensa che nel febbraio scorso lo stesso istituto lo dava al 3,8%.

Salvini sembra avere tutta l’intenzione di capitalizzare questo patrimonio. Nelle settimane passate aveva annunciato – anche a Libero – la nascita di una specie di «Lega del Sud», per coinvolgere i simpatizzanti da Roma in giù. Pure ieri, nel corso dell’intervista che segue, esprimeva la sue idee su una delle Regioni più disastrate d’Italia, la Sicilia:

«Non voglio togliere l’autonomia alle Regioni che ce l’hanno. Il Trentino Alto Adige, la Valle d’Aosta e pure la Sicilia. Ai siciliani direi può che userei i soldi in maniera diversa. Adesso vengono utilizzati solo per assistere. Io invece li utilizzerei per produrre. Certo, se servisse lascerei anche a casa qualcuno dei dipe ndenti in eccesso. Ma prima di tutto farei in modo di consentire alla Regione di produrre. Per quanto riguarda la pesca e l’agricoltura, per dire, la Sicilia è tra le prime vittime di Bruxelles».

berlusconi e lo svuotamento di forza italia
Salvini ha fiutato l’emorragia di voti da Forza Italia. Il nuovo partito è un tentativo per creare un argine al centro sud per evitare che milioni di voti vadano a Renzi, a Grillo o nell’astensione.

Lo sguardo a Sud, dunque, resta. L’idea di «Lega dei popoli», invece, appare ormai superata. Salvini punta più in alto, e si è scelto un compito non facile: quello di ricostruire il centrodestra. Nel frattempo, gira come una trottola: va in Emilia – dove una consigliera leghista è appena stata schiaffeggiata in un campo rom – per sostenere la campagna elettorale. Girerà il Meridione e prosegue la battaglia contro Bruxelles. E, nei momenti liberi, va in tv. Come ieri, quando nel salotto di Lilli Gruber ha asfaltato Alessandra Moretti del Pd.

Salvini, si è parlato molto nei giorni scorsi di «Lega dei popoli» e di apertura a Sud. Ci dice quali sono i suoi obiettivi?
«Vogliamo avere la maggioranza in Italia, non mi interessa crescere di due punti percentuali. Noi ci stiamo preparando al futuro. Dopo Renzi non ci sarà il diluvio, ma la ricostruzione. Per questo stiamo ripensando tutto. L’idea della Lega dei popoli è nata prima delle elezioni, quando la Lega era al 4%. Ora c’è una scommessa più grande. La Lega Nord rimane la Lega Nord, sta qui e continua a crescere. Domani, fra l’altro, farò una conferenza stampa con Zaia e Maroni per parlare di questo disastro che è la manovra di Renzi. Da Roma in giù lanceremo un nuovo punto di riferimento per tutto il centrodestra, che non è necessariamente la Lega dei popoli».

COME FRATELLI Matteo Salvini con Giorgia Meloni legati da un destino comune
COME FRATELLI Matteo Salvini con Giorgia Meloni Legati da un destino comune?

Che struttura avrà?
«La struttura più veloce e agile possibile. Io ogni giorno ricevo centinaia di richieste da tutta Italia. Non penso che ci si debba rinchiudere nella forma partito. Preferisco individuare una serie di punti fondamentali: no all’immigrazione; no alle moschee; sì a un drastico taglio delle tasse per ridare fiato alle imprese. Non a caso il 13 dicembre abbiamo in programma un evento con l’inventore della Flat Tax, l’economista Alvin Rabushka (sostenitore dell’aliquota unica al 15%, ndr). E poi un no deciso a questa Europa, che è quella della sinistra. Dobbiamo riappropriarci della sovranità nazionale e monetaria. E non dimentichiamo i valori, su cui oggi il centrodestra viaggia in ordine sparso: la famiglia, la cittadinanza, lo Stato sociale…Non mi interessa un centrodestra che sia una sommatoria di Lega, Forza Italia, Ncd… Mi interessano i contenuti».

La Lega cresce, ma il suo consenso personale di più.
«A me le personalizzazioni non piacciono, le lascio a Renzi. E infatti mi inorgoglisce che la Lega stia crescendo. È vero che il mio consenso personale va anche oltre, intorno al 28% (addirittura il 33%, secondo gli esperti russi incontrati nel viaggio a Mosca, ndr)».

Potrebbe quindi nascere un soggetto politico nuovo incentrato sulla sua persona?
«Sì, potrebbe. Dove non c’è la Lega, attorno al segretario della Lega – che non è un passante – e attorno a quella “carta dei valori” di cui ho parlato prima, potrebbe nascere un nuovo soggetto, un’alternativa a Renzi. Del resto lo abbiamo visto da che parte sta il premier: sta con Confindustria, ha scelto i grandi. Noi scegliamo i piccoli».

In sostanza, pensa a un cartello elettorale.
«Non è un cartello elettorale. Anche perché le elezioni non so quando si faranno, dipende da Renzi, non da me. Il mio è un progetto culturale. Al centrodestra, adesso, manca una prospettiva. Eppure ci sono tanti intellettuali che possono contribuire. E approfitto anche di Libero per chiamarli a raccolta. Da Pietrangelo Buttafuoco a Massimo Fini. Anche quelli politicamente scorretti. Anzi, più scorretti sono e più ci piacciono. Il nostro obiettivo è sfidare Renzi, siamo un’alternativa moderna a questo centrosinistra».

E l’idea di Salvini che fa il sindaco di Milano mentre Giorgia Meloni prova a prendersi Roma?
«Io ho Milano nel cuore, è la mia città. Però se l’emergenza è nazionale credo che Milano possa aspettare, anche perché dal governo dipendono pure i destini della città. E Renzi nel frattempo ci sta impiccando».

Quale nome avrà questo nuovo soggetto?
«Sul nome stiamo lavorando, ci interessava di più elaborare i contenuti. Il mio nome potrebbe anche esserci, vedremo».

Silvio Berlusconi saluta i suoi
Silvio Berlusconi saluta i suoi (photo Scrobogna/LaPresse)

Come sono i rapporti con Fratelli d’Italia?
«I rapporti sono buoni. Il mio problema è quello di non scadere nella nostalgia, nei rimpianti di quello che è stato prima. Io voglio guardare al futuro, non al passato. Chi ci sta è con noi».

Anche CasaPound?
«Guardi, chi è d’accordo con i quattro o cinque princìpi che ho espresso prima, è il benvenuto. Ieri ho incontrato degli elettori di Pisapia che la pensavano come me, dunque… Noi spaziamo».

Apriamo il capitolo Berlusconi.
«Berlusconi pensa a una nuova edizione di Forza Italia, però il mondo è cambiato. Il popolo che non è di sinistra ha bisogno di idee chiare, anche a livello internazionale. Faccio qualche esempio. La Turchia deve entrare in Europa? Assolutamente no. L’islam? È un problema. Bruxelles? L’Europa di oggi è l’Unione Sovietica. Anche su questi temi bisogna avere una posizione chiara. Io sabato sarò a Pescara per partecipare a un convegno col professor Alberto Bagnai sul dopo-Euro. O ci leviamo da questa gabbia o soffochiamo».

Forza Italia può stare dentro al suo progetto?
«Io credo che ci stiano gli uomini e le donne di Forza Italia. Quelli che l’hanno votata. Penso che il nostro progetto politico piaccia anche a loro, che ci siano tante cose in comune. Per quanto riguarda Berlusconi, glielo chiederemo, vedremo… Ma il soggetto che lanciamo va al di là delle forze politiche esistenti. Ecco, quello che mi rifiuto di fare è di mettermi seduto a un tavolo a trattare con i vari Cicchitto, Casini, Alfano… Io non patteggio niente».

Mi pare che così ci si allontani dal centro.
«Qualcuno del centro andrà con la sinistra, ma non è una novità: la realtà è che sono già con la sinistra. Io credo ce ne siano anche altri che si riconoscono in una destra moderna. Destra liberale ma anche destra sociale. Questi decideranno: non si può tenere il piede in due scarpe».

Che differenza c’è tra il soggetto che ha in mente e la Casa delle libertà?
«La differenza è che noi riusciremo a concretizzare. La Cdl aveva un progetto buono, ma per mille motivi non è riuscita a portarlo a termine. Io penso che invece, in questo momento storico, sia possibile farlo. La situazione è cambiata. Lo vedo per esempio sui temi dell’autonomia e del federalismo. Dieci anni fa il Sud probabilmente non era pronto ad affrontarli. Ora invece c’è fermento, questi argomenti vengono discussi e approfonditi, c’è una sensibilità diversa».

A proposito di Sud. Circolano tanti nomi in questi giorni, per esempio quello di Adriana Poli Bortone.
«Le richieste ci arrivano da sindaci, consiglieri regionali… Certo, non mi interessa chi sale sul carro e si accoda per avere un posticino o una poltroncina. Cercheremo di fare un mix di esperienza e novità. Anche l’esperienza può riverlarsi utile e importante per questo soggetto politico che presenteremo il 24 novembre».

Lei si sta impegnando per le elezioni in Emilia Romagna, andrà al Sud: si dà da fare. Ma anche Flavio Tosi sta girando parecchio… Che ne pensa delle sue posizioni?
«Penso che tutte le energie positive servano. Se il suo progetto è allargare i confini della Lega… beh, è anche il mio».

In realtà non sembrano così coincidenti, i vostri progetti… Lei pare un po’ meno moderato.
«Sì, l’aggettivo che meno mi si addice è “moderato”. Ma credo che anche la borghesia, diciamo così, sia stanca di essere “moderata”. Ecco, diciamo che a dialogare con Passera proprio non mi ci vedo…».

Regionali Campania, Quagliariello avverte Stefano Caldoro

regionali campania
L’ex ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello

Adriana Logroscino per il Corriere del Mezzogiorno

Regionali Campania – “Da Ncd ultimatum a Stefano Caldoro: fino a quando non chiarirà la linea politica (disconoscendo il diktat di Berlusconi «mai con Ncd» e dando un valore strategico all’alleanza con Ncd) gli alfaniani diserteranno i lavori di consiglio e di giunta regionale. Lo dicono i dirigenti campani della nascente Costituente popolare, riuniti da Nunzia De Girolamo, che pongono cinque condizioni su programmi e candidature.

E lo conferma Gaetano Quagliariello che di Ncd è coordinatore nazionale. «Si prenda atto della rottura tra noi e il vecchio centrodestra. Ora servono dichiarazioni politiche della volontà di costruire una nuova alleanza alternativa alla sinistra». Gli alfaniani decideranno il 18 novembre. E sarà una decisione uniforme in tutte le Regioni al voto.

Senatore Quagliariello, Ncd ultimamente sembra spiazzato dagli eventi.
«La nostra missione invece è molto chiara: rafforzare l’identità e il radicamento territoriale che, al Sud, è già molto solido. Chi vuole stare con noi, sceglie di stare con il primo nucleo di una forza di alternativa più ampia, che tiene insieme liste civiche, Popolari per l’Italia, Udc, e lancia una sfida al centro. Noi non lo lasceremo sguarnito perché altri lo colonizzino definitivamente».

Gaetano Quagliariello con Stefano Caldoro e Nunzia De Girolamo
Gaetano Quagliariello con Stefano Caldoro e Nunzia De Girolamo

Il Pd di Matteo Renzi? Ma voi siete rappresentati m quel governo. Non è contraddittorio?
«Siamo con Renzi a Roma perché questa è una fase di transizione e di emergenza nazionale. Un po’ come capitava al Psi che governava con la Dc e a livello locale percorreva altre strade proiettandosi verso una possibile alternativa».

La vostra alternativa, però, qual è?
«Noi siamo con noi stessi. Dicano i candidati, dica Caldoro se vuole davvero creare una proposta nuova, diversa da quella di cinque anni fa. Se lo farà, se prenderà le distanze da quel “mai con Ncd”, pronunciato da Berlusconi, saremo pronti a sostenerlo».

Altrimenti?
«Altrimenti saremo fuori da questo schieramento. Ma non significa automaticamente che andremo a sinistra. Il sistema bipolare non esiste più. Berlusconi, scegliendo la destra identitaria e lepenista e sguarnendo il centro, ha minato il bipolarismo e ha scelto di non competere per vincere: Calabria docet».

Ma il sistema elettorale regionale vi obbliga a scegliere una coalizione, pena l’irrilevanza.
«Nel quadro attuale, secondo o terzo polo hanno lo stesso peso; se i candidati governatori opposti allo schieramento di sinistra non aprono alla costituente popolare, si candidano alla sconfitta certa. E finora , da quello schieramento, non sono giunte voci forti e chiare di volersi emancipare da una strategia di Gaetano Quagliariello Coordinatore Ncd sconfitta».

A proposito della costituente popolare, Ncd e Udc per il momento non parlano con una sola voce, non dovunque: se sulle alleanze vi spaccaste?
«Non accadrà. Il primo paletto del nuovo soggetto politico è fare le scelte insieme. Discuteremo e decideremo».

Non osserva un disorientamento degli elettori moderati?
«Certo, sì . Ma è finita una stagione. E la ricostruzione non si improvvisa».

Le elezioni, però, arrivano. Che termine si da Ncd per schierarsi?
«Il 18 novembre riuniremo a Roma i coordinatori delle 6 regioni al voto in primavera. Vareremo una strategia comune a tutte, salvo eccezionali laboratori che potrebbero essere sperimentati a livello locale. Laboratori con un tratto strategico e programmatico. Non furbizie lessicali per aggirare l’ostacolo».

Gioia Tauro, Santelli (Forza Italia) sollecita la "Zes" a Giovanni Toti

Panoramica notturna del Porto di Gioia Tauro
Panoramica notturna del Porto di Gioia Tauro

“Chiedo formalmente a Giovanni Toti di impegnarsi in maniera diretta e personale per sostenere a Bruxelles la Zona economica speciale a Gioia Tauro, su cui anche oggi abbiamo registrato un accorato appello di Confindustria”. La sollecitazione arriva dalla coordinatrice regionale di Forza Italia, Jole Santelli, nel corso di un incontro a Lamezia Terme a sostegno della candidatura di Wanda Ferro alla presidenza della Regione Calabria, rivolgendosi all’europarlamentare e consigliere politico di Silvio Berlusconi.

La parlamentare di Forza Italia Jole Santelli
DECISA La parlamentare di Forza Italia Jole Santelli chiede la Zona economica speciale per Gioia Tauro

“Gioia Tauro – sottolinea la parlamentare azzurra – oggi è uno straordinario porto di transhipment ma, quanto alle ricadute sul territorio, è una sorta di fantasma. Quello che noi vogliamo è che la Zes venga istituita perché può rappresentare lo strumento in grado di trasformare questa infrastruttura nel volano dello sviluppo del territorio calabrese, un’opportunità vera per far ripartire l’economia reale della Calabria, facendo assumere – ha concluso la Jole Santelli – alla nostra regione un ruolo baricentrico nel bacino del Mediterraneo”.

Di Zona economica speciale (Zes) ne parlò anche l’ex presidente della giunta regionale calabrese, Giuseppe Scopelliti quando il governo Letta decise d’intesa con l’Opac il trasbordo delle armi chimiche siriane a Gioia Tauro.

Porto di Gioia tauroLa Zes è una sorta di “zona franca”, a fiscalità di vantaggio come ne esistono molte sul pianeta. Un’area dotata di una legislazione economica diversa dalla normativa in vigore nel paese di appartenenza. In genere sono create per attrarre maggiori investimenti stranieri proprio in virtù dello status speciale che prevede vantaggi tributari e maggiore autonomia nella gestione delle attività legate al commercio internazionale.

Il Porto di Gioia Tauro, ha tutte le carte in regola per essere trasformata in Zes. E’ sufficiente la volontà politica. Quello calabrese è il primo porto nel Mediterraneo, il terzo d’Europa dopo Rotterdam e Amburgo con un movimento di container che ha superato negli anni pre-crisi i 3 milioni e mezzo.

Oggi si configura, come dice a ragione la Santelli, come un “porto fantasma”, dedito al traffico illecito di stupefacenti, rifiuti e merci contraffatte per un giro vorticoso di denaro gestito interamente dalla ‘Ndrangheta che, evidentemente, è riuscita a penetrare laddove lo Stato avrebbe perso il totale controllo.

“Ndrangheta? Io non parlo senza prove”. La gaffe del ministro Lanzetta

Il Ministro Maria Carmela Lanzetta
SCIVOLONE SULLA ‘NDRANGHETA Il Ministro Maria Carmela Lanzetta

Contro la ‘Ndrangheta ci vogliono prove.  “E io, finché non ho le prove, non parlo”. A scatenare il putiferio proprio nel giorno dei defunti, sono le dichiarazioni al Corriere della Sera della ministra degli Affari regionali Maria Carmela Lanzetta, secondo cui per accusare le cosche ci vogliono elementi schiaccianti. Altrimenti? Beh, altrimenti in assenza di prove nessuno parli. Almeno lei fa così.

La più potente organizzazione criminale del mondo può dormire sonni tranquilli. Può benissimo continuare a fare i suoi sporchi affari, i suoi business spregiudicati e illegali, uccidendo e torturando imprese e cittadini, condannando interi territori al sottosviluppo. Secondo questa balzana teoria, lo sforzo di magistrati in trincea a combattere le ‘ndrine è del tutto vano.

Da sinistra i ministri Lanzetta Madia e Boschi
SMARRITA Il ministro Lanzetta insieme alle colleghe Madia e Boschi. In Cdm quando scioglie i comuni per Mafia chiede “prove schiaccianti”?

C’è da chiedersi a questo punto a che serve arrestare esponenti dei clan mafiosi se la pubblica accusa non ha prima le prove? A che servono le norme antimafia? A cosa sono serviti i sacrifici di uomini come Falcone e Borsellino? (A dirla tutta quelle parole offendono la loro memoria…). Di uomini di grande coraggio come Nicola Gratteri (per sua fortuna, mancato collega della Lanzetta…). Uomini che non hanno “prove” a priori quando mettono alla sbarra i mafiosi. A cosa serve parlare ai ragazzi di legalità quando un esponente importante del governo ti dice che per combattere la mafia ci vogliono le prove? A cosa è servita la scomunica dei mafiosi di Papa Francesco? Eppure insieme ai suoi colleghi ministri si rende partecipe dello scioglimento di comuni per infiltrazioni mafiose. Cosa fa il ministro? Chiederà prima ai prefetti “prove schiaccianti”?  Come l’ha messa la Lanzetta, la sua dichiarazione somiglia  un po’ all’antico retaggio siciliano. “La mafia? Nun sacciu, nun vedu e nun sentu”. 

Maria Carmela Lanzetta alla CameraRipercorrendo la sua storia, ci sono almeno tre circostanze che il ministro degli Affari regionali Maria Carmela Lanzetta ricorda bene nella sua vita istituzionale. La prima circostanza, ai tempi della guida del comune di Monasterace, in provincia di Reggio Calabria. Clan mafiosi o criminalità comune o organizzata, (presunti tali, direbbe lei) la presero di mira con numerose intimidazioni, le più gravi delle quali gli spari alla sua auto e l’incendio alla farmacia di famiglia. Intimidazioni e minacce che la costrinsero ad annunciare le dimissioni additando lo Stato di averla abbandonata nella sua lotta ai clan della Locride, l’area a più alta densità mafiosa d’Europa. Episodio molto eclatante che balzò sulle prime pagine dei giornali nazionali. All’indomani piovvero attestati di stima e solidarietà. Diventò ben presto simbolo antimafia su cui poi vedremo, costruirà la sua fortuna politica.

L'ex segretario Pd Pierluigi Bersani esprime solidarietà a Lanzetta
L’ex segretario Pd Pierluigi Bersani esprime solidarietà a Lanzetta

L’allora segretario del Pd Pierluigi Bersani si recò a Monasterace insieme allo stato maggiore del partito per esprimerle solidarietà. Lanzetta, stretta da tanto calore e vicinanza, si convinse a ritirare le paventate dimissioni. La seconda volta, lasciò l’incarico in polemica con il voto contrario di un suo assessore in merito alla costituzione di parte civile del comune contro alcuni indagati in un procedimento penale a carico di un dipendente comunale accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Un voto che l’allora sindachessa ritenne  un “vulnus” rispetto alla nuova impostazione amministrativa “improntata sulla legalità e sul rispetto delle regole”.

M.Carmela Lanzetta - El Pais
Maria Carmela Lanzetta su El Pais

La seconda circostanza, quando da “icona antimafia” divenne una Star. Le interviste si sprecarono. Tutti la cercarono per parlare di cultura della legalità e mafia nelle scuole, nei convegni. Il suo coraggio di resistenza era un esempio. Diventò celebre insieme ad altri sindaci donna, alfieri della “lotta alla ‘Ndrangheta in Calabria”. Con le colleghe di Rosarno, Elisabetta Tripodi; di Decollatura, Annamaria Cardamone e Caterina Girasole, sindaco di Isola Capo Rizzuto (quest’ultima poi arrestata con l’accusa di voto di scambio e concorso con ambienti mafiosi), Lanzetta era tutti i giorni in Tv e sui media.

Della loro “battaglia antimafia” se ne accorse addirittura il quotidiano spagnolo “El Pais” che con un lungo reportage eresse le quattro sindachesse “coraggiose” a simbolo della legalità in Calabria. Tutte donne Pd, allora di fede bersaniana. Il giornalista del Corriere Goffredo Buccini le dedicò pure un libro” L’Italia quaggiù. Maria Carmela Lanzetta e le donne contro la ‘ndrangheta”. 

L’ultima circostanza risale al febbraio 2014. E’ il giorno della formazione del governo. Renzi da presidente incaricato scioglie la riserva e si reca al Colle. La Lanzetta per puro caso diventa ministro della Repubblica. Per puro caso, quasi a sua insaputa perché Renzi salì al Quirinale con una lista e ne usci con un’altra. Un gran lavoraccio per Delrio che dovette fare da tappabuchi a tutte le obiezioni del Colle. Maria Carmela riceve nella sua farmacia la telefonata di Delrio: “Vuoi fare il ministro?” Lei ci pensa su incredula e ha detto si. “Evviva!”. E la Calabria, regione di ‘ndrangheta, collusioni e malaffare, ebbe il suo ministro donna.

Di cosa sia successo al Quirinale quel giorno si hanno indizi e sospetti ma non ci sono le prove. Arcinoto è il siluramento di Gratteri, già di fatto Guardasigilli sostituito all’ultimo minuto da un imbarazzatissimo (e poco entusiasta) Orlando.
Taciturna, Maria Carmela Lanzetta, ha scalato il potere con inedito e sorprendente successo. Difficile ricordare che un sindaco di appena tremila anime nella Locride, con una esperienza amministrativa modesta alle spalle (dopo sette anni di sindacatura il suo comune pieno di debiti, le inchieste, subito archiviate, su presunti appalti…), venisse catapultata dalla fortuna a ricoprire un ruolo apicale nel governo nazionale.

E con una delega importante: gli Affari regionali, autonomie e sport, un dicastero che dovrebbe occuparsi anche della riforma del Titolo V della Costituzione. Roba ben più importante di riassestare strade di paese o pali della pubblica illuminazione.

Maria Carmela Lanzetta il giorno del giuramentoDi lei tutti ne parlano bene. E’ persona ingenua, discreta e laboriosa. Una tipa che parla poco e tenta di fare i fatti, anche se lei e il suo lavoro “non si vedono”.

“Il ministro fantasma”
, la definì il settimanale “l’Espresso” invocando addirittura la trasmissione “Chi l’ha visto” per avere sue notizie. “La titolare del dicastero degli Affari Regionali è un ectoplasma: da mesi non si sente un suo intervento o una sua dichiarazione”, è il sommario dell’articolo a firma di Guido Quaranta.

Ci torna Fabrizio Roncone  del Corsera che cerca conferma se fosse o meno un “ministro invisibile”. Il giornalista pone due “domandine seccanti” in coda all’intervista e mette in crisi lei e il governo Renzi. La notizia sta lì, nell’ultima delle “domandine”. 

Allora, domanda il cronista: “Non è un po’ curioso che lei guidi il dicastero degli Affari regionali dopo aver lasciato il Comune che ha governato per sette anni, Monasterace, in un pozzo di debiti? «Sa da dove le sto rispondendo? Proprio da Monasterace. E posso dirle che qui mi vogliono ancora tutti bene e mi rispettano. E sa perché? Perché conoscono la mia onestà e…». Le chiedevo dei debiti, incalza Roncone: «Li trovai. Appena mi insediai, trovai i conti del Comune in rosso, tremendamente in rosso. Ci pensai un po’ e presi una decisione: voglio provare a risanare questo Comune. Purtroppo non ci sono riuscita. Sono coraggiosa e lo ammetto».

lanzetta corseraLa seconda domanda più seccante del Corriere. “Quando era sindaco, le fu incendiata la farmacia di famiglia e la sua Fiat Panda fu centrata da quattro colpi di pistola. Per questo, e per molto tempo, lei è stata considerata un sindaco anti ‘ndrangheta e…”.

«No, aspetti…”, mette subito le mani avanti il ministro – “La ‘ndrangheta? Io non ho mai parlato di ‘ndrangheta. Non l’ho fatto perché per dire una cosa del genere bisogna avere le prove. E io, finché non ho le prove, non parlo».
Come se la Farmacia si fosse bruciata per combustione chimica di farmaci o, come ironizzava tagliente Michele Mercuri su Twitter, “Fu la sua panda ad andare a sbattere contro 4 pallottole”. Sintesi illuminante del Lanzetta pensiero.

“Però è stata a lungo considerata sindaco anti ‘ndrangheta…” è la nuova domanda.
«Sono sotto scorta. Ma la utilizzo solo per spostamenti necessari. Per dire: ho il mare a cento metri, ma non ci vado. Ecco…».

Prima ancora della “notizia” sulla ‘ndrangheta, un chiacchiericcio con poco appeal. Che in effetti il ministero che guida Lanzetta “non è di interesse” per l’opinione pubblica è cosa scontata. “Non sono io a essere invisibile, ma il mio lavoro”, dice. Quindi se “non sono interessante, i giornalisti non mi cercano. Meglio la Boschi che cura i rapporti col parlamento. Dopotutto “non vi siete persi granché”, afferma spensierata. Nel colloquio col Corriere l’esponente di governo si lascia andare e parla dei suoi rapporti con il premier. “Renzi parla, parla tantissimo… è un vulcano di idee… comunque, quando poi qualcuno di noi ministri vuol dire qualcosa, uno alza la mano e lui ci fa parlare…». Straordinaria. Il cronista le chiede: “Ma Renzi vi fa parlare liberamente? «Certo – risponde il ministro. Non ci ha mai tolto la parola, mai. Finora, giuro, non è mai successo». Ci mancherebbe pure, direbbe più di qualcuno. Insomma una giornata da dimenticare per il ministro.

Pare che Renzi – così come ambienti politici nazionali – sia molto irritato per le parole del ministro Lanzetta sulla ‘ndrangheta. Ma lei sarà come sempre pronta a smentire e tornare sui suoi passi: “Dove sono le prove che io abbia detto queste cose?”.

Il sesso? Ecco come lo sognano uomini e donne

sogni erotici femminili Sogni una notte bollente con due donne? E’ normale, mentre fantasticare sul rituale della “pioggia dorata” (meglio nota come pissing) non lo è. E ancora, lui è più vario nelle sue fantasie, mentre lei più spesso sogna rituali di sottomissione in stile “50 sfumature”. Ma a differenza degli uomini, le donne distinguono bene tra fantasia e desiderio, tanto che non sempre vorrebbero veder realizzate le loro fantasie più hot.

sogni erotici maschiliSono solo alcuni dei risultati di un progetto di ricerca che per la prima volta censisce le fantasie sessuali, definendo scientificamente le deviazioni. A firmare il lavoro sono i ricercatori dell’Institut universitaire en santé mentale de Montréal e dell’Institut Philippe-Pinel de Montréal, affiliato con l’Università di Montreal (Canada).

amantiAnche se molte teorie sulle fantasie sessuali devianti incorporano il concetto di fantasie atipiche, o parafilie, la letteratura scientifica non descrive ciò che queste comportano nella realtà. Così la quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (il Dsm-5) si riferisce a fantasie “anomale”, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità a quelle “insolite” nella definizione delle parafilie.

Ma che cosa è esattamente una fantasia sessuale insolita? La risposta arriva ora dallo studio sul “Journal of Sexual Medicine”. “Le fantasie sessuale patologiche coinvolgono partner non consenzienti, inducono dolore, o sono assolutamente necessarie per provare piacere. Ma a parte questo, di che si tratta?

la sensualità femminilePer scoprirlo, lo abbiamo semplicemente chiesto alla gente”, spiega Christian Joyal, autore principale dello studio. “Il nostro obiettivo principale era individuare la normalità nelle fantasie sessuali, un passo essenziale nella definizione di quelle patologiche. Proprio come sospettavamo – continua – ci sono un sacco fantasie comuni, e meno fantasie atipiche”.

Dal momento che la maggior parte degli studi sulle fantasie sessuali sono condotti su studenti universitari, il team ha voluto cambiare le carte in tavola, cercando un campione di adulti disposti a descrivere i loro sogni hot. Alla fine 1.517 soggetti adulti del Québec (799 uomini e 718 donne, con un’età media di 30 anni) hanno risposto a un questionario ad hoc, illustrando nel dettaglio anche la propria fantasia preferita.

Così il team ha scoperto che le fantasie sessuali sono molto numerose tra la popolazione. Poche sono quelle che possono essere considerate statisticamente rare, insolite o tipiche di alcuni gruppi di popolazione. Tuttavia dal “censimento” emerge che gli uomini hanno più fantasie e le descrivono in modo più vivido rispetto alle donne.

sogni erotici donnaLo studio dice anche che una percentuale significativa di donne (dal 30% al 60%) evoca temi connessi con la sottomissione (ad esempio, essere legate, sculacciate, costrette ad avere rapporti). Inoltre “a differenza degli uomini, le donne in generale hanno una chiara distinzione tra fantasia e desiderio.

Così molte donne che raccontano fantasie più estreme di sottomissione, specificano che non vorrebbero mai che queste si avverassero. Alla maggior parte degli uomini, invece, piacerebbe molto che loro fantasie diventassero realtà”, spiegano gli autori. E’ il caso, appunto, del sesso a tre.

In generale, poi, gli uomini in coppia fantasticano molto di più sulle relazioni extraconiugali rispetto alle donne. “Uno dei risultati più interessanti – dice il ricercatore – ha a che fare con il numero di fantasie unicamente maschili, per esempio per quanto riguarda trans, sesso anale tra eterosessuali e l’idea di guardare la o il partner fare sesso con un altro uomo.

tradimentoNel complesso, questi risultati ci permettono di far luce su alcuni fenomeni sociali, come la popolarità del libro ‘Cinquanta sfumature di grigio'”, osserva Joyal. “Il tema – conclude – è affascinante.

Stiamo attualmente conducendo analisi statistiche con gli stessi dati per dimostrare l’esistenza di sottogruppi omogenei di individui sulla base di combinazioni di fantasie. Ad esempio, le persone che hanno fantasie di sottomissione, spesso riportano anche fantasie di dominazione. Insomma, non si tratta di ‘temi’ alternativi, anzi”.

Toti in Emilia e Calabria per la "mission (im)possible" della Destra

Meloni, Toti e Salvini a Bologna. (photo Ansa/Benvenuti)
Giorgia Meloni, Giovanni Toti e Matteo Salvini a Bologna. (photo Ansa/Benvenuti)

«Ha da passa’ ‘a nuttata». Il consigliere politico di Silvio Berlusconi Giovanni Toti si affida alla celebre frase di “Napoli milionaria” (la commedia scritta ed interpretata da Eduardo De Filippo) per esorcizzare il “brutto momento” che sta attraversando il centrodestra in Italia.

Ieri a Bologna, il numero due di Forza Italia ha incontrato il segretario nazionale della Lega Nord Matteo Salvini, la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni aprendo la campagna elettorale a sostegno di Alan Fabbri, il sindaco leghista di Bondeno candidato comune per la presidenza della Regione Emilia Romagna alle prossime elezioni del 23 novembre. Una “mission possible”, come ha spiegato lo stesso Fabbri, coniando lo slogan elettorale che fa il verso al celebre film di Tom Cruise.

Il manifesto di Alan Fabbri, candidato di FI, Lega e FdI in Emilia Romagna
Il manifesto di Alan Fabbri, candidato di FI, Lega e FdI in Emilia Romagna

“Credo che Fabbri – ha detto Toti – possa fare molto bene e anche che abbiano fatto molto male gli altri in una Emilia Romagna che è diventata l’avamposto della disfatta della sinistra. E’ l’ora di voltare pagina” ha rimarcato l’europarlamentare di Forza Italia sottolineando che “nessuna notte può essere infinita, neanche la notte rossa dell’Emilia Romagna”.

L’esperimento, già collaudato negli anni passati con Lega e Udc, va oltre gli accordi locali. “Da oggi, ne parlavo poco fa con Berlusconi – ha proseguito Toti – dobbiamo pensare a livello nazionale ad una officina del centrodestra che ci veda seduti a un tavolo” con Lega e Fratelli d’Italia così come è in Emilia Romagna dove si è trovata “una scelta comune convinta”, eccetto in Calabria dove la Lega non esiste.

La Meloni replica preannunciando una rifondazione del centrodestra: “Penso che la Regione Emilia-Romagna possa essere un bel laboratorio, anche per il futuro del centrodestra. E rispondo anche a Giovanni Toti che parlava della volontà di avviare dei tavoli di confronto nel centrodestra. Il centrodestra non può essere riassemblato, deve essere rifondato con un progetto nuovo, con persone e con idee nuove”.

Lunedì, 3 novembre, in Calabria,  Giovanni Toti parteciperà a un incontro a sostegno di Wanda Ferro, ex presidente della Provincia di Catanzaro candidata di Forza Italia, Fratelli d’Italia e la lista civica Casa delle libertà.

Luigi De Magistris vince al Tar e torna a fare il sindaco di Napoli

Luigi De Magistris torna sindaco di Napoli
Luigi De Magistris torna sindaco di Napoli (photo Ansa/Fusco)

“Napoli ha vinto”. Ha vinto lui, Luigi De Magistris che ha nei fatti sconfitto “l’ingiusta” legge Severino. Il Tar, sul ricorso presentato dall’ex pm di Catanzaro e sindaco di Napoli, ha deciso di inviare gli atti alla Consulta per non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 10 e 11 del decreto legislativo 235 e ha sospeso l’efficacia del provvedimento fino alla Camera di Consiglio successiva alla decisione della Consulta.

La prima sezione del Tribunale amministrativo della Campania, presidente Cesare Mastrocola, era stata sollecitata ad esprimersi sul ricorso presentato dal sindaco partenopeo contro il provvedimento del prefetto di Napoli che lo scorso primo ottobre lo aveva sospeso dalla carica di sindaco del capoluogo partenopeo in base alla Legge Severino.

Applausi e grida di gioia dall’ufficio di Luigi de Magistris, a Palazzo San Giacomo, reintegrato nelle funzioni di sindaco di Napoli dai giudici del Tar. La sentenza era attesa da una settimana. Una settimana lunga quella di de Magistris che, nonostante il rinvio dei giudici, ha continuato a fare il sindaco “di strada” come si è definito dopo il provvedimento di sospensione.

A settembre de Magistris è stato condannato in primo grado a un anno e tre mesi non in veste di sindaco, ma per presunti reati commessi da ex sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro ai tempi dell’inchiesta Why Not, indagine da cui sarebbero emerse violazioni contro alcuni parlamentari.

Da “grande accusatore” in pochi anni è passato a “grande accusato” per mano di suoi ex colleghi, dai media e soprattutto da tutta quella parte politica e imprenditoriale in presunta commistione con altri poteri che era stata passata al setaccio durante le sue inchieste.

All’indomani della condanna, arrivarono richieste di dimissioni da tutti gli angoli della penisola. Ma il sindaco “di strada” ha rispedito ai mittenti l’invito. Infatti, se c’è una legge (la Severino) che ti dimette, perché dimettersi? [Leggi perché ha fatto bene a non dimettersi].

Così il sindaco sospeso ha fatto ricorso al Tar è per adesso ha vinto mettendo in discussione tutto l’impianto normativo della cosiddetta Severino. Se avesse ceduto alle pressioni mediatiche delle dimissioni, Napoli sarebbe stata destinata a lunghi periodi di caos e anarchia dove camorra e avvoltoi l’avrebbero fatta da padroni.

“Sono emozionato. Era un provvedimento molto atteso”. Queste le prime parole del sindaco Luigi de Magistris appena saputa la notizia del reintegro. Ad accoglierlo in sala Giunta un lungo e caloroso applauso dai suoi assessori, consiglieri comunali e molta gente comune.

”Continuero’ a fare il sindaco di strada”, è il suo impegno. ”In questo mese sono stato quasi esclusivamente per strada e questo mi ha molto rigenerato e rappresenterà una svolta nel mio modo di fare il sindaco nei prossimi mesi. Meglio stare tra la gente che a palazzo. Napoli è una città che non si piega e la mia è una vicenda surreale”ha detto poi detto in una conferenza stampa. “Ho subito troppe ingiustizie da uomo delle istituzioni – ha sottolineato – una delle più grandi dal Csm presieduto dal Capo dello Stato”.

”Credo – ha evidenziato De Magistris – che sia necessario che si riapra il dibattito sulla legge Severino”. Il provvedimento del Prefetto era stato emesso a seguito dell’applicazione della legge dell’ex ministra montiana dopo la condanna in primo grado di De Magistris per l’inchiesta “Why not”.

“Dalle istituzioni mi viene riconosciuto il diritto costituzionale di poter continuare a fare il sindaco, incarico che mi era stato conferito dai miei cittadini nel 2011 e che vorrei portare a termine fino al 2016”. Un reintegro che, ha sottolineato l’ex pm, ”in parte lenisce la ferita che le istituzioni mi avevano inferto. Nonostante tutto resto un uomo delle istituzioni, sebbene in pochi dalle istituzioni in questi giorni si siano fatti sentire”.

Raffaele Cantone: "Lo scioglimento per Mafia anche in Regioni"

Il presidente dell'Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone (photo Ansa/Mascolo)
Il presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone (photo Ansa/Mascolo)

Non solo i comuni. Le infiltrazioni mafiose possono avere luogo soprattutto in centri pubblici di potere molto più incisivi sul piano economico. Per questa ragione occorre prevedere “lo scioglimento anche per le Regioni in caso di infiltrazioni mafiose”. La proposta è stata lanciata dal presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, nel corso di una videointervista al convegno “Emergenza corruzione”, organizzato dall’associazione Res Magnae. L’ipotesi di Cantone in sostanza è quella di estendere l’istituto dello scioglimento previsto per i Comuni anche alle Regioni.

Cantone torna sull’argomento dopo la sua audizione davanti alla Commissione parlamentare Antimafia di qualche settimana fa. “Tra mafia e corruzione – disse in parlamento – il rapporto è strettissimo: tanto più i pubblici poteri sono vulnerabili tanto più le mafie hanno gioco facile. I pubblici amministratori locali, fino appunto al livello regionale, sono quelli di maggiore interesse per le organizzazioni mafiose. Uno dei temi su cui andrebbe avviata una riflessione è la possibilità di estendere le regole sullo scioglimento dei consigli comunali anche alle amministrazioni regionali”.

Per Raffaele Cantone “molto meno rilevante è la presenza delle mafie negli organi di potere centrale. Le organizzazioni mafiose ritengono molto più interessanti e utili i rapporti corruttivi e illeciti con le amministrazioni locali in cui si usa il denaro pubblico e si gestisce la vita quotidiana dei cittadini. Il rapporto tra organizzazioni criminali va spesso legato a logiche di consenso. In alcuni ambiti vasti, come nelle Asl – ha concluso Cantone – è significativa la presenza di organizzazioni mafiose presenti anche attraverso meccanismi corruttivi”.

In arrivo l'aereo del futuro che realizza il sogno di volare


Eccolo l’aereo del futuro. Avete mai sognato di volare in cielo tra le nuvole? Chi non lo ha mai sognato! A breve questo è possibile grazie a tecnologie di quarta generazione che sta sviluppando il Centre for Process Innovation (CPI), un gruppo ingegneristico leader nei prototipi aeromobili con sede nel Regno Unito.

flight-slide-02 aereo del futuroIl gruppo ha ideato un aereo futuristico con la fusoliera senza oblò (windowless fuselage), ossia tutta “trasparente” da cui i passeggeri possono volare comodamente sopra le nuvole gustandosi panorami mozzafiato a diecimila metri di quota.

Il progetto, già in fase avanzata, prevede che l’intera superficie interna della fusoliera può essere coperta con display Oled flessibili, ultra leggeri e ad alta definizione. Questo approccio “multi schermo” fa sì che i pannelli possono essere utilizzati sia come display oppure per l’illuminazione dovunque il passeggero si siede.

flight-slide-03 aereo del futuroCon l’ausilio di telecamere esterne montate sull’aereo, i passeggeri saranno in grado di osservare a 360 gradi l’esterno in realtime da qualunque punto della cabina, senza “l’ostacolo” visuale di ali e motori.

flight-slide-01 aereo del futuroImmagini proiettate sulle pareti display touch screen dal punto di vista del passeggeri, spostando l’immagine secondo i movimenti della testa del passeggero in modo costante e lineare. Ciò dà la percezione di essere su di un tappeto volante.

aereo del futuro cpi a bassa quota I pannelli di illuminazione consentiranno il cambio di colore associati all’alba e al tramonto aiutando i passeggeri ad adattarsi alle differenze di fuso orario. La tecnologia che ha permesso questo rivoluzionario cambio di design allegerisce l’aereo e consentirà notevoli risparmi di carburante, il che significa meno emissioni di CO², oltre a garantire maggiore spazio e comfort per i passeggeri.

Regionali, harakiri della Destra. E Oliverio e Bonaccini brindano

Assemblea Emilia Romagna
L’assemblea della Regione Emilia Romagna

“La scelta di andare da soli si rivelerà suicida. In una regione come la nostra, l’Emilia Romagna, valeva la pena tentare di proporre un’alleanza più ampia. Non dico che fosse facile, ma che potesse valerne la pena. Con tutto il rispetto per i candidati, a me sembrerebbe di disperdere il mio voto…”.

In queste poche righe battute da un lettore su un giornale ferrarese c’è la sintesi di quello che accadrà il 23 novembre per le elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria dove il centrodestra si è spaccato per espressa volontà di Silvio Berlusconi. Un grande stratega che per togliere acqua e ossigeno al suo ex delfino Angelino Alfano è proteso nel tentativo di prosciugare gli oceani…

Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra in Emilia Romagna
Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra in Emilia Romagna

Nella regione che fu di Vasco Errani, lo tzunami della sinistra si manifesta negli spiriti di quello che fu il centrodestra. Aggregazione che un tempo (con Lega e Udc) marciava diviso per colpire unito, ma che oggi marcia diviso per andare a sbattere dritti nell’archivio storico e polveroso della politica italiana.

Mario Oliverio, candidato centrosinistra in Calabria
Mario Oliverio, candidato centrosinistra in Calabria

Il candidato del centrosinistra romagnolo, Stefano Bonaccini, dorme sonni tranquilli. Non avrebbe nemmeno bisogno di stampare santini e manifesti. Nessuno sforzo a riconquistare la regione nonostante il periodo in chiaroscruso di Errani. Il suo motto? “Tra i due litiganti il terzo gode”. Dove il terzo sta per lui, il renziano Bonaccini.

Alan Fabbri, candidato leghista di Forza Italia, Lega e FdI - Emilia Romagna
Alan Fabbri, candidato leghista di Forza Italia, Lega e FdI – Emilia Romagna

Lo scontro elettorale interessa infatti soltanto Forza Italia, Lega e Fdi guidati dal leghista Alan Fabbri, ed “Emilia-Romagna Popolare” che coalizza Ncd, Udc, Ppe e Popolari per l’Italia rappresentata da Alessandro Rondoni.

Giornalista ed editore che non fa in tempo a diramare un comunicato che trova sulle agenzie pronta replica; non dei suoi avversari di sempre, ma dei suoi ex compagni di viaggio. E viceversa.

Alessando Rondoni
Alessando Rondoni, candidato di Ncd-Udc-Pi in Emilia Romagna

In Calabria peggio che andar di notte. L’ex presidente del Senato, l’Ncd Renato Schifani, aveva detto che “Forza Italia scegliendo di non allearsi con il Nuovo centrodestra ha deciso di condannare, in particolare in Calabria, la sua coalizione a sicura sconfitta. Questa decisione suicida conferma che in Silvio Berlusconi è prevalso il rancore, smentendo così la sua storia e la sua lezione politica”.

Wanda Ferro candidata di Forza Italia alla presidenza della Regione Calabria
Wanda Ferro candidata di Forza Italia alla presidenza della Regione Calabria

Anche in questo caso, il candidato presidente del centrosinistra calabrese, Mario Oliverio, meno si muove e si agita, meglio è.

La vittoria – visto a destra lo scenario sconfortante – sarà sua. Sarà sicuramente sua, nonostante le buone capacità di un’avversaria battagliera e tenace come Wanda Ferro.

Unica donna in Calabria a correre per questo prestigioso incarico, il cui destino è stato inesorabilmente segnato da un grande stratega come Silvio Berlusconi e dai “fusti” tossici presenti Calabria.

Roma, Ncd: "Via la Panda di Marino dal parcheggio del Senato"

panda di marino

Il sit-in dei militanti Ncd: “Marino sposta quella macchina dal Senato”

“C’è da spostare una macchina/ Qualla macchina qua devi metterla là/ quella macchina là devi metterla qua/”. Intonando la celebre canzone di Francesco Salvi, il Nuovo Centrodestra romano ha inscenato un Sit-in con tanto di cartelli  e striscioni per invitare il sindaco di Roma Capitale, Ignazio Marino ha spostare la sua Panda rossa dai parcheggi del Senato.

La delegazione degli alfaniani, composta da un gruppo di giovani accompagnati dalla coordinatrice regionale Roberta Angelilli e dai deputati Vincenzo Piso ed Eugenia Roccella, si è data appuntamento nel parcheggio di palazzo Madama a piazza San Luigi dei Francesi dove continua ad essere parcheggiata l’auto del primo cittadino.

La Panda di Marino . La protesta di Ncd
La protesta di Ncd: Marino sposta la Panda

”Dopo la risposta arrivata dal Viminale all’interrogazione presentata dal senatore Augello – è scritto in una nota Ncd – non vi sono più scuse: qualcuno deve spostare l’auto personale di Marino dal parcheggio del Senato, mettendo fine a questa vicenda paradossale e imbarazzante, che rappresenta una grave mancanza di rispetto nei confronti dei romani. Il Sindaco deve dire addio a questo privilegio e rassegnarsi a trovare un’altra soluzione per posteggiare la sua Panda”. Ossia, “non può stangare i romani con le strisce blu e lui si riserva un posto al sole”.

“Siamo pronti se necessario a segnalare a Marino gli annunci di affitto per i garage nel centro storico di Roma. Scherzi a parte, non intendiamo tollerare un minuto di più questo atteggiamento arrogante del Primo cittadino e continueremo la mobilitazione fino a quando l’auto non sarà rimossa”, hanno dichiarato i consiglieri Erbaggi e Consorti. “Al Flash mob – conclude la nota – erano presenti inoltre i consiglieri Foglietta, Paolo, De Napoli e Chinni”.

Il parcheggio del Senato è riservato solo ai senatori e agli addetti ai lavori. Ignazio Marino che senatore lo è stato fino a quando è stato eletto sindaco nel 2013, in teoria non potrebbe parcheggiare la sua macchina lì. Evidentemente avrà un permesso riservato al Sindaco e all’ex senatore direttamente dall’ufficio di presidenza di palazzo Madama

La panda di marino
Ignazio Marino (photo LaPresse)

Ai partiti del centrodestra e non solo, non è mai andato giù questo l’atteggiamento di “arroganza” del sindaco Marino scatenando un vero e proprio vespaio di polemiche. Addirittura 30 senatori da destra a sinistra, le scorse settimane hanno scritto al presidente dell’assemblea Piero Grasso per lamentarsi: “Il privilegio concesso al primo cittadino della Capitale, dicevano i senatori nella lettera, “risulta incomprensibile ed impopolare, in una città in cui sono appena state abolite molte agevolazioni sulla sosta tariffaria con un inevitabile aggravio degli oneri a carico dei cittadini”.

Il motivo resta sempre quello. C’è da spostare la macchina del sindaco. Ma per Marino questo non è un problema. E’ un uomo che ama andare in bici…

Trattativa Stato Mafia. Ecco la deposizione di Napolitano

Trattativa Stato Mafia - QuirinaleGiovanni Bianconi per il Corriere della Sera

Trattativa Stato Mafia – Roma. “Nella sala del Bronzino adibita ad aula di corte d’assise, i giudici sono sistemati un gradino più in alto rispetto ad avvocati e pubblici ministeri, seduti di fronte a loro. Quando il presidente Alfredo Montalto, verbalizzate presenze e assenze, invita a far entrare il capo dello Stato, si apre una porta laterale e fa ingresso Giorgio Napolitano. I corazzieri scattano sull’attenti, gli avvocati si alzano in piedi, giudici e pm restano seduti.

Trattativa Stato-Mafia I magistrati entrano al Quirinale
I magistrati entrano al Quirinale per interrogare il capo dello Stato

SCARICA LA TESTIMONIANZA INTEGRALE DI GIORGIO NAPOLITANO RESA AI MAGISTRATI DI PALERMO AL QUIRINALE IL 28-10-2014 (fonte Quirinale)

Il capo dello Stato prende posto sullo stesso piano rialzato della corte, alla sua destra, con in mano una cartellina che raccoglie alcuni documenti. Si siede e pronuncia la formula di rito, impegnandosi a dire tutta la verità. Alle 10,05 comincia una testimonianza da cui l’accusa incassa una frase che – nella propria visione – conferma il quadro del ricatto allo Stato portato dai mafiosi e favorito da alcuni rappresentanti delle istituzioni.

Riguardo agli attentati di Firenze, Roma e Milano nella primavera-estate del 1993 Napolitano, all’epoca presidente della Camera, dice: fu subito chiaro che erano nuovi sussulti della fazione più violenta di Cosa nostra, per porre lo Stato di fronte a un aut aut; o si alleggeriva la pressione nei confronti della mafia o si rischiava il proseguimento degli attacchi destabilizzanti.

Trattativa Stato Mafia Nicola Mancino con Giorgio Napolitano (photo Monaldo/LaPresse)
Nicola Mancino con Giorgio Napolitano (photo Monaldo/LaPresse)

I sospetti di D’Ambrosio
Ma l’esame dei pm comincia con una premessa del procuratore aggiunto facente funzioni di capo, Leonardo Agueci, il quale sottolinea il riguardo dell’intero ufficio per Napolitano e l’alta funzione che esercita. Subito dopo tocca all’altro procuratore aggiunto, Vittorio Teresi, che comincia dal riepilogo degli incarichi istituzionali ricoperti dal testimone, per arrivare alla conoscenza con il magistrato Loris D’Ambrosio, nel 1996, quando Napolitano era ministro dell’Interno e lui capo di gabinetto al ministero della Giustizia. Salito al Quirinale nel 2006, Napolitano lo ritrovò che era già consigliere giuridico di Ciampi, e lo confermò nell’incarico: «Avevamo un rapporto direi quotidiano, che sfociò in affetto e stima ma sempre sul piano del lavoro, non facevamo conversazioni a ruota libera».

Trattativa Stato Mafia - L’avvocato di Riina, Luca Cianferoni (di spalle), entra al Quirinale (photo Ansa/Di Meo)
L’avvocato di Riina, Luca Cianferoni (di spalle), entra al Quirinale (photo Ansa/Di Meo)

Ed eccoci al cuore della deposizione: la lettera con cui il 18 giugno 2012, un mese prima di morire, D’Ambrosio comunicò a Napolitano le proprie dimissioni (respinte), ed espresse il timore di essere stato trattato, fra il 1989 e il 1993, da «utile scriba» e «scudo per indicibili accordi». Il pm Teresi chiede a più riprese se il capo dello Stato abbia saputo di più circa questi sospetti.

Trattativa Stato Mafia - Sala del Bronzino al Quirinale dov'è stato ascoltato il capo dello Stato
Sala del Bronzino al Quirinale dov’è stato ascoltato il capo dello Stato

«No – è la sintesi delle risposte – D’Ambrosio mi aveva trasmesso solo ansietà e sofferenza per la strumentalizzazione delle intercettazioni tra lui e Mancino. La lettera fu per me un fulmine a ciel sereno. Non ebbi sentore o percezione delle sue inquietudini relative al 1989-’93, ma dell’indignazione per il trattamento ricevuto, dopo aver dedicato una vita alle istituzioni, a costo di minacce che ebbero effetti sui suoi familiari (il riferimento è alle indagini svolte da D’Ambrosio sul terrorismo nero e i Servizi deviati alla Procura di Roma, ndr ). Era profondamente scosso perché veniva messa in dubbio la sua fedeltà istituzionale, si sentiva ferito a morte».

Difficili interpretazioni
La riservatezza costituzionalmente garantita delle attività presidenziali, «anche informali», consentirebbe a Napolitano di non parlare delle sue conversazioni con D’Ambrosio, ma il presidente non si ferma: «Non ebbi con lui discussioni sul passato». Nessun cenno agli «indicibili accordi», che del resto erano «ipotesi prive di sostegno oggettivo, ché altrimenti da magistrato avrebbe saputo cosa fare, mentre di questi dubbi non ha parlato né nelle audizioni parlamentari né ai pubblici ministeri». E gli accenni a ciò che avrebbe scritto, e invece non compare, nel libro di Maria Falcone in ricordo del fratello trucidato dalla mafia, «rimangono righe a cui è difficilissimo dare un’interpretazione».

Trattativa Stato Mafia Il presidente Napolitano (photo Scrobogna/LaPresse)
Il presidente Napolitano (photo Scrobogna/LaPresse)

La scorta dei Nocs
Con le domande del pm Nino Di Matteo, alle 11,10, si passa al dibattito parlamentare del 1992 sull’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario che introdusse il «carcere duro» per i boss. Napolitano spiega che «il presidente della Camera non entra nel merito dei provvedimenti né si confronta con i gruppi parlamentari», ma si dice «convinto che la strage di via D’Amelio rappresentò un colpo di acceleratore» all’approvazione della legge.

Ad altre domande su questo tema Napolitano risponde pur sottolineando più volte che «ci stiamo allontanando molto dal tema dell’esame»; lui ha buona memoria, garantisce, «ma non quella di un elefante», né può paragonarsi «a Pico della Mirandola», e il presidente della corte fa notare che certe dimenticanze, a tanti anni di distanza dai fatti, sono più che comprensibili.

Ricorda bene, invece, il testimone d’eccezione, le «voci» di attentato ai danni suoi o di Giovanni Spadolini raccolte dal Sismi nell’estate del 1993; ricorda che gliene parlò l’allora capo della polizia Vincenzo Parisi, affidandogli una discreta sorveglianza da parte dei Nocs durante una sua trasferta parigina; e ricorda anche di aver cambiato abitazione, trasferendosi nell’alloggio di Montecitorio, perché casa sua era in un vicolo di Roma dove sarebbero state a rischio altre persone.

Attacco allo Stato

Trattativa Stato Mafia Bomba Accademia Georgofili
Bomba all’Accademia dei Georgofili a Firenze la notte tra il 26 e il 27 maggio 1993. I vertici dello Stato all’epoca degli attentati mafiosi

Così come ricorda le ipotesi sulle strategie mafiose del ’93 sebbene l’interpretazione dei fatti sia «materia opinabile», e i timori di Ciampi (all’epoca capo del governo) per un possibile colpo di Stato; la notte delle bombe ci fu un black out telefonico, tipico ingrediente del golpe come riportato in un libro degli anni Settanta citato da Napolitano.

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Maria Antonietta Calabrò per il Corriere della Sera (5 agosto 1993)

ROMA. La notte tra martedi’ 27 luglio e mercoledi’ 28 luglio, immediatamente dopo l’ esplosione delle bombe di via Palestro, a Milano, e di S. Giovanni e S. Giorgio al Velabro a Roma, e per ben due ore e mezzo, Palazzo Chigi e’ rimasto ROMA . La notte tra martedi’ 27 luglio e mercoledi’ 28 luglio, immediatamente dopo l’ esplosione delle bombe di via Palestro, a Milano, e di S. Giovanni e S. Giorgio al Velabro a Roma, e per ben due ore e mezzo, Palazzo Chigi e’ rimasto “isolato” telefonicamente dal resto del Paese.

La rete Sip che collega il centralino della sede del governo alla piu’ vasta rete urbana, nazionale e internazionale, e’ rimasta muta. Cosi’ pure tutti i numeri interni che uniscono tra loro, come si dice in gergo, punto punto, i vari uffici. Funzionava solo la linea diretta con la batteria del Viminale, che e’ il centralino del governo gestito dal ministero dell’ Interno. Il presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi, e i suoi piu’ stretti collaboratori, accorsi al Palazzo, subito dopo aver avuto notizia degli attentati (Ciampi si e’ precipitato a Roma dalla sua casa di Santa Severa, sul litorale laziale), per comunicare e dare le prime direttive sul da farsi hanno dovuto utilizzare un telefonino cellulare privato.

Giorgio Napolitano
Giorgio Napolitano

Si e’ creata una situazione degna del migliore Morris West, il famoso scrittore inglese che nel suo romanzo La Salamandra, negli anni Settanta, ha descritto una spy story i cui ingredienti sembrano essere tornati di moda: bombe, terrorismo, servizi segreti e misteri. Un cocktail che ben shakerato puo’ fruttare, cosi’ avviene nel romanzo, un tentativo di golpe. Ma torniamo alla notte delle bombe. Forse un black out tecnico? Sull’ oscuro episodio ora e’ in corso un’ inchiesta affidata ai servizi segreti.

Ma i primi risultati raggiunti hanno allarmato ancora di piu’ il presidente Ciampi. E’ gia’ stato accertato infatti che il “guasto” non e’ dipeso dalla centralina interna al Palazzo. Il black out “proveniva” dall’ esterno. Bisognera’ chiarire perche’ . Per il momento, alla luce di quanto sta emergendo su questo strano black out, si possono capire meglio le gravi affermazioni rese in Parlamento dal presidente del Consiglio. Secondo Ciampi, le bombe di Roma e di Milano volevano raggiungere un obbiettivo politico ben preciso: il suo governo. Del resto, la decisione di partecipare alla commemorazione per il tredicesimo anniversario della strage alla stazione di Bologna, Ciampi l’ ha presa proprio in quelle ore drammatiche. Non si trattava affatto di un impegno gia’ fissato.

E mai nessun presidente del Consiglio, prima di Ciampi, aveva “affrontato” Bologna, proprio sul piazzale della stazione, a fianco del presidente della Commissione parlamentare sulle stragi e del presidente della Commissione antimafia. Tutte le altre commemorazioni, in passato, si erano svolte soltanto nel Comune della citta’ . Proprio nel capoluogo emiliano, lunedi’ scorso, Ciampi ha puntato l’ indice contro gli intrecci perversi tra crimine, malaffare e ambienti politici inquinati.

E in ogni caso, l’ inspiegabile defaillance della rete telefonica di Palazzo Chigi, che si e’ verificata in un momento delicatissimo della vita del Paese . in quelle stesse ore era in corso anche il braccio di ferro con i camionisti che avevano cercato di bloccare gli approvvigionamenti di derrate alimentari e di benzina . e quasi in contemporanea con i gravissimi attentati, ha convinto una volta di piu’ il capo del governo a far cadere la sua scure sui servizi segreti.

E le teste sono cominciate a cadere. Angelo Finocchiaro ha dovuto lasciare la direzione del Sisde. Solo pochi mesi fa c’ era stato un ampio rimpasto di vertici, sempre all’ interno del servizio segreto del Viminale. E stato accelerato anche l’ iter di presentazione del tanto atteso disegno di legge di riforma dei servizi segreti (una prima bozza e’ stata elaborata dal Comitato parlamentare di controllo) che razionalizzi e restituisca efficienza ad un settore strategico della pubblica amministrazione. Ora si attendono gli esiti dell’ inchiesta sul guasto alla centrale telefonica di Palazzo Chigi. Alcuni esperti guardano alla struttura riservata della Sip, in passato controllata dal Sismi. Una struttura parallela, quella della Sip, che gia’ qualche mese fa e’ stata nel mirino della Procura della Repubblica di Roma, e che ora, dopo quest’ episodio, potrebbe tornarci.[/toggle]
Una situazione di «fibrillazione» e attacco frontale allo Stato che però – nella ricostruzione del presidente – non impedì una prosecuzione della «lotta senza quartiere» alla mafia, non inficiata dalle minacce personali: lui e gli altri responsabili istituzionali avevano vissuto la stagione del terrorismo «quando non volavano solo minacce ma anche pallottole, e servire il Paese significa anche mettere a rischio la propria vita».

Trattativa Stato Mafia La prima pagina del Corriere della Sera il 5 agosto 1993
La prima pagina del Corriere della Sera il 5 agosto 1993

A novembre del ’93 però il ministro Conso decise di non prorogare il «carcere duro» per oltre 300 detenuti, sulla base dell’idea che era meglio favorire la fazione mafiosa meno violenta nel rapporto con lo Stato, «ma sono analisi oggetto della pubblicistica, di cui io non seppi niente»; quanto ai «41 bis» il presidente della corte blocca la risposta: «La domanda non è ammessa, non è rilevante».

Dopo una pausa di venti minuti, alle 12,35 cominciano il controesame dei difensori e le domande dell’avvocato Cianferoni, per conto di Riina. Ci sono specificazioni e approfondimenti, e a un quesito del legale del «capo dei capi» di Cosa nostra Napolitano ribatte: «Non voglio rubare il mestiere alla pubblica accusa avventurandomi nei rapporti tra mafia e servizi segreti». Un ulteriore quesito sulle opinioni di Scalfaro viene bloccato, e alle 13,35 la deposizione finisce. Il presidente della corte Alfredo Montalto stringe la mano al capo dello Stato, che saluta gli altri presenti con un cenno del capo. L’udienza è tolta”.

SCARICA LA TESTIMONIANZA INTEGRALE DI GIORGIO NAPOLITANO RESA AI MAGISTRATI DI PALERMO AL QUIRINALE IL 28-10-2014 (fonte Quirinale)

Sesso in ospedale con bisturi e manette. Indagati due medici

Incontri in ospedale1) SESSO IN OSPEDALE. FOTO CHOC DI PRATICHE SESSUALI ESTREME COMPIUTE CON L’USO DI STRUMENTI CHIRURGICI E SANITARI

Immagini focalizzate – scrive il Tirreno – sulle parti intime di una donna fotografata quasi sempre in ambienti medici, ambulatori riconducibili a ambienti ospedalieri o a studi medici privati. Da questi scatti, contenuti in una chiavetta Usb che è stata consegnata nei mesi scorsi ai carabinieri di Ponsacco, si è sviluppata una lunga indagine che vede indagati per peculato un medico di 47 anni, residente in provincia di Pisa, e una radiologa di circa 40 anni, residente nella provincia di Livorno.

fumetto 2I due professionisti sono accusati, in concorso con altre persone da identificare e con le quali hanno avuto rapporti sessuali, di aver appunto esercitato pratiche molto spinte, con l’impiego di accessori sadomaso, in particolare di strumenti chirurgici e presìdi sanitari di cui i due indagati avevano la disponibilità proprio per il lavoro che svolgono sia per l’ospedale di Pisa, di cui sono entrambi dipendenti, che in altri studi medici privati.

UNA CHIAVETTA USB A LUCI ROSSE

L’indagine della Procura di Pisa è iniziata da una disattenzione commessa da uno degli indagati. Il personale che lavora in una lavanderia di Ponsacco si è trovato infatti tra le mani la scottante chiavetta. Era nella tasca di un camice bianco mandato a lavare. Non conteneva però semplici informazioni collegate al lavoro.

Nemmeno cartelle cliniche o informazioni mediche da mantenere riservate. La prima domanda è stata quella di capire se dal contenuto della chiavetta si poteva risalire al proprietario. Ovviamente, nessuno immaginava di trovarsi con un semplice clic nel mondo del sesso senza limiti, dell’estremismo a luci rosse.

incontri I SELFIE ALLE PARTI INTIME 

Numerosi i primi piani di parti intime femminili che avevano ricevuto punti di sutura. Piccoli interventi chirurgici, questi, eseguiti in più circostanze, sempre con le stesse modalità. Tali da far pensare a una forte sottomissione da parte della donna fotografata.

La chiavetta è stata quindi portata ai carabinieri della stazione di Ponsacco che, dopo averne visionato il contenuto, hanno informato la Procura di Pisa e attivato una serie di accertamenti ipotizzando che la donna, o le donne, fotografate fossero state costrette a subire le lesioni personali dovute ai punti di sutura applicati sulle parti intime.

Da quel materiale e probabilmente anche attraverso altre informazioni contenute nella chiavetta e risalendo alla provenienza del camice, i carabinieri hanno messo a fuoco la storia. Il reato di lesioni personali ipotizzato inizialmente sarà con ogni probabilità destinato a cadere, alla luce delle dichiarazioni della radiologa che si è trovata al centro della vicenda e dalla quale sono partite le indagini, visto che in alcune circostanze nelle foto i protagonisti erano riconoscibili.

sadomaso GIOCHI EROTICI E SADOMASO, DAI BISTURI, AGLI AGHI, ALLE MANETTE.
Alcuni giorni fa i carabinieri hanno effettuato alcune perquisizioni a casa degli indagati e in un camper, parcheggiato in un’area vicina a Livorno. Un’attività, questa, che ha permesso ai militari di recuperare computer portatili, hard disk e chiavette. Sono stati acquisiti filmati, foto e una serie di oggetti sadomaso, strumenti e materiali usati nelle sale operatorie e per le medicazioni, bisturi, aghi, siringhe e tutto quello che può essere utile a un chirurgo per medicazioni e punti di sutura.

LA DIFESA

I due indagati, entrambi assistiti da avvocati di fiducia, avrebbero spiegato di aver scattato quelle foto nei momenti di intimità, senza il coinvolgimento di altre persone. Atti sessuali strettamente legati ai loro gusti. Di conseguenza, quando hanno visto arrivare i carabinieri a casa e dove lavorano, i due professionisti hanno detto di non comprendere la ragione di un’inchiesta nei loro confronti. Ma invece questa è possibile, in quanto per gli incontri sessuali avrebbero usato, secondo le accuse, strumenti in dotazione delle aziende pubbliche e private per cui lavorano. Ed ecco dove sta l’accusa di peculato. La maggior parte degli “accessori” sarebbe stata trovata in un veicolo a disposizione di uno dei due e dove probabilmente sono avvenuti alcuni degli incontri.

2) LA DOTTORESSA: “ERO CONSENZIENTE. QUESTA E’ LA MIA VITA PRIVATA”

«Questa è la mia vita privata, nessuno mi ha costretto, ho fatto quello che volevo». Così la radiologa avrebbe reagito quando i carabinieri si sono presentati alla porta di casa sua per effettuare una perquisizione nel corso di un’inchiesta aperta dalla Procura di Pisa a carico di una radiologa residente nella provincia di Livorno e di un collega, un medico chirurgo, residente a Pisa.

I due si conoscono da anni e sono dipendenti dell’azienda ospedaliero universitaria di Pisa. Ad unirli non sarebbero soltanto interessi professionali. I due avrebbero avuto negli ultimi tempi alcuni incontri sessuali.

Giochi erotici sadomaso compiuti non solo con l’oggettistica tipica utilizzata per cercare il piacere estremo. I due sanitari avrebbero usato anche attrezzatura medica, dai bisturi ai cateteri, siringhe e aghi, di cui avrebbero avuto la disponibilità proprio per il lavoro che svolgono.

fumetto 6LE PERQUISIZIONI DEI CARABINIERI E L’ACCUSA DI PECULATO

Nel corso delle perquisizioni avvenute nelle scorse settimane i carabinieri hanno sequestrato numeroso materiale che i due indagati non hanno avuto difficoltà a mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria. L’accusa, che sostiene che sia stato commesso il reato di peculato, ora dovrà dimostrare che l’”armamentario” medico e sanitario messo sotto sequestro proviene dall’ambiente ospedaliero. Tra gli oggetti messi a disposizione della Procura ce ne sono alcuni da classico della letteratura sadomaso.

Del resto nelle fotografie che hanno fatto scattare l’indagine e che erano nella memoria di una chiavetta Usb rimasta per sbaglio in un camice bianco mandato in una lavanderia di Ponsacco compaiono manette e altri accessori per giochi erotici piuttosto arditi.

oggetti sadomasoMASSIMO RISERBO IN PROCURA

Sull’indagine c’è il massimo riserbo da parte della Procura e degli stessi carabinieri. Certo è che i due al momento risultano indagati in concorso con altre persone che non sono state identificate e che, questa sembra l’ipotesi dell’accusa, potrebbero avere partecipato agli incontri avvenuti sia all’interno di ambulatori che in un camper, poi perquisito dai carabinieri nella zona di Collesalvetti.

Entrambi gli indagati sarebbero rimasti piuttosto sorpresi quando sono venuti a conoscenza dell’inchiesta. Non immaginavano certo che la chiavetta dimenticata nel camice potesse diventare la causa di tanti guai. Chi ha visto le immagini in un primo momento ha pensato che la donna al centro degli incontri erotici fosse una vittima. Insomma, che qualcuno l’avesse costretta a subire una violenza. Tant’è che inizialmente era stato anche ipotizzato il reato di lesioni personali. Accusa che, stando alle dichiarazioni dei protagonisti, non troverebbe conferma.

bisturi3) IN UN CAMPER GLI INCONTRI HARD TRA MEDICO E RADIOLOGA

Si incontravano negli ambulatori dell’ospedale ma anche in un camper parcheggiato nella zona di Collesalvetti i due dipendenti dell’azienda ospedaliero-universitaria pisana finiti sotto indagine per il reato di peculato.

Le fotografie consegnate ai carabinieri di Ponsacco degli incontri sadomaso tra il medico chirurgo, residente a Pisa, sposato, e la radiologa residente in un centro della provincia di Livorno, sono state scattate sia dove i due lavorano, quindi negli ambulatori dell’ospedale di Cisanello e Santa Chiara, ma anche in alcuni studi medici privati e in un camper di proprietà di un uomo di Bientina anche se nella disponibilità del medico.

scena filmSe non fosse stato per la chiavetta contenente le fotografie, ritrovata nella tasca di un camice mandato in una lavanderia di Ponsacco, probabilmente non ci sarebbe stata alcuna indagine. Ma quelle foto, viste da chi non conosce riti e passioni di chi pratica il sesso estremo, hanno subito creato allarme.

Inizialmente era stata presa in considerazione l’ipotesi che la donna fotografata potesse essere vittima di una violenza, vedendo le parti intime a contatto con bisturi e punti di sutura. Ma, sentita dai militari, la radiologa ha ammesso di essere consenziente. Resta l’ipotesi di peculato per gli strumenti dell’ospedale usati a fini privati. Strumenti che sono stati sequestrati sia casa del medico che della radiologa oltre che nel camper dove potrebbero essere avvenuti alcuni degli incontri sessuali.

Quasi sicuramente la vicenda giudiziaria avrà ripercussioni anche dal punto di vista professionale dei due indagati. L’azienda ospedaliera è stata informata delle perquisizioni che sono avvenute quando i due dipendenti erano al lavoro e hanno quindi potuto chiarire il loro ruolo in questa vicenda. Non è chiaro se nelle pratiche sessuali sadomaso siano coinvolte anche altre persone. Sull’esito delle indagini è stata mantenuta la massima riservatezza considerato anche che vanno a toccare la sfera privata dei due indagati quarantenni.

Fonte: “Il Tirreno”

Danza e anoressia, Mary Garret ha vinto la sua battaglia

Mariafrancesca Garritano in arte Mary Garret.
VITTORIA MERITATA Mariafrancesca Garritano, in arte Mary Garret, è stata reintegrata dal teatro la Scala di Milano

La ballerina Mariafrancesca Garritano ha vinto la sua battaglia. La Corte di Appello di Milano ha disposto il suo reintegro alla Scala accogliendo il ricorso dell’avvocato calabrese Alessandro Russo. Mary Garret, questo il nome d’arte, era stata licenziata dal teatro scaligero nel febbraio 2012 in seguito ad una sua intervista rilasciata al settimanale inglese “The Observer”  in cui denunciò come nei corpi di ballo di tutto il mondo spesso si aggirasse lo spettro dell’anoressia.

Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto ha reso omaggio alla ballerina insieme a Domenico Naccari, allora delegato del sindaco di Roma Capitale
Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto ha reso omaggio alla ballerina insieme a Domenico Naccari, allora delegato del sindaco di Roma Capitale

La solista cosentina, aveva anche scritto il libro “La verità, vi prego, sulla danza!”, un pamphlet in cui la donna raccontava le sue sofferenze “dietro le quinte” di un mondo apparentemente normale, all’interno del quale, però, si celava l’incubo dei disturbi del comportamento alimentare. La Corte con questa decisione ha annullato la sentenza di primo grado che aveva giustificato il teatro, condannando di fatto l’artista a restare senza lavoro e a essere derisa in parte dai suoi colleghi. Però col tempo la Giustizia le ha dato ragione.

La Provincia di Catanzaro accoglie Mary Garret. La Garritano insieme a   Wanda Ferro e al giornalista Dino Granata
La Provincia di Catanzaro nel 2012 accolse Mary Garret. Nella foto la ballerina insieme a Wanda Ferro e al giornalista Dino Granata

In seguito al licenziamento vi era stato un gran polverone mediatico sollevato dalle dichiarazioni della ragazza sulla diffusione dei disturbi alimentari nel mondo della danza classica per i rigidi standard di magrezza a cui si richiede di adeguarsi. La ballerina raccontava che la “cultura della magrezza” portava le ragazze a “nutrirsi” anche con una mela al giorno pur di rispettare l’aspetto fisico richiesto dal management di accademie e corpi di ballo. Una “cultura”, questa, molto diffusa anche nel settore della moda.

Il parlamentare Giovanni Dima presentò una interrogazione a favore di Mary Garret
Il parlamentare Giovanni Dima presentò una interrogazione a favore di Mary Garret

Dopo l’ingiusto allontanamento dal teatro alla Scala, a sostegno della ballerina cosentina si sono subito schierate istituzioni, partiti politici, parlamentari e giornalisti. Il sindaco di Cosenza (sua città natale),  Mario Occhiuto, solidarizzò con lei rendendole omaggio in comune, mentre l’allora presidente della Provincia di Catanzaro Wanda Ferro, ricevendo la donna nel capoluogo calabrese, aveva espresso una netta condanna per l’operato del teatro milanese.

Mariafrancesca GarritanoSolidarietà alla ballerina era stata espressa più volte dal delegato del sindaco di Roma Capitale, Domenico Naccari che l’ha ricevuta in Campidoglio, e dal giornalista Dino Granata, che ha promosso gran parte delle iniziative in suo sostegno.

Non sono mancate le interpellanze parlamentari presentate dall’allora deputato cosentino Giovanni Dima, dai senatori Franco Bruno ed Emanuela Baio e dall’europarlamentare Mario Pirillo che ha interrogato sul caso il presidente della Commissione Ue, Jose Manuel Barroso.

Mary Garret Gazzetta del Sud PirilloLa Garritano non si è arresa ma, tenace, ha fatto ricorso contro il licenziamento della Scala e a distanza di anni ha vinto la sua battaglia. Con le sue dichiarazioni sui sacrifici alimentari imposti alle ballerine, Mary aveva sollevato un argomento scomodo e spinoso, di cui ancora si parla poco.

Ma lei, nonostante il torto subìto, col supporto di associazioni, ha girato l’Italia a tutte le latitudini per insegnare alle giovani leve il significato dell’anoressia e dei disturbi del comportamento alimentare. La Scala potrà far ricorso in Cassazione, ma per il momento dovrà rispettare la sentenza reintegrandola sul posto di lavoro.

 

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