5 Ottobre 2024

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Romanzo criminale. La gestione immigrati rende 500 milioni l'anno

Il ministro del Lavoro Poletti ad una cena della "Roma bene"
Il ministro del Lavoro Poletti ad una cena della “Roma bene”

Matteo Pandini per Libero

Gli sbarchi sono un business e «rendono più del traffico di droga» secondo Salvatore Buzzi, l’imprenditore di una Coop rossa intercettato (e arrestato) nell’inchiesta sulla Roma ostaggio di mafia e affari. Ha ragione.

Grazie ai finanziamenti da 35 euro al dì per ogni immigrato, i 138.795 stranieri approdati nel Belpaese al primo di ottobre hanno fruttato più di 400 milioni in dieci mesi.

Netti. E che potranno schizzare verso quota 500 per la fine dell’anno. Libero ne aveva parlato lo scorso settembre. Avevamo spulciato i documenti ufficiali delle prefetture (che spiegavano le modalità per accogliere gli stranieri, con relative coperture economiche) verificando i prezzi medi per analoghi servizi e intervistando alcuni dipendenti di cooperative in prima linea nell’accoglienza.

miniera d'oroRisultato. Come minimo, chi apre le porte di un hotel o di un’altra struttura a un immigrato si mette in tasca una decina di euro puliti. Al giorno. Ma solo nel peggiore dei casi.

Perché è molto facile far lievitare la cifra. Basterebbe, per esempio, prendersi in carico minorenni non accompagnati. Per i quali lo Stato mette sul piatto 45 euro anziché i circa 35 erogati per i maggiorenni.

prezzo dell'accoglienzaChi accoglie profughi deve garantire un servizio per 7 giorni su 7. E offrire colazione, pranzo e cena. Con menu «non in contrasto con i principi e le abitudini degli ospiti», che magari sono islamici e non mangiano maiale. Il tutto sarà apparecchiato «con adeguato materiale» ovvero posate e tovaglie. Ai nuovi arrivati vanno forniti un materasso e lenzuola.

E poi vestiti, prodotti per l’igiene personale, un pocket money da 2,50 euro al giorno più una ricarica telefonica da 15 euro ma solo al momento dell’arrivo.

Profughi (Olycom)
Profughi (Olycom)

A ciò si aggiungono le lezioni di italiano e gli approfondimenti sulle leggi che li riguardano. Per verificare i costi, Libero aveva approfondito quelli sostenuti da alcuni comuni e aziende ospedaliere per servizi simili.

Un pasto scolastico o nelle mense delle cliniche costa mediamente 4 euro. Significa che un’alimentazione completa può essere fornita a 12 euro (stando larghi). Aggiungiamo subito i 2,50 fissi al giorno e sommiamo un paio di euro per i prodotti di igiene personale (schiuma da barba, sapone, spazzolino, rasoi). Quanto possono costare delle lenzuola, tra acquisto e lavaggi? Un ospedale lombardo che avevamo contattato sborsa per paziente 4,30 euro al giorno – coperte comprese – a cui si aggiungono 0,57 centesimi per i materassi.

Inutile dire che non tutti i giorni si acquistano o si cambiano materassi e lenzuola: un conto sono le persone «normali», un altro quelle ricoverate. Quindi si può ipotizzare un altro euro per profugo. Poi ci sono i vestiti. Detto che molte associazioni attingono dalla beneficenza, è ancora l’azienda ospedaliera ad aiutarci. Per le divise di medici e infermieri sborsa poco più di un euro al giorno.

Che diventano 52 centesimi per le calzature. Si può immaginare – stando larghissimi – un investimento di 2 euro e mezzo a richiedente asilo (75 euro di spesa mensile). Restano i costi di gestione, cioè corrente, riscaldamento e così via. Ipotizziamo 5 euro ogni 24 ore, a testa? Sommando le nostre cifre teoriche arriviamo a 25 euro per immigrato.

affare capitaleCioè 10 euro di guadagno, che diventano 20 in caso di minorenne non accompagnato. Non abbiamo calcolato tutto, perché mancano altri servizi come le lezioni di lingua tenute dagli operatori.

le frasi di BuzziOcchio però. Ci sono una serie di differenze e di ipotesi alternative. Alcune associazioni, per esempio quelle religiose, fanno ampio ricorso a volontari (che quindi non costano), alla beneficenza per cibo e vestiti e utilizzano strutture di proprietà per accogliere gli immigrati.

In alcuni casi, per gli alimenti vengono siglate alcune convenzioni. Che solitamente sono poco costose. Anche perché chi viene da certe zone del mondo, per esempio l’Africa, si accontenta di un menu molto scarno rispetto alle abitudini europee.

Esempio concreto. Colazione con latte e biscotti. Pranzo con riso, sugo di pomodoro e una fettina di carne. Cena a base di riso. Roba da 8,40 euro al dì, secondo un caso che avevamo verificato. C’è da ricordare, poi, che chi afferma di scappare da guerre o persecuzioni ha il pieno diritto di girare in Italia come e quando vuole. Ecco perché queste persone possono far perdere le tracce dalla sera alla mattina.

E non sempre chi si occupa di loro comunica l’improvviso allontanamento alle prefetture. Col risultato di incassare una cifra senza affrontare la minima spesa. Solo negli ultimi 10 giorni ci sono stati altri 5mila sbarchi. «Rendono più del traffico di droga».

Incidente a centrale nucleare in Ucraina. Paura come a Černobyl'

La centrale nucleare di Zaporizhye in Ucraina dove è avvenuto l'incidente
La centrale nucleare di Zaporizhye in Ucraina dove è avvenuto l’incidente

Momenti di forte preoccupazione in Ucraina per un incidente nucleare. Il premier ucraino, Arseny Yatseniuk ha reso noto che c’è stato un incidente alla centrale nucleare di Zaporizhye, nel sud-est del Paese, ma il ministro dell’Energia, Volodymyr Demchyshyn, ha assicurato che l’accaduto non comporterebbe “rischi visto che non sono rimasti coinvolti i reattori dell’impianto”.

Il primo ministro ucraino Arseny Yatseniuk (Reuters/ Ogirenko)
Il primo ministro ucraino Arseny Yatseniuk (Reuters/ Ogirenko)

“Non c’e’ alcuna minaccia, non ci sono problemi con i reattori”, ha spiegato Demchyshyn in una conferenza stampa convocata frettolosamente, perché secondo le autorità riguarderebbe il solo sistema di perdita dell’energia elettrica prodotta e non l’impianto stesso.

L’agenzia di stampa Interfax Ucraina scrive che il problema è avvenuto al blocco numero 3 – un reattore da 1.000 megawatt – e che la risultante mancanza di produzione, ha peggiorato la crisi energetica nel paese. Interfax aggiunge che il blocco dovrebbe rientrare in funzione il 5 dicembre.

L'impiano nucleare di Chernobyl
L’impiano nucleare di Černobyl’ a Nord dell’Ucraina dove nel 1986 si verificò il più grave incidente della storia

L’Ucraina in questo momento registra una scarsità di energia elettrica che l’incidente rischia di aggravare. Ma il ministro dell’Energia ha garantito che l’impianto tornerà a lavorare in brevissimo tempo. Intanto a Vienna, l’agenzia internazionale per l’energia atomica – a cui ogni nazione deve rendere noto un incidente nucleare che coinvolga altri Paesi- ha fatto sapere di non aver ricevuto alcuna notifica.

L’incidente ha fatto tornare alla memoria l’incidente nucleare di Černobyl’, nell’Ucraina settentrionale, avvenuto nell’aprile del 1986. L’incidente nucleare provocò migliaia di morti, oltre a mettere in ginocchio l’intera economia europea. Le autorità dell’allora Urss in primo momento minimizzarono, ma data la gravità dell’evento annunciarono la catastrofe nucleare al mondo con molti giorni di ritardo.

Novartis e Roche fecero “cartello”. Multati per 180 milioni di euro

Non sono passati che alcuni giorni dalla tempesta sul Fluad, il vaccino della Novartis che sarebbe causa (poi smentita dall’Iss e dall’Aifa) della morte di una ventina di persone, che il colosso del farmaco si ritrova a fare i conti con un’altra tegola, questa volta di natura economica, prima ancora che di reputazione.

E’ stata infatti confermata dal Tar del Lazio la maxi-multa di 180 milioni di euro comminata dall’Antitrust alle aziende farmaceutiche Roche e Novartis, con l’accusa di aver fatto “cartello” per favorire le vendite di un farmaco, il Lucentis, molto più caro ma sostanzialmente identico all’Avastin, per curare la maculopatia (patologie dell’occhio).

L’udienza del Tribunale amministrativo laziale si era tenuta lo scorso 5 novembre. I giudici della Sezione prima del Tar hanno quindi deciso di respingere il ricorso presentato dalle due industrie contro la multa dell’autorità garante della concorrenza e del mercato.

La vicenda, preannunciata da interrogazioni parlamentari, inchieste giornalistiche e appelli della Società Italiana di Oftalmologia, prende il via ufficialmente lo scorso 5 marzo, quando l’autorità afferma che ”le capogruppo Roche e Novartis, anche attraverso le filiali italiane, hanno concertato sin dal 2011 una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis, presentando il primo come più pericoloso del secondo e condizionando cosi le scelte di medici e servizi sanitari”, con un danno per il Sistema sanitario nazionale di oltre 45 milioni nel solo 2012 ma che sarebbe potuto arrivare a 600.

Le due aziende si affrettano a negare ogni addebito, ma subito dopo la notizia della multa parte anche l’indagine della procura di Roma, che si aggiunge a quella aperta nel 2012 dal pm di Torino Raffaele Guariniello, con reati ipotizzati che vanno dalla truffa ai danni del Ssn all’aggiotaggio. Anche alcune Regioni, con il Veneto in testa, chiedono rimborsi alle aziende.

Al centro della disputa c’è la questione cruciale dell’equivalenza delle due molecole. Avastin infatti non ha l’indicazione per l’uso nelle malattie dell’occhio, e secondo le aziende e diversi esperti, Lucentis, che invece è approvato proprio per le maculopatie, è più sicuro. Non è dello stesso parere il Consiglio Superiore di Sanità, che a maggio afferma che i due farmaci hanno un profilo di rischio simile, sulla base anche di risultati pubblicati su Lancet e sul New England Medical Journal.

Il parere fa scattare subito la richiesta di danni da parte del ministero della Salute, che chiede 1200 milioni di euro. Dopo circa un mese arriva la decisione del Comitato Tecnico scientifico dell’Aifa di riammettere Avastin nella lista dei farmaci rimborsati dal Ssn per le maculopatie, anche se con una serie di paletti, dalla distribuzione solo in centri selezionati all’obbligo di ‘spacchettare’ i flaconi per creare monodosi, (che fanno infuriare gli oftalmologi), secondo cui con le nuove regole diventa più difficile, anzichè più facile, utilizzare Avastin sugli oltre 100mila pazienti con degenerazione maculare.

La sentenza di oggi non mette comunque la parola fine alla vicenda. Oltre alle indagini delle procure è probabile un ricorso delle aziende contro la decisione del Tar, e c’è anche una serie di querele incrociate tra i protagonisti principali, come quelle che oppongono la Soi a Fedeanziani, che si è schierata invece a favore dell’uso del solo Lucentis sulla base di una serie di segnalazioni a un numero verde istituito appositamente.

Processo Concordia, la procura chiede 20 anni per Schettino

Processo Concordia: Schettino in aula per interrogatorio processo
Processo Concordia: Schettino in aula per interrogatorio sul naufragio (Ansa/Russo)

La Procura di Grosseto è intenzionata a chiedere oltre 20 anni di carcere per l’ex comandante Francesco Schettino come responsabile del naufragio della Concordia. Lo ha detto a margine dell’udienza il procuratore Francesco Verusio in una pausa dell’interrogatorio di Schettino. Tra i vari reati, Schettino potrebbe essere condannato a circa 22 anni.

Francesco Schettino è tornato oggi in aula al Teatro Moderno di Grosseto per sottoporsi all’interrogatorio nel processo sul naufragio della Costa Concordia di cui è imputato. L’udienza è iniziata intorno alle 10. Schettino ha chiesto di non farsi riprendere in video durante la sua deposizione.

“L’avvicinamento all’isola – ha detto Schettino – favorisce l’aspetto commerciale” anche per questo venne deciso di accostare la Concordia all’isola del Giglio. Il pm Alessandro Leopizzi ha aperto l’esame dell’imputato partendo da come venne deciso e gestito l’avvicinamento al Giglio deviando dalla rotta formalmente comunicata alla compagnia.

A un’altra domanda se Costa fu informata del mutamento di rotta, Schettino ha detto che “nelle varie probabilità la navigazione sotto costa si è sempre effettuata” e “il comandante della nave ha la facoltà di tracciare la rotta ma non ha nessun obbligo di informare l’armatore”.

“In questo caso – ha continuato Schettino – non essendo pianificata la navigazione turistica”, come potrebbe essere in un golfo magari prevedendo anche una sosta, “ma trattandosi di un’accostata, non ho avvisato nessuno”. Schettino ha anche ricordato che i contatti con il comandante in pensione Mario Palombo, che spesso soggiorna sull’isola, e la richiesta del maitre Antonello Tievoli lo indussero a decidere per l’avvicinamento al Giglio: “Considerato anche l’aspetto commerciale volevo prendere tre piccioni con una fava”, cioè fare un piacere a Tievoli, “omaggiare l’isola e Palombo” e dare un valore aggiunto all’aspetto commerciale della crociera.

In precedenza, ha detto Schettino, “un paio di volte ho fatto un passaggio ravvicinato al Giglio”, quanto alla rotta ha ammesso di averla approvata e di aver visto la carta nautica su cui era tracciata. La manovra – ha detto ancora Schettino – non l’ho fatta per fare un favore alla Cemortan”.

Schettino non era distratto nell’imminenza dell’impatto della Costa Concordia, ma fu tratto in inganno dal “mutismo generale” in plancia di comando ma “non avevo con me mica una scolaresca”: così, con critiche agli ufficiali sul ponte di comando della Concordia, emerge la difesa di Francesco Schettino dalle sue risposte al pm Leopizzi.

L’imputato ha detto di non essersi distratto né per la telefonata che fece al comandante in pensione Mario Palombo “che durò appena 30 secondi” per sapere quanta profondità ci fosse sotto la costa dell’isola, né quando, in plancia, ricordò al comandante in seconda Ciro Ambrosio di mettere il timone manuale mentre la nave procedeva a 15 nodi e mezzo verso l’isola.

“Gli dicevo timone a mano e lui capisce… Era un reminding”, ha detto Schettino rispetto all’ordine di passare alla navigazione manuale. Se poi dire a Ambrosio “timone a mano” poteva generare distrazione nell’ufficiale di guardia, Schettino ha detto che “se con il mio comportamento ho generato un dubbio a una persona adulta, lui doveva essere in grado di manifestarlo”. Schettino, rispetto al passaggio di consegne in plancia dopo che lui era arrivato dalla cena dopo la partenza da Civitavecchia, ha aggiunto: “Non si creda che io non abbia tormento per questa stupidata.

Bastava parlare e dire…Io ho cercato di giustificare anche gli altri..”. Al momento della frase “the master take the com”, quando Schettino comunicò formalmente che stava prendendo il comando, l’imputato ha detto che in quella come in altre circostanze, se chi tiene la rotta, cioè Ambrosio, “ha dei dubbi deve manifestarli”, invece “credevo di essere molto più distante dalla costa e poi Ambrosio era in progressione numerica”, cioè stava eseguendo la manovra.

In realtà, ha detto Schettino, “la nave era fuori rotta per motivi di tempo, di quattro minuti. Se non avessi visto quella benedetta schiuma, chi parlava in plancia? Il mutismo generale mi ha tratto in inganno”. “Se qualcuno avesse avuto accuratezza non avrei detto ‘Andiamo sugli scogli’ ma qualcuno” degli ufficiali “mi avrebbe dovuto dire ‘Comandante, siamo sugli scogli!’ e invece stettero zitti”.

Dopo i due errori consecutivi del timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin nell’accostata al Giglio, Francesco Schettino non pensò di sostituirlo “perché – ha spiegato l’imputato interrogato in aula – non immaginavo che fossimo in quel punto così vicini all’isola del Giglio, altrimenti l’avrei sostituito”. “Mi era capitata una cosa simile a Malta”, ha anche ricordato Schettino.

Schettino ha spiegato anche perché, parlando col timoniere, rise mentre diceva “Altrimenti andiamo sugli scogli”: “Fu una frase ironica e tranquilla perché non si aveva contezza della situazione”, della distanza più breve del previsto dagli scogli. L’interrogatorio è accompagnato dalla proiezione di schermate sulla rotta e audio tratti dalla ‘scatola nera’ con le frasi intercettate in plancia di comando. Le frasi sono evidenziate da scritte poste in sottotitolo alle immagini. (Ansa)

"Mafia Capitale", 37 arresti a Roma. Indagato Alemanno, nei guai anche in Calabria

Gianni Alemanno (Ansa/Di Meo) indagato per Mafia a Roma
Gianni Alemanno (Ansa/Di Meo)

Mafia Capitale – 37 persone sono state arrestate nell’ambito di una inchiesta su un vero e proprio sodalizio di stampo mafioso a Roma: in manette anche l’ex Ad dell’Ente Eur, Riccardo Mancini e l’ex Nar (Nuclei armati rivoluzionari), Massimo Carminati. Tra gli indagati nell’inchiesta “Mafia Capitale” della Procura di Roma c’è anche l’ex sindaco della Capitale, Gianni Alemanno. All’ex primo cittadini il gip contesta il reato associazione a delinquere di stampo mafioso. Gli inquirenti hanno proceduto anche alla perquisizione della sua abitazione.

Perquisizioni sono state effettuate alla Regione Lazio e in Campidoglio. I carabinieri del Ros hanno acquisito documenti presso gli uffici della Presidenza dell’Assemblea Capitolina e presso alcune commissioni della Regione Lazio.

Gli inquirenti ipotizzano una vera holding criminale che spaziava dalla corruzione, per aggiudicarsi appalti, all’estorsione, all’usura e al riciclaggio. Un sodalizio radicato a Roma con a capo l’ex Nar, Massimo Carminati.

Alle 37 persone la Procura di Roma contesta presunti reati di associazione di stampo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e altri reati. Al centro dell’indagine del Ros, un sodalizio da anni radicato nella Capitale facente capo a Massimo Carminati, con infiltrazioni “diffuse” nel tessuto imprenditoriale politico e istituzionale.

La Guardia di Finanza sta eseguendo un decreto di sequestro di beni riconducibili agli indagati, emesso dal tribunale di Roma, per un valore di 200 milioni di euro. Gli inquirenti hanno documentato un sistema corruttivo finalizzato all’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici dal Comune di Roma e dalle aziende municipalizzate, con interessi anche nella gestione dei centri di accoglienza per gli immigrati.

GLI ARRESTATI

Insieme all’ex Nar, Massimo Carminati sono stati arrestati il direttore generale dell’Ama Giovanni Fiscon, l’ex Ad dell’Ente Eur Riccardo Mancini (già indagato per corruzione), l’ex Ad di Ama Franco Panzironi (pluri indagato per lo scandalo Parentopoli), l’ex capo della polizia provinciale ed ex vicecapo di gabinetto del sindaco Veltroni, Luca Odevaine; l’ex Ad dell’Ente Eur Riccardo Mancini (già indagato per corruzione), l’ex ad di Ama Franco Panzironi (pluri indagato per lo scandalo Parentopoli).

Sono inoltre finiti in manette Riccardo Brugia; Roberto Lacopo; Matteo Calvio; Fabio Gaudenzi; Raffaele Bracci; Cristiano Guarnera; Giuseppe Ietto; Agostino Gaglianone; Salvatore Buzzi; Fabrizio Franco Testa; Carlo Pucci; Sandro Coltellacci; Nadia Cerrito; Claudio Caldarelli; Carlo Maria Guarany; Emanuela Bugitti; Alessandra Garrone; Paolo Di Ninno; Pierina Chiaravalle; Giuseppe Mogliani; Giovanni Lacopo; Claudio Turella; Emilio Gammuto; Giovanni De Carlo. Ai domiciliari sono finiti invece: Patrizia Caracuzzi; Emanuela Salvatori; Sergio Menichelli; Franco Cancelli; Marco Placidi; Raniero Lucci; Rossana Calistri; Mario Schina.

Il gip ha invece rigettato la richiesta di misura cautelare nei confronti di Gennaro Mokbel e Salvatore Forlenza, che sono indagati insieme all’ex sindaco. Avviso anche per Luca Gramazio capogruppo in Regione per Forza Italia), Eugenio Patanè, consigliere regionale Pd e Mirko Coratti (Pd), presidente dell’Assemblea capitolina.

Un centinaio in tutto gli indagati: Oltre a Gianni Alemanno, anche l’attuale assessore capitolino alla Casa, Daniele Ozzimo che si è dimesso. «Sono estraneo ai fatti ma per senso di responsabilità rimetto il mio mandato» ha detto. Anche Alemanno afferma la sua estraneità: «Chi mi conosce sa bene che organizzazioni mafiose e criminali di ogni genere io le ho sempre combattute a viso aperto e senza indulgenza». L’operazione condotta dai Ros potrebbe presto avere altri sviluppi.

Il procuratore Pignatone
“La mafia a Roma c’è”. Così il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, nel corso della conferenza stampa dopo la maxi operazione condotta questa mattina nella capitale. A Roma, spiega Pignatone, “non c’è una unica organizzazione mafiosa” capace di controllare l’intero territorio, quella “di cui stiamo parlando dimostra originarietà e originalità, proprio perché nasce nella capitale”.

I GUAI CALABRESI DI ALEMANNO

Ma i guai dell’ex sindaco della Capitale non finiscono qui. A 500 chilometri più a sud, in Calabria, questa volta è l’ufficiale della polizia giudiziaria Salvatore Giusto a tirare in ballo Alemanno nel corso di una deposizione a Catanzaro in un altro processo. Giusto, secondo quanto riportato dal Quotidiano del Sud, ha riferito che l’ex sindaco avrebbe avuto presunti rapporti con Giulio Lampada, già condannato in appello per associazione mafiosa e altri reati. L’occasione è il processo con l’accusa di presunta corruzione nei confronti di Alessandra Sarlo, ex commissaria dell’Azienda sanitaria di Vibo Valentia, finita sotto inchiesta per via della sua nomina all’Asp, ritenuta illecita dagli inquirenti.

Nella prossima udienza che si terrà il 3 febbraio (prossimo), Alemanno dovrebbe essere sentito dal collegio dei giudici (presidente Tiziana Macrì, a latere: Anna Maria Raschellà e Sergio Natale). L’ex sindaco – scrive il Quotidiano – “già doveva essere presente ieri, ma invece è risultato assente. Insieme a lui, è lunga la lista dei testimoni, tra cui l’uscente assessore regionale Luigi Fedele, l’ex consigliere regionale Franco Morelli, il giudice Vincenzo Giglio (marito dell’imputata e condannato in primo grado nel processo principale “Infinito”, sulla cosca Lampada di Reggio Calabria), l’ex presidente della giunta regionale Giuseppe Scopelliti”.

Presunta “corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio è l’accusa per Alessandra Sarlo. Il procedimento catanzarese a carico della Sarlo rappresenta lo stralcio di una più vasta inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano “Infinito. L’ipotesi degli inquirenti è che proprio Giglio avrebbe consentito alla moglie di ottenere la nomina al vertice dell’Asp di Vibo Valentia, in virtù dei suoi rapporti con l’ex consigliere regionale calabrese del Partito della Libertà, Franco Morelli. Inoltre, a gennaio muterà il collegio dei giudici. E proprio ieri è stato chiesto alla difesa e al pubblico ministero Gerardo Dominijanni se acconsentissero alla rinnovazione degli atti. Da una parte e dall’altra è la risposta è stata un sì secco. Altrimenti, con una risposta diversa, tutta la fase istruttoria, relativa ai testimoni, avrebbe dovuto ricominciare da capo”.

«Abbiamo sbagliato sul Sud». Salvini già in marcia su Roma

Matteo Salvini
Matteo Salvini (Ansa)

Fabio Rubini per Libero

Probabilmente la svolta sudista di Matteo Salvini non sarà epocale come quella di Fiuggi che sdoganò il Movimento Sociale, ma insomma, sentire il segretario della Lega Nord che dice «sul Sud ho fatto e abbiamo fatto degli errori» fa un certo effetto. Anche perché gli «errori» di cui parla Salvini non sono relativi a strategie politiche, come era successo in passato anche a Umberto Bossi quando aveva provato a conquistare il meridione con la Lega Sud.

No, le parole di Salvini sembrano arrivare da una presa di coscienza più profonda: «Cosa mi ha fatto cambiare idea sui meridionali? Sono i fatti, probabilmente il Sud lo conoscevo poco. Ormai è chiaro che l’Italia o si salva tutta da Nord a Sud, o non ce n’è per nessuno. L’autonomia e il federalismo sono le risposte che servono anche al Sud».

Tesi lontane mille miglia da quello slogan «Prima il Nord» col quale lo stesso Salvini incoronò Roberto Maroni sovrano della Lombardia. Le nuove convinzioni del «Matteo giusto», come lo chiamano i suoi sostenitori, certo sono in parte dettate da calcoli elettorali (difficile prendere voti in meridione con l’immagine dell’allora eurodeputato che cantava cori contro i napoletani), ma anche da una presa di coscienza che Salvini ha maturato sul campo negli ultimi mesi, quando ha girato la penisola più in lungo che in largo, ottenendo in egual misura sale piene e sonori «vaffa» sotto il Po.

C’è poi un altro fattore che alimenta il Salvini-pensiero ed è la consapevolezza che con questa mossa può davvero tentare la scalata al centrodestra. E pazienza se la strategia assomiglia molto a quella del «nemico» interno Flavio Tosi (chi gli sta vicino, infatti, racconta di un sindaco di Verona piuttosto infastidito da questa conversione).

Non a caso anche ieri gli strali del segretario padano sono stati bipartisan e hanno tirato in ballo in egual misura Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Al premier, Salvini ha spiegato che «Quando hai un tasso di disoccupazione come questo si rischia di mettere in ballo la coesione sociale. Se va avanti con il Jobs Act e le riforme di cui alla gente non interessa nulla, si rischiano gli scontri di piazza». E ancora: «Renzi sta giocando con il fuoco. Noi invece cerchiamo di spegnerlo».

Parole che suonano come una risposta al premier che parlando dei problemi delle periferie lo aveva accusato di «alimentare la propaganda xenofoba». Anzi, Salvini sfida apertamente Renzi, quando dai microfoni di Rtl invita l’avversario a un confronto pubblico: «L’ho sempre chiesto, ma non l’ho mai avuto. Con lui mi piacerebbe dialogare di questioni economiche, studi di settore, legge Fornero.

Cose che interessando alla gente, non come la legge elettorale che non cambia la vita di nessuno». Il leader del Carroccio non ci è andato leggero nemmeno con Berlusconi. Prima ha giocato sul filo dell’ironia e della metafora calcistica (usata in primis dal Cav) per spiegare che «Io non sono un bomber, giocavo in difesa e nel mio modulo non c’è posto per il regista, ci sono i centrocampisti di fatica, i portatori d’acqua. Il regista non mi serve». Più dure ed esplicite, invece, sono state le critiche sulla posizione di Berlusconi sull’Europa: «È ondivago – ha sparato Salvini – un giorno dice una cosa, poi il giorno dopo ne dice un’altra.

Basta tentennamenti. Prenda una posizione e la mantenga. Per quanto ci riguarda – ha proseguito il leghista – l’Europa a 28 non ha senso: prima si abbatte e si costruisce da capo, meglio è, magari con un referendum tra gli italiani». Sull’Europa Salvini è pronto a riaprire il fronte già a gennaio quando ha annunciato l’arrivo di «Marine Le Pen in Italia all’inizio dell’anno per parlare dei temi dell’immigrazione e del lavoro».

Anche sul Quirinale e sul successore di Napolitano le distanze con Berlusconi sembrano notevoli: «Quando mi ipotizza Giuliano Amato Presidente della Repubblica mi vengono i capelli dritti in testa. Amato è quello del prelievo forzoso sui conti correnti nel ’92, è quello dalle pensioni da decine di migliaia di euro al mese, è uno dei padri dell’euro e di questa Europa.

Prima di votare lui voto il Grande Puffo». Per il Quirinale a Salvini piacerebbe «un nome di un non politico. Di nomi ne ho in mente più d’uno, ma non li dico, altrimenti li bruciano in venti secondi». Le ultime scaramucce Salvini le dedica ad Alfano, che l’aveva attaccato: «Se abbiamo una Lega forte e un centrodestra debole siamo fregati». Parole alle quali il leader del Carroccio ha replicato tornando alla metafora calcistica: «Mi hanno detto che nella squadra del centrodestra Alfano sarebbe il portiere.
Se è così, preferisco giocare a porta vuota».

Commistioni in Calabria: Mario Oliverio: "Giuro che le spezzerò"

Oliverio festeggia Commistioni in Calabria
Mario Oliverio festeggia la sua vittoria alle regionali in Calabria (photo Arena/Gazzetta del Sud)

Nando Santonastaso  per il Mattino (2 dicembre 2014)

“Non si fida, Mario Oliverio, pd, da pochi giorni eletto governatore della Calabria. «Non è mai troppo tardi per cambiare opinione ma le parole di Salvini sono un passaggio troppo repentino per non destare qualche sospetto» dice a proposito delle dichiarazioni del leader leghista sugli abitanti del Sud.
E spiega: «Il progetto del Carroccio ha avuto tra i suoi capisaldi la contrapposizione tra le diverse aree del Paese e soprattutto la valutazione negativa del Mezzogiorno. È su questa radice che la Lega ha alimentato gli egoismi territoriali costruendo almeno in parte le sue fortune politiche ed elettorali. Solo che il progetto è fallito perché senza respiro: ecco perché sul dietrofront di Salvini i dubbi si sprecano».

Eppure ammettere di essersi sbagliato sul conto dei meridionali non è da tutti al Nord, specie per un leader politico leghista…
«E gliene dò atto. Ma, detto questo, bisogna poi verificare nel merito queste parole. E cioè capire quale progetto anima questa radicale revisione politica. Dovrebbe presupporre, a mio giudizio, una riflessione culturale che però al momento non vedo. Allo stato, mi sembra una dichiarazione strumentale».

La Lega al Sud dice di poter contare su decine di migliaia di voti…
«Appunto. Io capisco l’operazione che vuole fare Salvini, una correzione politica a 360 gradi. Ma al tempo stesso credo che non ci sia posto al Sud per un insieme di leghismi e di spinte localistiche riuniti sotto un’unica bandiera. Manca, lo ripeto, una valutazione culturale».

Eppure ora anche Salvini dice, come molti esponenti delgoverno, del Pd e di altre forze politiche, che senza Sud il Paese non può ripartire.
«E anche questo è sicuramente un ragionamento condivisibile, perché ormai è chiaro a tutti e anche a Salvini che il Paese ha bisogno di un disegno unitario di respiro europeo e che ilMezzogiorno può essere una grande risorsa sulla quale far leva e rilanciare la crescita in tutta la penisola. Ma poi bisogna capire quale progetto si vuole sostenere nel concreto».

Non è che Salvini punta a ricompattare, per esempio proprio in Calabria, l’antipolitica e i populismi usciti a dir poco malconci dalle ultime regionali dopo il flop dei 5 Stelle?
«È probabile. Ma Grillo è fallito perché ha dimostrato un’evidente incapacità di offrirsi come risposta nuova e concreta ai problemi del Mezzogiorno. La demagogia, il populismo hanno dimostrato tutto il loro respiro corto, soprattutto in rapporto alle aree territoriali che vivono una condizione di sofferenza e chiedono risposte affidabili sul piano della coesione sociale, dell’economia, del lavoro. Era inevitabile che Grillo fallisse. Per questo non credo che ci possa essere spazio per un populismo leghista: qui bisogna dare risposte, non slogan».

Lei si appresta a guidare una delle ultime Regioni in Europa quanto a capacità di spesa dei fondi strutturali: siete molto indietro, non è preoccupato?
«Il nostro impegno è di recuperare i ritardi e le risorse finora non spese facendo leva su un impegno straordinario delle forze calabresi. Il governo ha insediato una task force che dovrà guidare l’indispensabile accelerazione, non vogliamo perdere neppure un euro».

Il governo ha ridotto anche alla Calabria il co-finanziamento dei fondi europei 2014-2020 dal 50% al 25%: che ne pensa?
«Mi è sembrata una decisione giusta. La soglia del 50% era troppo alta. Ma è chiaro che quel 25% deve restare comunque sul nostro territorio e su questo punto è indispensabile un confronto con il governo. Il Sud deve poter continuare a utilizzare pienamente le risorse europee. E per farlo occorre anche il nostro contributo»

Cosa intende fare, presidente?
«La prima decisione che assumerò una volta che potrò insediarmi alla Regione sarà la nomina di una task force che dovrà affrontare i nodi delle procedure amministrative e della sburocratizzazione. Ma anche nei confronti dell’Ue bisognerà sollecitare altrettanta semplificazione nelle norme».

Repulisti in vista?
«A livello amministrativo esiste ancora in Calabria una commistione assai deteriorata tra la struttura amministrativa e certe pratiche politiche. Lo dimostra l’ultimo disperato assalto di questi giorni agli scampoli di risorse ancora disponibili. Noi faremo atti di rottura radicale, glielo posso assicurare».

“Fluad non è mortale”. Ma nel 2012 Balduzzi lo sequestrò. Nel Bilderberg i vertici di Novartis

NovartisAl momento il bilancio è di 19 persone morte. Morti per influenza, o per altre malattie o per caso… Non certo a causa del vaccino Fluad della Novartis, farmaco su cui sono stati concentrati i sospetti delle autorità che hanno, in via cautelativa, sequestrato i flaconi un po’ in tutta Italia.

I test sul Fluad sono “completamente negativi”. Lo confermano ufficialmente, in un comunicato congiunto, l’Istituto Superiore di Sanità e l’Agenzia Italiana del Farmaco. “I risultati dei test – sottolineano – confermano la sicurezza del vaccino antinfluenzale, escludono la presenza di endotossine e hanno mostrato che nei lotti risulta conforme l’aspetto e il contenuto in antigene del vaccino del virus dell’influenza”.

La sede dell'Istituto Sanitario della Sanità
La sede dell’Istituto Sanitario della Sanità

L’incremento delle segnalazioni, giunte quest’oggi a un totale di 19 su 8 lotti diversi, è pertanto da attribuire alla maggiore sensibilità mostrata da parte degli operatori sanitari e della popolazione generale al fenomeno a causa della mediaticità degli eventi di questi ultimi giorni”.
L’Aifa e l’Iss, sulla base di queste risultanze, “invitano quindi tutti i soggetti, in particolare quelli a rischio, a sottoporsi alla vaccinazione per evitare di andare incontro alle complicanze di questa malattia infettiva che ogni anno causano circa 8.000 decessi in Italia, in particolare nella fascia di popolazione al di sopra dei 65 anni”.

Il ministro della Salute Ncd Beatrice Lorenzin (photo Scrobogna /LaPresse)
Il ministro della Salute Ncd Beatrice Lorenzin (photo Scrobogna /LaPresse)

Il ministro della salute Lorenzin è soddisfatta
“Possiamo tirare un sospiro di sollievo perchè da quanto emerso dall’analisi dei due lotti sequestrati, non ci sono elementi che impedirebbero il commercio del vaccino”: è il commento del ministro della Salute Beatrice Lorenzin ai risultati delle analisi effettuate dall’Istituto superiore di Sanità sui vaccini antinfluenzali “sospettati” di aver causato il decesso di una dozzina di anziani. Il ministro ha oggi presieduto a Bruxelles il Consiglio Ue della Salute, che ha fra l’altro approvato delle conclusioni sulle vaccinazioni come strumento efficace per garantire la salute pubblica.

Qualcosa non torna.
Nel 2012 il caso dei vaccini prodotti da Novartis era stato sollevato dal predecessore della Lorenzin, Renato Balduzzi, che bloccò  interi lotti di Fluad (e non solo) in seguito a delle anomalie riscontrate sui farmaci.

Il ministro del governo Monti dispose il divieto assoluto di vendita e di acquisto di quasi 500mila dosi di vaccino antinfluenzale prodotte dalla casa farmaceutica Novartis: l’Agrippal, Influpozzi sub unità, Influpozzi adiuvato e, appunto, il Fluad.

Il provvedimento era arrivato a seguito di una comunicazione dell’Aifa che, sulla base della documentazione presentata dall’azienda, aveva stabilito la necessità di ulteriori verifiche circa la qualità e la sicurezza degli stessi, dal momento che questi potrebbero presentare una aumentata reattogenicità, cioè la capacità di indurre effetti collaterali e reazioni indesiderate. In quella stagione non furono segnalati decessi post vaccino poiché la decisione del ministero della Salute è stata presa prima dell’avvio della campagna vaccinale.

L'ex ministro della Sanità Renato Balduzzi
L’ex ministro della Sanità Renato Balduzzi

I dubbi del ministro Balduzzi nell’ottobre 2012:
“Novartis sapeva già da luglio delle anomalie sul vaccino”

Il provvedimento – scriveva il quotidiano “La Repubblica” – è a scopo cautelativo e in attesa di ulteriori indagini”, ma Balduzzi [ha] rivelato che Novartis sapeva delle anomalie nei vaccini sin dall’11 luglio scorso. “Il 18 ottobre – racconta il ministro – Novartis, a margine di una riunione con l’Aifa, ha rappresentato qualche anomalia in alcuni lotti”. L’azienda ha fatto una comunicazione informale e l’Aifa ha ricevuto la documentazione il giorno dopo, il 19 ottobre. Dai report è emerso che “la ditta era a conoscenza delle anomalie dall’11 luglio”. 

“Dopo il 19 ottobre (2012), Aifa ha fatto studiare i dati e oggi è scattato il blocco cautelativo. Il problema, aggiunge il ministro, pare riguardi le fiale in una percentuale del 3 per mille, con la formazione di particelle all’interno delle fiale. “Consigliamo a chi ha acquistato il vaccino di attendere, prima di utilizzarlo, altre informazioni da parte delle autorità sanitarie”. “Non abbiamo evidenze che le anomalie possano avere effetti negativi – aggiunge il ministro- ma fra questi ci possono essere eventi locali di tipo dermatologico o di sistema, come l’innalzamento della temperatura corporea”.

 

 

fluad mortale - Joseph Jimenez Ad Novartis
Joseph Jimenez Ad Novartis

Curiosità
La Novartis è una multinazionale
del farmaco con sede a Basilea, Svizzera che fattura circa 14 miliardi di dollari l’anno. Il suo amministratore delegato è dal 2010 Joseph Jimenez, con un trascorso nella Colgate-Palmolive. Secondo Forbes, Jimenez nel 2013 ha guadagnato 13,226,287 dollari. L’Ad è subentrato al posto di Daniel L. Vasella che oggi è presidente onorario del colosso farmaceutico. Il prestigioso quotidiano britannico “The Telegraph” ha scritto che tra i 140 delegati del Bilderberg (potentissima lobby che raccoglie il fior fiore dei potentati politici, economici e finanziari) riuniti dal 6 al 9 giugno 2013 al Grove Hotel, ad Hertfordshire, erano presenti il presidente onorario di Novartis Daniel Vasella e Mark C. Fishman, presidente Novartis per la ricerca biomedica. 

L’Istituto Superiore di Sanità – lo stesso che ha sancito una prima “non pericolosità” del Fluad di Novartis – è invece il principale organismo di consulenza tecnico-scientifica del ministero della Salute. Svolge funzioni di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, documentazione e formazione in materia di salute pubblica. Già lo scorso anno è entrato nell’occhio del ciclone parlamentare per un “dubbio” commissariamento fatto proprio dalla ministra Lorenzin. Il Movimento 5 Stelle denunciò l’improvviso cambio al vertice per “motivi di razionalizzazione”. Fuori Fabrizio Oleari, nominato dal ministro Balduzzi prima di lasciare il ministero ad aprile 2013, dentro Gualtiero Ricciardi, evidentemente gradito all’attuale ministra.

Luca Pani presidente Agenzia italiana del Farmaco - Aifa
Luca Pani presidente Agenzia italiana del Farmaco – Aifa

I parlamentari grillini sottolineavano che “la Lorenzin, aveva la facoltà non l’obbligo di procedere al commissariamento. Una scelta contestabile anche alla luce del fatto che l’attuale presidente dell’ISS, dott. Fabrizio Oleari, insediatosi solo nel marzo 2013, sembra stia realizzando un’ulteriore riduzione del disavanzo, volta a raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio. Tra l’altro, mancano riscontri concreti sul fatto che la procedura di commissariamento determini reali benefici. Anzi, nella quasi totalità dei casi è appurato che ciò non è avvenuto”.

“E’ per queste ragioni – dicevano il M5S – che oggi in Aula abbiamo presentato un’interpellanza urgente: l’indipendenza dell’ISS, la sua libertà dalla pressione delle lobby del farmaco, che invece a nostro avviso stanno compromettendo il ruolo dell’Aifa, è indispensabile per la tutela della salute dei cittadini italiani”.

Molte coincidenze che portano tutte dritte nell’universo segreto dei poteri forti. Fluad mortale? per adesso “gli scienziati” han detto di no. Spetta però alla magistratura accertare, senza pressioni, la verità. Viste appunto le troppe coincidenze che dicono ai cittadini “non fidatevi di ciò che vi affermano costoro”. Venti e forse più persone si sono iniettate il Fluad e sono morte. Per caso, come per caso morirono centinaia di cittadini a Casale Monferrato per l’amianto, elemento assolto e prescritto dalla giustizia del Belpaese: “Nessun colpevole”.

Fiducia Renzi in calo, persi 5 punti in un mese. Sale Salvini

Matteo Renzi
IN CALO Matteo Renzi

Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera

Il risultato elettorale di domenica scorsa sembra aver impresso un’accelerazione alle tendenze in atto riguardanti il gradimento dei leader, con particolare riferimento a Renzi, Salvini e Grillo. Il premier arretra di 5 punti rispetto ad ottobre, passando dal 54% al 49% e, sebbene prevalgano sia pure di poco i giudizi positivi, è la prima volta che Renzi scende al di sotto della fatidica soglia del 50%. Al secondo posto si conferma Salvini che aumenta il proprio consenso di 5 punti (da 28% a 33%) riducendo in misura significativa la distanza da Renzi: a fine ottobre era di 26 punti mentre oggi è di 16.

Al terzo posto si colloca Giorgia Meloni, gradita dal 28% degli italiani, seguita da Berlusconi (25%) e Alfano (22%). Chiudono la graduatoria Vendola, apprezzato dal 18% degli italiani (in aumento di 3 punti), e Grillo con il 17% di consenso (in calo di 2 punti).
La flessione di Renzi, non dissimile da quella di tutti i premier italiani ed europei dopo sei mesi dall’insediamento del governo, presenta alcune specificità. Renzi ha alimentato nei cittadini aspettative estremamente elevate, tutte all’insegna del cambiamento, un cambiamento profondo e soprattutto rapido. Alcuni provvedimenti sono andati a segno, altri faticano a vedere la luce.

sondaggio IPSOS per Corsera 1-12-14Ma le partite aperte sono ancora molte, a partire dalla legge elettorale, e sullo sfondo la situazione economica continua a permanere negativa.
Il presidente del Consiglio perde consenso soprattutto presso i segmenti sociali più toccati dalle difficoltà economiche (piccoli imprenditori, artigiani, commercianti e disoccupati) e in parte anche tra gli elettori del Pd (come conseguenza del Jobs act) mentre si consolida il gradimento tra le persone meno giovani e i pensionati.

Ma la vera sfida, come sempre, è rappresentata dal ceto medio che in questa fase, dopo aver ridotto le spese, modificato gli stili di consumo e fatto importanti sacrifici, si è adattato alla crisi, ha ridotto le proprie aspettative e si accontenta della condizione attuale che si è assestata mentre, al contrario, è convinto che il Paese sia in declino e paventa un ulteriore peggioramento della situazione.

È questo il punto più critico: il futuro dell’Italia, come dimostra l’andamento dell’indice di fiducia Istat che dal giugno scorso è in forte calo (dopo un semestre di crescita), ma diminuisce solo nella componente riguardante il clima economico del Paese, non quello personale che rimane pressoché stabile.

sondaggio IPSOS per Corsera 1-12-14_2Il malumore viene intercettato soprattutto da Salvini che si rafforza e risulta complementare rispetto a Renzi, aumentando il consenso proprio tra i segmenti che sono più delusi dal premier (lavoratori autonomi e disoccupati), tra i pensionati e ceti più popolari, mentre fatica ad accreditarsi tra quelli più istruiti e nella classe dirigente, a differenza di quanto avvenne con l’altro leader che più di altri è stato capace di raccogliere lo scontento e rappresentare efficacemente il dissenso: Grillo.

Quest’ultimo appare in difficoltà, sia per la competizione di Salvini sul terreno della protesta sia a seguito delle dinamiche interne al movimento che in questa settimana hanno portato all’espulsione di altri due esponenti. E il tema della democrazia interna al M5S risulta un vero e proprio tallone d’Achille per il movimento.

Quanto agli altri leader considerati, Meloni ha alcuni tratti in comune con Salvini: viene apprezzata dai lavoratori autonomi e dai pensionati (molto meno dai disoccupati) ma si distingue dal segretario della Lega per un maggiore sostegno tra le donne. Berlusconi, nonostante il deludente risultato alle Regionali, mantiene il proprio livello di consenso personale, a conferma del forte rapporto che lo lega allo «zoccolo duro» del suo elettorato.

Alfano si conferma sugli stessi livelli del mese scorso sia pure con qualche cambiamento all’interno dell’elettorato: infatti perde consenso tra gli elettori del Pd e aumenta il sostegno tra quelli di Forza Italia. Infine Vendola. Pur essendo stato meno presente sui media nelle ultime settimane, beneficia del calo di consenso di Renzi e di Grillo nell’elettorato che si colloca più a sinistra.

In sintesi possiamo dire che Renzi sta affrontando un passaggio delicato: le critiche su provvedimenti di largo impatto da un lato e le difficoltà dell’economia dall’altro stanno erodendo la sua popolarità, ma si tratta di un’erosione che può rientrare. Se chiuderà da vincente i due percorsi principali (Jobs act e legge elettorale), se come sembra la legge di Stabilità supererà la «tagliola» europea e, soprattutto, se si avvereranno le previsioni di Confindustria, dopo tanto tempo diventata ottimista, e l’economia segnerà una sia pur piccola ripresa fin dall’inizio del 2015, il ciclo negativo del premier potrebbe cambiare di segno.

Ragusa, forse ucciso Loris, il bimbo ritrovato in un canalone

Andrea Loris Stival
Il bambino di Santa Croce Mamerina (Ragusa) trovato ucciso, Andrea Loris Stival

Inquirenti al lavoro per ricostruire la giornata di sabato, finita nel peggiore dei modi per il bimbo di otto anni che era scomparso da Santa Croce Camerina (Ragusa). Il cadavere del piccolo, che intorno alle 8 era stato accompagnato dalla madre a scuola, ma che in classe non è mai entrato, è stato trovato in un mulino abbandonato, a Scoglitti.

A lanciare la segnalazione è stato un cacciatore poco dopo le 16.30. La madre di Andrea Loris Stival ha dato l’allarme alle 12,45 di sabato, andando alla Stazione dei Carabinieri di Santa Croce Camerina (Ragusa) per chiedere aiuto in quanto non aveva trovato il figlio all’uscita di scuola. Immediatamente sono iniziate le ricerche mediante la diramazione delle descrizioni fisiche del minore e della foto a tutte le Forze di Polizia ed alle associazioni di volontariato, cosi come prevede il piano di ricerca persone scomparse istituito dalla Prefettura di Ragusa.

La drammatica svolta alle 16,50 quando, la Volante della Polizia di Stato del Commissariato di Comiso, transitando in contrada da Grotte, ha notato un’autovettura sul ciglio della strada e per questo procedeva al controllo, per appurare se fosse collegata alla scomparsa del minore. Proprio in quel momento, il proprietario dell’auto, anch’egli volontariamente attivo per le ricerche del minore, segnalava agli agenti la presenza del bambino probabilmente deceduto in quanto immobile. Gli agenti della Volante sono intervenuti, scendendo all’interno di un canale per la raccolta dell’acqua piovana, constatando il decesso del piccolo.

Immediatamente sul posto sono arrivati i sanitari del 118. Le indagini sono da subito state condotte dalla Squadra Mobile della Polizia di Stato e del Nucleo Investigativo dell’Arma dei Carabinieri che, insieme al Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa, hanno effettuato il sopralluogo. Sul posto i rilievi tecnici e videofotografici sono stati effettuati dalla Polizia Scientifica e la prima ispezione cadaverica da parte del medico legale.

Sin dai primi momenti del rinvenimento del cadavere, Carabinieri e Polizia di Stato hanno ascoltato le dichiarazioni di numerosi parenti e persone informate sui fatti al fine di ricostruire le ultime ore di vita del bambino, elementi indispensabili per appurare quali possano essere state le cause del decesso. Al momento, non può essere esclusa alcun tipo di ipotesi e oggiverrà disposta l’autopsia sul corpo del bambino, cosi come richiesto dalla Procura della Repubblica di Ragusa. Inoltre verrà effettuato un nuovo sopralluogo per ricercare ulteriori elementi sul luogo del rinvenimento.

I militari dell’Arma escludono l’incidente: “Qualcuno potrebbe averlo portato li, ma dobbiamo essere cauti. Tra le piste seguite c’è anche quella pedofilia”, dice all’Agi il comandante provinciale dei carabinieri di Ragusa Sigismondo Fragassi. Insomma qualcuno potrebbe averlo portato in quel posto poco frequentato per abusare di lui, fino al tragico epilogo.

Il piccolo frequentava la terza elementare e adesso a scuola e l’intero paesino del Ragusano, è piombato nell’angoscia. La preoccupazione, dopo l’allarme della mamma all’uscita dal plesso scolastico, con il passare delle ore era cresciuta anche perchè i compagni e la bidella hanno spiegato di non ricordare di aver proprio visto ieri Andrea Loris Stival. Il padre del piccolo è un camionista di 30 anni che lavora nel Nord Italia, mentre la madre, 25 anni, è una casalinga. I carabinieri hanno visionato le immagini dell’impianto di videosorveglianza della scuola elementare e fatto annusare ai cani il pigiama che il piccolo aveva indossato la notte prima.

Già altre volte il bimbo non era entrato a scuola e si era allontanato. Questa volta, però sarebbe successo qualcosa di brutto. Il vecchio mulino abbandonato si trova a tre, quattro chilometri dalla scuola. “Pensiamo che il bimbo – aggiunge il comandante provinciale dei carabinieri – non sia arrivato li da solo. Stiamo valutando vari elementi, comprese le immagini che potrebbero avere registrato i sistemi di videosorveglienza. Riteniamo che si tratti di un fatto cruento”.

Vaccino mortale, FI: "Lorenzin chiarisca". Pae durissimo "Tutela lobby. Si dimetta"

Stefano Fuccelli presidente Partito Animalista Europeo - vaccini mortali
Stefano Fuccelli presidente Partito Animalista Europeo

Mentre il parlamentare di Forza Italia Domenico Scilipoti, con una interpellanza urgente, chiede al ministro della Salute Beatrice Lorenzin di fare “chiarezza” sul vaccino mortale che sta preoccupando migliaia di persone, il Pae, (Partito animalista europeo), chiede le dimissioni della ministra Ncd del governo Renzi. L’accusa mossa dal Pae è di “aver tutelato le lobby a discapito della vita delle persone”. L’attacco fa riferimento al discorso relativo al vaccino Flaud della Novartis.

Il direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco, prof. Luca Pani, dicono gli animalisti, sarebbe stato smentito in quanto aveva affermato che “i danni causati dal vaccino Fluad si manifestano entro 24/48 ore dalla somministrazione”. Secondo il Pae, Pani attraverso i media nazionali avrebbe cercato di rassicurare chi ha assunto il vaccino antinfluenzale appartenente ai lotti incriminati. Una tesi contestata però dall’immunologo Ferdinando Aiuti, secondo il quale eventi avversi possono verificarsi fino a 30 giorni.

In una nota stampa diramata in giornata dal Pae, si legge che “il Fluad è prodotto dalla casa farmaceutica Novartis, sotto indagine giudiziaria per il reato di truffa aggravata nell’ambito della fornitura al ministero della Salute, nel 2009, del vaccino contro l’influenza suina. Un contratto per la fornitura di 24 milioni di dosi di vaccino contro il virus A-H1N1, per un corrispettivo di 184 milioni, di cui consegnate soltanto 10 milioni e somministrate a soli 700 mila cittadini”.

“La pandemia si rivelò un bluff di contro fu accertato il potenziale danno che poteva arrecare il vaccino compromettendo la fertilità dell’uomo a causa degli adiuvanti come lo squalene. Non solo, alla Novartis è stato comminata una multa da 180 milioni di euro dall’Antitrust per aver ostacolato la diffusione dell’uso di un farmaco molto economico a vantaggio di un prodotto molto più costoso. Avastin e Lucentis, 400 milioni di euro in un anno e 100 mila pazienti senza le cure a rischio di cecità, questo è il costo in denaro ed umano del cartello con l’industria farmaceutiche Roche”.

Domenico Scilipoti
Domenico Scilipoti (Forza Italia)

«Alla luce di questi (presunti) comportamenti illeciti – scrive il Pae – il Ministero della Salute avrebbe dovuto sospendere qualsiasi rapporto con la Novartis visto oltretutto che lo stesso Ministero ha richiesto un risarcimento di 1,2 miliardi di euro a tutela degli interessi pubblici. Ma gli stessi rappresentanti istituzionali che avrebbero dovuto vigilare per garantire la salute pubblica sono sotto indagine giudiziaria dalla Procura di Roma. – dichiara il presidente del Partito Animalista Europeo, Stefano Fuccelli.

Tra i presunti responsabili “indagati per corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e falsità ideologica, ci sono tre scienziati al vertice dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Padova (Igino Andrighetto, Stefano Marangon e Giovanni Cattoli); funzionari e direttori generali del mistero della Salute (Gaetana Ferri, Romano Marabelli, Virgilio Donini ed Ugo Vincenzo Santucci); alcuni componenti della commissione consultiva del farmaco veterinario (Gandolfo Barbarino, della Regione Piemonte, Alfredo Caprioli dell’Istituto superiore di sanità, Francesco Maria Cancellotti, direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana, Giorgio Poli della facoltà di Veterinaria dell’università di Milano, Santino Prosperi dell’università di Bologna); coinvolta anche Rita Pasquarelli, direttore generale dell’Unione nazionale avicoltura”.

“Tutti coinvolti – ricordano gli animalisti – nell’istruttoria che i magistrati avrebbero definito “La cupola dei vaccini” , capace di trasformare le epidemie in un’occasione per alimentare affari e carriere, in una commistione tra uffici pubblici e aziende private senza precedenti, che, secondo le contestazioni della Procura di Roma, avrebbe anche contribuito a diffondere negli allevamenti italiani il devastante virus della lingua blu”, afferma Fuccelli. Secondo il Pae “la Lorenzin è sempre lì come il direttore dell’Aifa, altri direttori generali sono stati soltanto spostati di sede”.

Il vaccino mortale fa paura. Decessi sospetti. E’ allerta in Italia

Vaccino mortale. Aumentano i decessi sospetti a causa del vaccino antinfluenzale e probabilmente saliranno di numero. Il direttore generale dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), Luca Pani da Firenze fa sapere che sono “cinque i casi e stanno arrivando altre segnalazioni che stanno esaminando”. La Procura di Siena ha aperto un’inchiesta sulla vicenda del vaccino antinfluenzale Fluad prodotto dalla Novartis, due lotti dei quali sono stati bloccati ieri dall’Aifa. Al momento, non ci sarebbero iscritti nel registro degli indagati.

Sono cinque le segnalazioni ufficialmente giunte all’Aifa per decessi di anziani dopo l’assunzione del vaccino antinfluenzale Fluad della Novaris. Lo conferma la stessa Agenzia precisando che al momento non è però possibile stabilire una relazione diretta tra vaccinazione e decessi. Le morti sospette riguardano cinque anziani: due a Siracusa, una a Termoli ed altri due a Prato e Lecce.

L’Aifa sottolinea come sia stata rilevata “una concomitanza temporale” tra la somministrazione del vaccino Fluad ed i decessi. Tuttavia bisognerà attendere l’esito delle analisi sui due lotti del vaccino incriminati – attualmente in corso all’istituto superiore di sanità – per stabilire l’effettiva esistenza di una relazione causa effetto tra vaccini e decessi. I primi risultati delle analisi entro una settimana.

L’Asl di Como ha disposto verifiche sulla morte di un altro anziano, avvenuta la scorsa settimana, per accertare se sia correlata all’impiego del vaccino Fluad. L’uomo aveva una situazione clinica “di co-morbidità complessa”. Il vaccino, insieme ad altre due tipologie ( Vaxigrip e Intanza) è tra quelli forniti dalla Asl per la campagna di antinfluenzale. Se le ipotesi legate all’assunzione del vaccino dovessero prendere consistenza, si tratterebbe della sesta vittima sospetta.

Non ci sarebbe invece nessuna correlazione fra la morte di un uomo novantenne di Prato e il vaccino. La procura di Prato ha però aperto un’inchiesta. Al momento si tratta di un fascicolo di atti relativi senza titolo di reato e indagati in attesa di capire se ci siano correlazioni tra la vaccinazione e la morte. La procura starebbe valutando la riesumazione della salma, già tumulata.

Sono 60 mila i toscani vaccinati con dosi di vaccino, che era destinato solo agli anziani, appartenenti ai lotti a rischio ma “al momento abbiamo una sola segnalazione, quella del decesso di Prato”. Lo spiega l’assessore toscano alla salute, Luigi Marroni. Nessuna dose è stata utilizzata per i bambini.

Intanto i Carabinieri del Nas stanno eseguendo in Sicilia e Molise il sequestro di materiale e documenti. I due lotti sono: 142701 e 143301 del vaccino FLUAD della Novartis Vaccines and Diagnostics.

I medici di famiglia, divieto uso è precauzionale
“Il divieto di utilizzo dei due lotti di vaccino antinfluenzale è stato disposto a scopo precauzionale, ma i vaccini sono sicuri e solo l’anno scorso le persone morte in Italia per complicanze legate all’influenza sono state più di 8mila”. Lo afferma Giacomo Milillo, segretario nazionale della Fimmg (Federazione italiana medici medicina generale) in una nota diffusa oggi a 35mila medici di famiglia attraverso ‘Fimmg Notiziè.

“Il divieto di utilizzo di due lotti di vaccino antinfluenzale Fluad da parte dell’Aifa è stato disposto a scopo precauzionale – rileva -. Già in passato ci sono stati lotti interi bloccati per mesi per un evento avverso, e poi liberati perché non c’era correlazione. Bisognerà aspettare l’esito delle verifiche per stabilire se c’è un nesso di causalità con le morti”. Sicuramente è un episodio “che diffonderà paura tra la cittadinanza e metterà a rischio la campagna vaccinale in corso – prosegue Milillo – ma questa cosa non possiamo permetterla, perché i vaccini sono sicuri e salvano vite, svolgendo un’attività di prevenzione soprattutto per i pazienti affetti da patologie croniche. Ricordiamoci che solo lo scorso anno per complicanze legate alla patologia influenzale sono morte in Italia più di 8mila persone, in Europa oltre 40mila”.

L’Istituto Superiore di Sanità “supporta la decisione dell’Aifa di ritirare in via cautelativa i lotti dei vaccini a cui sembra siano associate gravi reazioni avverse, a riprova dell’attenzione del Sistema Sanitario Nazionale alla sicurezza ed alla salute dei cittadini”. L’Istituto, a cui sono stati affidati i controlli di tali lotti, “produrrà i risultati delle analisi nel più breve tempo possibile”. Tuttavia “l’Istituto Superiore di Sanità raccomanda fortemente di continuare nella campagna vaccinale anti-influenzale, che ogni anno contribuisce a far superare la stagione invernale a milioni di persone, soprattutto anziani e soggetti nelle fasce di popolazione più fragili per le quali, senza vaccinazione, le complicazioni dell’infezione influenzale potrebbero essere gravi e, in molti casi, fatali”.

Il divieto di utilizzo dei lotti “incriminati” è stato disposto dall’Aifa a “titolo esclusivamente cautelativo” e l’Agenzia ha invitato i pazienti che abbiano in casa confezioni del vaccino FLUAD a verificare sulla confezione il numero di lotto e, se corrispondente a uno di quelli per i quali è stato disposto il divieto di utilizzo, a contattare il proprio medico per la valutazione di un’alternativa vaccinale. Due morti sospette sono avvenute in Sicilia nel siracusano: si tratta di due pazienti maschi di 68 e 87 anni (tutti con patologie pregresse), ha confermato l’assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino.

Il terzo decesso è invece avvenuto a Termoli in Molise: “Confermo che c’è stato un decesso di una 79enne all’ospedale di Termoli ricoverata per meningite o sospetta meningite e che dall’anamnesi risulta avesse fatto il vaccino”, ha affermato il dg dell’azienda sanitaria regionale del Molise (Asrem), Mauro Pirazzoli. “Ho chiesto la cartella clinica all’ospedale San Timoteo e non avrò i documenti prima di 2 settimane. Preferisco attendere le carte e poi parlerò”, ha detto il figlio di Rosa Zara la donna di San Felice del Molise (Campobasso). I decessi sono avvenuti tutti fra il 12 e il 18 novembre scorsi, ha precisato il direttore generale dell’Aifa, Luca Pani, sottolineando che “un evento cardiovascolare è avvenuto nell’immediatezza, circa un’ora dopo la somministrazione”, mentre le altre due morti sono avvenute entro le 48 ore successive per infiammazione del sistema nervoso centrale, encefalite-meningite e hanno riguardato le due persone più anziane intorno agli 80-90 anni.

Una scatola di Fluad (Archivio)

Al momento, gli accertamenti, ha spiegato ancora Pani, vengono compiuti dall’Istituto Superiore di Sanità “per vedere se in questi lotti c’è qualcosa che non è andato bene. Tra le ipotesi possibili ci potrebbe essere la presenza di un contaminante nella produzione” del vaccino. Pani ha anche precisato che in totale le dosi al commercio per il vaccino Fluad sono circa 4 milioni. I lotti sospetti erano destinati solo alle Asl e non alla vendita in farmacia, anche se Federfarma ha inviato in via precauzionale una circolare di allerta a tutte le farmacie.

Da parte sua, l’azienda produttrice Novartis ha fatto sapere di aver ricontrollato i lotti interessati e ne ha confermato la “qualità e conformità”. Aifa e specialisti ribadiscono che non è assolutamente certa la relazione diretta tra le tre morti e la vaccinazione antinfluenzale ed invitano ad evitare la psicosi sottolineando quanto la vaccinazione risulti decisiva per evitare soprattutto tra gli anziani molte migliaia di morti legate alle complicanze. Medici ed Aifa, inoltre, avvertono che trascorse le 48 ore dalla somministrazione non vi è più pericolo. Una tesi contesta però dall’immunologo Ferdinando Aiuti, secondo il quale eventi avversi possono verificarsi fino a 30 giorni.

L’allarme tuttavia è già scattato in varie Regioni: la Liguria ha sospeso, in via precauzionale, tutte le vaccinazioni antinfluenzali e il Molise ha deciso la sospensione della vaccinazione per 24 ore per verificare se i lotti disponibili siano riconducibili ai due bloccati dall’Aifa. Dal governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, è invece giunto l’invito ad “evitare la psicosi determinata dalla paura di vaccinarsi”.

Il Codacons: «Esposto in 104 Procure»
Intanto, crescono allarme e polemiche: Codacons e Ministero della Salute si scontrano sull’eventuale blocco di tutta la campagna di vaccinazione in Italia.

Il Codacons ha deciso di presentare un esposto a 104 Procure della Repubblica di tutta Italia: lo scopo è quello di chiedere il sequestro dei lotti di vaccino sospetti, e di diffidare il Ministero della Salute a bloccare immediatamente la campagna per la vaccinazione avviata in Italia.

A rappresentare Codacons è lo stesso presidente dell’associazione Carlo Rienzi, aggiungendo che «Di fronte a ciò che sta accadendo e in base al principio di precauzione è semplicemente assurdo continuare ad invitare gli italiani a vaccinarsi».

Secondo il Codacons, «il Ministero deve sospendere subito la campagna antinfluenzale e l’Aifa deve bloccare la pubblicità pro-vaccini avviata in questi giorni su giornali e tv. Sostenere le vaccinazioni di massa equivale non solo a mettere a rischio la popolazione, considerati i possibili effetti negativi dei vaccini, ma anche ad alimentare un business che vale 32 miliardi di euro all’anno nel mondo e che ingrassa oltremodo le casse delle case farmaceutiche».

«Siamo pronti – conclude Rienzi – a denunciare alla magistratura l’Aifa e le autorità sanitarie italiane se non saranno adottati concreti provvedimenti tesi a tutelare la salute dei cittadini e sospendere campagne che favoriscono le multinazionali dei vaccini. Intanto stiamo preparando un esposto a 104 Procure per chiedere il sequestro di tutti i lotti sospetti».

L’Iss: «Continuare la campagna antinfluenzale»
L’Istituto Superiore di Sanità invece, afferma di «supportare la decisione dell’Aifa di ritirare in via cautelativa i lotti dei vaccini a cui sembra siano associate gravi reazioni avverse, a riprova dell’attenzione del Sistema Sanitario Nazionale alla sicurezza ed alla salute dei cittadini», ma al contempo «raccomanda fortemente di continuare nella campagna vaccinale anti-influenzale».

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Svolta nell'omicidio Romeo Aiello a Gallina. Arrestato Antonio Galimi
Il pensionato arrestato Antonio Galimi
Svolta a ventiquattrore dall’omicidio di Romeo Aiello a Reggio Calabria. Al termine di un’ininterrotta attività di indagine, coordinata dal Sostituto Procuratore della Repubblica Giovanni Calamita, i Carabinieri della Stazione di Gallina ed i colleghi del N.O.R.M della Compagnia di Reggio Calabria hanno arrestato, nel tardo pomeriggio di ieri 28 novembre 2014, per il reato di omicidio volontario, Antonio Galimi, pensionato di 72 anni incensurato, ritenuto responsabile della morte di Romeo Aiello, 53 anni genovese di nascita, operaio con precedenti avvenuta a seguito di una violenta colluttazione che sarebbe scaturita tra i due all’interno dell’abitazione dove la vittima conviveva con la nipote del reo, Daniela Zuccalà, incensurata di 43 anni.

Nello specifico, dopo avere ascoltato i testimoni e dopo che la Scientifica ha effettuato i rilievi sulla scena del delitto, gli investigatori avrebbero ricostruito la dinamica dei fatti, chiarendo che la morte era sopraggiunta a causa di una o più ferite provocate da un oggetto contundente con cui Antonio Galimi avrebbe colpito Aiello nel corso della colluttazione, avvenuta anche alla presenza della donna.

Infatti, da un primo esame medico legale, sarebbe emersa la presenza di profonde ferite lacero contuse sul cranio della vittima, verosimilmente compatibili con un posacenere di grosse dimensioni repertato sulla scena del delitto e sul quale sono in corso analisi tecniche più approfondite. Alla base della vicenda, vi sarebbe una morbosa gelosia che Galimi nutriva nei confronti della nipote, anche a seguito della recente convivenza intrapresa da quest’ultima con Romeo Aiello.

La salma della vittima è attualmente custodita presso l’obitorio del locale Ospedale a disposizione dell’Autorità giudiziaria che ne ha disposto l’esame autoptico. Il presunto omicida, al termine delle formalità di rito, è stato associato presso la Casa Circondariale di Arghillà a disposizione dell’Autorità Giudiziaria reggina. Lo stesso non ha risposto alle domande rivoltegli dal magistrato. Tenuto conto che l’abitazione è stata sottoposta a sequestro al fine di potere effettuare ulteriori accertamenti scientifici nei prossimi giorni, la donna è attualmente ospitata presso una comunità di Reggio Calabria.

Romeo Aiello è stato ucciso nella tarda mattinata di ieri 28 novembre 2014 a Reggio Calabria, nel quartiere Gallina. Il delitto pare sia maturato al culmine di una lite. Sconosciuto il movente della lite che ha portato all’omicidio.

Berlusconi per Salvini bomber. Fitto: basta gregari dei Matteo

Fitto all'uscita di palazzo Grazioli
Fitto all’uscita di palazzo Grazioli (Ansa)

Barbara Romano per Libero (27 novembre 2014)

La resa dei conti alla fine c’è stata tra Raffaele Fitto e Silvio Berlusconi. Ed è stata più esplosiva del previsto, pur essendo arrivata con un giorno di ritardo. Il “Don Chisciotte” azzurro, infatti, avrebbe voluto che il Cav rimandasse a ieri la riunione del comitato di presidenza, dal momento che martedì Fitto non poteva essere a Roma dovendo, da europarlamentare, presenziare alla visita del Papa a Strasburgo.

Ma Berlusconi non ne ha voluto sapere. Ha convocato lo stesso per martedì il parlamentino di Fi, concedendo al suo avversario interno solo un supplemento di riunione. Ma tanto è bastato a Fitto per fare le fiamme.
Prima Fitto ha concesso, dopo un lungo silenzio, un’intervista a Giovanni Minoli su Radio24, facendo ciò che Berlusconi odia di più: lavare i panni sporchi in pubblico, come lo stesso Cavaliere, proprio il giorno prima, aveva raccomandato ai suoi di non fare.

Poi si è recato a Palazzo Grazioli. Lì il leader di Fi ha ribadito la propria linea filo-governativa sulle riforme: «Sono assolutamente convinto della bontà del patto del Nazareno». Fitto ha provato a smontargli tutti gli assi, vecchi e nuovi. Sia quello con il premier, sia quello che il Cav sta cercando di ricostruire con la Lega: «Non siamo gregari di nessun Matteo», ha attaccato il capo dei ribelli forzisti, che ha rilanciato le primarie per la scelta del candidato premier.

Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto Lapresse
AI FERRI CORTI Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto (Lapresse)

Ma Berlusconi di primarie non vuole sentir parlare. E soprattutto non ha nessuna intenzione di uscire di scena.
Per questo tenta di aggrapparsi ai due “Mattei”. Davanti al gotha del partito, infatti, il leader ha ribadito quanto detto il giorno prima durante la presentazione del libro di Bruno Vespa. Ha continuato, cioè, a difendere a spada tratta l’asse con Renzi sulle riforme, ma anche la necessità di costruire un cartello elettorale con la Lega in vista delle prossime Politiche. Sempre ammesso che Salvini sia d’accordo…

Di sicuro non ci sta Fitto, che ha contestato punto per punto la linea di Berlusconi, prendendo la parola subito dopo di lui. L’ex governatore della Puglia è partito da un’analisi impietosa del risultato delle Regionali e, snocciolando i dati dell’Istituto Cattaneo, ha affondato il dito nelle piaghe di Fi in Emilia Romagna, «60% di elettori in meno», e in Calabria, «40% di voti persi» rispetto alle «già brutte europee».

Una sconfitta «enorme», l’ha definita Fitto, che la imputa agli errori nella scelta delle alleanze e soprattutto dei candidati: «In Emilia siamo stati delle comparse, abbiamo regalato la candidatura alla Lega senza averne discusso prima tra noi». Eccolo, il nuovo sasso che Berlusconi ha infilato nelle scarpe non solo di Fitto, ma di tanti dentro Fi che masticano amaro e proprio non riescono a mandare giù l’investitura di Salvini.

E che ieri «Raffaele» ha scagliato addosso al Cav senza tanti giri di parole: «Non possiamo ridurci a fare i gregari di Salvini. Se c’è qualcuno più bravo io sono pronto a farmi da parte. Ma non puoi indicare come centravanti uno che non è del tuo partito».

Berlusconi, che all’ultimo ufficio di presidenza era stato durissimo con Fitto, dandogli del «figlio di democristiano», stavolta è stato più conciliante. Momento di tensione invece con Daniele Capezzone, che ha detto senza giri di parole che i risultati del voto in Emilia-Romagna e Calabria sono per Forza Italia «l’anticamera della sparizione». Alle critiche Berlusconi ha risposto correggendo il tiro sul segretario della Lega, sminuendone l’investitura. «Le mie parole su Salvini sono state strumentalizzate, non ho mai detto che lui è il futuro leader, ho solo detto che è uno dei potenziali leader».

Bisognerà vedere se Berlusconi riuscirà a convincere Fitto, che oggi incontrerà a pranzo. L’ex governatore della Puglia potrebbe giocarsi la rivincita in Parlamento, dove conta 37 fedelissimi tra Camera e Senato. Interrogato circa le intenzioni di voto sue e dei suoi deputati e senatori su Italicum, riforma del Senato e legge di stabilità, Fitto prende tempo: «Vedremo». Un po’più esplicito il “fittiano” Saverio Romano, il quale nel proprio intervento ha detto che «prima va riformato il Senato, poi si stabilisce la governance e solo dopo si può fare la riforma elettorale». Nessun regalo insomma, nessun assegno in bianco: né per Renzi né per Berlusconi.

Renzi da Napolitano per una strategia condivisa sulle riforme

Renzi con Napolitano
Renzi con Napolitano

Carlo Bertini per La Stampa

«Tra dicembre e gennaio chiudiamo, andremo velocissimi», assicura il premier al Tg1. Garantendo che se il Parlamento farà le riforme durerà fino al 2018; che il patto del Nazareno ha ancora senso, a prescindere dalle regionali e «non ho paura nè di Berlusconi nè di Salvini». Che l’astensionismo «non è contro il governo ma è frutto delle vicende emiliane». E che «se qualcuno non ha rispettato l’accordo Pd sul Jobs act è un problema suo, problema nostro è chi finora non ha avuto le tutele, come i precari».

Il premier parla dopo aver parlato con Napolitano, «al quale quando saranno fatte le riforme dovremmo dire un grande grazie», con il quale ha concordato un percorso. Rapido, condiviso, con garanzie sulla durata della legislatura e magari con una clausola che renda utilizzabile l’Italicum, solo come ultima ratio, anche prima dell’approvazione della riforma costituzionale.

Dopo le diserzioni sul Jobs act Renzi mette ormai in conto la guerriglia dentro Forza Italia e nel suo partito: si capisce meglio la ragione dell’ascesa al Colle per un colloquio di oltre un’ora col Capo dello Stato. Accompagnato dalla Boschi, Renzi arriva al Quirinale sulla scia delle polemiche di un Pd scosso da fibrillazioni, con la minoranza pronta a dar battaglia sulle riforme costituzionali alla Camera e sull’Italicum al Senato.

I segnali sono molteplici e consigliano un’accelerazione che va gestita con ordine e metodo, almeno questo sembra esser l’esito del rendez-vouz con il capo dello Stato. Obiettivo del governo, far approvare entro dicembre-gennaio la riforma del bicameralismo alla Camera e perfino l’Italicum al Senato.

Dove si dovrà pure procedere al varo del Jobs act, da ieri in Commissione Lavoro. E sul quale la Camusso intende perfino presentare un ricorso alla Corte di Giustizia europea. Le parole usate nel comunicato del Colle, esprimono la volontà di procedere con il più ampio consenso e di varare riforme organiche tra loro.

«Durante il colloquio di stamattina – spiega il comunicato del Quirinale – è stato ampiamente esposto il percorso che il governo considera possibile e condivisibile con un ampio arco di forze politiche, per quello che riguarda l’iter parlamentare dei due provvedimenti fondamentali già a uno stato avanzato di esame – legge elettorale e legge costituzionale per la riforma del bicameralismo paritario – i quali sono incardinati per la seconda lettura. Un percorso che tiene conto di preoccupazioni delle diverse forze politiche, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra legislazione elettorale e riforme costituzionali».

È su quest’ultimo punto che ci sarà battaglia da parte di chi vuole legare l’Italicum alla riforma costituzionale: non è un caso la saldatura tra Roberto Calderoli e Vannino Chiti, che guidò la fronda di dissidenti Pd sulla riforma del Senato. Entrambi propongono norme che facciano entrare in vigore l’Italicum solo dopo la riforma del bicameralismo.

La riforma che contiene l’abolizione del Senato elettivo, arriverà in aula alla Camera il 16 dicembre, dopo il passaggio in commissione: dove già sono piovuti 1170 emendamenti, 338 dei grillini. Tra i 199 del Pd spiccano quelli delle minoranze che tornano alla carica su Senato elettivo e quorum più largo per eleggere il capo dello Stato.

Ma per completare l’iter della doppia lettura in entrambi i rami del Parlamento, servirà un iter lungo e periglioso. La legge elettorale invece da ieri è in prima commissione al Senato, dove la presenza di membri della minoranza Pd di altre commissioni è stata letta come segno di una volontà di dare filo da torcere al premier.

Gratteri: La mafia non si astiene. A Oliverio: "Per i vertici scelga i figli di nessuno"


“La ‘ndrangheta sul territorio controlla massimo il 20 per cento dell’elettorato e il fatto che ci sia stato questo astensionismo non vuol dire che la mafia non è andata a votare. Può anche voler dire il contrario”.

E’ quanto ha detto Nicola Gratteri, procuratore aggiunto presso la Procura di Reggio Calabria, intervenendo a Roma al dibattito “Un programma per la Giustizia” insieme al direttore di Micromega Paolo Flores d’Arcais. “L’elettorato della ‘ndrangheta – ha spiegato – è un elettorato compatto e vota per il candidato scelto dal capo mafia.

Nicola Gratteri al dibattito di Micromega sulla Giustizia
Nicola Gratteri al dibattito di Micromega sulla Giustizia

Gratteri non esclude che nelle elezioni di domenica scorsa in Calabria le cosche della ‘ndrangheta abbiano avuto un ruolo “attivo” nella consultazione, scegliendo questo o quel candidato per poi presentare il “conto” al momento opportuno. In Calabria del resto ha votato soltanto il 44,8% degli aventi diritto, circa 850mila persone su 1.897.729 elettori aventi diritto.

Un astensionismo mai registrato prima dovuto prevalentemente alla sfiducia nella politica. Un fattore che poco importa ai clan mafiosi orientati solo ad avvicinare il potere nella speranza di stringere “accordi” e fare affari.

In sostanza, la mafia non si astiene quando ci sono appuntamenti elettorali. Anzi, si “compatta” e per i suoi scopi mobilita masse imponenti di votanti, fa propaganda, “indirizza” i picciotti e, come nell’ippica punta da sempre sul cavallo vincente. Tocca alla politica alzare il livello di “protezione” per evitare contatti ravvicinati e “infiltrazioni”.

Che poi la mafia non si sia mai astenuta lo dimostrano le infinite inchieste giudiziarie degli ultimi trent’anni da cui sono emerse, da legislatura in legislatura (non solo regionali, ma comunali e provinciali), pesanti commistioni tra ‘ndrine e politica.

Il magistrato – ai microfoni de ilfattoquotidiano.it – ha poi dato dei consigli al neo presidente della Giunta regionale, Mario Oliverio in merito alle scelte che sarà chiamato a compiere per ricoprire ruoli di vertice all’interno dell’ente. “La Calabria oggi produce emigrazione, colta, dotta”, per questo, suggerisce, “io cercherei di scegliere i figli di nessuno che si sono affermati fuori dalla Calabria.

I figli degli operai, dei contadini, dei camionisti”. Giovani che si laureano con ottimi profitti alla “Normale di Pisa” e in altre università del centro nord per diventare dirigenti, docenti, bravi medici e ottimi professionisti.

Il magistrato calabrese sottolinea che “il problema prima ancora che la politica e la mafia, sono i centri di potere all’interno della pubblica amministrazione dov’è forte la presenza di figli e nipoti di ‘ndranghetisti incensurati che gestiscono la cosa pubblica come cosa propria. Questo è il dramma e la palla al piede della Calabria”. Oggi, conclude Gratteri “abbiamo bisogno di una rivoluzione dei figli di nessuno, emigrati dalla Calabria perché per loro non c’erano opportunità.

Elezioni Calabria, ecco gli eletti in Consiglio regionale

Aula Consiglio regionale della Calabria - Eletti in consiglio regionale
Aula Consiglio regionale della Calabria

Ecco gli eletti in consiglio regionale della Calabria. La proclamazione è avvenuta il 9 dicembre 2014, dopo 16 giorni dall’esito elettorale per incongruenze su due sezioni di Castrolibero che ha poi determinato il riconteggio di tutte le schede della circoscrizione Nord.

I dati sulle preferenze sono DEFINITIVI.

Invariati i voti nelle circoscrizioni Centro e Sud. In quella Nord, un po’ per tutti poche variazioni al rialzo di qualche decina di voti. Il candidato Orlandino Greco della lista “Oliverio Presidente” balza dalla quarta posizione – in cui era dato provvisoriamente dal Viminale – al primo posto imponendosi con 7.855 preferenze (prima del riconteggio ne aveva 5.962).

Wanda Ferro quale candidata presidente arrivata seconda nella consultazione elettorale del 23 novembre scorso è stata clamorosamente esclusa dalla Corte d’Appello di Catanzaro a causa della soppressione di una norma costituzionale nella legge elettorale.

 

OLIVERIO GERARDO MARIO ELETTO PRESIDENTE

CIRCOSCRIZIONE NORD – COSENZA

 – Partito Democratico
Guccione Carlo    14.797  Voti
Aieta Giuseppe     8.630
Bevacqua Domenico 8.323

– Oliverio Presidente
Orlandino Greco 7.855
Sergio Franco     6.662
D’acri Mauro      6.545

– Democratici Progressisiti

Giudiceandrea Giuseppe 5.461

– Forza Italia
Orsomarso Fausto  8.094
Morrone Ennio  7.288  (WANDA FERRO)

– Casa Delle Liberta’
Graziano Giuseppe 9.041

– Nuovo Centro Destra
Gentile Giuseppe 11.018

CIRCOSCRIZIONE CENTRO – CZ-VV-KR

 – Partito Democratico
Scalzo Antonio   12.712
Ciconte Vincenzo 12.133
Mirabello Michelangelo 9.883

– Oliverio Presidente
Pasqua Vincenzo      4.628

– Calabria In Rete – Campodemocratico
Sculco Flora 9.139

– Democratici Progressisti
Bova Arturo       2.924

– Forza Italia
Tallini Domenico 9.939
Salerno Nazzareno 8.991

– Casa delle Libertà
Mangialavori Giuseppe 7.199

– Nuovo Centro Destra
Esposito Sinibaldo 6.401

CIRCOSCRIZIONE SUD – REGGIO CALABRIA

– Partito Democratico
Romeo Sebastiano 12.288
Irto Nicola    12.014
Battaglia Domenico  10.450

– Oliverio Presidente
D’agostino Francesco  7.942

– Democratici Progressisti
Neri Giuseppe 5.000

– La Sinistra
Nucera Giovanni 3.315

– Forza Italia
Nicolò Alessandro 7.046

– Casa Delle Liberta’
Cannizzaro Francesco 6.109

– Nuovo Centro Destra
Arruzzolo Giovanni 5.920

LEGGI LE INDISCREZIONI SUI PRIMI NOMI CHE POTREBBERO COMPORRE LA NUOVA GIUNTA OLIVERIO

Risultati voto in Calabria a rilento. Primi eletti sicuri, ma è caos

Risultati voto in Calabria - La sede del Consiglio regionale della Calabria
La sede del Consiglio regionale della Calabria

A differenza dell’Emilia Romagna, dove è già tutto chiaro dall’alba di stamane, lo scrutinio in Calabria si è inceppato da ore su due sezioni in provincia di Cosenza dove è stata registrata una incongruenza tra il numero di votanti e quello delle schede votate. La griglia del Viminale non offre granché e si procede a tentoni per capire l’assegnazione dei seggi. Di enorme complessità la nuova legge elettorale che è stata scritta male e sarà forse interpretata peggio.

Partendo dal dato certo che Mario Oliverio è il nuovo presidente della Regione, la cosa altrettanto sicura è l’esclusione di chi non ha raggiunto la soglia dell’8% , così come quanti, aggregati in coalizioni, non abbiano superato quella del 4. Quindi non entrano M5S di Cantelmi, Autonomia e Diritti di Loiero, il Centro democratico di Tabacci e il Nuovo Cdu di Tassone. Rimangono fuori dall’Astronave Fratelli d’Italia di Meloni e l’Altra Calabria di Gattuso. Clamorosa l’esclusione dell’Udc.

Leggendo il risultato elettorale, il neo governatore potrebbe guidare la regione con una maggioranza composta da 20 seggi compreso il suo.  I restanti 10 potrebbero andare alla minoranza. Ci sono ancora moltissimi dubbi se uno di questi seggi spetterà al miglior perdente: nel caso specifico, Wanda Ferro che ha guidato la coalizione con Forza Italia, Fratelli d’Italia e Casa delle Libertà. Ma potrebbero anche essere 18/19 (compreso Oliverio) per la maggioranza e 11/12 per l’opposizione.

Il Pd comunque si attesta come primo partito in regione col 23,68%. Grande sorpresa della lista “Oliverio presidente” che diventa la seconda forza politica della Calabria con il 12,44 percento. I “Democratici progressisiti”, chiamati il Pd 2 o la lista dei sindaci prende il 7,27%. Sommando solo questi tre dati, escluse le altre 5 liste a supporto, viene fuori un dato impressionante: il 43,39%. Forza Italia si ferma al 12,28% mentre Ncd e Udc 8,76.

GLI ELETTI SICURI E QUELLI IN FORSE
Di sicuro entrano in Consiglio per il Pd (Circoscrizione Nord): Carlo Guccione (il più votato in Calabria), Giuseppe Aieta, Mimmo Bevacqua. (Circoscrizione Centro): Antonio Scalzo, Vincenzo Ciconte, Michele Mirabello.  (Circoscrizione Sud):  Sebi Romeo, Nicola Irto, Domenico Battaglia. La lista “Oliverio presidente” sarà probabilmente rappresentata da: Franco Sergio, Mauro D’Acri, Vincenzo Pasqua e, forse, Francesco D’Agostino.

La lista “Democratici progressisti” potrebbe portare in Consiglio Giuseppe Giudiceandrea, Arturo Bova e Peppe Neri.
Per “Calabria in rete” sarebbero in consiglio Flora Sculco e, forse, l’ex promotore della Lista Scopelliti, Salvatore Magarò che ha la percentuale maggiore rispetto al candidato di Reggio. Mentre per “La Sinistra” dovrebbe essere eletto Giovanni Nucera che ha margini percentuali maggiori rispetto al sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza.

Per l’area di centrodestra, Forza Italia dovrebbe portare sicuro a Palazzo Campanella Fausto Orsomarso (Nord), Mimmo Tallini (Centro)  Nazzareno Salerno (Centro) e, forse, Alessandro Nicolò (Sud). La “Casa delle libertà” eleggerebbe Giuseppe Graziano (dato per sicuro), Giuseppe Mangialavori, Francesco Cannizzaro. Di “Alternativa popolare” (Ncd-Udc), sarebbero stati eletti i rappresentanti di Alfano Pino Gentile, Baldo Esposito e Giovanni Arruzzolo. Il condizionale è d’obbligo.

Il seggio che sarebbe toccato a Ennio Morrone (candidato di Fi nella circoscrizione Nord), infine, dovrebbe andare proprio a Wanda Ferro, arrivata seconda nella corsa a palazzo Alemanni. Ma non è escluso che tocchi sottrarlo altrove, al Centro o al Sud. Insomma, è caos. Da quello che si percepisce è che non mancheranno i ricorsi.

Eletti Emilia Romagna, maggioranza solida per Bonaccini

La sede del Consiglio regionale dell'Emilia Romagna
La sede del Consiglio regionale dell’Emilia Romagna

Nonostante il crollo verticale di affluenza in Emilia Romagna (37,7%), il centrosinistra con il 49,05% racimola una solida maggioranza: 32 seggi. Il Pd di Renzi ne porta a casa ben 30 su 50, (nel 2010 su 40 consiglieri ne prese 18) compreso quello del neo governatore Stefano Bonaccini. Due vanno a Sinistra Ecologia e Libertà. All’indomani della consultazione tutto prende forma e si delinea la nuova assemblea regionale che sarà convocata dopo la proclamazione degli eletti.

Eletti del Partito Democratico: Stefano Bonaccini (presidente).

Per la circosrizione di Bologna entrano Simonetta Saliera, Giuseppe Paruolo, Stefano Caliandro, Francesca Marchetti, Roberto Poli, Antonio Mumolo. Per Modena Palma Costi, Giuseppe Boschini, Luciana Serri e Luca Sabattini. Per Reggio Emilia Andrea Rossi, Roberta Mori, Ottavia Soncini, Silvia Prodi (nipote di Romano). A Parma Massimo Iotti, Barbara Lori, Alessandro Cardinali. A Piacenza Paola Gazzolo, Gian Luigi Molinari. A Ferrara Marcella Zappaterra, Paolo Calvano. A Ravenna Manuela Rontini, Gianni Bessi, Mirco Bagnari. A Forlì-Cesena Paolo Zoffoli, Valentina Ravaioli, Lia Montalti mentre a Rimini Giorgio Pruccoli e Nadia Rossi. Per Sel Igor Taruffi (Bologna), Yuri Torri (Reggio Emilia).

Il successo della Lega Nord fa guadagnare al Carroccio 9 seggi (nel 2010 ne conquistò 4): Alan Fabbri (candidato presidente),
Daniele Marchetti (Bologna), Stefano Bargi (Modena), Gabriele Delmonte (Reggio Emilia), Fabio Rainieri (Parma), Matteo Rancan (23 anni, Piacenza), Marco Pettazzoni (Ferrara), Andrea Liverani (Ravenna), Massimo Pompignoli (Rimini).

Cinque gli eletti del Movimento 5 stelle. Oltre alla candidata presidente Giulia Gibertoni entrano in consiglio Silvia Piccinini (Bologna), Gian Luca Sassi (Reggio Emilia), Andrea Bertani (Forlì-Cesena), Raffaella Sensoli (Rimini).

Misero il bottino di Forza Italia, che prende due seggi: uno per l’uscente Galeazzo Bignami, l’altro per Enrico Aimi. Alle passate elezioni conquistò 10 seggi come Pdl che includeva i fuoriusciti di Ncd oggi rimasti senza consiglieri. Infatti lista Alternativa per l’Emilia Romagna (che includeva anche Ncd, Udc e Popolari per l’Italia) guidata da Alessandro Rondoni con il 2,63 percento rimane fuori dal consiglio regionale.

A destra il piacentino Tommaso Foti è invece l’unico eletto di Fratelli d’Italia. A sinistra un seggio va alla lista “l’Altra Emilia Romagna”: Pier Giovanni Alleva (Bologna).

Adesso il primo atto dopo il voto è la proclamazione ufficiale dei nuovi 50 consiglieri (compreso il presidente della Giunta regionale) da parte della Corte d’Appello che avverrà dopo la conclusione delle verifiche dei Tribunali su base circoscrizionale provinciale.

Poi il presidente dell’Assemblea uscente, Palma Costi, non prima di quindici e non oltre trenta giorni dalla proclamazione dei candidati eletti a consigliere regionale, dovrà convocare la prima seduta consiliare del dopo Errani.

Débacle Forza Italia, Fitto: "Ora azzerare nomine e rifondare FI"

L'ex ministro di Forza Italia Raffaele Fitto (photo LaPresse/Monaldo )
L’ex ministro di Forza Italia Raffaele Fitto (photo LaPresse/Monaldo )

La débacle elettorale di Forza Italia alle regionali in Emilia e Calabria riaccende gli animi nel partito azzurro. Dopo la tregua delle scorse settimane tra Berlusconi e Raffaele Fitto, la bruciante sconfitta di ieri offre l’occasione all’ex governatore pugliese di tornare alla carica. Silvio Berlusconi “azzeri le nomine” e pensi “a rifondare il partito”, è l’affondo. Il parlamentare Bianconi si era spinto più in là chiedendo all’ex premier di “farsi da parte”.

L’esito elettorale era scontato per le “scelte sbagliate e l’appiattimento eccessivo” sulle posizioni del governo. “Nessuno si azzardi – afferma Fitto – a minimizzare o a cercare alibi per il nostro drammatico risultato in Calabria e in Emilia Romagna, regione in cui siamo stati addirittura doppiati dalla Lega”.

Gli errori clamorosi 
Per l’eurodeputato “sarà bene ricordare passo dopo passo tempi e modalità delle scelte che sono state compiute (con clamorosi errori) per definire le candidature e le alleanze”. Il riferimento è alla strategia berlusconiana di escludere dalle alleanze forze di centrodestra come Ncd e Ncd. Per cui “non abbiamo il diritto di nasconderci dietro l’astensione, che colpisce soprattutto noi, aggravando la tendenza già manifestatasi alle Europee”.

Ora azzerare le nomine e rinnovare partito
A poco sono serviti i ripetuti appelli di Fitto a raddrizzare il timone della nave forzista: “Dalle Europee a oggi, – dice – abbiamo perso 6 mesi. Che dovevano servire (come proposto da tanti di noi) sia per un serio rilancio sui contenuti, sia per un rinnovamento interno guidato dal coinvolgimento dei cittadini e dal superamento del metodo antistorico delle nomine e delle cooptazioni. A questo punto, mi pare il minimo azzerare tutte le nomine, per dare il via a una fase di vero rinnovamento”.

La disistima di Berlusconi per i suoi parlamentari
Un rinnovamento che deve essere basato sul rispetto. Poiché per Fitto “è incomprensibile la mortificazione umana e politica degli attuali deputati e senatori: da giorni – sottolinea il leader pugliese – tutti gli organi di informazione, senza alcuna smentita, accreditano la tesi della disistima da parte del presidente Berlusconi per i suoi parlamentari”.

Servono migliaia di giovani e un confronto su idee e consenso
“Così come il problema non è certo il coinvolgimento e la selezione di 25 giovani: ne servono, semmai, 250 o 2500… Ma tutti (giovani e non) devono essere scelti democraticamente, dopo una corsa basata sulle idee e sul consenso, portando nel nostro movimento le regole elementari di competizione e sfida proprie dei grandi partiti delle democrazie anglosassoni, per fare un solo esempio”.

Basta nomine e linea ambigua a giorni alterni
“Basta con le nomine”, attacca Fitto. “Basta con i gruppi autoreferenziali che hanno determinato in questi mesi una politica e una comunicazione inefficaci e prive di qualunque credibilità, bocciate senza appello dai nostri elettori. E soprattutto basta con una linea politica incomprensibile, ambigua, che oscilla tra l’appiattimento assoluto verso il Governo nei giorni pari, e gli insulti al Governo nei giorni dispari”.

Rifondare il partito e fare opposizione al governo
Per l’esponente politico “serve una opposizione che sfidi il Governo in positivo predisponendo e organizzando una chiara alternativa. Forza Italia, se vuole ancora avere un ruolo nella vita politica italiana e recuperare i milioni di elettori delusi e astenuti, deve letteralmente rifondarsi”.

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