6 Ottobre 2024

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Grillo ritorna in scena. Parte il duello con Salvini

Alessandra Arachi per il Corriere della Sera

Arriva a Roma senza preavviso e non lascia trapelare un briciolo di stanchezza. Anzi. Beppe Grillo appare più grintoso e brillante che mai. Convoca una conferenza stampa al Senato e ne ha per tutti, ma più di tutti per Matteo Salvini, leader della Lega in costante ascesa. Che non incassa affatto in silenzio, ma replica a suon di bordate.

E alla fine è un bel duello a distanza quello che si è consumato ieri fra Grillo e Salvini, tutti e due in trasferta a Roma, e chissà se è un caso che il leader della Lega abbia convocato una conferenza in contemporanea a quella di Grillo, alla stampa estera.

Dal Senato Grillo avverte Salvini. «Il piano B è il Movimento 5 Stelle, non la Lega. Salvini è stato messo lì per togliere noi dal confronto dialettico, fa parte dell’establishment». Il leader del Carroccio replica attaccando il referendum sull’euro di Grillo: «È una presa in giro, una perdita di tempo. È un referendum consultivo che la Costituzione non prevede. Ha tempi lunghi ed efficacia zero. Piuttosto facciamo un sondaggio».

Grillo quel referendum lo aveva difeso a spada tratta: «Con questo referendum puntiamo a un risultato storico».
Ma i duellanti non si fermano qui. Il leader del M5S alza il tiro puntando contro il Colle, e anche contro il Pd, mettendone in dubbio il risultato storico: «Davvero siamo sicuri che le elezioni europee non siano state truccate?». E dall’altra parte Salvini rilancia: «Non credo che faremo la fine di Grillo, perché noi abbiamo un progetto per l’Italia, e per la Ue mentre il Movimento 5 Stelle, che pure ha preso tanti voti, non ha ancora capito che progetto ha».

La stoccata di Grillo non tarda: «La Lega è stata otto anni al governo, hanno rubato anche loro». Il leader del M5S è incontenibile, quasi volesse mettere a tacere con i fatti i problemi dentro al suo partito…
I dissidi dentro al Movimento Cinquestelle Beppe Grillo li liquida con una battuta: «Contrasti fra correnti nel movimento? Noi non abbiamo correnti, tutt’al più abbiamo spifferi». E liquida con una spallata anche le illazioni sul potere di un direttorio all’interno del partito: «Per me i ragazzi sono tutti uguali».

Beppe Grillo ne ha anche, come al solito, per i giornalisti e si lancia in una profezia sulla grande inchiesta di Mafia Capitale. Non ha dubbi il leader pentastellato: «A Roma succedono cose che si sapevano da anni, ma finirà come sempre, senza nessun vero colpevole.

Noi siamo un partito fuori da queste dinamiche e snobbarci è profondamente sbagliato. C’è una telefonata di Buzzi che parla con Carminati e che dice: “Il problema è che non ci stiamo più. Grillo è riuscito a distruggere il Pd”. Si capisce che noi siamo integri, gli altri si sono spartiti tutto».

Dopo le bordate, il tono di Beppe Grillo si fa conciliante, possibilista, addirittura. Succede quando qualcuno gli fa una domanda sul prossimo candidato al Quirinale: come si comporterà il Movimento?
Il leader del M5S conferma che anche questa volta verranno fatte le «Quirinarie» online, ma non mette paletti. Anzi, apre ad altre possibilità. Dice, infatti: «Se si fa un nome, da destra o da sinistra, di una persona perbene e considerevole, non avremo nessun problema a votarla. Ma deve essere una persona al di fuori di questo pantano».

Mafia Capitale e 'Ndrangheta. Il legame di Buzzi coi Mancuso

Vincenzo Evolo, della cosca Mancuso di Limbadi, intercettato
Vincenzo Evolo, presunto appartenente della cosca Mancuso di Limbadi, intercettato dai Ros per “Mafia Capitale”

Si scoprono i legami tra i boss di Mafia Capitale e la ‘ndrangheta. E scattano altri due arresti da parte del Ros dei carabinieri nell’ambito dell’operazione «Mondo di mezzo». Come nella trama del libro Romanzo Criminale emergono – a dieci giorni dalla prima ondata di 37 arresti nell’operazione che indaga un centinaio tra malavitosi,uomini d’affari e politici romani – i segni di un patto tra organizzazioni criminali.

Le indagini hanno documentato come «gli indagati, organici all’organizzazione denominata Mafia Capitale, abbiano assicurato il collegamento tra alcune cooperative gestite da Salvatore Buzzi, sotto il controllo di Massimo Carminati, e la cosca Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), consorteria di matrice `ndranghetista egemone nel vibonese».

Al centro del patto, i migranti. La cosca sarebbe comandata dal presunto boss Sabatino Di Grillo e dal suo braccio destro Vincenzo Evolo, entrambi finiti anche nell’inchiesta su ‘ndrangheta e imprenditori in Lombardia. In carcere sono finiti Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, entrambi indagati per associazione di tipo mafioso. Al centro dell’accordo mafia-’ndrangheta ci sarebbe stato l’appalto per la pulizia del mercato Esquilino, a Roma, in cambio della protezione in Calabria alle cooperative della «cupola» che si occupano dell’assistenza ai migranti.

Quanto emerge dal nuovo filone di indagine dell’inchiesta getta nuova luce sulle trame dell’organizzazione che a Roma aveva lucrato milioni di euro sull’affare dell’assistenza a immigrati, rifugiati e nomadi. Le pulizie alla Cooperativa Santo StefanoContestualmente ai due arresti una terza persona, indagata a piede libero e destinataria di informazione di garanzia, «è stata sottoposta a perquisizione locale e personale». Gli interventi sono stati eseguiti nelle province di Roma, Latina e Vibo Valentia.

Secondo gli inquirenti, gli interessi comuni dei due sodalizi mafiosi emergono dal luglio 2014, quando il titolare della cooperativa «29 giugno» Salvatore Buzzi – con l’assenso del boss Carminati – affida la gestione dell’appalto per la pulizia del mercato Esquilino di Roma a Giovanni Campennì, imprenditore di riferimento della cosca, mediante la creazione di una Onlus denominata Cooperativa Santo Stefano.

Giunta Oliverio, Super Mario a sorpresa nomina Lanzetta e De Gaetano

Mario Oliverio ha nominato la sua Giunta (Ansa/Arena)

Catanzaro, 25 gennaio 2015 – A sessanta giorni dalle elezioni regionali e dopo un mese e mezzo dal suo insediamento, il presidente eletto della Regione Calabria, Mario Oliverio ha varato la sua giunta.

Non mancano le sorprese, inimmaginabili fino alla scorsa settimana. A far parte del governo calabrese entrano come esterni due reggini: Maria Carmela Lanzetta, fino a qualche ora fa ministro degli Affari regionali del governo Renzi e Nino De Gaetano.

MONOCOLORE PD
Un esecutivo “a metà” e tutto piddino – una donna e un uomo esterni e due consiglieri eletti – in attesa della seconda lettura della riforma dello Statuto regionale che prevederebbe una squadra con sette assessori, di cui il 30% donne (forse 3). L’ormai ex ministro avrà la delega alle Riforme Istituzionali e Semplificazione amministrativa, Cultura e Pubblica Istruzione, Pari opportunità; mentre all’ex titolare del Lavoro della giunta Loiero, andranno Infrastrutture e Trasporti. Scontate invece le nomine per Carlo Guccione e Enzo Ciconte.

Il primo guiderà l’assessorato al Lavoro, Formazione Professionale, Attività Produttive e Politiche Sociali; il medico catanzarese sarà vice presidente e responsabile del Bilancio, Personale e Patrimonio. Non c’è l’ha fatta (al momento) Maria Francesca Corigliano, fedelissima di Oliverio rimasta fuori da palazzo Campanella per una manciata di voti. Mario Oliverio ha convocato la prima seduta dell’esecutivo per martedì 27 gennaio.

Il varo della “prima” Giunta Oliverio arriva dopo un estenuante lavoro “diplomatico” a Roma, con il governatore che avrebbe dovuto subire più di un diktat da parte del premier Renzi orientato a fare un rimpasto per come gli chiedono da tempo gli alleati di Ncd.

LEGGI PURE: BUFERA SULLA GIUNTA OLIVERIO, LANZETTA RIFIUTA E SI “VENDICA” DEL DEFENESTRAMENTO DA MINISTRO Last update 25 gennaio 2015 – Ore: 18:08:38

LEGGI LE INDISCREZIONI DI DICEMBRE

Mario Oliverio con Vincenzo Ciconte | Giunta Oliverio
Mario Oliverio con Vincenzo Ciconte, papabile assessore o presidente del Consiglio regionale

Sulla composizione di quella che sarà la “Giunta Oliverio”, il neo presidente in conferenza stampa non si è sbilanciato. Ha detto di “non avere in testa nomi di assessori” e di pensare prima alle emergenze che attanagliano la regione. I tempi però sono abbastanza stretti. Entro dieci giorni dall’insediamento dovrà nominare la giunta, in concomitanza con la prima seduta del Consiglio regionale che il presidente del consiglio uscente Franco Talarico dovrà convocare entro la prima decade dalla proclamazione. Termine ultimo il 20 dicembre. Lo dice l’articolo 33 dello Statuto: “Il Presidente della Giunta, entro dieci giorni dall’insediamento nomina il Vice Presidente e gli altri componenti della Giunta”. In quella seduta dovrà essere eletto, a scrutinio segreto, il nuovo presidente del Consiglio e l’ufficio di presidenza.

“In questi giorni – ha spiegato Oliverio ai giornalisti – ho rimosso la cosa concentrandomi sui problemi della Calabria. Affronterò la questione entro i tempi fisiologici, senza ansie, e posso dirvi che ci sarà una risposta all’altezza della situazione”.

In realtà, fuori dal politichese, una idea precisa di come comporre la giunta, quali uomini e donne scegliere per il suo governo, il “lupo” silano ce l’ha, eccome. L’ex presidente della provincia di Cosenza conosce bene, prima della macchina amministrativa, i suoi alleati che dal giorno in cui è stato eletto si presentano da lui per incassare il “premio”. Ma da politico navigato e (soprattutto autonomo) qual è, Oliverio sa come smarcarsi da quanti in queste ore lo lisciano per avere un posto al sole.

Maria Francesca Corigliano insieme a Oliverio | Giunta Oliverio
A sinistra Maria Francesca Corigliano. Scendono le sue quotazioni per un assessorato

Certo, non esclude il “dialogo e il confronto”, ma alla fine farà come ha sempre fatto: di testa sua. Gli spazi entro cui muoversi sono angusti. Sono pochi sei assessorati mentre tantissime sono deleghe. Quindi un bel da farsi per l’uomo che ha conquistato la regione contro il volere dei vertici romani che lo vedevano già rottamato e imbalsamato nel museo della fauna politica.

In questo contesto, (vista la legge che chiarisce nulla sui sottosegretari e sui consiglieri supplenti. Capitolo, questo, impugnato da palazzo Chigi che mentre sindacava sulla pagliuzza dei sostituti, non si è accorta della trave della soppressione di una norma costituzionale) non è balzana l’idea di “delegare” i consiglieri di maggioranza nelle materie più disparate.

Del resto lo ha fatto anche il centrodestra nella scorsa legislatura. L’accorpamento delle deleghe assessorili sembra per il nuovo presidente un passaggio obbligato, ma molto azzardato in termini di risultati (e risposte ai calabresi), poiché se si accorpa com’è accorpato ad esempio, il dipartimento 10 lavoro, formazione, volontariato e servizi sociali, alla fine non si è in grado di produrre risultati né sul lavoro, né sulla formazione, né sul volontariato e servizi sociali.

Mario Oliverio e Orlandino Greco
il governatore Mario Oliverio con Orlandino Greco, ex presidente del Consiglio provinciale di Cosenza ora consigliere regionale. Un ruolo in Giunta?

Un concentrato di deleghe ad un solo soggetto è il modo peggiore di concepire l’amministrazione. Ma tant’è. Gli assessori factotum sono tutto e niente, soprattutto se costretti ad affidarsi giocoforza ai burocrati che questa regione la “governano” da sempre senza consensi e con qualsiasi colore politico abbia in mano la legittimità popolare. Ecco perché Oliverio farà bene se avvierà una profonda riforma della burocrazia poiché, senza esagerare, la burocrazia è responsabile, forse più della stessa ‘ndrangheta, del sottosviluppo della Calabria.

I PRIMI NOMI  CHE CIRCOLANO SULLA GIUNTA

Secondo i bene informati è da giorni Oliverio starebbe lavorando sull’esecutivo, sin da prima delle elezioni, avendo percepito con largo anticipo di vincere una partita senza la presenza della squadra avversaria… Nelle scorse ore il presidente si è recato a Roma per risolvere la questione dei precari calabresi. Nella capitale avrebbe incontrato i maggiorenti dem, sia renziani (Boschi, Lotti e Guerini) che la minoranza di Cuperlo e Civati per presentare la sua lista o le sue “idee”. E’ con loro che starebbe affinando le collocazioni per fare quadrare una giunta “all’altezza della situazione”. Non è affatto facile con un esecutivo ultra snello. Solo sei assessori di cui tre potrebbero essere esterni. C’è il nodo delle “quote rosa”. La rappresentanza femminile in Consiglio è di una sola donna su trenta consiglieri: Flora Sculco, esclusa Wanda Ferro. Nemmeno la Calabria fosse lo Stato Islamico…

Per alcuni è “quasi scontato” che Oliverio chiami con sé  Maria Francesca Corigliano, candidata con la lista “Oliverio presidente” rimasta fuori dal Consiglio per pochi voti. La Corigliano potrebbe continuare il percorso comune iniziato alla provincia di Cosenza dove è stata apprezzata assessore alla Cultura. A lei potrebbe andare la delega all’Istruzione – Cultura o la vicepresidenza di giunta, un po’ sulla scia del duetto Scopelliti-Stasi. Secondo altre fonti, invece, Corigliano non avrebbe chance.

Carlo Guccione e Mario Oliverio
Carlo Guccione e Mario Oliverio

Tenendo conto della coperta troppo corta, nei pensieri di Oliverio ci sarebbe pure il nome dell’ex presidente del Consiglio provinciale di Cosenza, Orlandino Greco, ex An-Mpa, uomo con una larga esperienza amministrativa alle spalle (due volte sindaco di Castrolibero, attuale vicesindaco ed ex presidente del Consiglio provinciale voluto proprio da Oliverio quando era presidente). Difficile comunque averlo in giunta, salvo che Oliverio non voglia premiare il primo degli eletti della lista che porta il suo nome.  Per lui la vicepresidenza in giunta?

Al consigliere Giuseppe Aieta, sindaco di Cetraro che ha condotto insieme a Don Ennio Stamile importanti battaglie contro le ‘ndrine e per la legalità, secondo indiscrezioni, potrebbe essere assegnata la presidenza della Commissione consiliare “Anti ‘ndrangheta”.

Ma stando alla “coperta”, benché Cosenza sia la più grande provincia calabrese, c’è da tener conto degli altri territori e fare i conti con le forze che hanno sostenuto l’ex parlamentare. Tuttavia, chi lo conosce assicura che “Oliverio non sarà ostaggio dei partiti”. Ergo, non pare ci sia molto spazio per le liste satelliti e i partiti minori.

La volontà del presidente, se riesce a imporla, sarebbe quella di chiedere le dimissioni dei tre o quattro consiglieri chiamati a fare gli assessori. Una questione molto “delicata” che darebbe sì “spazio” ai primi dei non eletti, ma costringerebbe gente con migliaia di preferenze a rimanere fuori dal consiglio qualora “fattori esterni” indurrebbero Oliverio a dei rimpasti improvvisi nell’esecutivo. “Perché – è il quesito che si pone più di qualcuno – dovrei rinunciare a cinque anni di dorata consiliatura (più o meno dai 500 ai 600mila euro) quando, al primo avviso di garanzia, da amministratore della cosa pubblica, mi costringeranno a dimettermi?”. C’è chi sostiene che Oliverio potrebbe chiederle e poi “congelarle” fino a quando il governo non chiarirà la norma sul consigliere supplente. 

Il presidente sarebbe orientato a tenere per sé deleghe pesanti, si parla di: Sanità, Gestione dei rifiuti, Dissesto idrogeologico e Fondi comunitari. Le prime due a gestione commissariale che gli permetterebbero di agire in totale autonomia appunto perché lo status di commissario straordinario gli dà carta bianca. 

Per i Fondi Ue e Bilancio, da quanto filtra, Oliverio potrebbe essere coadiuvato da Giovanni Soda e Antonio Molinari, dirigenti con lui alla provincia di Cosenza. Ai fondi Ue potrebbe esserci anche Bianca Rende, esperta di programmazione. Ma vi sono altri uomini e donne che potrebbero tornare utili al governatore in altri settori. Dall’economista sociale, Katia Stancato (esperta del Terzo Settore), a Daniela De Blasio (Consigliera Nazionale di Parità) a Fulvia Caligiuri (imprenditrice agricola e presidente di Confagricoltura),  Carmela Salazar (la reggina che fece parte dei famosi saggi di Monti), Angela Robbe presidente di Confcooperative Calabria, Antonella Veltri, CNR e Centro Antiviolenza Lanzino, Giorgio Marcello  e Sabina Licursi, entrambi Unical e molto impegnati nel sociale.

Poi Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno, da quello che dicono molto vicina al ministro degli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta. Francesco Russo, ingegnere e docente alla Mediterranea di Reggio, potrebbe dare una mano a Oliverio sul Dissesto Idrogeologico, così come l’ingegnere Nello Gallo, ex assessore ai Lavori Pubblici di Rende dell’era Cavalcanti. Ll’ex parlamentare Pino Soriero, potrebbe essere papabile all’Autorità del Porto di Gioia Tauro; nome che potrebbe suscitare qualche reazione negativa all’interno del Pd, sia locale che nazionale. In queste ore emerge anche il nome di Antonio Schiavelli, presidente del distretto Agroalimentare di Qualità di Sibari.

ASPIRANTI ASSESSORI DONNE ESTERNE
Secondo fonti interne al Pd, tra le donne, per un assessorato esterno (oltre la probabile Corigliano) ci sarebbero in lizza Maria Stella Ciarletta, Consigliera di Parità Calabria Tonia Stumpo, (crotonese) responsabile Donne del Pd, sorella del parlamentare Nico, vicina alla parlamentare Enza Bruno Bossio, Indiscrezioni da prendere tuttavia con le pinze. Non si esclude che in giunta possa entrare Katia Stancato, ex montiana ed ex portavoce del Terzo Settore in Calabria, molto inserita negli ambienti istituzionali romani e in quelli che ruotano attorno a Confcooperative.

Maria Stella Ciarletta
Maria Stella Ciarletta
Katia Stancato
Katia Stancato

Inoltre, in pole per un assessorato  “di peso” tra i consiglieri c’è il fedelissimo di Oliverio e Nicola Adamo, Carlo Guccione, re delle preferenze in Calabria con quasi 15mila voti. Per lui, di Cosenza, i rumors fanno trapelare un’assessorato all’agricoltura o ai lavori pubblici.

Se il governatore ritenesse di escludere la Corigliano, secondo alcuni potrebbe puntare sul segretario del Psi calabrese Luigi Incarnato, ex assessore ai lavori pubblici della giunta Loiero nonché presidente della Commissione per le primarie svolte il 10 ottobre scorso. E’ toccato a lui incoronare Oliverio candidato alla presidenza.

Seguendo gli equilibri territoriali, (Corigliano? e Guccione più il presidente per Cosenza), su Catanzaro gira insistente il nome di Antonio Viscomi, giuslavorista e docente all’università Magna Graecia di Germaneto, che potrebbe avere, da esterno, la delega al Lavoro. Le sue quotazioni in ogni caso scendono, così come quelle del sindaco di Lamezia, Gianni Speranza, di Sel, concorrente di Oliverio alle primarie cui comunque il presidente potrebbe riconoscere un ruolo nella galassia regionale.

Altro nome esterno che circola è quello del docente di Politiche sociali comparate a Oxford (a pochi chilometri da Londra), il giovane Emanuele Ferragina, plurilaureato in economia e politica internazionale molto noto negli ambienti accademici, nonché uomo di sinistra. Ferragina è amico di Salvatore Scalzo (potrebbe essere anche lui una opzione?), candidato a sindaco per il centrosinistra a Catanzaro, poi sconfitto da Sergio Abramo. (Rettificato, ndr). Tuttavia il giovane talento calabrese, in un post su Facebook, smentisce categoricamente l’ipotesi. A chi gli chiede se accetterebbe di fare l’assessore in Calabria lui replica secco: “Mai con quella gente! Siamo mondi diversi”.

Sempre per la circoscrizione Centro s’imporrebbero i nomi di due medici eletti a palazzo Campanella: il vibonese Vincenzo Ciconte e Antonio Scalzo, di Conflenti (Cz). Una volta ripianato il debito della Sanità (pare nel 2015) a Ciconte dicono possa andare l’assessorato alla Salute, ipotesi da molti smentita per alcuni presunti veti. Ciconte sarebbe pure papabile per la presidenza del Consiglio regionale. Vedremo. Intanto, nei prossimi giorni il governatore dovrà essere nominato dal Cdm commissario per il Piano di rientro sanitario. Da qual momento riuscirà effettivamente a capire tempi e reale ammontare del debito, per poi fare le sue scelte.

Da quanto si apprende, rimarrebbe clamorosamente fuori lex direttore scientifico dell’Arpacal,  Antonio Scalzo, ex Fioroni ora renziano molto vicino a Lorenzo Guerini, vicesegretario del Partito Democratico che in un primo momento avrebbe ricevuto la benedizione romana per fare il presidente del Consiglio regionale. Su Scalzo pare ci sia stato il veto personale del segretario del Pd calabrese Ernesto Magorno, motivato dal suo rinvio a giudizio per abuso d’ufficio sul caso Arpacal.

(aggiornamento 7 gennaio 2015: Veti superati da Guerini che avrebbe imposto Scalzo come presidente del Consiglio regionale…).

Il reggino Nicola Irto, 12.014 voti, potrebbe essere eletto nuovo presidente del Consiglio regionale
Il reggino Nicola Irto, 12.014 voti, potrebbe essere eletto nuovo presidente del Consiglio regionale

La presidenza del Consiglio regionale, se non tocca a Ciconte (Catanzaro), potrebbe tornare a Reggio Calabria. Per il ruolo di capo dell’assemblea, circola senza soste il nome dell’architetto Nicola Irto. La sua elezione sarebbe sponsorizzata da Magorno pare con il placet di Marco Minniti, sottosegretario di Renzi con delega ai Servizi. Questa ipotesi farebbe tramontare definitivamente il “dialogo” con il Ncd di Tonino Gentile e Nico D’Ascola che sperano, in ogni caso, in una presidenza di Commissione. Si vedrà.

Su Vibo Valentia potrebbe debolmente emergere il dem Michele Mirabello, alla sua prima esperienza consiliare, ma in molti lo danno come prossimo capogruppo del Pd a palazzo Campanella. Scarse le chance dell’ex assessore loieriano all’ambiente Silvio Greco, il cui nome è circolato nei giorni scorsi.

Mentre a Crotone è difficile capire se Flora Sculco riuscirà ad ottenere un incarico di governo. La figlia dell’ex consigliere Enzo, potrebbe avere, come consigliera delegata, il ramo all’Energia. La disputa nel partito di Renzi è comunque molto accesa tra l’area che fa capo a Sculco e quella vicino a Tonia Stumpo.  

Per Reggio Calabria, oltre a Nicola Irto, crescono le quotazioni di Sebi Romeo quale aspirante ad una postazione assessorile. In questo scenario, è tuttavia improbabile, ma non impossibile che Reggio possa incassare la presidenza del Consiglio e un assessorato.

Sembrano sfumare chiamate (esterne) per Nino De Gaetano (coinvolto, suo malgrado, senza essere indagato, nell’inchiesta del 10 dicembre sui Tegano) e il renziano doc Demetrio Naccari Carlizzi per la nota vicenda giudiziaria.

Un occhio di riguardo, come ricorda il giornalista Attilio Sabato sulla Gazzetta del Sud, Oliverio potrebbe riservarlo a Franco Corbelli, leader del movimento Diritti civili che con la sua rinuncia alle primarie istituzionali ha consentito risparmi per circa 2 milioni di euro dalle magre casse regionali. In quale ruolo non sappiamo, ma da sempre lui si batte per le fasce più deboli. Artefice di tante battaglie civili, si deve a lui l’istituzione del Garante della Salute in Calabria. Corbelli potrebbe coadiuvare il presidente in questa direzione o sul tema dei Diritti civili come fece alla Provincia di Cosenza.

Le ipotesi in campo sono molteplici. Ci saranno da assegnare le poltrone dell’Ufficio di presidenza in Consiglio, le presidenze di Commissioni nonché degli enti intermedi. Non è chiaro l’aspetto sui sottosegretari che in ogni caso Oliverio avrebbe in mente di superare coi consiglieri delegati. Poi c’è tutto l’apparato dirigenziale che il presidente non può ricoprire con quanti stanno politicamente battendo “cassa”.

Le postazioni manageriali sono infatti destinate a chi ha titoli ed esperienze, ossia “tecnici” di provata esperienza e qualificate competenze. Al Dipartimento Lavoro avanza con forza il nome di Cosimo Cuomo, “Figlio di nessuno”, come direbbe Nicola Gratteri, attuale dirigente di settore che avrebbe tutte le carte in regola per dirigere un dipartimento di cruciale importanza. Con una differenza: che essendo dipendente della Regione, come pure Vincenzo Caserta, farebbe risparmiare all’ente centinaia di migliaia di euro l’anno.

Per quanto riguarda l’Ufficio stampa, pare non ci siano dubbi che Oliverio sia orientato a confermare il suo storico portavoce: il giornalista professionista, Francesco Dinapoli. Nell’organico dei giornalisti a palazzo Alemanni potrebbe entrare anche la collega Mariuccia De Vincenti, già addetta stampa di Oliverio alla Provincia di Cosenza. Un ruolo di “spalla” in presidenza lo avrà senz’altro Franco Iacucci, sindaco di Aiello Calabro e da sempre “ombra” di Mario Oliverio. 

ULTIMO AGGIORNAMENTO 18:31 | 13 dic 2014

Insediato Mario Oliverio alla guida della Regione Calabria. "Lotta a povertà e burocrazia"

Insediato Oliverio - il passaggio di consegne tra Mario Oliverio e l'uscente Antonella Stasi
il passaggio di consegne tra Mario Oliverio e l’uscente Antonella Stasi (foto www.cn24tv.it)

Con un fascio di fiori alla presidente facente funzioni, l’uscente Antonella Stasi, si è insediato Mario Oliverio che comincia così la sua avventura alla guida della Regione Calabria. In una conferenza stampa a palazzo Alemanni il neo governatore assicura incisività nell’azione di governo a cominciare dalla “madre di tutte le battaglie”, quella di riformare la “La macchina burocratica” che, per intenderci, è il fattore che in Calabria frena più della ‘ndrangheta lo sviluppo dell’intera regione.

Ad avviso di Oliverio la burocrazia “deve lavorare al massimo per potere invertire il senso di marcia della regione. Non ci possono essere né indifferenza né distrazioni”. Per questa ragione invita i dirigenti regionali a “rimettere il mandato ricevuto alla nuova amministrazione”. Questo “non per liberare posti di potere e ricollocare amici, ma per superare un problema di efficienza e dare risposte in tempi rapidi”.

Se sceglierà i “figli di nessuno” come aveva auspicato il magistrato antimafia, Nicola Gratteri, lo sapremo presto. Ma è certo che oltre ai “burocrati inefficienti”

l’ex presidente della Provincia di Cosenza intente chiudere “la bottega delle clientele e le corsie riservate per gli amici, perché – afferma determinato – l’unica amicizia che sarà instaurata è quella con la Calabria”.

Prima di aggredire le “emergenze”, che in Calabria più che altrove sono più pressanti, il neo presidente intende fare una ricognizione a 360 gradi per capire quanta grana ha a disposizione per risolvere i problemi. I quattrini sono infatti fondamentali per dare corpo agli indirizzi politici.
GIA’ DA GIORNI A LAVORO
“Ho voluto che questo di oggi – ha detto Oliverio – fosse un incontro sobrio perchè ritengo che la Calabria abbia bisogno innanzitutto di sobrietà”. Le condizioni sociali ed economiche sono drammatiche e siamo in presenza di un allargamento della povertà e della sofferenza sociale. Nel corso di queste settimane post voto, non ho varcato la soglia di questa sede ma, in silenzio, ho lavorato per mettere a fuoco alcuni problemi e costruire risposte incontrando informalmente i vertici del Governo nelle persone di Delrio e Lotti (sottosegretari di Matteo Renzi, ndr).

POVERTA’
“Le prime misure che assumeremo – ha detto ancora Oliverio – saranno mirate al contrasto della disoccupazione dilagante e del contrasto alla povertà, attraverso una riprogrammazione delle risorse residue del Fse con la creazione di una task force specifica”.

LE PRIORITA’
“Le condizioni della Calabria – ha detto ai giornlisti – sono drammatiche e le conoscete bene: Sanità, rifiuti, fondi comunitari e burocrazia”, sono le priorità del presidente. Già nella giornata di ieri Oliverio ha avuto un colloquio telefonico con il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti al quale ha chiesto un intervento diretto ad accreditare prima della fine dell’anno in corso i 40 milioni di euro sbloccati dal Governo, di concerto con la Regione, da destinare al pagamento di alcune mensilità relative al 2013 per i lavoratori in mobilità in deroga”, che riguarderebbero 26 mila lavoratori.

CONCERTAZIONE
Torna un termine caro alla sinistra: dialogo e concertazione con sindacati, istituzioni e società. “Per operare al meglio – ha spiegato Oliverio – abbiamo bisogno di una macchina regionale efficiente. Nel più breve tempo possibile incontrerò le forze sociali, la Conferenza episcopale calabra e i sindaci.

IN CINQUE ANNI E STOP
“Starò in carica per una sola legislatura e dopo non ci sarà alcun assillo proprio per poter fare le cose con mani libere da condizionamenti di gruppi e di lobby come è necessario in questa terra”, ma in questi cinque anni “questa regione la cambieremo”.

LA GIUNTA E I TEMPI
Sulla composizione della giunta Oliverio ha detto di non avere in testa nomi di assessori, anche se ha tempi strettissimi. Entro dieci giorni da ieri 9 dicembre 2014. In concomitanza con la prema seduta del Consiglio regionale che il presidente del consiglio uscente deve obbligatoriamente convocare entro dieci giorni dalla proclamazione. “In questi giorni – ha spiegato Oliverio – ho rimosso la cosa concentrandomi sui problemi della Calabria. Affronterò la questione entro i tempi fisiologici, senza ansie, e posso dirvi che ci sarà una risposta all’altezza della situazione”.

L’IDEA DEL CONSIGLIERE DELEGATO
E appunto perché gli assessori sono pochi e le deleghe tante, il presidente ha aperto ai consiglieri delegati: “Nella proposta di governo non c’è solo la Giunta, il dato numerico disposto dalle leggi nazionali è molto al di sotto delle necessità, per questo nella nostra proposta si prevederà una funzione per i consiglieri regionali. E comunque, il problema non è di assessori esterni o interni, il problema è essere coerenti con lo Statuto.

Insediato Mario Oliverio a Palazzo Alemanni
Palazzo Alemanni, ancora per poco sede della Giunta regionale

RIFORMA STATUTO E LEGGE ELETTORALE NEL PRIMO ANNO
“Lo Statuto – ha spiegato Oliverio – prevede l’elezione diretta del presidente, e questo significa una particolare responsabilità per l’azione di governo, che è riconducibile al presidente. Se così è, il presidente deve avere mani libere nelle scelte, per questo lo Statuto va adeguato”, così come “la legge elettorale”.

“Ritengo un errore – ha detto il presidente – quello di aver modificato la legge elettorale perchè credo che il leader dello schieramento miglior perdente debba avere espressione nel Consiglio regionale”, dice riferendosi a Wanda Ferro, candidata presidente di Fi e di FdI. Oliverio ha aggiunto di avere sentito telefonicamente la Ferro per esprimerle direttamente “queste considerazioni che vanno al di là delle persone e che sono di ordine istituzionale e costituzionali.

Nella nuova legge elettorale che noi proporremo, e non lo faremo a fine legislatura ma nel primo anno, sarà recuperato questo dato insieme ad altri come la rappresentanza di genere. Ritengo che il migliore perdente debba esprimersi all’interno dell’assemblea così come accade in tutte le Regioni d’Italia”.

Tutti i nomi nelle carte di Mafia Capitale

I nomi nell'ordinanza di mafia capitaleDalla A di Alemanno alla Z di Zingaretti. E, nel mezzo, un universo fatto di ministri, ex leader comunisti, sindaci di piccoli comuni, dirigenti. Sono gli esponenti politici che fanno capolino tra le pagine dell’inchiesta sulla «mafia capitale». In alcuni casi sono indagati, in altri semplicemente persone informate dei fatti, molte volte non c’entrano assolutamente nulla con l’inchiesta. Infine ci sono quelli che grazie alle telefonate vengono palesemente «scagionati» da ogni sospetto. Anche gli inquirenti ritengono che, talvolta quelle dei personaggi coinvolti possano essere solo conoscenza millantate senza altri riscontri.

C’è poi chi non è finito nelle carte delle inchieste, ma è stato «incastrato» da photo-opportunity con Salvatore Buzzi, insieme a Carminati l’uomo chiave dell’inchiesta. È il caso, ad esempio, del ministro del Lavoro Giuliano Poletti e del sindaco di Roma Ignazio Marino, che solo poche ore prima della «scoperta» dell’immagine aveva giurato di non aver mai parlato con il re delle cooperative rosse.

Di seguito, trovate la seconda (e ultima) parte dell’elenco inaugurato ieri. E tra gli esponenti citati alcuni degli esponenti ritenuti dagli inquirenti «centrali» nel sistema di potere di Buzzi e Carminati, tra cui Luca Odevaine. Si tratta di uno spaccato indicativo non solo sulla capacità del re delle coop rosse Buzzi di condizionare le logiche di potere, ma anche della facile permeabilità del sistema politico italiano per la stragrande maggioranza all’oscuro del pedigree di Buzzi associato a Carminati, così come viene fuori dalle carte dell’inchiesta «Mondo di mezzo».

Luzzi Tommaso (sindaco di Sacrofano)
Indagato per associazione di tipo mafioso. Di lui Carminati, a proposito di un appalto per la raccolta rifiuti per cui serve l’ok del sindaco, dice: «Luzzi non può fare altro. Lo abbiamo sostenuto noi. E se non fa come vogliamo noi Luca (Gramazio, ndr) gli blocca i fondi».

Marchini Alfio (consigliere comunale a Roma) Non è indagato.
Nelle carte si parla della mediazione di Carminati per organizzare un incontro tra Marchini, Luca Gramazio e altre persone. L’incontro avviene, ma Marchini sostiene di non aver mai avuto nessun tipo di contatto con Carminati.

Marino Ignazio (sindaco di Roma)
Il primo cittadino della Capitale non è indagato. Inizialmente aveva sostenuto di non aver mai parlato con Buzzi. Una foto risalente alla campagna elettorale lo ha smentito e dalle coop in questione ha ricevuto un contributo di 30mila euro. Marino, dal canto suo, promise che avrebbe devoluto alla cooperativa il suo primo stipendio da sindaco.

Marroni Umberto (deputato Pd) Non è indagato.
Quando il gruppo criminale ha il problema di confermare la nomina di Giovanni Fiscon a dg di Ama, Buzzi dice all’interessato: «Co’ Umberto ce parlo io, però ormai Umberto colle cose del Comune non c’entrerà più niente, eh! Comunque vada… cioè, se vince Marino, Umberto conterà un cavolo». «Se vince il centrosinistra siamo rovinati – dice Buzzi in un’altra intercettazione – solo se vince Marroni andiamo bene». Lo stesso Marroni si difende così: «In questi giorni sto assistendo a una campagna di strumentalizzazione di foto d’epoca o spezzoni di intercettazioni tesa a screditare la mia persona. Ho dato mandato ai miei avvocati di querelare i giornalisti di alcune note stampa e di alcuni articoli pubblicati in questi giorni, in sede penale e civile».

Menichelli Sergio (sindaco di Sant’Oreste)
È tra i trentasette arrestati. Riceve 30.000 euro per aver affidato illecitamente alla cooperativa 29 giugno la gestione della raccolta differenziata nel suo Comune.

Nieri Luigi (vicesindaco di Roma) Non è indagato.
Buzzi lo considera un buon interlocutore per arrivare a Marino: «E mo vedemo Marino, poi ce pigliamo e misure con Marino», spiega durante una conversazione con Emilio Gammuto: «Va bè mo’ Marino tramite Luigi Nieri con.. no..».

Odevaine Luca (Membro del coordinamento nazionale sull’accoglienza profughi. Ex vicecapo di gabinetto del sindaco Veltroni) Arrestato.
Si faceva versare le tangenti su conti segreti di moglie e figlio. È considerato il «moltiplicatore di profughi da destinare al centro di Buzzi» per fargli guadagnare di più. Per tutto questo avrebbe percepito dall’associazione criminale 5.000 euro al mese. Odevaine è stato anche consigliere del ministro dei Beni culturali Giovanna Melandri.

Ozzimo Daniele (ex assessore alla Casa del Comune di Roma)
Indagato per corruzione aggravata, ha ricevuto 20mila euro (legalmente) riconducibili a Buzzi per l’ultima campagna elettorale.

Paone Brigidina (Collaboratrice dell’assessorato alla Casa del Comune di Roma)
Non è indagata. Già candidata alle primarie Pd del 2007 nella lista «Sinistra e Sociale per Veltroni con Zingaretti», ex dipendente comunale andata in pensione, rientra in Campidoglio perché «assunta per chiamata diretta dalla Giunta Marino». Ed è proprio la Paone, scrivono gli investigatori, il «soggetto funzionale alla presentazione e alla successiva approvazione di emendamenti in seno al Consiglio Comunale, per ottenere una riduzione dell’80% sul valore di vendita di alcuni immobili pubblici in dismissione, tra cui la sede della cooperativa 29 Giugno di via Pomona nr. 63, e di via del Frantoio, in Roma». Buzzi farà un affare. L’operazione, però, «c’ha un prezzo», spiega Buzzi. «Il prezzo è la figlia della Paone che ce chiamerà». E che poi verrà assunta.

Patanè Eugenio (Consigliere regionale del Lazio)
Indagato per turbativa d’asta e illecito finanziamento. Ha ricevuto finanziamenti illeciti per diecimila euro. Secondo gli inquirenti avrebbe preso quei soldi per pilotare gli appalti regionali.

Pedetti Pierpaolo (consigliere comunale di Roma)
Il presidente della commissione Patrimonio del Campidoglio non è indagato. Nell’incartamento investigativo viene ritenuto il «punto di riferimento» del gruppo riconducibile a Buzzi e Carminati «per tutto ciò che concerne Patrimonio e politiche abitative e progetti speciali». Al politico sono date «utilità in cambio di favori elargiti».

Perina Marco (ex vicepresidente del XX Municipio)
Non è indagato. Gli inquirenti lo definiscono «persona in contatto con Carminati».

Picierno Pina (eurodeputata del Pd)
Non è indagata. Ricevette, per la sua campagna elettorale, mille euro da parte di una coop finita nei brogliacci dell’inchiesta (ma non riconducibile a Buzzi).

Poletti Giuliano (ministro del Lavoro e delle Politiche sociali) Non è indagato.
Il ministro è stato messo in imbarazzo dalla foto scattata durante una cena nel 2010, quando siede a tavola con molti dei protagonisti dello scandalo romano.

Quarzo Giovanni (presidente della commissione Trasparenza del Comune di Roma)
Indagato per associazione di tipo mafioso, secondo gli inquirenti chiede aiuti agli uomini di Carminati per ottenere la Commissione Trasparenza, organo che controlla la regolarità degli appalti e dei lavori dell’Assemblea capitolina.

Salvatori Emanuela (ex responsabile dell’ufficio Rom del Campidoglio) 
Arrestata. Nel 2012, per ottenere «l’allargamento dell’allargamento» del campo nomadi di Castel Romano (affare da 5 milioni di euro) Buzzi fa pressioni su di lei. Ed è lei che segue la pratica per i lavori al campo, e che richiederebbe a Buzzi «giustificazioni contabili, anche fittizie, da allegare alla documentazione», al fine di giustificare l’allargamento.

Sammarco Gianni (deputato e coordinatore romano di Ncd) Non è indagato.
Il gruppo di Buzzi e Carminati cerca un contatto con il leader di Ncd Angelino Alfano finalizzato evidentemente a una gara d’appalto che riguarda il Cara di Mineo. Claudio Caldarelli insiste con Buzzi nel tentare un approccio al ministro dell’Interno per il tramite di Sammarco: «Co’ Alfano ce parla tutti i giorni, come glie pare.. dovete solo arriva’ lì… qualcuno che… io non ce posso anda’… Sammarco lo chiama al telefono lo chiama… alza il telefono e chiama Alfano, te lo garantisco!».

Sassoli David (eurodeputato del Pd) Non è indagato.
Nell’informativa del Ros, compare l’elenco dei candidati preferiti da Buzzi e Carminati all’epoca della corsa al Campidoglio: sono Umberto Marroni, Alfio Marchini e David Sassoli.

Schina Mario (ex responsabile del Decoro Urbano per la giunta Veltroni)
È finito in carcere con l’accusa di essere l’«intermediario» dell’organizzazione. Ruolo per il quale avrebbe percepito 1.500 euro mensili.

Sciascia Emiliano (presidente del IV Municipio) Non è indagato.
Avrebbe ricevuto in campagna elettorale 4.200 euro (regolarmente registrati) dalle coop riconducibili a Buzzi.

Scozzafava Angelo (direttore del dipartimento Promozione dei Servizi Sociali del Campidoglio)
È indagato per associazione di tipo mafioso. Da lui passano le pratiche relative ai campi nomadi. Per i pm «le indagini hanno evidenziato l’ipotesi di una remunerazione della sua attività da parte del gruppo criminale con la promessa dell’assegnazione di un appartamento in una cooperativa».

Stefoni Fabio (sindaco di Castelnuovo di Porto)
Indagato per corruzione aggravata e illecito finanziamento.

Stella Mattia (caposegreteria del sindaco Marino) Non è indagato.
Per provare a condizionare la giunta Marino, Buzzi stringe i legami con Mattia Stella. In una conversazione tra Buzzi e Guarany, il primo sottolinea la necessità di «valorizzare Mattia e legarlo di più a noi».

Tassone Andrea (presidente del X Municipio)
Non è indagato. Il suo nome spunta in una conversazione tra Buzzi e Alessandra Garrone: «Gli ho detto a Tassone: fatti dare tutto il milione e facciamo l’operazione, invece di darli al Comune… la famo… la fai tu… e la intesti a noi… e l’ho quasi convinto…».

Turella Claudio (responsabile del servizio di Programmazione e Gestione Verde Pubblico del Comune di Roma con la Giunta Alemanno)
Arrestato. L’organizzazione che fa capo a Buzzi e Carminati va forte anche negli interventi sul verde pubblico grazie al funzionario Claudio Turella, secondo gli inquirenti «a disposizione del sodalizio» per favorire le coop nelle gare comunali. Il suo nome comparirebbe nel «libro nero» della contabilità parallela tenuto da Nadia Cerrito. Turella, stando all’informativa del Ros, vantava un credito nei confronti di Buzzi per averlo agevolato nell’assegnazione dei lavori relativi all’emergenza neve di qualche anno fa.

Varvazzo Paola (ex assessore regionale della Giunta Zingaretti)
Non è indagata. Secondo l’informativa dei Ros, la Varvazzo fornì documenti a Buzzi, riguardanti il giudice del Tar Sandulli che aveva sospeso un appalto vinto dalle coop di Buzzi. Dalla Giunta regionale è arrivata una precisazione: «L’ex assessore Varvazzo è rimasta nella giunta Zingaretti dal 22 marzo 2013 al 5 aprile 2013. Le intercettazioni risalgono al dicembre precedente».

Veltroni Walter (ex sindaco di Roma)
Non è indagato. Il suo nome ricorre in un’intercettazione ambientale del 28 marzo 2014 tra Buzzi, Caldarelli e altri. Parlando dei 5.000 euro mensili percepiti dal clan da tre anni da Luca Odevaine, già capo di gabinetto di Veltroni, Buzzi dichiara: «Ma se Odevaine c’ha tutta sta roba (riferendosi ad interessi in Venezuela, ndr) ma Veltroni quanta roba c’ha». Interviene un altro partecipante: «Che c’entra Veltroni?». Buzzi replica: «Ha preso i soldi di Odevaine, perché non li ha presi?». Secondo gli investigatori si tratterebbe di millanterie. L’ex sindaco di Roma ha invece replicato così: «Sono delle canagliate intollerabili. Querelerò chiunque darà spazio a queste follie delinquenziali».

Visconti Marco (ex assessore all’Ambiente del Comune di Roma)
Non è indagato. Il 9 maggio 2013 Buzzi chiama Caldarelli invitandolo a partecipare a una cena organizzata da Panzironi con Alemanno e Visconti: «Tu domenica sera che devi fa? – chiede Buzzi – Spero un cazzo eh, c’è… lui (Franco Panzironi ndr) organizza una cena co’ Visconti e Alemanno, al tea… al ristorante I Pescatori.. c’andamo, io mi porto pure mi moglie, la pupa eh… e suggelliamo, poi se vincono bene, se perdono s’a semo(…)e poi cerchiamo de parlacce… se vincono… si rimette mano alla questione».

Zingaretti Nicola (presidente della Regione Lazio)
Non è indagato. Il 20 aprile 2013 Buzzi stila l’elenco delle persone che tiene a libro paga per controllare o fare da tramite con questo o quel politico: «Lo sai a Luca (Odevaine, ndr) quanto gli do? Cinquemila euro al mese… ogni mese… (…) Schina millecinquecento euro al mese… (…) un altro che mi tiene i rapporti con Zingaretti (Nicola, presidente della Regione Lazio, ndr) duemilaecinque al mese». La replica di Zingaretti è stata la seguente: «Se avevano bisogno di qualcuno per avere contatti con me, è perché forse sapevano che con me non potevano averli. Ma non ho mai avuto una percezione di questo tipo e quindi ben venga l’indagine per chiarire se ci sono responsabilità».

'Ndrangheta in Umbria, 61 arresti e sequestri per 30 milioni di euro

Carabinieri del Ros | ndrangheta in umbriaLa rete della ‘ndrangheta in Umbria. 61 gli arresti da parte dei carabinieri del Ros. Sequestrati beni per oltre 30 milioni. Nel mirino degli investigatori un sodalizio radicato nella regione, con “diffuse infiltrazioni nel tessuto economico locale” e “saldi collegamenti” con le cosche calabresi di origine.

L’organizzazione, collegata alla cosca Farao-Marincola di Cirò (Crotone), era capeggiata da Natalino Paletta ed operava a Perugia e provincia dal 2008. Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Perugia, Roma, Crotone, Cosenza, Arezzo, Siena, Ancona, Macerata, Viterbo, Caserta, Bologna e Varese, nonché in Germania.

I reati contestati: associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, danneggiamento, bancarotta fraudolenta, truffa, trasferimento fraudolento di valori, traffico di stupefacenti e sfruttamento della prostituzione.

L’inchiesta, hanno spiegato gli investigatori durante la conferenza stampa, “ha documentato le modalità tipicamente mafiose di acquisizione e condizionamento di attività imprenditoriali, in particolare nel settore edile, anche mediante incendi e intimidazioni con finalità estorsive”. 

Imprenditori perugini costretti ad emettere false fatture per dissimulare gli illeciti pagamenti, nonché a cedere le proprie imprese agli indagati (o a loro prestanome). E’ emerso che alcuni imprenditori venivano sostituiti nella gestione dell’azienda da alcuni degli indagati che, dopo aver privato l’azienda delle sue linee di credito, ne provocavano la bancarotta fraudolenta.

Secondo gli investigatori venivano realizzate anche truffe in danno di fornitori di materiali edili, che erano poi rivenduti a ricettatori calabresi titolari di imprese che li reimpiegavano per costruire edifici e fabbricati in Umbria, Toscana e Calabria. Un’altra componente del sodalizio, facente capo a Francesco Pellegrino, rubava materiale edile e macchine operatrici nelle Marche, per rivenderle sul mercato legale o a ditte calabresi.

ASCOLTA LE INTERCETTAZIONI

I “considerevoli proventi illeciti” dell’organizzazione criminale “sono stati reimpiegati per acquistare beni immobili ed attività commerciali nel settore dell’intrattenimento e del fotovoltaico, anche intestati a prestanome”, per “dissimulare la reale riconducibilità dei beni alla cosca”, spiegano i Ros.

E’ considerata una vera e propria “holding criminale” dedita a numerosi reati quella al centro dell’operazione “Quarto passo” condotta dai carabinieri del Ros, coordinati dalla Procura di Perugia. Lo ha sottolineato il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, illustrando l’operazione. Il magistrato ha parlato di “un gruppo in espansione sul territorio, anche nel settore del fotovoltaico e della green economy”.

 

ALTRO BLITZ DELLA POLITIZA CONTRO IL CLAN TEGANO 

La Polizia ha eseguito 25 fermi emessi dalla Dda di Reggio Calabria nei confronti di presunti affiliati alla cosca dei Tegano della quale è stato ricostruito l’organigramma. Le accuse, a vario titolo, sono associazione mafiosa, favoreggiamento e procurata inosservanza della pena del boss Giovanni, arrestato nel 2010 dopo 17 anni di latitanza, aggravati dalle modalità mafiose. Tra i fermati c’è anche Francesco Pellicanò, primario del reparto analisi all’ospedale di Polistena.

Proclamati gli eletti in Calabria. Clamorosa esclusione di Wanda Ferro dal Consiglio

Oliverio festeggia Commistioni in Calabria
Mario Oliverio festeggia la sua vittoria alle regionali in Calabria (photo Arena/Ansa)

A distanza di 16 giorni dalle elezioni regionali del 23 novembre scorso, sono stati proclamati gli eletti in Calabria. Mario Oliverio è stato ufficialmente dichiarato presidente della Regione Calabria.
L’investitura ufficiale è stata fatta dall’Ufficio centrale circoscrizionale della Corte d’appello di Catanzaro. Clamorosa esclusione di Wanda Ferro, la donna che correva alla carica di governatore sostenuta da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Cdl e che è arrivata seconda. La comunicazione ufficiale della proclamazione è stata fatta dal Collegio presieduto da Fabrizio Cosentino e composto da Giancarlo Bravin e Antonio Saraco.

A nulla è valsa la memoria difensiva presentata nei giorni scorsi dalla Ferro con cui cercava di chiarire gli aspetti di una legge elettorale contorta, già bocciata una volta da palazzo Chigi e che non avrebbe avuto i crismi di legittimità sin dal suo varo. Un grande pasticcio commesso proprio dalla maggioranza di centrodestra di cui Ferro è espressione.

LA SOPPRESSIONE DELLA COSTITUZIONE NELLA LEGGE ELETTORALE DELLA CALABRIA
Una legge regionale può sopprimere una norma costituzionale? In Calabria questo è stato possibile. Anche in pieno regime di prorogatio, dal momento che il presidente della Regione si era dimesso con conseguente cessazione della legislatura (lo statuto stabilisce appunto che dalle dimissioni del presidente alla proclamazione della nuova assemblea, il consiglio “decaduto” resta in carica in regime di prorogatio, ovvero senza poteri di legiferare). Vediamo come: Nella legge regionale 19 del 12 settembre 2014, che modifica la prima legge bocciata dal governo (la numero 8 del 6 giugno 2014, quella che includeva la soglia di sbarramento anti Grillo al 15%) viene sancito che “L’art. 1, comma 1, lett. a) della L.R. 12 settembre 2014, n. 19 sopprime (ossia cancella) il secondo periodo che precedentemente così recitava: «1. Resta salva l’applicazione dell’articolo 15, commi 13 e 14, della legge 17 febbraio 1968, n. 108, così come modificata dalla legge 23 febbraio 1995, n. 43 e dall’articolo 5, comma 1, della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1.».

L’ARTICOLO COSTITUZIONALE CHE PREVEDE IL SEGGIO AL CONCORRENTE ARRIVATO SECONDO
Cosa dice il comma 1 della legge costituzionale modificata dal Parlamento italiano in due letture:
“[…]È proclamato eletto Presidente della Giunta regionale il candidato che ha conseguito il maggior numero di voti validi in ambito regionale. Il Presidente della Giunta regionale fa parte del Consiglio regionale. È eletto alla carica di consigliere il candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del candidato proclamato eletto Presidente.[…]”

Il nuovo presidente della Regione Mario Oliverio in una foto con Matteo Renzi
Il nuovo presidente della Regione Mario Oliverio in una foto con Matteo Renzi

E L’ASSEMBLEA CALABRESE STRAVOLSE IL SENSO SANCITO DALLA COSTITUZIONE
Un caso senza precedenti che la dice lunga sulla capacità legislativa della politica calabrese, ma ancor più sugli uffici legislativi regionali e di palazzo Chigi, probabilmente vittime di una svista clamorosa. Più di qualcuno sarà chiamato evidentemente a chiarire come sia stato possibile che un consiglio “decaduto” e in regime di prorogatio possa aver legiferato e nel farlo ha soppresso una norma costituzionale, seppure transitoria.

IL RUOLO DELL’UFFICIO CENTRALE CIRCOSCRIZIONALE
Nella proclamazione degli eletti in Calabria i giudici si sono dovuti attenere alla legge elettorale vigente che “esclude” il miglior perdente, seppure si tratti di una legge che sopprime una norma costituzionale; ma la commissione, oltre a non fornire motivazioni, non avrebbe comunque tenuto conto né nella memoria in cui Ferro evidenziava queste “anomalie”, né dello Statuto regionale che richiama lo stesso articolo cancellato dalla legge 19 di settembre che, a sua volta, al comma 2 dell’articolo 1 recita che “Il numero dei Consiglieri regionali, in armonia con quanto previsto nello Statuto della Regione, è fissato in 30, oltre al presidente della Giunta regionale”  . Insomma, un pasticcio che solo chi lo ha organizzato sa come sciogliere i nodi con cui  è stata legata la volontà popolare e democratica.

Wanda Ferro candidata di Forza Italia alla presidenza della Regione Calabria | Eletti in calabria
Wanda Ferro candidata di Forza Italia alla presidenza della Regione Calabria

IL COMMENTO DI WANDA FERRO
“Pur trattandosi di una decisione importante, – è il commento di Wanda Ferro – per la verità insolitamente già da troppe parti “annunciata” (il senatore alfaniano Bilardi, ndr), e pur accogliendola serenamente non posso nascondere le mie perplessità per quanto stabilito dall’Ufficio centrale regionale, che ha comportato la mia esclusione in direzione contraria alla legge costituzionale che vede nel candidato alla presidenza arrivato secondo il leader in consiglio regionale a tutela delle minoranze.

“MI RIVOLGERO’ AL TAR”
“Porremo comunque le nostre motivazioni alla base del ricorso di fronte al Tribunale amministrativo
, che già nel 2010 si era espresso con chiarezza a favore di Loiero confermandolo consigliere regionale, per fare valere non solo le mie ragioni di candidato escluso per una insolita interpretazione contraria alla norma, ma soprattutto per affermare il principio democratico di imprescindibilità della rappresentanza del candidato della coalizione sconfitta, a cui il consenso di centinaia di migliaia di cittadini attribuisce di fatto la responsabilità di guidare l’opposizione”.

Una vittoria della Ferro al Tar, potrebbe addirittura invalidare le elezioni regionali. E’ già accaduto in passato per motivi molto più risibili che una “furba” e incauta modifica a una legge elettorale, passata inosservata, che esclude non solo la partecipazione del miglior perdente in Consiglio tra i candidati presidente, ma il leader chiamato a guidare l’opposizione. Ecco perché appare più che evidente che i calabresi sono andati a votare con una legge illegittima e con molti profili di incostituzionalità.

Ecco gli eletti in Calabria. Eccetto la Ferro, non cambia la composizione della nuova assemblea elettiva che avevamo dato due settimane addietro

Adesso il presidente del Consiglio uscente ha dieci giorni di tempo per convocare la prima seduta della nuova assemblea regionale.

Destino beffardo. Muore Giovanni Mango durante la veglia del fratello artista

E' morto Mango. Addio al grande artista - Muore Giovanni Mango
L’artista Mango scomparso domenica notte

Un destino beffardo. Giovanni Mango, fratello maggiore di Pino – il cantante scomparso a Policoro domenica notte – durante la veglia al fratello è stato forse colto d’infarto ed è morto. Giovanni, di 75 anni, ha avuto un malore ed è stato trasportato nell’ospedale di Lagonegro, dove i medici non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso.

Si è trattato probabilmente di un infarto. Il grande dolore e la commozione per la perdita di Pino hanno messo a dura prova il cuore dell’anziano Giovanni Mango. L’uomo si è sentito male all’interno della villa del fratello, dov’è allestita la camera ardente. E’ stato soccorso da alcuni operatori dell’associazione “Humanitas” ma è deceduto dopo il trasporto al nosocomio lucano.

Un dramma sul dramma, quello della famiglia Mango, che ha lasciato tutti sotto choc. Incredulità e sconcerto tra amici e parenti che in queste ore stanno affollando la camera ardente del celebre cantante pop deceduto dopo il malore che l’ha colpito durante il concerto a Policoro, in provincia di Matera. I funerali dell’artista sono già fissati per mercoledì a Lagonegro, Potenza.

Omicidio Loris, la ricostruzione giorno per giorno fino al fermo della mamma

Veronica Panarello con il figlio Andrea Loris Stival
Veronica Panarello con il figlio Andrea Loris Stival. La procura ipotizza sia stata proprio la madre a uccidere il bimbo (foto web)

Dopo nove giorni d’indagini serrate arriva la svolta sul caso Loris Stival. Omicidio volontario, aggravato dal legame di parentela, e occultamento di cadavere: dopo 6 ore di interrogatorio la procura di Ragusa emette un provvedimento di fermo nei confronti di Veronica Stival, la mamma del piccolo. Sarebbe stata dunque lei, secondo magistrati e investigatori di polizia e carabinieri, ad uccidere con una fascetta da elettricista stretta attorno al collo il figlio di 8 anni la mattina di sabato 29 novembre. E sarebbe stata sempre lei a gettare il corpicino nel canalone in contrada Mulino Vecchio, a meno di due chilometri di distanza dal centro di Santa Croce Camerina. Veronica avrebbe fatto quindi tutto da sola: nessun complice, nessun aiuto.

LE TAPPE DELLA VICENDA

29 novembre 2014. La scomparsa di Loris e il ritrovamento del cadavere – La mattina del 29 novembre Veronica Panarello dà l’allarme per la scomparsa di suo figlio, Loris Stival, nel paesino di Santa Croce Camerina in provincia di Ragusa. Dice di averlo portato a scuola, ma le maestre rispondono che Loris in classe non è mai arrivato. Forze dell’ordine e cittadini sono impegnati nella ricerca. Poi il tragico ritrovamento del cadavere del piccolo, in un mulino abbandonato, a 3-4 chilometri dal paese. A scoprire il corpo è Orazio Fidone, cacciatore. Alla notizia la madre è in stato confusionale e sotto choc. Le prime indagini si concentrano sul ‘buco’ di quattro ore, dalle 08.30 alle 12.30, della mattina. È giallo.

30 novembre 2014. La Procura apre fascicolo omicidio volontario – Omicidio volontario. La Procura di Ragusa rompe gli indugi e indica la strada privilegiata nell’inchiesta sulla morte di Loris. Il fascicolo è aperto a scopo cautelare e senza indagati, anche se la polizia sequestra l’auto del cacciatore Orazio Fidone perché “tutta l’area del ritrovamento è sotto sequestro”. Fidone viene anche sentito come persona informata sui fatti: “Sono sereno, ho chiarito tutto e non sono indagato”. Gli investigatori cominciano a passare al setaccio i video di negozi, scuola e banche, per cercare di vedere se in qualche immagine si veda Loris. La famiglia è chiusa nel dolore, la madre trascorre la notte dopo il ritrovamento nell’obitorio dell’ospedale di Ragusa piangendo e urlando. Il paese scende in piazza con una fiaccolata e una veglia di preghiera.

1 dicembre 2014. Le prime risposte dall’autopsia: Loris strangolato – Sequestro di persona e omicidio volontario, ma senza indagati; assenza di segni di violenza a scopo sessuale. Sono i punti fermi della Procura di Ragusa sull’uccisione di Loris. Prime risposte arrivano dall’autopsia: il bambino è morto per asfissia da strangolamento, poi è stato gettato nel canale in cui è stato trovato privo di vita. Nessuna prova di violenza sessuale subita, ma comunque si segue anche la pista del pedofilo. Loris viene descritto come un bambino introverso e i sospetti virano su chi lo conosceva.

2 dicembre 2014. Cacciatore indagato, primi dubbi sulla versione della madre– L’inchiesta apre nuovi scenari. Non c’è traccia di Loris nelle immagini delle telecamere di Santa Croce Camerina che la mattina del 29 novembre hanno ripreso l’auto con cui la mamma lo stava portando a scuola. Ci sono ancora altri video da visionare, ma intanto la mamma di Loris viene sentita nuovamente come persona informata sui fatti per chiarire alcuni aspetti relativi a quella mattina e al suo racconto. Davanti alla scuola del piccolo viene ritrovato un paio di slip blu: si crede siano quelli del bambino che quando è stato trovato non li indossava. Iscritto nel registro degli indagati il cacciatore Orazio Fidone, per sequestro e omicidio: atto dovuto per consentire di fare gli accertamenti irripetibili sulla sua auto e sui suoi vestiti. Per indagare arrivano anche i Ros del caso Yara.

3 dicembre 2014. Video smentisce madre Loris – C’è un video che smentisce il racconto di Veronica Panarello, la mamma del piccolo Loris: la mattina di sabato 29 novembre il bambino non è mai arrivato a scuola, come ha sostenuto la donna, ma è rientrato a casa. Le immagini, registrate da una telecamere ad una cinquantina di metri dall’abitazione della famiglia, confermano dunque i dubbi di investigatori ed inquirenti che ora vogliono capire perché Veronica ha raccontato loro una versione diversa da quella immortalata nei frame video. Nel pomeriggio poliziotti e carabinieri effettuano rilievi nell’abitazione di Loris fino a tarda sera.

4 dicembre 2014. Loris strangolato con fascette, madre ripercorre percorso con Polizia – Nuovi dettagli emergono dall’autopsia su Loris. Il bambino è stato strangolato con un laccio di plastica, una fascetta di quelle utilizzate dagli elettricisti. Dove è stato ucciso è ancora un mistero. Gli esami evidenziano anche graffi sul viso e sul collo del bambino. Gli investigatori scavano nel racconto della madre di Loris. Almeno 3 le contraddizioni nei due verbali firmati finora: la distanza dalla scuola alla quale è stato lasciato Loris: 500 metri nella prima versione, una decina nella seconda. C’è poi il discorso relativo al corso di cucina, dove in un caso la donna dice di esserci andata subito dopo aver lasciato il figlio piccolo alla ludoteca e in un altro di esser passata prima da casa per delle “faccende domestiche”. Infine il sacchetto della spazzatura gettato in strada lungo un percorso che non ha nulla a che fare con la scuola di Loris ma è invece più compatibile con la strada per il Mulino Vecchio. Veronica sale a bordo di una delle due auto della polizia e ha rifatto la strada tra la casa di via Garibaldi e la scuola Falcone e Borsellino frequentata dal bimbo.

5 dicembre. Il giallo delle fascette consegnate da Veronica alle maestre – Il ‘grande fratello’ di Santa Croce Camerina, una quarantina di telecamere di sorveglianza sparse per il paese, svela dettagli agli atti dell’inchiesta sulla morte di Loris: la Polo nera della mamma il giorno della scomparsa del figlio non ha mai raggiunto la scuola del bambino, ma è ripresa mentre passa a 50 metri dalla strada che porta al Mulino Vecchio, dove lo stesso giorno, il 29 novembre, viene trovato il cadavere del piccolo. Questa la ricostruzione degli investigatori: la mattina del 29 novembre il bambino non arriva a scuola, ma torna a casa alle 8.32. Trascorsi 17 minuti, alle 8.49, rientra anche la madre, che esce nuovamente 36 minuti dopo, alle 9.25. C’è poi il giallo delle fascette: gli esperti lavorano sulle fascette di plastica che Veronica Panarello due giorni dopo la morte del bambino consegna alle due maestre che la vanno a trovare per farle le condoglianze: sarebbero compatibili con quella utilizzata per strangolare Loris.

6 dicembre. Sei minuti di Veronica vicno alla strada del Mulino – Sono 6 minuti quelli che potrebbero cambiare il destino di Veronica Panarello: i 360 secondi che, senza un’apparente spiegazione plausibile, la donna passa, la mattina della scomparsa del piccolo Loris, a poche decine di metri dal punto in cui troveranno ore dopo suo figlio morto. Perché è lì? Perché impiega 9 minuti per percorrere un tratto di strada che gli investigatori, rifacendolo in auto con lei, hanno percorso in 3 minuti? Domande che il marito e papà di Loris sembra non volersi porre, difendendo a spada tratta la moglie. “E’ una mamma speciale – dice Davide Stival – non voglio che si infanghi il suo nome”. Intanto elicotteri di polizia e carabinieri sorvolano le campagne attorno a Santa Croce Camerina nella speranza di individuare dall’alto il punto dove potrebbe essere stato gettato lo zainetto di Loris.

7 dicembre. La telefonata di Veronica al Marito – In quei 36 minuti tra le 8.49 e le 9.25 di sabato 29 novembre in cui secondo gli investigatori e gli inquirenti Veronica Panarello rimane sola in casa con il figlio Loris, che non è mai andato a scuola a differenza di quanto afferma la madre, la donna riceve una sola telefonata, dal marito, due minuti prima di uscire. Ignoto il contenuto della conversazione. La donna continua a non essere indagata. Ancora nessuna traccia dello zaino.

8 dicembre. Madre sotto torchio in Procura – Nove giorni dopo il ritrovamento del piccolo Loris nel fosso di contrada Mulino Vecchio a Santa Croce Camerina arriva il momento della verità per Veronica Panarello. La Procura di Ragusa rompe gli indugi e in serata convoca la madre del bambino per interrogarla e chiarire una volta per tutte cosa accadde la mattina di sabato 29 novembre. Veronica viene sentita per ore. Il marito:  “Se è stata davvero lei mi cade il mondo addosso”.

9 dicembre. Veronica fermata per omicidio – è da poco passata la mezzanotte quando arriva la notizia del fermo per Veronica. Omicidio aggravato e occultamento di cadavere sono i reati che la Procura di Ragusa ha contestato nel provvedimento di fermo alla madre di Loris.

Anaconda stritola un naturalista. I compagni lo salvano in tempo

Giocare coi serpenti è sempre stata una passione per chi ama questi insidiosi vertebrati. E’ un po’ come giocare col fuoco, prima o poi si rimane bruciati. Da sempre il mondo dei rettili ha affascinato i naturalisti. Curiosità che talvolta spingono l’uomo oltre l’inverosimile. Discovery Chanell, programma tv che trasmette le più fantastiche avventure sugli animali, ha mandato in onda un esperimento agghiacciante.

Nella giungla Amazzonica, Paul Rosolie, esperto di serpenti, protetto da una corazza ad hoc stava per farsi inghiottire da un gigantesco e temibile Anaconda lungo una decina di metri e catturato di proposito da altrettante persone.

L’esperimento è andato bene fino a un certo punto, quando la forza muscolare del rettile ha cominciato a farsi sentire sull’uomo che è stato “salvato” dai suoi compagni prima di essere davvero stritolato dall’enorme e temibile serpente. Il test voleva dimostrare la forza del rettile nonché la capacità di resistenza della preda.

L’uomo, munito di un costume realizzato per resistere agli acidi del serpente, comunicava via radio tutte le sensazioni ai vicini compagni di avventura attrezzati con sonde speciali e device scientifici per registrare ogni istante. Ma ad un certo punto ha dovuto chiedere ai colleghi di liberarlo perché la morsa del grosso Anaconda stava per stritolarlo.

Esperimento riuscito a metà. Ma c’è chi giura che Paul tornerà a cimentarsi in quest’avventura cercando di entrare nella pancia del rettile. Dovrà però fare i conti con il serpente che difficilmente ingoia la sua “preda” ancora viva…Sul sito discovery.com sono pubblicate tutte le clip della preparazione che sono state sintetizzate in questo video.

Mafia Capitale. "Schifo sarà lei"

Marco Travaglio per il Fatto Quotidiano

Qualcuno, per favore, avverta Renzi che non è il capo dell’opposizione, ma del governo e della maggioranza. E che il Pd beccato con le mani nel sacco di Roma lo dirige lui da un anno.
Quindi, quando dice “schifo”, parla di se stesso e del suo partito, non dei gufi che stanno fuori. La responsabilità politica e morale è sua e dovrebbe scusarsi con gli italiani per non aver saputo bonificare per tempo il Pd, imbarcando tutto il vecchio establishment in barba alla rottamazione.

Che, com’è ormai noto, è una truffa: perché non ha mandato a casa i pezzi più vecchi, più sporchi e più compromessi del partito, ma solo quelli che non si sono genuflessi al renzismo dominante. Se “Roma è troppo grande e bella per lasciarla in mano a gentaccia”, quella gentaccia l’ha fatta entrare o l’ha lasciata lì lui, riciclando ex rutelliani, ex dalemiani, ex fioroniani, ex veltroniani, ex bettiniani in cambio di una semplice professione di fede renziana.

E ora non può cavarsela col commissario Orfini, l’ex dalemiano, ex bersaniano, ora ovviamente renziano, che nella federazione romana è nato e cresciuto accanto a quelli che dovrebbe cacciare, senza mai accorgersi di quanto accadeva. Nel 1983, quando il Psi torinese fu spazzato via dallo scandalo Zampini, Craxi nominò commissario il ras torinese Giusi La Ganga, che fu subito indagato e sostituito con un altro dirigente eletto sotto la Mole, Amato. Che non bonificò un bel nulla, tant’è che dieci anni dopo il Psi torinese finì in Tangentopoli. Se davvero Renzi vuole voltar pagina nella Capitale, il commissario deve prenderlo a Bolzano, non a Roma. Invece opta per un commissariamento omeopatico, gattopardesco.

Ma ci è o ci fa? Un po’ ci è (è superficiale quanto basta) e un po’ ci fa (è molto spregiudicato e si crede sempre più furbo di tutti). Come se bastasse estrarre poche mele marce da un cestino di mele sane. Ma qui è marcio il cestino e qualunque mela, anche sana, anche acerba, ne viene immediatamente contagiata.

Marino non è un ladro, e neppure la Bonafè. Tra l’altro, nessuno dei due è romano e ha mai bazzicato la federazione capitolina. Eppure, appena sbarcati a Roma – l’uno per candidarsi a sindaco, l’altra a eurodeputata – furono subito portati in processione a rendere omaggio all’omicida Salvatore Buzzi, padre padrone della Coop 29 giugno, asso pigliatutto delle opere pubbliche, sodale di Er Guercio e finanziatore delle campagne elettorali di chiunque s’avvicinasse al Campidoglio, nero o rosso non importa.

Nessuno poteva fare a meno di lui, prima del voto, per avere soldi, tessere e voti. Nessuno poteva negargli, dopo il voto, la ricompensa sotto forma di appalti: per gratitudine o per paura di finire incaprettato in qualche discarica. Il tipico conflitto d’interessi che diventa voto di scambio e associazione mafiosa. Renzi dice che non c’è bisogno di cambiare le leggi: in teoria è vero, basterebbe non prender soldi da chi lavora per la Pubblica amministrazione. Ma l’elenco dei finanziatori di Renzi di oggi e di ieri (do you remember Carrai?) ci dice che così non è.

Molto meglio di vietarlo per legge, per allontanare le tentazioni. Renzi aggiunge che, “se Grillo torna a fare i suoi tour, è grazie al nostro lavoro: con il 41% del Pd alle europee abbiamo messo la parola fine al rischio della demagogia e del populismo di Grillo”. Ma forse sopravvaluta il suo lavoro (gli indicatori economici e sociali di nove mesi di cura Renzi sono catastrofici) e gli errori del M5S. Per quante cazzate facciano, i 5Stelle sono fuori dagli scandali. I soldi pubblici non li rubano: anzi, restituiscono anche quelli che spettano loro per legge.

Nelle fogne Expo, Mose e Mafia Capitale, i grillini non ci sono mai, il Pd c’è sempre. E quando qualcuno viene pizzicato, come nel caso dei rimborsi regionali, viene espulso: non promosso sottosegretario o governatore o consigliere regionale. Finché il Pd non riuscirà a far politica senza inquisiti e senza soldi pubblici, qualche milione di italiani onesti continueranno a votare 5Stelle. Schifati da tutti gli altri.

Loris Stival, arrestata la madre. "Omicidio e occultamento"

Veronica Panarello viene condotta in procura
Veronica Panarello viene condotta in procura

Sarebbe stata «la mamma ad uccidere Loris». Ne è convinto il pool della procura di Ragusa che indaga sul delitto di Andrea Loris Stival, il bambino di otto anni assassinato otto giorni fa. Al termine di un interrogatorio durato quasi sette ore, stanotte ha posto in stato di fermo Veronica Panarello, la mamma 26enne del piccolo Loris Stival, trovato morto sabato 29 novembre nelle campagne di Santa Croce Camerina.

“Omicidio aggravato e occultamento di cadavere” sono le ipotesi di reato che vengono contestate alla donna, entrata in procura alle 18 del giorno dell’Immacolata come persona informata sui fatti e, uscita nella notte, a bordo di un’auto della polizia in stato di fermo con l’accusa di aver ucciso il proprio figlio di 8 anni e averne gettato il corpo in un canalone della zona del Mulino Vecchio, a pochi chilometri dalla sua abitazione.

Il marito, David Stival, prima che fosse prelevata la moglie aveva detto: «Se è stata davvero lei mi cade il mondo addosso, non ci posso credere…». Sono diverse, infatti, le contraddizioni in cui, secondo la procura di Ragusa, sarebbe caduta la mamma del piccolo Loris. Frasi, dichiarazioni che non hanno trovato il riscontro dei pm siciliani.

LA SVOLTA DOPO MEZZANOTTE
La svolta nella notte, quando dopo ore di interrogatorio la Panarello avrebbe dato elementi agli inquirenti per dichiarare la donna in stato di fermo. Al procuratore Carmelo Petralia e al sostituto Marco Rota la donna non ha confessato il delitto, ma gli indizi sarebbero talmente tanti, al momento “inconfutabili” da indurre i magistrati ad arrestarla per i reati citati.

L’AVVOCATO: “MIA ASSISTITA E’ INNOCENTE”
Gli elementi in mano agli investigatori sarebbero di una tale gravità da non offrire altre alternative al fermo. Veronica Panarello è stata portata in questura dove trascorrerà la notte, in attesa dell’interrogatorio del gip che dovrà decidere per la convalida del fermo. «La mia assistita è un’indagata e non è una colpevole», ha detto il suo avvocato Franco Villardita.

I familiari del piccolo Loris affranti dal dolore dopo la scoperta del delitto di Loris Stival
I familiari del piccolo Loris affranti dal dolore dopo la scoperta del delitto

SECONDO GLI INQUIRENTI “AVREBBE AGITO DA SOLA”
Veronica Panarello avrebbe agito da sola, uccidendo Loris nella mezz’ora in cui i due sono rimasti soli a casa, tra le 9 e le 9.30 circa, stringendogli attorno al collo una fascetta di plastica con cui si fermano tubi e cavi elettrici. Avrebbe po caricato il corpo sulla sua Polo passando dal garage e quindi si sarebbe diretta al “Mulino Vecchio” dove lo ha abbandonato, forse addirittura quando il bambino non era ancora morto.

I BUCHI E LE DOMANDE SENZA RISPOSTE
Veronica ha detto che quella mattina Loris è andato a scuola quando invece una telecamera avrebbe ripreso il piccolo tornare a casa? Perché ha detto di essere arrivata con l’auto nei pressi della Falcone e Borsellino quando invece ben 4 telecamere non “vedono” la Polo nera passare nell’orario indicato? E cosa è successo davvero in quei 36 minuti in cui è rimasta sola con Loris nell’appartamento di via Garibaldi? Ed infine, cosa ha fatto nei 6 minuti che ha “perso” nei pressi della strada che porta al Mulino Vecchio?

LA VITA “BURRASCOSA” DI VERONICA PANARELLO
Secondo l’Ansa, il vero padre Veronica l’ha scoperto a 14 anni, un rapporto burrascoso con una madre che mette al mondo cinque figli con tre uomini diversi, la voglia di morire che spunta prepotente per ben due volte nella mente ancora adolescente, un figlio arrivato forse troppo presto, quando le ragazze della sua età vanno ancora a scuola e pensano solo a come divertirsi il giorno dopo: c’è stato molto dolore nella vita di Veronica Panarello.

Veronica Panarello, mamma di Loris fermata per l'omicidio del figlio (Foto Facebook)
Veronica Panarello, mamma di Loris fermata per l’omicidio del figlio (Foto Facebook)

E se questa madre ragazzina, che 26 anni l’ha compiuti solo un mese fa, c’entra davvero qualcosa con la morte del piccolo Loris, forse qualche risposta bisognerà andarla a cercare nel suo passato. Ma chi è davvero Veronica? La “mamma speciale” di cui parla il marito Davide, un papà con lo sguardo perso, schiacciato da un peso e da una storia più grandi lui.

Oppure la “forestiera”, come con cattiveria tutta femminile alcune donne del paese la bollano prima ancora di sapere come andrà a finire. Una donna distrutta dal dolore, con quel volto da Madonna senza più speranza che tutta Italia ha visto quando l’hanno portata a vedere il luogo dove hanno trovato il suo bambino. O una persona “dissociata e labile” come la definisce uno di quelli che in questi giorni d’indagine si è spaccato la testa per cercare di capire che ruolo abbia avuto questa madre.

“NON HO FATTO NIENTE DI MALE”, MA IL SUO RACCONTO “FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI”
“Io non ho fatto niente di male, non ho nulla da nascondere. Sono innocente. Là fuori c’è chi ha ucciso mio figlio. Lo cercassero” ha urlato Veronica come un disco rotto a chi questi giorni le è stato vicino. Eppure il grande fratello di Santa Caterina dice che il suo racconto fa acqua da tutte le parti. “E’ instabile” dicono, ha “problemi psicologici seri”.

L’ipotesi di chi indaga è che abbia rimosso tutto. Succede, spiegano gli esperti; è già successo. Lei finora non è crollata, non ha ceduto di un millimetro. Piuttosto “rivoglio il mio bambino – è stata la sua richiesta pressante di questi giorni – voglio solo abbracciare il mio bambino, perché non me lo vogliono dare”. Perché non è ancora finita. Perché mancano troppe risposte. Veronica l’ha capito ancora adolescente, quante sorprese amare può riservarti la vita.

Quanto diverse da quel che appaiono possono esser le persone, anche quelle che credi più vicine. Ed è forse per questo che, non ancora 14enne, tentò di togliersi la vita bevendo della candeggina. A Grammichele, dove era tornata dopo aver passato l’infanzia in Liguria per via del lavoro del padre, frequentava l’istituto artistico Albertini. “Era solare e bella” ricordava nei giorni scorsi una sua ex compagna di classe. “Ma questo non vuol dire niente – aggiungeva – poi le persone cambiano”. Già, si cambia. Ma non sempre sei tu a scegliere come e quando.

LA STORIA FAMILIARE
A Veronica il cambiamento arriva in faccia come una raffica di vento gelata: l’uomo che per 14 anni ha considerato suo padre, in realtà non è il padre naturale. Che è invece un uomo con cui la madre ha avuto una relazione occasionale. E’ quest’ultima a rivelarglielo, durante una lite.Veronica cerca il padre naturale: ma quando lo trova lui non si rivela esattamente quel nido d’affetto che forse la ragazza sperava di trovare. La famiglia però non si divide e arriva a Santa Croce Camerina.

Vanno a vivere in campagna, in una casa che non è lontana dalla zona del Mulino Vecchio e a guardarlo oggi questo dettaglio sembra solo un macabro segno del destino. Ed è qui che a 15 anni, Veronica tenta nuovamente il suicidio. Dicono per una discussione avuta con quello che ha scoperto non essere il suo vero padre. Se ne va nella serra, sale su un secchio e con un filo di plastica tenta di impiccarsi. Ma il filo si rompe e lei si salva.

E’ in questo momento che nella sua vita appare Davide, quel ragazzino con le spalle un po’ curve e le orecchie grandi che oggi è il suo compagno e che fino a ieri l’ha difesa: “Non voglio che si infanghi il suo nome”, aveva detto, e che questa sera, davanti agli investigatori, vacilla: “Se è stata davvero lei mi cade il mondo addosso, non ci posso credere…”. Davide e Veronica, che nel frattempo si è trasferita con la famiglia a Modica, iniziano una storia come sono tutte quelle tra ragazzini, fatte di alti e bassi, grandi amori e furiose litigate.

LE MALELINGUE DEL PAESE
Le malelingue di paese dicono che è sempre lei, a perdersi, e lui che ogni volta se la va a riprendere. Il dato inoppugnabile è che a 17 anni Veronica rimane incinta. Loris nasce nel 2006, l’anno dei mondiali e del cielo azzurro sopra Berlino. Veronica e Davide smettono di essere ragazzini e diventano grandi, loro malgrado.

I rapporti tra le due famiglie non sono semplicissimi. “Questa non è la famiglia del Mulino Bianco” ha detto giorni una zia, dando ai cronisti il titolo perfetto. La ragazza è spesso sola: il suo compagno guida il camion e il camionista è un mestiere come quello del marinaio. Si sa quando si parte ma non quando si torna. E dopo Loris è arrivato anche il più piccolino che ora ha 3 anni e l’unica speranza è che non ricordi tutto questo.

Sola era anche sabato scorso, quando è rimasta in casa con Loris per 36 minuti. “Non è vero, io a scuola ci sono andata”. Le telecamere dicono che non è così. Se avesse ragione lei, Veronica avrà superato un’altra prova difficile. Ma se fosse il contrario, questa madre ragazzina ha la vita segnata in modo irreparabile.

"Mara Venier sindaco di Venezia". Ma lei dice no. Malumori in Forza Italia

Berlusconi lancia Mara Venier candidata sindaco Venezia. Malumori in Forza Italia "Con quale criterio?"  (Ansa/Di Meo)
Berlusconi lancia Mara Venier candidata sindaco Venezia. Malumori in Forza Italia “Con quale criterio?” (Ansa/Di Meo)

Dopo Renato Brunetta, Silvio Berlusconi tenta Mara Venier per la sfida a sindaco di Venezia. Al momento è più “no” che si, ma la conduttrice una decisione alla proposta del presidente di Forza Italia di candidarla sindaco della città lagunare, non l’ha ancora presa.

“Sono gratificata – ha detto Venier – ma anche spaventata. Non lo so, in questo momento direi di no…” Una “avance” sul piano politico, quella dell’ex Cavaliere, che non è nata li per li, conferma Venier, contattata dall’Ansa. “Era da qualche giorno – spiega – che qualcuno mi diceva che nell’ambiente vicino a Forza Italia girava il mio nome.

Poi sabato sera, alla cena per festeggiare l’ultimo libro di Alfonso Signorini (direttore di Chi, ndr), il presidente Berlusconi mi ha parlato di questa cosa, spiegandomi che nei sondaggi, fatti credo a livello regionale, il mio nome era tra i più gettonati come sindaco di Venezia, la città dove sono nata e che amo moltissimo”.

“E’ una proposta che mi lusinga e mi onora – prosegue – ma mi sono presa un momento per riflettere. Io faccio le cose seriamente: incontrerò nuovamente Berlusconi, penso dopo le festività, e a lui darò una risposta”. In ogni caso, Venier non pensa di sposare una causa politica – “non sposo mai i partiti, non ho alcuna tessera” – ma eventualmente di dedicare il proprio impegno alla rinascita di Venezia, dopo gli scandali del Mose e l’azzeramento della sua amministrazione.

“Io sono dalla parte dell’uomo, delle persone – sottolinea la presentatrice – Anche quando Renato Brunetta si candidò a sindaco mi espressi a suo favore perchè conoscevo lui, le sue capacità, lo apprezzo come persona capace. Per questo, infatti, ero “innamorata” anche di Massimo Cacciari. Feci anche il “sindaco” onorario di Venezia con lui, per un giorno, dopo avergli tagliato la cravatta: ma era per il Carnevale”.

Rimangono molti dubbi, all’interno di Forza Italia, sul fatto che le candidature possano essere decise seguendo ancora lo schema berlusconiano. “Nel nostro partito – confessa un dirigente azzurro milanese – bisognerebbe smetterla di individuare i candidati per simpatia o sulla scorta di presunti sondaggi”.

“Tutto il rispetto per Mara Venier, donna carismatica e molto nota al grande pubblico, ma credo che per essere candidati a primo cittadino di una grande città come Venezia ci vogliano persone molto preparate sul piano politico e amministrativo. Meglio fare le primarie. Questo criterio di scelte è folle. Silvio non si rende conto che in questo modo ha distrutto il partito perché persegue ancora il sentiero delle scelte personali che possono certamente piacere a lui, ma poi non sono gradite dall’elettorato”.

Morto Mango per un infarto durante un concerto. Lui: "Scusate"

Mango durante l'esibizione a
Mango durante l’esibizione a Sanremo nel 2007 (Ansa/Onorati)

Il cantante Mango è morto ieri sera, stroncato da un infarto, durante un concerto che stava tenendo al “Palaercole” di Policoro, in provincia di Matera. L’artista, che aveva compiuto 60 anni il 6 novembre scorso, è stato soccorso e trasportato in ospedale, dove è però giunto senza vita.

Sgomento in tutto il mondo artistico e musicale che in queste ore si sta recando al capezzale nel noto artista per l’ultimo addio.

Mango
Mango

All’ospedale di Policoro sono giunti i parenti del cantante, non soltanto da Lagonegro (Potenza), dove Mango era nato il 6 novembre 1954.

Il malore ha colpito Mango mentre stava cantando “Oro”, uno dei suoi brani più famosi, che era diventato anche la colonna sonora di uno spot pubblicitario altrettanto noto al grande pubblico. Prima di chiedere aiuto ha detto al suo pubblico “Scusate…”. Poi la disperata corsa in ospedale.

Molti fan, dopo che il cantante (all’anagrafe, Giuseppe Mango) si è sentito male si sono trasferiti dal palazzetto del concerto all’ospedale; sui social network sono già molti i messaggi di cordoglio che ricordano il cantautore che con le sue canzoni e la sua voce ha fatto sognare intere generazioni.

 

 

MEDITERRANEO (E LA PLAY LIST)
Fra i molti suoi successi del cantante, anche il premio della critica ottenuto nel 1985 al Festival di Sanremo, dove partecipò più volte. Con “Mediterraeo” recita un vero e proprio inno al suo Sud, con le sue bellezze, il suo mare e il suo paesaggio. [toggle title_open=”Chiudi” title_closed=”TESTO MEDITERRANEO – MANGO” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”] Bianco e azzurro sei
con le isole che stanno lì
le rocce e il mare
coi gabbiani
Mediterraneo da vedere
con le arance
Mediterraneo da mangiare
La montagna là
e la strada che piano vien giù
tra i pini e il sole
un paese
Mediterraneo da scoprire
con le chiese
Mediterraneo da pregare

Siedi qui
e getta lo sguardo giù
tra gli ulivi
l’acqua è scura quasi blu
e lassù
vola un falco lassù
sembra guardi noi
fermi così
grandi come mai
guarda là
quella nuvola che va
vola già
dentro nell’eternità

Quella lunga scia
della gente in silenzio per via
che prega piano
sotto il sole
Mediterraneo da soffrire
sotto il sole
Mediterraneo per morire

Siedi qui
e lasciati andar così
lascia che
entri il sole dentro te
e respira
tutta l’aria che puoi
i profumi che
senti anche tu
sparsi intorno a noi
guarda là
quella nuvola che va
vola già
dentro nell’eternità [/toggle] Nel 2007 il duetto con la moglie Laura Valente (futura voce dei Mattia Bazar) che ha spostato nel 2004, ma stavano insieme dal 1985. Mango lascia anche due figli, di 19 e di 15 anni.

Il messaggio su Twitter dei suoi collaboratori: "Volato nel cielo sbagliato"


Sulla pagina ufficiale di Mango su Facebook, un commosso ricordo di chi lavorava con lui. Ma anche su Twitter e molti altri social in cui viene ricordato il cantante che ha fatto sognare intere generazioni a cavallo tra gli anni ’80 e ’90.

Il cantante Mango in coppia con Laura Valente, in gara nella categoria Campioni con il brano ''Chissa' se nevica'' (Ansa/Onorati)
Il cantante Mango in coppia con Laura Valente, in gara nella categoria Campioni con il brano ”Chissa’ se nevica” (Ansa/Onorati)

“AMO LA MIA TERRA, LA LUCANIA”

Mango era legatissimo alla sua Lucania, della quale raccontava: «La Basilicata è un sano principio». Tra novembre e dicembre il cantautore stava affrontando «Elettroacustico», una serie di concerti acustici in preparazione di una tournée in sala al via da gennaio.

COME MONNA LISA

L’ultimo avrebbe dovuto essere proprio quello di Policoro, una serata benefica dal tema «Solidarietà e integrazione» in favore della Onlus «World of Colors» per la costruzione di una scuola a Bolama, in Guinea Bissau. Oltre a Mango, erano presenti per la serata anche la moglie Laura Valente, e cantanti come Dino Paradiso, Franco Fasano, Roberta Albanesi, Fabio Rondinelli e Metis Di Meo.

BELLA D’ESTATE

Una carriera estremamente precoce, la sua, iniziata già all’età di sette anni con dei gruppi locali che suonano dal blues all’hard rock. Nel 1975 si trasferisce a Roma e incide, per Rca, «La mia ragazza è un gran caldo», il suo primo album.

Mango con Gino Paoli
Mango con Gino Paoli

I suoi testi (molti dei quali scritti dal fratello Armando) attirano l’attenzione di diversi cantanti, tra i quali Patty Pravo e Mia Martini. Nel 1984 presenta alla casa Fonit un brano, «Mama Woodoo»: con un testo di Mogol, verrà trasformata in «Oro».

TI AMO COSI

Fra i molti successi di Mango anche il premio della critica ottenuto nel 1985 al Festival di Sanremo con «Il Viaggio». Nello stesso anno incontra la cantante Laura Valente, futura cantante dei Matia Bazar, e oltre a volerla come corista, allaccia una relazione che durerà fino al 2004, anno in cui la coppia si è sposata.

E' morto Mango. Addio al grande artistaAltri celebri brani del cantautore sono «Bella d’estate» (scritta insieme a Lucio Dalla), appunto «Mediterraneo» e «Lei verrà» ma anche altri tantissime canzoni che hanno lasciato un segno nella musica pop e d’autore italiana.

Con Mango scompare uno di noi. Uno dei migliori cantanti italiani che aveva una voce straordinaria, sublime e melodica. Inimitabile per tanti aspiranti cantanti che di sera si esercitano nei piano bar.

Buzzi: «A noi ci manda Goffredo Bettini, europarlamentare Pd»

Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera

I soldi delle tangenti venivano nascosti in Svizzera oppure su conti correnti intestati a parenti e amici. Fedeli prestanome disposti a «coprire» il malaffare dei politici locali e nazionali che – secondo i magistrati romani – si erano messi al servizio dell’organizzazione guidata da Massimo Carminati e dal suo socio Salvatore Buzzi.

Era lui a gestire la «rete» all’interno della pubblica amministrazione. Aveva referenti ovunque. Si vantava di poter trovare anche la sponsorizzazione di Goffredo Bettini, europarlamentare del Pd e gran tessitore del partito a Roma.

Le carte processuali svelano quanto invasiva fosse ormai la sua presenza all’interno delle istituzioni capitoline. E gli scontri nel centrodestra per spartirsi la «torta» con la minaccia di un consigliere contro l’allora sindaco Gianni Alemanno, ora indagato per associazione mafiosa: «È un tangentaro, io ve faccio arresta’tutti».

Bettini sponsor
Il 17 marzo scorso Buzzi valuta con Luca Odevaine – anche lui ora in carcere – la possibilità di ottenere appalti all’interno del Centro per i rifugiati di Mineo, in Sicilia. Quello stesso giorno deve incontrare Gianni Letta proprio per affrontare la questione relativa ai centri per immigrati e vuole consigli.

Buzzi: «Che gli chiedo a Letta?».
Odevaine: «Secondo me a Letta je se potrebbe parla’ de quell’altra questione, quella della Regione Lazio».
Buzzi: «Ma lì servono, non è alla nostra portata, capito qual è il problema! A noi ce manda Goffredo con una precisa indicazione. (Annotano i carabinieri del Ros: “Si tratta di Goffredo Bettini” e poi allegano l’intera biografia)».
Odevaine: «No certo, alla portata nostra… mi hanno chiesto pure questi de “La Cascina” però non è che noi, la potremo fare con un partner».

La banca
Ci sono svariati «spalloni» al servizio di Carminati ma il viaggio documentato nella primavera scorsa potrebbe essere servito a trasportare in un istituto elvetico i soldi delle tangenti. Lo spiegano gli specialisti dell’Arma quando evidenziano come «nel corso degli accertamenti è emerso che alcuni sodali si recheranno in Svizzera per pianificare le successive attività di riciclaggio degli illeciti cespiti» e danno conto delle verifiche effettuate sul commercialista Stefano Bravo, uno degli indagati, che al telefono svela i suoi programmi.

Si tratta, sottolineano i carabinieri, di una trasferta «per il 10 aprile a Milano, città di transito verso la destinazione finale in territorio elvetico, finalizzata al compimento di operazioni bancarie di significativo interesse per l’indagine». Scatta il pedinamento e viene individuata la banca dove sarebbe stata portata parte dei soldi. Passo fondamentale per chiedere la collaborazione delle autorità locali e accedere alla movimentazione.

La mamma di Odevaine
I proventi illeciti che sarebbero stati percepiti da Odevaine sono stati invece rintracciati. Il politico del Pd ha investito parte del suo patrimonio in Venezuela, ma per nascondere il denaro in Italia si è servito dei conti di madre e figli, tanto che alla fine neanche lui sapeva bene dove fossero finiti.

In una telefonata intercettata il 14 marzo 2014 dà disposizioni al commercialista Marco Bruera: «Intanto a mia madre gli facciamo le ritenute, 3.200 a Maribelita, ce l’hai l’Iban?, 800 per cui gli fai una roba di rimborso spese poi dopo quando c’abbiamo la scheda carburante. Qui metti un trasferimento di fondi…L’iban di mia madre ce l’hai?».

Scattano i controlli e si scopre che l’anziana signora gestisce svariati conti. Non è l’unica. Quattro giorni dopo, sempre parlando con il professionista, Odevaine dice: «È un casino per me capito? Perché io c’ho conti che uso io ma che sono di mia figlia, di mio figlio, Alessandra, Maribelita».

Scrivono i carabinieri: «Con la complicità di alcuni collaboratori Odevaine organizzava operazioni finanziarie che transitavano su conti intestati ai suoi congiunti con la finalità di occultare le dazioni in suo favore».

«A Ozzimo 2 milioni»
Il 23 gennaio 2014 c’è una riunione negli uffici di Buzzi alla quale partecipa anche Carminati. Si fa un bilancio delle attività e Buzzi afferma: «Ieri sono stato da Marini che m’ha stampato le delibere dei 7 milioni e 2 al Comune di Roma.

Bisogna anda’da Ozzimo, io c’ho preso appuntamento per mercoledì perché dovremmo fa’un progettino quindi Ozzimo ce ne da 5, noi gliene avemo portati 7 lui ce guadagna 2 milioni». Da pochi giorni è finito in carcere Luca Fegatelli, il direttore dell’Agenzia regionale per i beni confiscati. Buzzi lancia l’idea: «I beni passano a Ozzimo, stavamo a studia’ieri un’ipotesi che lui vole fa…prende i beni della mafia, prenderli e mettece dentro gli immigrati». Ozzimo lo chiamano «il padrone».

«Rovino Alemanno»
I finanziamenti a pioggia che arrivano al centrodestra provocano un durissimo scontro tra Luca Gramazio e il consigliere comunale Pdl Patrizio Bianconi che nel gennaio 2013 si lamenta perché non gli arrivano i soldi per la campagna elettorale: «Io vado a San Vitale e a quel tangentaro di Alemanno gli rompo il culo… le gambe tendono ad andare verso la questura, sono state date tangenti a destra e a manca, l’unico pulito sono io e adesso mi sono rotto».

L'immigrazione criminale

Magdi Cristiano Allam per Il Giornale

Di fronte alla sconvolgente inchiesta «Mafia Capitale» – il cui giro d’affari principale è legato alla gestione dei clandestini e dei rom e al persistere degli sbarchi e delle stragi di clandestini – se fossimo veramente uno Stato di diritto e una nazione dedita al bene comune, un governo preposto a salvaguardare l’interesse supremo degli italiani avrebbe dovuto procedere con decreti legge per rendere immediatamente esecutivi:

1) La fine degli ingressi illegali dei clandestini e, di conseguenza, delle operazioni Mare Nostrum o Frontex.

2) La fine del fiume di denaro pubblico destinato alle cooperative o associazioni per tutte le attività legate ai clandestini e agli immigrati irregolari.

3) Lo scioglimento di tutte le aziende pubbliche o parificate di proprietà dei Comuni, delle Province e delle Regioni con i bilanci in perdita, trasferendo le loro competenze a aziende private vincolate al rispetto della missione sociale.

4) Promuovere la gestione imprenditoriale delle istituzioni dello Stato, assicurando un corretto rapporto tra competenze, personale e bilancio, per garantire il miglior risultato al minor costo e nei tempi più rapidi.

5) Sanzionare nel modo più severo, alla stregua del tradimento della Patria, tutti coloro che risultano coinvolti nello sperpero e nell’appropriazione indebita del denaro pubblico.

Se fossimo un Paese che si rispetti, in cui tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, si sarebbe già dovuto non solo sciogliere la giunta e il consiglio comunale di Roma, ma inquisire tutta la filiera coinvolta nella criminale operazione di appropriazione indebita di denaro pubblico, che vede coinvolti la criminalità organizzata, quasi tutti i principali partiti politici, alti livelli della burocrazia dei ministeri e settori delle forze dell’ordine che si occupano di immigrazione, le cooperative catto-comuniste che hanno il monopolio della gestione dei centri di accoglienza, dei campi rom e delle mense per i poveri, in aggiunta agli imprenditori collusi.

È l’immigrazione il principale affare della Cupola di «Mafia Capitale»: «Noi quest’anno abbiamo chiuso con quaranta milioni di fatturato, ma tutti i soldi e gli utili li abbiamo fatti sugli zingari, sull’emergenza alloggiativa e sugli immigrati, tutti gli altri settori finiscono a zero».

Ed è sempre Salvatore Buzzi, braccio destro e sodale di Massimo Carminati, capo della Cupola affaristica che ha di fatto governato Roma, a sentenziare: «Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno».

Corrompere tutti per poter ricattare tutti. Così la criminalità organizzata ha messo le mani sull’amministrazione della capitale d’Italia. Ma la stessa cosa accade anche negli altri Comuni, Province, Regioni, ministeri e in tutte le istituzioni dello Stato dove scorre incontrollato un fiume di denaro pubblico. È lì la radice del male.

«Mafia Capitale» non è un fatto a sé stante, bensì la conferma che la vera Mafia è lo Stato stesso. Lo Stato che, dopo aver lucrato e sperperato, ci addebita il costo di una burocrazia-poltronificio elefantiaca, onerosa e per di più inefficiente, imponendoci il più alto livello di tassazione al mondo, ci perseguita addossandoci la colpa di questo sfacelo in quanto evasori fiscali o dissipatori del nostro denaro e, pertanto, nel nome dell’austerità, ci obbliga a fare sempre più sacrifici rassegnandoci a perdere le nostre case, le nostre aziende, la nostra dignità, fino a ridurci in uno stato di povertà materiale e prostrazione umana.

Mi auguro che, a fronte della reazione di un governo preoccupato di arginare il caso e di farlo passare nel dimenticatoio quasi si trattasse di un incidente di percorso, gli italiani insorgano per porre fine all’ingiustizia di essere ridotti in povertà perché viene anteposto l’interesse dei clandestini, degli immigrati e dei rom, e perché un fiume di denaro va a finire nelle tasche di criminali di professione, politici corrotti, cooperanti ipocriti, burocrati malavitosi e imprenditori spregiudicati. Ora basta!

Roma Capitale, un salvataggio costoso e inutile

Sergio Rizzo per il Corriere della Sera

C’è un dubbio che oggi, dopo il raccapricciante spettacolo di Mafia Capitale, a maggior ragione ci attanaglia. Siamo sicuri che aver salvato Roma dal fallimento sia stata una scelta giusta?

Il commissario al debito Massimo Varazzani argomenta che con il dissesto della capitale d’Italia si sarebbe rischiato il declassamento del debito sovrano, con relativa impennata della spesa per interessi e costi ancora maggiori. Pericolo che del resto, vista la nostra situazione economica, è perennemente incombente. E ieri ne abbiamo avuto la prova. Ma il ragionamento di Varazzani non fa una piega.

Al tempo stesso non si può, né si deve, sorvolare sulle conseguenze di quei salvataggi. L’ispettore spedito un anno fa dalla Ragioneria a fare le bucce al bilancio del Campidoglio ha concluso che il commissariamento del debito con gli interessi accollati allo Stato si sia tradotto in un incremento della spesa corrente arrivato nel 2012 a ben 641 milioni: il costo di 13 mila dipendenti comunali.

Per non parlare delle municipalizzate, con l’Atac bisognosa di continue trasfusioni di denaro. Mentre per l’Ama, l’azienda dei rifiuti già affidata a quel Franco Panzironi stipendiato con 545 mila euro e ora fra i nomi di spicco dell’inchiesta, parlano chiaro le slavine di 1.644 assunzioni e 1.700 stabilizzazioni di precari.

E se non c’è la prova che un fallimento (per cui all’epoca secondo gli ex esponenti della giunta Veltroni messa sotto accusa da Alemanno non esistevano presupposti) avrebbe impedito corruzione, ruberie e malversazioni, di sicuro le avrebbe rese più difficili. Possiamo giurare che non avremmo neppure corso il rischio di un nuovo crac, un anno fa, con il risultato di un nuovo salvataggio per legge al ritmo del solito slogan: «La capitale non può fallire!».

Stavolta gridato dalla sinistra come sei anni fa si era levato dalla destra. Con la certezza che il paracadute si debba per forza aprire. Così gli enti locali malgestiti difficilmente saltano per aria. Così agli amministratori incapaci non vengono pressoché mai applicate le sanzioni previste per legge.

Così dopo le inchieste presentate come «un’occasione per fare pulizia» (parole del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro) si scopre che di polvere sotto il tappeto ne rimane ogni volta troppa. In certi casi, è l’amara lezione di questa vicenda, un paracadute che si apre sempre e comunque può fare perfino più danni di un’agenzia di rating.

Ecco le intercettazioni di Mafia Capitale. E Poletti e Marino incontrarono il boss

Intercettazioni buzziDalle intercettazioni dei Ros, la cui operazione “Mondo di Mezzo” ha portato all’arresto di 37 persone per presunta associazione a delinquere di tipo mafioso, emerge il “modus operandi” dell’associazione, facente capo a Massimo Carminati che avrebbe avuto in Salvatore Buzzi il “braccio imprenditoriale”.

Salvatore Buzzi, 59 anni proviene dall’estrema sinistra, ma la sua filosofia era chiara: “la politica è una cosa, gli affari so’ affari”. Condannato in passato per omicidio, si era inventato prima una cooperativa sociale con ex detenuti e poi aveva creato un piccolo impero nel settore, come ha spiegato il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone.

Buzzi era capace di mettere al tavolo esponenti di destra e di sinistra e a lui Carminati aveva chiesto di “mettersi la minigonna e battere” per ingraziarsi la nuova giunta Marino dopo l’uscita di scena di Alemanno. “Con il cambio di maggioranza al comune di Roma – scrive il Gip – iniziando un’attività intesa a introdurre nel suo circuito criminale gli esponenti della nuova amministrazione”.

Alemanno e la proroga alle cooperative nel 2013
Buzzi: “Me la proroghi a sei mesi, arrivi a dopo le elezioni… se li famo tutti in santa pace, qui c’hai pure gente che ti vota… così ci costringi a fare le manifestazioni”.
Buzzi ad Emilio Gammuto: “Se vinceva Alemanno ce l’avevamo tutti comprati, partivamo fiuuuu (fonetico intendendo partiamo a razzo, ndr.). C’amo l’assessore ai lavori pubblici, Tredicine doveva stà assessore ai servizi sociali, Cochi andava al verde. Cochi non è comprato però è un amico, Alemanno… Che cazzo voi di più?”.

IL BLITZ DEI ROS. GUARDA IL VIDEO DEI CARABINIERI SULL’ARRESTO DI CARMINATI

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“Noi c’avemo Ozzimo”, l’avvicinamento al sindaco Marino
Buzzi: “E mo vedemo Marino, poi ce pigliamo ‘e misure con Marino”.
Gammuto: “Va bè mò, Marino tramite Luigi Nieri”.
Buzzi: “Ma Nieri, è entrato Nieri?”.
Gammuto: “Non lo so”.
Buzzi: “Cazzo ne sai? Noi c’avemo Ozzimo, quattro: Ozzimo, Duranti, Pastore e Nigro”.Alemanno: “Pronto?”.
Buzzi: “Gianni come stai?”.
Alemanno: “Allora? Ma è vera ‘sta storia del disgiunto?”.

[highlight]«Non ho mai avuto conversazioni con Salvatore Buzzi». Così ha detto giovedì a “Otto e mezzo” il sindaco di Roma Ignazio Marino. Ma le foto del sito della cooperativa “29 giugno”, presieduta dal luogotenente del boss Carminati, lo smentiscono.[/highlight]

“Non ho mai incontrato Buzzi”, ma è smentito dalle foto

SMENTITO DALLE FOTO. Salvatore Buzzi con il sindaco Ignazio Marino
SMENTITO DALLE FOTO. Salvatore Buzzi con il sindaco Ignazio Marino
Il ministro Poletti con Salvatore Buzzi
Il ministro Poletti con Salvatore Buzzi
Ignazio Marino con Buzzi
Ignazio Marino con Buzzi
Salvatore Buzzi con il ministro Giuliano Poletti
Salvatore Buzzi con il ministro Giuliano Poletti
Salvatore Buzzi con Ignazio Marino
Salvatore Buzzi con Ignazio Marino
Buzzi con Poletti al un incontro della Coop 29Giugno
Buzzi con Poletti al un incontro della Coop 29Giugno

Buzzi: “Facciamo il disgiunto, facciamo. Ozzimo ed Alemanno”. (ride)
Alemanno: “Eh, questo mi onora molto”.
Buzzi: “No, ma non se fa più”.
Alemanno: “Mi onora molto”.
Buzzi: “Non lo possiamo dire, però. Mi raccomando, eh”. (ride).
Alemanno: “Come?”
Buzzi: “Non lo possiamo dire”.
Alemanno: “No, no. Vabbè, vabbè. Poi, ma poi si nota. Per cui, vediamo dopo. Però mi raccomando eh! Fate i bravi ragazzi”.
Buzzi: “Per me vinci. Per me gliela fai, gliela fai”.
Alemanno: “Sì, sì. Penso, penso di sì e siamo in recupero. Poi, ovviamente bisogna vedere, non bisogna mai sottovalutare l’avversario. Va bene”.

Salvatore Buzzi con Giuliano Poletti
Salvatore Buzzi con Giuliano Poletti

“Me lo so’ comprato, ormai gioca con me”, i contatti con Mirko Coratti (Pd)
Caldarelli: “Vabbè, ricordate sta cosa: so un milione e 8, è importante. Perché è politica la scelta al di là…”.
Buzzi: (a bassa voce:) “Oh, me sò comprato Coratti”.
Caldarelli: “Eh, ricordate da diglielo”.
Buzzi: “Lui sta con me. Gioca con me ormai”.
Caldarelli: “Eh, ricordateglie de questo perché… “.
Buzzi: “Oh ma che sei peggio de lui, ce vado venerdì a pranzo ma che sei rincoglionito. Ma che cazzo, non cambi mai, sempre la stessa cosa”.
Caldarelli ride.

Buzzi: “E che cazzo, che me so rincoglionito, poi non tutte riescono però uno ce prova, eh (ride). Gliel’ho detto: “Guarda, lo stesso rapporto che c’abbiamo con Giordano lo possiamo aver con te. M’ha capito subito. Poi però il problema è che lui non so quanto a quanta gente c’ha… mentre con Giordano semo… Quando io gl’ho detto tutto lui non m’ha detto no. M’ha detto ci vediamo a pranzo venerdì. Più de questo, che me deve di’? Al capo segreteria suo noi gli diamo 1000 euro al mese. Sò tutti a stipendio Cla’. Io solo per metteme a sede a parlà con Coratti 10 mila gli ho portato”.

LE FOTO CHE IMBARAZZANO IL GOVERNO RENZI Il ministro del Lavoro Poletti ad una cena con Buzzi. Proprio ieri il Senato ha varato la discussa riforma Jobs Act
LE FOTO CHE IMBARAZZANO IL GOVERNO RENZI Il ministro del Lavoro Poletti ad una cena con Buzzi. Proprio ieri il Senato ha varato la discussa riforma Jobs Act

Buzzi: “I nostri assi nella manica per farci vince la gara dovrebbero essere la Cesaretti per conto di Sel, Coratti che venerdì ce vado a prende un bel caffè e metto in campo anche Cosentino”. Parlando di Coratti, Buzzi: “Me lo so’ comprato, ormai gioca con me”.

“Lo dobbiamo valorizzare, lo dobbiamo lega’ di più a noi” su Mattia Stella, capo segreteria di Marino
Buzzi l’8 aprile invia un sms a Mattia Stella: “Sono da Coratti”.
Stella: “Oh Salvato’ io sto giù da me”.
Buzzi: “Appena finisco da Coratti, scendo giù da te”.

Parlando di Stella, Buzzi: “Sto’ Mattia lo dobbiamo valorizzare, lo dobbiamo lega’ di più a noi”
I rapporti con Eugenio Patanè, consigliere regionale Pd
Buzzi: “Noi dovremmo dare a Patanè per la gara che abbiamo vinto…”.
Garrone: “122 euro”.
Buzzi: “122 euro e non esiste proprio. Non esiste che quelli hanno chiesto i soldi a Patanè. 120.000 euro, 120 noi e 120… hai capito come funziona?”
Garrone: “Ho capito”.Buzzi: “Noi a Panzironi che comandava gli avemo dato 2,5%, 120 mila euro su 5 milioni. Mo damo tutti ‘sti soldi a questo?”.
A insistere per i soldi a Patanè è Franco Cancelli, della cooperativa Edera, finito ai domiciliari.
Buzzi: “Lui mi dice “ah però bisogna da’” e alla fine dice, “la differenza sarebbero 10 mila euro” perché ne vorrebbe subito 60 e gliene toccherebbero 50, dice. Ho fatto “oh, guarda che il problema però è la tua aggressività. Perché se Patanè garantisce, non c’avemo problemi”.

“Ci divertiremo parecchio”, su Luca Odevaine, vicecapo di gabinetto del sindaco Veltroni
Sull’ipotesi di Odevaine con Marino, Buzzi: “Così ci si infilano tutte le caselle… qualche assessore giusto… ci divertiremo parecchio”.

Parlando con Giovanni Campennì, Buzzi: “Mò c’ho quattro… quattro cavalli che corrono… col Pd, poi con Pdl ce ne ho tre e con Marchini c’è… c’ho rapporti con Luca (Odevaine, ndr) quindi va bene lo stesso… lo sai a Luca quanto gli do? Cinquemila euro al mese… ogni mese… ed io ne piglio quattromila”.

L’appoggio alle primarie del Pd a Marroni contro Marino
Buzzi: “Noi oggi alle cinque lanciamo Marroni alle primarie per sindaco”.
“È vero, se vince il centrosinistra siamo rovinati, solo se vince Marroni andiamo bene”

Alessandro Montani: “Ma come me tocca votà Marroni questa volta veramente mi incazzo, se non voti Alemanno veramente …ti sputtano a tutto il mondo… l’ho detto a tutti, ho detto guarda che l’unico che ci ha guadagnato qualche cosa da Alemanno è stato Salvatore”
Buzzi: “Ormai Umberto colle cose del Comune non c’entrerà più niente, eh!” (è eletto deputato Pd)

Mafia a Roma, arrivano gli "anticorpi" di Cantone. Appalti sospesi

Massimo Carminati viene arrestato
Massimo Carminati viene arrestato

Mafia a Roma. Si muove anche l’Autorità nazionale anticorruzione per fare chiarezza sugli appalti nella Capitale. Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha incontrato oggi il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, dopo lo scandalo emerso dall’inchiesta “Mafia Capitale”. Il primo cittadino ha chiesto a Cantone di costituire un pool che si occupi proprio di vagliare gli appalti a Roma: un’istanza accolta dal commissario anticorruzione, per cui i funzionari dell’Autorità, di volta in volta, lavoreranno sugli atti che il Campidoglio riterrà di inviare.

“Gli anticorpi contro la corruzione – ha spiegato Cantone – sono stati inseriti da troppo poco tempo, prima si è fatto finta di non vedere e non c’era alcuna difesa”. Il prefetto della Capitale, Giuseppe Pecoraro, osserva che “Roma non ha mai vissuto una situazione del genere”, e avverte: “C’e un problema di protezione del sindaco, e in un momento cosi complesso e difficile bisogna garantire la sua sicurezza. In bicicletta non deve andare”.

Il Governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ha invece disposto un’indagine conoscitiva “presso tutte le principali centrali appaltanti della Regione”, quali “Asl, Ater, Centrale Unica e Dipartimenti” per “conoscere se società legate all’inchiesta abbiano partecipato a gare e a bandi pubblici ed il loro esito”. Zingaretti ha anche chiesto la sospensione dell’assegnazione delle gare in corso, in attesa delle verifiche disposte.

La Procura, intanto, sta vagliando le posizioni di alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine: i pm vogliono capire la natura dei contatti e dei rapporti avuti con Massimo Carminati e con altri esponenti del sodalizio di Mafia Capitale finiti in manette due giorni fa. Obiettivo degli inquirenti è accertare se l’ex terrorista dei Nar e gli altri associati abbiano goduto di coperture e appoggi da parte di soggetti in divisa.
Il direttore dell’Aisi, Arturo Esposito, ha affermato che non c’è alcun coinvolgimento dei servizi segreti.

Da parte sua, il presidente del Pd, Matteo Orfini, sollecita le dimissioni di chi è coinvolto nell’inchiesta. “Credo che di fronte a cose di questo genere, cosi gravi, sia utile dimettersi”. Sarebbero i casi del presidente dell’Assemblea capitolina, Mirko Coratti, e del presidente della commissione cultura della Regione Lazio, Eugenio Patanè, che si sono dimessi da queste cariche ma non dai consigli, comunale e regionale.

Ma sotto la lente della politica c’è anche la posizione di Ignazio Marino, invitato da più parti a dimettersi. Proprio il suo predecessore, Gianni Alemanno, indagato nell’inchiesta, chiede che il comune venga sciolto per un atto politico: “Sarebbe un colpo mortale se Roma venisse sciolta per mafia. Sarebbe meglio l’autoscioglimento”, con le dimissioni di massa dei consiglieri, per poi tornare alle urne.

I carabinieri del Ros hanno eseguito la misura cautelare a carico di Giovanni De Carlo, finora irreperibile, indagato per trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento con l’aggravante di aver agito allo scopo di agevolare il sodalizio di Roma Capitale. L’arresto è avvenuto nella tarda mattinata all’aeroporto di Fiumicino.

L’inchiesta su Mafia Capitale è destinata ad allargarsi perchè tra gli oltre cento indagati risultano coinvolti altri politici locali, amministratori di aziende municipalizzate e imprenditori. Prime ammissioni da parte di alcuni indagati finiti in manette nell’inchiesta su Mafia Capitale. Nadia Cerrito, segretaria di Salvatore Buzzi, presidente della Cooperativa 29 giugno, ha ammesso, nell’interrogatorio di garanzia tenutosi in carcere davanti al gip, di aver gestito il libro mastro sul quale erano appuntata e registrata la contabilità (parallela) dei flussi finanziari illeciti per corrompere esponenti politici, amministratori di aziende e imprenditori. Somme di denaro elargite su indicazione di Buzzi e di Massimo Carminati.

Sul fronte della politica da registrare l’attacco di Beppe Grillo. “Quando il M5S parla di cosche, parla di collusione, parla di mafia a tutti i livelli e in tutti i partiti viene deriso. Chissà perchè. Alla stampa, ai partiti, rispondiamo: ride bene chi ride ultimo. Salutatece Regina Coeli”. Il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha spiegato che ” valuterò con ogni attenzione quello che il prefetto di Roma mi farà avere. Di certo c’è che la mia valutazione è che Roma non è una città marcia, non è una città sporca, è una città sana”.

Jobs Act, atto uno con tanti dubbi. Ma davvero crea lavoro?

Jobs actRoberto Giovannini per La Stampa

In realtà quello appena approvato in via definitiva dal Senato è soltanto l’«ossatura» della riforma del lavoro prossima ventura. Come sappiamo, ieri è stato dato il via libera del Parlamento a una legge delega, di cui il testo licenziato indica solo i principi fondamentali cui il governo dovrà ispirarsi al momenti di stendere i decreti delegati che dovranno definire in concreto le nuove regole.

L’Esecutivo – che ha scommesso moltissimo sulla riforma – assicura che i testi dei decreti sono già pronti, o in via di definizione; e il premier Matteo Renzi ha promesso che tutto quanto sarà pronto in tempo per il prossimo primo gennaio. In ogni caso molte questioni, e di grande rilievo – restano per ora aperte: le nuove regole varranno anche per il pubblico impiego? quanti e quali contratti precari verranno eliminati?

A quanto ammonterà l’indennità economica prevista per in caso di licenziamento? Si potrà assumere un dipendente con il vecchio contratto, senza «tutele crescenti» e con l’art.18? Come funzioneranno l’indennità di disoccupazione e i nuovi ammortizzatori sociali? E la lista dei punti interrogativi non finisce certo qui. Vediamo per ora in sintesi come potrebbe cambiare il mondo del lavoro.

TUTELE CRESCENTI
È la novità più esplosiva. Il nuovo contratto è «a tempo indeterminato», ma non avrà più nelle aziende con più di 15 dipendenti la tutela prevista dall’art.18. Non è chiaro ancora quali saranno le altre «tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio»; l’unica nota è che il reintegro nel posto ci sarà solo per i licenziamenti illegittimi perché nulli o discriminatori, e per alcuni di quelli disciplinari. Si potrà essere licenziati liberamente per esigenze aziendali, ricevendo solo un indennizzo, che potrebbe essere defiscalizzato.

IL RIORDINO DEI CONTRATTI
Sulla carta, il contratto a tutele crescenti deve diventare la modalità normale di assunzione. Sempre sulla carta, dovranno essere sfoltite le molte forme contrattuali precarie e atipiche, a cominciare dalle (ormai desuete) collaborazioni coordinate e continuative. Dovrebbe nascere un testo organico di disciplina delle varie tipologie contrattuali.

grafico occupazioneIL DEMANSIONAMENTO
Oggi vietato dalla legge, domani un’azienda potrà cambiare al ribasso le mansioni di un dipendente. Da definire le procedure per l’operazione, anche se pare che la retribuzione dovrà rimanere comunque inalterata. Viene rivista anche la disciplina dei controlli a distanza con la possibilità di controllare indirettamente i lavoratori, monitorando impianti e strumenti di lavoro.

LA CASSA INTEGRAZIONE
Sarà impossibile autorizzare la cassa integrazione in caso di cessazione «definitiva» di attività aziendale. In generale, si punta ad assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori con tutele uniformi anche se legate alla storia contributiva del dipendente. Saranno rivisti i limiti di durata del sussidio (adesso il tetto è di due anni per la cassa ordinaria e di quattro per la straordinaria) e sarà prevista una maggiore partecipazione da parte delle aziende che la utilizzano. Si punta alla riduzione delle aliquote di contribuzione ordinarie (ora all’1,9% della retribuzione) con la rimodulazione delle stesse tra i settori in funzione dell’effettivo impiego.

Jobs actIL SUSSIDIO DI DISOCCUPAZIONE
Arriva la «Nuova assicurazione sociale per l’impiego», un sussidio di disoccupazione per chi perde il lavoro. La durata del trattamento dovrà essere rapportata alla «pregressa storia contributiva» del lavoratore con l’incremento della durata massima (ora fissata a 18 mesi a regime nel 2016) per quelli con le carriere contributive più rilevanti. Si vuole estendere l’Aspi ai collaboratori, finché i Co.co.co esisteranno. Per le persone in situazione di disagio economico potrebbe essere introdotta dopo la fruizione dell’Aspi un’altra prestazione, eventualmente priva di contributi figurativi.

AGENZIA PER L’IMPIEGO
Nasce un’Agenzia nazionale per l’impiego, che dovrà coordinare una rete di servizi in grado di assicurare formazione e nuove occasioni di lavoro a chi è disoccupato e a chi ha perso il posto. L’obiettivo è svolgere tutti gli adempimenti per via telematica.

MATERNITA’ E FERIE
La delega prevede l’introduzione universale dell’indennità di maternità e il diritto per le lavoratrici madri parasubordinate all’assistenza anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro. Previste misure per evitare la pratica delle cosiddette «dimissioni in bianco». Si potranno cedere parte delle ferie annuali retribuite a colleghi con figli minori malati gravi.

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