12 Ottobre 2024

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L’accordo Pd Ncd in Calabria con la regia di Nicola Adamo. Scacco matto dei Gentile a Forza Italia

accordo pd ncd in Calabria
Il presidente Mario Oliverio durante il suo intervento. Alle spalle il neo presidente del Consiglio regionale Tonino Scalzo e il vice di Ncd Pino Gentile (Foto Adriana Sapone)

Eletto Antonio Scalzo alla presidenza del Consiglio regionale calabrese, è adesso resa dei conti tra quanti, nel Pd, sarebbero stati tenuti all’oscuro dell’accordo Pd Ncd in Calabria che ha portato Scalzo sullo scranno più alto di palazzo Campanella e Pino Gentile alla vicepresidenza.

Un accordo raggiunto a Roma dopo un tira e molla tra maggiorenti, che ha ribaltato alcuni “veti” posti nelle scorse settimane verso l’esponente politico catanzarese. Il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per superare le “resistenze” del segretario Magorno e imporre il suo uomo a scapito di Vincenzo Ciconte e Nicola Irto che, ovviamente, non hanno per nulla digerito “l’accordune”.

Le avvisaglie di un “inciucio” in salsa calabrese (il presidente Oliverio smentisce si sia trattato di questo) c’erano tutte e si sono manifestate già alla vigilia delle elezioni, quando Ncd premeva per un accordo col Pd alle regionali, poi rifiutato dal governatore perché “già con la vittoria in tasca“. Se ne avuta conferma subito dopo le elezioni e la certezza arriva dopo gli “starnuti” (o presunti tali) di Ennio Morrone, consigliere di Forza Italia che ha causato il fragoroso slittamento della prima seduta al 7 gennaio con la sapiente regia dell’ex presidente Franco Talarico, stretto alleato dei fratelli Gentile già nella scorsa legislatura, alleati ad europee e regionali, nonché insieme in Parlamento dopo la costituzione di Area Popolare, gruppo unico di Ncd-Udc.

Tutti a sostegno di Matteo Renzi, che in questo modo mette al riparo la sua “rischiosa” maggioranza al Senato con un “patto del Nazareno” a parti invertite, cioè con Ncd protagonista anziché Berlusconi e Fi. In questo quadro, si apprende, il senatore Gentile, “secondo gli accordi presi tra Renzi e Alfano” potrebbe presto tornare sottosegretario.

Il rinvio ha dato il tempo per superare le resistenze calabresi, affinare e sancire l’alleanza anche in Calabria tra il premier e Angelino Alfano. Un copione che con molta probabilità vedremo anche nella Campania di Gioacchino Alfano, De Luca e Caldoro alle prossime elezioni di primavera.

Solo qualche giorno fa, durante le feste, con precisa sintonia e sospetto tempismo, del patto imposto da Roma,  in due distinte interviste al Quotidiano del Sud, i due coordinatori regionali di Ncd e del Pd, Antonio Gentile e Ernesto Magorno, avevano fatto trapelare molto sull’intesa.

Antonio Gentile
ASTUTO Antonio Gentile

Due chiacchierate definite “preparatorie” dove, al di là del politichese, emergeva un certo imbarazzo da parte del segretario regionale dem. In sostanza, il problema del Pd romano, quanto in Calabria per Mario Oliverio (che aveva sempre escluso accordi con i Gentile), era quando e soprattutto come spiegarlo alla base e agli elettori Dem. Eccolo il motivo del ritardo, o il nocciolo della questione.

Negli stessi giorni qualcosa aveva pure intuito Franco Sergio, della lista “Oliverio presidente”, che sul rinvio aveva lanciato un duro attacco alla sua maggioranza. Come per dirgli: “Siete autoreferenziali e in cerca di poltrone, altro che badare ai problemi dei calabresi come annunciato alle elezioni che abbiamo vinto grazie a bei proclami”.

Ma in realtà, il “patto” non si esaurisce qui. E’ qualcosa che va al di là del solo ufficio di presidenza e sarebbe tutto finalizzato a indebolire Forza Italia che mostra, e non da oggi, segni di fortissimo cedimento da Arcore, ad esempio fino a Cosenza, città governata dagli azzurri con il sindaco Mario Occhiuto il cui esecutivo già nelle prossime settimane potrebbe subire violenti contraccolpi dall’accordo tra i Gentile e il Pd calabrese.

Secondo indiscrezioni ci sarebbe ben altro dietro il raffreddore di Ennio Morrone; qualcosa che rientra nella sfera dell’ingegneria politica. I bene informati sostengono che il consigliere sarebbe pronto a lasciare Forza Italia per approdare in Area popolare, guidata in Calabria dal senatore. Il consigliere regionale è già infatti in rotta di collisione con i suoi colleghi di gruppo.

accordo pd ncd in calabria - Nicola Adamo
REGISTA Nicola Adamo

Una ipotesi che sarebbe perorata da registi del calibro di Nicola Adamo (il vero artefice dell’accordo) – ex Pci, Pds, Ds, Pd, più volte consigliere regionale ed ex vicepresidente di Loiero – e dagli astuti fratelli Gentile. Obiettivo, far cadere Occhiuto alla prima occasione in modo da prendere più piccioni con una fava: l’area urbana e i suoi posti di comando. Castrolibero, già in mano a Orlandino Greco, il comune di Rende già guidato dal sindaco Manna (Gentile), la regione con Oliverio (e Gentile) e presto il capoluogo bruzio dove si andrebbe ad elezioni anticipate con un’alleanza non tanto inedita tra Pd, i Gentile e i Morrone per fare eleggere Nicola Adamo sindaco di Cosenza.

Che al comune di Cosenza ci siano numeri risicati o non potrebbero essercene più a vantaggio del sindaco forzista, potrebbe spiegarlo meglio il presidente del Consiglio comunale di Cosenza, Luca Morrone – figlio di Ennio – che i rumors collocano già di fatto nelle fila dell’opposizione per guidare presto la “rivolta” contro gli altri fratelli: Mario e Roberto Occhiuto.

Scacco matto, direbbe qualcuno. E’ la vendetta consumata dei Gentile contro gli Occhiuto, Forza Italia e la sua coordinatrice regionale, Jole Santelli, che ne esce “sconfitta”. La parlamentare azzurra perde prima le regionali, poi l’elezione di Wanda Ferro in Consiglio e ora subisce “l’umiliazione” dei Gentile che festeggiano per il triplice risultato: l’ingresso in Consiglio con tre consiglieri la vicepresidenza a Pino Gentile e a breve il sottosegretariato. Poi anche il comune e, se si riesce, anche la provincia.

Ma secondo ambienti del Pd sarebbe “ben più pesante la sconfitta politica, nonché l’isolamento cui è destinato” del segretario del Pd calabrese Ernesto Magorno che per molti Dem “dovrà spiegare molte cose nei prossimi giorni”.

In primis a Enzo Ciconte già sul piede di guerra, a Giuseppe Neri e a Nicola Irto che nel commentare le elezioni di oggi ha parlato di “scambio di voti reciprocamente controllato”. Un’accusa pesante che dice tutto sull’aria che si respira nel partito di Renzi.

Attacco terroristico a Parigi. In nome di Hallah uccise 12 persone nella redazione di Charlie Hebdo

Terroristi islamici in azione contro Charlie Hebdo
Terroristi islamici in azione contro il giornale satirico Charlie Hebdo

Attacco terroristico a Parigi. Due presunti terroristi, “nel nome di Allah”, hanno aperto il fuoco e ucciso dodici persone facendo irruzione stamattina nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo, a qualche centinaio di metri dalla Bastiglia. I killer sarebbero Said e Cherif Kouachi, due fratelli jihadisti franco-algerini di 32 e 34 anni, tornati in Francia quest’estate dalla Siria dove si sarebbero addestrati militarmente.

Con loro un complice, Amid, di appena 18 anni. I tre sono stati identificati e localizzati a Reims, dove sono entrate in azione le teste di cuoio. Otto i giornalisti ammazzati, mai era avvenuto niente del genere in passato. Due poliziotti sono stati freddati durante la fuga, uno di questi finito con una vera e propria esecuzione. Le altre vittime sono un impiegato e un ospite.

La Francia è sconvolta, il presidente Francois Hollande – subito accorso sul posto – è apparso sotto shock, ha parlato per primo di “attentato terroristico senza alcun dubbio”. Poi in serata, in un discorso tv di pochi minuti pronunciato dall’Eliseo, ha definito le vittime “i nostri eroi”, caduti per l’idea che si erano fatti della Francia, “la libertà”. Il presidente ha annunciato per domani il lutto nazionale.

Oltre ai 12 morti, undici sono i feriti, quattro dei quali in condizioni gravissime, da ore nelle mani dei chirurghi dell’ospedale della Pitié-Salpetriere.

Attacco terroristico a Parigi I fratelli franco-algerini Cherif Kouachi e Said Kouachi presunti autori del massacro di Charlie Hebdo
I fratelli franco-algerini Cherif Kouachi e Said Kouachi presunti autori del massacro di Charlie Hebdo

Sono caduti sotto i colpi del commando di terroristi Charb, il direttore, e i popolarissimi disegnatori satirici Wolinski, Cabu e Tignous. Li hanno cercati, uno per uno, in particolare Charb, autore di un’ultima vignetta tragicamente profetica, in cui scherzava su possibili attacchi terroristici imminenti in Francia.

I testimoni parlano invece di un periodo di difese stranamente un po’ allentate al giornale, da anni nel mirino del fanatismo per le sue provocazioni contro gli estremismi religiosi di ogni tipo. “Allah Akbar”, hanno gridato i terroristi uscendo, filmati dall’alto in un video che – a partire da Le Monde – i media francesi si stanno impegnando a non diffondere o a pubblicare depurato delle scene più crude.

“Abbiamo vendicato il profeta”, “abbiamo ucciso Charlie Hebdo, siamo di Al Qaida”: queste le altre urla deliranti dei terroristi, i quali durante alcuni interminabili minuti hanno compiuto una mattanza scientifica, chiedendo ai giornalisti il loro nome prima di giustiziarli.

Sotto i colpi, sono caduti anche l’economista Bernard Maris, che aveva una rubrica su Charlie Hebdo, con lo pseudonimo di Oncle Bernard, un addetto alla portineria, un poliziotto accorso in bicicletta dal commissariato vicino e un altro che era di guardia all’interno della redazione.

I killer sono fuggiti su un’auto, poi l’hanno dovuta abbandonare dopo uno scontro con un veicolo guidato da una donna, hanno minacciato un altro automobilista e si sono allontanati con la sua auto. E proprio nell’auto gli agenti hanno trovato le loro carte d’identità.

Nella banlieue nord di Parigi si è subito scatenata una caccia all’uomo senza precedenti, con la polizia che nel pomeriggio ha fatto irruzione in due appartamenti che sarebbero serviti da base o da rifugio per i fuggiaschi. Il procuratore Francois Molins, lo stesso che tre anni fa conduceva le indagini per la strage di Tolosa del killer Mohamed Merah, ha mantenuto il massimo riserbo, lasciando intendere che probabili novità saranno annunciate nelle prossime ore.

I terroristi, secondo i media francesi, sono stati identificati nei due ‘foreign fighter’ franco-algerini. In serata Liberazion aveva dato la notizia dell’arresto, poi smentita dal ministero dell’interno. A Parigi e dintorni, dove da stamattina grava una pesante nebbia, le strade stasera sono deserte.

Tra posti di blocco e vie transennate per consentire la manifestazione che si svolge a place de la Republique, il silenzio è irreale. Tutti parlano soltanto della Francia “colpita al cuore”, come ha detto Hollande in tv questa sera.

L’hashtag #Jesuischarlie che ha invaso la rete sembra stampato sulle facce dei francesi, disorientati e impauriti. Per l’esperto di terrorismo Antoine Basbous, può essere l’inizio di una nuova ondata di attentati terroristici “come nel 1995”, con la differenza che allora si trattava di gruppi spontanei e ordigni improvvisati, mentre oggi i commando in azione sembrano molto ben addestrati e mostrano “una calma eccezionale”.

“Bisogna dire basta all’ipocrisia e chiamare le cose con il loro nome: è una strage perpetrata dall’integralismo islamico”, ha tuonato la leader del Front National Marine Le Pen. Manuel Valls, il primo ministro che fu titolare dell’Interno, ha annunciato il massimo livello del piano di prevenzione del terrorismo, pattuglie sorvegliano da oggi scuole, musei, edifici pubblici e, naturalmente, redazioni giornalistiche. Lo scrittore Michel Houellebecq, del quale è uscito oggi “Sottomissione”, polemico romanzo sull’avvento al potere in Francia di un partito islamico nel 2022, è stato messo sotto scorta.

La sua casa editrice, Flammarion, evacuata. Charlie Hebdo, la sua satira graffiante, la voglia di scherzare su tutto e su tutti, dal Papa all’Imam, è stato ferito a morte, i suoi vertici decapitati nel mezzo della riunione di redazione del mattino. Ma la sua celebre matita, simbolo di libertà d’espressione, è stata impugnata idealmente da tutti i francesi, che la mostrano nelle loro mani levate verso l’alto, in segno di ‘non sottomissione’.

Il mondo, da Barack Obama a Angela Merkel, si stringe attorno alla Francia. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio ad Hollande parlando di “gesto vile ed esecrabile”, mentre Matteo Renzi, in segno di solidarietà, si è recato all’ambasciata francese a Roma: “Oggi siamo tutti francesi”, ha detto il premier.

L'intesa tra Renzi e Berlusconi per il Quirinale sembra più fragile

Stefano Folli per Repubblica

Lo scenario politico è cambiato in fretta a cavallo di Capodanno. Tanto in fretta che adesso le incognite superano le certezze. Fino all’altro giorno l’accordo Renzi-Berlusconi appariva abbastanza solido, una cornice in grado di reggere alla duplice, imminente prova: prima la riforma elettorale al Senato e subito dopo, alla fine del mese, l’elezione del capo dello Stato. Franchi tiratori nei due campi erano messi nel conto, certo, ma gli ottimisti, pallottoliere alla mano, dimostravano che il premier aveva in mano i numeri giusti e che il suo alleato di Palazzo Grazioli gli sarebbe rimasto al fianco con lealtà. All’improvviso oggi prevale un’idea di fragilità. Peggio: i contorni del patto del Nazareno diventano opachi e certe contiguità politiche sembrano solo lo schermo per scambi inconfessabili, benché maldestri, e giochi di potere poco limpidi.

Può sembrare incredibile, ma la vicenda tragicomica del decreto fiscale e del tetto al 3 per cento per salvare Berlusconi, potrebbe essere davvero il frutto di un gran pasticcio all’italiana e non il parto di due cospiratori. Ma ai fini pratici non cambia nulla. Né cambia qualcosa che il presidente del Consiglio si sia assunto la responsabilità di aver inserito la norma contestata nel decreto dopo aver dichiarato di non saperne nulla (ma in precedenza aveva anche detto di aver dedicato tutto il tempo necessario alla lettura puntigliosa, paragrafo per paragrafo, del provvedimento fiscale).

Aquesto punto diventa meno importante conoscere chi, materialmente, ha scritto il famigerato passaggio. Conta di più capire quali saranno le conseguenze politiche e parlamentari del grave errore. Il fatto che Renzi se lo sia caricato sulle spalle, nel tentativo di alleggerire la pressione mediatica, e abbia ritirato il testo (almeno fino a dopo il voto sul capo dello Stato), non risolve la questione di fondo. Semmai certifica che il colpo ricevuto ha messo il premier in una difficoltà senza precedenti.

In un attimo ha ripreso vita la minoranza del Pd, che Renzi non aveva esitato a umiliare nei mesi scorsi; e lo stesso Grillo sembra uscito all’improvviso dal suo letargo. La partita del Quirinale si fa più incerta e per i candidati vicini al premier la strada è in salita.
Non è un buon risultato per l’uomo che si vanta, non a torto, di aver quasi cancellato il movimento dei Cinque Stelle e di aver cambiato la fisionomia della vecchia sinistra. Ma Renzi impara a sue spese che basta sbagliare una mossa per ritrovarsi ai piedi della montagna.

E in questo caso le mosse sbagliate sono due. Quella sul fisco, le cui ricadute vanno molto al di là del caso Berlusconi perché si toglie rilevanza penale a un numero eccessivo di reati tributari, dando l’impressione (magari solo l’impressione) di voler inseguire qualche tornaconto elettorale. E quella che riguarda il volo per Courmayeur. Qui il premier si è esposto alla polemica capziosa dei «grillini».

I quali hanno torto nel merito, perché un capo di governo ha diritto di spostarsi con i mezzi dello Stato, salvo che non vi rinunci per ragioni di opportunità (come fece a suo tempo Enrico Letta). Tuttavia hanno ragione su un punto: l’attacco ai privilegi della «casta» fu un argomento forte del Renzi prima maniera, quando voleva vincere le primarie nel Pd e frenare l’espansione dei Cinque Stelle. C’è quindi una certa contraddizione nei comportamenti, non grave e tuttavia insidiosa se qualcuno, come è accaduto, la fa rilevare.

La sfortuna del presidente del Consiglio è che questi episodi negativi, figli di un eccesso di sicurezza o di errori di valutazione, avvengono alla vigilia dei due passaggi cruciali della legislatura. Il patto del Nazareno si è indebolito nel momento sbagliato. A conferma che spesso le scelte politiche sono condizionate da stati emotivi e psicologici. Il «renzismo» fino a oggi ha goduto di circostanze molto favorevoli nella psicologia di massa. Vedremo se saprà reagire a questi non irrilevanti incidenti di percorso.

Dai droni nuove opportunità di lavoro per giovani imprenditori

DroniCresce il business dei droni e si moltiplicano in Italia coloro che, soprattutto tra i giovani, decidono di lavorare in questo nuovo settore. Numerose sono infatti le possibili applicazioni dei droni, dalle riprese video-fotografiche all’agricoltura, dalla gestione del territorio al monitoraggio dell’ambiente e molte altre ancora.

HobbyHobby in collaborazione con Biofly ha messo a punto un pacchetto chiavi-in-mano, che consentirà ai giovani imprenditori di avviare facilmente la propria azienda nel rispetto delle norme stabilite dal Regolamento dell’ENAC sugli Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR).

La proposta comprende l’acquisizione dell’APR, i corsi di pilotaggio teorico e pratico e anche la consulenza per ottenere l’autorizzazione da parte dell’ENAC per le operazioni specializzate in aree non critiche. Il pacchetto prevede l’utilizzo di APR prodotti dal colosso cinese DJI, di cui HobbyHobby è rappresentante dal 2008: in particolare, la proposta è basata sui droni delle classi “HH-Phantom 2 Term” e “S.1000”, entrambi modificati in Italia e dotati anche di terminatore del volo, oltre in un prossimo futuro del nuovissimo “Inspire 1”.

In collaborazione con Biofly, vengono poi organizzati i corsi di pilotaggio: si parte da quello teorico, riguardante la conoscenza delle regole del volo e del mezzo radiocomandato, per passare poi a quello pratico, con le lezioni di volo reale.

Inoltre, il pacchetto comprende anche un’attività di consulenza per ottenere dall’ENAC l’autorizzazione per svolgere operazioni specializzate non critiche, dunque in aree non abitate o libere da impianti e strutture. I costi sono abbastanza contenuti: con meno di 5mila euro è possibile acquisire un pacchetto completo per il drone “HH-Phantom 2 Term” e iniziare a lavorare.

Muore anche Pino Daniele. E’ choc nel mondo della musica

Il cantante partenopeo Pino Daniele
Il cantante partenopeo Pino Daniele

Ancora un lutto nel mondo della musica. Dopo Pino Mango è morto anche l’artista partenopeo Pino Daniele. Lo conferma all’Ansa il manager Ferdinando Salzano. Il cantautore napoletano, che avrebbe compiuto 60 anni il prossimo 19 marzo, sarebbe stato stroncato nella notte da un infarto.

“E’ un momento terribile”, ha commentato la figlia Sara. Tanti i messaggi di addio sul web da parte di colleghi e amici, come Eros Ramazzotti e Laura Pausini. “Anche Pino ci ha lasciato. Grande amico mio ti voglio ricordare con il sorriso mentre io, scrivendo, sto piangendo. Ti vorrò sempre bene perché eri un puro ed una persona vera oltre che un grandissimo artista. Grazie per tutto quello che mi hai dato fratellone, sarai sempre accanto al mio cuore. Ciao Pinuzzo…”, scrive Eros sul suo profilo Instagram.

Sulla sua pagina Facebook, la Pausini pubblica una foto insieme al cantautore e scrive: “Alla tua famiglia e ai tuoi figli, il mio pensiero e il mio abbraccio. A noi tuoi fan rimani per sempre tu Pino Daniele.

Con la tua arte unica. E questa foto, con la mia testa sulla tua spalla per dirti “grazie”. Per avermi permesso di conoscerti da vicino. Per cantare con te e per te. Laura”.

Aggiornamento 6 gennaio 2015
Il cantante, morto dopo essere arrivato in gravissime condizioni al S.Eugenio di Roma, aveva avuto un malore ieri nella sua villa tra Magliano e Orbetello.Verso le 21.15 la chiamata al 118 che,così la Asl di Grosseto, ha inviato un’ambulanza poi fermata non lontano dalla casa: in una telefonata dell’equipaggio al numero che aveva allertato il 118, per avere precisazioni sull’indirizzo 10 minuti dopo la richiesta di soccorso, è stato detto che il paziente aveva deciso di andare a Roma.
E in Maremma Pino Daniele potrebbe essere seppellito, ancora non deciso se se a Magliano o a Talamone, nel comune di Orbetello. I sindaci di Magliano e di Orbetello hanno spiegato che i familiari hanno contatto le due amministrazioni e sono stati visitati i due cimiteri.

Aggiornamento 7 gennaio 2015
Il feretro di Pino Daniele è appena arrivato, tra gli applausi, in piazza Plebiscito, a Napoli. La cerimonia funebre sarà officiata dal cardinale Crescenzio Sepe.
In piazza diverse migliaia di fan. La gente urla “Pino, Pino, Pino”.

Intanto la Procura di Roma indaga per omicidio colposo in relazione alla morte dell’artista. Il procedimento, al momento contro ignoti, è affidato al procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e Marcello Monteleone che hanno disposto l’autopsia che verrà svolta dopo i funerali di Roma e Napoli. L’indagine vuole accertare se la richiesta di andare a Roma, dopo essere stato colto da malore, sia arrivata effettivamente dallo stesso artista partenopeo.

Frode fiscale, così il colpo di spugna di Renzi salverà B.

Carlo Di Foggia per il Fatto Quotidiano

Niente grazia, non serve. Questione di tempi e dettagli. Mettiamoli in fila: elezioni per il Quirinale alle porte, un provvedimento approvato alla vigilia di Natale, un articolo infilato in extremis, cinque righe di testo, e il patto del Nazareno si sublima: la riabilitazione di Silvio Berlusconi.

Tecnicismi a parte è questo il possibile risultato della norma infilata da Palazzo Chigi nel decreto di attuazione della delega fiscale approvato lo scorso 24 dicembre.

NEI GIORNI scorsi il Fatto ha raccontato l’incredibile genesi di una modifica che non figurava nel testo uscito dal ministero dell’Economia (che l’aveva bocciata) e che – all’ultimo giro di boa – è comparsa poco prima di entrare nel Consiglio dei Ministri: di fatto permetterà al fu Cavaliere di tornare in campo, libero, cancellando con un tratto di penna la condanna a 4 anni – e due di interdizione dai pubblici uffici – per frode fiscale nel processo per i diritti tv Mediaset. Quella che lo ha fatto decadere da Senatore per effetto della legge Severino. La norma è l’articolo 19-bis.

Questo stabilisce chiaramente che non si viene più puniti se Iva o imposte sui redditi evase “non sono superiori al 3% rispettivamente dell’imposta sul valore aggiunto o dell’imponibile dichiarato”. In pratica non c’è nessun limite, ma solo una proporzione, sotto la quale il reato penale scompare: quella che in gergo tecnico si chiama “soglia parametrata” e che ha fatto infuriare l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco e – stando al quanto appurato dal Fatto – preoccupa anche i vertici dell’Agenzia delle Entrate, a partire dalla neo direttrice Raffaella Orlandi, allieva di Visco.

L’intervento avrà effetto non solo per il futuro, ma anche per i processi in corso e quelli ormai conclusi per effetto del “favor rei”, per cui le disposizioni penali favorevoli valgono anche per il passato. Non solo, la norma è stata scritta in modo da sanare non solo i reati di infedeltà fiscale, come l’evasione, ma anche la Frode fiscale. Su un miliardo di reddito si può evadere o frodare il fisco fino a 30 milioni di euro.

E QUI ENTRA in gioco Berlusconi. L’altro contraente del patto del Nazareno (oltre Renzi, s’intende) è stato condannato per aver evaso il fisco, negli anni 2002 e 2003, per circa 7 milioni di euro, attraverso ammortamenti gonfiati dei diritti televisivi acquistati.

È il residuo di una somma ben maggiore – i pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro avevano calcolato in 368 milioni di dollari la cifra gonfiata ai fini dell’evasione fiscale – via via erosa dai tempi della prescrizione. Stando alla sentenza, nel 2002 l’importo evaso è di 4,9 milioni di euro su un reddito dichiarato di 397 milioni: l’1,2%. Sul 2003 si tratta invece di 2,4 su 312 milioni di euro: lo 0,7%. In entrambi gli anni la soglia del 3% non viene raggiunta.

La percentuale è ancora più bassa se calcolata sul reddito vero (e non dichiarato), che per entrambi gli anni è superiore di qualche milione di euro. In questo modo il reato di frode non sussiste, e si paga solo la sanzione amministrativa. Cosa comporta? In gergo tecnico si chiama “incidente di esecuzione”: vista l’estinzione del reato, il condannato fa richiesta al tribunale, e il giudice fa decadere la sentenza di condanna.

E con essa, in questo caso, non solo i servizi sociali – cui Berlusconi è stato assegnato – ma anche la pena accessoria, cioè l’interdizione (e quindi la decadenza da Senatore). È già successo ad altri condannati illustri, grazie proprio alle riforme berlusconiane (come quella sul falso in bilancio).

Se così fosse, l'”agibilità politica ” per l’ex Cavaliere auspicata ieri da una fedelissima di Arcore come Stefania Prestigiacomo (Fi) come primo atto del prossimo inquilino del Colle sarebbe invece un dato già acquisito: “Serve un pacificatore”, ha spiegato. E invece è arrivata una manina in extremis. A poche settimane dall’inizio del round che porterà all’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano non è un dettaglio da poco. Tramontata definitivamente l’ipotesi di una convergenza con il M5S, i voti di Fi saranno decisivi per evitare una nuova empasse.

LA MANINA risolve molti problemi. Ed è orfana. Come confermato da più fonti, e ieri dal sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti (Sc), la norma è stata infatti inserita all’ultimo da Palazzo Chigi dopo che il Tesoro l’aveva bocciata. E anche nella forma peggiore. Per intenderci: quella cassata dal Mef prevedeva l’applicazione solo per l’evasione, non per la frode.

La modifica è comunque passata al vaglio del dipartimento affari giuridici della Presidenza del Consiglio, guidato dalla renzianissima Antonella Manzione, ex capo dei vigili urbani di Firenze. Secondo Visco la norma è un “enorme regalo ai grandi evasori”. A cui si aggiunge anche la triplicazione delle soglie di punibilità (da 50 a 150 mila euro) che – secondo il Sole 24 Ore – “farà saltare un processo su tre”. Zanetti ha auspicato una modifica (almeno per la frode). Tocca però a Matteo Renzi disporla.

Vigili a Roma e Spazzini a Napoli uniti contro il governo. Perché hanno fatto bene

Una pattuglia della Polizia Municipale di Roma (Ansa/De Renzis)
Una pattuglia della Polizia Municipale di Roma (Ansa/De Renzis)

A Roma i vigili, a Napoli gli spazzini. Tutti uniti contro la politica locale e nazionale. A Roma, contro il sindaco Ignazio Marino e il governo Renzi. A Napoli contro il sindaco Luigi De Magistris e il presidente della regione Stefano Caldoro.

A leggerla da un’altra angolatura, si potrebbe sintetizzare così l’assenza di massa dell’83 percento di vigili nella Capitale e di 200 spazzini ai piedi del Vesuvio, suscitando la sdegnata e scomposta reazione dei radical chic, di quanti cioè non hanno mai lavorato un giorno in vita loro.

Succede che la notte di Capodanno a Roma non si presenta al lavoro l’83% dei vigili mentre a Napoli marcano visita 200 operatori ecologici mandando in tilt i servizi cui sono preposti. Tutti malati o presunti tali. Ma ci sarà un valido motivo per questa “protesta” di massa. Perché di protesta si tratta.

L’hanno inscenata la notte di Capodanno per farsi sentire. Fosse stato un giorno “ordinaro”, nessuno ne avrebbe parlato. L’obiettivo, raggiunto, era quello di farsi ascoltare in questo Paese sordo. E come negli scioperi, per riuscirci dovevano creare disagi. Altrimenti che protesta è?! Hanno “escogitato” la via del “certificato medico” per far capire che molte cose non vanno. Una protesta organizzata, altrimenti difficile da credere come una pura coincidenza.

Protestano per svariati motivi. I vigili per le condizioni precarie in cui sono costretti a operare, assenza di sicurezza, la carenza di mezzi e di organici, trattamenti economici da fame; pagati cioè per fare da “spugna” nell’inquinatissima Capitale, nonché predisposti a ricevere sputi e insulti dai cittadini vessati “per contratto” o per “budget” dalle multe da cui la Roma di Marino ricava bei quattrini da destinare in consulenze e a ripianare debiti…

Spiega Stefano Giannini, il segretario romano del Sulpl, sigla sindacale autonoma della polizia locale romana: “Finalmente il governo si occupa della polizia locale…Da anni chiediamo la riforma e capire se siamo polizia o impiegati amministrativi”.

Per Giannini “non è gestibile a Roma un servizio h-24. Siamo 5.900 e invece dovremmo essere in 9.400 come prevede la legge regionale del Lazio sulla polizia locale. E’ una coperta corta”. Da queste parole emerge tutto il malessere delle divise capitoline.

A Napoli, il copione, o il motivo della protesta, è più o meno simile. “In queste condizioni, ci andassero i politici a lavorare la notte di Capodanno”, è il ragionamento che avranno fatto gli operatori ambientali. Anche loro costretti a lavorare nelle “fogne a cielo aperto” con l’incognita di contrarre gravi malattie.

In realtà, sempre seguendo l’angolatura citata, appare sospetta la spropositata reazione del premier Matteo Renzi e della ministra alla Pa, Madia, almeno sui vigili romani.

Un Twett che nel criticare “l’assenteismo” di massa della Polizia municipale a Roma (questo fa molta presa sul popolino) in realtà cerca di riparare e giustificare la “sbandata” sul Jobs Act dove fino all’ultimo nemmeno lui, il premier, sapeva se gli statali fossero entrati nel provvedimento messo a punto dal ministro delle Coop, Giuliano Poletti.

Una “dimenticanza” o un “escamotage”? Non sappiamo, ma il capo del governo l’ha subito motivata nel suo discorso di fine anno, quando a domanda dei cronisti ha risposto che lo stralcio dei dipendenti pubblici dal testo polettiano l’ha voluto lui perché a palazzo Chigi c’è la Madia che si occupa degli statali nell’ambito di una riforma più vasta della Pa.

Che le regole del pubblico impiego vadano cambiate non c’è ombra di dubbio, ma non è ben chiaro il senso e la necessità di fare, nella sostanza, due riforme del Lavoro: una riservata a “sfigati” e lavoratori di serie C che non avranno mai una certezza sul futuro, l’altra per i dipendenti pubblici che, intendiamoci, hanno pure una corsia privilegiata rispetto agli altri, ma ciò non significa trattarli come animali come nel caso dei vigili a Roma.

In questa italietta manca da sempre il senso della misura e dell’equità. E fanno bene Cgil e Uil a restare sul piede di guerra contro questo cerchio magico improvvisato che continua a sbagliare e a perseverare.

Ricerca choc sul cancro, chi si ammala è solo uno "sfigato". Parola di Science

Il Prof. Cristian Tomasetti
Il Prof. Cristian Tomasetti

Chi l’avrebbe mai detto. La comunità scientifica internazionale ci ha sempre riferito che il male degli ultimi due secoli, il cancro, era strettamente connesso ad errati stili di vita, abitudini alimentari sballate, viziacci sinistri come il fumo e invece…Chi si ammala di tumore è (in larga parte) semplicemente “sfigato”. Ne è convinta Science – una delle più autorevoli riviste scientifiche del globo – che pubblica una ricerca sbalorditiva destinata a far discutere.

Secondo gli scienziati Bert Vogelstein e Cristian Tomasetti – il primo genetista del cancro, il secondo a capo del reparto di Biostatistica presso la Johns Hopkins University di Baltimora, nel Maryland – due terzi dei tumori sono dovuti a mutazioni legate al puro caso e non a stili di vita sbagliati come il fumo. Solo un terzo è legato a fattori ambientali o predisposizioni ereditarie.

L'analisi matematica sul cancroIn buona sostanza, il 66 percento delle persone aggredite dal cancro per i ricercatori si ammala per pura “sfortuna” – ossia la manifestazione del tumore sembra apparentemente incomprensibile perché si verifica in assenza di comportamenti a rischio.

Per arrivare a queste conclusioni Vogelstein e Tomasetti hanno analizzato 31 differenti tumori. Tramite l’utilizzo di alcuni modelli matematici, solo 9 dei tumori sono risultati essere collegati agli stile di vita sbagliati o a difetti genetici. I restanti 22 erano “principalmente collegati alla sfortuna”, hanno spiegato.

ricerca tomasetti sul cancro - scienceIn particolare, i ricercatori hanno contato le mutazioni casuali che possono avvenire durante una divisione cellulare. Dai risultati è emerso che il rischio di sviluppare un tumore è tanto più alto quanto maggiore è il numero delle divisioni cellulari nei tessuti.

Secondo gli scienziati in molti casi non è possibile prevenire i tumori, così la ricerca dovrebbe concentrarsi soprattutto sulla diagnosi precoce: bloccando il cancro nei primi stadi di sviluppo. “Il miglior modo di sradicare questi tumori sarà individuarli presto, quando sono ancora curabili con la chirurgia”, dicono i ricercatori.

“Con l’uso della matematica di evoluzione, si può veramente sviluppare una comprensione engineerlike della malattia”, spiega Martin Nowak, che studia la matematica e biologia presso l’Università di Harvard e ha lavorato con Tomasetti e Vogelstein.

Una ricerca “choc” sul cancro destinata a far discutere poiché potrebbe stravolgere la ricerca indirizzandola verso altre mete che non siano soltanto gli “stili di vita”, che restano comunque un allarmante veicolo per la contrazione di molti tipi di cancro.

Ultimo discorso di Napolitano: «Ho tenuto a bada i sentimenti. Anche negativi»

Ultimo discorso di Napolitano
Giorgio Napolitano si prepara al discorso di fine anno. Con lui, da sinistra: il figlio Giulio Napoiltano; Viviane Schmit, segretaria personale; Carla Simoncelli, vedova di Riccardo Napolitano, fratello del capo dello Stato; Carlo Guelfi, consigliere e capo della segreteria del presidente (foto di Marco Delogu) da Corriere della Sera

Marzio Breda per il Corriere della Sera

«Sì, ho tenuto a bada i sentimenti. Me lo sono imposto. Soprattutto per i sentimenti negativi che pure avrebbero potuto esserci, in un bilancio come quello destinato a concludere i miei quasi nove anni al Quirinale. Ma non mi è parso assolutamente il caso di avere simili cedimenti…».

È così che Giorgio Napolitano risponde a chi gli chiede come sia riuscito a tenere sempre la sua analisi su un piano anti-emotivo, nel momento del congedo davanti agli italiani. Con un autocontrollo che ha escluso lampi di commozione e spunti polemici, magari obliqui.

E qui viene in mente un paragone con l’ultimo messaggio di un suo predecessore, Francesco Cossiga, che nella notte di San Silvestro del 1991 sbalordì il Paese condensando il proprio messaggio in un’allusione bisbetica e spiazzante. Aperta e chiusa in pochissime parole: «Il dovere della prudenza sembra consigliare di non dire quello che, in quanto a dovere di sincerità, si dovrebbe dire… Auguri a tutti».

Allora il picconatore fu arci-laconico, ma aveva già parlato moltissimo, nel biennio precedente, e ciò che aveva voluto lasciare sottinteso («per carità di patria», avrebbe spiegato poi) pesò comunque molto sulla politica e fece discutere. Ciò che non succederà con Napolitano, proverbialmente geloso della sua sfera privata.

Il «non detto» del saluto rivolto l’altra sera agli italiani resterà quindi tra i suoi pensieri più intimi, per quanto intuibili, dopo aver subìto anche lui dosi concentrate di attacchi e veleni da coloro che – e questa è adesso la sua unica consolazione – «presto dovranno trovarsi un altro bersaglio».

L’unico risvolto personale su cui ha alzato il velo è stato il cenno al declino fisico, inevitabile per uno che ha quasi novant’anni. Cioè la confessione dei «segni di affaticamento» e delle «incognite che essi racchiudono» e che ormai non può più permettersi di «sottovalutare», perché è la stessa Carta costituzionale a indicarglielo come limite. Si dimetterà per questo, con ogni probabilità il 14 gennaio, in maniera che le Camere comincino a votare per il successore entro la fine del mese.

Una scelta che, assicura, non sarà destinata a tradursi in «alcun tipo di condizionamento, per governo e Parlamento». Sottolineatura non casuale, questa, dato che qualcuno, dopo averlo pressato in sede politica e sui giornali affinché se ne andasse in fretta, è arrivato poi ad accusarlo di «abbandonare un Paese nei guai».

Invece non è così, riflette ora il presidente, confermando quello che considera il punto chiave del suo addio dell’altro ieri in diretta tv. «Un memorandum indirizzato a politici, uomini delle istituzioni, gente comune e, certo, pure a chi tra poche settimane salirà al Quirinale».

Lascia con la convinzione che l’Italia abbia fatto «tanti passi avanti», dal 2006 a oggi. E che siano stati evitati in particolare i rischi d’instabilità divenuti più acuti nei due-tre anni che abbiamo alle spalle, con intermittenti minacce alla durata della legislatura. Ma quest’Italia ha ovviamente una «missione nazionale» della quale vorrebbe che si sentissero investiti tutti, ritrovando «le fonti della coesione» con lo stesso «spirito di sacrificio, consapevolezza e capacità di mobilitarsi» dimostrato dagli italiani nel primo dopoguerra.

Una missione da combattere su diversi fronti ancora duramente critici e che richiede un impegno collettivo: le riforme istituzionali, la lotta alla corruzione, la ripresa economica, la disoccupazione di giovani e meno giovani, l’ancoraggio all’Europa e alla moneta unica, la deriva dell’antipolitica. E, con precedenza su tutto, l’elezione del suo successore, imminente banco di prova della «maturità» e della «responsabilità» dei partiti.

Così, è fatale interpretare l’inventario di problemi elencati da Napolitano davanti alle telecamere esattamente per quello che lui voleva fosse: «L’inizio di un passaggio di consegne, per far sapere al dodicesimo capo dello Stato ciò che dovrà affrontare». La sintesi del quadro d’insieme, come l’ha visto formarsi con un’esperienza che ha «il dovere di trasmettere», gliela disegnerà dopo la cerimonia d’insediamento. Avverrà in un colloquio a tu per tu, durante il quale il presidente uscente terrà «la massima misura di quanto c’è da dire», sapendo perfettamente di non avere «alcun titolo per indicare a chi deve prendere quel posto che cosa dovrà fare».

E uno dei problemi più gravi e urgenti lo ha riassunto nell’affondo sulla questione morale affiorata con enorme clamore a Roma (e non solo), alla quale ha dedicato espressioni assai aspre. Uno scandalo echeggiato con grande riverbero a livello nazionale e internazionale e di cui lo hanno colpito i meccanismi pervasivi illustrati dal procuratore Giuseppe Pignatone in una recente intervista al Sole 24 Ore .

Da lì, dall’intrico di complicità ramificate fino alla sfera politica e alle istituzioni, ha preso a prestito la metafora del «mondo di sotto e mondo di sopra». Da lì l’immagine del «marciume da bonificare», con il massimo sforzo di tutti. Altrimenti le persone oneste potrebbero confermarsi nell’idea che la corruzione sia una patologia congenita dell’Italia e, in quanto tale, un’inevitabile e tragica costante destinata sempre a riemergere.

Ecco perché, «dopo aver sentito raccontare infinite volte dalle televisioni le gesta di Carminati, del quale si è oramai ben capito chi sia, mentre non si faceva quasi cenno delle straordinarie scommesse vinte da altre persone perbene», ha deciso di fare un elenco di esempi positivi. A partire dalle storie della scienziata Fabiola Gianotti, dell’astronauta Samantha Cristoforetti, del medico di Emergency accorso in Sierra Leone per curare le vittime del virus Ebola e pure lui contagiato, dell’ufficiale medico della Marina militare che la notte di Natale ha aiutato una profuga nigeriana a dare alla luce la sua bimba. Un modo per dire che queste sono le nostre «risorse umane» che meritano di stare sulla scena, «senza lasciare spazio agli italiani indegni».

Addio a Mario Cuomo, l'ex governatore italo-americano dello Stato di New York

Mario Cuomo, primo italo-americano ad essere eletto governatore dello Stato di New York, è morto a 82 anni proprio nel giorno in cui il figlio Andrew aveva giurato per il secondo mandato consecutivo. Cuomo è morto a causa di una insufficienza cardiaca nella sua abitazione a Manhattan.

Nato nel Queens, fu tre volte governatore dal 1983 al 1994 in una delle roccaforti del Partito democratico grazie alle sue politiche di riduzione delle imposte e nella scuola pubblica.

Divenne governatore per la prima volta nel 1983, sconfiggendo dapprima Edward Koch nelle primarie del Partito Democratico e successivamente vincendo sul candidato repubblicano Lewis Lehrman nell’elezione generale. Venne poi riconfermato governatore vincendo nettamente le due elezioni seguenti, totalizzando così tre mandati consecutivi.

Fu un fermo oppositore della pena di morte. Cattolico e liberale, era anche favorevole all’aborto, posizione che gli costò severe critiche da parte della Chiesa cattolica. Era soprannominato l’Amleto di Hudson a causa della sua indecisione nella corsa alla Casa Bianca del 1992.

Governatore Mario Cuomo
Governatore Mario Cuomo

“Era un campione determinato di valori progressisti, una voce risoluta per la tolleranza, l’inclusività, l’equità, la dignità e l’opportunità”: cosi lo ha ricordato il presidente americano Barack Obama in un comunicato diffuso dalle isole Hawaii, dove sta trascorrendo le vacanze natalizie con la famiglia. “Questa sera New York ha perso un gigante. Era un uomo di incrollabile principio e dalla compassione senza eguali per l’umanità”, ha affermato il sindaco di New York Bill de Blasio.

Cuomo era di origini italiane. I suoi genitori, emigrati negli Usa nei primi anni del ‘900, provenivano dalla provincia di Salerno (il padre Andrea, da Nocera Inferiore, la madre Immacolata da Tramonti).

Foggia, la mafia innominabile

foggia mafia innominabileAntonio Corbo per Il Venerdì di Repubblica

Il terrore ha una data: 17 novembre 2014. Prima bomba. Ne scoppiano altre due, il 18 e il 22. Sempre in centro, sempre contro commercianti, sempre racket. Romano, che vende parati e parquet; una pizzeria in allestimento; la Pasticceria del Carmine. Cinque giorni che chiudono oltre vent’anni di finto silenzio. Foggia scopre ora le sue paure, le nascondeva dal 1990, quando fu ucciso Nicola Giuffrida. Non voleva pagare, come non aveva pagato due miliardi di lire Giovanni Panunzio, altro costruttore, ammazzato nel 1994.

Un anno dopo, tocca a un funzionario dello Stato che sventava evasioni fiscali per grosse cifre, quel Francesco Marcone, medaglia d’oro al valor civile, definito l’eroe borghese del Sud che aveva appena denunciato una malavita in abito grigio: tasse, compravendite illegale di terreni e case, affari sporchi, c’era una cricca tra Ufficio imposte, Registro, Demanio. «Date a noi i soldi, sappiamo come mettere le carte a posto». Ma non si è mai saputo chi l’abbia eliminato. «Un giro impenetrabile» dice la figlia. Forse Mafia Capitale non è stata la prima nel suo genere.

L’edilizia disordinata ha coperto di danaro i mafiosi e gli imprenditori più disinvolti a Foggia, stretti m un solo patto: io ti proteggo, tu mi paghi. Regola che solo un anno fa la Società Foggiana ha ricordato ad altri due costruttori: Marco Insalata e Arturo Zammarano, 6 e 4 colpi di calibro 21 sulle portiere delle auto. Interrogati, hanno negato ogni minaccia. Due capitoli subito chiusi. Il racket si è dedicato quindi ai negozi: ma dal 17 novembre niente è stato come prima.

foggia mafia innominabile mappaLa ribellione dei ciclamini è stata la prima reazione. Maria Cristina Cucci, 34 anni, ha una società che organizza eventi, «sposata con un pazzo» ride lei, presidente del Fronte antiracket. Fa mettere davanti ai negozi i fiori lillà, forse perché rimangono allegri e fieri, non si piegano nel più cupo degli inverni.

La Cucci fece arrestare il suo estorsore, ha convinto altri 16 a denunciare, è collegata con Vittoria Vescera, dirigente del Fronte antiracket di Sieste, con 46 irriducibili, nello splendore di un borgo marino tartassato dal racket, isolato sul promontorio del Gargano, lontano da Foggia un’ora e 20 di guida veloce tra curve e panorami struggenti.

«Vendo felicità, organizzo matrimoni. Passo poi da un mondo all’altro. Do coraggio a chi riceve minacce e ha paura. Presentiamo in gruppo le denunce a carabinieri e polizia, che ci aiutano molto». Qui pagano otto su dieci, confidano nel gruppo di Maria Cristina. Girano anche le cifre: 50 mila dopo il primo incendio, 25 mila per i negozi più importanti, poi rate mensili da mille o 500 euro.

Foggia la tranquilla, lontana dagli affari levantini di Bari e dalla Sacra Corona Unita del Salente: quanti misteri nascondeva? Dopo le tre bombe, in cinque giorni il sindaco Franco Lendella dà l’allarme. «Il racket di Foggia è un’emergenza nazionale».

Chi lo immaginava? Il ministro dell’Interno Alfano promette una visita (poi rinviata), il protocollo Marcegaglia per chi denuncia e rinforzi. L’appello non ha sorpreso il capo della polizia Alessandro Pansa, che aveva inviato i detective dello Sco, né il comandante interregionale Franco Mottola che in Campania schierò i suoi migliori carabinieri per realizzare il Modello Caserta diretto dai procuratori antimafia Franco Roberti e Federico Cafiero de Raho.
Sarà lo stesso anche per Foggia? L’impegno di tutti adesso è alto, modesti i mezzi. A volte paradossali. Dopo le raffiche di arresti, sono 745 i detenuti nelle carceri di Foggia, Lucera e San Severo. Svuotare le celle ha complicato i controlli dei 600 agli arresti domiciliari. Sono esauriti i braccialetti elettronici: solo 14 ne ha la questura, 39 i carabinieri.

Devono verificare casa per casa, sottraendo tempo alle indagini. Questo non ha impedito la cattura di tutti i capi dei 28 clan con 963 affiliati. La Mobile ha arrestato Giuseppe Pacilli, uno dei cento latitanti più pericolosi. Il comandante dei carabinieri Antonio Basilicata, prossimo generale, vigila con la rete più fitta: 57 stazioni, quattro compagnie, una tenenza a Vieste.

Su questa provincia, la seconda d’Italia con settemila chilometri quadrati, l’attività investigativa è affidata al colonnello Pasquale Del Gaudio, compito ad alto rischio di vendette, dalle gomme bucate alle auto in fiamme per chi indaga. Il Reparto operativo ha comunque portato all’ergastolo Franco Li Bergolis, latitante a Foggia, ospite delle famiglie Francavilla e Sinesi, uno dei primi trenta ricercati. Un contatto certo, quindi, tra la Società Foggiana e la provincia più sanguinaria.

I processi Medio Evo e Tre moschettieri, dopo le indagini dei carabinieri e dei Ros, si sono chiusi rispettivamente con otto e sei condanne. La violenza esplode in zone distanti e impervie: si uccide dopo i furti di bestiame negli anni Settanta. Cominciano i pastori. La faida di Monte Sant’Angelo conta trenta morti. Francesco Li Bergolis, O’ Carcaiuolo, cioè l’uomo delle cave, ucciso nel 2009, si opponeva ai Romito di Manfredonia, perché avevano aiutato i carabinieri a sistemare una microspia. A quella rivelazione seguirono otto morti. Nuovi affari: il contrabbando.

I Li Bergolis scendono a mare alleati dei Romito. Bloccati i traffici di sigarette, la malavita passa a droga ed estorsioni. Nel 1990 i primi omicidi. Fino a quello del 17 dicembre a Cerignola: viene ucciso Antonio Sorrenti, il venditore di auto che nel 2004, dieci anni prima, aveva reagito alla richiesta del pizzo uccidendo il boss del paese. «Violenza sempre sottovalutata. Si fa presto a dire faida. La faida è rassicurante: fa capire che sono i malavitosi a eliminarsi. Vieste è stata tartassata, la risposta giudiziaria solo da poco si avverte», racconta Vittoria Vescera, che tiene insieme il Fronte antiracket di Vieste, con Vito Turi e Giuseppe Nobiletti e altre due donne, Maria Ruggiero e Brígida Fabrizi, tutti giovani imprenditori, uniti dallo sdegno e dal coraggio.

Già, le donne. In una malavita feroce e in attesa di pentiti, collaborano Sabrina Campaniello, 34 anni, moglie incensurata di Emiliano Francavilla, arrestato dai carabinieri nel 2011. E Rosa Livia Di Fiore, passata per amore da un clan all’altro nella faida di San Nicandro. Osserva Vittoria Vescera, piccata: «Non solo faide. Non si può nascondere sopportare l’assalto alle imprese turistiche. Racket. Mafia .

È successo di tutto, olio sporco nella piscina e un furgone rubato che viene prima incendiato e poi spinto contro un albergo per creare un rogo». Ne ha subito i danni Giuseppe Mascia, anziano presidente del Fronte ancora scosso. Vittoria Vescera ha avuto invece la sua struttura al mare in fiamme e la sua auto bruciata dopo una manifestazione Una mafia che avverte, prima degli attentati Un cane impiccato alla porta.

E dopo consiglia, lasciando le scritte: «Mettiti a posto» oppure: «Sai dove andare». A Vieste, dopo il processo Medio Evo sono delusi. Nelle motivazioni il tribunale scrive che «le associazioni vanamente hanno tentato di influenzare» Reagiscono: «Noi scortavamo le vittime de racket, davamo coraggio».

E la sentenza non riconosce l’aggravante del metodo mafioso. «Non si accetta la parola “mafia”» dice con rabbia Daniela Marcente, figlia di Francesco l’eroe borghese, voce dell’associazione Libera a Foggia. «Per otto mesi non si mosse l’indagine sulla morte di mio padre.

Ho lottato con tutte le mie forze. Povero papa, ha avuto sole medaglie d’oro, ma so chi l’ha ucciso e perché. C’era quel famoso giro in quegli uffici». Un prefetto, Luisa Latella, lascia Foggia per Catanzaro. Un’altra donna in prima linea Dispiace a Daniela: «Un vero prefetto. Solo da poco le cose stanno cambiando, con gli sforzi di polizia e carabinieri in una città che ha voluto dimenticare e nascondere».

Come in “La mafia innominabile”, ora libro-bandiera dei ragazzi di Vieste. Si legge: «La mafia non esisteva perché tutti negavano. Anche i magistrati che se ne occupavano. Ma quella mafia c’è. Ammazzava e ammazza». L’ha scritto un magistrato, Domenico Seccia, che ha lasciato Lucera per Fermo, nelle Marche. Quel titolo dal 17 novembre, il giorno della bomba, fa male, Foggia lo subisce. Sembra tutto vero. La mafia innominabile.

Arriva WhatsApp web. Dal Pc si può fare, ma con limitazioni su Apple iOS

Dopo gli smartphone, WhatsApp sbarca anche sul computer. L’applicazione di messaggistica istantanea piu’ utilizzata al mondo ha lanciato WhatsApp Web, sito ufficiale per inviare messaggi, foto e video direttamente dal pc.

In un post pubblicato sul blog ufficiale della societa’ WhatsApp spiega che sara’ possibile utilizzarlo anche da computer tramite un’apposito client per browser. Attualmente funziona solo con il browser Chrome di Gloogle e lascia fuori i possessori di iPhone.

Chi invece ha un dispositivo Android, Windows Phone o Blackberry puo’ gia’ provare a collegarsi. Questo web client non e’ che un’estensione dell’applicazione che troviamo gia’ installata sui nostri telefoni, e non fa che rendere accessibile tramite broswer messaggi e conversazioni che finora sono state a disposizione solo sul mobile.

COME FARE: Per collegare il proprio broswer a WhatsApp bastera’ installare sul proprio computer il broswer Google Crome. Successivamente entrare sul sito ufficiale e inquadrare il Qr Code direttamente dall’applicazione del telefono.

Ovviamente bisogna scaricare l’ultima versione dell’applicazione. Questa versione, tuttavia, funziona solo se il telefono resta connesso al web e, a causa delle limitazioni previste da Apple, non e’ ancora in grado di funzionare sui dispositivi iOS.

Per un pugno di dollari (falsi) è strage sul capodanno cinese. 36 morti

Per un pugno di dollari, è il caso di dire. E’ di almeno 36 morti e decine di feriti il primo bilancio provvisorio dell’accalcarsi della folla a Shanghai durante le celebrazioni di Capodanno. Lo riferisce la rete cinese Cctv.

Fonti locali riferiscono di una situazione difficile e che il bilancio delle vittime potrebbe ancora salire . Teatro dell’incidente la zona conosciuta come Bund che si affaccia lungo il corso del fiume Huangpu che attraversa Shanghai per poi sfociare nel Mar Cinese Orientale.

L’incidente è avvenuto nella piazza Chenyi, alle 23:35 locali (le 16:35 italiane). Sull’episodio sono in corso le indagini. Secondo alcuni testimoni, a scatenare il caos è stato il lancio di alcuni coupon simili a banconote da 100 dollari da una finestra. La folla sarebbe impazzita per cercare di raggiungere quelli che a molti sembravano soldi.

Una scena apocalittica con migliaia di persone che stavano cercando di salire ed altre di scendere da una piattaforma elevata dalla quale si poteva assistere allo spettacolo. “I gradini erano pieni di gente, siamo stati presi nel mezzo e abbiamo visto che delle ragazze cadevano per terra”, ha raccontato una donna che teneva in braccio il figlio.

“Ho cercato di proteggerlo, quando siamo usciti dalla ressa ho visto che sanguinava dal naso e dalla bocca. Il caos è durato una decina di minuti”, ha aggiunto la donna.  Un altro testimone ha riferito di aver visto decine di persone avventarsi verso i dollari, poi rivelatisi falsi, che piovevano da un edificio che ospita ristoranti e bar che si affacciano sul Bund.

Negli ospedali nei quali sono ricoverati i feriti i parenti delle vittime hanno protestato vivacemente, affermando di essere stati lasciati senza notizie. Le autorità di Shanghai, che con quasi 25 milioni di abitanti è la più grande metropoli della Cina, hanno annullato tutte le celebrazioni previste per oggi.

L’agenzia di stampa Nuova Cina precisa che la maggior parte delle vittime erano giovani donne tra i 16 e i 36 anni. Il presidente Xi Jinping, affermano i media cinesi, “ha ordinato loro di fare tutto il possibile” per aiutare i feriti ed ha annunciato un’ inchiesta sull’incidente.

Deja vu, è un'anomalia del cervello a causarlo

Deja vu, è un'anomalia del cervello a causarloIl deja vu? È un’anomalia cerebrale a causarlo. È quanto sostiene l’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr riferendo, in un comunicato, i risultati di una ricerca pubblicata su Cortex e condotta in collaborazione con la Clinica neurologica dell’Università ‘Magna Graecia’ di Catanzaro.

“Finora – afferma il Cnr nella nota – non esisteva una risposta scientifica definitiva che spiegasse il funzionamento del déjà-vu, fenomeno psichico presente in circa l’80% della popolazione normale e che consiste nell’erronea sensazione di aver già visto un’immagine o vissuto un avvenimento o una situazione. Finora non è stata trovata una spiegazione plausibile a questo affascinante fenomeno, anche perché si è sempre studiato il déjà-vu in condizioni di normalità, senza mai considerare la condizione patologica”.

“I pazienti con epilessia – riferisce ancora il Cnr – rappresentano un modello patologico più noto in letteratura in quanto le illusioni déjà-vu sono, in realtà, manifestazioni epilettiche derivanti dalle scariche all’interno del cervello.

Gli specialisti che hanno condotto la ricerca hanno confrontato per la prima volta al mondo il cervello delle persone più colpite da déjà-vu, sia pazienti neurologici affetti da epilessia che soggetti sani”.

“L’obiettivo della ricerca – afferma Angelo Labate, neurologo associato dell’Ibfm-Cnr e docente dell’Università Magna Graecia – era di scoprire se esista una base anatomo-fisiologica comune nella genesi del déjà-vu tra soggetti sani e pazienti che possa spiegare le basi di un fenomeno psichico che, in alcune circostanze, diventa patologico.

Lo studio ha evidenziato che sia i soggetti malati che le persone sane interessate da déjà-vu presentano anomalie a livello morfologico, che coinvolgono però aree cerebrali diverse. I pazienti affetti da epilessia presentano anomalie localizzate nella corteccia visiva e nell’ippocampo, cioè nelle aree cerebrali deputate al riconoscimento visivo e alla memorizzazione a lungo termine”.

“Questa scoperta – aggiunge il prof.Labate – dimostrerebbe che la sensazione di déjà-vu, riportata dai pazienti durante un episodio epilettico, è un sintomo organico di una memoria reale, anche se falsa”.

“Diversamente, i soggetti sani che vivono questa esperienza – sostiene, da parte sua, Antonio Cerasa, dell’Ibfm-Cnr – presentano piccole variazioni anatomiche in un’area cerebrale, la corteccia insulare, che ha il compito di convogliare tutte le informazioni sensoriali all’interno del sistema limbico/emotivo.

Tale modifica parrebbe dimostrare che nel soggetto sano l’esperienza del deja vu, in realtà, è un fenomeno di alterata sensorialità dello stimolo percepito, più che un ricordo alterato: noi pensiamo di aver già visto quel posto, ma in realtà è la sensazione che abbiamo provato nel vederlo che ci richiama uno stimolo precedentemente associato”.

Discorso Grillo fine anno 2014: "Napolitano e Renzi le pecore nere dell'Italia". Il capo dello Stato: "Affaticato dall'età"

Discorso Grillo fine anno 2014
Beppe Grillo durante il suo discorso di fine anno (beppegrillo.it)

Il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha confermato le sue dimissioni nel suo tradizionale discorso di fine anno. Una intenzione fatta trapelare già qualche mese fa. Probabilmente lascerà entro gennaio il secondo storico mandato da presidente della Repubblica. L’ottavo anno. “L’età si fa sentire”, ha chiosato tra i tanti temi toccati.

Dall’altra parte del “cavo” televisivo, il controdiscorso del leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, che in netta opposizione va giù duro contro l’operato del due volte capo dello Stato e del premier Matteo Renzi.

Discorso Grillo fine anno 2014

Giorgio Napolitano durante il suo ultimo discorso 2014
Giorgio Napolitano durante il suo ultimo discorso 2014

L’auspicio delle dimissioni di Giorgio Napolitano, “corresponsabile dello sfacelo” dell’Italia; un giudizio negativo sulle “balle del 2014 di Matteo Renzi” e “sull’attentato alla Costituzione di Pd e Pdl”; ma soprattutto la conferma che il M5S per il 2015 punterà tutto sul referendum per uscire dall’Euro in modo da restituire “sovranità all’Italia”.

Sono i punti principali del contro-discorso di Beppe Grillo su beppegrillo.it. Un discorso che fin dall’inizio intende mettere in evidenza le “differenze” con quello pronunciato in contemporanea dal presidente della Repubblica. Così alle luci del Quirinale, il leader cinquestelle contrappone il buio di un vecchio scantinato dove ad illuminarlo c’è soltanto una vecchia lanterna.

Suona la musica delle fanfare e Grillo esordisce sussurrando: “Siamo nel nuovo ufficio della Casaleggio associati dove aleggiano gli spiriti, quelli buoni, per cospirare, spifferare, parlare di cose cose come lealtà e onestà che fuori vengono percepite come rivoluzionarie o eversive. Noi siamo i veri eversori”.

L’immagine di Grillo ricorda quella del filosofo greco Diogene che girava con una lanterna alla ricerca della verità. E’ un discorso, a differenza di altri interventi, caratterizzato da toni calmi. Nessuna invettiva; c’è il sussurro è il riferimento ironico. “Cosa rimpiangeremo del 2014? Le balle di Renzi? L’attentato alla democrazia di due partiti, Pdl e Pd meno L, che si sono messi insieme per disfare la Costituzione?”.

L’attacco più duro arriva con gli auspici per il 2015: “Forse il 2015 ci porterà dei risultati straordinari. Può darsi che l’ebetino (Renzi, ndr) si leverà di mezzo. Forse ci darà una grande soddisfazione quando Napolitano che ha condiviso e sponsorizzato questo sfacelo si toglierà da questa posizione precaria; e Fi Italia non ci sarà più o avrà numeri da prefissi telefonici”. Grillo indica gli obiettivi del M5S per il 2015: reddito di cittadinanza, leggi per il made in Italy ma soprattutto la legge di iniziativa popolare per permettere il referendum consultivo sull’Euro.

“E’ la partenza. Il piano B del M5S per l’Italia. Poi toccherà a fisco, burocrazia”. Per la chiusura, il capo Cinquestelle inforca gli occhiali e legge la fiaba “La pecora nera” di Italo Calvino: “C’era un paese dove erano tutti ladri. La notte ogni abitante usciva con i grimaldelli. Il governo era un’associazione a delinquere a danno dei sudditi e anche qui. Ci sono strane assonanze…”. La legge tutta. Poi i saluti: “Buon Natale, buon anno. Adesso ci faremo seppellire io e l’ombra di Casaleggio”.

Grecia, 970 migranti arrivano in Italia sul cargo Blue Sky M. E' giallo

cargo Blue Sky M
I soccorritori accolgono i profughi del cargo Blue Sky M nel porto di Gallipoli (Ansa/Longo)

A poche ore dalla tragedia del Norman Atlantic un altro allarme arriva dalla Grecia. La nave Blue Sky M con 970 di migranti a bordo ha lanciato l’sos a largo di Corfù.

In un primo momento si era temuto un assalto di terroristi armati, poi è stato smentito. La nave, originariamente diretta in Croazia, ha cambiato rotta, puntando la prua verso le coste pugliesi, a Gallipoli, dov’ è giunta nelle ultime ore con il suo carico umano. I migranti stanno tutti bene.

Oscure sono al momento le cause della deviazione in Italia. Da una prima ricostruzione potrebbe essersi trattato di un guasto ai motori. Lo ha riferito il Telegraph online citando una tv tedesca secondo la quale “l’allarme è stato lanciato per un’avaria ai motori e non per la presenza di uomini armati a bordo”.

Skynews ha scritto inizialmente su Twitter che la nave ha lanciato un segnale di allarme per la presenza di sospetti uomini armati a bordo. Anche la televisione di Stato Nerit ha confermato la notizia della presenza di uomini armati a bordo della nave.

Resta il giallo sulla vicenda. L’unica certezza è che la nave ora è in sicurezza, con a bordo gli uomini della guardia costiera italiana, e che in nottata è arrivata a Gallipoli. L’emergenza, la seconda nel giro di 48 ore nel mar Ionio, si è verificata non distante da quelle stesse acque dove domenica scorsa ha preso fuoco il traghetto della Norman Atlantic con una decina di morti, ma anche feriti e dispersi.

La mappa del cargo Blue Sky M
La mappa del cargo Blue Sky M

A bordo della nave sono saliti gli uomini della capitaneria di porto e della Guardia costiera che sono riusciti ad evitare che la nave impattasse contro la costa. A circa 3 miglia da Santa Maria di Leuca, infatti, i sei militari delle Capitanerie sono riusciti a far cambiare rotta alla nave nonostante il motore fosse bloccato. Il cargo ha puntato verso Gallipoli, non senza problemi, anche sanitari. A bordo, tra le centinaia di clandestini, ci sarebbe anche una donna incita alla quale si sono rotte le acque.

La vicenda resta dai risvolti ancora poco chiari, con i media che fanno le ipotesi più disparate, oltre all’ipotesi dell’avaria al motore anche quella della presenza di pirati a bordo. I primi a riferire dell’allerta sono stati i media greci.

Dal cargo era infatti partito un sos che allertava sulla presenza di “sospetti uomini armati a bordo”. Secondo alcune fonti la richiesta di soccorso poteva essere stata inviata da un passeggero o da una persona dell’equipaggio. Poi in un via vai di notizie tra loro contraddittorie altre fonti hanno parlato di problemi al motore e di alcune avarie di tipo meccanico.

Media internazionali avevano anticipato la possibilità che i clandestini siriani – tra i 400 e i 700 – fossero stati abbandonati dagli scafisti al loro destino, addirittura senza coperte, cibo e acqua. Altre fonti hanno addirittura scartato l’ipotesi dei clandestini a bordo. Di certo la nave per tutta la giornata è stata in balia del mare date le avverse condizioni meteo che imperversano nel Mare Ionio, con i venti che soffiano a 50 km l’ora. Nel pomeriggio le autorità greche avevano inviato in zona una fregata ed un elicottero della marina insieme a due imbarcazioni della polizia portuale.

Una volta giunte sulla nave e dopo averla ispezionata, le autorità elleniche hanno concluso che il cargo non aveva alcun problema meccanico e “nulla di sospetto a bordo”. Poi il repentino cambio di rotta del mercantile, non più verso la Croazia ma verso le coste pugliesi.

I 970 migranti sono giunti a Gallipoli e stanno tutti bene. Tra loro donne incinte e minori. Arrestato uno degli scafisti che avrebbe agito insieme a dei complici inscenando “l’avaria” per poter approdare in Italia, approfittando probabilmente dell’attenzione puntata tutta sulla Norman Atlantic.

L'aereo AirAsia è precipitato. Avvistati rottami e cadaveri. Disperati i parenti delle vittime

Il corpo di un passeggero sta per essere recuperato dai soccorsi (Epa)
Il corpo di un passeggero sta per essere recuperato dai soccorritori (Epa)

Un altro disastro aereo per la Malaysia Airlines. Il volo low cost A320-200 dell’AirAsia è precipitato nelle acque gelide del mar di Java. Lo confermano la compagnia e le autorità locali. Oltre a molti rottami, sono stati avvistati e recuperati i primi tre cadaveri. I corpi sono stati trovati in un tratto di mare, a sudovest dell’isola di Borneo, non lontano dall’ultima posizione rilevata dai radar prima della scomparsa dell’aereo. E col passare delle ore i corpi riaffiorano.

In un primo momento, un portavoce della Marina indonesiana aveva parlato di 40 cadaveri recuperati, ma il responsabile dell’Agenzia nazionale di ricerca e soccorso, Bambang Soelistyo, ha puntualizzato che per il momento sono stati ritrovati solo tre corpi, di due donne e un uomo, portati sulla nave da guerra Bung Tomo.

Un rottame del relitto nel mare di Java
Un rottame del relitto nel mare di Java

Sul fondale, 160 chilometri a sudovest di Pangkalan Bun, è stata avvistata “un’ombra” compatibile con i rottami dell’Airbus e sono stati individuati alcuni resti dell’aereo. Il presidente dell’Indonesia, Joko Widodo, si è recato a Surabaya, la città da dove era decollato il volo QZ8501, per incontrare i familiari delle vittime che sconvolti hanno assistito in diretta al recupero dei primi corpi.

La tv indonesiana ha diffuso le immagini del primo corpo ritrovato, che galleggiava sull’acqua, causando scene di disperazione tra i parenti. Diversi familiari della vittime sono svenuti e sono stati portati via dal personale medico.

“Abbiamo localizzato il sito dell’incidente, oggi cominceremo un’ampia operazione” per il recupero delle vittime e del relitto, ha sottolineato Widodo. Sull’Airbus A320-200, scomparso domenica mentre era in volo dalla città indonesiana di Surabaya a Singapore, viaggiavano 162 persone, di cui 7 membri dell’equipaggio e 155 passeggeri, tra i quali 16 bambini e un neonato.

“Il mio cuore è colmo di tristezza per le famiglie coinvolte” nel disastro aereo, “per conto dell’AirAsia le mie condoglianze a tutti. Le parole non possono esprimere il dolore che provo”, ha scritto su Twitter l’amministratore delegato di AirAsia, Tony Fernandes.

Missing AirAsia flight from Surabaya to SingaporeAlle ricerche hanno partecipato 30 aerei e 21 navi, mezzi, oltre che indonesiani, arrivati da Australia, Singapore, Malaysia, Corea del Sud. Gli Usa hanno inviato anche una seconda nave nelle acque del disastro. A bordo dell’Airbus viaggiavano 155 indonesiani, 3 sudcoreani, un francese, un britannico, un malese e un cittadino di Singapore.

In tutto c’erano 16 bambini e un neonato mentre i membri dell’equipaggio erano 7. L’Airbus era decollato dall’aeroporto internazionale Juanda di Surabaya nella parte orientale dell’isola indonesiana di Giava alle 05:20 di domenica e doveva atterrare a Singapore alle 08:30.

Poco prima di scomparire dai radar, il pilota aveva chiesto un cambio di rotta a causa delle cattive condizioni meteorologiche ma non aveva emesso alcun segnale di emergenza. Il pilota era esperto e il velivolo, secondo quanto comunicato dalla compagnia, era stati revisionato a novembre.

Oggi intanto un altro aereo dell’AirAsia è stato coinvolto in un incidente durante la fase di atterraggio all’aeroporto filippino di Kaibo. Il velivolo ha sbandato finendo fuori pista. Tutti illesi i passeggeri, che hanno usato le uscite d’emergenza per lasciare il velivolo.

L’AirAsia Filippine, citata dal Sydney Morning Herald, ha confermato l’incidente, riferendo che il volo Z2272 da Manila ha sbandato all’atterraggio all’aeroporto internazionale di Kalibo alle 5.43 del pomeriggio. “Tutti i 153 passeggeri e l’equipaggio sono stati in grado di sbarcare in sicurezza, nessun ferito è stato registrato – ha aggiunto la compagnia malese – e sono ora in hotel assistiti dal personale AirAsia”. Davvero un anno sfortunato per la compagnia malese che agguanta un triste primato. Le vittime dei disastri aerei su voli della Malaysia Airlines nel 2014 arrivano a 699.

Norman Atlantic, cresce numero dei morti insieme alla confusione

Norman AtlanticLa cronologia della tragedia in alto mare. 

PROCURATORE DI BARI VOLPE. “ALL’APPELLO MANCANO 179 PERSONE. SPERIAMO SIANO FORSE IMBARCATI DA NAVI DIRETTE IN GRECIA”

Ore 18:40 – Il bilancio del tragico incendio sulla Norton Atlantic in cui hanno finora perso la vita 11 persone potrebbe essere molto più alto. A farlo intendere è stato il procuratore di Bari, Giuseppe Volpe le cui parole sono allarmanti e fanno temere il peggio: “Non conosciamo ancora la sorte di 179 persone”. Secondo il magistrato sulla nave al momento dell’incidente c’erano circa 499 persone a bordo del traghetto. “Oltre alle 478 persone della lista passeggeri – ha detto ancora Volpe – sono state identificati tre immigrati illegali: due afghani e un siriano uno dei quali ha già chiesto asilo politico e 18 persone overbooking, ossia a bordo senza essere registrati. Di tutte queste persone 179 mancano ancora all’appello, ma una buona parte potrebbe essere imbarcata sui mercantili intervenuti in soccorso.

Volpe ha detto che “detraendo i morti accertati e le persone salvate che sono, solo ad opera della Marina Miliare ben 214, e chi è stato sbarcato in Puglia, in totale 96, con i 39 che sbarcheranno a Taranto fra 12-14 ore, restano 179 persone di cui non conosciamo la sorte, fra cui moltissimi speriamo quasi tutti imbarcati sui mercantili che hanno prestato soccorso diretti in Grecia, due unità”.

Ore 16:05 – La Guardia Costiera riferisce che i morti del disastro finora accertati salgono a 11. Il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri replica su Twitter: “Troppe notizie infondate”. Ancora incerto il destino di decine di dispersi. Si teme il buio e il maltempo: temperature attorno allo zero, pioggia, vento e mare mosso.

Ore 13.12 Secondo le autorità potrebbero esserci altre vittime nel relitto. Il bilancio ufficiale finora è di dieci morti e molti dispersi. E’ corsa contro il tempo. Ma le condizioni del tempo sono ostili. Mare mosso, vento e pioggia.

Ore 13.05 La Nave San Giorgio della Marina Militare nel pomeriggio arriverà a Brindisi con i passeggeri soccorsi dalla Norman Atlantic

Ore 12.20 Tra le dieci vittime, informa in un twett la Guardia Costiera, “ci sono tre italiani”

Ore 11.18: Secondo la Marina Militare, la causa della morte di due marinai albanesi impegnati nei soccorsi, è riconducibile alla rottura del cavo di traino.

Ore 9.30 – Resta ancora il giallo dei dispersi. La conta ufficiale parla di 437 passeggeri ma c’è chi racconta di 38 dispersi. Lo avrebbero riferito autorevoli fonti greche che avrebbero confermato al settimanale online “To Vima” la presenza a bordo di altre persone non censite e che ora risulterebbero disperse. La presenza a bordo di due cittadini afghani sbarcati a Bari ma non presenti sulla lista delle persone imbarcate, rende più confuso lo scenario di un naufragio ancora tutto da decifrare. La lista dei passeggeri

Ore 9.00 (30-12-2014) – La Marina Militare annuncia che le navi San Giorgio e De la Penne si dirigeranno verso Brindisi alla fine delle ricerche dei dispersi.

Ore 23.12 – Sono indagati per i reati di naufragio colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, il comandante della Norman Atlantic, Argilio Giacomazzi, (ultimo a lasciare la nave) e l’armatore della nave, Carlo Visentini. e’ quanto si apprende dalle agenzie che citano fonti giudiziarie baresi. L’iscrizione sul registro è “un atto dovuto”.

Ore 20.03 – Sono stati ritrovati i corpi di altre due persone decedute nel traghetto Norman Atlantic alla deriva. Lo afferma la Guardia Costiera in un tweet. Ore 18.09 – Tra le persone salvate dall’incendio del traghetto ci sono 44 italiani, 22 passeggeri oltre ai 22 membri dell’equipaggio: lo ha precisato il ministro Maurizio Lupi. Ore 18.07 – “La nave era stata ispezionata il 19 dicembre a Patrasso: erano state riscontrate 6 deficienze di cui 2 immediatamente risolte” e comunque “senza rilevanza” nell’incendio. “Per le altre 4 era stata prescritta la soluzione in 14 giorni. La nave era pienamente efficiente, rispondeva a tutti i requisiti”. Così l’ammiraglio Carlone a Palazzo Chigi.

Ore 17.33 – “Sono state salvate 427 persone e due cani che erano a bordo”: lo ha detto il ministro della difesa Roberta Pinotti in conferenza stampa a palazzo Chigi. “Esprimiamo dolore per gli 8 morti al momento ritrovati”. Lo dice il ministro: “Il primo – spiega – era un greco di cui era già stata data notizia, per le altre persone non c’è ancora contezza” dell’identità.

Ore 16.56 – “Sto bene, state tranquilli, è finito tutto: tra poco torno a casa”. Con queste parole il comandante della Norman Atlantic, Argilio Giacomazzi, ha tranquillizzato la moglie e la figlia, con una telefonata arrivata poco dopo le 16 nell’abitazione di famiglia, a Cadimare, nello spezzino.

GUARDA LA CONFERENZA STAMPA DEI MINISTRI LUPI E PINOTTI (TRASPORTI E DIFESA)

Ore16.54 – Sette morti, ma ancora 38 dispersi: è questo il bilancio provvisorio del naufragio della Norman Atlantic secondo l’edizione online del settimanale greco To Vima, considerato tra i più autorevoli.

Ore 15.37 – Sono stati trovati altri due corpi. Il totale dei morti a seguito dell’incendio del traghetto Norman Atlantic sale dunque a 7. Lo scrive in un tweet la Guardia Costiera.

Ore 15.03 – è arrivata poco fa a Brindisi, con una motovedetta della Guardia costiera, la seconda salma recuperata durante il salvataggio della Norman Atlantic. A quanto si è appreso, la vittima non è stata ancora identificata. Il corpo sarà trasportato all’ospedale Perrino di Brindisi.

Ore 15.02 – Un primo ponte aereo tra Italia e Grecia per riportare a casa i greci superstiti del naufragio della Norman Atlantic, è stato predisposto per le 16 di oggi dall’aeroporto di Bari. Lo ha reso noto un funzionario del consolato greco, Nikos Tzoitis, giunto Bari. “Stiamo recuperando i cittadini greci che stanno rendendo testimonianza alla Procura della Repubblica – ha aggiunto – da Lecce, Brindisi e Bari sono circa 60 i greci che oggi torneranno a casa in aereo”.

Ore 12.20 – I morti del traghetto salgono a 5. Lo ha detto il premier Matteo Renzi. “Ci sono 60 persone dalla lista di imbarco che risultano da salvare – ha aggiunto – ce ne potrebbero essere di più. Talvolta, accade che ci sia qualche persona in più evidentemente frutto di immigrazione clandestina”.

Ore 11.58 – Il ministro della Marina mercantile greca, Miltiadis Varvisiotis, ha confermato che quattro corpi sono stati rinvenuti in acqua nelle operazioni di salvataggio del Norman Atlantic. Lo scrive su Twitter Kathimerini.

Ore 11.15 La società armatrice Visemar ha seguito fin dall’inizio le operazioni di soccorso “fornendo tutta la collaborazione possibile al Comando generale che sta coordinando le operazioni di salvataggio dei passeggeri e dell’equipaggio: sono a disposizione delle autorità, del Comandante e dell’equipaggio”. Lo dice all’Ansa l’armatore Carlo Visentini,in relazione all’incendio del Norman Atlantic.

Ore 10.47 – La procura di Bari ha aperto un fascicolo per naufragio colposo per l’incendio a bordo del traghetto Norman Atlantic avvenuto ieri al largo delle coste albanesi. Il procuratore, Giuseppe Volpe, che ha da poco lasciato gli uffici della Capitaneria di Porto ha precisato che si tratta di una prima configurazione di reato.

Ore 10.31 – è Salito a 356 il numero delle persone salvate dal traghetto Norman Atlantic andato a fuoco al largo delle coste dell’Albania. Lo rende noto la Guardia Costiera su Twitter. Continua inoltre il ponte aereo per portare in salvo tutti i passeggeri del traghetto.A bordo restano circa 120 persone.

Ore 10.00 – Sono al momento 50 i naufraghi del traghetto Norman Atlantic ricoverati negli ospedali del Salento. Gli ultimi sono un gruppo Soccoris di sette uomini di nazionalità greca, trasportati alle prime luci dell’alba da un elicottero della Marina militare all’aeroporto militare Cesari di Galatina e da qui trasferiti da personale del 118 negli ospedali di Lecce, Tricase e Scorrano. Poco prima al porto di Otranto era arrivato un gruppo di quattro italiani, tutti ricoverati all’ospedale di Casarano. Sono militari della Capitaneria di porto intossicati dal fumo durante le operazioni di soccorso al traghetto Norman Atlantic. Il più grave è un uomo con insufficienza respiratoria. A Brindisi sono giunti invece in tutto 16 feriti, 9 dei quali sono stati dimessi. Due adolescenti greche, anch’esse sole in Italia per ricevere soccorso, sono state temporaneamente affidate a una famiglia brindisina in attesa che siano localizzati i parenti. A Galatina invece sono ricoverati 11 naufraghi, 7 nel reparto di emergenza e 4 negli altri reparti.

Ore 9.39 – “Ho visto quattro persone morte, con i miei occhi, sono sicurissimo, erano davanti a me”. Lo ha detto ai giornalisti un uomo di nazionalità turca, appena sceso dalla nave mercantile che lo ha portato, insieme con altri 48 naufraghi del traghetto Norman Atlantic, nel porto di Bari.

9.18 – Hanno pianto ed hanno abbracciato i soccorritori i 49 naufraghi della nave Norman Atlantic giunti a Bari questa mattina a bordo di un mercantile. Alla vista dei soccorritori saliti a bordo, in tanti hanno pianto e hanno ringraziato per aver avuto salva la vita. Lo ha riferito ai giornalisti il prefetto di Bari, Antonio Nunziante.

Ore 9.03 – La Marina militare italiana su Twitter rende noto il bilancio dei soccorsi sul traghetto Norman Atlantic: 310 le persone portate via dalla nave, 168 ancora a bordo. In particolare 85 passeggeri sono sulla nave San Giorgio, uno é stato portato in elicottero all’ospedale di Grottaglie per una cardiopatia.

Ore 8.40 – Sono almeno 309 le persone recuperate dal traghetto Norman Atlantic: lo afferma il ministero della marina mercantile greco, citato su twitter da Kathimerini.

Ore 8.20 – Ci sono anche cinque cittadini italiani tra i 49 naufraghi del traghetto Norman Atlantic, giunti questa mattina a Bari a bordo del mercantile Spirit Of Piraeus. Lo ha reso noto il prefetto di Bari Antonio Nunziante. A bordo 25 greci, 5 georgiani, 2 iracheni, un canadese, 2 tedeschi, 2 siriani, 3 turchi, 2 albanesi e 2 cittadini afgani clandestini. Dopo i controlli medici che si stanno svolgendo a bordo,il personale medico deciderà se procedere al ricovero di alcuni naufraghi. Nel terminal crociere del porto è stata allestita anche un’unità sanitaria di emergenza e sulla banchina sono in attesa ambulanze per l’eventuale trasferimento in ospedale. Al porto di Bari sono anche giunti l’ambasciatore greco e il console onorario.

Ore 7.29 – è arrivata nel porto di Bari la nave mercantile Spirit of Piraeus battente bandiera Singapore che trasporta 49 naufraghi del traghetto Norman Atlantic, che ha subito un incendio a largo di Valona. L’imbarcazione non è ancora attraccata al molo 11 del porto. A quanto si è appreso, a bordo stanno tutti bene anche se infreddoliti e affamati.

Ore 7.00 – Sono 265 le persone recuperate e 213 quelle ancora de recuperare dal traghetto Norman Atlantic, andato a fuoco al largo delle coste dell’Albania. Lo rende noto la Marina militare italiana. Le operazioni di soccorso continuano, coordinate dalla nave San Giorgio della Marina.

Ore 5.04 – Secondo quanto rende noto la Marina militare italiana, personale medico e sanitario è salito a bordo del traghetto Norman Atlantic, andato a fuoco al largo delle coste dell’Albania. Sempre secondo la stessa fonte, elicotteri della Marina con capacità di visione notturna stanno operando nella zona.

I SOCCORSI – È salito un medico a bordo dell’imbarcazione che ha portato al porto di Bari 49 naufraghi. “Aspettiamo che ci dia notizie sulle condizioni dei passeggeri” prima del loro sbarco. Lo ha detto l’ammiraglio Giovanni De Tullio, della Guardia Costiera – Direzione Marittima di Bari, ai microfono di SkyTg24. Tra i 49 ci sono anche quattro bambini, tre greci ed un georgiano.

“Al momento – ha spiegato De Tullio – è l’unica imbarcazione con naufraghi dirottata qui a Bari le operazioni sono un esempio di come la macchina dei soccorsi abbia funzionato. Lo scenario operativo è fuori dalle nostre acque e la distanza importante” giustifica, con le condizioni meteo marine avverse, il fatto che ancora tanti passeggeri siano a bordo della Norman Atlantic, ha detto l’ammiraglio rispondendo ai giornalisti. Sempre a Sky il capitano di fregata della Marina, Riccardo Rizzotto, ha detto che “la priorità è il recupero dei passeggeri e dell’equipaggio. Non mi risulta che il traghetto debba andare da nessuna parte; non ho nessuna informazione sulla prossima destinazione del traghetto”.

Norman Atlantic, forse altri morti nel traghetto. Trovati corpi di tre italiani. Decine di dispersi. Ma è giallo sui numeri.

20141229_normanatlantic_tweet2Aggiornamento 12:30 (30-12-2014)– Dalle ultime notizie salgono a 12 i morti accertati. Tra questi tre italiani, secondo quanto riferito dalla Guardia Costiera. Trentotto dispersi, decine di feriti. E’ questo finora il tragico bilancio del dramma che si è consumato sul traghetto battente bandiera italiana, Norman Atlantic. All’appello – secondo la lista dei passeggeri – mancherebbero 41 persone.

I ministri Maurizio Lupi e Roberta Pinotti hanno parlato di 427 persone tratte in salvo sulle 478 a bordo della nave dove si è scatenato l’inferno a largo di Valona, durante il viaggio tra il porto greco di Patrasso e quello di Ancona il cui arrivo era previsto per le 17 di domenica 28 dicembre.

Il ministro della Difesa Pinotti ha riferito che la prima vittima recuperata “era un greco di cui era già stata data notizia, per le altre persone non c’è ancora contezza” dell’identità.

Nella conferenza stampa di fine anno il premier Matteo Renzi aveva parlato di quattro nuove vittime nell’incidente occorso al Norman Atlantic, che andavano a sommarsi a quella di ieri, appunto il passeggero greco morto nel tentativo di raggiungere una scialuppa di salvataggio.

Soccorsi-sulla-Norman-Atlantic-in-fiamme-300x188.jpgNel pomeriggio la Guardia costiera aveva annunciato in un tweet: “Trovati altri 2 corpi. Il totale dei morti sale a 7”, un numero che sale di ora in ora. Nel corso della conferenza stampa a palazzo Chigi, Pinotti e Lupi avevano riferito di 8 morti recuperati e di 427 persone salvate di cui 56 membri dell’equipaggio.

L’ultimo a lasciare la nave, alle 14,50, è stato il comandante Argilio Giacomazzi, sempre secondo la Guardia costiera.

The Passenger List

Secondo i primi dati diffusi a bordo della nave c’erano complessivamente 478 passeggeri più l’equipaggio, e oltre 200 veicoli. Numeri da prendere con cautela poiché lo stesso presidente del Consiglio ha riferito che il numero delle persone che si trovavano a bordo del traghetto potrebbe essere diverso da quello immaginato inizialmente.

Lupi ha detto che al momento non è possibile parlare di dispersi perché non è stato ancora possibile “fare riscontri” della lista ufficiale d’imbarco.

“Potrebbe esserci una discrepanza, potrebbe esserci qualche persona in più”, aveva detto Renzi.

Nel frattempo la Procura di Bari – città dove sono arrivate alcune decine di persone tratte in salvo – ha aperto un’inchiesta per naufragio colposo.

Il fascicolo, nelle mani del procuratore Giuseppe Vole e del pm Ettore Cardinali, non contiene al momento nomi di indagati.

Secondo le fonti, i magistrati hanno già ascoltato alcuni testimoni, tra passeggeri e tecnici. L’inchiesta è coordinata anche con la procura di Lecce, città dove sono giunti altri passeggeri.

Consiglio regionale Calabria, i furbetti dell'Astronave

Repubblica sul rinvio del Consiglio regionale Calabria
FURBETTI Repubblica sul rinvio del Consiglio regionale della Calabria

Bruno Gemelli per il Quotidiano del Sud

La prima seduta del Consiglio regionale della Calabria che si doveva tenere oggi è rinviata al 7 gennaio perché il consigliere Ennio Morrone è malato. È come se il senatore Mimmo Scilipoti (un nome a caso) chiedesse ai vertici dello Stato il rinvio dell’elezione del Presidente della Repubblica perché deve completare le cure a Terme Vigliatore.

Il paragone non sembri azzardato o blasfemo perché si parte dal principio che tutte le istituzioni, dalla più grande alla più piccola, hanno la medesima dignità. Non si possono fare eccezioni per una malintesa forma di cordialità pelosa. Anche perché si creano pericolosi precedenti. E, in ogni caso, come vedremo più avanti, la pezza sembra peggiore del buco.

La vicenda del rinvio del Consiglio regionale è sfuggita di mano. In qualunque modo la si voglia considerare. Anche a volere dare il beneficio d’inventario ai protagonisti del papocchio, a concedere la massima buona fede, a dichiarare che in fondo si tratta di una tempesta in un bicchier d’acqua, insomma a riconoscere tutte le attenuanti generiche, resta una leggerezza istituzionale così grossolana che fa sorgere il sospetto che ciò che è stato fatto nasconda qualcosa. Non si tratta di dietrologia ma di buon senso.

Insomma, la Calabria aspetta dal 7 marzo scorso, a far data dalle dimissioni annunciate di Beppe Scopelliti, il nuovo governo regionale e dopo dieci mesi (dicasi dieci) i decisori spostano in avanti l’orologio di dieci giorni perché un consigliere è malato. Troppa grazia Sant’Antonio!

quotidiano sud rinvio consiglio regionale della calabriaLa vicenda mette in piedi una serie di responsabilità e individua alcuni retroscena. Il responsabile numero uno è il presidente uscente Francesco Talarico che accoglie la lettera di Ennio Morrone che contiene una “piccola bugia” laddove – informa lo stesso Talarico «Nella stessa richiesta, è fatto riferimento, inoltre, anche all’impossibilità per altri consiglieri regionali di opposizione di essere presenti alla seduta del 29 in quanto fuori sede».

Altri? Quanti? Morrone. E poi? Forse Nicolò. E poi? Basta. Anzi i consiglieri azzurri Domenico Tallini, Fausto Orsomarso, Giuseppe Graziano, Giuseppe Mangialavori, Nazzareno Salerno e Francesco Cannizzaro nella serata stessa di sabato si sono affrettati a dire che oggi saranno a Palazzo Campanella perché contrari a qualsiasi rin vio.Talarico astutamente fa valere l’in formativa, e quindi il consenso al rinvio, fornita al presidente Mario Olive rio che forse ingenuamente ha applicato quello che gli anglosassoni chiamano “un gentlemen’s agreement (accordo fra gentiluomini), intesa informale tra due parti.

Questi i fatti così come sono stati prodotti dalle dichiarazioni diffuse alla stampa. Naturalmente resta una coda politica/partitica che sta animando le varie segreterie in queste ore. Una coda che animerà il dibattito di questi ultimi giorni dell’anno.

Risultati voto in Calabria - La sede del Consiglio regionale della Calabria
La sede del Consiglio regionale della Calabria

Innanzitutto all’interno di Forza Italia dove s’è verificata una spaccatura verticale che costringerà la coordinatrice regionaleJole Santelli a sudare le proverbiali sette camice per placare la lite. L’errore di Morrone non è stato quello di fare la richiesta a Talarico, ma di dire a Talarico che “altri” erano nella sua stessa condizione di infermo.

E Talarico, che avrebbe dovuto cestinare la richiesta perché irricevibile, quanto meno avrebbe dovuto verificare lo stato di salute degli “altri”. E visto che la categoria di ex presidente del gruppo Forza Italia non esiste, lo stesso Talarico avrebbe dovuto telefonare a Jole Santelli per informarla.

L’ha fatto? Molti sostengono che dietro questo pasticcio ci sia il problema della formazione dell’ufficio di presidenza. Su cui nessun schieramento in campo pare sia pronto. Né la maggioranza né le due minoranze, Forza Italia e Casa delle libertà da un lato, e Nuovo centrodestra dall’altro, avrebbero deciso chi mandare in quei posti.

Il Partito democratico è cascato nella trappola dei vecchi sistemi consociativi in uso a Palazzo Campanella, ma il segretario regionale Ernesto Magorno tranquillizza il suo popolo: «relegando al passato trucchi e trucchetti che hanno solo nuociuto al confronto democratico».

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