6 Ottobre 2024

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Renzi attacca i magistrati: Sentenze non indiscrezioni

Parole “ridicole” quelle di chi, non citato ma facilmente riconoscibile, come Marcello Maddalena accusa il governo di voler ‘far crepare di lavoro’ i magistrati. Basta con i faldoni d’udienza andati persi, e con le correnti delle toghe “piu’ forti che non in politica”.

Matteo Renzi replica a tutto campo alle polemiche che hanno accompagnato l’apertura dell’anno giudiziario e affida a Facebook un’ampia disamina dei mali della giustizia. “Vogliamo che i colpevoli di tangenti paghino davvero e finalmente con il carcere ma servono le sentenze, non le indiscrezioni sui giornali”, e’ la strigliata che arriva dal presidente del Consiglio.

“Oggi di nuovo le contestazioni di alcuni magistrati che sfruttano iniziative istituzionali (anno giudiziario) per polemizzare contro il Governo. E mi dispiace molto perche’ penso che la grande maggioranza dei giudici italiani siano persone per bene, che dedicano la vita a un grande ideale e lo fanno con passione.

Ma trovo ridicolo, e lo dico, senza giri di parole, che se hai un mese e mezzo di ferie e ti viene chiesto di rinunciare a qualche giorno, la reazione sia ‘il premier ci vuol far CREPARE di lavoro'”, esordice il oresidente del Consiglio. “Noi – chiarisce Renzi – vogliamo solo sentenze rapide, giuste. Un Paese civile deve avere una sistema veloce, giusto, imparziale. Per arrivare rapidamente a sentenza, bisogna semplificare, accelerare, eliminare inutili passaggi burocratici, andare come stiamo facendo noi sul processo telematico, cosi’ nessuno perde piu’ i faldoni del procedimento come accaduto anche la settimana scorsa”.

“Bisogna anche valorizzare i giudici bravi, dicendo basta – torna a dire – allo strapotere delle correnti che oggi – accusa – sono piu’ forti in magistratura che non nei partiti”. “A chi mi dice ‘ma sei matto a dire questa cose? non hai paura delle vendette?’ rispondo dicendo che in Italia nessun cittadino onesto deve avere paura dei magistrati. E i nostri giudici devono sapere che il overno, nel rispetto dell’indipendenza della magistratura, e’ pronto a dare una mano. Noi ci siamo.

L’Italia che e’ la patria del diritto prima che – rimarca – la patria delle ferie, merita un sistema migliore. La memoria dei magistrati che sono morti uccisi dal terrorismo o dalla mafia ci impone di essere seri e rigorosi. Non vogliamo far ‘crepare di lavoro’ nessuno, ma – puntualizza Renzi – vogliamo un sistema della giustizia piu’ veloce e piu’ semplice. E, polemiche o non polemiche, passo dopo passo, ci arriveremo”.

Cyber attacchi, accordo Polizia-Poste Italiane per prevenire

Polizia di Stato e Poste Italiane hanno siglato un accordo che prevede “lo sviluppo di un piano di interventi per la prevenzione ed il contrasto degli attacchi informatici diretti alle infrastrutture tecnologiche ed ai servizi telematici di home banking dell’azienda”.

La convenzione, firmata dal capo della Polizia Alessandro Pansa e dall’amministratore delegato di Poste Italiane Francesco Caio, ha per obiettivo “l’adozione condivisa di procedure di intervento e di scambio di informazioni utili alla prevenzione e al contrasto degli attacchi informatici di matrice terroristica e criminale”.

A svolgere questa attività per la Polizia di Stato sarà il Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (Cnaipic) della Polizia postale e delle comunicazioni. L’accordo, che ha la durata di tre anni, è stato stipulato in attuazione del decreto del ministro dell’Interno del 9 gennaio del 2008, che ha individuato le infrastrutture critiche informatizzate di interesse nazionale, ovvero i sistemi ed i servizi informatici o telematici, gestiti da enti pubblici o società private, che governano i settori nevralgici per il funzionamento del paese.

Prosegue, in questo senso, il potenziamento dei sistemi di controllo e protezione di quel “territorio virtuale” che è internet e che, proprio come avviene nel mondo reale, è diventato un luogo in cui enti pubblici e società private investono grandi risorse, anche finanziarie, per sviluppare ed offrire servizi indispensabili per il paese che si basano su meccanismi tanto complessi quanto vulnerabili dei quali, proprio per tale motivo, è necessario garantire alti livelli di sicurezza.

Alla firma dell’intesa erano presenti per il Dipartimento della pubblica sicurezza, oltre al capo della Polizia, il prefetto Roberto Sgalla, direttore centrale per la Polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i Reparti speciali della Polizia di Stato, e Antonio Apruzzese, direttore del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni: per Poste Italiane, oltre all’ingegner Caio, l’avvocato Stefano Grassi. responsabile di tutela aziendale.

“Oggi si amplia il novero delle sinergie istituzionali per la tutela delle infrastrutture critiche informatiche, spina dorsale del sistema Paese – ha sottolineato il prefetto Pansa – in particolare con Poste italiane si rinnova nel settore della protezione e nel contrasto degli attacchi informatici un modello di partnership che ha garantito ed affiancato la crescita di un modello di collaborazione pubblico privato, riconosciuto ed apprezzato nel panorama del law enforcement internazionale”.

“La sicurezza, non solo delle persone ma anche dei dati sensibili – ha spiegato l’ad di Poste Italiane, Francesco Caio – è considerata oramai da tempo una priorità per il nostro business. Un’elevata protezione dei servizi digitali e finanziari non può prescindere dalla collaborazione con la polizia di stato volta a garantire la prevenzione e il contrasto dei crimini informatici. La stipula della convenzione rafforza ulteriormente la proficua cooperazione attiva da anni, che ha già apportato un tangibile incremento dei livelli di sicurezza dei servizi offerti ai nostri clienti.”

Google Softcard, la sfida di Montain View ad Apple per i pagamenti sui cellulari

Google, il colosso statunitense sta trattando per una cifra di circa 50 milioni di dollari l’acquisizione di Softcard, azienda specializzata nei pagamenti mobile NFC (Near Field Communication, sistema che permette di effettuare pagamenti utilizzando direttamente il cellulare).

La notizia della trattativa è stata riportata dal Wall Street Journal. Il rilascio di Apple Pay avvenuto a novembre, il sistema di pagamento mobile ideato dalla casa di Steve Jobs e attivo su sistemi iOS, confermerebbe la trattativa per l’acquisizione di Softcard da parte di Google e la volontà dei suoi fondatori, Larry Page e Sergey Brin, di “sfidare la compagnia di Cupertino sul suo stesso terreno”, hanno affermato fonti vicine alla multinazionale californiana.

Alla sede di Mountain View, però, hanno preferito mantenere il massimo riserbo sulla questione, lasciando un post sul blog ufficiale in cui hanno scritto: “Non abbiamo nessun commento, retroscena, profondo retroscena, cenno, occhiolino, risposta verbale o non verbale per questo tipo di rumor”.

Il servizio offerto da Softcard nasce dalla joint-venture formata nel 2010 tra AT&T, Verizon e T-Mobile. è utilizzato in 200 mila punti vendita statunitensi ed è disponibile per gli smartphone che utilizzano sistema operativo Android e Windows Phone.

Nonostante la notevole diffusione, Softcard non ha ottenuto il successo sperato, tanto da costringere la società a optare per un piano di riduzione del personale, che ha portato al licenziamento di 60 dipendenti. Decisione dettata anche dalle perdite registrate nel bilancio: circa 15 milioni di dollari al mese.

Dopo il debutto di Apple Pay, il mercato dei pagamenti mobile sta crescendo oltre ogni previsione: dai 12,8 miliardi di dollari del 2012 si raggiungeranno i 90 miliardi del 2017, il 48% in più rispetto al 2012. Gli analisti hanno dichiarato che dal 2019 i pagamenti tramite cellulare aumenteranno a 142 miliardi di dollari.

Calo morti per malattie cardiache non legato a uso statine

In Inghilterra e in Galles, le morti per malattia coronarica sono diminuite grazie all’adozione di stili di vita piu’ sani, anziche’ per il diffuso utilizzo delle statine. Lo ha rilevato un gruppo di ricercatori della Liverpool University in uno studio pubblicato sul BMJ Open.

I ricercatori hanno usato un modello matematico per valutare il ruolo delle statine nel significativo calo delle morti registrato nel periodo che va dal 2000 al 2007. Nel complesso i decessi per malattia coronarica sono diminuiti di 38mila. Molte vite sono state salvate grazie ai progressi nelle terapie d’emergenza e anche da fattori non ancora molto chiari.

Ma i ricercatori hanno calcolato che ben 20.400 morti sono state evitate grazie alla riduzione della pressione sanguigna e del colesterolo. E di questi solo 5.300 casi sarebbero legati all’uso delle statine. Lo studio ha inoltre rilevato che i vantaggi delle statine non sono distribuiti in modo uniforme su tutto il territorio.

Tra coloro che vivono in aree ricche, ad esempio, le statine sono maggiormente collegate alla prevenzione, intorno al 50 per cento in piu’ rispetto alle aree svantaggiate.

Influenza: stare a casa davanti a tv limita diffusione

Semplici misure, come stare a casa a guardare la tv, possono aiutare a combattere potenziali epidemia di influenza. I vaccini e i farmaci, infatti, non sono le uniche forme efficaci per affrontare un focolaio.

Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio della University of California, dell’Arizona State University, della Georgia State University e della Yale University, pubblicato sulla rivista BMC Infectious Diseases. Sia che si tratti di iniziative private o di politiche dirette, azioni come la chiusura di scuole o di luoghi d’intrattenimento, e la cancellazione di eventi pubblici rappresentano efficaci strategie di controllo contro la diffusione dell’influenza.

“L’epidemia di influenza suina che nell’aprile del 2009 ha colpito Citta’ del Messico – ha detto Michael Springborn, economista della University of California e primo autore dello studio – avrebbe potuto essere peggiore, ma la diffusione del virus e’ stata ridotta grazie alla risposta comportamentale delle persone che hanno preso le distanze le uno dalle altre”.

I ricercatori hanno creato un nuovo modello che aggiunge, a quelli attuali che riguardano la diffusione dell’influenza, le risposte comportamentali. Nell’aprile del 2009 il governo federale del Messico, a seguito della conferma della presenza di un nuovo ceppo influenzale A/H1N1, ha chiuso le scuole pubbliche a Citta’ del Messico e ha messo in atto una serie di misure di “distanziamento sociale”.

I ricercatori hanno anche esaminato la visione televisiva in casa come indicatore di risposta comportamentale durante la pandemia, nella convezione che i rating televisivi siano “fortemente correlati” al tempo trascorso in casa. All’inizio del focolaio di influenza, le persone hanno risposto bene alle politiche di controllo. Ma dopo un po’ hanno cominciato a uscire di casa.

“Questo suggerisce – ha detto Springborn – che gli sforzi di utilizzare il distanziamento sociale per mitigare la diffusione della malattia possono avere una limitata finestra d’efficacia”. Anche la pandemia d’influenza nel 1918 in Australia riflette questo modello di comportamento.

“Il nostro studio rafforza l’opinione che l’acquisizione di cambiamenti comportamentali che amplificano o riducono la velocita’ di trasmissione e’ la chiave per migliorare la nostra capacita’ di fare previsioni sull’impatto delle epidemie”, ha detto Gerardo Chowell della Georgia State University, coautore dello studio.

Altre forme d’interventi non farmaceutici, che sono risultate associate a una minore diffusione dell’influenza, sono la chiusure delle imprese, l’uso delle mascherine e l’abitudine individuale a lavarsi spesso le mani.

Ebola: prime dosi vaccino sperimentale inviate in Liberia

Il primo lotto del vaccino sperimentale di Gsk contro il virus Ebola è in partenza verso la Africa occidentale e dovrebbe arrivare in Liberia nella giornata di oggi. Lo ha annunciato la casa farmaceutica in una nota, dove si specifica che la spedizione contiene 300 fiale che saranno impiegate nel primo studio di efficacia su larga scala che iniziera’ nelle prossime settimane.

Il candidato vaccino e’ attualmente sperimentato in cinque studi di dimensione ridotta di fase I in UK, USA, Svizzera e Mali, per un totale di circa 200 volontari sani e i dati preliminary hanno dimostrato un adeguato profilo di sicurezza anche in soggetti dell’Africa occidentale e a diversi dosaggi. Sulla base di tali dati immunologici e di sicurezza GSK ha deciso il dosaggio appropriato per gli ulteriori test clinici.

I risultati del primo degli studi clinici di fase I sono stati pubblicati nel novembre scorso e quelli degli altri studi lo saranno nei prossimi mese. Il dosaggio selezionato sara’ ora sperimentato in un ampio studio clinico di fase III condotto dallo US National Insitutes of Health (NIH) su un totale di 30mila soggetti, di cui un terzo ricevera’ il candidato vaccine contro il virus Ebola di GSK.

Lo studio confrontera’ il vaccino sperimentale con uno di controllo per verificare se la risposta immunitaria vista negli studi di fase 1 si traduce in significativa protezione contro il virus Ebola. La sperimentazione iniziera’ in Liberia nelle prossime settimane previa autorizzazione regolatoria con ulteriori spedizioni di vaccino a seguire. GSK sta lavorando a stretto contatto con l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ e con I Centers for Disease Control and Prevention (negli USA per contribuire alla formulazione e agevolare gli studi in altri paesi colpiti a Sierra Leone e Guinea a nei prossimi mesi.

Wi-Fi pericoloso per bimbi, un nuovo studio Usa lancia l'allarme

I genitori dovrebbero limitare l’esposizione dei propri figli alla Wifi in quanto potrebbe danneggiare la loro salute. I bambini, infatti, assorbirebbero più radiazioni degli adulti. A lanciare l’allarme è stato un report pubblicato sul Journal of Microscopy and Ultrastructure, secondo cui anche le donne incinte dovrebbero stare alla larga dai cellulari perchè i feti sono i più vulnerabili alle radiazioni.

“I bambini assorbono più MWR degli adulti perchè i loro tessuti cerebrali sono più assorbenti, i loro crani più sottili e la loro dimensione relativamente più piccola”, hanno scritto i ricercatori. “Le donne incinte – ha detto la neurologa pediatrica Maya Shetreat-Klein – meritano di sapere che le radiazioni wireless possono avere un impatto sullo sviluppo del cervello.

Stiamo assistendo a un aumento allarmante del numero di bambini con diagnosi di disturbi neurologici negli ultimi dieci anni, e tutto quello che possiamo fare per contribuire a ridurre questo tasso dovrebbe essere preso molto sul serio”.

Gli autori del report hanno analizzato diversi studi pubblicati tra il 2009 e il 2014, documenti governativi, dati sui cellulari, ecc. “Belgio, Francia, India e altri governi tecnologicamente sofisticati stanno passando leggi o emettendo degli avvertimenti circa l’uso di dispositivi wireless da parte dei bambini”, hanno scritto, precisando che i produttori di smartphone dovrebbero avvertire a quale distanza minima sarebbe meglio tenere i loro aggeggi affinchè non vengano superati i limiti di esposizione alle MWR.

Per i computer e i tablet, ad esempio, la distanza minima dal corpo dovrebbe essere di 20 centimetri. Inoltre gli autori hanno pubblicato raccomandazioni specifiche: le donne incinte dovrebbero evitare l’esposizione alle wireless; i bambini non dovrebbero giocare con giocattoli wireless; ragazze e donne adolescenti non dovrebbero mettere i cellulari nei loro reggiseni; e il governo dovrebbe rivedere con urgenza i limiti di esposizione.

G-Shock porta la musica al polso, nasce lo smartwatch Casio

Casio mette la musica a portata di… polso. Con G’MIX GBA-400, G-Shock combina il design inconfondibile della serie alla tecnologia Bluetooth Smart a basso consumo di batteria e offre, grazie anche alle applicazioni dedicate una comunicazione “a due vie” con lo smartphone.

Usando i pulsanti dell’orologio, è possibile gestire direttamente le app del telefono e – viceversa – regolare tramite smartphone alcune funzioni dell’orologio, come orario, allarmi e lettore musicale. G-SHOCK+ e G’MIX App sono le applicazioni dedicate e disponibili gratuitamente per il download da App Store e Google Play Store e compatibili con iOS 8 e con Android 4.4.

Con G’MIX è possibile controllare il lettore musicale tramite l’orologio, avviare o mettere in pausa la riproduzione musicale, cambiare i brani, regolare il volume o la qualità del suono tramite un equalizzatore, impostare il tipo di musica o il campo sonoro (riverbero) e molto altro, senza utilizzare lo smartphone.

Si può anche visualizzare il titolo del brano in esecuzione e, girando la corona, avviare la ricerca brani sul proprio dispositivo. Attraverso G-SHOCK+ è possibile notificare le chiamate in entrata e le email ricevute attraverso un suono o una vibrazione dell’orologio, ma anche impostare e aggiornare l’ora: senza dover premere dei tasti sull’orologio, è possibile impostare l’ora internazionale, il formato dell’ora (12/24 ore), l’ora di un allarme, l’ora di inizio timer, e tante altre funzioni di G-SHOCK di uso frequente, comodamente dallo smartphone.

Viceversa è possibile, con la semplice pressione dei pulsanti dell’orologio, connettersi all’app G-SHOCK+ per richiamare l’ora corrente dello Smartphone: la soluzione perfetta per aggiornare velocemente e facilmente l’ora, anche se ci si trova in un paese con un altro fuso orario.

Inoltre, per chi è spesso alla ricerca del proprio smartphone, “disperso” nella borsa o sotto i documenti presenti sulla scrivania, i modelli G’MIX GBA-400 sono dotati della funzione Phone Finder: tramite una combinazione di tasti di G-SHOCK, lo smartphone inizia a suonare (anche se in modalità silenziosa) e sarà cosi possibile localizzarlo subito.

Nonostante l’utilizzo continuativo della connessione Bluetooth, i G-SHOCK G’MIX GBA-400 assicurano una durata della batteria di due anni. Inoltre: resistenza agli urti e all’acqua fino a 20 BAR, schermo retro-illuminato da LED, cronometro con una precisione di 1/100 di secondo, formato dell’ora 12/24, 5 sveglie, indicazione dell’ora di 100 città in tutto il mondo, cinturino in resistentissima resina e vetro minerale antigraffio.

I modelli G’MIX GBA-400 sono disponibili in Italia al prezzo consigliato di 199 euro. Alle varianti nero, nero e oro, rosso, blu, a partire da febbraio 2015, saranno affiancate le nuove varianti verde, arancione e argento.

Giorgio Napolitano si è dimesso. Per lui nove anni al Quirinale

Giorgio Napolitano si è dimesso (Ansa/Percossi)
Giorgio Napolitano si è dimesso (Ansa/Percossi)

Come aveva annunciato a Capodanno, il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha firmato la lettera di dimissioni e lascia, dunque, il Quirinale dopo quasi nove anni di mandato. Fu eletto nel 2006 e poi nel 2013. Le dimissioni sono state lette in Aula alla Camera dalla presidente Laura Boldrini ed è partito un lungo applauso e una standing ovation dai banchi della maggioranza.

Ora si apre ufficialmente la corsa al suo successore, mentre il presidente del Senato Piero Grasso – che si è appena spostato da Palazzo Madama a Palazzo Giustiniani, che diventa sede della presidenza – svolgerà per il tempo necessario le funzioni di capo dello Stato. Matteo Renzi, intanto, stringe i tempi sulla successione. “Ragionevolmente a fine mese – dice a margine della presentazione di un libro – avremo il prossimo presidente della Repubblica”.

E avverte, dopo quanto accaduto prima della rielezione di Napolitano, questa volta “non possiamo fallire”. Renzi ribadisce di non voler parlare di nomi ma di un profilo. “E’ ridicolo per le istituzioni discutere sui nomi. Dobbiamo discutere il profilo di un grande arbitro che aiuti il Paese a crescere. Il prossimo presidente deve avere le caratteristiche costituzionali che chiamano i gruppi dirigenti di tutti i partiti a una scelta di grande responsabilità”.

La prima votazione per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica è fissata per le 15 del 29 gennaio: è quanto emerge dalla Conferenza dei capigruppo di Montecitorio.

La Biografia di Napolitano (Ansa/Centimetri)
La Biografia di Napolitano (Ansa/Centimetri)

Il premier ha salutato Napolitano twittando #GraziePresidente. L’hashtag in poche ore è schizzato in testa agli argomenti di discussione su Twitter in Italia. In cima agli altri trend ci sono anche #Napolitano, #Quirinale e Veltroni, uno dei nomi di cui si parla come possibile successore al Colle.

Il Papa ha espresso a Napolitano “sincera stima e vivo apprezzamento per il suo generoso ed esemplare servizio alla Nazione italiana”, svolto “con autorevolezza, fedeltà e instancabile dedizione al bene comune”

Dal Movimento cinque stelle arriva la richiesta di rinunciare alla carica di senatore a vita che spetta agli ex presidenti. Giorgio Napolitano, “uno dei peggiori presidenti della Repubblica”, rinunci alla carica di senatore a vita: così, in una nota congiunta, i capigruppo M5S di Camera e Senato, Andrea Cecconi e Alberto Airola.

Questa mattina al palazzo del Quirinale è stata ammainata la bandiera del presidente della Repubblica.

Il Pd ha riunito la segreteria e, al termine, la vicesegretaria del partito, Debora Serracchiani, ha fatto sapere che i Dem faranno incontri con tutte le forze politiche in vista dell’elezione del successore di Napolitano e ha confermato che si punta al quarto scrutinio per la fumata bianca.

Il presidente della Bce, Mario Draghi, citato a più riprese nel toto-nomi del Colle è tornato a chiamarsi fuori dalla partita. “È un grande onore naturalmente per me essere preso in considerazione – ha detto in una intervista alla Zeit – ma non è il mio lavoro”.

Terrorismo islamico, dopo i cortei ora il rischio è il suo uso politico

Massimo Franco per il Corriere della Sera

Il tema non è tanto la fondatezza del pericolo del terrorismo islamico in Italia, ma l’uso politico che già se ne comincia a fare. A poche ore dalla manifestazione dei capi di Stato e di governo a Parigi seguita agli attentati del 7 gennaio, l’unanimismo si è già incrinato: a livello internazionale e da noi.

Gli attentati stanno producendo un’ondata di richieste destinate a condizionare le agende dei partiti; a renderle più attente alle paure dell’opinione pubblica. E, come in Francia il Front National di Marine Le Pen, in Italia è la Lega a guidare il fronte di chi cerca di approfittare di quanto è accaduto: per motivi insieme culturali ed elettorali.

La richiesta di abolire il trattato di Schengen, che permette la libera circolazione dei cittadini europei nell’Unione, è solo il primo atto. L’altro è una manifestazione di sfiducia e diffidenza nei confronti di tutto il mondo islamico, giustificato dalla presenza di una minoranza eversiva e, secondo i servizi segreti, pronta a colpire ancora.

Proprio partendo dal corteo parigino, FI denuncia un evento in cui ha colpito «l’assoluta egemonia della sinistra», sostiene il Mattinale , il bollettino del gruppo berlusconiano alla Camera. «Si sono eretti a interpreti unici dei sentimenti del popolo europeo».

Il tentativo è di accreditare una controverità rispetto a quella che descrive un’Europa compatta e solidale, e insieme decisa alla fermezza ma anche alla tolleranza. Nei quaranta governanti che hanno sfilato insieme si vede un fatto positivo; eppure si imputa loro anche «il totale rifiuto di vedere nell’Islam la fonte avvelenata delle stragi».

È una deriva della quale già sono spuntati i primi indizi. A rafforzarla è un umore antieuropeo ramificato e crescente: lo stesso che ha portato ad un’affermazione delle forze populiste alle ultime elezioni europee, con Germania e Italia uniche eccezioni.

Dal 7 gennaio, il problema è come impedire che prevalga una narrativa destinata ad alimentare l’idea di una guerra di religione in atto. Le analisi che spiegano come in realtà il vero conflitto si combatta tra Al Qaeda e Isis, e contro la grande massa dei musulmani moderati, faticano a fare breccia.

Anche perché più uccide europei, più l’eversione conta di fare proseliti dentro e fuori i confini dell’Ue. Ma «non si tratta di blindare i nostri Paesi: significherebbe blindare la democrazia», ha detto ieri il senatore del Pd, Sergio Zavoli. «Basterà informare, conoscere e agire».

Palazzo Chigi cerca di arginare l’allarmismo e gli attacchi delle opposizioni, che vanno dalla persistenza della crisi economica al bilancio del semestre italiano, fino agli attentati. «Nessun governo europeo parla di sospendere Schengen», spiega il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.

«Sacrificare la libertà di circolazione sarebbe un prezzo inaccettabile da pagare al terrorismo». Si sta per dimettere Giorgio Napolitano, e il 29 ottobre si comincerà a votare per il successore. Il rischio che fattori esterni condizionino le elezioni per il Quirinale, sta oggettivamente aumentando.

Appalti truccati nella Marina Militare: sette arresti a Taranto

Appalti Marina MilitareSui lavori di manutenzione delle navi militari e sulle forniture alle Marina secondo l’accusa sarebbe stata imposta una tangente del 10% rispetto al valore dell’appalto. Al termine di una prima fase di indagine durata quasi un anno sono stati arrestate stamattina sette persone con l’accusa di concorso in concussione.

Si tratta di cinque ufficiali, di cui due in servizio allo Stato maggiore a Roma, un sottufficiale e un dipendente civile. Le dimensioni dello scandalo e il fatto che alcuni imprenditori di Taranto, in rapporti di lavoro con le strutture della Marina Militare, fossero costretti a pagare tangenti per aggiudicarsi le commesse sono apparse un anno fa, quando a marzo 2014 fu arrestato dai carabinieri il capitano di fregata Roberto La Gioia, in servizio nella base navale di Chiapparo, a Taranto.

Fu in quell’occasione che fu scoperta la contabilità dei soldi versati dagli imprenditori e cominciò la ricerca dei complici dell’ufficiale arrestato in flagranza di reato il 12 marzo con l’accusa di concussione. Dopo l’arresto, i carabinieri perquisirono gli uffici di quattro imprese di Taranto, i cui titolari, secondo le indagini, sarebbero stati costretti a sottostare alle pretese dell’ufficiale.

A fare da guida agli investigatori, furono alcuni file sequestrati al militare nel corso dell’arresto. Quei documenti erano su due pen drive che il comandante custodiva in una valigetta. Nelle “pennette” è stato trovato un elenco di imprese. Accanto ad ognuna, era riportato il valore dell’appalto che si era aggiudicato e il pagamento di tangenti, equivalenti al 10% dell’importo della commessa. Un vero e proprio sistema nel quale apparve chiaro il coinvolgimento di altre persone sulle quali si è concentrato, in questi mesi, lo sviluppo delle indagini coordinate dal sostituto procuratore di Taranto Maurizio Carbone.

Incastrato dai carabinieri, il capitano La Gioia, fu bloccato nel suo ufficio della base della Marina di Taranto. Un imprenditore aveva raccontato ai carabinieri di essere stato costretto a girare 150.000 euro all’ufficiale per garantirsi il regolare pagamento delle fatture emesse dalla sua impresa, titolare dell’appalto per il ritiro e il trattamento delle acque di sentina dalle navi ormeggiate a Taranto e Brindisi dove la Marina ha un altro presidio.

L’imprenditore ha anche rivelato il tentativo di coinvolgerlo nelle manovre per pilotare una gara d’appalto, per la quale è finito sul registro degli indagati un altro imprenditore con l’accusa di tentativo di turbativa d’asta. Dopo la denuncia, l’uomo ha collaborato con i carabinieri permettendo di svelare il sistema.

Il 12 marzo scorso, infatti, l’imprenditore si è recato nell’ufficio del capitano di fregata per consegnargli una tangente da duemila euro ma quando è uscito dalla stanza sono arrivati i carabinieri che hanno arrestato l’ufficiale.
Subito dopo, i carabinieri hanno perquisito l’appartamento di La Gioia trovando 36.000 euro in contanti mentre altri 8.000 euro sono stati rinvenuti nella cassaforte del suo ufficio oltre alle pen drive con la contabilità occulta.

Primarie Pd Liguria, vince Paita contro Cofferati che denuncia brogli

Primarie Pd Liguria Sergio Cofferati e Raffaella Paita
Sergio Cofferati e Raffaella Paita

Primarie al veleno per il Pd ligure, con la renziana Raffaella Paita che canta vittoria mentre Sergio Cofferati denuncia irregolarità e l’opposizione gongola. “L’inquinamento delle Primarie si sta purtroppo realizzando in misura più consistente di quella prevista e temuta” scrive in una nota l’eurodeputato Cofferati che spiega:

“E’ in atto un aumento positivo di partecipazione al voto delle Primarie che ha purtroppo come contraltare la crescita di segnalazioni di forti irregolarità, che riguardano in particolare una presenza assolutamente anomala ed organizzata di intere comunità straniere sia a levante sia a ponente e nelle ultime ore in alcuni seggi di Genova. A questo si aggiunge il voto diffuso di riconosciuti esponenti del centro destra ligure. Tutti questi casi – conclude Cofferati – verranno segnalati in dettaglio alla Commissione di Garanzia e alla Segreteria nazionale” del Pd.

Primarie Pd Liguria Claudio Burlando
Claudio Burlando

Per la vincitrice, assessore regionale ligure alle Infrastrutture e alla protezione civile, non c’è stata nessuna irregolarità: “Lo scarto è stato di 4mila voti, pare che siamo di fronte a una vittoria Esito. Ho vinto in 3 Province su 4 con uno scarto enorme. Adesso – ha concluso Paita – lavorerò per l’unità del Pd e per affrontare al meglio la sfida delle regionali, saranno anni rock”.

Paita ha ottenuto 28.973 voti contro i 24.916 di Cofferati, staccato di circa 4mila voti. Sei le schede contestate. Alta l’affluenza alle urne con 55mila elettori che si sono recati a votare.

Raffaella Paita, 40 anni è renziana sin dalla prima ora. Uno dei suoi maggiori sponsor nella campagna per le primarie Pd in Liguria è stato il presidente uscente Claudio Burlando che ha subito espresso soddisfazione: “La vittoria netta di Paita è sua e anche un po’ mia”.

Per Gasparri è l’ennesima farsa primarie con il “cinesè sfregiato dai cinesi”, iroizza il vicepresidente del Senato. “Dopo i rom di Marino, i cinesi di Burlando e Paita. Brogli alle primarie del Pd dove il cosiddetto “cinesè Cofferati contesta le votazioni per scelta del candidato Pd alle regionali liguri, per l’eccessiva presenza di cinesi e altri extracomunitari alle urne. Il cinese fregato dai cinesi, cosi potremmo intitolare questa nuova farsa Pd”.

Per la Lega è un “brutto spettacolo” che intristice e amareggia. “Mi sento preoccupato, triste e anche un tantino arrabbiato” dice Francesco Bruzzone, consigliere regionale della Lega Nord, “perchè leggo, da fonti certe, cioè dagli stessi esponenti del Pd, che la presunta vittoria di Raffaella Paita sarebbe dovuta al sostegno di comunità organizzate quali zingari, marocchini e cinesi.

Da La Spezia il segretario provinciale del Pd, Juri Michelucci, assicura che il voto è stato corretto, senza alcun inquinamento. “Non si sono verificate irregolarità tali da parlare di inquinamento delle primarie” ha detto. “Non ci sono stati voti organizzati e di certo non si sono verificati brogli elettorali.

Quelle cui abbiamo assistito mi pare siano più reazioni ad una giornata difficile, frutto di una campagna elettorale tesa. Ci sono state segnalazioni – aggiunge Michelucci – ma c’è un regolamento delle primarie in cui è prevista la possibilità di voto da parte degli extracomunitari che vengono iscritti in un registro separato. è previsto anche il voto di esponenti di liste civiche.

Ci sono stati segnalati alcuni casi ma se gli extracomunitari sono regolari sul territorio non vedo irregolarità. Stiamo comunque verificando con la commissione provinciale il numero effettivo degli extracomunitari che si sono recati ai seggi. Nello spezzino hanno votato 15.000 persone e mi dicono che le persone di nazionalità cinese che hanno chiesto di votare siano state una decina: di certo – conclude – non si può mettere in discussione il risultato”.

Marcia contro il terrore islamico a Parigi. Due milioni in piazza

Marcia contro il terrore islamico - La prima fila coi capi di stato alla marcia di Parigi - foto Kovarik-Afp
La prima fila coi capi di stato alla marcia di Parigi – (foto Kovarik-Afp)

Almeno due milioni di manifestanti hanno partecipato alla marcia del mondo contro il terrore islamico a Parigi dopo gli attacchi dei giorni scorsi al giornale satirico Charlie Hebdo e al supermercato ebraico. Un altro milione di persone è sfilato nei diversi cortei organizzati nel resto della Francia: incluso quello separato del Front National di Marine Le Pen che, non invitata dal presidente socialista Francois Hollande alla marcia di Parigi – a differenza della destra moderata dell’Ump -, ha guidato i suoi sostenitori a Beaucaire, nel sud.

“Je suis Charlie, flic, Juif”, “Sono Charlie, poliziotto, ebreo”. E’ lo slogan di Place de la République a Parigi, gremita per la marcia repubblicana in ricordo delle vittime dei fratelli Kouachi e di Amedy Coulibaly.

[flagallery gid=15]Il presidente Hollande riunito all’Eliseo con i ministri ha affermato che oggi “Parigi è la capitale del mondo”. La Casa Bianca ha reso noto che il 18 febbraio ospiterà un vertice straordinario sulla lotta al terrorismo.

Intanto si riapre il dossier Schengen: “Bisogna valutare possibili modifiche al sistema”, ha detto il ministro Cazeneuve in eco a Marine Le Pen che aveva invocato una modifica al trattato sulla libera circolazione negli stati Ue. In disaccordo l’Italia con i ministri di Esteri e Interno, Gentiloni e Alfano: “Schengen è una grande conquista di libertà, non si può regalare ai terroristi il successo di tornare indietro”. All’Eliseo tra gli altri Renzi, Netanyahu, Abu Mazen. Lungo abbraccio tra Merkel e Hollande. Anche Sarkozy e Carla Bruni tra le decine di capi di stato e di governo.

“Questo oggi” a Parigi “è un giorno importante per l’Europa e per un ideale” perché “colpendo Parigi si è voluta colpire un’idea. E’ bello che oggi siamo qui in tanti, con idee diverse, per dare un messaggio, una risposta di sicurezza: i nostri valori sono più forti delle loro minacce”. Cosi il premier Matteo Renzi all’Eliseo dove è giunto per partecipare con gli altri leader e capi di Stato alla marcia contro il terrorismo.

“L’Europa deve restare unita e non dobbiamo farci impaurire. Siamo qui per dire che non ci facciamo fermare né dall’orrore né dalla paura. Da Parigi deve partire un messaggio di dolore e vicinanza ma anche di futuro perché l’Europa non è solo passato”, ha proseguito il presidente del Consiglio, che poi ha anche rilasciato dichiarazioni in francese ai reporter locali.

Il premier ha proseguito osservando che “magari bastasse una legge”. Per Renzi la questione è di “valori”: dobbiamo affrontare “una sfida più grande: affermare valori più grandi dell’orrore”. Renzi ha concluso sottolineando come la risposta unita che l’Ue sta dando a questo attacco contro uno dei membri dell’Unione, dimostra che “l’Europa e molto di più e non è solo un fattore economico. L’unico risvolto positivo di questa tragedia può essere quello di farci riflettere su cosa è l’Europa”, ossia, “70 anni di pace”.

Attacco all'Europa, dopo il blitz si cerca Hayat Boumeddiene

Amedy Coulibaly il terrorista islamico ucciso dalle teste di cuoi francesi
Amedy Coulibaly il terrorista islamico ucciso dalle teste di cuoi francesi

Amely Coulibaly, il sequestratore del supermercato kosher di Parigi, è uscito di prigione da due mesi. Era stato arrestato e condannato nel 2010, per aver fatto parte di un gruppo che aveva elaborato un piano per tentare di far evadere Smait Ali Belkacem, l’autore dell’attentato del 1995 alla stazione RER di Saint-Michel a Parigi. Nella stessa inchiesta, riferiscono i media francesi, era stato interrogato anche Cherif Kouachi, uno dei due assalitori di Charlie Hebdo, che era però stato scagionato.

Coulibaly, che ieri a a Montrouge, periferia sud di Parigi, ha fatto fuoco contro una donna poliziotto uccidendola, conosceva i fratelli Kouachi.

Amedy Coulibaly con la compagna Hayat Boumeddiene
Amedy Coulibaly con la compagna Hayat Boumeddiene

Anche la fidanzata di Coulibaly ricercata per Montrouge

C’è anche una ragazza, la ventiseienne Hayat Boumeddiene, tra i ricercati per la sparatoria di ieri a Montrouge. La prefettura di Parigi ha emesso un “avviso di ricerca” nei suoi confronti. Secondo Bfm Tv sarebbe la fidanzata di Amedy Coulibaly, il killer che ora è barricato nel supermercato kosher di Parigi.

Fonti dell’intelligence francese citate dalla Tv France 2, rivelano che gli uomini erano “in contatto”. Secondo gli investigatori dell’antiterrorismo, l’uomo che ha agito a Montrouge e che ha preso cinque persone in ostaggio in un negozio ebraico a Parigi, era “associato” alla stessa filiera jihadista, basata nel 19/o arrondissement di Parigi e organizzata per inviare combattenti in Iraq, a cui apparteneva Cherif Kouachi, il più giovane dei due fratelli responsabile dell’attacco al giornale satirico.

Legati a Aqap, incontrarono Awlaki
Uno dei terroristi responsabili del massacro nella sede di Charlie Hebdo incontrò l’imam Anwar Awlaki in Yemen poche settimane prima che il leader dell’Aqap venisse ucciso. Lo riferiscono i media internazionali. Per il Site, allo stato, il collegamento tra i terroristi e il ramo yemenita-saudita di al Qaida “è il più credibile”. Ieri, i media Usa avevano rivelato che Said Kouachi, uno dei fratelli ricercati per la strade a Charlie Hebdo, sarebbe stato addestrato a usare armi ed esplosivi dall’Aqap nel 2011. Anwar Al-Awlaki è l’imam americano-yemenita ucciso da un drone Usa nel 2011. Awlaki fu l’ideatore di Inspire, il ‘magazine’ di al Qaida.

Cherif Kouachi arruolato da seguace Abu Hamza
Cherif Kouachi, uno dei due terroristi che hanno compiuto la strage al magazine Charlie Hebdo, è stato arruolato in carcere da un seguace di Abu Hamza, l’ex imam radicale della moschea londinese di Finsbury Park estradato dalla Gran Bretagna agli Usa. E’ quanto si legge sul Daily Telegraph, secondo cui Djamel Beghal, franco-algerino incarcerato per il suo importante ruolo in Al Qaeda, divenne amico di Kouachi dieci anni fa, quando i due erano in prigione in Francia: gli disse che stava cercando volontari per una nuova rete terroristica. Beghal aveva frequentato assiduamente la moschea di Finsbury Park negli anni Novanta.

Kouachi a un commerciante, “noi non uccidiamo i civili”.
Uno dei fratelli Kouachi, ritenuti i responsabili della carneficina al Charlie Herbdo, incrociando questa mattina un commerciante di Dammartin, ha detto “se ne vada, noi non uccidiamo i civili”.

Terrore islamico a Parigi. Uccisi i terroristi. Muoiono 4 ostaggi

Terrore islamico a Parigi Da sinistra i fratelli Cherif Kouachi e Said Kouachi - Hayat Boumeddiene e Amedy Coulibaly
Da sinistra i fratelli Cherif Kouachi e Said Kouachi – Hayat Boumeddiene (secondo autorità già in Siria) e Amedy Coulibaly uccisi nei blitz delle teste di cuoio

Il terrore islamico a Parigi si conclude con altro sangue. I tre giorni più lunghi per la Francia, cominciati con la strage in redazione a Charlie Hebdo e finiti con un doppio, simultaneo assalto dei reparti speciali francesi hanno avuto il loro tragico epilogo.

Morti i tre terroristi, che hanno inneggiato ad al Qaida e all’Isis, morto un loro probabile fiancheggiatore. Morte anche quattro persone, ostaggi in un supermercato ebraico di prodotti kosher.

In un messaggio dal Cairo, Al Qaida in Yemen (Aqap) ha rivendicato l’azione, organizzata per vendicare il profeta Maometto, mentre su Youtube uno dei responsabili di Aqap, Harith gin Ghazi, ha chiesto alla Francia di smettere di attaccare l’Islam o ci saranno nuovi attentati. “Usciremo da questa prova ancora più forti”, ha detto il presidente Francois Hollande in tv, provando a risollevare i francesi atterriti da un incubo interminabile. Ma poi ha subito aggiunto che “per la Francia le minacce non sono finite”.

Il terribile attacco ai vignettisti di Charlie Hebdo, poi il crudele assassinio di una giovane poliziotta, infine la fuga dei tre terroristi braccati come animali, i due fratelli integralisti Cherif e Said Kouachi e l’ultrà islamico di origine maliana Amedy Coulibaly.

[flagallery gid=14]Fino a questa mattina sembrava che l’attesa dovesse durare ancora a lungo, poi la notizia che i due Kouachi avevano tentato di rubare un’auto, si erano scontrati con la polizia e, infine, si erano asserragliati in una tipografia della zona industriale della Seine-et-Marne, a est di Parigi, a ridosso dell’aeroporto Charles de Gaulle di Roissy.

Secondo il procuratore della Repubblica di Parigi, François Molins, i due erano armati sino ai denti e possedevano addirittura un bazooka, con l’ogiva pronta ad essere sparata. Contemporaneamente, si stringeva il cerchio attorno a Coulibaly, del quale non si era saputo più nulla dopo l’assassinio della giovane agente ieri mattina: fermati i genitori, un mandato veniva spiccato nei confronti suoi e della sua compagna, Hayat Boumeddiene, che è tuttora ricercata.

I fratelli Kouachi non si erano resi conto di avere con loro un ostaggio. Dopo ore, sentendosi perduti e privi di potere di scambio con la polizia che li assediava, sono usciti dallo stabilimento sparando contro la polizia, alle 16.57. Seguendo gli ordini impartiti direttamente dal presidente Hollande, i reparti speciali hanno risposto al fuoco e hanno “neutralizzato” la minaccia.

I due fratelli, che avevano fatto sapere di voler morire “da martiri”, sono stati uccisi nello scontro a fuoco. Nel primo pomeriggio, intanto, era riemerso Coulibaly, di cui non si avevano notizie da ore. Era braccato, ha saputo dei suoi genitori fermati, ha sentito che era arrivato alla fine ed è passato al gesto estremo: kalashnikov in pugno, è entrato in un supermercato di prodotti kosher a Vincennes, periferia residenziale di Parigi, prendendo in ostaggio una decina di persone, fra cui donne e bambini, e gridando ai primi poliziotti arrivati: “sapete chi sono, sapete chi sono!”. Le ricostruzioni, e lo conferma anche Molins, dicono che abbia ucciso subito quattro degli ostaggi, minacciando poi un massacro se fossero stati toccati i fratelli Kouachi.

Terroristi islamici in azione contro Charlie Hebdo
I terroristi islamici in azione contro Charlie Hebdo

Ha avuto la calma e la concentrazione di telefonare alla redazione di Bfm-Tv per mettere in chiaro che la sua azione era coordinata con i fratelli terroristi, che avrebbero dovuto occuparsi “loro di Charlie Hebdo, io dei poliziotti”. Dopo essersi detto appartenente allo Stato islamico, si è preparato alla fine cominciando a pregare (i redattori di BFMTV hanno ascoltato le sue preghiere dal cellulare rimasto staccato). Anche a Vincennes, per ordine di Hollande, le teste di cuoio sono passate all’azione, esattamente tre minuti dopo Dammartin-en-Goele: fuoco e granate lacrimogene sul supermercato, irruzione ed esplosioni, poi il silenzio.

Lentamente sono usciti i superstiti, mentre i soccorritori si dedicavano ai feriti. Cinque i morti accertati: Coulibaly e quattro ostaggi. Alcuni riferiscono però che tra le quattro vittime ci potrebbe essere un possibile complice del killer, ma il procuratore non conferma l’ipotesi. Messa in scacco da tre persone nonostante avesse schierato quasi centomila uomini sul terreno, la Francia prova già da stasera a curarsi le ferite e a interrogarsi sul futuro.

Già il primo ministro Manuel Valls ha fatto capire in giornata che c’è forse bisogno di cambiare qualcosa nell’arsenale legislativo francese, alcune circostanze che emergono di ora in ora lo confermano: Coulibaly a piede libero nonostante fosse stato condannato a 5 anni nel 2013 per aver tentato di far evadere Belkacem, terrorista algerino tristemente noto per gli attentati del 1995; Cherif Kouachi, già segnalato come integralista pericoloso, reduce da un soggiorno in Yemen nel 2011 che egli stesso ha definito “finanziato dall’imam Anwar al-Awlaki”, eppure libero di agire e organizzarsi a proprio piacimento.

I francesi provano a ripartire, anche se stasera la strada appare molto in salita. Charlie Hebdo vive, o almeno prova a farlo, riprendendo il lavoro con i superstiti della carneficina ospitati nella redazione di Liberation. Domenica, alla marcia “repubblicana” in nome dell’unità nazionale, in prima fila ci sarà anche Francois Hollande. Verranno a trovarlo, per esprimergli vicinanza e solidarietà, Matteo Renzi, il premier inglese David Cameron, lo spagnolo Mariano Rajoy, la cancelliera Angela Merkel, i massimi vertici europei e il segretario di stato americano alla Giustizia, Eric Holder.

Charlie Hebdo, è caccia all'uomo. Rintracciati i fratelli Kouachi. Spari in periferia

Caccia all'uomo per i fratelli autori del massacro di Charlie Hebdo
Caccia all’uomo per i fratelli presunti autori del massacro di Charlie Hebdo

E’ giallo sulle presunte vittime della sparatoria tra i terroristi e la polizia a nord est di Parigi: secondo alcuni media francesi ci sarebbero due morti e venti feriti in una tipografia a nord est di Parigi, dove i terroristi si sono barricati con un ostaggio. Ma la gendarmeria smentisce che al momento ci siano vittime nello scontro a fuoco.

La polizia ha aperto il fuoco contro i due fratelli Kouachi, presunti responsabili del massacro di Charlie Hebdo. La violenta sparatoria si è verificata nella cittadina di Dammartin-en-Goele, dove i ricercati si sono barricati in una tipografia e hanno preso un dipendente in ostaggio.

Da ore gli spostamenti di Cherif Kouachi e Said Kouachi erano sotto i riflettori di tutto il mondo: erano stati avvistati dagli elicotteri della polizia tra i boschi a nordest di Parigi. Il prefetto di polizia di Parigi ha detto: “L’epilogo è vicino”.

La spietata caccia all’uomo ai fratelli Kouachi continua con tutti i mezzi più tecnologici in Francia. Braccati come animali, i due restano però incredibilmente ancora in fuga, alla macchia per il secondo giorno di fronte all’imponente schieramento delle forze di sicurezza francesi.

Nella foresta di Longpont, in Piccardia, 100 chilometri a nord di Parigi, un rastrellamento durato ore si è chiuso in serata con un apparente nulla di fatto mentre i reparti speciali, corazzati come Robocop e armati di congegni per la visione notturna, si sono allontanati lasciando il campo ai soli gendarmi senza aver trovato traccia della vettura dei fuggitivi che, secondo notizie circolate fin dal mattino, sembrava fosse stata lasciata nella zona. Il giorno dopo la strage di Charlie Hebdo, la gigantesca caccia ai terroristi continua insomma senza sosta, ma i risultati si fanno attendere.

[flagallery gid=13]In mattinata ancora sangue era stato versato a Parigi: un misterioso killer ha ucciso spietatamente alle spalle una giovane vigilessa, in servizio da 15 giorni, e ferito gravemente un collega. Mistero assoluto sulla dinamica dei fatti e sul movente: un pregiudicato già arrestato 9 volte è stato fermato, ma l’assassino è salito su un auto e si è allontanato.

Anche in questo caso, nonostante le ricerche, l’uomo – armato fino ai denti e protetto da un giubbotto antiproiettile – è svanito nel nulla. Tre uomini armati e pronti a tutto liberi attorno a Parigi – due nel nord e uno nel sud – hanno portato a uno spiegamento di forze senza precedenti: 88mila uomini, quasi 10mila soltanto nella regione di Parigi, fra i quali reparti di paracadutisti.

A metà giornata il momento di massima tensione: da una parte il misterioso assalitore che ha sparato a due agenti chiamati per un incidente stradale a Montrouge (una morta e un ferito grave) si faceva beffe degli inseguitori parcheggiando l’auto e andando a prendere, armato, la metropolitana. Dall’altra, una Clio grigia nella quale un benzinaio della Piccardia aveva avvistato i fratelli Kouachi con kalashnikov e lanciarazzi si avviava inspiegabilmente verso Parigi.

In pochi minuti, le porte di accesso alla città sono state chiuse da posti di blocco e l’Eliseo è stato blindato. Poco dopo, la caccia ai due killer della strage di Charlie Hebdo si è di nuovo spostata verso Villers-Cotteret, la città natale di Alexandre Dumas, e nei dintorni: prima a Crepy-en-Valois, poi a Corcy, infine a Longpont e nella vicina foresta, quando si è pensato che i due – abbandonata l’auto – non si fossero trincerati in una casa ma avessero provato a dileguarsi nella campagna.

La zona è stata transennata, le immagini diffuse dalle tv sono parse eccezionali: migliaia di uomini con scudi, fotoelettriche, cani al guinzaglio e armati fino ai denti in movimento a piedi, hanno circondato a gruppi i furgoni con il materiale e i gruppi elettrogeni.

L’accordo Pd Ncd in Calabria con la regia di Nicola Adamo. Scacco matto dei Gentile a Forza Italia

accordo pd ncd in Calabria
Il presidente Mario Oliverio durante il suo intervento. Alle spalle il neo presidente del Consiglio regionale Tonino Scalzo e il vice di Ncd Pino Gentile (Foto Adriana Sapone)

Eletto Antonio Scalzo alla presidenza del Consiglio regionale calabrese, è adesso resa dei conti tra quanti, nel Pd, sarebbero stati tenuti all’oscuro dell’accordo Pd Ncd in Calabria che ha portato Scalzo sullo scranno più alto di palazzo Campanella e Pino Gentile alla vicepresidenza.

Un accordo raggiunto a Roma dopo un tira e molla tra maggiorenti, che ha ribaltato alcuni “veti” posti nelle scorse settimane verso l’esponente politico catanzarese. Il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per superare le “resistenze” del segretario Magorno e imporre il suo uomo a scapito di Vincenzo Ciconte e Nicola Irto che, ovviamente, non hanno per nulla digerito “l’accordune”.

Le avvisaglie di un “inciucio” in salsa calabrese (il presidente Oliverio smentisce si sia trattato di questo) c’erano tutte e si sono manifestate già alla vigilia delle elezioni, quando Ncd premeva per un accordo col Pd alle regionali, poi rifiutato dal governatore perché “già con la vittoria in tasca“. Se ne avuta conferma subito dopo le elezioni e la certezza arriva dopo gli “starnuti” (o presunti tali) di Ennio Morrone, consigliere di Forza Italia che ha causato il fragoroso slittamento della prima seduta al 7 gennaio con la sapiente regia dell’ex presidente Franco Talarico, stretto alleato dei fratelli Gentile già nella scorsa legislatura, alleati ad europee e regionali, nonché insieme in Parlamento dopo la costituzione di Area Popolare, gruppo unico di Ncd-Udc.

Tutti a sostegno di Matteo Renzi, che in questo modo mette al riparo la sua “rischiosa” maggioranza al Senato con un “patto del Nazareno” a parti invertite, cioè con Ncd protagonista anziché Berlusconi e Fi. In questo quadro, si apprende, il senatore Gentile, “secondo gli accordi presi tra Renzi e Alfano” potrebbe presto tornare sottosegretario.

Il rinvio ha dato il tempo per superare le resistenze calabresi, affinare e sancire l’alleanza anche in Calabria tra il premier e Angelino Alfano. Un copione che con molta probabilità vedremo anche nella Campania di Gioacchino Alfano, De Luca e Caldoro alle prossime elezioni di primavera.

Solo qualche giorno fa, durante le feste, con precisa sintonia e sospetto tempismo, del patto imposto da Roma,  in due distinte interviste al Quotidiano del Sud, i due coordinatori regionali di Ncd e del Pd, Antonio Gentile e Ernesto Magorno, avevano fatto trapelare molto sull’intesa.

Antonio Gentile
ASTUTO Antonio Gentile

Due chiacchierate definite “preparatorie” dove, al di là del politichese, emergeva un certo imbarazzo da parte del segretario regionale dem. In sostanza, il problema del Pd romano, quanto in Calabria per Mario Oliverio (che aveva sempre escluso accordi con i Gentile), era quando e soprattutto come spiegarlo alla base e agli elettori Dem. Eccolo il motivo del ritardo, o il nocciolo della questione.

Negli stessi giorni qualcosa aveva pure intuito Franco Sergio, della lista “Oliverio presidente”, che sul rinvio aveva lanciato un duro attacco alla sua maggioranza. Come per dirgli: “Siete autoreferenziali e in cerca di poltrone, altro che badare ai problemi dei calabresi come annunciato alle elezioni che abbiamo vinto grazie a bei proclami”.

Ma in realtà, il “patto” non si esaurisce qui. E’ qualcosa che va al di là del solo ufficio di presidenza e sarebbe tutto finalizzato a indebolire Forza Italia che mostra, e non da oggi, segni di fortissimo cedimento da Arcore, ad esempio fino a Cosenza, città governata dagli azzurri con il sindaco Mario Occhiuto il cui esecutivo già nelle prossime settimane potrebbe subire violenti contraccolpi dall’accordo tra i Gentile e il Pd calabrese.

Secondo indiscrezioni ci sarebbe ben altro dietro il raffreddore di Ennio Morrone; qualcosa che rientra nella sfera dell’ingegneria politica. I bene informati sostengono che il consigliere sarebbe pronto a lasciare Forza Italia per approdare in Area popolare, guidata in Calabria dal senatore. Il consigliere regionale è già infatti in rotta di collisione con i suoi colleghi di gruppo.

accordo pd ncd in calabria - Nicola Adamo
REGISTA Nicola Adamo

Una ipotesi che sarebbe perorata da registi del calibro di Nicola Adamo (il vero artefice dell’accordo) – ex Pci, Pds, Ds, Pd, più volte consigliere regionale ed ex vicepresidente di Loiero – e dagli astuti fratelli Gentile. Obiettivo, far cadere Occhiuto alla prima occasione in modo da prendere più piccioni con una fava: l’area urbana e i suoi posti di comando. Castrolibero, già in mano a Orlandino Greco, il comune di Rende già guidato dal sindaco Manna (Gentile), la regione con Oliverio (e Gentile) e presto il capoluogo bruzio dove si andrebbe ad elezioni anticipate con un’alleanza non tanto inedita tra Pd, i Gentile e i Morrone per fare eleggere Nicola Adamo sindaco di Cosenza.

Che al comune di Cosenza ci siano numeri risicati o non potrebbero essercene più a vantaggio del sindaco forzista, potrebbe spiegarlo meglio il presidente del Consiglio comunale di Cosenza, Luca Morrone – figlio di Ennio – che i rumors collocano già di fatto nelle fila dell’opposizione per guidare presto la “rivolta” contro gli altri fratelli: Mario e Roberto Occhiuto.

Scacco matto, direbbe qualcuno. E’ la vendetta consumata dei Gentile contro gli Occhiuto, Forza Italia e la sua coordinatrice regionale, Jole Santelli, che ne esce “sconfitta”. La parlamentare azzurra perde prima le regionali, poi l’elezione di Wanda Ferro in Consiglio e ora subisce “l’umiliazione” dei Gentile che festeggiano per il triplice risultato: l’ingresso in Consiglio con tre consiglieri la vicepresidenza a Pino Gentile e a breve il sottosegretariato. Poi anche il comune e, se si riesce, anche la provincia.

Ma secondo ambienti del Pd sarebbe “ben più pesante la sconfitta politica, nonché l’isolamento cui è destinato” del segretario del Pd calabrese Ernesto Magorno che per molti Dem “dovrà spiegare molte cose nei prossimi giorni”.

In primis a Enzo Ciconte già sul piede di guerra, a Giuseppe Neri e a Nicola Irto che nel commentare le elezioni di oggi ha parlato di “scambio di voti reciprocamente controllato”. Un’accusa pesante che dice tutto sull’aria che si respira nel partito di Renzi.

Attacco terroristico a Parigi. In nome di Hallah uccise 12 persone nella redazione di Charlie Hebdo

Terroristi islamici in azione contro Charlie Hebdo
Terroristi islamici in azione contro il giornale satirico Charlie Hebdo

Attacco terroristico a Parigi. Due presunti terroristi, “nel nome di Allah”, hanno aperto il fuoco e ucciso dodici persone facendo irruzione stamattina nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo, a qualche centinaio di metri dalla Bastiglia. I killer sarebbero Said e Cherif Kouachi, due fratelli jihadisti franco-algerini di 32 e 34 anni, tornati in Francia quest’estate dalla Siria dove si sarebbero addestrati militarmente.

Con loro un complice, Amid, di appena 18 anni. I tre sono stati identificati e localizzati a Reims, dove sono entrate in azione le teste di cuoio. Otto i giornalisti ammazzati, mai era avvenuto niente del genere in passato. Due poliziotti sono stati freddati durante la fuga, uno di questi finito con una vera e propria esecuzione. Le altre vittime sono un impiegato e un ospite.

La Francia è sconvolta, il presidente Francois Hollande – subito accorso sul posto – è apparso sotto shock, ha parlato per primo di “attentato terroristico senza alcun dubbio”. Poi in serata, in un discorso tv di pochi minuti pronunciato dall’Eliseo, ha definito le vittime “i nostri eroi”, caduti per l’idea che si erano fatti della Francia, “la libertà”. Il presidente ha annunciato per domani il lutto nazionale.

Oltre ai 12 morti, undici sono i feriti, quattro dei quali in condizioni gravissime, da ore nelle mani dei chirurghi dell’ospedale della Pitié-Salpetriere.

Attacco terroristico a Parigi I fratelli franco-algerini Cherif Kouachi e Said Kouachi presunti autori del massacro di Charlie Hebdo
I fratelli franco-algerini Cherif Kouachi e Said Kouachi presunti autori del massacro di Charlie Hebdo

Sono caduti sotto i colpi del commando di terroristi Charb, il direttore, e i popolarissimi disegnatori satirici Wolinski, Cabu e Tignous. Li hanno cercati, uno per uno, in particolare Charb, autore di un’ultima vignetta tragicamente profetica, in cui scherzava su possibili attacchi terroristici imminenti in Francia.

I testimoni parlano invece di un periodo di difese stranamente un po’ allentate al giornale, da anni nel mirino del fanatismo per le sue provocazioni contro gli estremismi religiosi di ogni tipo. “Allah Akbar”, hanno gridato i terroristi uscendo, filmati dall’alto in un video che – a partire da Le Monde – i media francesi si stanno impegnando a non diffondere o a pubblicare depurato delle scene più crude.

“Abbiamo vendicato il profeta”, “abbiamo ucciso Charlie Hebdo, siamo di Al Qaida”: queste le altre urla deliranti dei terroristi, i quali durante alcuni interminabili minuti hanno compiuto una mattanza scientifica, chiedendo ai giornalisti il loro nome prima di giustiziarli.

Sotto i colpi, sono caduti anche l’economista Bernard Maris, che aveva una rubrica su Charlie Hebdo, con lo pseudonimo di Oncle Bernard, un addetto alla portineria, un poliziotto accorso in bicicletta dal commissariato vicino e un altro che era di guardia all’interno della redazione.

I killer sono fuggiti su un’auto, poi l’hanno dovuta abbandonare dopo uno scontro con un veicolo guidato da una donna, hanno minacciato un altro automobilista e si sono allontanati con la sua auto. E proprio nell’auto gli agenti hanno trovato le loro carte d’identità.

Nella banlieue nord di Parigi si è subito scatenata una caccia all’uomo senza precedenti, con la polizia che nel pomeriggio ha fatto irruzione in due appartamenti che sarebbero serviti da base o da rifugio per i fuggiaschi. Il procuratore Francois Molins, lo stesso che tre anni fa conduceva le indagini per la strage di Tolosa del killer Mohamed Merah, ha mantenuto il massimo riserbo, lasciando intendere che probabili novità saranno annunciate nelle prossime ore.

I terroristi, secondo i media francesi, sono stati identificati nei due ‘foreign fighter’ franco-algerini. In serata Liberazion aveva dato la notizia dell’arresto, poi smentita dal ministero dell’interno. A Parigi e dintorni, dove da stamattina grava una pesante nebbia, le strade stasera sono deserte.

Tra posti di blocco e vie transennate per consentire la manifestazione che si svolge a place de la Republique, il silenzio è irreale. Tutti parlano soltanto della Francia “colpita al cuore”, come ha detto Hollande in tv questa sera.

L’hashtag #Jesuischarlie che ha invaso la rete sembra stampato sulle facce dei francesi, disorientati e impauriti. Per l’esperto di terrorismo Antoine Basbous, può essere l’inizio di una nuova ondata di attentati terroristici “come nel 1995”, con la differenza che allora si trattava di gruppi spontanei e ordigni improvvisati, mentre oggi i commando in azione sembrano molto ben addestrati e mostrano “una calma eccezionale”.

“Bisogna dire basta all’ipocrisia e chiamare le cose con il loro nome: è una strage perpetrata dall’integralismo islamico”, ha tuonato la leader del Front National Marine Le Pen. Manuel Valls, il primo ministro che fu titolare dell’Interno, ha annunciato il massimo livello del piano di prevenzione del terrorismo, pattuglie sorvegliano da oggi scuole, musei, edifici pubblici e, naturalmente, redazioni giornalistiche. Lo scrittore Michel Houellebecq, del quale è uscito oggi “Sottomissione”, polemico romanzo sull’avvento al potere in Francia di un partito islamico nel 2022, è stato messo sotto scorta.

La sua casa editrice, Flammarion, evacuata. Charlie Hebdo, la sua satira graffiante, la voglia di scherzare su tutto e su tutti, dal Papa all’Imam, è stato ferito a morte, i suoi vertici decapitati nel mezzo della riunione di redazione del mattino. Ma la sua celebre matita, simbolo di libertà d’espressione, è stata impugnata idealmente da tutti i francesi, che la mostrano nelle loro mani levate verso l’alto, in segno di ‘non sottomissione’.

Il mondo, da Barack Obama a Angela Merkel, si stringe attorno alla Francia. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio ad Hollande parlando di “gesto vile ed esecrabile”, mentre Matteo Renzi, in segno di solidarietà, si è recato all’ambasciata francese a Roma: “Oggi siamo tutti francesi”, ha detto il premier.

L'intesa tra Renzi e Berlusconi per il Quirinale sembra più fragile

Stefano Folli per Repubblica

Lo scenario politico è cambiato in fretta a cavallo di Capodanno. Tanto in fretta che adesso le incognite superano le certezze. Fino all’altro giorno l’accordo Renzi-Berlusconi appariva abbastanza solido, una cornice in grado di reggere alla duplice, imminente prova: prima la riforma elettorale al Senato e subito dopo, alla fine del mese, l’elezione del capo dello Stato. Franchi tiratori nei due campi erano messi nel conto, certo, ma gli ottimisti, pallottoliere alla mano, dimostravano che il premier aveva in mano i numeri giusti e che il suo alleato di Palazzo Grazioli gli sarebbe rimasto al fianco con lealtà. All’improvviso oggi prevale un’idea di fragilità. Peggio: i contorni del patto del Nazareno diventano opachi e certe contiguità politiche sembrano solo lo schermo per scambi inconfessabili, benché maldestri, e giochi di potere poco limpidi.

Può sembrare incredibile, ma la vicenda tragicomica del decreto fiscale e del tetto al 3 per cento per salvare Berlusconi, potrebbe essere davvero il frutto di un gran pasticcio all’italiana e non il parto di due cospiratori. Ma ai fini pratici non cambia nulla. Né cambia qualcosa che il presidente del Consiglio si sia assunto la responsabilità di aver inserito la norma contestata nel decreto dopo aver dichiarato di non saperne nulla (ma in precedenza aveva anche detto di aver dedicato tutto il tempo necessario alla lettura puntigliosa, paragrafo per paragrafo, del provvedimento fiscale).

Aquesto punto diventa meno importante conoscere chi, materialmente, ha scritto il famigerato passaggio. Conta di più capire quali saranno le conseguenze politiche e parlamentari del grave errore. Il fatto che Renzi se lo sia caricato sulle spalle, nel tentativo di alleggerire la pressione mediatica, e abbia ritirato il testo (almeno fino a dopo il voto sul capo dello Stato), non risolve la questione di fondo. Semmai certifica che il colpo ricevuto ha messo il premier in una difficoltà senza precedenti.

In un attimo ha ripreso vita la minoranza del Pd, che Renzi non aveva esitato a umiliare nei mesi scorsi; e lo stesso Grillo sembra uscito all’improvviso dal suo letargo. La partita del Quirinale si fa più incerta e per i candidati vicini al premier la strada è in salita.
Non è un buon risultato per l’uomo che si vanta, non a torto, di aver quasi cancellato il movimento dei Cinque Stelle e di aver cambiato la fisionomia della vecchia sinistra. Ma Renzi impara a sue spese che basta sbagliare una mossa per ritrovarsi ai piedi della montagna.

E in questo caso le mosse sbagliate sono due. Quella sul fisco, le cui ricadute vanno molto al di là del caso Berlusconi perché si toglie rilevanza penale a un numero eccessivo di reati tributari, dando l’impressione (magari solo l’impressione) di voler inseguire qualche tornaconto elettorale. E quella che riguarda il volo per Courmayeur. Qui il premier si è esposto alla polemica capziosa dei «grillini».

I quali hanno torto nel merito, perché un capo di governo ha diritto di spostarsi con i mezzi dello Stato, salvo che non vi rinunci per ragioni di opportunità (come fece a suo tempo Enrico Letta). Tuttavia hanno ragione su un punto: l’attacco ai privilegi della «casta» fu un argomento forte del Renzi prima maniera, quando voleva vincere le primarie nel Pd e frenare l’espansione dei Cinque Stelle. C’è quindi una certa contraddizione nei comportamenti, non grave e tuttavia insidiosa se qualcuno, come è accaduto, la fa rilevare.

La sfortuna del presidente del Consiglio è che questi episodi negativi, figli di un eccesso di sicurezza o di errori di valutazione, avvengono alla vigilia dei due passaggi cruciali della legislatura. Il patto del Nazareno si è indebolito nel momento sbagliato. A conferma che spesso le scelte politiche sono condizionate da stati emotivi e psicologici. Il «renzismo» fino a oggi ha goduto di circostanze molto favorevoli nella psicologia di massa. Vedremo se saprà reagire a questi non irrilevanti incidenti di percorso.

Dai droni nuove opportunità di lavoro per giovani imprenditori

DroniCresce il business dei droni e si moltiplicano in Italia coloro che, soprattutto tra i giovani, decidono di lavorare in questo nuovo settore. Numerose sono infatti le possibili applicazioni dei droni, dalle riprese video-fotografiche all’agricoltura, dalla gestione del territorio al monitoraggio dell’ambiente e molte altre ancora.

HobbyHobby in collaborazione con Biofly ha messo a punto un pacchetto chiavi-in-mano, che consentirà ai giovani imprenditori di avviare facilmente la propria azienda nel rispetto delle norme stabilite dal Regolamento dell’ENAC sugli Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR).

La proposta comprende l’acquisizione dell’APR, i corsi di pilotaggio teorico e pratico e anche la consulenza per ottenere l’autorizzazione da parte dell’ENAC per le operazioni specializzate in aree non critiche. Il pacchetto prevede l’utilizzo di APR prodotti dal colosso cinese DJI, di cui HobbyHobby è rappresentante dal 2008: in particolare, la proposta è basata sui droni delle classi “HH-Phantom 2 Term” e “S.1000”, entrambi modificati in Italia e dotati anche di terminatore del volo, oltre in un prossimo futuro del nuovissimo “Inspire 1”.

In collaborazione con Biofly, vengono poi organizzati i corsi di pilotaggio: si parte da quello teorico, riguardante la conoscenza delle regole del volo e del mezzo radiocomandato, per passare poi a quello pratico, con le lezioni di volo reale.

Inoltre, il pacchetto comprende anche un’attività di consulenza per ottenere dall’ENAC l’autorizzazione per svolgere operazioni specializzate non critiche, dunque in aree non abitate o libere da impianti e strutture. I costi sono abbastanza contenuti: con meno di 5mila euro è possibile acquisire un pacchetto completo per il drone “HH-Phantom 2 Term” e iniziare a lavorare.

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