6 Ottobre 2024

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Grecia, Schäuble insiste per il no. Poi Merkel chiama Tsipras

Angela Merkel e Alexis Tsipras - Schäuble inflessibile
Angela Merkel e Alexis Tsipras

Tonia Mastrobuoni per La Stampa

Tra i due premier telefonata “costruttiva per trovare una soluzione” Il governo tedesco si spacca: la Spd è a favore della linea morbida.

La telefonata è durata all’incirca un’ora, ed è partita, tecnicamente, da Berlino. Ma da giorni, riporta una fonte governativa greca, Angela Merkel e Alexis Tsipras avevano deciso di sentirsi direttamente, «saltando gli intermediari».

In altre parole, l’idea di parlarsi direttamente era nata anche per cercare di andare al di là del “mezzogiorno di fuoco” che sta andando in scena tra i ministri delle Finanze dei due Paesi, Wolfgang Schäuble e Yanis Varoufakis, e che ha causato i flop delle ultime due riunioni dell’Eurogruppo. Il colloquio, riporta la fonte, è stato «molto costruttivo» e si è svolto «in un’atmosfera molto cortese per entrambi». Soprattutto, si è focalizzato «sulla ricerca di una soluzione in vista di domani (oggi, ndr)», quando si riunirà l’Eurogruppo.

Determinante, per la decisione di alzare il telefono, un durissimo comunicato diffuso ieri dal portavoce di Schäuble in reazione alla nuova proposta per l’Eurogruppo formulata da Varoufakis, che faceva invece presagire il peggio. «La lettera – ha scritto Martin Jaeger – non è una proposta di soluzione. In realtà punta a un finanziamento ponte senza soddisfare le richieste del programma». E la fonte governativa greca riporta invece che «senza entrare nel merito dei contenuti, è chiaro che il tono della conversazione tra Merkel e Schäuble ha avuto toni assolutamente diversi».

Al di là dei punti che per i tedeschi, secondo indiscrezioni, restano ancora problematici – la richiesta di ridurre l’obiettivo dell’avanzo primario e la mancanza di impegni sulle riforme del mercato del lavoro, sulle privatizzazioni e sulla modernizzazione dell’apparato pubblico – Schäuble sembra non fidarsi dei greci.

INFLESSIBILE Wolfgang Schäuble
INFLESSIBILE Wolfgang Schäuble

Altrimenti, non si spiega anche la contro-lettera, anticipata da Reuters, che gli uomini del responsabile tedesco delle Finanze hanno preparato in vista della riunione di oggi. Una lettera in cui la posizione greca viene definita addirittura un «cavallo di Troia» per ottenere soldi senza un impegno vero. Di questo, secondo una fonte tedesca, Tsipras si sarebbe lamentato con la cancelliera, durante la telefonata di ieri.

Ma la rigidità di Schäuble non ha solo irritato i greci e spinto Angela Merkel a «gettare acqua sul fuoco» come sintetizza la fonte greca. Anche il vicecancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel ha criticato il collega delle Finanze. La proposta Varoufakis «è un primo passo nella giusta direzione» e dovrebbe essere giudicata «un punto di partenza per il negoziato», senza un rifiuto preventivo, ha sostenuto.

Il governo tedesco, in sostanza, si sta spaccando sulla posizione da tenere nei confronti della Grecia. A conferma, il cristianodemocratico Ralph Brinkhaus ha invece fatto sapere di ritenere la posizione del governo «molto chiara».

A sorpresa, nei giorni in cui la Bce si è ritagliata il ruolo del «cattivo», tagliando quasi tutti i rubinetti alle banche greche in attesa di un accordo su un nuovo programma, il governatore della Bundesbank ha fatto sapere che la posizione dell’Eurotower non è granitica.

Durante un convegno a Francoforte, Jens Weidmann ha sostenuto ieri sera che l’accesso al rifinanziamento della Bce usando i bond «spazzatura» greci potrebbe essere di nuovo autorizzato «se le verranno rispettate le condizioni giuste».

Il presidente della Bundesbank non ha voluto entrare nel merito della questione se le nuove proposte greche si possano considerare le condizioni giuste per scongelare i finanziamenti: «non è qualcosa che si possa giudicare in modo certo». Ma dal falco tra i banchieri centrali, è giusto considerarlo qualcosa di più di uno barlume di speranza per la partita europea più rischiosa dell’anno.

Beni confiscati, la ricetta di Nicola Gratteri contro lo spreco

Nicola Gratteri - beni confiscati
Nicola Gratteri

Beatrice Borromeo per il Fatto Quotidano

Nella lista di quello che non va, stilata dal giudice Nicola Gratteri, la gestione dei beni confiscati alle mafie è al ventitreesimo posto (su venticinque). Eppure, a leggere le soluzioni suggerite dalla commissione guidata dal pm reggino – e soprattutto l’analisi dei problemi da affrontare – la riforma della Anbsc (Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati, ndr) pare prioritaria.

IL NUMERO DI QUESTI BENI è pari a 12.944, di cui 1.707 sono aziende: più del 90 per cento di queste attività produttive interessate da un provvedimento di sequestro seguito da confisca definitiva, fallisce. Le ragioni di questi naufragi endemici sono varie: intanto, le banche tendono a bloccare i finanziamenti una volta che le imprese passano in mano all’amministrazione giudiziaria.

Poi c’è l’inevitabile calo delle commesse, il sempre crescente costo di gestione dovuto al processo di legalizzazione dell’azienda (la mancanza di scritture contabili attendibili è frequente), e il lungo lasso di tempo che solitamente intercorre tra il provvedimento di sequestro e la confisca definitiva del bene. Ma il danno non è solo economico.

Come spiegava Gratteri presentando le sue proposte, “lo Stato appare, agli occhi della collettività, come incapace non solo di garantire un proficuo utilizzo dei beni ma, addirittura, di provvedere anche solo alla loro conservazione”.

Le soluzioni però ci sono e il filo rosso che le unisce è quello della specializzazione. Come spiegano i componenti della commissione, “sia i dipendenti dell’agenzia che i vertici devono essere altamente qualificati, ed esperti di management pubblico e dinamiche aziendali complesse”. Serve più personale, che potrebbe essere scelto tramite concorso pubblico. Difatti, uno degli assunti su cui si basa l’intera proposta è che “la politica deve avere voglia di investire su questo problema, perché senza fondi la questione è irrisolvibile”.

La proposta di maggiore impatto è però quella di prevedere ipotesi di destinazione anticipata delle aziende (ma non dei beni mobili e immobili). Ad aspettare la sentenza di Cassazione, infatti, resta ben poco da gestire, perché i beni, a quel punto, sono o decotti o già falliti. L’idea è quindi – pur con molte garanzie – di affidare le imprese all’agenzia già dopo la condanna in primo grado.

Più difficile è la questione dei beni immobili: qualche settimana fa il nostro giornale raccontava di come la maggioranza delle proprietà sequestrate ai boss finisce per essere gestita dai loro parenti, che (come nel caso del favoloso Castello di Miasino) permette a questi di continuare a guadagnarci sopra. Le norme insomma ci sono, ma troppo spesso risultano difficili da applicare.

LA COMMISSIONE suggerisce però una via d’uscita: quella di anticipare la pubblicizzazione dei beni che sono vicini alla confisca di primo grado, anche – visto l’interesse pubblico – utilizzando la Rai. Per lo stesso motivo viene proposto il trasferimento della sede dell’agenzia da Reggio Calabria a Roma, dove la gestione risulterebbe più efficiente, e la supervisione affidata , invece che al ministero degli Interni, direttamente alla presidenza del Consiglio.

“La possibilità di promuovere in maniera più massiccia i beni sequestrati permetterebbe, già dalla fase del sequestro, di individuare destinazioni che potrebbero essere poi quelle definitive”, spiegano dalla commissione.

Si legge poi nella relazione che “la dotazione numerica del personale dovrà essere determinato con decreto del Presidente del Consiglio, e il reclutamento, al fine di assicurare stabilità e specializzazione, si ritiene debba avvenire per metà mediante procedure selettive in conformità alla legislazione vigente in materia di accesso agli impieghi della pubblica amministrazione, la restante parte attraverso procedure di mobilità”.

Fondamentale è anche che cambino sia il profilo del Direttore dell’Agenzia sia la composizione del Consiglio direttivo. Secondo Gratteri, il primo deve essere “scelto tra esperti nella gestione di beni/aziende private o di settori pubblici complessi; quanto alla seconda si prevede di sostituire i due esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali, designati di concerto dai Ministri dell’interno e dell’economia e delle finanze, con un esperto in materia di gestioni patrimoniali, un esperto di gestioni aziendali ed uno che sappia di progetti di finanziamento europei e nazionali”, scelti di concerto tra ministero dello Sviluppo e Tesoro.

Libia, “Egitto offre sostegno militare all’Italia contro l’Isis”

Il ministro della Difesa egiziano Sedky Sobhy e il capo dell'intelligence italiano Marco Minniti
Il ministro della Difesa egiziano Sedky Sobhy e il capo dell’intelligence italiano Marco Minniti

Missione al Cairo ieri per il sottosegretario di Stato con delega ai servizi segreti, Marco Minniti, all’indomani dell’escalation di violenza in Libia e dopo che il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso un secco no all’ipotesi di un intervento armato nell’area contro lo Stato islamico.

L’esponente del governo italiano ha incontrato il ministro della difesa egiziano, generale Sedky Sobhy per fare il punto – scrivono i giornali egiziani – sull’attuale situazione nei paesi rivieraschi dopo l’avanzata delle milizie islamiche.

L’incontro tra il capo dell’esercito egiziano che ha guidato l’offensiva contro l’Isis e Marco Minniti è stato centrato sui problemi nella regione araba, in particolare gli ultimi sviluppi in Libia alla luce del peggioramento delle condizioni di sicurezza nonché la proliferazione di armi in mano all’organizzazione terroristica che sta destabilizzando tutto il Medio Oriente.

Italia ed Egitto hanno condiviso la necessità di sforzi internazionali “concertati” tra i paesi interessati per trovare una via d’uscita alla crisi libica.

Minniti ha fortemente lodato l’intervento militare egiziano al fine di sradicare il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni, e ha espresso a nome dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi le condoglianze al governo di Abd al-Fattah al-Sisi per l’atroce esecuzione dei 21 copti egiziani decapitati dai guerriglieri islamici. Il capo dell’intelligence italiana ha ribadito il sostegno dell’Italia all’Egitto nella sua guerra contro l’etremismo islamico.

Per i media italiani, Minniti sarebbe volato al Cairo non per incontrare il generale Sobhy bensì per consegnare una lettera di Renzi al presidente egiziano al-Sisi. Ipotesi fatta trapelare ufficiosamente ma senza svelare il contenuto della presunta lettera, la quale resta un mistero. Cosi fosse, la motivazione del governo apparirebbe troppo “debole” per inviare il capo dell’intelligence italiana al Cairo con questo messaggio: era sufficiente un telegramma o una telefonata  di cordoglio.

Secondo fonti egiziane, l’incontro tra il sottosegretario con Sedky Sobhy, dietro le formalità e la cordialità tra due paesi “amici”, sarebbe servito anche a parlare di una “strategia di riserva”, un piano B alternativo al “No” dell’Onu, qualora l’Italia dovesse subire attacchi terroristici nel suo territorio. L’Egitto “si impegnerebbe a fornire alla difesa italiana sostegno logistico e militare se gli eventi dovessero precipitare”. Il Cairo sarebbe anche pronto ad “un’azione militare fuori dalla “cornice internazionale” per prendere il controllo dei porti libici” da dove l’organizzazione vorrebbe infiltrare terroristi sui gommoni, destinazione Italia. Il nostro paese, nella sostanza, accetta, al momento, le indicazioni Onu ma si prepara ad un eventuale scontro militare per neutralizzare la minaccia.

Il governo italiano è fortemente preoccupato per le continue provocazioni delle milizie estremiste. Minacce sottovalutate dal palazzo di Vetro dell’Onu che sta mostrando la sua consueta lentezza e “debolezza” nell’affrontare il caso del terrorismo islamico targato Is, nonostante le allarmanti notizie che giungono da tutto il Medio Oriente, Turchia compresa. A News York hanno infatti dovuto attendere che fosse il governo egiziano a richiedere la discussione al Consiglio di Sicurezza. Altrimenti nessuno avrebbe mai trattato il caso.

Roma Feyenoord, 2.000 hooligans olandesi devastano Roma

Roma Feyenoord
(Ansa)

Dovevano assistere a una partita di calcio e invece hanno devastato mezza Roma. Duemila hooligans olandesi, supporters del Feyenoord, non hanno “resistito” alla voglia di ubriacarsi e creare pesanti disordini nel centro della città eterna. I teppisti erano in Italia per l’incontro di Europa League Roma Feyenoord.

HOOLIGANS METTONO A SOQQUADRO ROMA
I teppisti olandesi hanno iniziato la loro “partita” poche ore prima che si disputasse il match tra le due squadre. Il tempo necessario per mettere a soqquadro il centro di Roma. Fuori dallo stadio si sono verificati violenti tafferugli tra tifosi olandesi e polizia. Ma già da ieri in città si è registrata molta tensione dopo che le “teste calde” olandesi avevano preso di mira Campo de’ Fiori e Pincio. Oggi, i teppisti hanno ricominciato lanciando, prima della partita, oggetti e fumogeni contro gli agenti che poi li hanno dispersi caricandoli.

DANNEGGIATA LA FONTANA DEL BARCACCIA
Danneggiata la fontana della Barcaccia, di fronte la Trinità dei Monti in piazza di Spagna dopo il “passaggio” degli hooligan. Un frammento del monumento di Bernini è stato divelto dai teppisti ed è visibile in fondo all’acqua tra bottiglie di vetro e cartoni di birra.

Roma Feyenoord
La fontana del Baracaccia di Bernini danneggiata dai vandali olandesi (Ansa)

BIANCIO DI 28 ARRESTI, 20 FERITI TRA TEPPISTI E POLIZIOTTI
Alla fine di questa due giorni, il bilancio – ha fatto sapere la Questura – è di 28 tifosi del Feyenoord arrestati, cinque olandesi contusi e 13 rappresentanti delle forze dell’ordine feriti. La polizia ha dovuto agire in un contesto urbano “molto delicato” per via della presenza di migliaia di turisti in centro. L’intervento di contenimento “è stato immediato ed evidentemente necessario”, hanno sottolineato le forze di polizia.

FINE DEL MATCH. TUTTI A CASA
Al termine della partita, finita in parità, gli oltre 2.000 supporter della squadra olandese sono stati fatti salire su 70 autobus messi a disposizione dall’Atac, la società che gestisce il trasporto pubblico a Roma. Tutti sono stati scortati da Polizia, Carabinieri e Gdf verso la stazione Termini mentre solo alcune centinaia sono stati accompagnati all’aeroporto di Fiumicino da dove si imbarcheranno in direzione Rotterdam.

Roma Feyenoord
L’arresto di alcuni teppisti olandesi (Ansa)

All’esterno dello stadio non si sono registrati disordini né durante né al termine dell’incontro. Il deflusso dei tifosi olandesi si è concluso senza alcun problema grazie anche all’imponente spiegamento di forze dell’ordine che hanno presidiato per l’intera serata l’area adiacente allo stadio Olimpico.

RENZI: INACCETTABILE, ASPETTO SCUSE DEL FEYENOORD
Immediate le reazioni dopo una giornata dei “ordinaria follia” nella Capitale. Il premier Matteo Renzi a caldo ha detto che “quello che è accaduto” a Roma, con la devastazione portata dai tifosi olandesi, “è inaccettabile, è segno di barbarie e inciviltà: noi non andiamo all’estero a fare queste figuracce. Poi a “Virus” su Raidue ha sottolineato: “Puniremo con molta severità e durezza” i tifosi olandesi che “pieni di birra” hanno preso a sassate Roma, e provocato “scontri: un “vero e proprio insulto alla civiltà. Se ci sono state sottovalutazioni, degli errori da parte nostra, lo verificheremo”, ha aggiunto. Ora tra la priorità è “rimandarli a casa e fermare e condannare i responsabili”. Intanto, “Attendo le scuse del Feyenoord”, ha detto senza mezzi termini Renzi.

Roma Feyenoord
(Ansa)

IL GOVERNO OLANDESE: “COLPEVOLI VANNO PUNITI”
Dall’Olanda arriva, per il tramite dell’ambasciata in Italia, l’intervento del governo concordato col ministero degli esteri olandese. “Per fortuna i danni alla Barcaccia sono lievi, qualche bottiglia è arrivata sul margine, si è staccata solo qualche scheggia”, ma resta la “vergogna”, si scusa il portavoce dell’ambasciata olandese Aart Heering commentando l’accaduto a piazza di Spagna con i tifosi del Feyenoord che hanno danneggiato la fontana della Barcaccia. “Io sto con la polizia”, ha aggiunto. “Il calcio deve essere una festa dove non c’è posto per la violenza. Le autorità italiane possono contare sulla completa collaborazione e l’impegno dell’Olanda per far sì che i colpevoli vengano puniti”.

FRANCESCHINI: “UNA VERGOGNA”
Il ministro dei Beni culturali italiano Dario Franceschini ha affermato che si tratta di “una vergogna. Non sono tifosi, sono vandali”. “Spero – aggiunge il ministro – che adesso ci siano punizioni esemplari. In questo momento sono in corso gli accertamenti delle soprintendenze di Stato e Comune”

Roma Feyenoord
(Ansa)

IL SINDACO DI ROMA: “NON FINISCE QUI”
Per il sindaco Ignazio Marino “Roma è devastata e ferita. Sono in contatto con Prefetto, Questore e Ambasciatore d’Olanda. Non finisce qui”, scrive su twitter il sindaco.

ALLENATORE FEYENOORD: “INDIVIDUARE I RESPONSABILI”
“Non sono al corrente dei dettagli di quanto successo fuori dallo stadio e quindi mi astengo dal fare commenti. Sono concentrato sulla partita, è quello il mio compito e la mia responsabilità”. Evita commenti l’incolpevole Fred Rutten, allenatore del Feyenoord. Il tecnico, dopo aver precisato che ci sono “altre persone preposte a prendersi le responsabilità” per i fatti accaduti prima dell’incontro dell’Olimpico, si è soffermato ad analizzare la gara pareggiata 1-1 con i giallorossi.

Turchia, 3mila jihadisti al confine. 007: "Isis vuole attaccare ambasciate Nato"

Miliziani dell'Isis in Iraq (AP Photo) - jihadisti al confine turco
Miliziani dell’Isis in Iraq (AP Photo)

L’intelligence turca (MIT), ha allertato con una circolare le forze di sicurezza nazionali sull’infiltrazione di migliaia di jihadisti al confine inviati in Turchia da parte dello Stato islamico (Is).

Secondo quanto scritto dai servizi segreti il gruppo di islamico avrebbe in programma attacchi terroristici alle ambasciate occidentali della capitale, Istanbul, Ankara e obiettivi sensibili in altre città turche.

Secondo gli 007 turchi risulta che circa tremila jihadisti sono concentrati vicino al confine meridionale turco in procinto di oltrepassarlo. Si tratta di cittadini siriani e palestinesi tutti giovanissimi di età compresa tra i 17 e i 25 anni, molti dei quali sarebbero entrati in Turchia fingendosi rifugiati, con l’obiettivo di raggiungere le città europee.

Una parte dei circa 3mila miliziani avrebbe progettato azioni cruente in Turchia, mentre altri entrerebbero in paesi europei della Nato, attraverso la vicina Bulgaria, con l’intenzione di lanciare un’offensiva terroristica contro i paesi dell’alleanza atlantica.

La notizia di una offensiva islamica verso l’Occidente era già trapelata a gennaio sul quotidiano turco in lingua inglese “Hurriyet Daily News”, che accompagna l’allarme rosso diffuso per la possibilità di azioni terroristiche da parte di “cellule dormienti” presenti nell’area e in tutto il vecchio continente.

A questi tremila si aggiungerebbero anche i circa 1.000 combattenti di nazionalità turca già operativi all’interno dell’Is, tra Iraq e Siria. I “Foreign fighters” che, al pari della cellula risvegliatasi recentemente a Parigi, potrebbero rientrare da un momento all’altro per agire da “lupi solitari”.

Il rischio di attentati è molto plausibile anche per le numerose strutture della Nato presenti sul territorio e per i tanti cittadini occidentali che vivono, studiano, lavorano in Turchia. Un vero e proprio “esercito” del terrore che rappresentano un pericolo per l’intera Europa.

Le autorità turche hanno espulso negli ultimi mesi oltre un migliaio di stranieri sospettati di essere fiancheggiatori dell’organizzazione terroristica, mentre sarebbero circa 8mila i tentativi di ingresso clandestino respinti dalle autorità turche.

 

Isis Libia, Alfano negli Usa: "Non escludo terroristi su barconi"

Guerriglieri dell'Isis in Cirenaica
Guerriglieri dell’Isis in Cirenaica

La “polveriera libica” è al centro dell’attenzione dei grandi del mondo e l’Italia è pronta assumere un ruolo guida nella cornice dell’iniziativa Onu: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dedicato una riunione fiume alla Libia, mentre l’Egitto è tornato a martellare i jihadisti dell’Isis che in territorio libico commettono atrocità e rilanciano minacce.

“Siamo pronti a contribuire al monitoraggio di un cessate il fuoco e al mantenimento della pace, pronti a lavorare all’ addestramento delle forze armate in una cornice di integrazione delle milizie in un esercito regolare e per la riabilitazione delle infrastrutture”, ha detto al Consiglio di Sicurezza il Rappresentante Permanente italiano Sebastiano Cardi.

La conferma arriva anche dal ministro degli interni Angelino Alfano che a Washington ha sottolineato come “noi siamo parte di una comunità internazionale e siamo pronti a fare la nostra parte. Ma ogni ragionamento che individui un’azione specifica è prematuro, e in questo momento fuori luogo”.

Alfano ha anche parlato della minaccia di infiltrazioni con i barconi di immigrati. “Non c’è traccia reale di un nesso tra immigrazione e terrorismo. Ma non si può escludere nulla”. A confermare le sue parole arriva da Londra la notizia che una donna di 25 anni di Birmingham è stata arrestata all’aeroporto londinese di Heathrow appena scesa da un volo in arrivo dalla Turchia ed è stata accusata di terrorismo.

Isis Libia
Egiziani in fuga dalla Libia

Il ministro dell’Interno si trova a Washington per un vertice internazionale contro l’estremismo islamico, a cui partecipano oltre 60 Paesi. La crisi Libica non è esplicitamente al centro dell’evento, ma di certo ne fa parte. Si parla della sfida lanciata dall’Isis e dal al Qaida, che, ha detto Obama, “è una sfida per il mondo intero, non solo per l’America”.

La forza militare non è però sufficiente, ha affermato il presidente americano. è necessario sconfiggere anche la propaganda, contrastare i terroristi che online “fanno il lavaggio del cervello” ai giovani musulmani. E il mondo islamico si deve mobilitare: “Schieratevi nella lotta contro gli estremisti”, ha detto il presidente rivolgendosi ai leader musulmani. Il Cairo però preme per una risposta muscolare.

Dopo i raid aerei di lunedì e martedì, le forze egiziane hanno compiuto anche un’incursione via terra, fino a Derna, e secondo alcune fonti “hanno ucciso 155 combattenti dell’Isis e ne hanno catturati altri 55”. E all’Onu il governo egiziano insiste affinché venga quantomeno revocato l’embargo sulle armi per il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, cioè quello costretto ad operare da Tobruk poiché a Tripoli la fa da padrone un governo ‘parallelò formato dalle milizie islamiche.

Miliziani dell'Isis che sfilano a Nawfaliyah, Libia, a ovest di Sirte (Ansa/Network Isis)
Miliziani dell’Isis che sfilano a Nawfaliyah, Libia, a ovest di Sirte (Ansa/Network Isis)

Una richiesta avanzata anche dallo stesso governo, tramite il ministro degli esteri Mohammad al Dairi. L’orientamento del Palazzo di Vetro sembra però diverso. Al momento la prospettiva più concreta sembra quella che prevede di concedere altro tempo al mediatore dell’Onu Bernardino Leon, considerato che un intervento militare internazionale, o anche la fornitura di altre armi ad una sola delle parti in conflitto allontanerebbe la possibilità di una soluzione “politica”.

E Leon oggi ha auspicato che un’intesa possa essere raggiunta raggiunto “presto”. Le divergenze tra le parti, ha detto, “non sono insormontabili”. Ma “il tempo non è infinito, e rischia di scadere presto, pregiudicando i fragili risultati raggiunti” dalla mediazione Onu sostenuta dall’Italia, ha affermato il ministro degli esteri Paolo Gentiloni.

L’Egitto non rinuncia però ad esercitare pressioni. C’è il rischio che “barconi pieni di terroristi” arrivino sulle coste italiane, ha avvertito l’ambasciatore egiziano a Londra, Nasser Kamel, mentre il premier libico Abdallah al Thani ha a sua volta affermato che membri dell’Isis e di Boko Haram hanno raggiunto o stanno raggiungendo i gruppi terroristici in Libia, che a loro volta si starebbero avvicinando al confine con la Tunisia.

Una figura di spicco dell’Isis Libia, Abu Arhim al-Libim, afferma invece che l’Isis vuole infiltrarsi sui barconi di immigrati nel Mediterraneo e attaccare le “compagnie marittime e le navi dei Crociati”, almeno stando a dei presunti ‘piani segreti contenuti in un documento di cui il think tank anti terrorismo Quilliam di Londra è entrato in possesso. Difficile capire se si tratti di propaganda o strategia. Di certo, ha affermato Obama, è necessario “aiutare il mondo musulmano a sviluppare dei social media che contrastino la propaganda degli estremisti su Internet”, dove “gruppi come al Qaida e l’Isis propagandano una visione della religione respinta dalla stragrande maggioranza dei musulmani”.

Equitalia e banche “suicidano” un altro imprenditore

equitalia suicidi imprendoriEra sommerso dai debiti, ma probabilmente anche creditore di decine di migliaia di euro. E grazie a banche ed Equitalia, che lo hanno stretto in un “vicolo cieco”, ha deciso di togliersi la vita, impiccandosi nel suo garage. Si tratta del Louis Conetta, impreditore sessantenne di Lamezia Terme, che ha deciso di porre fine alla sua “frustrazione” di essere perseguitato dagli esattori. “Perdonatemi”, ha lasciato scritto in un biglietto destinato alla moglie e ai suoi tre figli. 

Il suo corpo esamine è stato trovato da un parente all’interno del capannone della sua piccola azienda di impianti elettrici. L’uomo era di origini francesi ma da tempo residente in Calabria. Quello lametino è l’ennesimo suicidio connesso alla crisi in cui Equitalia e banche hanno avuto, come negli altri centinaia di casi, un ruolo da protagonisti.

L’ennesima storia di imprenditori (e comuni cittadini) che hanno dovuto fare i conti con una congiuntura senza precedenti e di conseguenza costretti a mendicare negli istituti di credito per saldare i debiti con lo Stato o poter pagare i propri dipendenti. Aiuti puntualmente negati, nonostante questi istituti hanno facili prestiti dalla tipografia di Francoforte e spesso beneficiano di salvataggi da parte di quello stesso Stato a cui Louis pagava puntualmente le tasse. 

Nessuna clemenza dagli esattori che continuavano a recapitargli cartelle su cartelle e ancora cartelle. Alla stregua dell’insistenza con cui gli strozzini ti chiedono indietro i soldi, con la differenza che se denunci l’usuraio lo arrestano e vieni protetto dallo Stato, ma se vieni vessato da banche e Equitalia sei fottuto. Già, Equitalia (che di equo non ha nulla) un istituto che non ha nessuna pietà con i piccoli mentre è clemente e buono con i grandi evasori che la corda riescono a tagliarla. Invece a Louis la corda gliel’hanno stretta attorno al collo…

Sbarchi migranti, Ue: "Triton estesa fino al 2015. Italia non è sola"

Sbarchi migranti
Una carretta del mare carica di migranti a Lampedusa

Sbarchi migranti nel Mediterraneo La Commissione europea ha annunciato giovedi che l’Operazione congiunta Triton per il controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo verrà estesa fino alla fine del 2015, e che l’Italia riceverà un finanziamento di emergenza di 13,7 milioni di euro destinati alla gestione di richiedenti asilo e profughi.

In una nota, Bruxelles ha detto anche che “è pronta a reagire rapidamente a un’eventuale richiesta italiana di aumentare le risorse dell’Operazione Triton”.

“Si tratta di un primo passo in risposta alle sollecitazioni del governo italiano”, ha commentato in una nota il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. “Confidiamo che al Vertice dei Commissari del 4 marzo che si occuperà dell’Agenda per la Migrazione, verranno definite ulteriori azioni da intraprendere per far fronte all’urgenza di questa sfida”.

Secondo i dati del governo italiano, gli sbarchi di migranti nei primi 45 giorni del 2015 sono aumentati del 59% rispetto allo stesso periodo del 2014.

L’operazione coordinata dall’agenzia europea per le frontiere, Frontex, ha preso il posto nel novembre 2014 della missione Mare Nostrum, anche se con minore ampiezza.

Secondo la Ue, in tre mesi sono state salvate almeno 19.500 persone in mare. Il bilancio mensile di Triton, a cui partecipano 21 Stati, è compreso tra 1,5 e 2,9 milioni di euro.

Berlusconi commissaria Forza Italia Puglia e i "Fittiani" si dimettono

Raffaele Fitto durante la conferenza stampa di gennaio a Montecitorio (Ansa/Antimiani)
Raffaele Fitto durante la conferenza stampa di gennaio a Montecitorio (Ansa/Antimiani)

E’ alta tensione in Forza Italia Puglia dopo che il presidente, Silvio Berlusconi, ha commissariato il partito piazzando il suo fedelissimo Luigi Vitali, parlamentare tarantino ed ex sottosegretario alla Giustizia nel 2004.

A seguito di questa decisione, tutta improntata per “frenare” l’avanzata nel movimento azzurro del dissidente Raffaele Fitto, i coordinatori provinciali e vice-coordinatori regionali di Fi si sono dimessi per protesta dopo la scelta dell’ex premier.

“Con ciò – spiegano i seguaci dell’ex governatore – liberiamo il commissario incaricato dall’onere di valutare il nostro livello di allineamento “al nuovo corso”, sgombrando il campo da qualunque equivoco circa la nostra coerente battaglia, al fianco di Raffaele Fitto, per una reale ricostruzione del Partito e del Paese”.

A stretto giro arriva il “rinforzo” dell’europarlamentare che parla di “epurazioni”. L’ex ministro agli affari regionali ha spiegato ai vertici forzisti che il commissariamento di Forza Italia in Puglia “non è un atto di forza ma di debolezza”.

Luigi Vitali - Forza Italia Puglia
Luigi Vitali, nuovo commissario pugliese di FI

Perché, in fondo, la Puglia “è la regione che ha assicurato maggior consenso a Forza Italia negli ultimi anni”, ricorda Fitto. “Mi sembrava giusto intervenire contro” la decisione di Berlusconi.

Il leader pugliese è poi tornato sulla sua battaglia di fare un partito all’altezza delle sfide attuali, cioè all’opposizione di Renzi e di una “coerente battaglia” all’interno di Fi che non è intenzionato a lasciare.

Secondo Fitto nel partito “regna la confusione”, per questo serve una “legittimazione dal basso” accompagnata da un “azzeramento” della nomenclatura che “ha fatto precipitare il partito dal 36 al 12 percento”, ricordano i ribelli che un po’ dappertutto nel Paese valutano con “interesse” la posizione dell’eurodeputato.

A Repubblica Tv Fitto afferma: “Il tentativo di epurazione che si sta mettendo in atto non porterà a nulla perché la nostra battaglia sarà all’interno di Forza Italia. La nostra non è una battaglia personale ma di metodo e criterio”.

Intanto, c’è chi sospetta che dietro il commissariamento di Forza Italia Puglia vi sia la volontà di Berlusconi e del suo cerchio magico “di impedire” che i fittiani possano “avere voce in capitolo” nella scelta dei candidati per le prossime elezioni regionali in Puglia. Tornata elettorale prevista nel mese di maggio.

 

Grecia, Tsipras chiede alla Troika sei mesi di tempo in più

Alexis Tsipras Eurogruppo troika
Il premier greco Alexis Tsipras (Infophoto)

Il governo greco spinge per ottenere una estensione di tempi per far fronte alla delicata situazione economica nel paese. La Grecia ha infatti chiesto sei mesi in più dell’attuale programma di aiuti. Lo ha richiesto con un documento inviato giovedì mattina, sollecitando l’Eurogruppo di avere più tempo per i crediti internazionali.

Il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas, ha confermato che l’esecutivo guidato da Alexis Tsipras ha chiesto all’Eurogruppo “l’estensione del Master Financial Assistance Facility Agreement, che in termini legali è il riferimento all’attuale programma”.

Il documento è stato inviato al presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem e a quello della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker. Lo stesso presidente dell’Eurogruppo, lo ha confermato con un tweet in cui annuncia pure che i ministri delle Finanze dell’eurozona si incontreranno domani alle 15 a Bruxelles per esaminare la richiesta greca di estendere di sei mesi il programma.

Atene sta cercando di giungere il più rapidamente possibile ad una soluzione che permetta una proroga dei crediti per gli aiuti internazionali alla Grecia, in scadenza a fine mese, ha detto in tv il portavoce del governo ellenico, Gavriil Sakellarides. “Il nostro obiettivo – ha affermato – è concludere presto un accordo”.

Mercoledì sera il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, si era mostrato fiducioso di poter concludere entro domani: “Giorno, dopo giorno, ora dopo ora, ci stiamo avvicinando” aveva detto, spiegando la richiesta della proroga di sei mesi dell’accordo di finanziamento “potrà soddisfare la Grecia e l’Eurogruppo”.

La decisione finale potrebbe essere adottata venerdì in una riunione in teleconferenza con i ministri delle Finanze della zona euro. Atene chiede a Bruxelles la sua richiesta venga sganciata dal programma di austerità imposto dai creditori internazionali.

Intanto il premier greco ha avuto nel pomeriggio una conversazione telefonica definita “costruttiva” col la cancelliera tedesca Angela Merkel. Lo ha riferito all’agenzia Reuters un funzionario del governo greco dopo un’altra giornata di tensione tra Atene e Berlino, alla vigilia del nuovo vertice dell’Eurogruppo di domani a Bruxelles.

Un secondo funzionario governativo informa che la telefonata ha avuto una durata di 50 minuti è “si è svolta in un clima positivo indirizzato a trovare una soluzione reciprocamente benefica per la Grecia e la zona euro”. La telefonata arriva dopo che il ministero delle Finanze tedesco ha respinto la proposta di Atene di stamane.

Grecia, Prokopis Pavlopoulos è il nuovo presidente. Il "copione" italiano

Prokopis Pavlopoulos con Alexis Tsipras
Prokopis Pavlopoulos con Alexis Tsipras

La Grecia ha il suo nuovo presidente della Repubblica. Si tratta del conservatore Prokopis Pavlopoulos. Il Parlamento greco ha votato a maggioranza il candidato dal premier Alexis Tsipras.

Pavlopoulos ha infatti ottenuto dai deputati 233 voti su 300 quando ne servivano 180. Un plebiscito che ricorda l’elezione del capo dello Stato italiano, Sergio Mattarella.

L’elezione era attesa già alla prima votazione, dal momento che anche il partito d’opposizione “Nuova democrazia” aveva dichiarato il proprio sostegno al candidato di Tsipras, scelto proprio come figura di unità del Paese.

Pavlopoulos, avvocato, ex premier ed ex ministro dell’Interno, succederà all’85enne Karolos Papoulias, il cui mandato presidenziale scadrà a marzo.

Il nuovo presidente è stato eletto alla vigilia del vertice decisivo dell’Eurogruppo per la vertenza sul debito greco. Una disputa snervante che ha come protagonisti la Troika e il primo ministro Tsipras.

Il premier era stato eletto nelle scorse settimane all’insegna del “no alla austerity” imposta da Bruxelles, ma ha dovuto fare i conti, tra “ritorsioni e ricatti” con i “poteri costituiti” della triade (Ue, Bce e Fmi) che hanno posto l’aut aut a qualsiasi spinta verso “l’autonomia” dal momento che la Grecia è debitrice per parecchi miliardi di euro verso alcuni paesi dell’eurozona.

Gli ultimatum della Troika non fermano tuttavia il premier greco, Alexis Tsipras, che non retrocede di un millimetro: “Non firmeremo il proseguimento del piano di aiuti neppure con una pistola alla tempia. La nostra democrazia non può essere minacciata”, ha detto.

E' "guerra" all'ultimo clic tra Corriere, Repubblica e Beppe Grillo

Beppe Grillo
Beppe Grillo (Ansa)

E’ guerra all’ultimo clic quella tra il blog di Grillo, il Corriere della Sera e Repubblica. I due quotidiani bocciano il blog pentastellato: “Perde lettori”. Beppe Grillo in due repliche pepate accusa invece entrambi i giornali di “pompare il loro traffico”. Al Corriere in particolare di “acquistare clic fasulli” per aumentare “visibilità” perché “non lo legge più nessuno”.

Il capo del M5s torna così ad attaccare i due maggiori quotidiani italiani per “essere giornali di regime”. Il primo viene definito “Corriere della serva”. “L’Italia – attacca Grillo – sta precipitando nella classifica della libertà di stampa. Ora è al 73esimo posto, preceduta da paesi come Burkina Faso, Giamaica, Ghana, Namibia, Polonia, Botswana, Romania, Taiwan”.

E per rendersi conto, spiega Grillo, “basta dare un’occhiata al sito di quello che una volta era il più autorevole quotidiano italiano: il Corriere della Sera, che per dimostrare che è ancora letto da qualcuno ha dovuto pompare il proprio traffico internet con l’acquisto di clic fasulli. “Una mossa da peracottari”, accusa il comico.

Beppe Grillo
L’articolo del Corriere sul blog di Grillo

Non è la prima volta che Grillo si scontra frontalmente coi due giornali. Ci torna oggi dopo due articoli “contro”. Titola il Corriere: “Grillo, s’inceppa la macchina da clic. Il blog crolla nelle classifiche”, un post realizzato sulla base del rank di Alexa, la società del gruppo Amazon che misura posizione e click dei siti nel mondo. Un indicatore che per alcuni esperti del web, “non sempre è affidabile”.

“Il Corriere – prosegue Grillo – è ormai un giornale di regime, tanto quanto Repubblica. Non fa informazione, al massimo propaganda per non scontentare il governo e gli azionisti (Fiat, Mediobanca, Pirelli, Intesa San Paolo, la Lucchini, Edison, Della Valle, Benetton per citarne alcuni) e per coprire i buchi tra una pubblicità e l’altra riporta notizie assimilabili ai peggiori rotocalchi”.

Il leader Cinquestelle ironizza su molti titoli presenti sul sito del quotidiano, tipo: “Dalla Georgia al Perù: tutti i volti delle donne nell’Atlante della bellezza”, “Il teologo dell’Islam contro Galilei: “La Terra non ruota intorno al Sole”, Guarda”, “L’aragosta di Flashdance e altri capolavori gastrosexual. Cibo ed erotismo, un’accoppiata entrata nell’immaginario anni ’80”.

Anche “Repubblica” aveva scritto un pezzo sul calo di lettori al blog. “Questo blog ormai non lo legge più nessuno”. “Secondo Repubblica appena 12.000 persone al giorno, un dato assolutamente plausibile (ma solo su Marte) considerati i quasi due milioni di utenti che seguono quotidianamente la pagina Facebook del blog, gli altrettanti che seguono l’account Twitter, le migliaia di condivisioni e centinaia di commenti per ogni post.

“Per certificare il “crollo”, Repubblica si affida (come il Corriere) ad Alexa, uno strumento web che però non calcola le visite, ma chi glielo spiega ai giornalisti di Repubblica come funziona Alexa? L’ingegner De Maledetti, come lo chiamano a Ivrea? Stando ai dati di Alexa il traffico di Repubblica è crollato miseramente”, si legge ancora sul blog, che pubblica un grafico per illustrare l’affermazione”.

“Forse dovrebbero preoccuparsi visto che tra poco non venderanno più una copia. Ringraziamo Repubblica per aver certificato la morte del Blog, adesso non rompeteci più le palle con i guadagni milionari del blog propinando altri articoli come “Una pioggia di euro dagli spot sui blog. Ecco la miniera d’oro di Beppe e Casaleggio”. Ringrazia anche tu Repubblica per aver detto che non esisti! Manda un tweet con scritto #IoNonLeggoRepubblica all’account @repubblicait. Non ne arriverà nessuno”, è la conclusione di Grillo.

Appalti truccati, quattro ufficiali in manette. Nei guai viceprefetto di Roma

Base militare di Teulada - appalti truccati
Base militare di Teulada in provincia di Cagliari

Bari – Corruzione, truffa aggravata in danno di ente pubblico, turbata libertà degli incanti. Con queste accuse sono finite in manette quattro persone tra cui ufficiali in servizio e in congedo dell’Aeronautica Militare e dell’Esercito Italiano, un viceprefetto e alcuni imprenditori. Sono in tutto 16 le persone coinvolte.

Appalti truccati – I quattro avrebbero truccato appalti per lavori nella caserma Pisano di Capo Teulada, in provincia di Cagliari, nel centro immigrati di Borgo Mezzanone (Foggia) e per forniture destinate all’aeroporto militare di Bari-Palese. Le presunte gare truccate riguardano la ristrutturazione di due plessi, da adibire a mensa, nella caserma sarda.

Le misure cautelari in carcere sono scattate per Carlo Peluso, generale dell’Aeronautica militare in pensione, già Capo ufficio progetti del Genio Difesa e Vincenzo Anzivino, intermediario tra gli imprenditori e la pubblica amministrazione. Ai domiciliari sono invece andati Giuseppe Guastamacchia, titolare di un’impresa edile e Saverio Quartucci, ex colonnello della Aeronautica militare che dopo aver appeso la divisa si è dedicato all’imprenditoria.

Chiesta l’applicazione della misura interdittiva di due mesi per altri tre indagati, tra cui il vice prefetto di Roma Tommaso Ricciardi. Nei confronti di Peluso è stato eseguito un sequestro per l’equivalente di 40mila euro.

L’indagine è stata condotta dalla guardia di finanza di Gioia del Colle e coordinata dal pubblico ministero Francesco Bretone. I fatti contestati risalgono agli anni 2011-2012 e riguardano gare del ministero della Difesa e ministero degli Interni.

Le presunte gare truccate riguardano la ristrutturazione di due plessi, da adibire a mensa, nella caserma dell’Esercito Italiano Pisano di Capo Teulada, la fornitura e posa in opera di moduli abitativi per il centro immigrati di Borgo Mezzanone e l’installazione di impianti fotovoltaici.

Contestato anche il tentativo di turbare, nella fase istruttoria, le gare di appalto per l’approvvigionamento di materiale di pronto consumo, cosiddetto networking, e per l’acquisto di scaffalature metalliche per archivio dell’Istituto di Medicina Legale dell’Aeroporto militare di Bari-Palese.

“Le illecite interferenze nelle operazioni di gara relative alla ristrutturazione dei plessi in Capo Teulada ed alla fornitura e posa in opera di moduli abitativi in Borgo Mezzanone – spiega la Procura – sono state eseguite da Peluso in cambio della promessa di denaro di 40mila euro (per la prima commessa) e di altri vantaggi di natura patrimoniale (per la seconda) consistiti in due soggiorni familiari in una lussuosa struttura ricettiva del Salento”.

E’ di qualche settimana fa un’altra inchiesta in Puglia, a Taranto, che ha investito in pieno la Marina Militare. In manette finirono sette persone, cinque ufficiali, un sott’ufficiale e un civile accusati di presunta concussione sui lavori di manutenzione delle navi militari e sulle forniture alla Marina.

Libia, l'esperto Mattia Toaldo: "Contro l'Isis serve esercito libico"

Truppe libiche - analisi Mattia Toaldo
Truppe libiche

Luca Mirone per l’Agenzia Ansa

La via migliore per sconfiggere l’Isis in Libia è un intervento militare interno, espressione di un governo di unità nazionale che si muova conoscendo il territorio e soprattutto con il consenso della popolazione. Altrimenti una forza internazionale, seppur ingente, rischia di impantanarsi in un Paese dove regna il caos totale, con almeno una decina di fazioni in lotta.

E l’Italia, che dovrà scendere in campo tra le prime file, ha tutto l’interesse per la prima soluzione, nella quale la comunità internazionale potrebbe intervenire con una semplice forza di peacekeeping, di non più di cinquemila militari, a presidio delle istituzioni e degli altri punti sensibili come gli aeroporti. Mattia Toaldo, analista dello European Council on Foreign Relations ed esperto di questioni libiche, in un’intervista all’Ansa mette in guardia da un intervento militare straniero in uno scenario talmente caotico che al confronto “il Libano degli anni ’80 era abbastanza unitario”.

Tale ipotesi ha subito un’accelerazione dopo l’inizio dei raid dell’Egitto sulle postazioni dell’Isis, in risposta alla decapitazione dei 21 copti, ed il successivo appello del presidente Sisi per un intervento dell’Onu: questione che potrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio di Sicurezza. Questo scenario, secondo Mattia Toaldo, è il più “rischioso” anche per lo stesso Egitto, Paese “chiave” in questa crisi (la Libia per il Cairo “è una questione di politica interna, come lo era l’Albania per l’Italia negli anni ’90”).

La storia insegna, come nel recente caso dell’Afghanistan, che non basta un ingente schieramento militare per avere ragione di un territorio senza controllo ed una vera autorità politica. Questo tipo di valutazione, sottolinea Mattia Toaldo, è ben presente anche al Cairo, che sta valutando una seconda opzione, sostenuta anche dall’Europa attraverso l’Alto Rappresentante Federica Mogherini.

L’idea cioè di sostenere la nascita di un governo di unità nazionale con tutte le fazioni anti-jihadiste, che schieri un esercito compatto e in grado di muoversi contro un unico obiettivo. Finora non ci si è riusciti, ma la situazione adesso può cambiare. In primo luogo, perché l’Isis minaccia sia il governo di Tobruk, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale, sia quello “parallelo” di Tripoli, entrambi definiti “apostati”.

In secondo luogo, perché stanno finendo i soldi. I proventi del petrolio, infatti, vengono gestiti dalla Banca centrale, unica istituzione rimasta indipendente, che in questa fase si limita ad erogare gli stipendi. Questa opzione è ritenuta la migliore anche per l’Italia.

Nel caso infatti che il Consiglio di sicurezza autorizzasse un intervento internazionale (possibilità non esclusa, anche perché la Russia è alleata di Sisi), il nostro Paese rischierebbe di doversi impegnare al fianco dell’Egitto con un contingente militare decisamente superiore ai partner europei.

La Gran Bretagna è quasi sotto elezioni, la Francia è già impegnata nel Sahel e con i problemi di terrorismo interno, la Germania è tradizionalmente fuori. E una guerra in un territorio senza guida potrebbe costringere i nostri militari a guardarsi soprattutto le spalle piuttosto che contrastare l’Isis.

Cosenza sceglie Himmler per promuovere re Alarico. Polemiche

Lo stand del comune di Cosenza alla Bit di Milano - re alarico himmler
Lo stand calabrese alla Bit di Milano

Una “svista” clamorosa ha causato un brutto scivolone all’amministrazione del comune di Cosenza guidata dall’architetto Mario Occhiuto, Forza Italia. Alla “Bit” di Milano è stato allestito uno stand per illustrare i “tesori” culturali della regione, nel quale è stata distribuita una brochure dedicata al mito di re Alarico, capo dei Goti che la leggenda narra fu sepolto a Cosenza dopo il sacco di Roma.

RE ALARICO IN FIERA CON HIMMLER

Una leggenda che nei secoli ha suscitato la curiosità di molti storici e archeologi e, nel secolo scorso, anche del nazismo di Hitler. Nel rappresentare Alarico nella brochure, l’assessore alla Comunicazione del comune bruzio Rosaria Succurro, richiama con foto anche il “passaggio storico” del gerarca del nazista Heinrich Himmler che tra il 1937 e 1938, per volere del Führer, si recò a Cosenza alla ricerca del tesoro.

LE POLEMICHE SU SOCIAL E MEDIA

La pagina con Himmler
La pagina della brochure con Himmler

Apriti cielo. Sui social l’avvenente assessore è stata presa di mira insieme al primo cittadino. “Vergogna, vergogna”. Succurro cerca di riparare come può ma scoppia la polemica politica con il consigliere comunale d’opposizione, Enzo Paolini (Pse) che accusa Occhiuto: “Il nostro primo cittadino “intigna” nel voler valorizzare la leggenda del barbaro invasore re dei Goti, forse morto per caso a Cosenza, e a volerne fare, addirittura, il brand di Cosenza. Occhiuto ha superato se stesso portando alla Bit di Milano, la più importante vetrina per il turismo in Italia, il brand di Alarico associato, c’è anche la foto, nientedimeno che ad Himmler, il capo delle Waffen SS naziste, lo psicopatico organizzatore dello sterminio, l’ottimizzatore dei costi della Shoa. Quello che decise la soluzione finale attraverso le camere a gas ed i forni crematori perché le pallottole costavano troppo”.

OCCHIUTO: “HIMMLER PEGGIORE CRIMINALE. DEPLIANT IN RISTAMPA”

Da parte sua il sindaco, nella replica a Paolini, fa dietro front e annuncia che l’opuscolo incriminato andrà in ristampa senza la foto del capo delle SS naziste. “Himmler – scrive il sindaco – è uno dei peggiori criminali della storia dell’Umanità, e noi non abbiamo niente a che vedere con questo crudele assassino. Questo è il nostro giudizio”, afferma accusando il grafico che avrebbe scelto autonomamente di associare l’immagine del nazista al re barbaro nella brochure.

L’ASSESSORE: “E’ UN FATTO STORICO”

rosaria succurro su fbAnche la Succurro prende le distanze su Facebook: “Non l’elogio al gerarca nazista, ma un richiamo storico: nel 1938 infatti Himmler giunse a Cosenza e avviò le ricerche alla scoperta del tesoro del Re dei Goti. Un dato storico riportato nella brochure, unitamente a tanti altri riferimenti che unitamente all’interesse del politologo Luttwak inducono a pensare che il tesoro di Alarico, sepolto alla confluenza dei fiumi Crati e Busento, potrebbe non essere solo leggenda”.

re alarico himmler
Il sindaco di Cosenza Occhiuto e il suo vice Vigna in tram a Milano (Facebook)

LUTTWAK DISDICE INCONTRO A COSENZA SU ALARICO

La Succurro cita Edware Luttwak, il politologo e stratega militare della Casa Bianca che era già sceso a Cosenza per capire di più sulla leggenda di Alarico e del suo tesoro.

Il 20 febbraio prossimo era stata fissato un convegno a cui doveva partecipare pure il consulente militare del Pentagono. Scoppiata la polemica, Luttwak, che è di origine ebraica, ha rinunciato e fatto sapere di avere impegni a Whashington “per ragioni di Stato”. Una scusa per stare lontano da una polemica mediatica di cui lui è del tutto estraneo e che probabilmente vive con un certo imbarazzo.

Luttwak ad agosto si era recato nella città di Telesio perché estremamente interessato al mito di Alarico, come del resto molti in questi anni.

Si era detto disponibile ad interessare un suo amico ingegnere israeliano per portare a Cosenza uno dei droni che Israele utilizza per scovare i tunnel usati da Hamas per entrare nel paese.

Gian Antonio Stella sul Corsera
La critica di Gian Antonio Stella sul Corsera

“Tutti gli storici del mondo – disse il consulente militare – potrebbero venire a Cosenza a vedere le monete, i monili e ciò che si potrà trovare sul re dei Visigoti”.

LE CRITICHE DEI GIORNALI

Del caso di re Alarico – Himmler si è interessato anche il Times of Israel che ha ricordato come Occhiuto, in occasione delle feste natalizie nella città dedicò alcune luminarie alla comunità ebraica cosentina.

Una rappresentazione della Menorah (il candelabro ebraico a sette bracci) che poco si concilia con l’iniziativa di promuovere Alarico e i beni culturali di Cosenza con il capo delle Ss hitleriane.

Interviene pure Gian Antonio Stella sul Corsera che definisce l’iniziativa della giunta comunale cosentina “superficiale”. “Una leggerezza figlia di un vuoto culturale ed educativo”, ha scritto l’editorialista nella sua rubrica “tutti frutti”.

“LA STAMPA ASSOLDATA CONTRO DI ME”

La stampa locale e nazionale sulla gaffe Himmler non ha lesinato critiche al sindaco, il quale in post su Facebook accusa rammentando la “deontologia” ai giornalisti. “Ci sono alcuni giornalisti (?) – attacca Occhiuto – assoldati dai nostri detrattori che scrivono ogni giorno contro l’Amministrazione sui social e sui blog, e poi anche sulle testate giornalistiche locali cosiddette indipendenti. Sono stato presidente di un Ordine per 11 anni, ma dico il codice etico e la deontologia professionale in questo Ordine esistono?”.

IN ISRAELE RITROVATE 2.000 MOTETE D’ORO.

Intanto, per restare in tema di tesori, in Israele sono state ritrovate monete antiche d’oro mai scoperte in nel Paese. A trovarle sono stati 4 sub nel mare antistante Cesarea, uno dei siti archeologici romani più importanti e più visitati di Israele.

Si tratta di circa 2.000 monete, per un peso di sei chili, risalenti a circa mille anni fa, al periodo Fatimida, e conservate talmente bene da avere impressionato gli studiosi. Tra queste, la più antica (un quarto di dinaro) è stata coniata a Palermo nella seconda metà del nono secolo.

La Campania ordina tablet per 800mila studenti. Poi ci ripensa

tablet studentiSergio Rizzo per il Corriere della Sera

Un tablet per ciascun alunno di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Nel mondo perfetto ci starebbe, eccome. Ci starebbe in Danimarca, e ci starebbe in Campania. Peccato che le scuole danesi versino in condizioni leggermente migliori di quelle campane: tanto dal punto di vista strutturale che tecnologico.

Circostanza che non ha tuttavia demoralizzato la burocrazia regionale, fermamente determinata a inseguire le eccellenze nordeuropee. Ecco allora che il 9 febbraio il bollettino ufficiale della Regione pubblica un provvedimento firmato dal direttore generale per le risorse strumentali con il quale dieci giorni prima si è dato via libera a una gara per acquistare con i fondi europei “n° 869.088 tablet e n° 869.088 posti armadio da destinare ai plessi scolastici della Regione Campania”.

Ovvero, tanti quanti sono tutti gli alunni delle scuole regionali, dalla prima elementare all’ultimo anno del liceo. Quando lo legge, l’europarlamentare del Pd Massimo Paolucci non crede ai propri occhi e spara a palle incatenate: “Uno spreco senza precedenti. Non ci pare che l’emergenza delle scuole in Campania, sempre più in difficoltà, oggi sia data dalla penuria di tablet”.

Per la verità si potrebbe anche dissentire. Non si può negare che l’emergenza del nostro sistema scolastico, e non soltanto campano, abbia pure a che fare con la penuria di mezzi tecnologici, come computer e tablet.

Ma certo c’è da domandarsi se in una situazione nella quale metà degli edifici non sono a norma, per non dire fatiscenti, e non hanno neppure una rete wi-fi, non sia un tantino eccessivo prevedere l’acquisto di 869.088 tablet per 869.088 ragazzi.

Domanda che si dev’essere fatta anche il presidente della Regione Stefano Caldoro, il quale decide di bloccare quella delibera appena pubblicata. E sostituirla con un’altra che prevede la rimodulazione della fornitura di tablet alle scuole campane non più sulla base del numero complessivo degli alunni ma dell’effettivo fabbisogno.

Riducendo così il loro numero a 60 mila: meno del 7 per cento. Il resto dei denari europei, dicono, dovrebbe ora essere impiegato per la messa in sicurezza degli edifici e la rete internet. Tutto è bene quel che finisce bene: ma su come le strutture della Regione siano arrivate a prendere quella decisione, annullata solo dopo la pubblicazione sul bollettino ufficiale, qualche interrogativo sarebbe opportuno farselo. Ai piani alti nessuno era al corrente?

Al Jazeera: "30 persone bruciate vive trovate ad Anbar, Iraq"

Al Jazeera : 30 bruciati in IraqSecondo Al Jazeera i jihadisti avrebbero bruciato vive oltre 30 persone ad al-Baghdadi, nella provincia di Anbar, dove i miliziani islamici sono all’offensiva.

Fonti dell’emittente araba hanno riferito che martedì i resti carbonizzati di trenta persone sono stati rinvenuti nella città di al-Baghdadi, a circa 85 km a nord ovest di Ramadi. Nell’area – sequestrata dai terroristi -, l’ISIL (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante) è da giorni impegnata in violenti combattimenti.

L’organizzazione irachena ha catturato molte persone ad al-Baghdadi e ha minacciato i soldati statunitensi di stanza in una base aerea vicino. Si tratta di circa 320 marines americani che stanno addestrando i membri della 7a divisione irachena presso la base aerea di Ain al-Asad, a 5 km a sud ovest di al-Baghdadi.

La maggior parte delle città della regione sono cadute nelle mani dell’ISIL la scorsa estate dopo che i miliziani sono avanzati rapidamente attraverso il confine con la Siria.

La provincia di Anbar, che confina con la Siria, è stata una roccaforte importante per l’ISIL e continua ad essere in gran parte controllato dai terroristi.

Al Jazeera : 30 bruciati in Iraq
L’area irachena in mano allo Stato Islamico

Lo stato islamico dell’Iraq e del Levante controlla ampi territori in Iraq e Siria, e nel giugno dello scorso anno ha annunciato l’istituzione di un “califfato” a cavallo tra i due paesi.

Califfato che ha raggiunto anche i paesi del Maghreb. Ultima la Libia dove l’Isis ha conquistato diverse città tra cui Sirte dalla quale l’Isis ha lanciato durissime minacce all’Italia e all’Europa: “Vi distruggeremo”, hanno detto i miliziani mentre sgozzavano trenta egiziani.

Un orrore che ha visto l’immediata reazione dell’Egitto con numerosi raid aerei che hanno provocato morti e feriti. La contro offensiva dell’Isis non si è fatta attendere, col rapimento di altri 35 egiziani che il mondo spera non abbiano la stessa sorte dei loro confratelli trucidati due giorni fa dai soldati di Allah.

In una intercettazione, i miliziani avrebbero fatto trapelare la volontà di usare gli sbarchi migratori come “arma” per destabilizzare l’Italia. Un “Cavallo di Troia” che si rivelerebbe fatale per un Europa dove già vivono milioni di musulmani pacifici, ma che al richiamo della “Guerra Santa” invocata dai “fratelli musulmani” dell’Is, magari costretti sotto la minaccia delle armi, sarebbero un prezioso esercito accanto a chi vuole erigere la “bandiera nera” nelle città dell’Ue.

Isis, la maschera del nemico

L'is recluta prostitute in Marocco
Miliziani dell’Isis

Sergio Romano per il Corriere della Sera

È giusto che l’apparizione in Libia dell’Isis, l’autoproclamato Stato islamico, susciti le nostre preoccupazioni. È naturale che il governo, anche se il premier dichiara che non è tempo d’interventi, debba prendere in considerazione la possibilità di un conflitto.

Il riferimento all’Onu, soprattutto in una situazione in cui l’Italia avrebbe un ruolo di primo piano, è inevitabile. Ricordiamo che cosa accadde quando Berlusconi desiderava competere con la Gran Bretagna per l’ambito ruolo di alleato degli Usa nella guerra irachena. Bastò una riunione del Consiglio superiore di Difesa e un richiamo all’art. 11 della Costituzione sul «ripudio» della guerra, perché la missione militare italiana divenisse una paradossale missione di pace. Per chi voglia opporsi con le armi all’Isis occorre un mandato internazionale.

Ma il mandato dell’Onu da solo non basterebbe. Vorremmo qualche notizia in più sulla natura dei nemici. Chi sono? Una delle tante milizie libiche create dopo la dissennata operazione franco-britannica del 2011? Sono salafiti (una delle varianti più radicali dell’Islam) provenienti dal Sahara? Obbediscono al «Califfo» Al Baghdadi o hanno scelto il marchio di fabbrica che è oggi vincente nella gara del terrore? L’Isis sta combattendo anche una guerra psicologica e non meno pericolosa. Conosciamo male l’organizzazione, ma sappiamo che ogni gruppo terroristico sopravvive soltanto se sostituisce i morti con nuove reclute.

E il reclutamento è tanto più facile quanto più l’organizzazione può rivendicare successi proiettando di se stessa un’immagine di audacia e ferocia . Un governo deve dare la sensazione di non avere sottovalutato il pericolo, ma sbaglierebbe se non ricordasse che un’opinione pubblica allarmata è esattamente l’obiettivo dell’Isis.

Siamo male attrezzati, militarmente e psicologicamente, per vincere guerre di guerriglia contro chi non esita a usare la propria vita come un’arma. La spedizione franco-britannica ha dimostrato che i bombardamenti non bastano a creare le condizioni per una Libia pacificata e rinnovata. Ma potrebbero servire a cacciare l’Isis da Sirte, a impedirgli altre conquiste e a rafforzare le milizie del generale Khalifa Haftar.

La Libia è certamente un problema italiano. Ma è anche un problema mediterraneo e dell’Unione Europea. Francia e Spagna non possono attendere che venga risolto da altri. Una coalizione tripartita, sostenuta da altri Paesi dell’Ue, non sarebbe utile soltanto sul piano militare. Dimostrerebbe che l’Europa non è esclusivamente il luogo in cui si parla di euro, stabilità e crescita. È anche una patria da difendere.

Libia, L’Isis: “Faremo sbarcare 500mila musulmani. Poi vi distruggeremo”

isis sbarchi
Sbarchi di migranti (G. Lotti)

L’Isis è pronta a “utilizzare i migranti come “arma psicologica” contro i paesi che dicono di voler intervenire in Libia e quindi, in particolare, contro l’Italia”. I migranti sono il Cavallo di Troia in Europa

Lo scrivono il Messaggero e il Mattino citando intercettazioni dei miliziani islamici. I quotidiani riportano un’ipotesi inquietante di cui avevamo scritto già nei mesi scorsi quando c’era l’emergenza del virus Ebola. Ipotesi poi confermata da Site, il portale di monitoraggio del terrorismo jihadista sul fatto che lo Stato islamico prima o poi avrebbe avuto modo di mettere le mani sui flussi migratori facendo sbarcare nel vecchio continente centinai di migliaia di musulmani pronti a sostenere i “fratelli musulmani jihadisti” anziché l’Occidente “infedele e nemico”.

L’idea di far sbarcare mezzo milione di migranti sulle coste italiane “è l’ultima minaccia di cui i miliziani dell’Isis avrebbero parlato in alcune intercettazioni telefoniche. Per come la cosa è stata riferita agli apparati di sicurezza italiani, nella conversazione, che viene ritenuta attendibile, i jihadisti ipotizzano di lasciar andare alla deriva, dirette verso l’Italia, centinaia di barche cariche di migranti non appena il nostro paese dovesse accennare a un intervento armato sulla Libia (un’ipotesi accennata alcuni giorni fa dai ministri di Esteri e Difesa ma al momento congelata)”, anche per il volere del premier Matteo Renzi che ha stemperato i toni di Gentiloni sul “siamo pronti a combattere”.

La cifra di cui si parla è cinquecentomila, la gran parte di quei 700mila che sono stipati sulle coste in attesa di imbarcarsi. E l’obiettivo sarebbe quello di creare una nuova tragedia: morti in mare e Capitanerie di porto in affanno, senza la forza per salvarli. Un impatto devastante sull’opinione pubblica del paese – considerato l’anello debole del “fronte occidentale” – che finirebbe per condizionare le scelte politiche del governo più delle minacce di guerra all’Italia.

L’intercettazione viene ritenuta attendibile per vari motivi. Prima di tutto per le conferme che sono arrivate anche dai servizi stranieri e poi per una coincidenza che sembra valere più di mille analisi: negli ultimi giorni, mentre le truppe che si sono autoproclamate vicine all’Isis avanzavano, dai porti della Tunisia, dell’Egitto, dell’Algeria, sono spariti pescherecci e navi in disuso in numeri persino più abbondanti dell’attuale e costante traffico che anima quelle coste.

Che la rotta libica fosse la principale da tenere monitorata, perché da qui passano praticamente tutti i migranti subsahariani, e che anche per questo l’Italia dovesse occuparsi di quel che accade oltre lo stretto di Sicilia, era stato sottolineato più volte anche dall’Autorità delegata all’intelligence, Marco Minniti, sottosegretario di palazzo Chigi.

L’obiettivo dell’Isis è quello di infiltrare “truppe” di disperati (tutti islamici) come un “cavallo di Troia” che in un prossimo futuro in Europa, nella scelta di stare dalla parte dell’Occidente o del Califfato, non esiterebbero a scendere e schierarsi con i “fratelli musulmani” per “distruggere gli infedeli” occidentali che, nel frattempo, perseverano nelle “politiche di accoglienza” dei futuri “boia”, come afferma la Lega di Salvini.

Come riferisce l’Ansa, l’intelligence indica la presenza di circa 500mila profughi nei campi in Libia. Circa la metà di questi potrebbe partire via mare. I trafficanti sono alla ricerca di imbarcazioni sulle quali far salire queste masse di disperati. Ogni viaggio può fruttare fino a 4-500mila euro. In questi giorni si stanno usando gommoni fatiscenti “usa e getta”.

Vengono segnalati furti di navi d’altura in Paesi vicini come Tunisia, Algeria e Marocco: potrebbero essere finiti nelle mani delle organizzazioni libiche. Le traversate verso l’Italia (già quasi 7mila arrivi nel 2015, +60% rispetto all’anno record 2014) potrebbero così proseguire a ritmi sostenuti anche nei prossimi mesi mettendo a dura prova il sistema di accoglienza.

L’avanzata dell’Islamic State ha cambiato le cose. Gli spari di lunedì contro la motovedetta della Guardia costiera al largo di Tripoli hanno fatto alzare il livello di preoccupazione degli 007: potrebbe essere il segnale che gli “uomini neri” hanno messo le mani sul business delle traversate dei migranti. Un atto ostile che lascia presagire scenari inquietanti.

Intanto proseguono i raid aerei dell’Egitto contro Isis in Libia. Incursioni con “decine di morti” sono state compiute nella notte dall’aviazione egiziana contro postazioni dell’Isis a Derna, città nell’est della Libia. Secondo le notizie riportate dai media locali tra gli obiettivi colpiti ci sarebbe il Tribunale della Sharia istituito dall’Isis. Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi “si è appellato al Consiglio di sicurezza” dell’Onu “perché adotti una risoluzione” per un “intervento internazionale in Libia”.

Lupi (Ncd): "Alle elezioni regionali in Campania con Caldoro". Ma senza Salvini "è sconfitta"

elezioni regionali in campania“Ci si deve riproporre insieme con quelli che finora si sono assunti la responsabilità di governo”. Lo ha detto il ministro per le Infrastrutture, Maurizio Lupi (Ap-Ncd) in visita a Napoli, rispondendo ai giornalisti sulle alleanze in vista delle prossime elezioni Regionali in Campania.

Il dirigente centrista ha ricordato che “anche oggi Angelino Alfano ha ribadito che con il governatore Caldoro abbiamo governato in questi cinque anni bene”.

Secondo Maurizio Lupi alla comunità campana in questi anni si sono date “risposte concrete e positive, secondo un’idea di politica che è finalmente quella che dovrebbe caratterizzare il centrodestra. Mi sembra che quanto è stato detto vada nella giusta direzione, e che ci si deve riproporre insieme”, afferma Lupi blindando in Campania l’accordo tra Forza Italia e Nuovo Centrodestra.

Non è ancora dato sapere se dell’alleanza pro-Caldoro tra Fi e Ncd faccia parte anche la Lega Sud di Matteo Salvini. Nei giorni scorsi il coordinatore regionale Giocacchino Alfano aveva posto veti: “Bene l’alleanza, a patto che non ci sia il Carroccio”, era stato il veto posto dal segretario Ncd.

Lo stesso Lupi affronta la questione dal punto di vista di Ap. “Noi non accettiamo veti dalla Lega”, afferma in merito alle elezioni in Veneto, dove il segretario della Lega Matteo Salvini aveva chiuso a un accordo con Ncd, salvo poi fare un parziale dietrofront: Dal “correremo da soli” all’alleanza con Fi a sostegno di Luca Zaia. I due tavoli, è il ragionamento del ministro, non sono separati ma collegati. Il problema, quindi, riguarda direttamente Forza Italia, che deve decidere – ha chiarito Lupi – tra “il populismo di Salvini e la concretezza di Ncd.

Veti incrociati che, se non rimossi, allontanano le aspirazioni di Caldoro di ottenere il bis, dal momento che i numeri tra Fi e Ap da soli in Campania sono oggi risicati, seguendo i dati delle europee 2014 (che sono altre elezioni, ma danno una idea del trend): il 25 maggio Forza Italia ottenne il 23,95% mentre Ncd e Udc insieme non superarono il 5,39 percento con Fratelli d’Italia al 4,52

Un dato lontato anni luce dal boom di Caldoro nel 2010, la cui coalizione racimolò il 54,27% con il Pdl (compreso Alfano) al 31,59 percento e Udc al 9,40, al netto di tutte le liste satelliti. All’appello mancano oltre una decina di punti che Forza Italia spera di poter recuperare tra Salvini, Meloni, Mastella e altre sigle. L’importante, secondo gli azzurri campani è convincere Ncd a imbarcare anche il leghisti.

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