7 Ottobre 2024

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Landini contro Renzi lancia la "Coalizione Sociale"

Landini contro Renzi
Maurizio Landini, durante la riunione di sabato (Ansa/Tersigni)

Il segretario della Fiom, Maurizio Landini prova a scendere in politica. Le prove tecniche di “trasmissione” le ha annunciate ieri esprimendo la volontà di mettersi a capo di una “coalizione sociale” per difendere “i diritti di cittadinanza a partire da quello del lavoro, non solo quello salariato, ma in tutte le forme”.

Non è ancora una scesa in campo vera e propria, ma il leader sindacale non intende stare fermo di fronte al processo di “fortissima svalorizzazione” nel lavoro e nella società italiana. Da questa premessa per lanciare poi anche la riforma del sindacato, ormai logoro e spesso stampella dei governi che si susseguono.

“Riunificare il lavoro per estendere i diritti a tutti”, afferma Maurizio Landini, secondo cui “ciò porta al cambiamento anche del sindacato: il processo in atto sta portando alla cancellazione del sindacato confederale perchè porta i sindacati alla competizione tra loro. Per impedire questo processo bisogna unire tutto ciò che stanno dividendo” puntando “a mettere insieme tutte le forme di lavoro, non solo quello salariato”.

“Sono abituato – spiega – a discutere di merito più che di decibel. Io sono attento a quello che si dice: inviterei ad avere rispetto delle proposte che si fanno senza dimenticare che il partito di maggioranza, non tutti al suo interno, ha votato la cancellazione dello statuto dei lavoratori”, manda a dire al capogruppo Pd alla Camera, Roberto Speranza il quale nella sua relazione introduttiva all’incontro di Area riformista a Bologna, aveva detto che la soluzione alla richiesta di una maggiore presenza di sinistra nella politica italiana “non può essere una sinistra antagonista che nasce dalle urla televisive di Landini, ma avere più sinistra nel Pd e più sinistra nella nostra azione di governo”.

La situazione fuori dal Pd, ha detto Speranza, è fatta dal “M5S con l’impossibilità di scongelare la spinta al cambiamento, Salvini che dice cose inaccettabili come il fatto che l’antifascismo sia roba da libri di storia, mentre è un valore fondante della nostra costituzione e da Berlusconi, la cui assoluzione non può far dimenticare il giudizio politico. Queste sono le forze con cui dobbiamo confrontarci, la riflessione sul futuro del Pd non può che partire da questa inquietante situazione”.

Riunione convocata dal segretario della Fiom Maurizio Landini per mettere in campo le basi per quella “Coalizione sociale” alla quale il numero uno delle tute blu ha annunciato di puntare per costruire un’alternativa alle politiche del governo di Matteo Renzi. La riunione a porte chiuse vede la partecipazione di diverse associazioni, da Emergency ad Arci, da Libera ad Articolo 21.

Presenti anche rappresentanti di alcune categorie professionali come avvocati, farmacisti e dottorandi di ricerca. E non manca la partecipazione di un rappresentante politico vero e proprio, impersonato dalla senatrice ex M5s Maria Mussini. Tutti i partecipanti sono stati convocati da Landini presso la sede nazionale della Fiom con una lettera di invito nella quale si chiede di dare forma a dei “punti di programma condivisi nello spazio nazionale” che muovano da una certezza: “La politica non è una proprietà privata”.

Ed entrando alla riunione uno dei partecipanti Paolo Perrino dell’associazione Spin Time Action dà un’idea dei punti di discussione che saranno affrontati: “Il futuro non può essere né cemento né fabbrica, ci vuole un’alternativa al governo, Renzi si è perso per strada la capacità di rappresentare gli interessi popolari. Le politiche della Commissione Ue e della troika, anche in Italia mettono in discussione la democrazie”.

Verbania, rubavano e facevano "Bye Bye". Presi i ladri di 47 furti al Nord

Uno dei ladri mentre fa ciao dopo i furti a Verbania
Uno dei ladri mentre fa “bye bye” dopo i furti a Verbania e altre città del centronord

Impiegavano quattro minuti a svaligiare i depositi delle ditte di spedizione di tutta Italia e, al termine dei furti rivolti alle telecamere di videosorveglianza facevano un beffardo “bye bye” con la mano. Quel saluto era diventato la firma della banda sgominata dai carabinieri di Verbania (Piemonte).

Tre le persone arrestate, di origine romena, con l’accusa di avere messo a segno nell’ultimo anno qualcosa come 47 furti – sempre con la stessa tecnica – per un bottino complessivo di circa un milione e mezzo di euro.

A far scattare l’operazione “Bye bye”, come l’hanno ribattezzata i militari dell’Arma, sono state proprio le immagini dei sistemi di sorveglianza. Grazie a quei frame è stato infatti possibile individuare l’auto utilizzata dalla banda e risalire così alla identità dei suoi membri. In manette sono finiti Adrian Ciobanu, 36 anni, l’autista della gang, Constantin Papura, 40 anni, e Ciprian Iovita, 34 anni.

La tecnica era sempre la stessa, proprio come quel saluto-beffa finale. La banda entrava in azione nelle prime ore della notte. Ciobanu aspettava in auto, il motore acceso pronti a fuggire, mentre i due complici entravano in azione. Il più robusto si occupava di mandare in frantumi il vetro a forma di oblò della porta d’ingresso, poi aiutava il più magro a infilarsi all’interno. A quel punto aprire la porta di emergenza, per portare via la merce, era un gioco da ragazzi.

La banda, che aveva la sua base a Torino, agiva in tutta Italia. Secondo i carabinieri i colpi sono stati commessi a Novara, Lucca, La Spezia, Pisa, Verbania, Torino, Piacenza, Cuneo, Bergamo, Biella, Genova, Verona, Parma, Varese, Asti, Alessandria, Ferrara, Brescia, Lodi e Reggio Emilia. Una raffica di 47 furti, come è stato possibile accertare grazie agli ulteriori elementi investigativi raccolti perquisendo l’abitazione torinese dei tre malviventi.

L’arresto è stato eseguito su disposizione del gip del tribunale di Verbania; i tre romeni sono stati associati presso la Casa Circondariale “Lo Russo e Cotugno” del capoluogo piemontese. Le filiali locali delle ditte di spedizione, per le quali la banda era diventata un vero e proprio incubo, possono così tirare un sospiro di sollievo, mentre le indagini proseguono. I militari dell’Arma vogliono infatti accertare se a carico della banda ci siano eventuali altre responsabilità.

Isis, Renzi: "Intervenire in Libia prima che sia troppo tardi"

Matteo Renzi con il presidente egiziano Al Sisi
Matteo Renzi con il presidente egiziano Al-Sisi

“C’è l’assoluta necessità di intervenire in Libia prima che le milizie dell’Isis occupino in modo sistematico, non soltanto piccoli e sporadici luoghi, ma direi, in generale, una parte della Libia”. Lo ha affermato il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in Egitto al Forum economico di Sharm el Sheikh. Il premier italiano ha incontrato il presidente della Repubblica egiziana, Abdel Fattah Al- Sisi

“Ci sono sensibilità diverse a tutti i livelli nella comunità internazionale, all’interno dei singoli Paesi e delle istituzioni delle Nazioni Unite, ma non c’è alcun dubbio sul fatto che occorra lottare con decisione e determinazione contro il terrorismo”, ha sottolineato Renzi. “Questa minaccia è evidente in ciò che è accaduto nelle ultime settimane, si pensi a come il popolo egiziano abbia pianto la morte dei 21 copti uccisi dai terroristi in Libia e a tante altre vicende drammatiche che ci sono state”, ha proseguito il premier.

Renzi ha ribadito che non c’è uno scontro di civiltà. Bisogna “unire le forze per affrontare la sfida del terrorismo, che non è uno scontro di civiltà ma è una lotta del mondo civilizzato contro pochi estremisti che non hanno nulla a che fare con la religione”. Il premier italiano apprezza la leadership dell’egiziano Al-Sisi: “Questo vale anche per la crisi libica e siriana”.

Per Renzi l’annuncio del Giubileo, dato oggi dal Vaticano, è “una buona notizia che il governo italiano accoglie con i migliori auspici. Si tratta di un appuntamento importante il cui carattere religioso, come sottolineato da Papa Francesco, è uno spunto di riflessione per tutti. Sono sicuro che, come già nel 2000, Roma si farà trovare pronta. L’Italia, che quest’anno ospita l’Expo, saprà fare la sua parte anche in questa occasione”.

Rientrando, il premier ha visitato l’Expo di Milano, esprimendo fiducia e attaccando i “gufi”: “Quando l’Italia rema tutta nella stessa direzione, i sogni si realizzano. Alla fine venderemo dieci milioni di biglietti. Vorrei che in ogni famiglia ci sia la curiosità di venire a vedere l’Expo”. Renzi rende noto che già tre milioni di biglietti sono stati acquistati. “Il traguardo delle riforme è vicino? Si – ha concluso il premier – lo è come quello dell’Expo. C’è qualcuno che diceva che l’Italia non ce l’avrebbe fatta. Questa dell’Expo è una bella sfida per il nostro Paese e la vinceremo”.

Papa Francesco annuncia l'Anno Santo Straordinario. Sarà l'Expo spirituale

Papa Francesco nella Basilica di San Pietro per il rito penitenziale - Giubileo Anno Santo straordinario Misericordia Papa Francesco
Papa Francesco nella Basilica di San Pietro per il rito penitenziale (Ansa/Brambati)

Papa Francesco ha annunciato un nuovo Giubileo, l’Anno Santo straordinario, dedicato alla Misericordia. L’evento spirituale avrà inizio l’8 dicembre prossimo, a 50 anni dalla fine del Concilio Vaticano II, con l’apertura della Porta Santa in San Pietro, e si concluderà il 20 novembre 2016. La bolla di indizione dell’Anno Santo sarà pubblica il 12 aprile, domenica della Divina Misericordia.

“Non dimentichiamo che Dio perdona tutto e Dio perdona sempre, non ci stanchiamo di chiedere perdono, affrontiamo il nostro cammino penitenziale con cuore aperto, durante un anno, pronti a ricevere l’indulgenza di Dio, a ricevere la misericordia di Dio”. Con queste parole a braccio il Papa ha concluso l’omelia del rito penitenziale con il quale, a due anni dalla sua elezione, ha annunciato un Anno Santo Straordinario dedicato alla Misericordia.

L’apertura del prossimo Giubileo avverrà nel cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, nel 1965, e appare chiaro l’intento di papa Francesco di spingere la Chiesa a continuare l’opera iniziata con il Vaticano II. Francesco ha dato l’annuncio della indizione di un Anno Santo Straordinario intitolato alla misericordia durante il rito penitenziale nella basilica di San Pietro, nel giorno in cui si festeggia l’anniversario del secondo anno della sua elezione.


La Chiesa cattolica ha iniziato la tradizione dell’Anno Santo con Papa Bonifacio VIII nel 1300. Bonifacio VIII aveva previsto un giubileo ogni secolo. Dal 1475 – per permettere a ogni generazione di vivere almeno un Anno Santo – il giubileo ordinario fu cadenzato con il ritmo dei 25 anni. Un giubileo straordinario, invece, viene indetto in occasione di un avvenimento di particolare importanza. Gli Anni Santi ordinari celebrati fino ad oggi sono 26. L’ultimo è stato il Giubileo del 2000. La consuetudine di indire giubilei straordinari risale al XVI secolo. Gli ultimi Anni Santi straordinari, del secolo scorso, sono stati quelli del 1933, indetto da Pio XI per il XIX centenario della Redenzione, e quello del 1983, indetto da Giovanni Paolo II per i 1950 anni della Redenzione.

Renzi, Giubileo buona notizia, Italia farà sua parte – “L’annuncio del Giubileo è una buona notizia che il governo italiano accoglie con i migliori auspici”. Lo ha detto il premier Matteo Renzi, aggiungendo che l’Italia, “che quest’anno ospita l’Expo, saprà fare la sua parte anche in questa occasione”. “Si tratta di un appuntamento importante – ha aggiunto Renzi – il cui carattere religioso, come sottolineato da papa Francesco, è uno spunto di riflessione e di meditazione per tutti. Sono sicuro che, come già nel 2000, Roma si farà trovare pronta: l’Italia, che quest’anno ospita l’Expo, saprà fare la sua parte anche in questa occasione”.

Marino, Roma è da subito pronta – “Roma è da subito pronta ad affrontare questo evento mondiale, così come lo è stata in occasione della beatificazione dei due Papi il 27 aprile del 2014”. Così il sindaco di Roma Ignazio Marino commentando l’annuncio del Papa sull’Anno Santo straordinario, dedicato alla misericordia.

“L’annuncio di Papa Francesco dell’ Anno Santo dedicato alla misericordia, a partire dall’8 dicembre, è una lieta notizia per Roma”, ha detto Ignazio Marino. “Si tratta di un importante appuntamento religioso – spiega – e un’occasione, per credenti e non credenti, per riflettere sul senso della vita, in un mondo spesso ammalato di indifferenza verso l’altro, e sulla centralità dei valori spirituali che pervadono la nostra cultura e la nostra società”.

Zingaretti, gioia immensa, attenzione verso ultimi – “Gioia immensa per annuncio straordinario che ci richiama a misericordia, a perdono e all’attenzione verso gli ultimi”. Così il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, commenta l’annuncio di Papa Francesco di un Anno Santo straordinario che prenderà il via l’8 dicembre prossimo.

Elezioni regionali in Veneto, Tosi si candida contro Zaia

Flavio Tosi
Flavio Tosi, si candiderà contro Zaia

Flavio Tosi, il sindaco da Verona espulso dalla Lega, si candiderà a governatore del Veneto. Lo annuncerà nella giornata di domani. “Avevo fatto – dice a Rtl 102.5 – alcune ipotesi dopo quella botta presa dopo l’allontanamento, la cancellazione dalla Lega Nord da parte di Salvini. Per ora posso dirvi che escludo l’ipotesi di ritirarmi a vita privata e non fare più politica e che domani qualcosa si porta avanti”.

Il sindaco sarà dunque in campo contro il candidato del Carroccio, Luca Zaia e del Pd Alessandra Moretti. Il governatore uscente, sponsorizzato da Matteo Salvini, si dice tuttavia convinto di farcela. “Non temo nessuno”; ma il “terzo incomodo” è per lui una spina nel fianco che gli sottrae molti voti.

L’occasione per l’ufficializzazione sarà la manifestazione #siamoconTosi promossa dalla “Lista Tosi” all’indomani della sua espulsione dal Carroccio, inizialmente prevista per martedì prossimo 17 marzo e poi anticipata a domani, a partire dalle 11,30 al quartiere fieristico.

Tosi, con la sua Fondazione “Ricostruiamo il Paese”, punterà a costruire “un’alternativa tra la Lega di destra e Berlusconi”. E infatti l’ex segretario della Liga Veneta conta di avere con sé le forze e i movimenti del centrodestra, prima tra tutti l’Italia Unica di Corrado Passera. Mentre in Regione, l’Ncd, su cui sono caduti i veti di Salvini, è propensa ad appoggiarlo nella sua corsa a Palazzo Balbi.

Tosi, in Regione, può già contare su due consiglieri regionali usciti dal gruppo del Carroccio a Palazzo ferro Fini: Matteo Toscani e Luca Baggio che con Francesco Piccolo hanno dato vita al Gruppo “Impegno Veneto”, mentre viene data per certa in queste ore anche l’uscita di altri due consiglieri leghisti, Daniele Stival (assessore regionale all’Identità veneta) e Giuseppe Stoppato che con Diego Bottacin daranno dare vita al gruppo ‘Vero Nord – Impegno Veneto’, anch’esso a sostegno del sindaco di Verona.

Intanto, a chi gli chiede se ci saranno anche parlamentari della Lega, il sindaco di Verona risponde che sabato “sono stati invitati gli amici che vuol dire che ci possono essere parlamentari, consiglieri regionali, consiglieri comunali, sindaci, cittadini. Non ci saranno le truppe schierate, è stata fatta una cosa indistinta perché è una questione di stima reciproca. Poi potrebbe essere che prossimamente ci sia qualcuno che, alla Camera così come al Senato, non condivida la decisione scorretta” assunta da Salvini con l’espulsione, “quindi può essere che qualche parlamentare faccia questa scelta. Ma io non sono partito per fare una divisione, non avevo messo in programma che finisse come l’ha fatta finire Matteo Salvini, non avevo organizzato le truppe”.

“Ho lasciato e aspettato – prosegue Tosi – ora che è accaduto l’irreparabile purtroppo, adesso ognuno deciderà in maniera molto libera cosa farà. Non ho forzato la mano con nessuno e non lo farò. A quelli che nonostante il percorso fatto insieme mi han detto che restano in Lega io ho detto che l’amicizia e la stima reciproca rimangano pure per chi fa una scelta diversa. Guai a guastare i rapporti personali per la politica”.

Ruby ter, i pm accusano: “Da Berlusconi più di 2 milioni alle olgettine”

olgettineNon c’è pace giudiziaria per Silvio Berlusconi. Dopo aver incassato l’assoluzione definitiva nel processo Ruby,  il leader di Forza Italia deve affrontare il “Ruby ter”, un altro filone dell’inchiesta in cui l’ex premier è accusato di aver “comprato” le olgettine, le ragazze che avrebbero frequentato a pagamento le ville del Cav.

I magistrati sono convinti che Berlusconi avrebbe dato circa 2 milioni e 150 mila euro tra il 2010 e il 2014 a una ventina di ragazze indagate nell’inchiesta Ruby ter. Questi versamenti sarebbero avvenuti tramite bonifici e assegni, come risulta da alcuni atti dell’indagine depositati al Tribunale del riesame di Milano.

In questo “conteggio” Ruby non è entrata. Tra le ragazze che hanno ricevuto più denaro da Silvio Berlusconi, attraverso il conto corrente Monte dei Paschi di Siena dell’ex premier, ci sono Alessandra Sorcinelli (390 mila euro) e Barbara Guerra (200 mila euro). Dagli accertamenti bancari effettuati nell’ambito dell’inchiesta “Ruby ter” emerge che “non risultano fonti di reddito delle indagate che non sono riconducibili in modo diretto o indiretto a Silvio Berlusconi”.

I movimenti bancari sono stati verificati dagli inquirenti e vanno dal 2010 ai primi mesi del 2014. Agli atti dell’inchiesta Ruby ter, ci sono anche le lettere scritte a ciascuna delle 20 ospiti alle feste ad Arcore in cui Silvio Berlusconi le informa di non poter più continuare a versare denaro e, come ultimo “aiuto” annuncia che le liquiderà con 25 mila euro “una tantum”.

Nella lettera, identica per ognuna delle ragazze, Berlusconi comunica di non poter proseguire nel suo sostegno economico per non causare a se stesso e a loro ulteriori guai con la giustizia. La missiva risale al dicembre del 2013. Sempre agli atti dell’indagine, c’è anche il verbale del ragioniere Giuseppe Spinelli, sentito quattro volte dagli inquirenti.

Spinelli racconta di essersi trovato di fronte a ragazze che gli dicevano di essere in difficoltà economiche quando gli chiedevano il denaro. Non viene mai nominato Silvio Berlusconi dalle ragazze intercettate al telefono per lo meno negli atti che ha depositato, fino a questo momento, la Procura di Milano al Tribunale del riesame, nell’ambito dell’indagine Ruby ter.

Tra loro le “olgettine” continuano a chiamarsi “amò”, mentre ci si riferisce al Cavaliere con un evocativo “lui”. I telefonini delle ragazze “agganciano” le celle di Arcore anche nel 2014, ma questo non significa che avessero ingresso a Villa San Martino. E’ anzi probabile, stando anche ad articoli di stampa usciti nei mesi scorsi, che le giovani rimanessero fuori dalla porta per volontà di Berlusconi.

Salute, dopo ebola è allarme morbillo. "In Africa a rischio molte vite"

bambino affetto da morbillo africaNei Paesi più colpiti dal virus ebola la prossima emergenza di salute pubblica, che potenzialmente metterebbe a rischio migliaia di vite, potrebbe venire da un virus più familiare: quello del morbillo.

In Guinea , Liberia e Sierra Leone , dove l’epidemia di Ebola che ha prodotto 10mila morti e oltre 24mila contagi è stata più intensa ed è ancora attiva, vi è stato infatti, secondo quanto riporta un sondaggio effettuato su medici e personale sanitario, un forte calo delle vaccinazioni per questa malattia (in alcune realtà pari al 75%) perché cliniche e ospedali erano chiusi o destinati esclusivamente alla cura dell’ebola.

Se si verificasse un’epidemia di morbillo dopo 18 mesi di interruzione della normale attività del sistema sanitario i casi potrebbero essere tra i 153mila e i 321mila e i decessi potrebbero dai 2mila ai 16mila. Questo il quadro tracciato in un articolo pubblicato sulla rivista Science dai ricercatori della Princeton University e della Johns Hopkins University.

Prima di ebola , e dopo le campagne di vaccinazione , tutti e tre i paesi nel periodo 2004-2013 avevano riportato in totale solo 6.937 casi di morbillo – evidenziano ancora i ricercatori – ma con l’avvento dell’epidemia di ebola circa 351mila bambini tra i nove mesi e i cinque anni (al ritmo di 19.500 al mese) non hanno effettuato il vaccino, che se sommati ai 778mila piccoli che prima dell’epidemia non erano stati vaccinati fanno la somma totale di un milione di bambini a potenziale rischio.

medici vaccinazione anti virus ebola morbillo africa“Anche nel momento in cui la minaccia di ebola comincia a retrocedere c’è il potenziale per altre epidemie di malattie infettive” ha evidenziato una delle autrici della ricerca, Saki Takahashi, evidenziando uno degli scopi principali del report e’ incoraggiare i governi e le organizzazioni sanitarie a promuovere le vaccinazioni.

“Campagne di vaccinazione su larga scala nei paesi colpiti da Ebola potrebbero essere la chiave per allontanare potenziali epidemie di morbillo” ha evidenziato infatti la studiosa. Dal report, che come evidenziano gli studiosi si è focalizzato sul morbillo perché tende in qualche modo ad essere conseguente alle crisi umanitarie, si evidenziano anche altri potenziali rischi causati dalla riduzione delle inoculazioni di polio ,l’indisponibilità di trattamenti per l’aids e la malaria, e una marcata diminuzione della cure prenatali.

Precari scuola materna, il governo li esclude dal piano assunzioni. E' rabbia tra i prof

scuola maternaDopo l’annuncio di Matteo Renzi al termine del Consiglio dei ministri di ieri sul “rafforzamento” dei poteri dei dirigenti scolastici in merito alle assunzioni dei precari della scuola, arriva la reazione stizzita dei docenti della scuola materna esclusi dal provvedimento del governo.

“Ieri sera, dopo l’annuncio del premier Matteo Renzi sull’esclusione di gran parte degli insegnanti di scuola materna dal piano di assunzione straordinaria, sono rimasta senza parole. In questi anni abbiamo fatto crescere questa scuola e ora non contiamo più nulla”. Maria Cristina Ceccarelli, 43 anni, è insegnate di sostegno all’istituto comprensivo di Civitella San Paolo (Roma). La sua carriera da precaria, cominciata nel 2004, è destinata a non trovare stabilità. Almeno nell’imminente. Rischia di essere una dei circa 23 mila precari della scuola dell’infanzia, sui 32 mila iscritti alle Graduatorie ad esaurimento, che non verranno assunti subito. Per loro la partita si chiuderà in un secondo momento, ha spiegato Renzi, dopo “aver chiarito con i comuni la strategia sulle materne” e comunque con la delega al governo sul piano di istruzione per i bambini dagli 0 ai 6 anni.

“Si stava meglio prima, quando eravamo precari – spiega Maria Cristina all’agenzia Ansa – perché almeno c’era la speranza che venissero veramente esaurite le Gae. Ora non sappiamo sulla base di quali criteri si rientrerà o meno nel piano di assunzione straordinario, ma io sono all’819/mo posto della mia graduatoria. Sarà dura”. Per recarsi al lavoro, Maria Cristina, sposata con due figli, macina ogni giorno 30 km, altri 30 per tornare a casa. “Ma pur di avere un posto fisso – spiega – mi sposterei anche in un’altra città più lontana. Non è questo il problema”.

“Stamattina c’è stato un fitto scambio di Sms tra me e altre colleghe precarie – racconta – tutte deluse dagli annunci di ieri. Stasera ci ritroviamo per preparare magliette e striscioni e il 17 marzo sciopereremo contro il piano del governo e andremo a manifestare. Vogliamo farci sentire. Stiamo anche pensando di far ricorso al tribunale ed essere così assunte a tempo indeterminato attraverso una sentenza”. Insomma, avverte, la battaglia continua.

Doccia fredda, ieri sera, anche per chi ha partecipato al concorso del 2012 ed è risultato idoneo: neanche per loro ci sarà l’assunzione a settembre. “Ho scritto un’e-mail al presidente Renzi”, spiega Marco Borghi, di Roma, che ha superato il concorso. “Noi siamo nelle graduatorie di merito e in tutto siamo circa 6 mila. Finché ci sarà bisogno di insegnanti a scuola, per almeno tre anni dobbiamo essere assunti. Siamo le risorse più fresche, risultate più preparate nel concorso più selettivo nella storia dei concorsi a cattedra. Il premier non ci deve disperdere”.

Ma a fronte della delusione di alcuni, un esercito di 100.701 insegnanti precari – per i quali si prospetta l’assunzione a settembre – ieri sera ha tirato un “cauto” respiro di sollievo. Tra questi c’è Sonia Sanpino, 43 anni, siciliana di origine, che oggi insegna alla scuola primaria Giorgio Franceschi di Roma. Scienze e matematica in seconda, Inglese nelle terze. “Il piano di assunzione straordinario confermato ieri sera da Renzi è un buon inizio, ma non so in effetti quanto di questo piano sarà realizzato. Aspettiamo fiduciosi”. “Sono precaria dal 1999 – racconta Sonia – ed è una situazione demoralizzante e mortificante, perchè ogni anno non sai che fine farai. Qualche settimana fa ho compiuto gli anni e il mio primo pensiero, il mattino del compleanno, è stato: ho 43 anni e nessuna stabilità. Un po’ triste, vero?”.

Terni, clandestino uccide ragazzo. E' polemica sulla sicurezza

La vittima del brutale omicidio David Raggi ucciso da un clandestino
La vittima del brutale omicidio David Raggi

Ucciso senza un perché. David Raggi, un ragazzo di Terni di soli 27 anni, è stato ammazzato in una piazza della città umbra nella notte tra giovedi e venerdi. A scagliarsi contro il giovane, sarebbe stato un nord africano ubriaco con una bottiglia rotta con cui ha colpito più volte David al collo. Inutile la corsa in ospedale. Il ragazzo è morto dissanguato.

Il presunto omicida è stato individuato e arrestato dalle forze dell’Ordine che hanno rilevato anche la sua identità. Si tratta di Amine Aassoul detto Aziz, 29 anni, uno straniero del Marocco già espulso dall’Italia nel 2007 e rientrato poco dopo tempo. Il marocchino era arrivato a Terni negli anni scorsi dove aveva raggiunto la madre sposata con un uomo del posto.

Dopo alcuni furti compiuti tra Porto Recanati, Fermo e Civitanova Marche gli era stato revocato il permesso di soggiorno e rimpatriato nel 2007. Aassoul, riferiscono i media, era tornato in Italia nel maggio dell’anno scorso, sbarcando a Lampedusa. La sua richiesta di asilo politico era stata respinta a ottobre e la squadra volante di Terni gli aveva notificato la decisione. Il marocchino aveva però fatto ricorso nei 30 giorni previsti ed era in attesa di una decisione in merito.

A scatenare la sua furia la notte tra il 12 e il 13 marzo, sarebbe stato l’alcol con cui si è fatto “compagnia” tutta la serata in un locale della movida ternana. Secondo una prima ricostruzione, il presunto aggressore è stato allontanato da un locale notturno proprio per il suo fare molesto.

A quel punto, furioso, si sarebbe scagliato contro la gente che passava in piazza dell’Olmo, nel cuore di Terni uccidendo il 27enne con il collo di una bottiglia rotta. Raggi era un un informatore farmaceutico ternano e faceva volontariato col 118. Un ragazzo tranquillo, che frequentava spesso con gli amici i locali del centro di Terni.

L’omicidio ha scosso tutta la comunità ternana, umbra e nazionale. Il sindaco della città ha dichiarato il lutto cittadino, mentre nella giornata di venerdì sono state organizzate manifestazioni in suo ricordo. Cordoglio per il brutale omicidio è stato espresso da istituzioni, amministratori e molta gente comune sui social.

La scientifica nel luogo dell'omicidio
La scientifica nel luogo dell’omicidio

Il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo afferma di essere “sconvolto per quanto accaduto questa notte. Conosco   la famiglia di David da sempre, da quando i genitori erano fidanzati. Questa mattina sono andato a casa loro a portare le condoglianze di tutta la città per l’assurda scomparsa di un ragazzo conosciuto anche per la sua bontà d’animo.”

Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha spiegato a Radio 24 che il marocchino “ora deve pagare fino in fondo per l’ignobile omicidio, non deve uscire più dal carcere. Lo Stato deve fare paura a chi fa cose ignobili come quella di stanotte”.

Il presunto assassino Amine Aassoul
Il presunto assassino Amine Aassoul

La presidente dell’Umbria, Catiuscia Marini, scrive: “Provo un dolore enorme per la terribile e inaccettabile uccisione di David Raggi. Sono vicina a tutta la sua famiglia per una perdita che ha provocato in loro un dolore straziante e inconsolabile. In momenti come questi possiamo solo manifestare dolore e vicinanza alla famiglia di David ed alla comunità di Terni, profondamente turbata da questa inaudita violenza e di cui conosco il profondo senso di solidarietà e di convivenza civile. Altre parole, e ne sto leggendo tante, sarebbero e sono fuori luogo”.

La reazione di Matteo Salvini: “Morire a 27 anni, sgozzato per strada a Terni, innocente – scrive il segretario della Lega Nord Matteo Salvini su Facebook -. Pazzesco. L’assassino è un marocchino, ubriaco e drogato, già espulso. Era ri-sbarcato a Lampedusa, aveva chiesto asilo politico. Ora è in galera. Un altro morto sulla coscienza degli amici di Mare Nostrum. Una preghiera per il povero David e per la sua famiglia. E per l’assassino, niente galera in Italia, troppo comodo. Espulsione immediata a calci in culo nel suo Marocco, dove potrà davvero marcire in una galera adatta a un verme come lui”. Reazioni anche da Pd, M5S, Forza Italia e molti altri esponenti politici che sollevano la questione “sicurezza”.

Elezioni regionali e comunali 2015, si vota domenica 31 maggio

elezioni regionali e comunali 2015Sette Regioni e quasi 1.100 comuni andranno al voto con l’election day del 31 maggio: il Consiglio dei Ministri su proposta del ministro degli Interni, Angelino Alfano, ha approvato, infatti, un decreto legge che fissa l’election day e stabilisce che la prima domenica utile è il 31 maggio 2015 per le attese elezioni regionali e amministrative.

Le Regioni per le quali si andrà alle urne sono: Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Umbria, Campania, Puglia. In tutto si tratterà di poco più di 17 milioni di italiani, il cui voto, inevitabilmente, verrà letto in termini di tenuta degli schieramenti e delle alleanze politiche a livello nazionale e del peso del Governo.

Nella stessa giornata di maggio, destinata ad essere election day, si voterà anche per il rinnovo di consigli e sindaci di 1.089 Comuni (il 13,5% del totale dei comuni italiani), tra cui 18 città capoluogo (di cui 2 con meno di 15.000 abitanti), guidate idealmente da Venezia, in mano al commissario dopo lo scioglimento del comune in seguito alle dimissioni del sindaco di centrosinistra Giorgio Orsoni per il suo coinvolgimento nell’inchiesta sul Mose. Gli altri comuni capoluogo chiamati al rinnovo sono: Enna, Agrigento, Vibo Valentia, Matera, Andria, Chieti, Macerata, Arezzo, Rovigo, Trento, Bolzano, Mantova, Lecco, Aosta, Nuoro, Sanluri, Tempio Pausania.

 

Grecia, Atene vuole dalla Merkel i danni di guerra: 11 miliardi di euro più i tesori rubati dai nazisti

Il presidente del Parlamento greco Zoe Constantopoulou
Il presidente del Parlamento greco Zoe Constantopoulou

La Grecia da paese indebitato potrebbe diventare un paese “creditore” nei confronti di Berlino. Atene chiede che la Germania risarcisca i danni provocati durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Parlamento greco ha approvato stamani all’unanimità la proposta del proprio Presidente, Zoe Constantopoulou, per la ricostituzione ed il rilancio di una Commissione Interparlamentare per la rivendicazione dei danni di guerra causati al Paese dai tedeschi durante il secondo conflitto. Non solo: Atene chiede anche la restituzione del prestito forzoso fatto da Atene al III Reich (almeno 11 miliardi di euro odierni secondo un recente rapporto ufficiale ellenico) e il ritorno in Grecia delle antichità rubate dai tedeschi.

Tsipras avverte, “Andremo fino in fondo” – Nel corso del dibattito, il premier Alexis Tsipras ha affermato che la questione dei risarcimenti dei danni di guerra “è molto tecnica e delicata”, ma ha anche ribadito che è un dovere andare sino in fondo. Da parte loro, tutti i rappresentanti dei partiti hanno sottolineato quanto sia importante seguire una linea strategica nazionale a livello politico e legale per ottenere il risultato voluto.

La Grecia è pronta a dare battaglia. Il ministro della Giustizia Nikos Paraskevopoulos è arrivato a ventilare l’ipotesi di firmare l’attuazione forzosa della sentenza emessa nel 2000 dall’Areios Pagos, il Tribunale Supremo della Grecia, che prevede la confisca dei beni tedeschi in territorio greco e riguarda il risarcimento dei parenti delle vittime dei nazisti a Distomo, un villaggio della Beozia, in cui il 10 giugno 1944 le SS uccisero 218 persone, tra cui diversi bambini, come rappresaglia dopo un attacco di partigiani. La Germania non ha mai pagato alla Grecia vere e proprie riparazioni generali di guerra che, secondo alcune stime, ammonterebbero a 70 miliardi di euro attuali. Negli Anni Sessanta Bonn si limitò a versare 115 milioni di marchi come forma di assistenza alla Grecia.

Il governo tedesco guidato da Angela Merkel ritiene “politicamente e giuridicamente chiusa la questione delle riparazioni di guerra”. Il portavoce dell’esecutivo Steffen Seibert, durante una conferenza stampa a Berlino aggiunge che “non so se le dichiarazioni del premier greco siano proprio esatte o se sono state iper-interpretate”.

In ogni caso, ha sottolineato il portavoce “abbiamo davanti a noi una strada difficile con la Grecia, sulla quale dovremmo concentrarci per il bene dei cittadini”. La Germania “è assolutamente consapevole della sofferenza arrecata a tanti paesi nella seconda guerra mondiale, ma questo non cambia la posizione del governo sulle riparazioni”.

Il funzionario ha anche fatto capirte che simili rivendicazioni non avranno alcun effetto sul negoziato che Atene e l’Ue stanno conducendo sul rifinanziamento del debito ellenico. Le minacce sulle confische di beni tedeschi all’estero “non influenzano la nostra posizione” nel confronto sul programma di aiuti, ha tagliato corto Siebert

Flavio Tosi: "Salvini di giorno è secessionista, di notte per l'Unità". Il segretario: "Non rispondo a insulti"

Flavio Tosi durante la conferenza stampa
Flavio Tosi durante la conferenza stampa

“Salvini ha scelto una linea dittatoriale di governo della Lega Nord e se ne assume la responsabilità”. Una linea di partito “discutibile” perché “non si può essere secessionisti di giorno e di notte essere per l’Unità d’Italia”. Il day after dopo l’allontanamento dalla Lega, Flavio Tosi lo spiega in una conferenza stampa a Verona dove torna ad attaccare Matteo Salvini, dicendosi convinto che al leader del Carroccio “andava bene arrivare a questa conclusione”.

“Quella di Salvini è stata una scelta dittatoriale per liberarsi del sottoscritto” scandisce Tosi che ricostruisce tutta la vicenda che ha portato alla sua espulsione dal Carroccio. “La decisione del segretario federale nei miei confronti – dice Flavio Tosi – è stata più un pretesto che altro. Perché visto il nuovo corso che Salvini ha dato alla Lega, l’impressione è che non ci sia qualcuno che ricordi quali sono i valori fondativi su cui è nata la Lega. Non si può essere la mattina secessionisti e alla sera sostenere l’unità d’Italia, cosa che è avvenuta in maniera clamorosa”.

“La scelta di Salvini rischia come non mai di creare tensioni interne nella Liga Veneta e di spaccare, quindi, i rapporti interni nel centrodestra in vista delle prossime elezioni. E il ragionamento fatto mi sembra del tipo: “Mi devo liberare di Flavio Tosi a prescindere dal rispetto e dai risultati elettorali”.

Altra logica non la vedo, altrimenti ci si sarebbe confrontati sulle liste. Cosa che non è avvenuta nonostante per mesi e mesi io abbia chiesto incontri su questo. L’obiettivo era evidentemente quello di arrivare al controllo dittatoriale della Lega Nord. È una scelta di Salvini e se ne prenderà la responsabilità

Flavio Tosi durante la conferenza stampaE a chi gli chiede se scenderà in campo per le elezioni regionali in Veneto, Tosi risponde: “Mi prendo un paio di giorni per decidere. Anche perché la botta è stata forte e queste decisioni devono essere prese a mente fredda e oggi non è così”.

Sulla divisione nella Lega che potrebbe danneggiare la corsa di Luca Zaia, Tosi sottolinea: “E’ chiaro che le tensioni nel centrodestra favoriscono il centrosinistra. La scelta è stata del segretario Salvini che è passato sopra alla Liga Veneta e alla sua autonomia”.

“Io non ho chiesto a nessuno di seguirmi – spiega ancora – non imporrò a nessuno questo tipo di scelta. Ma liberamente di decidere cosa fare nel momento in cui, malauguratamente, ci fosse una rottura. Sarebbe scorretto forzare la mano. Adesso ognuno liberamente deciderà cosa fare”.

“La Liga Veneta – ribadisce Flavio Tosi – è stata umiliata da via Bellerio. E credo che a Matteo Salvini andasse bene arrivare a questa conclusione. Non era mai successo che la Liga Veneta fosse commissariata in 20 anni e all’inizio della campagna elettorale, calpestando la sua autonomia”.

Da parte sua il segretario del Carroccio replica a distanza: “Non rispondo a chi insulta – dice Matteo Salvini ai microfoni di Radio Padania – se c’è da ragionare di politica, di economia, pensioni, scuola, ospedali, immigrazioni, io lo faccio, ci sono. Di solito mi danno del dittatore, dello sleale e dello scorretto Alfano e Renzi, se si aggiunge qualcuno non mi tocca. Io le risposte concrete le dò ai cittadini”. “Puntiamo – annuncia – a fare 300 gazebo in 300 piazze venete. La voglia di rovinare le cose di qualcuno può trasformarsi in un’iniezione di voglia di fare”.

Stando ai rumors, sarebbero 6 i parlamentari tosiani pronti a lasciare i gruppi della Lega di Camera e Senato. L’espulsione di Flavio Tosi dal Carroccio rischia di generare un vero e proprio terremoto anche a Roma, minando la composizione stessa dei gruppi parlamentari. Al Senato, riportano fonti parlamentari all’Adnkronos, sarebbero pronti a lasciare Patrizia Businella, compagna del sindaco ribelle, ma anche le senatrici Raffaela Bellot ed Emanuela Munerato. Il gruppo della Lega perderebbe così tre degli attuali 15 membri, scendendo a 12.

Al Senato il regolamento fissa a 10 il numero minimo di parlamentari per costituire un gruppo. Dunque, nel caso le tre senatrici leghiste lasciassero, non ci sarebbe alcun problema per la Lega a Palazzo Madama, e nemmeno per Matteo Renzi che di fatto andrebbe ad allargare la sua maggioranza dal momento che il feeling tra Flavio Tosi e Alfano pase sia “ottimo”. Le cose rischiano invece di complicarsi a Montecitorio, dove il regolamento fa salire l’asticella a 20, esattamente il numero di deputati di cui dispone la Lega. Ma tre veneti su quattro starebbero seriamente pensando di seguire Tosi, dando il benservito a Matteo Salvini.

Alcune indiscrezioni trapelate a Montecitorio indicano Matteo Bragantini, Roberto Caon e Emanuele Prataviera come possibili fuoriusciti. Resterebbe in Lega invece Filippo Busin, riferisce all’Adnkronos una autorevole fonte parlamentare. Bragantini ufficialmente è ancora cauto, pur riconoscendo che lo Statuto è stato disatteso. Se i tre deputati dovessero decidere per l’addio, il gruppo del Carroccio perderebbe i numeri, scendendo a 17 deputati. A quel punto, il capogruppo si vedrebbe costretto a richiedere una deroga per tenerlo in vita.

Riforme, il premier vince facilitato dalle divisioni degli avversari

Massimo Franco per il Corriere della Sera

I tre tronconi in cui è diviso il Parlamento sono usciti formalmente indenni dal voto sulla riforma costituzionale: almeno nel senso che non ci sono state scissioni né dissociazioni clamorose. Ma il saldo è diverso per Pd, FI e M5S. Il governo di Matteo Renzi riemerge rafforzato dal «sì» netto della Camera; e potenzialmente in grado di attrarre pezzi dell’opposizione. D’altronde, la minoranza del Pd si conferma divisa perfino sulle proposte alternative a quelle di Palazzo Chigi.

E FI si ritrova con diciotto deputati che avvertono Silvio Berlusconi di non essere d’accordo sul «no» alle riforme: avanguardie di un’attrazione forse fatale per Renzi, e di un malessere più profondo dei numeri ufficiali.
Quanto al Movimento 5 Stelle, è rimasto fuori dall’Aula, confermando la sua vocazione antisistema. Verrebbe da dire che Palazzo Chigi è circondato da un nugolo di avversari che però non sono in grado di contrastarlo né di insidiarlo seriamente. E, di forzatura in forzatura, come gli rimproverano le opposizioni, sta ottenendo quello che voleva.

Nessuno pensa che la guerriglia sia finita ieri. I numeri del Senato si presentano meno rassicuranti per il governo di quelli della Camera. È anche vero, però, che quando si voterà lì le elezioni regionali saranno già alle spalle. E i «no» berlusconiani e la compattezza di facciata di FI potrebbero sgretolarsi d’incanto. L’ex premier ha cercato di valorizzare la tenuta del suo partito, evocando una presunta centralità tra «nuova destra populista» e «falso riformismo della sinistra».

La sua analisi, in realtà, finisce per dare corpo alla tenaglia della Lega di Matteo Salvini, peraltro sua alleata, e di Renzi, che gli toglie spazio e ossigeno politico. Renzi ieri ha assegnato al vicesegretario Lorenzo Guerini il compito di spiegare il motivo di una riforma costituzionale approvata a maggioranza. E non gli è stato difficile additare le contraddizioni di FI, che al Senato aveva contribuito al «sì»: le stesse evidenziate da una dissidenza berlusconiana inquieta.

Il problema è che accadrà di qui a giugno. Dipenderà molto da FI. Se dopo le Regionali il centrodestra e Berlusconi riusciranno a contenere la diaspora, per il governo il Senato potrebbe diventare una trappola. Soprattutto sulla riforma dell ‘Italicum , gli avversari di Renzi nel Pd sanno di giocarsi la sopravvivenza come candidati alle elezioni. Ma il calcolo e la speranza di Palazzo Chigi sono altri.

Il premier confida che emerga un’area grigia di deputati e senatori d’opposizione, pronti ad appoggiare i suoi provvedimenti anche contro Berlusconi. Un po’perché temono che altrimenti si sciolgano le Camere.
Un po’ perché tendono a considerare chiusa la parabola dell’ex Cavaliere e vedono in Renzi un leader con valori che condividono: gli stessi che invece nel Pd fanno covare una scissione.

Narcotraffico, blitz in Calabria e altre regioni. 32 arresti

guardia di finanza - colpo al narcotrafficoTrentadue persone ritenute legate al “locale” di ‘ndrangheta di Corigliano Calabro e alla cosca degli zingari di Cassano allo Ionio, sono state arrestate dalla Guardia di finanza con l’accusa di narcotraffico.

Parte degli arrestati erano stati fermati nell’operazione “Gentleman” del 16 febbraio scorso. Secondo l’accusa, l’organizzazione aveva accesso ai mercati sudamericani per la cocaina ed a quelli dell’est europeo per eroina e marijuana, importando ingenti partite di droga.

Dalle indagini, durate due anni, sarebbe emersa l’esistenza di una fitta rete di pericolosi narcotrafficanti internazionali in grado di movimentare grossi quantitativi di marijuana dall’Albania verso l’Italia, avvalendosi di vettori marittimi dell’organizzazione, nonchè di cocaina ed eroina, mediante l’impiego di automezzi modificati nella struttura al fine di ricavarne appositi vani funzionali all’occultamento.

Nel corso dell’inchiesta sono state sequestrate più tre tonnellate di stupefacente, tra cocaina, eroina e marijuana, per un valore sul mercato di 45 milioni di euro; sono state rinvenute numerose armi, tra le quali kalashnikov, ed è stato catturato un latitante.

Vincenzo Antonio Lombardo e Vincenzo Luberto
Il capo della Dda di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo e l’aggiunto Vincenzo Luberto

L’operazione è stata condotta dai finanzieri della sezione Goa del Gico di Catanzaro, del Goa di Brescia, della compagnia di Policoro (Matera) e dello Scico, coordinata dal procuratore della Dda di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, dagli aggiunti Giovanni Bombardieri e Vincenzo Luberto, e dal pm Domenico Guarascio, in collegamento con il procuratore aggiunto di Brescia Sandro Raimondi, e col pm di Matera Alessandra Susca.

L’attività delle fiamme gialle ha delineato l’attività dei sodalizi criminali riconducibili a Filippo Solimando e Luigi Abbruzzese, ritenuti a capo del «locale» di Corigliano e della cosca degli zingari di Cassano, compagini ritenute dagli investigatori storicamente dotate di autonomia ed accertata operatività criminale nell’ambito del traffico internazionale di stupefacenti.

Nel corso degli anni, inoltre, «gli zingari» si sarebbero emancipati da una situazione di dipendenza che li relegava ai margini delle associazioni ‘ndranghetistiche sino ad assurgere alla posizione di un locale di ‘ndrangheta.

Oltre al sequestro della droga, l’operazione ha inflitto perdite economiche consistenti alle organizzazioni con il sequestro di beni immobili, quote societarie, autovetture di lusso ed imbarcazioni. I provvedimenti di custodia cautelare in carcere, emessi dal gip distrettuale di Catanzaro, sono stati notificati tra Calabria, Puglia, Basilicata, Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia.

Processo Ruby, Berlusconi assolto anche in Cassazione

Processo Ruby, la Cassazione assolve BerlusconiDopo una lunghissima Camera di Consiglio, la Cassazione ha reso definitiva l’assoluzione dell’ex premier Silvio Berlusconi dall’accusa di concussione e prostituzione minorile. In primo grado il leader di Forza Italia era stato condannato a sette anni di reclusione dal tribunale di Milano.

In appello, invece, fu prosciolto e ora gli “ermellini” hanno convalidato quella decisione rigettando il ricorso del sostituto procuratore della Corte d’Appello di Milano, Pietro De Petris. Nella sua requisitoria, il sostituto procuratore generale della Cassazione, Eduardo Scardaccione, aveva sottolineato “la piena sussistenza” dei reati contestati all’ex premier.

Per quanto riguarda l’accusa più grave, quella di concussione, ad avviso del pg nella telefonata che Berlusconi fece al capo di gabinetto della questura di Milano, Pietro Ostuni, era stata esercitata “una pressione irresistibile per la sproporzione tra il soggetto che “subiva” la telefonata e il soggetto che da presidente del Consiglio, aveva chiamato”.

Secondo il pg questa è stata la “violenza originaria” che ha caratterizzato il reato concussivo. “La violenza di Berlusconi è stata grave, perdurante e inammissibile” ed inoltre fin dall’inizio “era consapevole che Ruby era minorenne”, tanto è vero che il capo della scorta dell’ex premier, Estorelli, “usa la parola affido parlando della ragazza”: “non c’è nessun dubbio che ci sia stata costrizione, in quella telefonata, e che la indebita prestazione, il rilascio di Ruby, sia stata ottenuta in un settore delicatissimo quale è quello della custodia dei minori”.

Scardaccione, inoltre, ha definito “l’episodio nel quale Berlusconi dice che Ruby è la nipote di Mubarak è degno di un film di Mel Brooks: episodio per il quale ci ha riso dietro il mondo intero”. Durissimo, infine, l’affondo del pg sulla “passione per le minorenni” nutrita da Silvio Berlusconi: ad avviso di Scardaccione “non è una coincidenza che, per usare le parole di Ruby, Noemi Letizia era la sua pupilla e Ruby il suo ‘fondoschiena’, ed entrambe erano due minorenni”. Nonostante il braccio rotto e il tutore, il professore Franco Coppi ha risposto alle obiezioni del pg catturando l’attenzione del collegio presieduto da Nicola Milo.

“La sentenza di assoluzione ammette che ad Arcore si sono svolte cene e prostituzione a pagamento, cosa che la difesa non contesta, ma nella sentenza non si trova la prova di alcuna minaccia implicita od esplicita rivolta a Ostuni”. Coppi ha poi aggiunto: “il mio assistito non me ne vorrà, ma io non posso calarmi il velo davanti agli occhi: queste ragazze frequentavano Berlusconi e lo chiamavano quando si trovavano nei guai o avevano dei problemi” ma l’ex premier – ha proseguito Coppi – non sapeva assolutamente che Ruby era minorenne, tanto è vero che nella telefonata nella quale la sente la notte tra il 27 e 28 maggio, le fa una scenata e da quel momento non la vuole più rivedere”.

Per quanto riguarda l’accusa di concussione, per Coppi, “a tutto voler concedere all’accusa, c’è solo stata una telefonata nella quale Berlusconi dice che c’è una consigliera regionale pronta a prendersi carico di Ruby”. La Minetti, spiega Coppi, “si rivelerà poi per quel che è, ma quella sera come consigliere regionale aveva tutte le carte in regola per ottenere l’affido di Ruby”.

E Coppi, in proposito, ha messo in evidenza come in questura quella notte “erano tutto ben contenti di ‘sbolognare’ la ragazza e di non averla tra i piedi”, e furono seguite “tutte le procedure per questi casi: identificazione, foto segnalazione e ricerca di una comunità”. Dopo Coppi ha preso la parola l’avvocato Filippo Dinacci, e anche lui ha chiesto il rigetto del ricorso del pg di Milano, De Petris, contro l’assoluzione. Tra circa un mese si conosceranno le motivazioni della decisione dei supremi giudici la cui estensione è affidata all’ex gip di Roma, Orlando Villoni.

“Tanta felicità”. Così da Arcore, dove Silvio Berlusconi ha appreso la notizia della sua assoluzione per il processo Ruby dopo nove ore di camera di consiglio dei giudici della Cassazione, commentano la sentenza della Suprema Corte. Il Cavaliere a quanti lo hanno raggiunto telefonicamente arrivando ad intasare i centralini della sua residenza milanese avrebbe semplicemente detto di essere appunto felice della notizia che mette fine ad un incubo: è stata ribadita la mia innocenza – è in sintesi il ragionamento dell’ex premier – cosa hanno combinato e cosa ho dovuto passare per un processo insensato e ingiusto. Ora aspetto buone notizie anche dalla Corte Europea. Con i suoi consiglieri il Cavaliere si è detto pronto a tornare in campo.

E c’è chi pensa che la sua prima battaglia sarà per modificare la legge Severino che gli impedisce di potersi candidare. E’ quello infatti l’ultimo passaggio a cui guarda Berlusconi fiducioso in una sua totale riabilitazione. La notizia dell’assoluzione dell’ex capo di governo ricompatta anche il partito dopo le divisioni e gli scontri delle ultime ore: “E’ un’ottima notizia che risarcisce però solo in minima parte tutto quello che ha subito Berlusconi”, è il commento di Giovanni Toti, consigliere politico di Forza Italia che a questo punto auspica che possa esserci “una riforma della giustizia che metta al sicuro l’equilibrio della democrazia nel nostro paese.

Dopo di lui sono in molti ad intervenire anche via twitter, da Maurizio Gasparri che parla di “fine di una persecuzione”, a Debora Bergamini che scrive: “Che grande gioia dopo tante amarezze e tante montature”. Tra i big azzurri però ci si chiede ora chi ripagherà il Cavaliere per quanto accaduto, tra i primi a domandarselo è Luca D’Alessandro: “la domanda è d’obbligo, chi ripagherà il leader di Forza Italia dalla denigrazione e dal massacro mediatico a cui è stato sottoposto in questi anni”. Al deputato azzurro fa eco Anna Maria Bernini, vice presidente dei senatori FI che affida ad un tweet il suo pensiero: “assolto, ma chi risarcisce Berlusconi della sofferenza e dei danni politici di questi anni?”.

Lega, Salvini caccia Tosi dal Carroccio. Duro il sindaco: "Sei un Caino travestito da Abele"

Roberto Maroni, Matteo Salvini e Flavio Tosi
ALTRI TEMPI Roberto Maroni, Matteo Salvini e Flavio Tosi

E’ andata a finire nel peggiore dei modi tra Matteo Salvini e Flavio Tosi. Il segretario del Carroccio ha deciso per l’espulsione del sindaco di Verona dalla Lega. L’epilogo si è consumato nella serata di martedi dopo che in giornata erano trapelate “speranze” di una ricucitura tra i due.

SALVINI CACCIA TOSI DALLA LEGA: VIA CHI E’ CONTRO ZAIA

“Dispiace – spiega Salvini su Facebook – che da settimane Flavio Tosi abbia scelto di mettere in difficoltà la Lega e il governatore di una delle regioni più efficienti d’Europa. Ho provato mediazioni di ogni tipo, ma purtroppo, ricevendo solo dei no, sono costretto a prendere atto delle decisioni di Tosi e quindi della sua decadenza da militante e da segretario della Liga Veneta – Lega Nord”. Tosi è di fatto fuori dal movimento.

“Se insisterà nel volersi candidare contro Zaia, magari insieme ad Alfano e a Passera, per aiutare la sinistra, penso che ben pochi lo seguiranno”, dice Salvini certo che le polemiche di queste settimane non scalfiranno in ogni caso la candidatura di Luca Zaia a governatore del Veneto.

Secondo Salvini “non si può lavorare per un partito alternativo alla Lega, non si possono alimentare beghe, correnti o fazioni. Da domani basta chiacchiere, e si lavora con tutte le sezioni e tutti i gli iscritti, che contiamo di raddoppiare in fretta per riconfermare il buon governo di Luca Zaia”.

“Ovviamente – conclude – le liste per il Veneto saranno fatte solo dai Veneti, dal commissario Gianpaolo Dozzo (uno dei padri della Liga Veneta, iscritto dall’83) e da tutti i segretari del territorio veneto. Senza rancore e facendo gli auguri a Flavio Tosi, saranno i Veneti a decidere”.

TOSI: “SALVINI E’ UN CAINO CHE SI TRAVESTE DA ABELE” 

A stretto giro la replica di Tosi che accusa il segretario leghista di falsare la realtà dei fatti. “Salvini mente sapendo di mentire. Mai avrei pensato di vedere in Lega il peggio della peggior politica. Un Caino che si traveste da Abele”. “Resta e resterà – prosegue Tosi – la stima, l’amicizia, l’affetto per tutti i veri leghisti”.

VENTURI (TOSIANO): “FLAVIO CANDIDATO IN VENETO”

“E’ chiaro – sottolinea Fabio Venturi, coordinatore della Fondazione “Ricostruiamo il Paese”, creata dal sindaco di Verona per attrarre l’elettorato moderato di centrodestra – che c’era un disegno: quello di cacciarci dalla Lega. A questo punto penso che la strada maestra possa essere la candidatura di Flavio Tosi alle regionali in Veneto”.

ZAIA: “FINE ALLE BEGHE, ADESSO SI VOLTA PAGINA”

“La buona notizia è che questa sera si mette la parola fine a beghe e polemiche incomprensibili che sono durate fin troppo. Resta l’amarezza per come è andata a finire, ma ora si deve voltare pagina”. Commenta così Luca Zaia dopo la decisione di Salvini su Tosi. “Il mio impegno – prosegue Zaia – sarà ora quello di continuare a governare, di dire ai veneti quanto di buono è stato fatto in questi anni e quanto ho ancora voglia di fare per loro. Sono convinto che tutti i nostri militanti, sostenitori e simpatizzanti sapranno essere al mio fianco in questa battaglia per il buon governo della Regione”.

LA GUERRA DI “SUCCESSIONE”

La guerra tra Tosi e Salvini, (detta anche di successione…), è nata all’indomani del ciclone che ha travolto la Lega negli scandali prodotti (rimborsi, gestione del partito, “denaro in Tanzania”, “diamanti di Belsito” eccetera) dal cosiddetto cerchio magico che ruotava attorno al leader storico, Umberto Bossi.

Fatto da parte il fondatore, subentrò alla guida Roberto Maroni che cercò alla meglio di far pulizia nella Lega, nel frattempo precipitata ai minimi storici nei sondaggi. Gli impegni per la Regione Lombardia, di cui è governatore, e qualche “tiratore”  interno gli consigliarono di passare la mano.

L’ex ministro dell’Interno prima di lasciare raggiunse un accordo con Salvini e Tosi. Il primo doveva diventare segretario federale della Lega, (ancora non c’era l’ambizione di estendersi al Centro Sud); il secondo indicato come segretario della Liga Veneta con prospettive “leaderistiche” a livello nazionale e la “promessa” di essere il dopo Zaia nella regione veneta. Da come sono andate a finire le cose, fu così solo in parte. Tosi prepara il “suo” futuro anti-Renzi e costituisce la fondazione “Ricostruiamo il Paese” che ha un orizzonte tutto italiano e si ramifica un po’ dappertutto, con l’obiettivo di “agguantare” i moderati del centrodestra sfuggiti intanto al controllo di Berlusconi.

“IL PATTO TRADITO”

Le cose nel tempo sono mutate. La candidatura di Salvini capolista alle europee in Veneto, generano più di qualche malumore all’interno della Liga che, va ricordato, è fortemente identitaria (appunto federale); cioè non ama troppe “ingerenze” dei lumbard.

Poi qualche giorno fa l’inizio della fine. Salvini a Milano impone Zaia tout court, “bypassando” i veneti della Liga, sebbene Tosi afferma di non aver “mai posto in dubbio la candidatura del governatore uscente” come invece “va ripetendo Salvini”.

Anzi, per non avere “intralci al nuovo percorso leghista”, Matteo va oltre e commissaria la Liga Veneta, deputata ad avere l’ultima parola sulla formazione di liste e alleanze, che “da statuto” sono prerogativa del segretario, cioè (erano) di Tosi.

Il sindaco, al contrario del segretario, si è mostrato sempre più “dialogante” con il Ncd di Alfano e i moderati (in Lega si parla con insistenza di un accordo Tosi-Passera e Ncd per costituire in Veneto un nuovo partito, ndr). Una posizione opposta a Salvini che invece aveva posto veti sui neocentristi: “Con Zaia andremo da soli”, disse due mesi fa mettendo a rischio anche l’alleanza con FI.

Piazzato Giampaolo Dozzo al suo posto nella Liga, si forma la goccia che fa traboccare il vaso. Il sindaco di Verona avverte Salvini: “Rispetta i patti e ripensaci,  altrimenti mi candido io in Veneto”. Ne è seguita una querelle velenosa culminata con l’espulsione (di fatto) di Tosi.  Adesso però, la partita per le prossime regionali in Veneto si complica. Tra i due litiganti “a godere” della spaccatura potrebbe essere la candidata del Pd Alessandra Moretti…

MORETTI: “CREDEVO CHE ESPULSIONI FOSSERO SOLO NEL M5S”

“Pensavo che le espulsioni e i dissidenti appartenessero solo al M5s. E invece non è così”. Alessandra Moretti, candidata alle regionali in Veneto per il centrosinistra, commenta così l’uscita di Tosi dalla Lega. “Non è mai una pagina di buona politica – aggiunge – quella che racconta l’allontanamento di un leader di un movimento da parte del proprio segretario. Sono gesti a cui si fatica ad abituarsi e che denotano una scarsa tolleranza e democrazia interna”. (Update 11-3-2015 ore 18.23)

Lega, è lotta continua tra Tosi e Salvini. E il Pd si frega le mani

Flavio Tosi Luca Zaia eterni duellanti nella Lega

 

 

Slitta di un giorno l’ultimatum di Matteo Salvini a Flavio Tosi. Uno spostamento che avrebbe come obiettivo il tentativo di “ricucire” dopo lo strappo tra i due leader della Lega; il primo a favore della candidatura di Luca Zaia a governatore del Veneto, il sindaco di Verona molto perplesso sulle modalità che hanno portato alla formazione delle liste per le prossime elezioni di maggio. E tra i due litiganti, alle prossime elezioni di maggio, a godere è Alessandra Moretti del Pd che guarda lo “spettacolo” fregandosi le mani. “Non dovrà fare neanche campagna elettorale”, commentano amari ambienti del centrodestra.

Una settimana tesissima per il Carroccio che vive momenti di forte fibrillazione interna che rischiano di “regalare” la vittoria al Pd di Renzi. Nel pomeriggio, dopo l’ennesimo tira e molla, è spuntata anche una che Tosi avrebbe recapitato a Salvini per “mediare”. Ma da via Bellerio smentiscono. “Matteo Salvini non ha ricevuto alcuna lettera inviatagli da Flavio Tosi con proposte di mediazione. Il segretario è sempre pronto a valutare una proposta che tenga però conto di quanto stabilito dall’ultimo consiglio federale”. Allo stesso tempo, fonti vicine al sindaco veronese affermano di “non essere a conoscenza di documenti” inviati da Tosi.

La riunione di lunedi del Comitato di disciplina deputato a decidere sulle espulsioni, aveva rinviato ogni decisione a oggi pomeriggio ma non s’è fatto nulla. Ieri è anche scaduto “l’ultimatum” del Consiglio federale che ha sancito l’incompatibilità tra chi fa parte della Fondazione di Flavio Tosi, il sindaco “ribelle” di Verona e la militanza nel Carroccio.

Intanto Salvini, in uno dei tanti passaggi quotidiani sui media, rispondendo alle domande dei cronisti afferma con sicurezza, che non esiste “nessun rischio di perdere il Veneto: Zaia ce la fa anche se mi candido io, Gesù bambino e tutti quanti messi assieme, per quello che ha fatto”. La guerra intestina di questi giorni fa apparire invece un quadro molto diverso rispetto alle convinzioni del leader leghista.

Il fedelissimo di Tosi, Matteo Toscani butta comunque acqua sul fuoco delle polemiche: “A mio avviso – dice – dovrebbero fare un passo indietro tutti e tre, Salvini, Tosi e Zaia, per motivi diversi, se lo facessero, si ricomporrebbe la frattura e andremmo vincenti verso le elezioni di maggio”.

“Tosi – ha spiegato il fondatore del gruppo “Impegno veneto” – è piuttosto avvilito e demoralizzato per la situazione, non solo per lui e per chi lo sostiene, ma anche per la Lega”.

Se la commissione presieduta da Bossi voterà per l’espulsione di Tosi che non appare intenzionato a rinunciare alla sua Fondazione, è “probabile, anzi inevitabile – secondo Toscani – che Tosi si candidi lo stesso alle prossime elezioni regionali. L’auspicio è che non accada.

L’uscita di Tosi dal partito sarebbe devastante per la Lega, perché favorirebbe una vittoria della candidata di Renzi in Veneto (Alessandra Moretti, ndr), che è sempre stato governato bene dal centro-destra e sarebbe un peccato perderlo per lotte intestine. È una rottura non ancora consumata, ma evidente e tangibile”.

Riforma Titolo V, passa il Ddl Boschi. Spaccati PD e FI

camera approva riforma titolo vC’è il via libera della Camera alla riforma Titolo V della Costituzione. L’Aula di Montecitorio ha approvato il Ddl sul nuovo Senato con 357 sì e 125 no e il testo ora torna a Palazzo Madama in terza lettura. Il Movimento Cinque Stelle è rimasto fuori dall’Aula al momento del voto. Sinistra ecologia e libertà ha protestato mostrando il libro della Costituzione, mentre escono spaccati Forza Italia e Partito democratico con qualche “distinguo” tra chi vota “Si” come i bersaniani e chi vota “No” come Civati.

La tensione nel partito di Renzi è palpabile. La minoranza vota a favore a patto che il governo modifichi l’Italicum. Mentre Forza Italia si divide e in 17 scrivono all’ex Cavaliere criticando le scelte sul provvedimento: “E’ offensivo fare le stesse cose del M5S o di Sel”, hanno detto. Aspra la replica di Silvio Berlusconi che chiede a chi come Gianfranco Rotondi, Luigi Cesaro, Paolo Russo, Luca D’Alessandro, Laura Ravetto, Daniela Santanchè, Ignazio Abrignani, Gregorio Fontana, tra i firmatari della missiva, di stare compatti e rinunciare a “protagonismi” e “distinguo”.

Soddisfatti invece la ministra Maria Elena Boschi e il premier Matteo Renzi che ha parlato di un Paese che ora è “più semplice e giusto”. E stasera, in vista delle prossime riforme in programma, il presidente del Consiglio incontrerà i parlamentari del Pd che si occupano rispettivamente di Rai e scuola.

La minoranza Dem critica contenuto e metodo utilizzato sulla riforme. Sul piede di “guerra” anche se ha votato sì, è l’ex segretario Pd Pierluigi Bersani: “Il Patto del Nazareno – avverte – non c’è più, non si dica che non si tocca niente. O si modifica in modo sensato l’Italicum o io non voto più sì sulla legge elettorale e di conseguenza sulle riforme perchè il combinato disposto crea una situazione insostenibile per la democrazia”.

“Oggi – spiega Bersani – tanti deputati hanno dato un’ulteriore prova di responsabilità confidando sulla possibilità di migliorare la legge perchè per noi doveva rimanere aperta la discussione sull’art.2 sulla composizione del Senato. Si è detto che se no il patto del Nazareno implodeva e quindi si è blindato il testo ma noi pensiamo che su questo punto si debba tornare”. Per l’ex leader Pd, però, la riforma istituzionale è “nel campo del pensabile ma se la si unisce al modello dell’Italicum, un modello iper-maggioritario con parlamentari per lo più nominati e senza che si capisca chi li nomina. Così si entra nel campo dell’impensabile e non ci può essere disciplina di partito che tenga”.

Critico anche D’Attorre che ai microfoni di TgCom 24 dice: “Il testo della riforma costituzionale e il suo collegamento con la legge elettorale non vanno bene. Noi riteniamo che sia un sistema attualmente squilibrato. E’ stato un voto – sottolinea Alfredo D’Attorre – per tenere accesa una fiammella di cambiamento. Se le correzioni non saranno consentite, i testi, così come sono, nel passaggio finale e definitivo, ritengo di non poterli sostenere”.

“Alla Camera – prosegue – ci sarà un confronto aperto sulla legge elettorale. Io credo che Renzi sia preoccupato del passaggio alla Camera tant’è che lo sposta in avanti. La scelta di approvare il pacchetto delle riforme spaccando il Pd e cercando un’alleanza con una parte di Forza Italia sarebbe una strada sbagliata. L’appello che faccio a Renzi è quello di non fare forzature”, conclude l’esponente Dem.

Anche Rosy Bindi e Gianni Cuperlo, cosi come D’Attorre hanno detto che si tratta del loro ultimo “Si”.

E mentre parte della minoranza vota a favore per mantenere “viva la speranza di cambiamento”, Pippo Civati su Facebook attacca i bersaniani a suo avviso stampella di Renzi:

“La cosiddetta minoranza – affonda Civati – non fa altro che alzare palloni alla maggioranza e al premier che li schiaccia (i palloni e non solo). La battaglia da affrontare è sempre la «prossima»: così è stato sul Jobs Act, così nei vari passaggi delle riforme. Così sarà sull’Italicum, ma poi magari si vota a favore anche su quello”, ha detto Civati.

Casalesi, blitz contro il clan Schiavone: 40 arresti. Trovati pizzini in bici

arma carabinieri contro clan schiavone casalesiScacco contro il clan dei Casalesi. La Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha dato il via ad una imponente operazione in tredici province italiane culminata con l’arresto di una quarantina di persone in odor di camorra.

All’alba di oggi i Carabinieri della Compagnia di Casal di Principe, hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Tribunale di Napoli su richiesta della locale Dda nei confronti di esponenti vicini al clan Schiavone ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni, detenzioni di armi e ricettazione, reati tutti aggravati dal metodo mafioso. Impiegati circa 200 militari, elicotteri e unità cinofile.

Gli arresti interessano le province di Caserta, Napoli, Avellino, Benevento, Terni, L’Aquila, Lecce, Cosenza, Cuneo, Prato, Frosinone, Trapani e Taranto. I destinatari del provvedimento restrittivo sono affiliati alla fazione Schiavone del clan dei casalesi; tra gli essi figurano Carmine e Nicola Schiavone, figli di Francesco Schiavone detto “Sandokan”.

L’operazione battezzata dagli inquirenti “Spartacus Reset”, ha portato alla luce un giro d’affari di circa 200mila euro al mese, proventi delle estorsioni e di altri 100mila euro mensili derivanti dalle imposizioni delle slot machine e delle scommesse on line.

I provvedimenti di custodia cautelare
I provvedimenti di custodia cautelare

Dall’analisi dei libri contabili è emerso che l’organizzazione avrebbe pagato agli affiliati in carcere somme pari a circa 60mila euro al mese. Alcune delle scritture del clan, sulle quali vi era annotata anche una lista degli affiliati che percepivano lo stipendio e degli imprenditori sottoposti a estorsione aggiornata al 2013, erano state trascritte a mano dallo stesso Carmine Schiavone, figlio del mammasantissima Francesco detto “Sandokan”, così come accertato con una perizia calligrafica eseguita dal Ris di Roma.

Il manubrio della bici dove venivano nascosti i pizzini
Il manubrio della bici dove venivano nascosti i pizzini

 

Schiavone junior, infatti, è stato il reggente della cosca fino all’arresto avvenuto il 21 gennaio 2013 nel centro storico di Aversa e grazie al suo ruolo di vertice aveva il compito di gestire le entrate e le uscite economiche dell’organizzazione camorristica.

Secondo quanto emerso dal provvedimento cautelare, Carmine Schiavone aveva un controllo, con referenti locali, su tutto il territorio dell’agro aversano.

Informazioni che gli consentivano di individuare gli imprenditori o i commercianti da sottomette alle estorsioni. Oltre al controllo dell’area, il reggente del clan esercitava “un vero e proprio comando su tutti gli affiliati, intervenendo – ha sottolineato il procuratore aggiunto della Dda di Napoli, intercettazioni casalesiGiuseppe Borrelli – nei loro confronti non solo per questioni relative alle dinamiche criminali, ma anche per aspetti legati alla vita privata ritenuti disdicevoli con lo status di appartenente al sodalizio”.

Gli inquirenti lo hanno potuto constatare in un’intercettazione ambientale nel corso della quale Carmine Schiavone non esitava, con altri affiliati, a pestare selvaggiamente una persona vicina al clan che intratteneva una relazione con una donna nonostante il divieto di frequentarla.

Un pizzino ritrovato in bici
Un pizzino ritrovato in bici

A prendere il posto di Carmine Schiavone alla guida del clan, dopo la sua cattura, fu Romolo Corvino, uno dei destinatari del provvedimento eseguito stamani nell’ambito dell’operazione “Spartacus reset”. Corvino era stato arrestato anche nell’ottobre 2013 per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

“Pizzini”, scritti direttamente da Carmine Schiavone, erano nascosti nel manubrio di una bicicletta sui quali erano elencati i nomi delle imprese da vessare con le estorsioni.

Un’indagine condotta non solo attraverso intercettazioni e pedinamenti ma anche avvalendosi delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che ha permesso la ricostruzione dell’organigramma del gruppo camorristico.

L'elenco delle somme del racketAi destinatari delle misure cautelari sono contestati i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, detenzione e porto illegale di armi e ricettazione con l’aggravante del metodo mafioso.

Nel corso dell’inchiesta sono state sequestrate armi, tra cui due kalashnikov, un fucile d’assalto, due a pompa, uno sovraesposto, uno mitragliatrice e quattro pistole. Accertati almeno 20 casi di estorsione con importi variabili tra i 1.500 e i 5mila euro.

Le vittime del racket erano indicate dallo stesso Carmine Schiavone nel corso di summit o attraverso la consegna di “pizzini” alcuni dei quali acquisiti dai carabinieri che nei mesi scorsi hanno trovato e sequestrato a Villa Literno un bunker utilizzato dai latitanti dei Casalesi. Otto gli arresti o i fermi eseguiti nel corso di questi due anni d’indagine.

Scontro fra elicotteri in Argentina. Dieci morti tra cui 8 francesi

I tre campioni francesi morti in Argentina
I tre campioni francesi morti in argentina

Francia di nuovo in lutto. A poco più di un mese dalla strage islamica di Charlie Hebdo, 10 persone, fra cui otto francesi impegnati in un reality televisivo, hanno perso la vita in un tragico incidente fra due elicotteri in Argentina.

Fra le vittime, tre noti sportivi francesi: la campionessa di nuoto olimpica Camille Muffat, l’ex pugile Alexis Vastine e la velista Florence Arthaud. Nella collisione, oltre ai due piloti argentini, sono morti anche i membri della troupe del programma Dropped, un reality di sopravvivenza simile all’Isola dei famosi realizzato in luoghi estremi per la rete televisiva Tf1.

L’incidente, sul quale sono in corso indagini, è avvenuto attorno alle 17,15, orario dell’Argentina, (circa le 21 in Italia) nella provincia di La Rioja, 2.000 chilometri a nord-ovest di Buenos Aires.

I due elicotteri avevano appena decollato dalla località di Villa Castelli, nella “pre-Cordigliera” delle Ande, e si sono schiantati dopo essersi urtati in volo quando erano a soltanto 100 metri di quota.

Il luogo della disatro in Argentina (Afp/Getty) - scontro fra elicotteri in Argentina
Il luogo della disatro in Argentina (Afp/Getty)

Particolarmente impressionanti le immagini dello schianto, che da questa mattina circolano in rete. Un’ora dopo l’incidente, la polizia della Rioja ha reso noto che non c’erano superstiti fra i 10 passeggeri.

Con i due piloti argentini c’erano otto francesi che erano da qualche giorno impegnati nelle riprese del telereality “Dropped”, un format norvegese trasmesso su TF1, che ha immediatamente cancellato il programma.

Sul posto è arrivato immediatamente un agente consolare francese, una unità di crisi è stata istituita all’ambasciata di Francia di Buone Aires, poi l’annuncio dell’identità delle vittime: la più famosa navigatrice in solitario, già vincitrice della Route du Rhum, Florence Arthaud, 57 anni, la campionessa olimpica di nuoto Camille Muffat, 25, e il pugile Alexis Vestine, 28, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Pechino nel 2008.

Morti anche cinque membri dell’equipe televisiva di TF1, che erano con gli sportivi a bordo degli elicotteri e i due piloti. Si sono salvati alcuni sportivi partecipanti ma già eliminati, come l’ex nazionale di calcio Sylvain Wiltord, rientrato a Parigi da qualche ora, la ciclista Jeannie Longo e il pattinatore Philippe Candeloro.

L’ex stella del calcio francese Sylvain Wiltord, anche lui concorrente nello show che fortunatamente non è rimasto coinvolto, ha espresso su twitter il suo dolore. “Sono triste per i miei amici. Sto tremando, sono inorridito, non ho parole”.

Cordoglio per il disastro arriva da tutte le parti del mondo, fra cui molti colleghi degli sfortunati sportivi. Il presidente francese Francois Hollande: “I nostri connazionali hanno dato lustro alla Francia”. Intanto Parigi apre una inchiesta per individuare eventuali responsabilità nello scontro fra elicotteri.

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