7 Ottobre 2024

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Lite sul barcone. Musulmani gettano in mare Cristiani. 15 fermi a Palermo

Immigrati musulmani e cristiani fanno a botte sul barcone 15 arresti a palermoQuindici migranti, sbarcati nei giorni scorsi a Palermo, sono stati fermati dalla Squadra mobile con l’accusa di aver gettato in mare una decina profughi durante la traversata per raggiungere l’Italia. All’origine dell’ennesima tragedia nel canale di Sicilia ci sarebbe una lite finita in rissa tra un gruppo di musulmani e di cristiani. Sembra, secondo una ricostruzione, che siano stati i musulmani a gettare in mare i profughi di religione cristiana.

“E’ un fatto terribile. Se davvero dovesse essere una lite scoppiata per motivi religiosi la causa della tragedia avvenuta nel canale di Sicilia sarebbe ancora più brutto nella tragicità dei fatti, perché getterebbe una luce particolare sulla pericolosità di certi arrivi”, ha commentato il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi commenta con l’AdnKronos.

Sono in corso al carcere Pagliarelli di Palermo gli interrogatori dei 14 immigrati fermati con l’accusa di omicidio plurimo. Un quindicesimo fermato è ancora minorenne e verrà sentito dalla Procura dei minori.

“Non si conosce il numero esatto dei profughi buttati in acqua – dicono all’Adnkronos ambienti investigativi – Ma si suppone siano circa una decina”.

Proseguono intanto gli interrogatori dei testimoni, una decina di migranti, tutti di nazionalità nigeriana e ghanese. Sono stati i loro racconti a fornire agli agenti della Squadra Mobile di Palermo “particolari agghiaccianti” sul viaggio intrapreso dalle coste libiche.

“I naufraghi – raccontano gli inquirenti – parecchi dei quali in lacrime, hanno raccontato di essere superstiti, ma non di un annegamento provocato dalle avverse condizioni meteo o dall’inefficienza del natante, ma generato dall’odio umano”.

Imbarcati il 14 aprile su un gommone partito dalle coste libiche e stipato di 105 passeggeri, durante il viaggio nigeriani e ghanesi, in minoranza, “sarebbero stati minacciati di morte, in particolare di essere abbandonati in acqua, da una quindicina di passeggeri di nazionalità ivoriana, senegalese, maliana e della Guinea Bissau”.

Il motivo del risentimento, a quanto hanno raccontato i sopravvissuti, sarebbe stato il credo cristiano delle vittime al contrario di quello musulmano professato dagli aggressori. “Le minacce – raccontano gli inquirenti – si sarebbero concretizzate di lì a poco e avrebbero visto soccombere tra i flutti del mar Mediterraneo 12 individui, tutti di nazionalità nigeriana e ghanese. I superstiti si sarebbero salvati soltanto perché oppostisi strenuamente al tentativo di annegamento, in alcune casi formando anche una vera e propria catena umana”.

E si contano ancora altre vittime tra i migranti. Dalle testimonianze di alcuni profughi sbarcati a Trapani emergerebbe una nuova tragedia dell’immigrazione: una quarantina di profughi, tutti dell’Africa subsahariana, sarebbero morti in mare durante la traversata dalla Libia. Al momento si tratta di testimonianze che non sono ancora state raccolte dalla procura di Trapani.

E mentre gli sbarchi sulle coste dell’Italia meridionale non si arrestano, continua senza sosta il lavoro della polizia che oggi ha arrestato diversi presunti scafisti.

Si muove anche l’Ue. Una portavoce della Commissione europea ha dichiarato che la situazione dei flussi migratori nel Mediterraneo “è grave e peggiorerà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi” con il miglioramento delle condizioni meteorologiche.

La portavoce dell’esecutivo di Bruxelles ha spiegato che la situazione peggiorerà a causa “del miglioramento delle condizioni meteorologiche e del perdurare della situazione di instabilità e dei conflitti nei Paesi vicini”. Ma, ha continuato, “dobbiamo essere sinceri: la Commissione europea non può fare tutto da sola. Stiamo mettendo tutte le nostre energie nell’elaborazione di una strategia complessiva sull’immigrazione, ma non abbiamo una ‘pallottola d’argento’ o una panacea che risolvano di colpo tutti i problemi”. Al momento la Commissione “non ha i finanziamenti né il sostegno politico per creare un sistema di guardia di frontiera europea” per condurre le operazioni di ricerca e salvataggio dei migranti in difficoltà, ha sostenuto la portavoce.

Da venerdì scorso, ha evidenziato, 7.850 migranti sono stati salvati in mare dalla guardia costiera italiana, ma “non ci sono ancora conferme affidabili “sull’annegamento di 400 persone nelle ultime ore. L’operazione Triton “ha avuto molto successo”, anche se “non eguaglia” l’operazione italiana Mare Nostrum, ma è “l’esatta risposta a quanto richiesto dall’Italia”.

Intanto, è polemica all’interno del nostro Paese per l’individuazione di strutture di accoglienza da parte dei prefetti per far fronte al massiccio arrivo dei migranti. Il sindaco di Verona e candidato alla presidenza della Regione Veneto, Flavio Tosi, sostiene che Matteo Renzi “non può restare inerte a quella che rischia di diventare un’invasione e scaricare su prefetti e sindaci l’onere dell’accoglienza perché il sistema non regge”.

Alzheimer, scoperta una delle cause della malattia

Alzheimer L’Alzheimer potrebbe dipendere anche dalla carenza di una sostanza importante per il cervello, l’amminoacido arginina, che viene “divorato” dalle cellule di difesa (sistema immunitario) del paziente. Lo rivela uno studio su animali pubblicato sul Journal of Neuroscience, che potrebbe portare a nuove strategie di cura contro il morbo di Alzheimer.

Il consumo esagerato di arginina da parte delle cellule immunitarie è risultato importantissimo nei processi patologici della malattia, quindi impedendolo si potrebbe curarla, spiega l’autrice del lavoro Carol Colton della Duke University School of Medicine presso Duhram.

Gli esperti hanno studiato la malattia di Alzheimer su topi e visto che, in concomitanza con l’insorgere della perdita di memoria e con l’accumularsi di placche tossiche nel cervello, si osserva anche una carenza crescente dell’amminoacido arginina che viene eliminato via via ad opera dell’azione anomala di cellule immunitarie (microglia) presenti in sede.

Sempre sugli animali gli esperti hanno dimostrato che bloccando questo processo anomalo di ”digestione” dell’arginina attraverso l’uso di un farmaco sperimentale (DFMO, una molecola oggi in fase di sperimentazione clinica per alcuni tumori), l’accumulo di placche si riduce e anche i sintomi di perdita di memoria. Si tratta di uno studio preliminare che lascia però intravedere nuovi possibili bersagli d’azione per rallentare la malattia.

Immigrazione, Dujarric (Onu): "Per Italia enorme fardello"

Sbarchi di migranti a Palermo. Onu: Immigrazione fardello enorme per Italia
Sbarchi di migranti a Palermo (LaPresse)

“L’Italia sta portando un fardello enorme per conto dell’Europa sul problema dell’immigrazione”. Lo sostiene il portavoce dell’Onu, Stephane Dujarric in riferimento agli incessanti sbarchi di migranti nel Sud Italia. Un fenomeno senza precedenti quello di questi giorni, con 10mila immigrati soccorsi e fatti sbarcare sulle coste di Calabria, Sicilia e Puglia.

L’Alto rappresentante per gli Affari esteri europei, Federica Mogherini spera in “una maggiore e migliore solidarietà dell’Ue. Nelle prossime settimane – afferma – intendo convocare una riunione dei ministri degli Esteri e dell’Interno (degli stati membri, ndr) insieme per coordinare le nostre politiche in modo più europeo”.

Una soluzione sembra però lontana senza la stabilizzazione della Libia, come ha più volte ribadito il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che chiede un rafforzamento dell’operazione Triton. La prossima settimana, il ministro dell’Interno Alfano vedrà a Roma il commissario Ue all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos, al quale chiederà un maggiore impegno a sostegno dell’Italia.

Per far fronte al problema dell’accoglienza, Alfano ha incontrato il presidente della Conferenza Stato-Regioni, Sergio Chiamparino il quale ha riconosciuto che quella dell’immigrazione è una “vera e propria emergenza umanitaria”. “L’obiettivo – spiega Chiamparino – è di non lasciare le regioni rivierasche del Sud ad affrontare da sole questo fenomeno”. Per la prima accoglienza ai migranti il ministero sta lavorando al progetto di creare “hub” regionali, come il villaggio di San Giuliano di Puglia (Campobasso) che potrebbe ospitare almeno un migliaio di stranieri, in attesa che vengano verificati i requisiti dei richiedenti asilo. Si lavora anche a caserme dismesse dalla Difesa.

Intanto, proseguono senza soste gli interventi di soccorso nel Canale di Sicilia e gli arrivi di migranti nei porti siciliani che il Viminale deve poi smistare in strutture sparse su tutto il territorio nazionale, per evitare che il peso ricada come adesso su poche regioni (un terzo degli accolti si trova in Sicilia e Lazio).

Tutte le prefetture sono impegnate a trovare soluzioni alloggiative sul territorio. Le Regioni a guida leghista insistono sulla “chiusura” netta a qualsiasi concessione. “Non ci stiamo – dice il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, a subire questa invasione, quindi zero posti in Lombardia finchè continuerà l’atteggiamento irresponsabile da parte del governo”. La stessa posizione ce l’ha il governatore veneto Luca Zaia e altri amministratori locali di fede leghista.

Sul fronte della polemica politica proseguono gli attacchi del leader della Lega Nord, Matteo Salvini ad Alfano, che lo definisce “il ministro dell’Interno più incapace della storia”. Il segretario leghista ribadisce quindi il suo no all’accoglienza di chi sbarca: “vengono prima gli italiani. La Lega è pronta a tutto per evitare che gli italiani mantengano altri migliaia di immigrati”.

Si registra inoltre uno scontro oggi alla Camera tra Alessandro Di Battista (M5S) e la presidente di Montecitorio, Laura Boldrini, durante l’esame della proposta di legge per l’istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione. “Presidente – chiede Di Battista – ma lei si affaccia in Aula solo quando qui si fanno i minuti di silenzio o si parla di immigrazione?”. La presidente replica: “Lei fa affermazioni che non le competono sul presidente della Camera”.

Italicum, è scontro duro nel Pd. Si dimette Speranza. Fi, Sel e Lega: "La fiducia è un golpe".

 Italicum alla CameraIl capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza, di Area riformista, si è dimesso dall’incarico in “profondo dissenso” con le posizioni del segretario – premier Matteo Renzi sull’Italicum. Mercoledi sono state ore di alta tensione sulla legge elettorale. Dopo il “disappunto” espresso da più parti dentro la minoranza dem, c’è chi oggi si è rivolto al capo dello Stato, Sergio Mattarella per invitarlo a dissuadere il governo dal porre la questione di fiducia sull’Italicum. Matteo Renzi, ha chiuso la partita come era prevedibile facesse.

In serata alla riunione dei gruppi parlamentari ha detto: “Sono qui per chiedere che l’assemblea del gruppo confermi la linea che la direzione ha dato”. E cioè “chiudere la discussione sulla legge elettorale in modo definitivo”. “Oggettivamente – ha aggiunto il premier – la mediazione sulla legge elettorale c’è stata ed è in linea con il dibattito interno al Pd. Ora la nostra discussione deve essere depurata da toni di Armageddon”, ha detto Renzi che molto probabilmente metterà la fiducia sul provvedimento.

SPERANZA: “LASCIO MA SPERO CHE ERRORE SU ITALICUM VENGA RISOLTO”
“Saro leale al mio gruppo e al mio partito ma voglio essere altrettanto leale alle mie convinzioni profonde”, ha detto Roberto Speranza annunciando le sue dimissioni di capogruppo Pd alla Camera. “Non cambiare la legge elettorale – ha proseguito – è un errore molto grave che renderà molto più debole la sfida riformista che il pd ha lanciato al Paese”. “C’è una contraddizione evidente – ha aggiunto – tra le mie idee e la funzione che svolgo e che sarei chiamato a svolgere nelle prossime ore. Per queste ragioni rimetto il mio mandato di presidente del gruppo a questa assemblea che mi ha eletto due anni fa”, perché “non sono nelle condizioni di guidare questa barca perciò con serenità rimetto il mio mandato di presidente del gruppo e non smetto di sperare che questo errore che stiamo commettendo venga risolto”.

La riforma è in dirittura d’arrivo. L’aerea riformista del Pd cui appartiene Speranza aveva fatto sapere di aver raccolto le firme di un centinaio di parlamentari pronti a votare no qualora la legge all’esame del parlamento non cambiasse. Dalla maggioranza, premier Renzi in testa, non hanno voluto sentir parlare di modifiche al testo. Tant’è che il capo del governo ha ribadito che la legge è pronta e va approvata così poiché “non possiamo tornare al punto di partenza come al gioco del Monopoli”. E mercoledi sera si è arrivati alla rottura. Bisognerà capire adesso se il Pd potrà o no avere i numeri.

In tre distinte lettere al presidente della Repubblica, Forza Italia, Lega e Sinistra Ecologia e libertà mercoledi hanno espresso fortissimi dubbi sulla eventualità della fiducia: “Sarebbe un golpe”, fanno sapere. Un gesto che “va in contrasto coi principi costituzionali”.

“La nostra iniziativa, insieme a quella di altre forze di opposizione, non è un modo di tirare per la giacchetta il Capo dello Stato”, puntualizza Arturo Scotto di Sel, “ma un appello perché si garantisca un libero dibattito parlamentare senza forzature e scorciatoie dal sapore autoritario”. “Abbiamo già vissuto momenti difficili in questa legislatura come lo strappo della seduta fiume sulle riforme costituzionali e l’abbandono dell’Aula da parte delle opposizioni. Oggi – conclude Scotto – lo diciamo preventivamente: il governo eviti strappi gratuiti che rischiano di segnare un punto di non ritorno.

Il capogruppo leghista alla Camera Massimiliano Fedriga – si legge in una nota del Lega Nord – ha inviato oggi al presidente Sergio Mattarella una lettera per sottoporre al capo di stato le “preoccupazioni” dell’intero gruppo leghista nel caso dovessero essere confermate le dichiarazioni di esponenti del governo in relazione a una possibile questione di fiducia sull’Italicum.

Mentre il capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale Fabio Rampelli ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla ipotesi espressa dal Governo di apporre la questione di fiducia per l’approvazione della legge elettorale. Rampelli chiede al Capo dello Stato “un autorevole intervento affinché questa ipotesi venga scongiurata lasciando il posto a un approfondito, sereno e proficuo esame parlamentare che possa esprimere un testo di legge largamente condiviso”.

Matteo Renzi invita a prendere una decisione “finale” sull’Italicum, con l’ approvazione definitiva alla Camera; un messaggio che porterà questa sera alla riunione del gruppo del Pd. In vista dell’ appuntamento, Area Riformista, la minoranza che fa capo a Roberto Speranza, ha ribadito le richieste di modifiche alla riforma, ma ha dato mandato a parlare ancora con Renzi, al quale viene chiesto di trovare una soluzione che permetta alla minoranza stessa di votare l’Italicum. In questo quadro si inserisce l’insidia del voto segreto che verrà chiesto da Fi almeno su tre emendamenti. Sulla legge elettorale, ha detto Renzi a Milano, “vediamo la fine. Dopo mesi passati a discutere abbiamo detto ‘basta, si decide’. Non è il Monopoli dove c’è la casella ‘tornate al vicolo corto’.

Insomma un modo per ribadire il “no” alle due modifiche chieste da Area Riformista la scorsa settimana in un Documento firmato da oltre 80 deputati su 310. Proprio questa componente della minoranza (di cui però non fanno parte altri esponenti come Pier Luigi Bersani, Rosi Bindi, Gianni Cuperlo o Alfredo D’Attorre), si è riunita per tutta la mattina; la decisione è che alla riunione del Gruppo verrà reiterata la richiesta di modifiche, e se sarà respinta si voterà in quella sede contro l’Italicum, senza che però questo si debba tradurre in un “no” anche in Aula. Anzi, nella riunione più d’uno ha detto che sarebbe meglio evitare una spaccatura, specie se Renzi riconoscerà almeno le ragioni portate da Area Riformista, o aprirà magari alle modifiche sulla riforma costituzionale del Senato.

Su quest’ultimo punto i margini sono ristretti, perché la Camera ha confermato senza modifiche quasi tutto il testo approvato da palazzo Madama in prima lettura, e quindi le modifiche in terza lettura sono poche. Nelle prossime ore Speranza dovrebbe incontrare Renzi chiedendogli di fare all’Assemblea, una apertura, se non alle modifiche all’Italicum, almeno alla riforma costituzionale, visto che molte delle critiche riguardano il combinato disposto delle due leggi. Oltre tutto se questa sera, il capogruppo Speranza si trovasse su una linea bocciata dai due terzi del gruppo, sarebbe quasi obbligato a rimettere il mandato, anche se oggi il vicesegretario Lorenzo Guerini ha detto che il suo ruolo non è in discussione. E di una possibile “novità” in arrivo prima dell’Assemblea, ha parlato anche Bersani. C’è poi Pippo Civati che annuncia un “no” in ogni caso, anche se dovesse arrivare la fiducia, definita da Nico Stumpo, di Area Riformista, una mossa “totalmente sbagliata”. Una fiducia di fatto, anche se non ufficialmente, è stata già posta da Renzi, quando ha definito la riforma “essenziale al programma del governo”.

Per questo Marina Sereni sottolinea che dalle decisioni di oggi “dipende il prosieguo della legislatura”. Sereni si dichiara “fiduciosa” che “prevarrà il senso di unità”, e anche Guerini ha detto di aver fiducia sulla “lealtà della minoranza”. Punta invece alle crepe interne dei Dem Forza Italia che presenterà pochi emendamenti, e su tre di essi chiederà il voto segreto: “premio di maggioranza alla coalizione e non più alla lista, apparentamento al secondo turno; entrata in vigore della legge al 2017 anziché nel luglio del 2016”: temi condivisi da diversi esponenti della minoranza Pd che viene anche tentata dalle ‘sirene’ dei 5 Stelle. “Se la minoranza Pd vuole – offre una sponda Fabiana Dadone, capogruppo alla Camera – in commissione possiamo ribaltare la legge elettorale”.

Bce, contestato Mario Draghi da una ragazza "Blockupy". Coriandoli al "Dicktator"

Una sequenza della contestazione a Draghi (Ansa)
Una sequenza della contestazione a Draghi (Ansa)

Ha continuato i suoi lavori come niente fosse, ma Mario Draghi si è spaventato non poco dopo che una ragazza appartenente al movimento Blockupy gli è saltata come un grillo sul tavolo nel corso di una conferenza stampa indetta per presentare gli esiti del direttivo della Banca centrale europea.

La contestatrice tedesca con un balzo felino è saltata con entrambi i piedi sulla scrivania mentre il presidente dell’Eurotower stava illustrando le misure dell’istituto in favore della crescita dell’eurozona. La ragazza, subito bloccata dai body guard, ha avuto comunque il tempo di lanciare dei fogli di carta, molti coriandoli e urlare “stop alla dittatura delle Bce”.

Trasportata di peso fuori dalla sala, la giovane attivista (Josephine) indossava una maglietta nera con la scritta “ECB, Dicktatorship”. Subito dopo Draghi, accennando un sorriso sornione, ha ripreso i lavori: “Bene, continuiamo da dove siamo stati interrotti”.

“Mario Draghi si è preso un bel carico di coriandoli. Bene così!”, scrive la rete di movimenti di protesta Blockupy in un Tweet. Il 18 marzo scorso a Francoforte, c’è stata una vera e propria guerriglia urbana scatenata dai manifestanti di Blockupy. L’occasione era stata l’inaugurazione della nuova sede della Bce. Auto e cassonetti bruciati, slogan e girotondi contro la “fortezza” di Mario Draghi. Giovani e forze dell’ordine sono giunti anche allo scontro fisico con un bilancio di qualche decina di arresti e di alcuni feriti.

In altre contestazioni, il governatore della Bce non ha mai criticato l’azione dei manifestanti. “Fanno bene e hanno ragione a protestare”, ha detto Draghi lo scorso anno.

Terrorismo, il Senato approva la legge contro Isis e scafisti. Ecco cosa prevede

Il ministro dell'Interno Angelino Alfano in una foto al Senato
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano in una foto al Senato

L’aula del Senato ha convertito in legge il decreto legge sul contrasto al terrorismo. Il testo approvato da palazzo Madama prevede, tra l’altro, una stretta sui foreign fighters e i lupi solitari nonché l’obbligo di arresto in flagranza per i trafficanti di esseri umani. la norma, che contiene anche la proroga delle missioni internazionali è stato approvata con 161 sì, 108 no e un astenuto. Hanno votato sì anche i due fuoriusciti di Forza Italia Sandro Bondi e Manuela Repetti. Quella di oggi è il via libera difinitivo.

Il decreto d’urgenza era stata proposto e approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 18 febbraio 2015. Dopo l’iter nelle Commissioni il testo è stata emendato e oggi approvato dall’aula.

Ecco le misure in pillole:

Il Procuratore nazionale Antimafia assumerà il coordinamento delle inchieste sul terrorismo. E’ questo uno dei punti centrali del decreto Antiterrorismo approvato dal Senato. Tra le altre misure l’introduzione di pene detentive per i “foreign fighter” e per i “lupi solitari” che progettano attentati in Italia. Nonché contro chi fa propaganda sul web.

FOREIGN FIGHTERS – Previste pene dai 5 agli 8 anni di reclusione per i “foreing fighters”, cioè coloro che si arruolano per andare a combattere all’estero con i terroristi dell’Isis, nonché per chiunque organizzi, finanzi o propagandi viaggi finalizzati al terrorismo. Per questi scatta la custodia cautelare in carcere. Prevista anche la perdita della potestà genitoriale se viene coinvolto un minore.

Terroristi dell'Isis norma anti terrorismo
Terroristi dell’Isis

LUPI SOLITARI – La legge prevede la reclusione dai 5 ai 10 anni per quanti si addestrano da soli in Italia per colpire con atti terroristici nel territorio Italiano.

WEB E’ AGGRAVANTE – L’uso di internet e di strumenti informatici per perpetrare reati di terrorismo (arruolamento di foreign fighters, propaganda allo scopo di fare proseliti) diventa un’aggravante che comporta l’obbligo di arresto in flagranza.

INTERCETTAZIONI PREVENTIVE – E’ autorizzata l’intercettazione preventiva sulle reti informatiche degli indagati di reati di terrorismo internazionale.

DATI TRAFFICO TELEFONICO – La norma prevede che per le sole indagini sui reati di terrorismo, i dati relativi al traffico telefonico e telematico, nonché le chiamate senza risposta, effettuato a decorrere dall’entrata in vigore del decreto “sono conservati dal fornitore fino al 31 dicembre 2016.

CONTROLLO “DA REMOTO” DEI PC – E’ stata eliminata la norma introdotta dal Governo durante l’esame in commissione, che autorizzava la Polizia ad usare programmi per il controllo “da remoto” di Pc, Smartphne e Tablet dei sospettati di terrorismo. I server providers che ospitano siti di propaganda saranno comunque obbligati a oscurare i contenuti illeciti. Il governo potrebbe riproporre il “controllo da Remoto” nella legge sulle intercettazioni.

007 NELLE CARCERI – Gli uomini dei Servizi segreti sono autorizzati a infiltrarsi sotto copertura nelle carceri italiane, per prevenire l’arruolamento di terroristi.

MILITARI SUL TERRITORIO – Dal 30 giugno di quest’anno il contingente militare per il controllo del territorio potrà essere aumentato di altre 300 unità (attualmente il tetto è fissato a quota 3 mila).

MEDITERRANEO – Oltre 40 milioni di euro per l’operazione “mare sicuro”, per prevenire attacchi terroristici contro pescherecci e navi commerciali nel Mediterraneo.

SCAFISTI – Obbligo di arresto in flagranza per gli scafisti e trafficanti di esseri umani.

Ue: Google vìola Antitrust. Big G rischia multa da 6 mld

Sede Google Google nel mirino dell’Europa. Bruxelles si appresta ad avviare un’azione formale contro il colosso di Mountain View per violazione delle norme Antitrust, aprendo la strada a quella che potrebbe essere la più grande battaglia a Bruxelles dai tempi del caso Microsoft, dieci anni fa. Quella dell’Antitrust della Ue è un’azione formale che potrebbe tradursi per Google in multe che teoricamente potrebbero superare i sei miliardi di dollari. E le indiscrezioni del Wall Street Journal pesano sui titoli Google, che perdono l’1,60% a 539,94 dollari.

L’avvio di un’azione formale da parte dell’Europa chiuderebbe un’indagine iniziata nel 2010. E sarebbe una ”cattiva notizia” per Google, perché – afferma Ioannis Lianos, professore di Global Competition Law allo University College London – significa che le autorità europee non vogliono patteggiare”.

”E’ un’indagine seria con conseguenze serie. Nei casi di abuso di posizione dominante – mette in evidenza Spencer Waller, professore antitrust alla Law School di Chicago – sono di solito previste multe ed è imposto il cambiamento di alcuni comportamenti”. Google ha cercato per due anni di patteggiare con l’Unione Europea, ma senza esito. Mountain View realizza – secondo alcune stime – il 35% dei suoi ricavi in Europa e la sua quota nella ricerca online supera il 90% in molti paesi europei, a fronte del 65% negli Stati Uniti.

La commissaria antitrust europea, Margrethe Vestager, sarebbe intenzionata ad accusare Google di abuso di posizione dominante, una delle infrazioni europee più gravi. E che è già costata una pioggia di milioni di dollari a Microsoft e Intel, che rispettivamente hanno pagato 800 milioni di dollari e 1,2 miliardi di dollari.

LA REPLICA DI GOOGLE

“Con rispetto, ma siamo fortemente in disaccordo con lo “Statement of objection” e non vediamo l’ora di presentare la nostra posizione nelle prossime settimane”. Così Google sul blog ufficiale risponde all’Antitrust Ue che ha aperto due procedure formali nei confronti del colosso americano. “Google potrà essere il motore di ricerca online più usato – scrive sul blog aziendale Amit Singhal, senior vice president di Google Search -, ma le persone oggi possono avere accesso alle informazioni in molti modi diversi e le accuse di danni, per consumatori e concorrenti, si sono dimostrate fuori luogo. Google sottolinea che gli utenti hanno “più scelta che mai”.

“Compagnie come Axel Springer, Expedia, TripAdvisor, and Yelp”, aggiunge Singhal, “hanno sostenuto che la pratica di Google di includere nelle ricerche i nostri risultati specializzati (Flight Search, Maps e risultati locali) abbia significativamente danneggiato il loro business.

Ma il loro traffico, i loro ricavi e i loro profitti dicono qualcosa di molto diverso”. Quanto allo shopping, sottolinea Google, “c’è un’enorme competizione”, ad esempio con Amazon ed eBay, “due dei maggiori siti di e-commerce al mondo”. Oltre allo “Statement of objection” con l’accusa di “abuso di posizione dominante nel mercato della ricerca su internet” l’Antitrust Ue oggi ha aperto un’indagine formale sul sistema Android.

Anche su quest’ultima l’azienda risponde con un post, firmato da Hiroshi Lockheimer, vice presidente of Engineering di Android. “Non solo Google ha ottenuto benefici dal successo di Android – spiega -. Il modello Android ha permesso ai produttori di competere con le proprie innovazioni. Gli sviluppatori possono raggiungere un pubblico maggiore e costruire business solidi. E i consumatori ora hanno una scelta senza precedenti e a prezzi quanto mai contenuti. Non vediamo l’ora di discutere di questi aspetti più nel dettaglio con la Commissione europea nei prossimi mesi”, conclude.

Nasa, un caffè spaziale italiano per Cristoforetti e company

Il lancio della capsula Dragon, diretta alla Stazione Spaziale (Nasa/Tv)
Il lancio della capsula Dragon, diretta alla Stazione Spaziale (Nasa/Tv)

Un caffè “spaziale”, rigorosamente italiano, per l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti. Sarà anche questo il contenuto del carico destinato alla Stazione Spaziale Internazionale inviato sulla capsula Dragon lanciata da Cape Canaveral e che trasporta rifornimenti per conto della Nasa.

Dopo il rinvio di circa 24 ore dovuto al maltempo, oggi il lanciatore Falcon ha potuto partire regolarmente e la navetta Dragon è adesso diretta alla Stazione Spaziale per consegnare il carico di materiali scientifici per 40 esperimenti. Tra questi c’è la macchina per il caffè espresso costruita in Italia che, oltre a diventare il futuro “angolo bar” per gli astronauti, permetterà di condurre test sulla fisica dei fluidi.

Lo stivale visto dallo Spazio
Lo stivale visto dallo Spazio

Ad attendere i materiali c’è l’equipaggio della Stazione Spaziale, con l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) Samantha Cristoforetti, impegnata nella missione Futura, dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi).

Il caffe’ extraterrestre “sara’ prodotto ad una pressione di 7 Bar e sgorgherà ad una temperatura di 75 gradi, per finire all’interno del sacchettino trasparente che verrà usato al posto delle tradizionali tazzine”, ha spiegato il responsabile del progetto David Avino di Argotec, l’azienda aerospaziale che ha realizzato il sistema con Lavazza e Finmeccanica-Selex Es.

La Stazione Spaziale Internazionale è una stazione dedicata alla ricerca scientifica che si trova in orbita terrestre bassa, gestita come progetto congiunto da cinque diverse agenzie spaziali a livello mondiale: la statunitense NASA, la russa RKA, l’europea ESA, la giapponese JAXA e la canadese CSA.

Intanto,  sono stati catturati “strani” segnali dal cacciatore di materia oscura Ams installato all’esterno della Stazione Spaziale (Iss). Potrebbero essere l’evidenza indiretta delle particelle che la formano. Per i responsabili dell’esperimento, che presentano i dati oggi al Cern di Ginevra, i risultati potrebbero essere indicazioni di un nuovo fenomeno fisico. La materia oscura, misteriosa e invisibile, costituirebbe circa il 25% dell’universo.

Migranti, emergenza senza fine. A migliaia sulle coste italiane. Superstiti: "400 vittime"

migranti su un barconeNegli ultimi giorni oltre 5.600 salvataggi in mare. Ieri l’ennesima tragedia con il ritovamento a 80 miglia dalle coste libiche di nove morti per un barcone rovesciato. Sicilia e Calabria esplodono e a nulla sono valsi finora gli sforzi in sede europea per fermare gli sbarchi e controllare le coste da dove scafisti senza scrupoli costringono donne, uomini e bambini a navigare in balia delle onde.

Lunedi il Viminale aveva allertato i prefetti con una circolare con cui si chiedeva il reperimento di 6.500 posti per ospitare altrettanti immigrati. Sarebbero circa 2mila i migranti sbarcati nelle ultine 24 ore. Secondo testimoni le vittime del naufragio sulle coste libiche di ieri sarebbero 400 e non solo nove. Tra le vittime – rende noto Save the Children – ci sarebbero anche molti giovani, probabilmente minori. L’organizzazione spiega che tra le migliaia di sbarcati negli ultimi giorni ci sono circa 450 bambini, tra cui 317 non accompagnati.

Sul fronte politico è polemica. Il problema immigrazione, per il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, “va risolto alla radice”, stabilizzando la Libia. “E’ un pò poco che una superpotenza economica come l’Ue spenda 3 milioni al mese”, ha spiegato il ministro sottolineando che vanno colpite “le organizzazioni che fanno questo traffico e stabilizzare la Libia”.

Il leader della Lega Matteo Salvini su Facebook attacca il governo: “Alfano e Renzi cercano altri 6.500 posti letto per gli immigrati. Chiedo ai governatori, ai sindaci, agli assessori e ai consiglieri della Lega di dire no, con ogni mezzo, a ogni nuovo arrivo. Come Lega siamo pronti a occupare ogni albergo, ostello, scuola o caserma destinati ai presunti profughi”.

Salvini addossa le responsabilità in particolare al ministro dell’Interno, e da Siena affonda: “Alfano – ha detto Salvini – sta facendo l’affittacamere per i clandestini”. “Sta cercando 6.500 posti letto per i clandestini: io pensavo di avere un ministro dell’Interno non un affittacamere di alberghi ad ore”. Poi Salvini ha detto di aver chiesto “a tutti gli amministratori della Lega di dire no, con ogni mezzo possibile, all’arrivo di queste persone”.

“Se fosse al governo Matteo Salvini, leader della Lega Nord, chiamerebbe i comandi della Guardia costiera e della Marina militare e darei l’ordine alle navi di pattugliare le acque territoriali, soccorrere chi deve essere soccorso ma non far sbarcare assolutamente nessuno”.

Il segretario della Lega ribadisce poi che le forze navali italiane dovrebbero “difendere i confini” perché più immigrati partono “più ne muoiono. Purtroppo abbiamo un governo complice”, ha aggiunto ricordando che in pochi giorni “ne sono sbarcati settemila” e di questo passo “rischiamo di superare ogni record storico”. Oltre a dover leggere notizie come quella di oggi “del morto dato in pasto agli squali”, ha detto Salvini riferendosi a un migrante, deceduto durante la traversata dopo aver esalato vapori di benzina. La salma, hanno riferito testimoni, è stata gettata in mare e il corpo è stato dato dilaniato da squali che seguivano il gommone. A Ragusa è stato arrestato il presunto scafista, accusato anche della morte del migrante gettato in mare.

L’emergenza sbarchi continua e sembra non cessare. Previsti ancora sbarchi nei prossimi giorni. Nel porto di Reggio Calabria solo stamane sono sbarcati 678 migranti a bordo della nave Orione dove è nata una bambina. Con loro anche un cadavere recuperato nel naufragio di ieri sulle coste libiche. I migranti sono stati imbarcati su una nave della Marina Militare impegnata nell’operazione Triton, che ha fatto rotta verso la Sicilia per poi raggiungere il porto di Reggio Calabria.

Un sindaco calabrese, Giuseppe Geraci, primo cittadino di Corigliano Calabro non si allinea alla circolere prefettizia e prende posizione: “Per quello che ci riguarda, – spiega – stiamo valutando la possibilità di non garantire come Comune nessuna assistenza a terra per le previste operazioni di sbarco e accoglienza dei migranti. Corigliano e la Sibaritide non sono assolutamente in grado di poter sopportare, da nessun punto di vista, ulteriori sbarchi di migranti”. Per Geraci si tratta di “una situazione che abbiamo già spiegato in occasione dei due precedenti sbarchi”. Geraci si appella a Mattarella e Renzi “affinché intervengano con urgenza per prendere cognizione dell’emergenza assoluta nella quale versa questo territorio ed interrompere questa che è ormai diventata una spirale negativa, incontrollata ed ingestibile, destinata ad impoverire ed emarginare definitivamente la Calabria ionica”. “Da questo momento in poi – ha concluso il sindaco calabrese – la città di Corigliano intraprenderà tutti le più forti azioni di protesta, in sinergia con i sindaci del territorio contro questa totale disattenzione delle istituzioni nazionali rispetto alle esigenze e ai bisogni delle popolazioni locali”.

In Sicilia la situazione non è meno grave. Dopo lo sbarco al porto di Palermo di 1169 immigrati, si attendono quasi trecento persone mercoledì 15 aprile, a partire già dalle 8, quando giungeranno 102 profughi al molo Puntone. Altri novantacinque migranti, che sbarcheranno al molo Piave, mentre nella tarda mattinata, intorno alle 13, arriverà la nave con altre ottantotto persone. In allerta l’Asp, protezione civile, Croce Rossa e le forze dell’ordine, che dovrenno procedere ai soccorsi e all’identificazione.

Italicum, il Pd all'altro Pd: "Cambiate o non lo voteremo". Renzi: "Non giochiamo a Monopoli"

Matteo Renzi al Salone del Mobile a Milano
Matteo Renzi al Salone del Mobile a Milano

Il premier Renzi resiste alle pressioni sull’Italicum, dove la minoranza del suo partito da tempo sta indicando un cambio di passo. “Sulla legge elettorale e le riforme vediamo la fine”, ha sottolineato il premier Matteo Renzi al Salone del Mobile di Milano. “Si discute da 20 anni. A un certo punto si devono fare le cose. Non possiamo rimanere come al Monopoli: “torna a vicolo Corto senza passare dal via. Noi si decide, noi siamo in condizione di chiudere la partita”.

Il capo del governo da Milano risponde alla minoranza Pd dopo una riunione a Montecitorio in preparazione dell’assemblea del gruppo dem di domani a cui prenderà parte lo stesso Renzi. “Sul no di domani a questa riforma della legge elettorale c’è l’unanimità, vedremo poi le mosse di Renzi. Dipenderà innanzitutto se mette la fiducia o no”, dice Davide Zoggia. Domani – secondo i calcoli fatti da Area riformista – dovrebbero essere 70 parlamentari a dire no all’Italicum.

“Come area riformista – spiega il deputato della minoranza Cesare Damiano – abbiamo sottoscritto una lettera, oltre settanta parlamentari che chiedono a Renzi di mantenere aperto il dialogo sulla riforma elettorale. In quella lettera abbiamo proposto un cambiamento sul tema dei nominati. Vogliamo una maggioranza di persone elette dai cittadini nel nuovo Parlamento. Nel caso si mantenesse nella relazione una chiusura netta, se la relazione fosse posta ai voti, sarebbe difficile votare a favore”, avverte Damiano. “Attendiamo cambiamenti altrimenti la nostra posizione non cambia”, dice anche Matteo Mauri. Alla riunione di questa mattina non era presente Pierluigi Bersani, già molto critico con Renzi sulla legge elettorale.

Ma dalla maggioranza non cessano appelli a un ripensamento sulla linea del no. “Parliamo di lealtà e non di disciplina” ha affermato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini. Mentre Marina Sereni si è detta “fiduciosa che prevarrà il senso di unità e la consapevolezza che siamo nel pieno di una legislatura che può continuare e rivelarsi molto produttiva se il Pd e la maggioranza che sostiene il governo sapranno far prevalere l’interesse generale dell’Italia e l’amore per il nostro Paese”.

“Direttivo unanime di Forza Italia Camera: no a Italicum blindato, ma premio a coalizione e entrata in vigore dopo riforma costituzionale”, scrive su Twitter Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio.

Forza Italia, Berlusconi ha espiato la pena. Torna libero

Silvio Berlusconi a Cesano Boscone
Silvio Berlusconi a Cesano Boscone (Reuters/Rellandini)

Silvio Berlusconi è un uomo libero. Il Tribunale di sorveglianza di Milano ha depositato stamane l’ordinanza con cui dichiara espiata la pena cui era stato condannato l’ex premier in via definitiva nell’ambito del processo Mediaset.

Con l’ordinanza di stamane viene meno anche l’interdizione ai pubblici uffici fissata in due anni, mentre permane l’incandidabilità di Berlusconi stabilita dalla legge Severino. Una norma che gli impedirebbe di candidarsi alle elezioni per sei anni, fino al novembre 2019, ma potrebbe chiedere la “riabilitazione” prevista dalla norma che gli consentirebbe di guadagnare un anno.

Il leader di Forza Italia era stato condannato il primo agosto 2013 per frode fiscale nell’ambito del processo Mediaset a quattro anni di carcere, di cui tre coperti da indulto. Berlusconi ha scontato la condanna trascorrendo 10 mesi e mezzo in affidamento in prova ai servizi sociali presso una struttura per anziani, la “Sacra famiglia”, di Cesano Boscone. In base alla relazione “positiva” dell’istituto, al fondatore di Forza Italia sono stati condonati 45 giorni.

La Procura generale ha ora la facoltà di impugnare il provvedimento. L’ex premier, che nella fase dell’esecuzione penale è seguito dall’avvocato Angela Maria Odescalchi, è quindi un cittadino libero e potrà anche richiedere la riconsegna del passaporto per recarsi all’estero.

L’estinzione della pena restituisce la piena libertà al presidente di Forza Italia, sebbene in questi anni non abbia mai smesso di esercitare il suo ruolo politico nel paese e nel suo partito, di cui era ed rimasto leader indiscusso. Dopo la sua estromissione da palazzo Chigi, nel novembre 2011, cui gli subentrò Mario Monti, nel 2013 affrontò e pareggiò le elezioni politiche. Il Pd con Bersani non riusci da solo a salire  a palazzo Chigi. L’ex presidente Napolitano, dopo un giro di consultazioni con tutte le forze politiche incaricò Enrico Letta di formare una coalizione di larghe intese o di “emergenza nazionale”. Per il Pdl fu un ritorno al governo e gli vennero assegnati ministeri di peso.

Ma dopo la condanna rimediata ad agosto da Berlusconi e in seguito alla sua decadenza da senatore, l’allora Popolo delle libertà, per volontà del suo stesso leader, passò all’opposizione. Si consumò la prima frattura nella “neo resuscitata” Forza Italia. Angelino Alfano, che era vicepremier e ministro dell’Interno, in dissenso con Berlusconi abbandonò la casa madre e fondò il Nuovo centrodestra per rimanere insieme ai suoi nell’esecutivo “bipartisan“. Intanto, Matteo Renzi scala la segreteria Pd e poi il governo. Fu sempre Berlusconi, da condannato, a siglare il patto del Nazareno nella sede del Pd. Un accordo (ufficialmente) sulle riforme istituzionali, rotto solo qualche mese addietro sempre per volontà di Berlusconi.

Fini attacca Berlusconi: "Ha bisogno di colpevoli per le sue sconfitte"

Gianfranco Fini
Gianfranco Fini

“Ritengo che Berlusconi stia cannoneggiando volontariamente il suo Stato maggiore (Fitto e Verdini) perché ha bisogno di capri espiatori per l’eventuale sconfitta”. A sostenerlo è l’ex leader di An Gianfranco Fini che annuncia un incontro mercoledi a Parigi con Nicolas Sarkozy. Incontro, spiega l’ex vicepremier a Il Mattino, per “parlare di destra italiana”. Nella capitale francese sono in programma due conferenze, una all’Istituto francese per le relazioni internazionali e l’altra alla Sorbona, presso la facoltà di Scienze politiche.

Ci si chiede se l’ex leader di An non si prepari, anche lui, a essere di nuovo sdoganato, chiede il quotidiano campano. “Per carità – risponde Fini – quel termine non mi è mai piaciuto”. Un termine dopotutto “inappropriato” al suo caso poiché, sono in molti a ricordare che non fu Berlusconi a sdoganare il Msi, ma fu il presidente di Forza Italia a essere favorito dall’unico partito rimasto in “vita” dopo tangentopoli. Berlusconi prima della sua discesa in campo disse: “Se votassi a Roma, voterei per Fini”. Era il  1993, elezioni amministrative a Roma, sfida Fini-Rutelli, in cui da solo sotto le insegne del Msi-Dn, al primo turno Fini prese il 35,8% contro il 39,6 di Rutelli. Al ballottaggio 53,1% per Rutelli e 46,9% per Fini. Forza Italia non esisteva.

Con il presidente dell’Ump Fini parlerà “di politica e del futuro del suo partito, pressato come è dal Front national della Le Pen. E, l’appuntamento Nuova Destra Fini a Parigi per un confronto con Sarkozy ovviamente, mi chiederà della situazione della destra italiana”. Un tema che lo fa sorridere amaramente quando spiega che “ci troviamo ormai all’epilogo della vicenda politica di Berlusconi”. Un declino iniziato male con la sua estromissione da palazzo Chigi nel 2011 e che sta finendo peggio con la politica suicida degli ultimi anni che ha creato non poche fughe e dissidi interni (vedi la scissione con Alfano e il dissenso soffocato di Fitto), oltre un tangibile disorientamento tra gli elettori azzurri (vedi patto con Renzi e la linea dettata dal duo Pascale-Luxuria che hanno fatto precipitare Fi al 10 percento).

“Dirò a Sarkozy – dice Fini – che la catastrofe annunciata di Fi non è dovuta, come si crede, alle liti tra i vertici forzisti. Piuttosto ritengo che Berlusconi stia cannoneggiando volontariamente il suo Stato maggiore perché ha bisogno di capri espiatori per l’eventuale sconfitta”, alle prossime elezioni regionali.

“È uno schema – ha ricordato il cofondatore del Pdl – che ha già adottato con noi alleati”. Inevitabile, per l’ex presidente, che con Bossi ha dato il suo nome alla legge che regola i flussi migratori, affrontare l’integrazione degli immigrati nella Ue, l’arrivo di migliaia di richiedenti asilo “che non possono essere rimpatriati, come fossero clandestini, ma devono essere assistiti da tutta l’Europa”. Ma il tema caldo sarà il futuro della destra francese, quel Front national, al quale guarda il leghista Salvini e dal quale Fini si smarcò già da segretario del Msi-An.

Libia, barcone si capovolge. Nove morti. Salvati 144 migranti

IMMIGRAZIONE: 7.882 SBARCATI NEL 2015, +43% RISPETTO A 2014 migranti
Archivio (Ansa/Montana Lampo)

Nove cadaveri sono stati recuperati dalla Guardia Costiera italiana a circa 80 miglia dalle coste della Libia, nell’area dove si è capovolto un barcone carico di migranti diretto verso l’Italia. Sono state salvate 144 persone.
Nell’area sono tuttora in corso ricerche di eventuali dispersi, alle quali partecipa anche un aereo Atr 42 della Guardia Costiera.

I superstiti sono stati trasferiti a bordo di una nave della Marina Militare impegnata nell’operazione Triton, che sta facendo rotta ora verso la Sicilia. A bordo della nave vi è anche uno dei nove cadaveri, mentre gli altri sono a bordo di una motovedetta della Guardia Costiera, tuttora impegnata nelle ricerche dei dispersi.

Negli ultimi tre giorni – dal 10 al 12 aprile – sono stati soccorsi nel Canale di Sicilia 5.629 migranti diretti verso l’Italia. Nella sola giornata di ieri il Centro Nazionale Soccorso della Guardia Costiera ha coordinato gli interventi di assistenza a 22 unità, gommoni e barconi fatiscenti.

Secondo le stime, nel 2014 sono state 3.500 le persone morte e 170.000 quelle che hanno traversato il Mediterraneo verso le coste italiane, mentre la crisi umanitaria si è intensificata con l’aumento dell’instabilità in Libia, punto di partenza per la maggior parte delle imbarcazioni che fanno rotta verso la Sicilia.

Il numero di barche che trasportano migranti è aumentato nelle ultime settimane, per effetto del tempo primaverile. A febbraio, oltre 300 persone sono affogate mentre viaggiavano verso l’Italia con il mare grosso e temperature proibitive. Il Pd vorrebbe istituire la giornata del ricordo per omaggiare le vittime degli sbarchi.

 

Genocidio armeno, il Papa lo ricorda ma i turchi lo negano. Polemiche

Papa Francesco e il patriarca supremo dei cattolici armeni, Karekin II
Papa Francesco e il patriarca supremo dei cattolici armeni, Karekin II (Ansa)

Quello armeno è stato il primo genocidio del ‘900 dove sono furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi. Una tragedia, quella del popolo armeno, subita insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Così Papa Francesco, a 100 anni dal martirio dei cristiani armeni.

Parole che non sono piaciute alle autorità della Turchia che per il richiamo del pontefice hanno espresso “il loro disappunto” al nunzio apostolico ad Ankara Antonio Lucibello. Successivamente la Turchia ha anche richiamato il proprio ambasciatore dalla Santa Sede.

La Turchia continua a negare che quello del 1915-16 sia stato un genocidio (chiamato anche olocausto degli armeni) e combatte una guerra diplomatica permanente per cercare di impedire che venga riconosciuto all’estero da un numero crescente di stati.

Il ministro degli esteri turco Mevlut Cavuysoglu ha definito “inaccettabili” le parole di Papa Francesco. Il capo della diplomazia turca ha scritto su twitter che “le dichiarazioni del Papa, che non sono fondate su dati storici e legali, sono inaccettabili”.

“La nostra umanità – aveva detto Bergoglio – ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo (Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione Comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001); essa ha colpito il vostro popolo armeno – prima nazione cristiana”.

“Quella tragedia, ha detto papa Francesco all’inizio della messa in San Pietro a 100 anni dal “martirio”, ha colpito il popolo armeno “insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci”. “Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi”, ha ricordato. “Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo – ha aggiunto -. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente”.

“Sembra – ha proseguito il papa – che l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori”.

“Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: ‘A me che importa?’; ‘Sono forse io il custode di mio fratello?'”. “In diverse occasioni – ha detto il Pontefice nel saluto all’inizio della liturgia – ho definito questo tempo un tempo di guerra, una terza guerra mondiale ‘a pezzi’, in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione”. “Purtroppo ancora oggi – ha aggiunto – sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi -, oppure costretti ad abbandonare la loro terra”.

La Sicilia assume testimoni di giustizia ma c'è chi non può tornarci

Testimoni di giustizia con Crocetta presidente della Regione Sicilia
Testimoni di giustizia con Crocetta, presidente della Regione Sicilia

Valentina Roncati per l’Ansa

Aveva 26 attività commerciali e due fratelli. Ma oggi Angelo, 51 anni, 4 figli, testimone di giustizia da 15 anni, si ritrova a non avere più né le attività commerciali, che ha dovuto chiudere, né i due fratelli, che sono stati uccisi dalla mafia nel ’99 e nel 2000, quando avevano rispettivamente 48 e 42 anni.

Una storia dolorosa ma non isolata quella di Angelo, siciliano di un paese dell’agrigentino. Che è nel gruppo dei 13 testimoni di giustizia che la Regione Siciliana, dando seguito ad una legge approvata dall’Assemblea regionale, ha assunto nei giorni scorsi. Ma il paradosso è che lui in Sicilia non può rimettere piede per motivi di sicurezza.

Per denunciare situazioni come la sua e quelle di tanti altri testimoni di giustizia – persone che hanno scelto di non sottostare a racket, ricatti e soprusi e denunciare – il deputato Pd Davide Mattiello, componente della Commissione parlamentare Antimafia, dove coordina il gruppo di lavoro su testimoni, collaboratori e vittime di mafia, ha scritto oggi una lettera aperta al premier Matteo Renzi in cui chiede maggiore attenzione a queste persone, “perchè sentano di essere nel cuore delle preoccupazioni dello Stato e non un peso mal sopportato”.

“Ero un imprenditore ricco, felice e fortunato – racconta Angelo – e con i miei fratelli ho fatto fortuna in Germania. Siamo rientrati in Italia negli anni Novanta e nella nostra terra, la Sicilia, abbiamo cercato di aprire una attività commerciale. Subito ci sono stati problemi: il nostro negozio avrebbe fatto concorrenza ad un altro il cui titolare era appoggiato dalla politica locale e sono passati anni prima che ci venisse concessa la licenza. Ma il peggio è arrivato quando uno dei miei fratelli ha avuto l’idea di aprire un’agenzia di onoranze funebri. Nel paese ce n’era un’altra senza autorizzazioni ma appoggiata dalla mafia provinciale. Io in quel periodo iniziai a denunciare la corruzione, il malaffare, le collusioni tra mafia e politica, il sistema della spartizione degli appalti. Prima mi furono uccisi i cani. Nel ’99 e nel 2000 furono uccisi i miei fratelli. Il primo lasciò la moglie, il secondo moglie e tre figli”.

Da allora Angelo – che ha raccontato alle forze dell’ordine i retroscena dei due omicidi e con le sue denunce ha fatto dimettere un sindaco e ha portato all’arresto di noti mafiosi latitanti, alla scoperta di un traffico di armi e droga, di appalti pilotati e corruzione politica – ha lasciato la Sicilia, ha dovuto chiudere tutte le sue aziende e, con la sua famiglia, è entrato nel programma speciale di protezione. “Vuole la verità? Mi dispiace essere nato in Italia”, dice.

Ma il suo non è un caso isolato: Luisa, che ha sposato un testimone in programma speciale di protezione in località segreta, da mesi aspetta di poter tornare qualche giorno a casa sua per rivedere i genitori, i nipoti. Tutto sembra ormai pronto: biglietti fatti, valigie preparate, famiglia in allerta, bambini pronti. All’ultimo una telefonata: tutto annullato, perché le autorità competenti dicono di non essere in grado di garantire la sicurezza. Ma come? Per quanto? Non si sa..

A Michele, sposato e padre di due figli, la ‘ndrangheta ha promesso la morte, tanto che in Calabria non può più metterci piede: divieto certificato dalle Autorità, e qualora debba proprio passarci, deve farlo con scorta, tutela e auto blindata. Ma a quest’uomo improvvisamente, e con due righe notificate dal comando dei carabinieri della località dove vive da qualche anno, gli viene revocata la scorta, fatta eccezione per la Calabria. “Così non va – scrive Mattiello – un testimone di giustizia riscattato ad una vita libera e dignitosa vale più di tante leggi contro mafia e corruzione”. Sono meno di 100 i testimoni di giustizia in Italia, la maggior parte tra i 26 e i 60 anni. Nel programma di protezione del Viminale ci sono anche 253 loro familiari, di cui 103 hanno tra 0 e 18 anni.

Panico per un allarme bomba sul Germanwings Colonia Milano

Airbus 320 Germanwings  in aeroporto allarme bombaUn aereo della Germanwings con a bordo 126 passeggeri e sei membri dell’equipaggio, in partenza da Colonia-Bonn per Milano Malpensa, è stato bloccato in fase di decollo ed evacuato per un allarme bomba. Ne dà notiza la stessa compagnia tedesca. Quando è arrivato l’allarme della polizia tedesca, l’aereo, un Airbus 320, simile a quello precipitato sulle Alpi il 24 marzo scorso, non aveva ancora lasciato l’aeroporto.

La torre di controllo ha subito contattato il pilota che ha portato il velivolo nella posizione prevista per casi del genere. Qui i passeggeri e l’equipaggio hanno abbandonato l’aereo in modo ordinato, ma una volta a terra hanno capito la gravità della minaccia e vi sono stati momenti di panico.

Sono in corso controlli con artificieri e unità cinofile. Secondo media tedeschi pare che sia stata la stessa compagnia ad essere allertata di un ordigno esplosivo a bordo con una telefonata anonima. La polizia sta cercando di capire di più sull’accaduto.

Non è il primo problema per la compagnia low cost, sottogruppo del colosso Lufthansa. Solo qualche giorno fa, un altro aereo della Germanwings, sulla rotta fra Colonia-Bonn e Venezia, è stato costretto a deviare per Stoccarda, in Germania, per una perdita di carburante. La stessa compagnia, aveva riferito che non si era trattato di “un atterraggio di emergenza”, bensì di una normale misura di sicurezza.

In quel caso l’aereo era un Airbus 319, con a bordo 123 passeggeri. I passeggeri anche in quel caso hanno lasciato il velivolo con modalità normali e hanno proseguito il volo per Venezia su un aereo sostitutivo.

Lufthansa è al centro di una bufera mediatica dopo il tragico incidente del volo 4U9525 in cui sono morte 150 persone. Secondo la procura di Marsiglia sarebbe stato il copilota Andreas Lubitz a far precipitare l’aereo per via di una sua presunta depressione, ma dall’inchiesta condotta dal procuratore Robin emergono una serie di punti oscuri tuttora non chiariti.

Usa 2016, Hillary Clinton ci riprova. Obama: "Sarebbe formidabile"

I'm running said Hillary Clinton Usa 2016“I’m running”. Hillary Clinton correrà per la Casa Bianca nel 2016. L’ex first lady tenterà per la seconda volta di diventare la prima presidente donna degli Stati Uniti, dopo i due mandati di Barack Obama, primo presidente “nero” della storia americana che l’aveva sconfitta nelle primarie del 2008.

La campagna presidenziale della Clinton sarà focalizzata su una maggiore sicurezza economica per la classe media e sull’aumento delle opportunità per le famiglie. Lo riferiscono due consiglieri vicini all’ex senatrice, definita “una combattente tenace e capace di ottenere risultati”.

I due consulenti hanno fornito la prima anticipazione del messaggio che la Hillary ha pensato di trasmettere quando oggi lancerà la sua campagna molto in anticipo per le presidenziali con un video online. Finora, l’ex first lady (è la moglie dell’ex presidente Bill Clinton, ndr) aveva offerto solo alcuni suggerimenti sugli argomenti forti che la avrebbero guidata se avesse deciso di correre una seconda volta per la Casa Bianca dopo la sconfitta del 2008 di fronte allo stesso Barack.

L’ex Segretario di Stato Usa punterà la sua campagna presidenziale sui bisogni economici delle nuove generazioni e delle famiglie della classe media azzoppate dalla crisi economica del 2008. La strategia descritta dai consiglieri della Clinton riecheggiano la campagna di Obama che lo ha portato alla rielezione nel 2012.

L’attuale inquilino della Casa Bianca aveva infatti inquadrato la scelta di allora degli elettori fra i Democratici concentrati sul ceto medio e i Repubblicani attenti a proteggere le classi più ricche e intenzionati a tornare verso le politiche responsabili della crisi del 2008.

“Hillary, sarebbe una presidente formidabile. Lei è stata una eccellente segretario di Stato ed una mia amica”. E’ questo il commento sulla candidatura di Hillary Clinton che ha fatto il presidente Usa Obama da Panama dove ha partecipato al vertice delle Americhe.

Caos Forza Italia, in Puglia Fitto propone il "ticket". Poli Bortone in imbarazzo. Ecco come funziona

Ticket Schittulli Poli Bortone - E' caos in Forza Italia Puglia“Come ulteriore prova di buon senso e di ragionevolezza, alla luce della situazione delle ultime ore, avanzo l’ipotesi di un ticket Schittulli-Poli Bortone, unendo tutte le energie migliori”. Lo dice Raffaele Fitto dopo le divisioni in Forza Italia Puglia che stanno portando il centrodestra a presentare due candidati diversi: da una parte l’oncologo Francesco Schittulli, candidato e poi scaricato da Berlusconi, l’altra Adriana Poli Bortone, di Fratelli d’Italia – An, da tempo già in campagna elettorale per il primo.

Ma sul fronte pugliese è già di nuovo lite per la proposta “pacificatrice” di Fitto. La stessa Poli Bortone dice: “Perché parlare di ticket? Nessuno ha chiesto il ticket. Il problema era l’unità del centrodestra. E’ unito? Se il centrodestra non è unito la colpa è delle richieste esose di Fitto sposate da Schittulli. Se non sono stati risolti questi problemi di cosa parliamo?”. La posizione dell’ex europarlamentare è apparentemente di un forte imbarazzo.

Vitali: “Ticket? Si, ma Poli Bortone – Schittulli” – Il commissario di Forza Italia Puglia Luigi Vitali risponde così alla proposta di Fitto: “Non è possibile per FI sostenere Schittulli come candidato presidente della regione Puglia perché lui ha cacciato FI fuori dalla coalizione e invece di unire ha spaccato. Ma poiché siamo cattolici-credenti possiamo valutare l’ipotesi di un ticket sì, ma Poli Bortone-Schittulli, nel senso che lei è il candidato presidente e lui vicepresidente”.

L’ex ministro Altero Matteoli è a favore della proposta fittiana: “Tutto ciò che può servire a unire ben venga, anche un eventuale ticket, ma se i protagonisti parlano solo attraverso dichiarazioni a raffica alla stampa, come sta avvenendo in Puglia, non si va da nessuna parte. Bisogna finirla con le polemiche e ricercare, attorno a un tavolo, proposte e soluzioni adeguate. Altrimenti proseguirà il gioco al massacro con effetti deleteri per FI e per tutto il centrodestra”, dichiara Matteoli.

CHE COS’E’ (E A CHI CONVIENE) IL TICKET?
Ma in cosa consiste il ticket o la staffetta? Fitto propone quello Schittulli-Poli Bortone o viceversa, come propone Vitali. Qualora il centrodestra dovesse vincere le elezioni regionali del 31 maggio prossimo, Schittulli esercita le funzioni di governatore, mentre Poli Bortone quelle di vice presidente. Superato un periodo di due anni e mezzo nella legislatura, il primo “cederebbe” il passo alla seconda. Una pratica che sarebbe possibile solo in specifici casi previsti dalla norma, non per accordo pre-elettorale il quale potrebbe disorientare anche gli elettori.

L’articolo 41 comma 8 dello statuto della Regione Puglia prevede infatti che “in caso di dimissioni volontarie, (per esempio, Schittulli si dimette perché vince altre elezioni, ndr) rimozione, impedimento permanente o morte del Presidente della Giunta, le sue funzioni sono esercitate dal Vice Presidente o, in mancanza, dall’assessore più anziano per età e la Giunta rimane in carica per l’ordinaria amministrazione, fino all’elezione, così come prevista dalla legge elettorale, del nuovo Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale”.

In questo caso Poli Bortone potrà esercitare le funzioni di governatore, ma solo per l’ordinaria amministrazione (presidente dimezzato nei poteri) a meno di non ricorrere ad uno “stratagemma” previsto dal comma 2 dell’articolo 43 che recita: “Il Vice Presidente sostituisce il Presidente in casi di assenza o di impedimento temporaneo e negli altri casi stabiliti dal presente Statuto e dalle leggi”. Ciò significa che Schittulli si dichiara “temporaneamente impedito”, sulla carta resterebbe governatore, ma le deleghe (piene e non in prorogatio) potrebbero essere gestite da Poli Bortone con decreti ad hoc. In entrambi i casi è possibile fare la staffetta, ma è un pasticcio che risulterebbe incomprensibile al corpo elettorale.

IL VICE PRESIDENTE DEVE PRIMA ESSERE ELETTO IN CONSIGLIO
La questione si complica, però, per il secondo nome in staffetta. L’articolo 43 comma 8 dello statuto recita che i componenti della giunta potranno essere “esclusivamente i Consiglieri regionali eletti”. Dunque non “pescati” all’esterno del Consiglio. Il che significa che il secondo nome del “ticket” dovrà presentarsi come candidato al Consiglio, essere eletto e di conseguenza potrà essere nominato vice presidente. Poli Bortone, nell’ipotesi fittiana, dovrà gettarsi nella mischia elettorale e battersi per uno scranno in Consiglio. Senza avere a priori la certezza matematica di essere eletta…

Puglia, Berlusconi spacca ancora il centrodestra. Emiliano brinda

Schittulli con Meloni
IMBARAZZATA Giorgia Meloni in campagna elettorale per Francesco Schittulli

Forza Italia ritenta il suicidio politico messo in atto in Calabria ed Emilia Romagna. Lo annuncia il commissario Luigi Vitali in Puglia, dove dopo aver candidato l’oncologo Francesco Schittulli, Berlusconi ci ripensa e candida Adriana Poli Bortone, ex An sindaco di Lecce, già ministro ed ex parlamentare europeo passata mesi fa in Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Che intanto fa sapere di non essere disponibile: “Se siamo divisi non ci stiamo”.

La decisione arriva dopo la definitiva rottura con lo stesso candidato Schittulli e con il dissidente Raffaele Fitto che della candidatura dell’oncologo barese aveva appreso dalla stampa ma a cui aveva dato “pieno sostegno”.

Con Forza Italia divisa la strada sembra spianata per il magistrato Pd Michele Emiliano come lo fu per Bonaccini e Oliverio, vincitori in Emilia e Calabria della tornata dello scorso novembre.

La decisione di candidare Adriana Poli Bortone (già in campagna elettorale per Schittulli) è stata presa “dopo una lunga e attenta analisi” dal comitato regionale, d’intesa col presidente Silvio Berlusconi, “con l’auspicio – sottolinea all’Ansa Luigi Vitali – di incontrare la disponibilità della stessa senatrice e l’intesa con Fratelli d’Italia, Noi con Salvini e con tutti i partiti e movimenti che sostengono la linea di Forza Italia”.

Il commissario Vitali aveva lasciato spiragli aperti ai fittiani decidendo d’intesa con palazzo Grazioli la candidatura di tutti i consiglieri uscenti che fanno capo a Fitto. Un passaggio ritenuto un “bluff” sia dal medico che da Raffaele Fitto.

Schittulli con Meloni e Poli Bortone
Schittulli con Meloni e Poli Bortone

Vitali aveva riunito l’esecutivo del partito per decidere assieme ai dirigenti, i consiglieri regionali e i parlamentari che si riconoscono nella linea del presidente Silvio Berlusconi, il percorso da imboccare “dopo – dice Vitali – l’inopinata e ingiustificata esclusione del nostro partito dalla coalizione a sostegno del candidato Francesco Schittulli”.

“La proposta di FI di candidare a presidente una nostra storica e apprezzata esponente quale Adriana Poli Bortone è motivo di orgoglio ma avrebbe significato solo se servisse a unificare tutta la coalizione. Se finisse con l’essere ulteriore motivo di divisione non sarebbe per noi possibile aderire a questa ipotesi”. Lo afferma Giorgia Meloni di Fdi che da settimane è già in campagna elettorale per l’ex presidente della Provincia di Bari, Schittulli.

“Auspichiamo che il nome della Poli Bortone sia una proposta messa lì da FI. Non c’è alcun accordo in merito”, afferma Raffaele Volpi, vicepresidente di “Noi con Salvini” e responsabile del progetto di espansione della Lega Nord al centro-sud, contattato dall’Ansa. “La stessa Poli Bortone ha detto che non era disponibile”, aggiunge.

La linea scelta da Berlusconi, dice Fitto “è di “autolesionismo”. L’ex premier “si è deciso di disinteressarsi della Puglia” dove si “sta giocando a perdere”. Un suicidio annunciato tutto a vantaggio del sindaco di Bari Michele Emiliano.

Cuba-Usa, "pax" tra Obama e Castro dopo l'impegno del Vaticano. Le tappe della svolta

Storica stretta di mano Obama-Castro, l'immagine della svolta tra Cuba e Usa
Storica stretta di mano Obama-Castro, l’immagine della svolta (Ansa)

E’ stata una storica stretta di mano quella tra il presidente Usa Barack Obama e il leader cubano Raul Castro. Una stretta che segna il definitivo disgelo durato oltre cinquantanni tra l’Avana e gli Stati Uniti. I due leaders si sono incontrati brevemente a margine del vertice delle Americhe a Panama, summit con 35 paesi e al quale partecipa anche il presidente della Nazioni unite. I due si erano già incrociati e stretti la mano nel 2013 al funerale di Nelson Mandela in Sud Africa, ma quella di oggi, preceduta dall’incontro di giovedi con Kerry, è una svolta storica destinata a cambiare i rapporti tra i due paesi. Protagonisti assoluto, il Vaticano: prima con Giovanni Paolo II poi con Benedetto XVI e ultimo Papa Francesco cui Obama aveva rivolto sentite parole di ringraziamento per questo obiettivo.

La giornata di oggi premia anche la linea di “apertura” che il presidente Usa ha voluto col suo secondo e ultimo mandato presidenziale. Un recupero su una politica estera “non proprio brillante”, avevano detto i suoi oppositori. Nel dicembre scorso l’avvio di una “pace” attesa da decenni, da quando gli Usa, nel 1962, hanno rotto ogni relazione diplomatica con Fidel Castro (fratello di Raul) che dopo l’ascesa al potere instaurò un regime socialista fedele all’ex Unione sovietica con cui gli Usa – già critici dopo il rovesciamento di Fulgencio Batista – sfiorarono la guerra dopo l’installazione a Cuba di rampe missilistici nucleari russi.

Castro e Omaba in mezzo ai leaders delle Americhe
Castro e Omaba in mezzo ai leaders delle Americhe (Epa)

“La guerra fredda è finita da molto tempo”, ha detto Barack Obama al summit delle Americhe e ora con Cuba “vogliamo stabilire relazioni diplomatiche”, ha aggiunto spiegando di “aver chiesto al Congresso che cominci a lavorare per sospendere l’embargo vigente per decenni. Guardiamo al futuro”. Un embargo, quello Usa, che si è rivelato “devastante” per la popolazione cubana piombata nella povertà assoluta dopo le durissime sanzioni americane.

Obama si adopererà per togliere l’amministrazione cubana dalla blacklist dei paesi sponsor del terrorismo internazionale. Sostenitore di questo storico avvicinamento tra Cuba e Usa è stato Papa Francesco che in più di una occasione ha auspicato una svolta positiva tra i due paesi. Disse a dicembre Obama: “Voglio ringraziare papa Francesco per il suo ruolo e il lavoro svolto”.  Il pontefice, da parte sua, aveva espresso “vivo compiacimento per la storica decisione dei Governi di Usa e Cuba di stabilire relazioni diplomatiche, al fine di superare, nell’interesse dei rispettivi cittadini, le difficoltà che hanno segnato la loro storia recente”.

LE TAPPE

Prima Giovanni Paolo II, poi Joseph Ratzinger e infine Papa Francesco hanno avuto un ruolo centrale nella storica riapertura dei rapporti diplomatici tra Cuba e gli Stati Uniti.

26 marzo 2012. Una lunga stretta di mano tra Benedetto XVI e il presidente cubano Raul Castro segnano i primi passi del cammino verso la “pace” tra i due paesi. La visita a Cuba di Ratzinger segue quella fatta 14 anni prima da Giovanni Paolo II.

27 marzo 2014. Il presidente Usa Barack Obama viene in Europa per una serie di incontri. In Italia si reca in udienza privata da Papa Francesco. I due affrontano il discorso del disgelo con Cuba.

Obama con Papa Francesco a marzo 2014
Barack Obama con Papa Francesco durante l’udienza privata a marzo 2014 (Ansa/Osservatore Romano)

17 dicembre 2014. “Todos somos americanos”, siamo tutti americani, afferma Barack Obama. In contemporanea anche Raul Castro rende noto il “deshielo”con Washington, archiviando di fatto l’era Fidel. Sia Washington sia L’Avana sottolineano la mediazione chiave di Papa Francesco e del Vaticano.

19 dicembre 2014. Obama: “E’ ancora presto per “parlare di un mio viaggio a Cuba. Ma sono ancora abbastanza giovane, e immagino che un giorno ci andrò”.

20 dicembre 2014. Raul ringrazia Obama per il “nuovo capitolo” nei rapporti, ma ribadisce che L’Avana resterà comunista.

15 gennaio 2015. Via libera di Washington alle nuove regole per il commercio e i viaggi verso l’isola. Vengono cancellate gran parte delle restrizioni in vigore.

Raul Castro e Barack Obama al summit delle Americhe a Panama
Raul Castro e Barack Obama al summit delle Americhe a Panama

20 gennaio 2015. Nel discorso sullo Stato dell’Unione Obama sottolinea che “il Congresso dovrebbe iniziare a lavorare per mettere fine all’embargo”.

21 gennaio 2015. Primo round negoziati, all’Avana. A guidare il colloqui sono due diplomatiche, Roberta Jabocson e Josefina Vidal. Al centro la riapertura delle rispettive ambasciate. Divergenze su rispetto diritti umani da parte dell’Avana.

25 gennaio 2015. Parla Fidel: “Non ho fiducia nella politica Usa e non ho scambiato una parola con loro”, scrive in una lettera, precisando che Raul ha fatto comunque “passi pertinenti” sulla base delle sue “prerogative e facoltà”.

16 marzo 2015. Secondo round trattative, a Washington. Sempre in primo piano la riapertura delle rispettive ambasciate. Ombra su colloqui per crisi Venezuela, paese grande amico dei Castro.

9 aprile 2015. Obama rende noto che deciderà presto la rimozione di Cuba dalla lista nera Usa dei Paesi ‘sponsor’ del terrorismo.

10 aprile 2015. Storico colloquio nella notte a Panama tra il segretario di Stato John Kerry e il ministro degli esteri Bruno Rodriguez. Telefonata tra Obama e Raul. Annuncio su incontro domani ai margini del Vertice delle Americhe.

11 aprile 2015. L’incontro tra Raul Castro e Barack Obama al verice delle Americhe di Panama con la storica stretta di mano tra i due presidenti. Papa Francesco si rallegra per l’epilogo “positivo”.

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