7 Ottobre 2024

Home Blog Pagina 1209

Arretrati pensioni, governo al lavoro per trovare una "sintesi"

Persone in coda alla posta
Persone in coda alla posta

Arretrati pensioni al test del governo. Domani ci sarà il Consiglio dei ministri per decidere, ma già stasera ci sarà un tavolo tecnico tra Tesoro, ragioneria e Inps per preparare il piano di rimborso. La decisione del governo sul rimborso per la mancata indicizzazione delle pensioni oltre tre volte il minimo è quindi alle battute finali e probabilmente un provvedimento o indirizzi arriveranno già domani.

Il costo del provvedimento che comunque prevederà solo mini-rimborsi e solo per i redditi da pensione sotto i tremila euro dovrebbe essere lievemente superiore a tre miliardi. La mini manovra dovrebbe essere coperta con 1,7 miliardi del cosiddetto “tesoretto”, ma serve un altro miliardo e trecento milioni. Per gli interessati ci sono due notizie: la prima, cattiva, è che non tutti potranno essere rimborsati (costo di circa venti miliardi); la seconda, buona, è che il governo è orientato a rispettare con tutte le difficoltà economiche del momento la sentenza della Consulta ma limitando il raggio dei rimborsi. Si prediligono insomma gli assegni più bassi. Sebbene ci sia il rischio di ricorsi da parte dei possibile esclusi.

Il limite per ottenere i rimborsi sul mancato recupero dell’inflazione previsto dal decreto “Salva Italia” per il 2012-2013 dovrebbe essere a 5-6 volte il minimo (circa 2.500-3.000 euro lordi) ed è probabile che il rimborso sia per fasce di reddito che prevedono in ogni caso scaglioni. Fino alla fascia che si deciderà (oltre il taglio sarà netto) si dovrebbe dare il 100% fino ai 1.500 euro di reddito (in pratica se uno ha una pensione di 2.300 euro prende l’indicizzazione solo sui primi 1.500).

Questa ipotesi, per quanto più in linea con la sentenza della Consulta che nei giorni scorsi ha bocciato il blocco dell’indicizzazione del governo Monti perché non progressivo né temporaneo, rischia però di essere molto costosa (sono circa 4,3 milioni i pensionati con redditi tra i 1.500 e i 2.500 euro e a tutti questi bisognerebbe dare l’indicizzazione sui primi 1.500 euro quindi su un monte di redditi annui totali di 77 miliardi sui 99 complessivi di queste fasce).

L’altra ipotesi, meno costosa e quindi più praticabile per salvaguardare i conti pubblici, è di un rimborso sul reddito complessivo dei pensionati tra 1.500 e 2.500-3.000 euro con percentuali basse (si potrebbe partire dal 50%) e discendenti con il crescere del reddito.

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a margine di un convegno sul Jobs act ha detto che al momento “non c’è nessuna decisione”, ma che il Consiglio dei ministri è il luogo dove queste decisioni possono essere prese. In un’intervista il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti ha sottolineato che la via migliore sia quella di un provvedimento a più tappe: lunedì le linee guida e, più avanti, il decreto. “Meglio prendersi più tempo – ha detto – per costruire una gradualità dei rimborsi, che tenga conto non solo dell’assegno ma anche dei contributi versati. La sintesi finale – ha precisato – compete a Renzi e Padoan, ma questa soluzione riscuote ampi consensi”.

Critici i Cinque Stelle – La soluzione a cui starebbe pensando il governo, dice il vice presidente della Camera Luigi De Maio, “a me non convince: questa legge è stata fatta male, e la votò anche il Pd, ma ora se non applichiamo il dettato della Corte rischiamo di trovarci con migliaia di ricorsi che creeranno ancora di più una voragine nei nostri conti pubblici”.

Siria, gli Usa uccidono il ministro del petrolio dell'Isis Sayyaf

Il capo del Pentagono Ashton Carter con Barack Obama
Il capo del Pentagono Ashton Carter con Barack Obama

Le forze speciali americane elitrasportate hanno assestato un duro colpo all’Isis. Con una incursione-lampo nella Siria orientale gli Usa hanno eliminato uno dei capi dello Stato Islamico, il cosiddetto “ministro del petrolio” dell’organizzazione terroristica. è quanto ha annunciato il responsabile del Pentagono, Ashton Carter, che ha identificato il dirigente jihadista ucciso come Abu Sayyaf, già da mesi nella lista nera statunitense.

Sayyaf, era uno dei comandanti militari del gruppo terroristico, ha spiegato Ashton, e ne coordinava le attività finanziarie e di contrabbando di idrocarburi. L’incursione è stata non solo condotta dietro ordine personale di Barack Obama, ma autorizzata da quest’ultimo in base alla previa “raccomandazione unanime” del proprio staff, in particolare del Consiglio per la Sicurezza Nazionale istituito presso la Casa Bianca, e intrapresa “non appena sono stati raccolti elementi sufficienti” a garantirne la “riuscita” e la piena “osservanza dei requisiti” prescritti in casi del genere, ha precisato Bernadette Meehan, portavoce presidenziale, ribadendo che l’intento originario non consisteva tanto nell’eliminare il gerarca dello Stato Islamico quanto nel catturarlo ma, avendo egli opposto resistenza, è stato inevitabile abbatterlo insieme a una decina di miliziani che lo scortavano.

Meehan ha aggiunto che il blitz è stato affidato a teste di cuoio eli-trasportate di stanza “fuori dall’Iraq”, e che ha avuto luogo nella località di al-Amir, Siria orientale. Catturata Umm Sayyaf, moglie irachena del comandante ucciso, che è stata ricondotta in patria per esservi interrogata.

Secondo la portavoce, un altro obiettivo era la “liberazione di una giovane yazida che a quanto pare la coppia tratteneva come schiava”, e che adesso sarà “ricongiunta con la sua famiglia quanto prima”. Non particolarmente conosciuto al di fuori della ristretta cerchia degli esperti di anti-terrorismo, Abu Sayyaf era il responsabile del contrabbando di petrolio e gas naturale con cui il movimento ultra-radicale si finanzia, oltre a esercitare un ruolo “diretto e in costante crescita” nella direzione delle operazioni militari dell’Isis.

Il blitz che ha condotto all’uccisione di Abu Sayyaf, responsabile petrolifero dello Stato Islamico e tra i coordinatori delle sue operazioni militari, non fu “comunicato in anticipo” al governo di Damasco nè tanto meno vi fu con quest’ultimo “alcun coordinamento”. La puntualizzazione è venuta da Bernadette Meehan, portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale istituito presso la Casa Bianca.

Anzi: “Abbiamo avvertito il regime di Bashar al-Assad”, ha ricordato Meehan, “di non interferire con le iniziative in atto da parte nostra contro lo Stato Islamico all’interno del territorio siriano”, poichè quel “regime non può essere nostro alleato nella lotta” al gruppo jihadista.

Alla luce di ciò, potrebbe essere interpretata come una sorta di ritorsione propagandistica per essere stati tenuti all’oscuro la notizia, diramata dalla televisione di Stato siriana poco prima che il Pentagono ufficializzasse l’eliminazione del capo jihadista, secondo cui l’Esercito lealista aveva appena eliminato un gerarca dell’Isis coinvolto nel contrabbando d’idrocarburi e identificato come Abu al-Taym al-Saudi. Quanto a Umm Sayyaf, la moglie irachena di Abu Sayyaf catturata nella medesima circostanza, avrebbe avuto un ruolo diretto nelle attività terroristiche del gruppo ultra-radicale.

Salvini a Massa attaccato dai centri sociali. La Lega: "Strategia intimidatrice"

Un antagonista ferito negli scontri con la polizia
Un’antagonista ferito negli scontri con la Polizia (Ansa)

Un comizio di Matteo Salvini a Massa Carrara, in vista delle elezioni regionali di fine maggio, si trasforma in una mini guerriglia con scontri tra manifestanti anti Salvini e Forze dell’Ordine. Il bilancio è finora di due feriti e due fermati. I manifestanti sono riusciti a sfondare la cintura di protezione delle forze dell’ordine che hanno reagito con manganellate. Due manifestanti sono rimasti feriti, trasportati in ospedale e sottosti a fermo.

Il comizio di Salvini è cominciato lo stesso ed è durato oltre mezz’ora. Durante gli scontri, dall’altra parte della piazza, Salvini ha smesso di parlare. Poi è salito in macchina, probabilmente prima del previsto, per evitare ulteriori incidenti. Nonostante il leader della Lega abbia già lasciato Massa, i manifestanti hanno continuato a presidiare il luogo degli scontri. Sono state circa 300 le persone che hanno partecipato alla manifestazione contro Salvini a Massa dalla quale poi si è staccato un gruppo coinvolto negli scontri.

Nella fase iniziale alla protesta avevano preso parte varie realtà: militanti di sinistra, centri sociali di Massa e Carrara, Carc, anarchici di Carrara e associazioni politico culturali antifasciste. Tra i presenti tanti studenti e anche qualche consigliere comunale di sinistra. Lanci di uova, arance e bottiglie hanno scandito la prima fase contro le forze dell’Ordine, poi le cariche per disperdere i manifestanti violenti. Ieri a Marsciano, in Umbria, Salvini ha ricevuto sputi e insulti dai centri sociali allo scopo di fermarlo e dissuaderlo dal tenere il suo comizio. Ne è nata una polemica con il ministro Alfano sui cortei autorizzati e sulla protezione del leader della Lega.

Dovunque si rechi il leader del Carroccio a parlare viene sempre organizzato e autorizzato un contro corteo di antagonisti che non vorrebbero farlo parlare. “Strategia d’intimidazione”, la chiamano in via Bellerio. “Ma noi, – affermano da fonti leghiste – non ci cascheremo né arretreremo di un millimetro di fronte alla intimidazione e alla violenza inaudita di anarchici e centri sociali. Questo ci dà ancora più forza nell’esprimere le nostre opinioni e premierà il nostro lavoro nella democrazia delle urne. Se ci attaccano vuol dire che ci temono”. Un copione, quello di questi due giorni, già visto in altre occasioni, anche quando il segretario leghista ha visitato campi nomadi è stato duramente contestato da antagonisti violenti che gli hanno spaccato l’auto.

Alfano, mi impegnerò per farlo parlare – “Nonostante il mio noto dissenso dalle sue parole, mi impegnerò sempre al massimo per il suo diritto a dire ciò che ritiene di dire”: così il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, oggi a Spoleto, dopo le polemiche per le proteste durante i comizi del leader della Lega, Matteo Salvini.

Alfano ha risposto ai giornalisti a margine della sua visita alla scuola allievi sottufficiali di polizia, a Spoleto. Riferendosi sempre a Matteo Salvini, il ministro dell’Interno ha sottolineato di non credere “che abbia inibita la libertà di parola”. “Ma è assolutamente indegno – ha aggiunto – che qualcuno voglia impedirgli di parlare”.

Alfano ha quindi elogiato la gestione dell’ordine pubblico in occasione della visita del segretario della Lega ieri a Perugia e in altre località dell’Umbria. “L’ordine pubblico – ha sottolineato – ha funzionato anche qui. Ringrazio le forze dell’ordine, che hanno garantito a Salvini il suo sacrosanto diritto ad esprimere il proprio pensiero e le sue opinioni politiche. Ringrazio particolarmente il questore Carmelo Gugliotta, che era fisicamente e personalmente in piazza anche lui. Questo è stato un gesto di particolare delicatezza, sensibilità e generosità”.

Venerdi il Viminale aveva replicato snocciolando i numeri degli agenti impiegati per la tutela dell’esponente leghista, oltre 8 mila. “Dal 28 febbraio del 2015 a oggi, in relazione alle iniziative politiche dell’on. Matteo Salvini, che si sono svolte in 62 province, sono state impiegate 8.465 unità delle Forze dell’Ordine”. Così fonti del Viminale replicano al leader leghista che si era lamentato con il ministro dell’Interno Alfano per le aggressioni subite ai comizi.

Strage di Napoli, l’ira di Murolo e i “panni sporchi” lavati col sangue

L'arresto di Giulio Murolo a Napoli
L’arresto di Giulio Murolo (Ansa)

E’ stata una banale lite per la biancheria stesa ad asciugare, quella che è poi degenarata in strage a Secondigliano, dove un uomo di 48 anni, Giulio Murolo ha ucciso quattro persone e ne ha ferite altre sei. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, ascoltando testimoni, l’uomo dopo aver ucciso prima il fratello Luigi e la cognata sul pianerottolo di casa ha sparato al vigile intervenuto per sedare la lite. Poi in preda all’ira, dal suo balcone, prima con una pistola e poi con uno dei suoi fucili da caccia ha fatto da cecchino, sparando all’impazzata contro i passanti uccidendo un fioraio che passava con lo scooter e ferendo altre sei persone tra cui alcuni agenti delle forze dell’Ordine intervenuti dopo la chiamata al numero di emergenza.

LA RICOSTRUZIONE 

Dopo la strage, l’infermiere del Cardarelli si è barricato in casa al primo piano di un condominio familiare di via Miano, alla periferia nord di Napoli, quartiere Secondigliano. E’ in preda a un raptus di follia. Murolo è in profondo stato confusionale e non sa cosa fare. Pensa a rivolgere l’arma verso di sé per farla finita, ma non riesce a premere quel grilletto che con facilità ha premuto verso altri. E’ lui che chiama il 113 per dire “la cazzata” che ha fatto. L’operatore dall’altro capo del telefono lo fa desistere. “Si danno del tu, si chiamano per nome”, riferiscono dalla Questura. Alla fine, dopo tre distinte telefonate che durano oltre mezzora il pluriomicida si lascia andare e senza opporre resistenze si consegna nelle mani degli agenti.

L’ARRESTO DI GIULIO MUROLO

Fuori è un via vai di auto e scooter impazziti. Il caos fa da padrone in mezzo a quei vicoli di Secondigliano. La gente si accalca sul luogo della tragedia. Le gazzelle dei Carabinieri e le Ambulanze fanno fatica a guadagnare strada. All’uscita di Murolo, stretto in mezzo agli agenti in borghese, qualcuno si agita e inveisce contro. Poi lo fanno salire in fretta e furia nell’auto della Polizia per evitargli il linciaggio.

Il pomeriggio di sangue sconvolge la città: il sindaco Luigi de Magistris proclama il lutto cittadino (“una tragedia enorme per Napoli e per il Comune”), cancellate le manifestazioni – l’inaugurazione di una stazione del metrò e un appuntamento elettorale con il Pd – in programma domani con il premier Renzi, che ieri ha chiamato il sindaco per esprimergli cordoglio e solidarietà.

Dal ministro Alfano vicinanza alle vittime e ai feriti. Murolo, nessun precedente penale, infermiere del reparto di chirurgia toracica dell’ospedale Cardarelli, viene descritto dai colleghi come uomo introverso ma che mai nei suoi comportamenti aveva manifestato segni di squilibrio. Un amante della caccia armato “fino ai denti”, dirà qualcuno che ispeziona la sua abitazione. Un tiratore quasi scelto, come se ne vedono tanti nei film americani. E ha centrato le sue vittime come al poligono di tiro un tiratore centra con estrema precisione la sagoma del bersaglio.

MOVENTE UNA CORDA DA BIANCHERIA LAVATA COL SANGUE

Una tragedia che avrebbe come movente non la gelosia o cos’altro, ma un banale filo da stendere per il bucato in un condominio condiviso con altri congiunti. Una lite tira l’altra e poi un’altra ancora. Infine il drammatico epilogo, quando la corda mentale di Murolo si è spezzata e ha deciso di lavare i “panni sporchi” di casa nel sangue in un tranquillo pomeriggio napoletano. Era un uomo normale, celibe, posto fisso, stipendio sicuro, casa di proprietà. Forse troppo introverso, chissà. I colleghi hanno riferito di un uomo “tranquillo e taciturno”. Ma quando si spezza la “corda”, tutti possono diventare mostri.

Berlusconi e Fitto allo scontro finale. E' scissione in Forza Italia.

Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto Lapresse | Scissione in Forza Italia
Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto (Lapresse)

E’ scissione in Forza Italia. Silvio Berlusconi sa bene che la Puglia è pressoché una impresa impossibile. E’ sceso giù da Roma con la febbre per sostenere sì Forza Italia e Adriana Poli Bortone, candidata a governatrice, ma soprattutto per sfidare direttamente chi un giorno si e l’altro pure aveva da ridire sulla “strategia suicida” dello storico leader del centrodestra. Comunque la si legge, quella di ieri è una scissione vera e propria.

L’idillio tra Raffaele Fitto, il dissidente pugliese e l’ex premier è ormai finito e il cavaliere è venuto a Bari per dirgli quasi de visu che l’ha tradito e  che il suo dissenso ha finito per logorare il centrodestra in Puglia e anche nel paese. Fitto gli rimproverà il contrario. Lo scontro tra i due è durato oltre un anno e mezzo quando, consumata la seconda scissione con Alfano (la prima era Fini) Berlusconi decise di andare a parlare con Giovanni Toti, giornalista e direttore allora del Tg4. “Tu sarai il mio consigliere politico” promuovendolo in sostanza numero due di Forza Italia.

Un ruolo di primo piano, mica l’ultimo arrivato. Un gesto che ha creato molti malumori nel partito soprattutto tra chi era sotto l’ala berlusconiana da quando aveva i calzoni corti. “Primarie”, si diceva da più parti. Il primo a invocarle era proprio Raffaele Fitto. Da lì in poi una continua guerra di posizioni tra i due.

Mal digerita la vicenda Toti, prima di arrivare ai “Ricostruttori”, Fitto tenta in tutti modi di mediare col suo capo, di farlo rientrare nei “ranghi” di vero leader del centrodestra a patto che la “nuova generazione” si sottoponesse alla volontà popolare. Parole al vento. Fitto non va mai sul personale, ma comincia una opposizione interna che è di tipo politico. “Silvio, così non va. Stiamo sulla strada maestra dei nostri valori”. Comincia ad attaccare il patto del Nazareno, accordo che avrebbe oscurato l’azione di opposizione di Forza Italia.

Comincia a fare rilievi che non sono graditi all’ex premier come quello della “linea di Forza Italia dettata dai parenti”, con esplicito riferimento alla sua compagna, Francesca Pascale e la sua apertura al mondo gay, posizioni lontane da quel mondo cattolico moderato che compone il 90 percento del corpo elettorale azzurro. La fronda comincia ad allargarsi. Ferito nell’orgoglio, il presidente comincia la sua battaglia. Diplomatica in pubblico ma spietata all’interno con incontri e mezze intese che più o meno suonavano così: “Caro Fitto, o stai con me o contro di me. Quindi allineati altrimenti farai la fine di Fini”.

L’inizio della fine viene sancito con un gesto considerato unilaterale: il commissariamento di Forza Italia Puglia. Silvio senza consultare il padrone di casa, ha piazzato Luigi Vitali alla guida del partito pugliese. Apriti cielo. In massa tutti i fittiani hanno lasciato gli incarichi di partito. Il leader dei dissidenti. Da palazzo Grazioli si vuole togliere terreno sotto i piedi all’ex pupillo ed ex ministro di uno dei governi Berlusconi.

Il candidato alla presidenza lo sceglierà Roma, Luigi Vitali avrà il compito di fare tabula rasa dei fittiani uscenti. Alla presidenza della Regione Puglia Berlusconi indica Francesco Schittulli, stimato oncologo ed ex presidente della provincia di Bari. Fitto, raggiunta una mezza intesa con Berlusconi e Vitali sui consiglieri uscenti da ricandidare, si Fitto e suoi si accorgono sia una trappola: “Una farsa”, diranno. Intanto l’europarlamentare asseconda il gioco di Berlusconi e decide di appoggiare Schittulli.

Una mossa che coglie di sorpresa palazzo Grazioli e che è tesa a sparigliare i giochi. Con l’oncologo si schiera anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia che ha come autorevole rappresentante iscritta al partito l’ex sindaco di Lecce Adriana Poli Bortone, ex An ed ex ministro del cavaliere. Inizia la campagna elettorale e in pubblico si fanno notare il candidato di Forza Italia Schittulli, Meloni e la Poli Bortone. Roma ricambia strategia. Non vuole prestare il fianco al “traditore” Fitto.

Quindi propone proprio ad Adriana Poli Bortone la candidatura alla presidenza della Regione Puglia. La Meloni, di FdI è in imbarazzo e fa sapere dai suoi: “Ma come possiamo candidare Poli Bortone se con lei stiamo già facendo campagna elettorale per Schittulli Perderemo credibilità e voti?”. La Poli Bortone, ad una offerta del genere non rifiuta e risponde si a Berlusconi. E così ci sono in campo due candidati del centrodestra: uno è Schittulli sostenuto da Fitto e FdI e l’altra e Poli Bortone sostenuta da Berlusconi e da una non chiara “promessa” che in caso di sconfitta il cavaliere la farà rientrare nel giro che conta. Il resto è per Michele Emiliano. Certo, per la Poli Bortone, da sempre politica apprezzata non ne esce bene. Sposa la causa e la coerenza di Meloni ma poi cede al primo piatto di lenticchie nonostante abbia avuto tutto dopo il ’94. Dirigente di primo piano, Ministeri, Strasburgo, la sua città e altri incarichi. Il potere ha la forza di riesumare…

Elezioni regionali, in Puglia è resa dei conti tra Fitto e Berlusconi

Silvio Berlusconi durante il comizio a sostegno di Adriana Poli Bortone (Ansa)
Silvio Berlusconi durante il comizio a sostegno di Adriana Poli Bortone (Ansa/Longo)

Il momento della resa dei conti tra Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto è arrivato. E non poteva essere che la Puglia (terra dove si è consumata la divisione tra i due che hanno scelto di sostenere due diversi candidati), il palcoscenico che ha visto duellare, seppure a distanza, il Cavaliere ed il capo dei frondisti. E che ha sancito la rottura tra i due. Ad aprire le danze è l’ex governatore pugliese che posta un video sul suo blog in cui si vede l’ex premier annoverarlo come “amico dei momenti difficili. Per noi la coerenza è un valore, per te no”, è l’accusa.

La replica dell’ex capo del governo non si fa attendere e proprio a Lecce, uno dei feudi fittiani, Berlusconi di fatto mette Fitto fuori da Forza Italia. Il Cavaliere si fa attendere al Palafiere, (la tensostruttura divisa a metà e che faticherà a riempiersi) dove ha in programma il comizio a sostegno di Adriana Poli Bortone. Berlusconi arriva con al fianco Francesca Pascale (in un tubino turchese) e sale subito sul palco. Nessuna premessa ma subito l’affondo all’ex Delfino che per tutto il suo intervento non chiamerà mai per nome. Giocando con il nome del movimento di Fitto “Oltre”, l’ex premier attacca: “C’è qualcuno che pensa di essere andato oltre, per me è andato fuori”.

Lungo applauso della platea che si ripeterà quando il Cavaliere tonerà a calcare la mano “Mettere in campo un piccolo partito significa sottrarre voti al centrodestra – è l’accusa – non funziona chiamarsi lealisti o ricostruttori, in Italia chi vota contro i candidati del suo partito è chiamato traditore”. L’ex premier è un fiume in piena. Torna ad attaccare dopo tanto tempo in modo diretto la magistratura “Sono stato fatto fuori da una sentenza ignobile”, e ancora “mi sono dovuto difendere da 65 processi”.

Raffaele Fitto e Francesco Schittulli | Elezioni regionali 2015
Raffaele Fitto e Francesco Schittulli

Non mancano gli affondi contro Equitalia e “le troppe tasse” e poi, immancabile cavallo di battaglia, le critiche all’ideologia comunista: “Sono sceso in campo per evitare che l’Italia finisse in mano ai comunisti”, dice Berlusconi che ne approfitta per ricordare ai militanti non solo “di andare a votare ma di convincere tutti a votare in maniera intelligente”. Corposo poi anche il capitolo che riguarda le accuse a Renzi “non è mai stato eletto, è diventato segretario del Pd grazie alle primarie manipolabilissime e poi è andato a palazzo Chigi grazie ai brogli della sinistra. Nel 2013 infatti le elezioni le avevamo vinte noi”.

Il progetto resta dunque quello di unire i moderati “il tempo lo abbiamo anche perchè ne deve ancora passare di acqua sotto i ponti prima che gli italiani capiscano che il governo non fa i loro interessi”. Prima però delle elezioni politiche che secondo Berlusconi ci saranno solo tra due anni e mezzo, l’ex capo del governo deve fare i conti con il caos dentro il suo partito.

Già perchè quasi come in una staffetta di accuse, al termine dell’intervento del Cavaliere arriva la replica di Fitto: “Se io sono fuori, Berlusconi è fuori dalla realtà”. Parole forti che fanno anche riferimento al cosiddetto cerchio magico di fedelissimi dell’ex premier: “Sei dentro un triste bunker nel quale ti sei voluto rinchiudere”. La tensione è tanta e non si esclude che a questo punto possa accelerarsi anche la costituzione dei gruppi autonomi in Parlamento da parte dei fittiani. Un processo in realtà che sarebbe dovuto avvenire dopo il voto, ma dopo il botta e risposta di oggi, lo scenario può cambiare.

Campania, presidente Pietro Foglia (Ncd) a processo a 15 giorni dal voto. A maggio '14 andò in manette Paolo Romano (Ncd)

Il presidente uscente del Consiglio regionale della Campania Pietro Foglia (Facebook)
Il presidente uscente del Consiglio regionale della Campania Pietro Foglia (Facebook)

Non tira bene per il Nuovo Centrodestra in Campania. L’anno scorso, a maggio, a quattro giorni dalle elezioni europee venne arrestato il presidente del Consiglio regionale, Paolo Romano, dove era candidato nella circoscrizione sud. Una storia di presunta concussione e presunte spartizioni di incarichi apicali nell’amministrazione regionale. Fuori Romano dal Consiglio e dalle Europee, a giugno il Consiglio regionale della Campania ha eletto Pietro Foglia quale suo successore. Sempre alfaniano.

A quasi un anno esatto da quella inchiesta giudiziaria partita dalla procura di Santa Maria Capua Vetere – inchiesta che lo stesso ministro dell’Interno e leader Ncd Angelino Alfano definì “giustizia a orologeria” – ecco che a 15 giorni dal voto arriva un rinvio a giudizio per Pietro Foglia, presidente del Consiglio regionale uscente e ricandidato sotto la sigla del Ncd a sostegno del candidato governatore del centrodestra Stefano Caldoro.

Il rinvio a giudizio di Foglia è stato chiesto nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Napoli su presunte irregolarità nell’erogazione di rimborsi ai rappresentanti dell’assemblea regionale campana.

Foglia, scrive l’Ansa, è accusato di “peculato”. Secondo quanto emerso dall’inchiesta condotta dal pm Giancarlo Novelli e coordinata dal procuratore aggiunto Alfonso D’Avino, Foglia avrebbe ricevuto circa 12.500 euro erogati dal capogruppo dell’Udc a titolo di rimborsi per il funzionamento dei gruppi consiliari attestando con false ricevute l’acquisto di carburante presso un distributore della provincia di Avellino.

Altre ricevute presentate da Foglia per giustificare i rimborsi si riferiscono all’acquisto quotidiani. Il rinvio a giudizio con l’accusa di peculato e falso, è stato chiesto anche per un collaboratore di Foglia, Carmelo Azoug, il quale avrebbe fornito le false attestazioni per l’acquisto di carburante. Nel corso dell’inchiesta la Procura, a conclusione delle indagini, ha già avanzato numerose richieste di rinvio a giudizio e di archiviazione.

“Metterò a disposizione della magistratura tutti gli elementi utili a stabilire la verità e la mia personale estraneità alle accuse che vengono ipotizzate”. Ha affermato Pietro Foglia commentando la notizia della richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura di Napoli nell’ambito dell’inchiesta su presunte irregolarità nell’erogazione dei rimborsi ai consiglieri regionali.

Strage a Napoli, infermiere litiga con la moglie e ammazza 4 persone

Giulio Murolo (al centro maglietta azzurra) viene arrestato dalla Polizia
Giulio Murolo (al centro maglietta azzurra) viene arrestato dalla Polizia

Una strage apparentemente per futili motivi. Un uomo a Napoli, Giulio Murolo, di 48 anni, forse dopo avere avuto un litigio con la moglie ha preso il suo fucile a pompa e si affacciato dal balcone facendo una strage. Gravissimo il bilancio: al momento 4 morti e sei feriti. E’ successo nel pomeriggio in via Napoli, quartiere Secondigliano.

Le vittime di Murolo secondo quanto è stato riferito sarebbero il fratello, la cognata, un loro vicino di casa, tenente della Polizia municipale, Francesco Brunel, 45 anni e un fioraio che passava con lo scooter.

Tra i feriti ci sarebbero un carabiniere che ha perso un dito della mano, un altro carabiniere è stato solo medicato, due poliziotti (uno all’addome e l’altro alle braccia), un altro agente della municipale, che è grave, ed un passante, forse un dipendente di un’azienda di servizi.

Strage a Napoli Giulio Murolo ammazza 4 persone
Sequenza da Il Mattino. A sinistra Murolo viene portato via dagli agenti. A sinistra il balcone da dove ha sparato e ucciso

Secondo quanto si è appreso Murolo è un incensurato e fa l’infermiere presso l’ospedale Cardarelli di Napoli. Subito dopo si è arresto alle forze dell’ordine che avevano assediato il palazzo di via Napoli. Prima di arrendersi si sarebbe barricato in casa per un’ora. Poi un agente l’avrebbe convinto a desistere e ad arrendersi. Agli uomini che lo hanno ammanettato e condotto in caserma ha ribadito più volte di aver “fatto una cazzata”. L’uomo era appassionato di caccia e deteneva legalmente il fucile a pompa con cui ha sparato. Nella sua abitazione sarebbero state trovate altre armi da fuoco. Pistole e fucili.

Ancora ignote le cause che hanno scatenato la furia omicida. Forse un raptus improvviso. Secondo una prima ipotesi l’uomo avrebbe litigato con la moglie e poi l’ha sparata sul pianerottolo di casa dove ha ucciso anche il fratello e un vicino, il vigile urbano. Si è affacciato dal balcone e ha sparato all’impazzata uccidendo il passante e ferendo un carabiniere, un poliziotto e altre tre persone.

Agenti sul balcone di Murolo
Agenti sul balcone di Murolo

IL SINDACO DE MAGISTRIS: “SCONVOLTI”
“Siamo sconvolti, è una tragedia enorme”. Lo dice il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. “È una tragedia che colpisce direttamente la città e il Comune – ha detto de Magistris – Stiamo seguendo quello che è accaduto ed esprimo subito vicinanza e solidarietà massima alle vittime e a chi opera ogni giorno per strada e oggi è intervenuto per salvare vite umane». “Abbiamo informato subito Palazzo Chigi – ha concluso – e abbiamo deciso di annullare l’inaugurazione di domani con Renzi”.

Il premier Matteo Renzi ha telefonato al sindaco di Napoli Luigi De Magistris per avere notizie sulla sparatoria di questo pomeriggio ed esprimergli il suo cordoglio e la solidarietà a nome del governo. Fonti di Palazzo Chigi sottolineano che sono annullati gli appuntamenti del premier in programma per domani nel capoluogo campano, circstanza confermata anche dal primo cittadino.

La tragedia di oggi a napoli accade giusto dieci giorni dopo il dramma del carabiniere che ha ucciso la moglie e il figlio di undici anni. Cittadini e istituzioni di Napoli e non solo, sono traumatizzati da tanto sangue e violenza dietro le mura domestiche.

Scuola: Scrutini, Garante: "Precettazione". Renzi: "Ancora prematuro"

Matteo Renzi tratta per l'elezione capo Stato
Matteo Renzi (Ansa)

Al momento “non c’è nessuna comunicazione ufficiale su uno sciopero per bloccare gli scrutini, ma anzi incoraggianti segnali dal governo e dai sindacati più responsabili”. Lo scrive in una nota il Garante sugli scioperi, Roberto Alesse, invitando a trovare un punto di convergenza per evitare proteste con azioni illegittime che danneggerebbero gli studenti e le loro famiglie.

“La concertazione resta, anche in questo caso, la via maestra per evitare strappi”.
“Noi faremo la nostra parte, assicurando il rispetto rigoroso della legge sul diritto di sciopero a tutela degli utenti”, scrive ancora Alesse. “Al riguardo, spero davvero che il ricorso allo strumento della precettazione resti solo un’opzione teorica, perché, in caso di blocco degli scrutini, sarebbe la via obbligata e doverosa per evitare la paralisi dei cicli conclusivi dei percorsi scolastici (esami di terza media, maturità, abilitazioni professionali)”.

Sinistra ecologia e libertà si schiera in piazza contro la “Buona Scuola”: “Riforma autoritaria”. Il capogruppo di Sel a Montecitorio, Arturo Scotto, annuncia che venerdì sarà “con il mondo reale della scuola”. “Quella proposta da Renzi sulla scuola – sottolinea – è una riforma che porta il Paese indietro, la scuola pubblica subisce un colpo e gli insegnanti vengono relegati in un ruolo marginale. Il preside non sarà un prefetto o uno sceriffo ma sarà un preside “faraone” dal nome del sottosegretario che nel corso degli ultimi giorni ha bombardato di tweet la rete e offeso gli insegnanti della scuola repubblicana”.

“Quello del governo – prosegue Scotto – è un testo autoritario, sbagliato e pasticciato che andrebbe immediatamente ritirato. Sinistra Ecologia e Libertà ribadisce la richiesta di ritiro del provvedimento, l’emanazione di un decreto urgente sulle assunzioni dei precari e un nuovo testo riscritto col mondo reale della scuola. Quello che venerdì sarà in piazza al Pantheon a Roma. I parlamentari di Sel ci saranno”.

il premier Renzi è cauto sulla precettazione come sostiene il garante: “Precettazione? Vedremo”, dice. Per il capo del governo l’azione posta in essere dai docenti col paventato blocco degli scrutini e la reazione de garante è “un tema abbastanza prematuro: è una questione tecnica, se ne parla più in là”. “Credo – ha aggiunto il premier – che la stragrande maggioranza degli insegnanti siano persone serie, perbene e non mettono a rischio i propri ragazzi e il lavoro di un anno con il blocodice degli scrutini.

“Ci saranno 160mila assunzioni tra questo e il prossimo anno: è una cifra enorme. Per gli altri precari non ci può essere altra procedura che quella concorsuale. Prendo un impegno per il futuro: si entrerà solo per concorso”, ha spiegato il premier a Radio Anch’io, rispondendo alle domande sul ddl di riforma della scuola.

“Discuto ma poi si decide, non perdere tempo” – “Pronti a discutere il merito di tutto, con tutti, dalla scuola alla Pa. Ma dopo aver discusso, si decide. L’Italia non può più perdere tempo”, ha scritto poi su Twitter Renzi.

Berlusconi in Puglia tenta il recupero: "Fitto? E chi è". Oggi a Lecce

Berlusconi in Puglia - Il leader di Fi Silvio Berlusconi, con a destra la compagna Francesca Pascale e la candidata alla Regione Puglia, Adriana Poli Bortone (Ansa/Ufficio Stampa Poli Bortone)
Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, con a destra la compagna Francesca Pascale e la candidata alla Regione Puglia, Adriana Poli Bortone (Ansa/Ufficio Stampa Poli Bortone)

Silvio Berlusconi non ha voluto mancare in Puglia. Nonostante lo stato influenzale di ieri mattina, il leader di Forza Italia si è imbarcato sul suo aereo privato insieme alla sua compagna Francesca Pascale e ha raggiunto Bari in serata. In quella Puglia dove più di tutte le altre regioni il cavaliere tiene alla sfida dopo l’accesissimo scontro con il suo ex pupillo Raffaele Fitto. E a lui le sfide piacciono, potesse anche perderle. Uno abituato a partire in svantaggio per poi recuperare all’ultimo istante. Ne sa qualcosa Pierluigi Bersani…Un “mostro” da campagna elettorale.

E’ così eccolo lì, acclamato dai suoi a Bari, (non andrà a Foggia) presenti la candidata a governatrice Adriana Poli Bortone e Luigi Vitali, commissario di Forza Italia Puglia e uno dei pomi della discordia della rottura tra Berlusconi e Fitto. A chi gli chiede del suo pupillo pugliese, lui lo tratta come Renzi trattò Fassina: “Fitto? E chi è?”.

In un’intervista all’Ansa ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa contro il ribelle paragonando la sua politica a quella delle “vecchie logiche notarili”. Ma le sue prime parole sul suolo pugliese sono anche l’occasione di rilanciare il partito dei moderati sul modello Repubblicano “made in Usa” senza però sbilanciarsi sul futuro leader: “E’ presto per dirlo e poi non si costruisce la leadership a tavolino”.

Berlusconi ci tiene poi a rispedire al mittente l’accusa di aver diviso il centrodestra: “è una cosa piuttosto stravagante, una stupidaggine”, taglia corto.

Ma il vero “showdown” è atteso per oggi a Lecce dove l’ex premier parteciperà ad un comizio a sostegno della Poli Bortone, ex sindaco di quella città. Quello che doveva essere però il progetto iniziale, e cioè un viaggio da Nord al Sud della Puglia, è ormai sfumato. Anzi, con l’aggravante della febbre gli appuntamenti sono ridotti all’osso.

L’ex capo del governo si blinda dentro l’hotel Palace inaccessibile ai giornalisti per incontrare i vertici pugliesi prima di recarsi alla cena di fund raising a Bisceglie. Raccontano che se avesse potuto Berlusconi avrebbe rinunciato volentieri a tutto il viaggio, ma su pressing degli azzurri pugliesi, alla fine abbia deciso di partire rispettando quindi almeno una parte della tabella di marcia.

Certo, il malessere “last minute”, ha fatto sorgere qualche dubbio agli avversari, in particolare tra i sostenitori di Francesco Schittulli che hanno imputato alla paura di un flop di presenze nel comizio previsto a Foggia il forfait dell’ex capo del governo:
“Forse sono finiti i bei tempi in cui in Puglia il leader di Forza Italia affollava le piazze?”, domanda ad esempio Filippo Melchiorre, coordinatore barese di Fratelli d’Italia. Ma, al di là della quantità di supporter presenti, c’è anche chi maliziosamente ipotizza che la riduzione degli appuntamenti del leader azzurro derivi dalla possibilità di una contestazione pubblica a Berlusconi essendo la Puglia una vera e propria polveriera per il centrodestra.

Che l’aria sia tesa lo fa capire anche Raffaele Fitto. In questi due giorni lui e il Cavaliere duelleranno a distanza, con il capo dei frondisti impegnato in un giro da nord a sud della Regione. L’ex governatore pugliese che porta parallelamente avanti il progetto di dar vita ad un nuovo soggetto politico (il tutto si concretizzerà dopo le elezioni amministrative) spara ad alzo zero contro l’ex capo del governo:

“La sua politica – dice senza giri di parole – è vecchia e superata, noi guardiamo al futuro sul modello liberale che ha portato Cameron alla vittoria”. Parole pesanti che, se ce ne fosse stato ancora bisogno, decretano la separazione definitiva tra i due.

Mattarella sulla corruzione: "È una concezione rapinatoria della vita"

Sergio Mattarella a Torino. Alle spalle il sindaco Piero Fassino - Al Lingotto parla sulla corruzione
Sergio Mattarella a Torino. Alle spalle il sindaco Piero Fassino (Lapresse)

“E’ vero, c’è una corruzione che vediamo diffusa come se ci fosse una sorta di concezione rapinatoria della vita”. Parole durissime dal presidente della Repubblica contro la corruzione, l’illegalità, il distacco evidente della gente dalla politica, che sta provocando “una rottura del patto generazionale”.

Sergio Mattarella ha scelto un luogo simbolo di Torino, l”Arsenale della pace” del Sermig di Ernesto Olivero, per lanciare un doppio segnale: non si sottovaluti il malaffare generale – gravissime le responsabilità di “una caduta della politica” – che ormai si è innestato come un virus nel tessuto sociale.

Gli italiani spesso si “indignano” per la corruzione e poi cedono a comportamenti personali al di fuori della legalità. Allo stesso tempo Mattarella ha chiesto che non si perda la speranza di un futuro migliore perchè c’è chi “non si rassegna alle difficoltà” e anzi vuole superarle. Niente “pessimismo” quindi (in Italia ce n’è “un eccesso”): piuttosto è l’ora di volgere “il nostro sguardo al futuro” per contribuire tutti a una “ripartenza” del Paese.

Quasi una lezione di etica della politica quella che è venuta oggi dal presidente della Repubblica nella sua prima intensa visita a Torino. Ricca di momenti importanti, dal salone del libro al museo egizio, senza escludere una breve sosta al Duomo per vedere la sacra Sindone. Ma soprattutto densa di messaggi che Mattarella ha concentrato in poche ore.

Parlando al Lingotto ha iniziato a costruire il suo richiamo: “avvertiamo rischi di un individualismo che disgrega, manca la mediazione dei corpi intermedi e il cittadino si ritrova solo davanti alle istituzioni. A questi pericoli di solitudine bisogna reagire”, ha premesso spiegando però che i cittadini non possono pensare di avere solo diritti ma hanno anche “doveri”.

Si deve comunque “impedire che si rompano le maglie della comunità”. Un’indubbia fragilità del sistema, quindi. Un camminare sul crinale che per il presidente si deve abbandonare subito con un ritorno alla legalità e riagganciando i giovani sui valori, sull’etica della politica. E affinchè il suo messaggio sia ancora più chiaro Mattarella fa proprie le parole di papa Bergoglio in tutta la loro forza: “i corruttori sono i peggiori peccatori. Parole di fuoco che condivido”.

Non manca neanche un aggancio all’attualità, alle scelte di oggi, quando Mattarella sembra evocare la necessità di riforme, l’indispensabilità delle scelte da parte di chi governa. “Deve essere chiaro che la politica è anche concretezza. Senza la capacità di affrontare i problemi di oggi non sarebbe capita. Il presente è una prova di umiltà per la politica perché la costringe a tradurre i principi in scelte concrete”.

Umiltà per il futuro delle nuove generazioni chiamate dal presidente ad agire, ad intervenire, a “far sentire la loro voce senza paura”. In quest’intreccio spericolato di condanna e speranza il capo dello Stato non fa sconti ai partiti che hanno provocato un “impoverimento” della politica. Ragione per la quale “i giovani si allontanano e perdono fiducia”. Quest’etica della politica non vale solo per casa nostra. La stessa Europa sembra essere bloccata, in preda ad “egoismo” che tradisce il suo stesso passato di civiltà.

L’Unione europea “non può non essere all’altezza della sua storia e dei suoi valori e di fronte a questi fenomeni migratori ha una responsabilità storica”. L’Europa “deve riflettere, sia “accogliente”: sia “per salvare vite umane, sia per evitare dimensioni ingovernabili di flussi”. “Occorre farsi carico del problema”, ha detto con chiarezza.

Berlusconi malato si presenta nel suo tour in Puglia. Sisto attacca Schittulli

Sisto, Schittuli e Berlusconi
Sisto, Schittuli e Berlusconi

Silvio Berlusconi nonostante la febbre si è presentato lo stesso in Puglia al fianco di Adriana Poli Bortone, candidata di Forza Italia nella regione. L’ex premier stasera è stato a Bari per la campagna elettorale che vedrà in campo anche il ribelle Raffaele Fitto, schierato però con Francesco Schittulli insieme a Fratelli d’Italia. Frecciate a distanza tra i due.

L’ex premier,  ha spiegato alla Gazzetta del Mezzogiorno online il deputato azzurro Francesco Paolo Sisto – tarderà ad arrivare in Puglia a causa delle sue imperfette condizioni di salute ed è chiaro che la salute viene prima di tutto. In ogni caso, da quello che sappiamo, in serata dovrebbe essere a Bari”.

Sisto, poi, sulle divisioni del centrodestra in Puglia, aggiunge: “Presentarsi uniti sarebbe ovviamente stato meglio ed io mi sono speso moltissimo proprio per raggiungere questo obiettivo. Purtroppo non è stato possibile per responsabilità di Francesco Schittulli che, con il sostegno di una coalizione importante, avrebbe potuto vincere e invece ha scelto di dividere.

E’ stata una brutta sorpresa per tutti, e per i pugliesi in particolare. Ma dalle nostre parti si dice che “sotto il guasto viene l’aggiusto” e la candidatura di Adriana Poli Bortone lo dimostra: è una vera donna di destra, sempre coerente nelle sue idee. La sua è una candidatura forte, per il vero, unico centrodestra, quello doc“. “Per il futuro – ha concluso Sisto – il centrodestra ha indubbiamente bisogno di coesione, a prescindere dalla diversità di opinioni, ed anche in Forza Italia. Il nostro messaggio è chiaro e forte: cerchiamo tenacemente voti di gioioso consenso e non di triste apparato”.

In mattinata in una nota di Forza Italia si spiegava che “Il leader di Fi, Silvio Berlusconi, ha avuto in queste ore un rialzo febbrile ed è in terapia con antipiretici nel tentativo di abbassare la febbre e consentirgli di recarsi in Puglia come da programma”.

Siria, l'Isis assedia Palmyra, sito dell'Unesco. "Uccise 26 persone"

Il sito archeologico di Palmyra in Siria
Il sito archeologico di Palmyra in Siria sotto assedio dell’Isis

Ventisei persone sono state uccise dall’Isis in un villaggio vicino Palmyra, nell’est della Siria. Lo riferisce l’Osservatorio siriano dei diritti umani che sottolinea che 10 vittime sono state decapitate. “Gli jihadisti – afferma la Ong – hanno giustiziato 26 civili, di cui 10 per decapitazione, per la loro collaborazione con il regime”.

Dopo aver devastato diversi siti archeologici in Iraq, gli jihadisti dell’Isis ora minacciano Palmyra in Siria, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità. E’ l’allarme lanciato dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, dopo la sconfitta dei soldati del regime di Bashar al Assad nei pressi del sito archeologico.

Come ha sottolineato il direttore dell’Ong, Rami Abdel Rahman, “Palmyra è minacciata, l’Isis ha conquistato tutte le postazioni dell’esercito” tra Al-Sukhnah e il sito archeologico, ritrovandosi a meno di due chilometri dalle rovine, nella sua avanzata verso la cittadina. A Palmyra si trovano le rovine di una grande città, considerata uno dei principali centri culturali del mondo antico.

I suoi templi e il colonnato, celebri in tutto il mondo, sono in pericolo se gli jihadisti dovessero arrivarci, replicando le distruzioni compiute a Nimrud e Hatra in Iraq. Proprio per affrontare questa minaccia è in corso al Cairo una conferenza internazionale.

Il direttore delle antichità siriano, Maamoun Abdulkarim, ha confermato la minaccia: “Se la città cade, sarà una catastrofe internazionale, una ripetizione delle barbarie e dei saccheggi che abbiamo visto a Nimrud, Hatra e Mosul”, dove le milizie islamiche hanno distrutto millenni di storia artistica e culturale di inestimabile valore.

La moderna città di Tadmur ospita 1.800 famiglie, scappate da Al-Sukhnah, caduta mercoledi nelle mani degli jihadisti, tra ingenti perdite per entrambe le parti, con 70 morti per l’esercito siriano e 40 per l’Isis, tra cui due comandanti. Secondo i siti web jihadisti, uno di questi è Abu Malik Anas al-Nashwan, apparso in un video dell’Isis in cui vengono decapitati 28 cristiani etiopi ed eritrei in Libia.

La Cassazione: "La gelosia morbosa è reato". Ecco cosa fare per evitare guai (e disgrazie)

gelosia e tradimentiLa gelosia di un partner verso l’altro può produrre serie conseguenze psicologiche oltre al disagio di coppia. Soprattutto viene configurato come un reato alla stregua del maltrattamento. E’ così la “gelosia morbosa” connotata da “insistente contestazione di tradimenti inesistenti, ispezione costante del telefono del partner,

reiterate richieste di test del dna sui figli” configura il reato di maltrattamenti che punisce la “vessazione psicologica” esercitata in questo modo.  Lo sottolinea la Cassazione riaprendo il processo ad un marito siciliano “ultrageloso”. Ma deve essere rivalutata anche la veridicità delle accuse rivoltegli dalla moglie.

Non sono pochi i casi in Italia, dove la gelosia estrema induce mariti e mogli ad avere retropensieri ossessivi che talvolta soffocano il rapporto per la spasmodica ingerenza nella vita dell’altro/a. Il desiderio del possesso della vita dell’altra e ogni forma di limitazione dei movimenti e delle libertà individuali.

COSA FARE PER EVITARE GUAI (E DISGAZIE)

Comportamenti che la Suprema Corte di Cassazione oggi chiarisce che si configurano come “reati da maltrattamenti”. La prima cosa da fare in presenza di un partner ultra geloso/a è essere sempre franchi e schietti. La fiducia reciproca è essenziale in un rapporto di coppia. Cercare di essere fedeli (il tradimento è brutto per chiunque lo subisce). Non litigare per banalità. Come i medicinali, le liti sono da tenere sempre fuori dalla portata dei bambini…

Spesso ciò che uno pensa dell’altra/o è frutto di un “film” realizzato nella propria mente. Basta seguire o spiare la moglie (o il marito), non leggere i messaggini e soprattutto stare alla larga dai Social, poiché una foto postata da lei o da lui non necessariamente significa che si è in cerca di una relazione extra. Magari è solo vanità. In casi maniacali di un coniuge che sta incollato/a davanti a Facebook consigliate di staccare per un periodo. Se ci si cancella si può tornare senza traumi. Se si hanno sospetti fondati di tradimento mai usare la violenza, ma prima parlarsi e poi nel caso affidarsi al proprio avvocato. Non muore il mondo per una donna o un uomo.

Evitare di pedinare il proprio partner men che meno assoldare un investigatore privato se si sospettano relazioni extra. E’ giusto è sacrosanto sapere cosa fa il proprio partner, ma con condivisione e fiducia, senza mai invadere la sua vita al punto da mandarla/o dallo psichiatra.

Da che mondo e mondo la gelosia ha fatto disastri. Essere un po’ (un po’) gelosi non guasta, ma guai a scambiarla per l’elemento fondante del matrimonio come si usa dire: “Se è geloso/a vuol dire che ci tiene e ti vuole bene”. Non sempre è così. Quando si è morbosamente gelosi (sia da una parte che dall’altra) non resta che parlare con il proprio medico che guiderà lui o lei fuori da quella che risulta essere spesso una vera patologia possessiva.

Elezioni regionali, Ipsos: "Partita aperta in Liguria e Campania"

Elezioni regionali in Campania e Liguria. Nella foto da sinistra: Toti, Paita, De Luca e Caldoro
Da sinistra Toti, Paita, De Luca e Caldoro

A quindici giorni dalle elezioni regionali, in cui si va al voto per il rinnovo dei Consigli e la contestuale elezione diretta dei governatori, c’è fermento per capire, almeno nei sondaggi, come sarà l’esito della consultazione. L’election day, dove si voterà anche per 1089 comuni di cui 18 capoluoghi di provincia, sarà un test politico nazionale molto importante per la politica e soprattutto per il governo. Gli italiani chiamati alle urne saranno circa 23 milioni. Domenica scorsa si è votato in alcuni comuni di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige dove è stata registrata un’avanzata della Lega Nord, una buona tenuta del Pd e una marcata flessione di Forza Italia che non è riuscita ad andare oltre il 4%, il minimo storico per una forza che contava cinque anni fa, oltre il 20%.

Sondaggisti al lavoro per “fiutare” le intenzioni di voto alle prosssime elezioni regionali. Nando Pagnongelli, dell’istituto Ipsos Italia per il Corriere della Sera ha sondato gli umori di due regioni importanti: Liguria e Campania, dove nella prima emergerebbe un testa a testa fra Raffaella Paita (Pd-Centrosinistra) e Giovanni Toti (Forza Italia-Centrodestra). Nella seconda il candidato di Vincenzo De Luca (Pd-Centrosinistra) sarebbe avanti rispetto al governato uscente Stefano Caldoro (Forza Italia-Centrodestra).

Ma i sondaggi restano sempre sondaggi, possono essere confermati o, come è più volte accaduto, possono essere smentiti per il mutare degli umori dei cittadini elettori. Poi c’è l’incognita astensione. Quanto peserà? Se le percentuali dovessero avvicinarsi a quelle delle scorse europee il quadro potrebbe riservare molte sorprese.

Certo vi sono delle anomalie in Campania, dove Vincenzo De Luca, favorito in alcuni doxa rischia di essere eletto ma di non poter governare a causa della legge Severino. Il Pd di Renzi era incerto sul nome di De Luca, ma poi le primarie hanno sancito l’ex sindaco di Salerno candidato governatore, con tutto ciò che ne consegue in termini “giudiziari”. Tanti applausi, ma i timori tra i dem serpeggiano, eccome. Soprattutto dopo il varo delle liste dei cosiddetti impresentabili di cui lo stesso premier – segretario del Pd Renzi ha detto “che non voterei mai”. Anche De Luca ha invitato a non votarli, probabilmente consapevole che i voti di una sua eventuale vittoria arrivano da altri candidati, più presentabili e magari più puliti.

In Liguria lo spaccato è un po’ diverso. Ma non molto dissimile da altri contesti. Le divisioni nel Pd dopo l’abbandono di Sergio Cofferati si sentono. L’ex segretario Pd “ha convinto” a scendere in campo in funzione anti-Paita, Luca Pastorino, di stretta fede civatiana. Si vedrà come andrà a finire.

“I sondaggi – afferma Pagnongelli – indicano tendenze, non sono oracoli. La recente débâcle in Inghilterra, dove pure la storia dei sondaggi elettorali è molto più lunga e solida della nostra e dove il comportamento elettorale è almeno in parte meno complesso, devono suggerirci una decisa cautela. Oggi molti elementi rendono difficili le stime, in particolare per le Regionali alle porte. La partecipazione, che in questi casi è più contenuta. L’incertezza, che è diffusa e porta non pochi elettori a decidere il proprio voto a ridosso della domenica elettorale quando non nello stesso giorno. L’elevata mobilità elettorale che ha contraddistinto e continua a contraddistinguere i nostri connazionali a partire dalle Politiche 2013. Cercheremo allora di cogliere le tendenze principali che i numeri ci indicano”.

Secondo il sondaggista, la partita in Liguria sembra aperta. Nulla è appare scontato, come evidenziano le “forbici” dell’Ipsos. “La candidata del Pd, Raffaella Paita, è stimata tra il 28% e il 31% dei voti validi, insidiata da vicino da Giovanni Toti che oggi è stimato tra il 26% e il 29% e quindi può competere per la vittoria. Le difficoltà di Paita derivano innanzitutto dalla buona performance che fa registrare la candidatura di Luca Pastorino, sostenuto dalla sinistra, con un consenso potenziale tra il 10% e il 13%. I fenomeni che si individuano sono almeno due: da un lato una crescita dell’appeal elettorale del candidato di Forza Italia che sembra essere riuscito a compattare il proprio schieramento superando le iniziali resistenze di una parte degli elettori leghisti che non aveva apprezzato la rinuncia del proprio candidato a favore di un berlusconiano doc come Giovanni Toti. Dall’altro l’affanno della candidata Pd che sta faticando a tenere unito il proprio fronte e quindi a contenere le uscite verso sinistra”, dove si è creata una situazione simile al Veneto (a destra), con Flavio Tosi che fuoriuscito dal Carroggio insidia più il leghista Luca Zaiache che la Pd Alessandra Moretti.

“I risultati di Enrico Musso, poi, accreditato dal 4% al 7%, sottraggono consensi a Toti, specularmente a quanto avviene per Pastorino con Paita. Accenniamo infine al voto di lista. Con tutte le cautele, – scrive Pagnongelli – vediamo comunque che il voto di lista per i due candidati principali è un po’ superiore rispetto al voto per il candidato. Per Paita questo rappresenta un rischio: significa che una parte degli elettori del Pd si esprime contestualmente per Pastorino e potrebbe erodere ulteriormente i suoi consensi, con il voto disgiunto. Per Toti questo rappresenta invece un segnale di ricompattamento del fronte. Nel centrodestra il sorpasso della Lega sembra nei fatti, ma non è una vera e propria “asfaltatura” di Forza Italia che potrebbe mantenere i consensi, certo già bassi, delle Europee”.

Nota l’Ipsos, che la anche in Campania la partita è aperta, ma Vincenzo De Luca “si posiziona in testa, pur se con un margine che non dà ancora sicurezza del risultato. Sembra quindi che le pur pesanti critiche che hanno investito il candidato del Pd, per la tagliola della legge Severino e per la composizione delle liste (che ha portato Saviano a dire che “Gomorra è nelle liste di De Luca”), non abbiano avuto un forte impatto tra gli elettori.

Anche se un certo disagio sembra esprimersi a favore del candidato del M5S Valeria Ciarambino, che ottiene un discreto risultato e almeno in parte recupera voti anche da ex elettori pd che non ritengono di votare per De Luca. Il governatore uscente (Caldoro) si colloca a ridosso del candidato Pd, ma il suo risultato non è tranquillizzante. Da un lato perché la valutazione del suo quinquennio di governo non è confortante (oltre il 60% dà un giudizio negativo del presidente della Regione, percentuale che supera il 70% quando si tratta di valutare l’amministrazione).
Dall’altro la presenza di esponenti dell’area di centrodestra nelle liste di De Luca ha probabilmente contribuito a spostare voti da quell’area. In Campania è assai elevato il fenomeno del voto di preferenza: nel 2010, secondo uno studio di Roberto D’Alimonte per il Cise, il tasso di preferenze in Campania fu del 90,6% contro il 26,6% della Lombardia. Questo significa che conteranno molto le ultime settimane di campagna elettorale che vedranno muoversi massicciamente i candidati, ciò che potrebbe modificare anche in maniera sostanziale gli orientamenti di voto. Nel caso della Campania poi l’area «grigia» (elettori indecisi o astensionisti) è estremamente elevata”.

Per quel che riguarda le liste il Pd, dice Pagnongelli al Corriere, ha un risultato inferiore alle Europee ma superiore a Politiche e Regionali, mentre un buon consenso ottengono le liste collegate a De Luca e in particolare quelle che usano il suo nome. In netta difficoltà invece Forza Italia, che fa registrare un calo di circa 10 punti rispetto al voto europeo che era già il punto più basso recentemente raggiunto. Anche se le liste collegate a Stefano Caldoro ottengono risultati intorno al 10%, non riescono a colmare il gap rispetto alle liste che sostengono l’avversario. Il M5S infine, pur in contrazione, sembra ottenere risultati tutto sommato non disprezzabili. Una situazione quindi decisamente fluida in queste due regioni, che possono veder anche cambiamenti importanti negli ultimi giorni di campagna elettorale”. Previsoni che restano tali, al netto appunto della forte astensione che sembra ormai un dato acclarato.

Arretrati pensioni, il governo a caccia di 3,5 miliardi. Lunedi il decreto in Cdm

Il consiglio dei ministri alle prese con gli arretrati pensioni
Il Consiglio dei ministri alle prese con gli arretrati delle pensioni (Ansa)

Il governo è alle prese con i fondi per gli arretrati pensioni. Secondo calcoli stimati, l’ammontare per risarcire tutti i milioni di pensionati dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato la riforma Fornero, sfiora i venti miliardi. Ma il governo non ha dove prenderli. L’esecutivo è orientato cosi a risarcire a scaglioni, non tutti, ma in modo progressivo i pensionati che arrivano fino a un massimo di 2.500 euro, favorendo in toto i redditi più bassi ovvero quelli penalizzati fino a tre volte il minimo (1.400 euro). Un’operazione che, secondo gli esperti del Tesoro costerebbe all’erario dai 3 ai 3 miliadi e mezzo.

La decisione sarà “collegiale” e a strettissimo giro. Tanto che potrebbe arrivare già lunedì quando è stato convocato un Consiglio dei ministri che non ha però, al momento, all’ordine del giorno la “mina-pensioni”, innescata dalla sentenza della Corte Costituzionale.

Cdm che con ogni probabilità sarà però almeno l’occasione per il governo per fare un primo giro di tavolo sul decreto che i tecnici di Palazzo Chigi e del Tesoro stanno mettendo a punto. Vagliando una serie di soluzioni, tutte con l’obiettivo, ribadito anche oggi dal Tesoro, di rispettare il volere della Consulta senza sfasciare i conti pubblici, anche per non vanificare i primi segnali di ripresa registrati dall’Istat (Pil +0,3 nel primo trimestre).

Il target di spesa possibile ormai è stato identificato, appunto tra i 3 e i 3,5 miliardi (netti), da reperire tra “tesoretto” (1,6 miliardi di differenza tra deficit tendenziale e programmatico) e incasso dal rientro dei capitali, entrambe coperture che avranno comunque bisogno di una clausola di salvaguardia perché saranno verificate solo in sede di assestamento.

All’interno di questo margine si sta ancora valutando una griglia di soluzioni, che guardano a limitare i rimborsi. E una delle ipotesi sul tavolo, spiegano ambienti di governo, è anche quella di restituire l’indicizzazione della pensione persa per effetto del blocco del Salva-Italia per uno solo dei due anni in cui lo stop è stato in vigore (l’indicizzazione bloccata era del 2,6% per il 2012 e del 1,9% per il 2013). In questo modo, è il ragionamento, si riduce l’impatto sui conti e si risponde a una delle indicazioni della Consulta, che ha giudicato eccessiva la durata del blocco per un biennio.

La Corte però ha puntato il dito anche contro la mancanza di progressività dell’intervento, quindi la scelta finale potrebbe essere quella di un mix di misure, con limiti di tempo ma anche per fasce decrescenti al crescere dell’assegno incassato. E una delle soluzioni che resta tra le più gettonate è quella di restituire l’indicizzazione piena solo fino a tre volte il minimo per tutti gli assegni che superano quella soglia. Soluzione che si traduce in un rimborso più alto per chi ha pensioni basse e più basso per chi invece ha un assegno alto (fissando magari comunque un tetto oltre una soglia ad esempio di 8 volte il minimo).

D’altronde la Consulta, è la posizione del governo, non dice che si debba ‘ridare tutto a tutti’, come peraltro ha sottolineato anche il viceministro dell’Economia Enrico Morando davanti alla commissione Bilancio del Senato: “L’interpretazione che circola per cui la sentenza della Corte comporterebbe un ritorno alla legislazione vigente prima” del Salva Italia “non è fondata”, ha spiegato, aggiungendo che “temporaneità e progressività” sono “le due ragioni” che hanno portato alla bocciatura della norma.

“Rimuoverle” porterà quindi ad ottemperare una sentenza che, se applicata in modo automatico, avrebbe invece un impatto ingente. Secondo le stime della relazione tecnica del Salva-Italia, riportate dallo stesso Morando in commissione, l’intervento, così come corretto dal Parlamento, ha portato risparmi di spesa, al netto delle tasse, per circa 3 miliardi a regime (1,8 il primo anno) ha inciso sul 54% del monte complessivo delle pensioni erogate, mentre l’intervento originario, che prevedeva di bloccare già oltre 2 volte il minimo avrebbe inciso sul 76% degli oltre 274 miliardi di pensioni erogate dall’Inps al 2012.

Istituto di previdenza che, per voce del presidente Tito Boeri, si è detto pronto, quale che sia la scelta del governo, ma auspicando che, in virtù degli “importanti effetti redistributivi” che porterà con sé, “sia basata sull’equità non solo tra chi ha di più e chi ha di meno ma anche anche tra chi ha avuto di più e chi è chiamato a dare di più ma avrà di meno”.

Equità “non solo intragenerazionale con contributi più alti da redditi più alti, ma anche intergenerazionale. Non si possono chiedere prelievi ulteriori a chi è destinato ad avere prestazioni future più basse”. Parole che a molti hanno ricordato l’idea, che circola da tempo, di mettere mano a un ricalcolo, almeno per gli assegni più alti, della differenza tra quanto viene percepito col metodo retributivo e quanto invece si percepirebbe con quello contributivo

Migrante irregolare salva una donna nel Tevere. Quando il cuore è grande

Un agente della Polizia di Stato rilascia il permesso di soggiorno al giovane del Bangladesh
Un agente della Polizia di Stato rilascia il permesso di soggiorno al giovane del Bangladesh  che ha salvato la donna (P.S.)

Qualche centinaio di chilometri più a Sud, nel Mediterraneo, c’è chi, come i trafficanti di esseri umani gli uomini, le donne e i bambini li gettano in mare senza pietà né scrupoli per sbarazzarsene.

Alle latitudini romane c’è chi, invece, a costo di rischiare la propria pelle si getta nel Tevere nel disperato tentativo di salvare le persone.

E’ accaduto a Roma, dove un giovane di 32 anni originario del Bangladesh, ha salvato una donna di 55 anni che era in balia delle acque del Tevere, un fiume lento, piatto ma spietato. Il ragazzo senza pensarci due volte si è tuffato riuscendo a raggiungere da donna e poi, con l’aiuto degli agenti della Polizia di Stato intervenuti, a trarla in salvo.

Il fatto è successo nel tardo pomeriggio di ieri nella Capitale, sotto Ponte Sublicio, dove la donna si è gettata nel Tevere con l’obiettivo di farla finita.

La scena – racconta la Polizia di Stato sui suoi profili Social – è stata notata dal 32enne che non ha esitato a scendere fino alla banchina per poi andare in acqua cercando di raggiungere la donna: bracciate e bracciate con il fiume controcorrente, le acque pesanti e pericolosissimi vortici di qua e di là. L’uomo, a rischio della propria vita, recupera la signora portandola in salvo.

A “recupero” effettuato, l’uomo – con la donna tra le sue braccia – è riuscito a riavvicinarsi alla riva del fiume. La donna è stata trasportata direttamente al pronto soccorso dell’Ospedale Fatebenefratelli dal gommone dei Vigili del Fuoco.

Il soccorritore è stato invece aiutato dagli agenti del Commissariato Celio, i quali, dopo averlo letteralmente tirato fuori dal Tevere, lo hanno accompagnato negli uffici di Polizia. In Commissariato l’uomo è stato rifocillato e fatto riposare; completamente “zuppo”, testimoniano i poliziotti, gli sono anche stati forniti abiti nuovi acquistati dagli stessi agenti.

All’uomo – privo di regolari documenti – grazie al suo a dir poco encomiabile e meritorio comportamento, è stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Terremoto in Nepal, si scava senza soste in un paese in ginocchio

Terremoto in Nepal. Si dorme all'aperto
Terremoto in Nepal. Si dorme all’aperto (Ap)

Dopo un’altra notte di paura, in Nepal sono riprese le ricerche di vittime e sopravvissuti. Ieri un’altra forte scossa di terremoto, classificata magnitudo 7.3 ha fatto tremare l’imponente catena dell’Himalaya con onde sismiche che si sono propagate nella capitale Kathmandu e anche in India, in Tibet e Bangladesh.

Il bilancio provvisorio è di almeno 65 vittime e quasi 2.000 feriti, ma i numeri sono destinati a salire. 16 morti si contano India, alcuni dei quali a New Dheli. Morti che si vanno a sommare agli oltre ottomila del sisma di circa due settimane fa. In Nepal è emergenza nell’emergenza.

Si cerca incessantemente l’elicottero dei Marines degli Stati Uniti con otto persone a bordo. Migliaia di nepalesi hanno trascorso la notte all’addiaccio. Gli occhi spalancati per la paura, pochi vestiti addosso mentr gli altri sono stati lasciati nelle case già irreparabilmente segnate dal terremoto di aprile, altre crollate ieri e ridotte ad un cumulo di macerie. Moltissimi cittadini dopo la forte scossa di 15 giorni fa non c’erano tornate nei loro appartamenti.

L’epicentro del sisma di martedì è stato registrato a circa 76 km a est della capitale, Kathmandu, vicino alla città di Namche Bazaar, alle pendici nord ovest del monte Everest.

GUARDA LE IMMAGINI DEL TERREMOTO DI APRILE

Una seconda scossa di magnitudo 6.3 ha colpito ancora il Nepal 30 minuti più tardi e numerose altre scosse di assestamento si sono susseguite per tutta la notte e mercoledì mattina.

La scossa principale è stata sentita nel nord dell’India, del Tibet e Bangladesh. Le autorità indiane hanno riferito che almeno 16 persone sono state uccise nello stato del Bihar, e un altro in Uttar Pradesh. Le autorità cinesi hanno confermato che una persona è morta in Tibet.

Una tendopoli in Nepal dopo il terremoto
Una tendopoli in Nepal (Afp)

I distretti nepalesi di Dolakha e Sindhupalchowk, a est della capitale Kathmandu, sono stati inizialmente indicati come i più colpiti, con i funzionari che hanno parlato di 26 morti accertati, 20 dei quali nella città di Charikot.

Nei luoghi più colpiti operano soccorsi di tutto il mondo. C’è la Croce Rossa Internazionale che riferito di aver ricevuto segnalazioni di molte vittime nella città di Chautara in Sindhupalchowk. Una città spettrale. C’è un ospedale diventato un hub per gli aiuti umanitari.

I soccorritori, muniti di ruspe e unità cinofile, scavano e cercano. Si scava anche con le mani per individuare il più esile dei respiri. Le ore passano inesorabili, il freddo si fa sentire.

Vi sono molte donne e bambini tra gli sfollati. Insieme ai soccorritori sono stremati. Una vera emergenza umanitaria che potrebbe aggravarsi con la diffusione di epidemie. Danni che ammontano a miliardi di dollari per un paese raso al suolo dai “capricci” della terra. E c’è qualcuno che comincia a pensare a un Piano Marshall per salvare il Nepal.

Deraglia treno Washington-New York, 5 morti e 50 feriti

Le lamiere accartocciate del treno  Washington-New York (Ansa/Ap)
Le lamiere accartocciate del treno Washington-New York (Ansa/Ap)

Tragedia alle porte di Philadelphia, dove un treno con circa 240 passeggeri a bordo e’ deragliato in tarda serata provocando la morte di almeno cinque persone e il ferimento di decine di altre, di cui sei in maniera critica. Bilancio destinato però a salire, afferma il sindaco Michael Nutter. Secondo le prime informazioni, il convoglio della compagnia Amtrak che collega Washington e New York si stava avvicinando ad una curva quando almeno otto o dieci vagoni sono usciti dai binari.

Sul posto, una zona chiamata Port Richmond, sono rapidamente arrivati decine dei soccorritori, ambulanze e vigili del fuoco, mentre la polizia ha chiuso tutte le strade dei dintorni invitando i curiosi ad allontanarsi per favorire il lavoro di assistenza alle persone ferite.

E sono rapidamente arrivanti anche degli agenti dell’Fbi, per esaminare le cause di quanto è accaduto, ma secondo quanto scrive la Cnn citando fonti investigative, nulla al momento sembra indicare che si sia trattato di un atto di terrorismo.

Le lamiere accartocciate del treno  Washington-New York (Ansa/Ap)
(Ansa/Ap)

Nelle immagini del luogo del disastro diffuse attraverso i social media, gia’ poco dopo l’incidente, si possono vedere diversi passeggeri feriti, sanguinanti, e dei vagoni rovesciati su un fianco, con delle persone che vi si sono arrampicate sopra, anche utilizzando delle scale, per aiutare i passeggeri ad uscire. Un ex parlamentare della Pennsylvania, Patrick Murphy, che era sul treno, ha a sua volta diffuso delle foto via Twitter in cui si possono vedere dei vigili del fuoco all’interno dei vagoni, e ha scritto “aiuto gli altri, pregate per i feriti”.

Murphy era nel vagone ristorante, e ha affermato di aver avuto l’impressione che al momento del deragliamento il treno andasse a circa 100 chilometri l’ora. Secondo alcune informazioni, riferiscono diverse fonti, le persone rimaste ferite sarebbero almeno una cinquantina. La Amtrak si e’ finora limitata a confermare l’incidente, affermando che sta raccogliendo ulteriori informazioni che saranno diffuse in seguito.

Nel frattempo ha sospeso i collegamenti tra New York e Philadelphia e istituito una linea telefonica per facilitare i contatti con i parenti delle persone che erano a bordo del treno. Appena domenica scorsa anche un altro treno della Amtrak ha avuto un incidente. Era diretto a New Orleans e ad un passaggio a livello ha investito un camion, provocando la morte della persona che lo guidava e di due altre persone che erano sul treno stesso. E secondo l’ufficio della Nbc News di Philadelphia, nello stesso luogo dell’incidete di questa notte se ne era verificato uno simile nel 1943, in cui rimasero uccise 79 persone.

Spazio: Missione Rosetta, attesa per il risveglio del lander Philae

il lander Philae aspetta che il sole alimenti i suoi pannelli solari per ripartire
il lander Philae aspetta che il sole alimenti i suoi pannelli solari per ripartire (Esa)

Il lander Philae potrebbe svegliarsi in qualsiasi momento: la cometa sulla quale è rimasto “intrappolato” è abbastanza vicina al Sole perché il veicolo possa ricaricare i pannelli solari e fino al 17 maggio la sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) sarà nella posizione ideale rispetto alla Terra per trasmettere eventuali segnali del risveglio del lander.

”Fino al 17 maggio ci dovrebbero essere almeno 10 occasioni di contatto”, dice Cinzia Fantinati, che gestisce le operazioni di Philae per l’Agenzia Spaziale tedesca (Dlr).

La possibilità più allettante è che Philae sia già sveglio, ma non abbia abbastanza energia per comunicare, sottolinea Nature, che analizza i fattori che potrebbero influenzare il risveglio del lander.

GUARDA COME SI MUOVE IL LANDER PHILAE

Non si può escludere che piccolo veicolo, frutto di tanta ricerca e tecnologia italiane, stia già tentando di trasmettere un segnale che Rosetta non riesce ancora a ‘sentire’. Per migliorare la possibilità di ascoltare i segnali, la sonda deve infatti trovarsi ad distanza da Philae inferiore a 300 chilometri, sullo stesso lato della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko nel quale si trova il lander, e con entrambe le antenne allineate.

Anche se i ricercatori sono fiduciosi sul risveglio di Philae, sottolinea Nature, ci sono delle incognite. Per esempio la luce del Sole può raggiunegere Philae soltanto per 80 minuti al giorno e questo tempo potrebbe non essere sufficiente per ricaricare le batterie. Non si può escludere, poi, che le polveri della cometa possano aver coperto i pannelli solari, impedendo alla luce solare di raggiungerli.

CHE COS’E’ IL LANDER PHILAE

Philae è il lander trasportato dalla sonda spaziale Rosetta. È stato sviluppato da un consorzio guidato dall’Agenzia Spaziale Tedesca (DLR), da quella francese (CNES) e da dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e parte della missione Rosetta della Agenzia Spaziale Europea per effettuare un atterraggio sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. L’atterraggio è avvenuto il 12 novembre 2014, rendendo il lander il primo manufatto umano ad eseguire un atterraggio controllato sul nucleo di una cometa (o accometaggio). Il lander era originalmente indicato come RoLand.  Philae è stato sviluppato nell’ambito della missione Rosetta per eseguire osservazioni in situ del nucleo della cometa obiettivo della missione.

NOTIZIE DALLA CALABRIA

ITALIA E MONDO