14 Ottobre 2024

Home Blog Pagina 1208

Voto di scambio, 5 arresti a Palermo per le elezioni del 2012

La guardia di Finanza arresta 5 peersone per voto di scambio a PalermoVoto di scambio alle elezioni comunali di Palermo e per le regionali del 2012. Con queste accuse la Guardia di Finanza ha eseguito all’alba di mercoledi cinque misure di custodia cautelare emesse dal gip di Palermo nei confronti di altrettanti soggetti accusati di presunta compravendita di voti nelle elezioni del 2012 per il rinnovo del Consiglio comunale di Palermo e dell’Assemblea regionale siciliana.

Nei confronti degli indagati sono stati disposti gli arresti domiciliari. I cinque sono accusati, a vario titolo, di aver promesso o ricevuto denaro e altre utilità in cambio di voti, per sè o per altri, nelle elezioni comunali e regionali del 2012. I dettagli dell’operazione, chiamata “Agorà”, saranno resi noti in una conferenza stampa in programma negli uffici del tribunale di Palermo alle 11.

Tra i cinque destinatari delle misure cautelari anche due consiglieri dell’Assemblea regionale siciliana tuttora in carica e un ex deputato regionale. Si tratta di Nino Dina, dell’Udc, presidente della Commissione Bilancio dell’Assemblea regionale, Roberto Clemente, eletto nelle liste del Pid, e dell’ex deputato, già indagato per intestazione fittizia di beni, Franco Mineo, oltre a Giuseppe Bevilacqua, del Pid, aspirante consigliere comunale, mai eletto.

Tra gli indagati c’è anche un finanziere accusato di presunta corruzione, mentre i politici rispondono di voto di scambio. Per tutti il gip di Palermo ha disposto gli arresti domiciliari. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e nasce da una indagine di mafia. In cambio dei voti gli indagati avrebbero promesso posti di lavoro e denaro.

Blitz nella Fifa, arrestati gli "intoccabili". Indagato Blatter. In manette i suoi vice Webb e Figueredo

Blitz nella Fifa, arrestati gli "intoccabili". Indagato Blatter. E' la calciopoli di tutti i tempi.
Sepp Blatter potentissimo presidente della Fifa

ZURIGO – Maxi blitz dell’Fbi contro il governo del calcio mondiale. Diversi funzionari della Fifa, almeno nove, sono stati arrestati a Zurigo, in Svizzera, su richiesta degli Stati Uniti. Per tutti l’accusa è di presunta corruzione, riciclaggio di denaro sporco e frode telematica. I media Usa scrivono che anche il numero uno dell’organizzazione, Joseph Benjamin Blatter, detto Sepp, è indagato dall’Fbi ma al momento non si conoscono i reati contestati. Il suo portavoce ha riferito che non vi sono accuse contro di lui.

I NOMI DEGLI ARRESTATI 
Le autorità hanno fatto i nomi delle persone finite in manette e riportati dal New York Times. Si tratta del vicepresidenti della FifaJeffrey Webb e Eugenio Figueredo, poi Jack Warner, Eduardo Li, Julio Rocha, Costas Takkas, Rafael Esquivel, José Maria Marin and Nicolás Leoz. 

Blitz contro la FIFA gli arrestati
Le foto e i nomi degli arrestati oggi nel blitz contro i vertici Fifa

L’operazione è stata condotta all’alba nel lussuoso albergo Baur au Lac, con splendida vista sulle Alpi e il lago di Zurigo, dove oggi i vertici della Fifa dovevano incontrarsi per il congresso annuale con il presidente Sepp Blatter che doveva affrontare la sfida per la quinta rielezione.

Jeffrey Webb vicepresidente della Fifa arrestato oggi
Jeffrey Webb vicepresidente della Fifa arrestato oggi

Gli agenti svizzeri si sono fatti consegnare le chiavi al bureau e sono entrati in abiti civili direttamente nelle stanze dove soggiornavano i vertici Fifa ancora in pigiama.  “Sveglia, lei è in arresto”, hanno pronunciato leggendo loro accuse e diritti. Nessuno di loro ha opposto resistenza. Ma il clamore suscitato ha scosso tutto il mondo sportivo.

Hotel Baur au Lac di Zurigo dove è avvenuto il blitz contro i vertici Fifa
Hotel Baur au Lac di Zurigo dove è avvenuto il blitz contro i vertici Fifa

Le accuse, oltre alla corruzione, includono riciclaggio di denaro e racket e riguardano due decenni di frodi ai vertici dell’organismo internazionale del calcio. Nel mirino degli investigatori ci sono anche l’assegnazione delle sedi di alcune Coppe del Mondo e accordi per diritti televisivi e di marketing.

Nel mirino degli inquirenti americani ci sono i mondiali in Russia e Qatar nel 2018 e nel 2022. Negli ultimi 20 anni, l’Fbi avrebbe accertato un vorticoso giro di “mazzette”. Bustarelle “per 100 milioni di dollari”. Non solo. l’accusa parla anche di riciclaggio di denaro sporco, presunte combine e estorsioni nell’ultimo ventennio.

Dopo il terremoto sui vertici del calcio mondiale, si teme adesso che possano essere messi in discussione i mondiali di calcio sotto i riflettori. Appunto in Russia e Qatar. Ma gli inquirenti, secondo fonti di stampa americana starebbero esaminando tutti i mondiali giocati nell’era Blatter per capire se il presunto meccanismo di corruzione è stato usato anche nei math delle World Cup.

Un funzionario della Fifa viene coperto dagli agenti
Un funzionario della Fifa viene coperto dagli agenti

L’indagine, coordinata dal Dipartimento della giustizia americano, contiene l’accusa di corruzione nei confronti del potente Comitato esecutivo della Fifa. Fino a 14 persone – secondo fonti investigative citate dalla Cnn – potrebbero essere a breve estradate e rinviate a giudizio davanti alla corte federale di Brooklyn, a New York. Le indagini, secondo fonti investigative Usa proseguono.

Quella di stamani è la Calciopoli di tutti i tempi. L’Fbi questa volta ha puntato le sue lenze dove da anni nuotano i “pesci grossi” del calcio mondiale arrivando fino al suo capo Sepp Blatter, uomo potentissimo ma non molto amato per comune opinione degli sportivi.

Le autorità riferiscono che il re della Fifa è solo indagato. Il suo portavoce afferma invece che “non è coivolto e non ha intenzione di dimettersi”. Ma l’inamovibile Sepp Blatter, il deus ex machina della gestione ventennale della Fédération Internationale de Football Association “poteva non sapere?”, è la domanda che si pongono in molti.

Calabria, Italia resta divisa dopo crollo viadotto A3: Duro Oliverio: "Anas inadeguata"

Il viadotto Italia dove è avvenuto il crollo che ha spaccato l'Italia in due
Il viadotto Italia dove è avvenuto il crollo che ha spaccato l’Italia in due

Sono mesi che l’Italia è tagliata letteralmente in due dopo il crollo di un pilone dell’autostrada Salerno Reggio Calabria, sul viadotto Italia, tra Calabria e Basilicata. Quel crollo costò la vita a un giovane operaio rumeno e il totale isolamento della Calabria. Il tratto è ancora sotto il sequestro dell’autorità giudiziaria, i tempi di ripristino si preannunciano lunghi e la stagione estiva è alle porte. Dopo numerosi interventi parlamentari finora non si è mossa foglia che potesse dar speranza a quanti percorrono quotidianamente l’arteria e alle tante attività commerciali che operano sul tratto dell’A3.

IL GOVERNATORE DELLA CALABRIA OLIVERIO: “ANAS DIMOSTRA DI ESSERE INADEGUATA”
Sul punto è intervenuto durissimo il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio: “Se le misure immediate che chiediamo al Governo, per alleviare i danni provocati dal blocco dell’A3 dopo il crollo del viadotto Italia, non dovessero trovare ascolto da parte di Anas e, quindi del Governo, siamo pronti ad assumere poteri straordinari anche di divieto del traffico pesante a partire dal periodo estivo”. “Anas – accusa Oliverio – in questa vicenda sta dimostrando assoluta inadeguatezza”.

ISOLAMENTO TOTALE
Oliverio, coglie l’occasione per tornare sul viadotto Italia durante un incontro che ha visto la partecipazione a Diamante, nel Cosentino, di tantissimi sindaci della costa tirrenica. I disagi derivanti dalla chiusura del tratto autostradale della Sa-Rc compreso tra Laino Borgo e Mormanno sono estenuanti. “La chiusura di questo importante tratto, come è noto, comporta gravi conseguenze non solo sull’economia dell’intera regione, ma va ad incidere pesantemente anche sulla vocazione turistica locale che rischia di restare isolata dal resto del Paese”, si legge in una nota del portavoce.

Mario Oliverio, presidente della Regione Calabria
Mario Oliverio, presidente della Regione Calabria

SINDACI SUL PIEDE DI GUERRA
Nel corso dell’incontro tutti i sindaci intervenuti hanno evidenziato le gravi conseguenze che ricadono sulla viabilità e sulla sicurezza dei cittadini, considerata la continua, massiccia circolazione di mezzi pesanti che vengono inevitabilmente deviati sulla SS 18, proprio a causa della chiusura del tratto autostradale. Un disagio, questo, che rischia di acutizzarsi ulteriormente nei prossimi mesi estivi, durante i quali la circolazione sulla SS 18 aumenta in maniera esponenziale, considerato l’afflusso di turisti su tutto il litorale tirrenico cosentino.

“REAGIREMO CON FERMEZZA, ANCHE CON AZIONI LEGALI”
“Siamo di fronte – ha detto il Governatore della Calabria – ad una situazione che, più passa il tempo, più diventa insopportabile. E’ assurdo che dopo tre mesi dall’incidente verificatosi con il crollo di una campata sul viadotto Italia, l’Anas si sia presentata con una soluzione provvisoria. La Calabria e le popolazioni interessate questa volta reagiranno e lo faranno con la fermezza e la determinazione che una situazione così grave richiede. Nei confronti dell’Anas, in particolare, promuoveremo un’azione legale e chiederemo il risarcimento dei danni subiti dalla nostra regione da tre mesi a questa parte”.

Il pilone del ponte crollato
Il pilone del ponte crollato

“CONSEGUENZE DISASTROSE, STATO E ANAS DOVRANNO FARSENE CARICO”
Non solo un’azione legale, quanto “Stato ed Anas – per il presidente Oliverio – dovranno farsi carico dell’isolamento a cui sono costrette le nostre strutture turistiche, tagliate praticamente fuori dai flussi provenienti dal resto del Paese e dall’estero, dei notevoli disagi a cui è sottoposta una popolazione a cui viene preclusa ogni tipo di collegamento con il resto del Paese, delle conseguenze disastrose che l’invasione di tir e automobili comporta in quei comuni che, da soli e con sacrifici enormi, si stanno facendo carico di garantire un percorso alternativo che è pericoloso e inadeguato”.

“NON C’E’ TEMPO DA PERDERE”
“Non c’è più – ha aggiunto Oliverio – neanche un minuto da perdere. La stagione estiva è ormai alle porte e siamo di fronte ad una vera e propria emergenza. Bisogna fare in fretta. La SS. 18 è ormai al collasso e le attuali soluzioni non sono assolutamente in grado di sopportare Il traffico veicolare che durante l’estate assumerà proporzioni ancor più insopportabili. I mezzi di trasporto, soprattutto quelli pesanti, devono essere dirottati attraverso altre vie”.

“PER I MEZZI PESANTI AUTOSTRADE DEL MARE”
“Penso alle vie del mare, soprattutto per quei mezzi che trasportano merci. Bisogna ripristinare il modello delle cosiddette “autostrade del mare”, stabilendo polizze di imbarco scontate nei porti calabresi e siciliani per i tir diretti verso il nord del Paese e l’Europa. Occorre potenziare, inoltre, i collegamenti alternativi all’autostrada, istituendo un rafforzamento della mobilità aeroportuale e ferroviaria, attraverso l’istituzione di una seconda corsa della Freccia d’Argento e stabilendo tariffe agevolate per la Calabria da parte delle compagnie aeree”, ha concluso Oliverio.

IL SENATORE GENTILE: “NON POSSIAMO TOLLERARE RITARDI”
Intanto una delegazione di parlamentari cosentini guidata dal senatore Antonio Gentile e composta dai colleghi Giovanni Bilardi e Paolo Naccarato scrivono in una nota che “Il prefetto Tomao, con grande impegno e con serietà, ha ribadito che è in stretto contatto con l’Anas e la magistratura e che ha appreso che sarà possibile aprire una carreggiata non prima di agosto. Sono allo studio altre soluzioni tampone che prevedono la possibilità di utilizzare altre vie di sfogo in collegamento con la Lucania”. Gentile ha ringraziato il prefetto “per la serietà e la correttezza, ma non possiamo più tollerare i ritardi del governo. Aprire ad agosto – ha aggiunto Gentile – significa uccidere l’economia turistica calabrese. Bisogna ricordare che il tratto del Savuto è chiuso, che la 106 non parte con i lavori, che le strade di collegamento sono sature”.

Pippo Civati pronto per una sinistra "Possibile"

Pippo Civati in una foto Ansa d'archivio rielaborata con il logo del suo partito "Possibile"
Pippo Civati in una foto Ansa d’archivio rielaborata con il logo del suo partito “Possibile”

Pippo Civati lo aveva detto e ripetuto che non stava fermo. Nemmeno 15 giorni dal suo addio al Pd, che annuncia prima il referendum per abrogare l’Italicum e poi la nascita del suo nuovo partito. Si chiama “Possibile” e sarà presentato subito dopo le Regionali dei 31 maggio.

Se il nome richiama abbastanza esplicitamente il “Podemos” (Possiamo) spagnolo, fresco vincitore delle amministrative iberiche, il logo è invece il simbolo uguale su sfondo rosa, una sorta di somma di più idee di sinistra che rendono appunto “possibile” un obiettivo comune. “Possibile, contro chi ci vuole rassegnati e da troppo tempo ci dice che non ci sono alternative”, scrive Civati sul suo blog.

“Non è la trasposizione di modelli stranieri ma sfida i vecchi partiti italiani sul campo della rappresentanza e della partecipazione”, chiarisce il fondatore. Dopo le regionali si capira’ quanti lo seguiranno in Parlamento per una eventuale formazioni di gruppi.

Sul suo blog il neonato movimento si presenta così: “L’ambizione di un partito di governo, l’organizzazione di una rete e il dinamismo di un movimento: questo è il genere di soggetto politico di cui parliamo da tanti anni, a cui abbiamo intensamente lavorato, che abbiamo sempre pensato serva all’Italia, e che nelle prossime settimane cercheremo di realizzare, con la libertà di poter immaginare il modello più avanzato in assoluto nel panorama un po’ stantio dei partiti attuali, e la voglia di discuterlo con tutti e tutte coloro che vorranno contribuire alla sua realizzazione”.

“Uguaglianza come motore” – Quanto al logo, ecco la spiegazione: “L’uguale come simbolo, intanto della relazione alla pari, aperta e dialogante non solo tra noi ma anche con tutti quelli, da soli o in gruppo, che vorranno connettersi a questa rete. E poi, l’uguaglianza come motore, come condizione di partenza tra le persone, nei diritti e nei doveri e, appunto, nelle possibilità.

Un campo politico a luglio. “Inizieremo presto, già nei primi giorni di giugno. Poi vedendoci di persona, nelle settimane successive e poi ancora nel nostro Politicamp di luglio. Siamo pronti: senza presunzione, ma con grande determinazione, quella sì. Si parte”.

Conservatori e Riformisti, 12 senatori passano con Raffaele Fitto

Raffaele Fitto, sta dando vita al nuovo progetto "Conservatore e Riformista"
Raffaele Fitto, sta dando vita al nuovo progetto “Conservatori e Riformisti”

Il nuovo partito di Raffaele Fitto comincia a prendere forma e sostanza. Dopo aver inaugurato l’associazione “Conservatori e Riformisti”, un progetto che si rifà alle posizioni del premier conservatore britannico Cameron, fervono i preparativi per la composizione dei nuovi gruppi dopo la fuoriuscita da Forza Italia.

Dodici senatori, di cui 10 di Forza Italia e due di Grandi Autonomie e Libertà (Gal), hanno aderito oggi al progetto di Raffaele Fitto. Lo rendono noto gli stessi parlamentari in una nota congiunta. Si tratta di Anna Cinzia Bonfrisco, Francesco Bruni, Luigi D’Ambrosio Lettieri, Salvatore Di Maggio (Gal), Ciro Falanga, Pietro Liuzzi, Eva Longo, Antonio Milo (Gal), Marco Lionello Pagnoncelli, Luigi Perrone, Lucio Tarquinio, Vittorio Zizza. Per formare un gruppo parlamentare al Senato sono sufficienti dieci senatori.

“Con entusiasmo – spiegano i dodici parlamentari – abbiamo partecipato insieme a Raffaele Fitto alla conferenza di oggi a Montecitorio con i vertici del gruppo Conservatore e Riformista europeo, Syed Kamall e Geoffrey Van Orden. Condividiamo questa nuova direzione per il centrodestra italiano. E riteniamo che un nuovo progetto, credibile e rivolto al futuro, possa rivolgersi ai 9 milioni di elettori che negli ultimi anni hanno lasciato il centrodestra, scegliendo l’astensione. Per questo, con piacere, annunciamo la nostra adesione al movimento “Conservatori e Riformisti”.

“L’obiettivo che noi abbiamo” con la Nascita dei Conservatori e Riformisti ha sottolineato Fitto, “è quello di guardare all’intero Paese. Guardiamo al modello di Cameron, che il centrodestra ha sempre annunciato e mai realizzato. Il percorso comincia oggi e a giugno – ha concluso Fitto – ci sarà una convention fondativa”.

Renzi: "Il mio Pd è pulito". Su impresentabili si attende l'Antimafia

Renzi: "Nel Pd candidati puliti". Su impresentabili si attende pronuncia Antimafia Matteo Renzi dopo aver detto che in Campania “alcune liste che sostengono De Luca hanno candidati che non voterei mai, nemmeno se costretto”, torna sull’argomento rimarcando come invece le liste Dem “sono pulite”. In una intervista all’emittente canale 21 il premier afferma: “Nelle liste per le regionali il Partito democratico non ha alcun impresentabile, lo dico con grande chiarezza”.

Sulla vicenda dei candidati “impresentabili” era stato sollevato un polverone al punto che oggi è diventato oggetto dell’Antimafia. De Luca andò su tutte le furie per le parole di Renzi, poi l’apparente “pax” durante il tour elettorale del capo del governo in Campania.

Anche Guerini chiarisce e rafforza il concetto espresso da Renzi. “Aspettiamo l’esito” della verifica della Commissione Antimafia “ma per il lavoro che abbiamo svolto sulle nostre liste ritengo che non ci sarà nessun esponente del Pd” ha spiegato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini a margine della presentazione della Proposta di legge del Pd sui partiti. “Abbiamo applicato il codice etico e in alcune realtà siamo andati anche oltre”, ha sottolineato Guerini.

Anche lo scrittore Roberto Saviano, già critico con l’ex sindaco di Salerno, aveva detto che “Gomorra è nelle liste di Vincenzo De Luca”. Frasi forti che hanno suscitato molte reazioni di stizza a pochi giorni dalle regionali in Campania, regione dove ci sarebbe un testa a testa tra l’uscente Stefano Caldoro e De Luca, appunto.

Intanto c’è molta attesa per il pronunciamento della Commissione parlamentare Antimafia che ha individuato dei candidati “impresentabili” nelle liste delle elezioni regionali in tutti gli schieramenti di tutte e sette le regioni, non solo la Campania. Sebbene l’esito non sia vincolante all’espressione regolare del voto. Ossia, qualora la Commissione accertasse “l’impresentabilità” per presunte commistioni mafiose, il candidato resterà tale e potrà essere votato. Qualora dovesse risultare eletto scattano altri meccanismi (di tipo gidiziario) che dovrebbero decretarne la decadenza.

Anche la Lega rivendica di non avere “impresentabili”. “Sono orgoglioso delle mie liste, delle donne e degli uomini della Lega. Se qualcun altro ha candidato gente strana ne risponderà qualcun altro” ha detto il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, martedi a Genova per un’iniziativa elettorale. Quanto alle liste degli alleati, ha aggiunto Salvini, rispondendo alla domanda di un giornalista, “io rispondo delle mie liste. Spero che gli altri abbiano fatto la stessa pulizia”.

Mafia, retata a Palermo: 39 arresti. Sgominati tre clan

Mafia, retata a Palermo: 39 arresti. Sgominati tre clanI carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno eseguito 39 misure cautelari, disposti dal gip, nei confronti di esponenti del clan mafioso di Pagliarelli, accusati di associazione mafiosa, traffico di droga, estorsione e corruzione. Nel corso dell’indagine sono stati sequestrati centinaia di chili di droga. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, ha disarticolato i vertici dei clan di Pagliarelli, Corso Calatafimi e Villaggio Santa Rosalia.

La crisi economica che attanaglia i commercianti palermitani spinge i boss a tornare al traffico degli stupefacenti, business attualmente privilegiato rispetto al racket delle estorsioni che, negli ultimi anni, ha rimpinguato le casse dei clan e sostentato le famiglie dei ‘picciotti’ detenuti. Nel corso dell’inchiesta, coordinata dalla Dda, i carabinieri hanno sequestrato oltre 250 chili di droga. Scoperte, comunque, diverse estorsioni: i commercianti continuano a pagare anche se qualcuno trova il coraggio di denunciare. Un imprenditore, che stava effettuando lavori di ristrutturazione al Policlinico, si sarebbe rivolto agli inquirenti raccontando loro di avere ricevuto una richiesta di pizzo di 500 mila euro. Tra gli altri, in cella, sono finiti i tre nuovi capi del mandamento di Pagliarelli, una sorta di triumvirato che, dopo le decine di arresti degli ultimi anni, tentata di riorganizzare il clan.

La cosca sarebbe stata guidata da un triumvirato composto da Alessandro Alessi, Vincenzo Giudice e Massimiliano Perrone. Questi gli arrestati nell’ambito del blitz dei carabinieri che ha disarticolato il clan a Pagliarelli: Alessandro Alessi, Giuseppe Perrone, Vincenzo Giudice, Michele Armanno, Giovan Battista Barone, Salvatore Sansone, Tommaso Nicolicchia, Andrea Calandra, Giosuè Cadtrofilippo, Giovanni Giardina, Alessandro Anello, Carlo Grasso, Antonino Spinelli, Matteo Di Liberto, Rosario Di Stefano, Aleandro Romano, Stefano Giaconia, Giuseppe Giaconia, Concetta Celano, Giuseppe Castronovo. Ai domiciliari sono finiti Vincenzo Bucchieri, Paolo Castrofilippo, Daniele Giaconia, Giovanni Correnti, Antonino Calvaruso, Gaetano Vivirito, Luigi Parolisi, Carmelo Migliaccio, Salvatore Ciancio, Domenico Nicolicchia, Giuseppe Bruno, Pietro Abbate e Antonino Abbate. Per Mauro Zampardi, Angelo Milazzo, Cosimo Di Fazio, Giovanni Catalano, Giuseppe Di Paola e Francesco Ficarotta è stato disposto l’obbligo di dimora.

Divorzio breve, da oggi è in vigore. Bastano 6 mesi se consensuale

divorzio breveStop alle lunghe attese per il divorzio. Da oggi è antrato in vigore il cosiddetto “divorzio breve”, frutto di iter legislativo conclusosi con il varo definitivo lo scorso 23 aprile e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 6 maggio. La “rivoluzione” ha ridotto fino a un anno in caso di separazione giudiziale, mentre nei casi consensuali i tempi per ottenere il divorsi scendono a sei mesi.

COSA PREVEDE
Finora lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio poteva essere chiesto da uno dei coniugi non prima di tre anni di separazione. Con il divorzio breve il termine scende a 12 mesi per la separazione giudiziale e a 6 mesi per quella consensuale, indipendentemente dalla presenza o meno di figli.

COMUNIONE DEI BENI
Novità, poi, sulla comunione dei beni che si scioglie quando il giudice autorizza i coniugi a vivere separati o al momento di sottoscrivere la separazione consensuale; prima si realizzava solo con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione. Infine c’e’ l’applicazione immediata: il divorzio breve sarà operativo anche per i procedimenti in corso.

COM’ERA
Non è stato affatto facile arrivare a questo punto. E pensare che nel 1800 il Codice di Napoleone già consentiva di sciogliere i matrimoni civili, (ma serviva il consenso dei genitori e dei nonni). Ma con l’Italia unita, il divorzio rimase un tabù: Nel 1902 non fu approvata una direttiva del governo Zanardelli che prevedeva il divorzio solo in caso di adulterio, lesioni al coniuge, condanne gravi.

LA SVOLTA NEGLI ANNI ’60
Bisogna cosi arrivare alla seconda metà degli anni Sessanta per l’avvio della battaglia in nome del divorzio: con il progetto di legge del socialista Loris Fortuna, le manifestazioni dei radicali, la Lega italiana per l’istituzione del divorzio. cosi si arriva alla svolta, al dicembre 1970 quando radicali, socialisti, comunisti, liberali e repubblicani approvarono la legge; contrari la Dc e il Msi.

IL REFERENDUM
Ma anche allora la strada fu tortuosa. L’Italia cattolica, antidivorzista, chiese il referendum: il 12 maggio 1974, l’87,7% degli italiani andò al voto per scegliere se abrogare o meno la legge Fortuna-Baslini; grazie a quasi il 60% dei no, restò in vigore. Arriva, poi, la prima forma di divorzio breve, con la riforma nel 1987 e con i tempi del divorzio che passano dai 5 ai 3 anni. Oggi l’ulteriore grande passo, in attesa del divorzio immediato, stralciato dal Ddl, e del riconoscimento degli altri diritti civili che l’Italia ancora aspetta.

I popoli europei bocciano l'Ue e i governanti fanno spallucce

parlamento europeoC’è un’ Europa che vive tra Bruxelles, Strasburgo e Francoforte, fatta di potere e burocrazia, c’è ne un’altra che compone il vecchio continente fatta di nazioni e popoli che sono stanchi di vivere nel recinto dei vincoli imposti dalla prima. Dopo le vittorie elettorali anti-Ue di Polonia e Spagna, il tira e molla tra la Troika e la Grecia di Tsipras, il vento euroscettico dello scorso anno alle elezioni europee, lo stesso premier Renzi ha sentito il dovere di richiamare ancora una volta il triangolo d’oro:

“Il vento della Grecia, il vento della Spagna, il vento della Polonia non soffiano nella stessa direzione, soffiano in direzione opposta, ma tutti questi venti dicono che l’Europa deve cambiare e io spero che l’Italia potrà portare forte la voce per il cambiamento dell’Europa nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”. E’ un’Europa che non piace, non riesce a prendere decisioni.

Sull’immigrazione sono dovute morire migliaia di persone per redigere una bozza di accordo. Tutti solidali e buonisti, ma nessuno vuole prendersi la sua quota di migranti, in primis la Parigi e Londra. L’economia è stagnante, regolata e bilanciata secondo i criteri di una banca. Il parlamento europeo sembra vivere una fase consultiva, mentre le decisioni vengono prese altrove. Manca una politica comune capace e autorevole.

Che è arrivato il momento di cambiare lo afferma anche l’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi che parla di una sorta di sfaldamento dell’Unione. “Nell’Ue – dice Prodi al Corriere della Sera – sono davvero troppi i segnali di disgregazione, e se si leva un vento di disgregazione non lo ferma nessuno”.

In particolare l’ex presidente della Commissione europea ha definito “clamoroso il voltafaccia di Parigi sugli immigrati”, con “un accordo annunciato e disatteso sei giorni dopo”. Prodi è in particolare allarmato dall’elezione di Andrzej Duda a presidente polacco, “con una linea portatrice di tensioni perché fortemente antieuropea, antitedesca e antirussa”. Cioè contro le nazioni che per decenni nel secolo scorso l’hanno oppressa e repressa col nazismo e il comunismo.

La speranza, ad avviso dell’ex presidente della Commissione Ue, arriva dal fatto che “ogni volta che l’Europa è arrivata sull’orlo del baratro, ha avuto un colpo di reni, uno scatto di nervi, quando si capisce che è in gioco tutto, scatta un allarme collettivo”. Ma forse è troppo tardi. L’Europa, questa Europa fondata sul trattato di Maastricht che predilige il potere delle banche al benestare dei cittadini, è gradita solo ai promotori di quel patto di disgregazione. Un accordo imposto da pochi, senza consultare nessuno, a milioni di cittadini che vivono il suo fallimento sulla loro pelle. Che sia arrivato il momento di cambiare registro lo dicono da tempo gli elettori, in modo democratico, ma dal triangolo d’oro fanno spallucce e guardano dall’altra parte.

Napoli, grave incidente in autostrada a Baiano: 4 morti e feriti gravi

L'ambulanza sul luogo dell'incidente
L’ambulanza sul luogo dell’incidente

Quattro persone sono morte e altre quattro sono rimaste ferite in maniera grave in un incidente avvenuto sull’autostrada A16 Napoli-Bari, all’altezza dell’uscita di Baiano (Avellino).

Nell’incidente secondo quanto riferito, è rimasto coinvolto un solo automezzo, un pulmino che trasportava nove operai che, nell’imboccare lo svincolo, è finito contro una cuspide che divide le corsie.

Secondo una prima ricostruzione della Polizia stradale, il pulmino stava uscendo dall’autostrada per imboccare la rampa di accesso al casello di Baiano quando, per cause in corso di accertamento, ha centrato in pieno la cuspide posta all’imbocco della diramazione. I quattro feriti – si apprende dalla Polizia stradale – sono in gravi condizioni. Due sono stati condotti all’ospedale di Nola, mentre uno di loro, in fin di vita, è al Cardarelli di Napoli.

Non molto lontano dal punto dove è sbandato il pulmino con i nove operai a bordo, nel 2013 una corriera precipitò a ridosso di una curva sul viadotto tra Monteforte Irpino e Baiano, lungo l’autostrada A16 Napoli – Canosa. Le vittime furono una quarantina.

Elezioni amministrative in Spagna, vince la sinistra di Podemos

Pablo Iglesias, il leader del partito Podemos che ha vinto le amministrative in Spagna
Pablo Iglesias, il leader del partito Podemos che ha vinto le amministrative in Spagna (Ansa/Lorenzo)La

Con il risultato ottenuto alle amministrative dal movimento Podemos, la Spagna vira a sinistra. Il movimento capeggiato da Pablo Iglesias conquista Barcellona, e con ogni probabilità Madrid, Valencia e Saragozza in alleanza con i socialisti. Crollo dei consensi per il Pp del premier Mariano Rajoy, gli spagnoli hanno impresso al paese ieri una svolta a sinistra, scrive la stampa di Madrid. Dal 2011 il Partido Popular ha perso 11 punti e e 2,6 milioni di elettori pur restando con il 27% il primo partito del paese. Si tratta di elezioni amministrative ma il crollo del partito al governo è marcato.

E’ “L’inizio della fine del bipartitismo” ha annunciato nella notte il leader di Podemos, Pablo Iglesias. Per la prima volta nella storia del paese i voti ottenuti da Pp e Psoe insieme rappresentano solo metà dell’elettorato, davanti all’ affermazione dei due movimenti del “nuovo”, Podemos e Ciudadanos, e a Valencia del locale Compromis che arriva secondo.

A Barcellona la capolista di Barcelona en Comu fondata attorno a Podemos, Ada Colau, diventerà con ogni probabilità la prima donna sindaco della capitale catalana, in alleanza con sinistra repubblicana, socialisti e forse Ciudadanos. A Madrid, feudo popolare da 24 anni, la ex-giudice Manuela Carmena, arrivata un voto dietro la popolare Esperanza Aguirre, dovrebbe formare il nuovo governo madrileno con i socialisti, cui Podemos ha imposto un umiliante sorpasso. Alleanze fra gli alternativi e i socialisti dovrebbero governare anche le altre due grandi città del paese, Saragozza e Valencia, altra roccaforte del Pp. Pur arrivando primo, il Pp dovrebbe inoltre cedere sei regioni a coalizioni fra Socialisti e Podemos.

I popolari dovrebbero invece conservare la regione di Madrid, con Cristina Cifuentes, se otterrà l’appoggio di Ciudadanos. Nel paese dalla notte scorsa non esistono praticamente più maggioranze assolute in un panorama politico ora fortemente frammentato. Il leader del Psoe Pedro Gomez ha già annunciato che aprirà oggi trattative con Podemos e Ciudadanos. I leader dei due partiti del ‘nuovo’ Pablo Iglesias e Albert Rivera hanno lanciato nella notte una sfida per il potere centrale a Rajoy in vista delle politiche di novembre. “Assumiamo la sfida di vincere le elezioni generali contro il Pp – ha detto Rivera – inizia a scriversi in Spagna la fine del bipartitismo”.

Terremoti, per Fabrizio Curcio la Calabria "è da incubo"

Il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio
Il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio

L’area intorno al Vesuvio e la Calabria erano e rimangono a elevato rischio sismico e idreogeologico. Ad affermarlo è stato il Capo del Dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio in visita a Soverato, in Calabria dove stamattina ha inaugurato il Centro operativo misto (Com). “Con Gabrielli – ha spiegato – abbiamo condiviso la spesse insonnie ed è naturale, adesso, che io abbia le stesse preoccupazioni che aveva lui” e cioè gli “incubi notturni” siano il Vesuvio e la Calabria.

Curcio, ha aggiunto che “la Calabria ha il numero più elevato di comuni esposti a rischio sismico e presenta delle forti problematiche idrogeologiche, ma non è certamente l’unico problema che dobbiamo affrontare perché le questioni cui fare fronte sono tante”. Non solo dunque elevato rischio sismico per lo Stivale, ma anche il dissesto idrogeologico che sono vere emergenza naturali nella regione. Proprio a Soverato, dove si è recato il capo della Protezione civile, nel 2000 una frana causata da una forte alluvione causò la morte di 13 persone accampate nei pressi di un rigagnolo.

“Il Dipartimento di Protezione civile è presente oggi come in passato per stimolare la crescita di consapevolezza dei rischi e la capacità organizzativa a livello locale. L’inaugurazione di un “Com” come quello che diventa operativo oggi qui a Soverato è certamente un importante momento di aggregazione. Adesso dobbiamo continuare il percorso di crescita strutturale e di relazioni per il quale, comunque, ho potuto constatare che qui ci sono i presupposti e gli elementi fondamentali come la presenza del Prefetto, della Regione, dei sindaci e delle associazioni di volontariato”.

“Le forze e le risorse quando si parla di Protezione civile – ha detto ancora Curcio rispondendo alle domande dei giornalisti – non sono mai sufficienti, ma io più che della quantità mi preoccuperei della qualità e della capacità di lavorare insieme e di sapere collaborare. I tagli alle risorse che sono stati effettuati, tra l’altro, hanno fatto emergere la necessità di una maggiore cooperazione. Questa situazione sta obbligando soggetti che magari in passato avevano più certezze economiche ma che non cooperavano a compiere uno sforzo maggiore in questo senso. I tagli devono indurre anche a fare scelte e adesso è arrivato il momento di farle”.

Isis, In Gran Bretagna minaccia di attacco con armi chimiche

Jihadista con la bandiera dell'Is. Il Times: In UK Isis vuole colpire con armi chimicheIn Gran Bretagna c’è una “minaccia crescente” di un attacco con armi chimiche condotto dai jihadisti dell’Isis che tornano nel Regno Unito dopo essere stati in Siria o in Iraq. E’ quanto scrive il quotidiano “The Times” in prima pagina, citando esperti della sicurezza. In particolare potrebbero essere preparate bombe al cloro, una sostanza che si può trovare facilmente e in larghe quantità nel Paese e che gli jihadisisti avrebbero a disposizione anche in Iraq.

Il colonnello Hamish de Bretton-Gordon, uno dei maggiori esperti del paese in guerra chimica, – scrive il quotidiano – ha esortato i ministri inglesi a rafforzare i controlli sulla vendita di cloro. “Ci sono molti jihadisti intenzionati a tornare in questo paese e c’è la possibilità che possano usare armi chimiche”, ha confermato.

Nel mentre, in Siria, l’Ondus ridimensiona il bilancio delle vittime per mano dell’Isis, sono 67 i morti, i civili uccisi a Palmira e nella regione circostante dall’Isis dall’inizio dell’offensiva jihadista, 12 giorni fa. Tra le vittime anche 12 donne e 14 minorenni, compresi ragazzi e bambini. Il bilancio e’ stato fornito durante la notte dall’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), dopo che ieri la Tv siriana aveva parlato di 400 civili uccisi, in maggioranza donne e bambini.

L’ong aggiunge che sono stati giustiziati, in maggioranza decapitati, 150 soldati, miliziani filo-governativi o presunti informatori del regime. Altri 600 militari, miliziani e civili sospettati di essere “agenti delle forze del regime” sono stati fatti prigionieri dallo Stato islamico e sulla loro sorte non si sa nulla. Le uccisioni di cui parla l’Ondus sono avvenute non solo a Palmira ma anche nella regione circostante, a partire dalla cittadina di Al Sukhna, 30 chilometri a Est, da dove e’ partita l’offensiva che ha portato i jihadsti ad impadronirsi della citta’-oasi.

L’ong precisa che la maggior parte dei civili uccisi erano accusati di avere nascosto nelle loro case membri delle forze del regime ai quali l’Isis dava la caccia dopo la caduta di Palmira.

In migliaia scappano da Ramadi veerso Baghdad
Circa 55 mila persone sono in fuga da Ramadi, la città irachena conquistata dall’Isis lo scorso 17 maggio. Lo affermano fonti delle Nazioni Unite, spiegando come la maggior parte dei fuggitivi sta tentando di raggiungere Baghdad. In marcia ci sarebbero circa 9.000 famiglie, alle quali viene distribuito dal personale di alcune agenzie Onu un “dignity kit” che contiene prodotti per l’igiene di base come dentifricio, spazzolino, shampoo, sapone, prodotti per l’igiene femminile e biancheria intima

Sondaggio su sito Tv Al Jazeera, 80% sostiene avanzata dell’Isis
Più dell’80% di internauti che hanno navigato nel sito Internet di al Jazeera, la tv panaraba edita dal Qatar, si dicono “sostenitori delle vittorie dello Stato islamico” (Isis) in Iraq e Siria. Nella sezione dei sondaggi del sito di al Jazeera da sabato scorso è posta la domanda e fino a oggi 81,2% di risposte sono da “sostenitori delle vittorie dell’Isis”, mentre il 18,8 ha affermato di non sostenere l’offensiva jihadista. Il numero dei votanti totale è stato finora 37.027. Di questi, oltre 30mila hanno detto di sostenere l’avanzata dell’Isis.

Elezioni Polonia, vince il nazionalista Duda. Renzi: "Ue Cambi"

Andrzej Duda è il nuovo presidente della Repubblica di Polonia
Andrzej Duda è il nuovo presidente della Repubblica di Polonia (Reuters)

Il candidato nazionalista polacco Andrzej Duda, con il 51,55% dei consensi, ha vinto il ballottaggio delle presidenziali in Polonia battendo il presidente uscente, Bronislaw Komorowski. Il vincitore deve la sua affermazione al voto di agricoltori, operai, disoccupati, pensionai e studenti, riferisce l’istituto Ipsos, lo stesso che ha realizzato gli exit poll. Secondo Ipsos , Duda ha ricevuto il 66,4% dei voti fra gli agricoltori, il 61,9% fra gli operai, il 63,8% di studenti, il 62,4% di disoccupati, il 52,9% di pensionati.

Komorowski si è fermato al 48,45%. L’affluenza è stata pari al 55,34%: quasi 17 dei 30 milioni di aventi diritto. La Polonia svolta dunque a destra dopo la parentesi dei conservatori liberali che avevano conquistato la presidenza dopo la misteriosa morte di Lech Kaczyński a Smolensk nel 2010.

Al primo turno, lo sfidante di Komorowski aveva superato il presidente uscente di quasi un punto percentuale. Il profilo di Duda è quello di un nazionalista ultraconservatore ed euroscettico, che aveva avuto un’esperienza di governo tra il 2006 e il 2007 come viceministro della Giustizia nell’esecutivo guidato da Jarosław Kaczyński.

Andrzej Duda mentre va a votare a Cracovia
Andrzej Duda mentre va a votare a Cracovia (Reuters)

Antieuropeista convinto, Andrzej Duda proviene dal partito Pis (Diritto e Giustizia) fondato dai fratelli Kaczyński e vince le presidenziali sotto la spinta antiausterity Ue e per un diffuso malcontento del governo di Ewa Kopacz, nominata primo ministro da Komorowski dopo che l’ex presidente Donald Tusk, il predecessore progressista di Kopacz, è stato chiamato a presiedere il Consiglio europeo.

Jarosław Kaczyński avevano ricoperto il ruolo di primo ministro dal 14 luglio 2006 al 16 novembre 2007. Il fratello gemello Lech era stato eletto presidente della Repubblica. Uno dei precursori degli euroscettici, venne travolto da una violentissima campagna mediatica che lo indicava come colui che rifiutava il “progresso” e i “benefici” dell’Unione europea. Una campagna che gli fece perdere le elezioni politiche a favore di Donald Tusk. Dopo la sconfitta Jarosław rassegnò le dimissioni, mentre il fratello Lech restò presidente fino al misterioso incidente aereo a Smolensk, in Russia che gli costò la vita.

Dopo la morte di Lech, il fratello è stato candidato alle presidenziali, ma pure arrivando al secondo turno di ballottaggio, ha perso contro Bronisław Komorowski. Dopo cinque anni, ecco arrivare la vittoria di Andrzej Duda, che riscatta il PiS e allarga il fronte antieuropeista insieme a Grecia, Spagna e altri paesi che espressero il loro dissenso contro l’Ue già alle passate elezioni europee e negli ultimi anni con le affermazioni di Farage, Le Pen, Grillo, Tsipras e altri.

Renzi: “Europa cambi”
Il premier italiano, Matteo Renzi avverte l’Europa: “Il vento della Grecia, il vento della Spagna, il vento della Polonia non soffiano nella stessa direzione, soffiano in direzione opposta, ma tutti questi venti dicono che l’Europa deve cambiare e io spero che l’Italia potrà portare forte la voce per il cambiamento dell’Europa nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”.

Berlusconi da Fazio: "Sono sereno, ma non sono mai stato felice"

 Berlusconi da Fazio a che tempo che fa
Berlusconi da Fazio a che tempo che fa

Silvio Berlusconi è stato ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa” su Raitre in vista delle imminenti elezioni regionali. Berlusconi si mostra quello di sempre: parla a 360 gradi lasciando poco al conduttore. La prima battuta la fa ovviamente lui: “Le posso dare un consiglio da vecchio editore? – chiede a Fazio – Deve tagliarsi quella barba grigia”. Se in 12 anni Berlusconi non è mai stato ospite di un programma di Fazio, è stato perché: “Non mi hanno mai consegnato i suoi inviti” ha detto il presidente di Forza Italia.

Leadership – L’intervista passa al progetto portato avanti nelle ultime settimane da Berlusconi, un soggetto politico unico di centrodestra: “I moderati d’Italia oggi non sono una maggioranza politica organizzata, devono passare ad essere una maggioranza politica. Significa che si deve dare vita a un grande soggetto, un comitato elettorale leggero. Ho fatto l’esempio del partito repubblicano americano.

Qualcosa del genere, ma la cosa importante è che la crociata di libertà che sto lanciando va nella direzione di una maggioranza politica dei moderati. L’unica possibile per strappare il potere alla sinistra. Forza Italia può essere lievito, ma devono venire altri partiti e associazioni. Tutti i moderati che sono divisi in due. Non abbiamo mai imparato a votare, perché frazioniamo il voto”. Come sarà scelto il nuovo leader di questo soggetto è ancora tutto da definire, Berlusconi però esclude lo strumento usato dal centrosinistra: “Se parliamo di primarie vanno cambiate, non come quelle manipolabili di oggi. Con le primarie sono stati scelti i peggiori sindaci della storia”.

Pentito – Fazio chiede: “Si è mai chiesto ‘Chi me lo ha fatto fare?'”. Berlusconi risponde: “Nella vita ho fatto tante cose, ho sempre messo in campo progetti ambiziosi. Tutti dicevano ‘non ci riuscirai’ e invece li ho portati fino alla fine. Non avevo intenzione di lasciare il lavoro di imprenditore, ma davanti al pericolo del potere nelle mani del partito comunista… e oggi è ancora vivo questo pericolo”. “Anche Renzi comunista?” chiede Fazio. “Lui si appoggia ancora al partito legato alle vecchia ideologia. L’Italia è in una situazione preoccupante, non siamo una democrazia: gli ultimi tre governi non sono mai stati eletti dal popolo. La nostra è una democrazia che non mostra di cosa ha bisogno il Paese e stiamo entrando in una crisi che non ci farà competere con il resto del mondo”.

Larghe intese – Ma il patto del nazareno e i governi Monti e Letta?: “Noi abbiamo sempre avuto senso dello Stato e di responsabilità e abbiamo dato il nostro voto, sperando che questi governi realizzassero la rivoluzione liberale che ho sempre voluto realizzare. Ancora oggi ce l’ho in mente, senza non si potrà modernizzare il paese verso lo sviluppo e il benessere”.

Alleati – Cosa pensa Berlusconi degli ex alleati, chi ha sbagliato: “Hanno abbandonato Forza Italia dei professionisti della politica, per tutti noi è un servizio per il Paese, un dovere. Per loro è un’utilità personale. Sono abituati a prendere uno stipendio dallo Stato e prendono un partito come fanno con un taxi. Sono tutti finiti nel nulla, senza un futuro politico”. E Alfano?: “È attaccato alla sua poltrona con un forte affetto”. E allora le questioni politiche di Fitto, il calo di consensi?: “Lei sa quante ore di tv nazionale fa Renzi? 6 ore alla settimana. Salvini? 6 ore a settimana. In un anno Berlusconi zero ore. Lei ha di fronte Berlusconi per la prima volta dopo un anno di assenza: vorrei un applauso di incoraggiamento”.

Servizi sociali – Le hanno insegnato qualcosa i servizi sociali?: “Non avevo niente da imparare che non sapessi già. Sono stato vicino a persone che soffrono, il momento più gradevole era il venerdì quando andavo vicino a loro. Ero in mezzo agli operatori sanitari che lavoravano con tanta passione, ero confortato dal fatto che in giro c’è tanta gente per bene”.

Riforme – “Lei ha governato 3340 giorni, il miracolo italiano non si è realizzato – ha rintuzzato Fazio – cosa glielo ha impedito rispetto a Renzi che ha avviato la riforma sul lavoro?”, il Cavaliere ha risposto: “Renzi ha fatto tante cose che non hanno influito sull’economia, se non in peggio. Le cause della non realizzazione della rivoluzione liberale vanno cercate nella coalizione, dove i piccoli partiti guardano solo al proprio interesse personale con l’ambizione politica dei leader; poi ho avuto tre Capi dello stato ostili. Quando mi sono opposto all’attacco della Libia, mi sono trovato un Presidente della Repubblica ostile, in quanto capo delle forze armate. La sinistra ha sempre ragionato sul tanto peggio tanto meglio. Poi ho avuto contro tutti i grandi giornali italiani e la magistratura. Nessuno ci sarebbe riuscito.

Rivoluzione liberale – Torna un cavallo di battaglia di Berlusconi, la rivoluzione liberale sintetizzata in tre punti: “Razionalizzazione della macchina dello Stato. Riforma del Fisco, siamo la maglia nera della pressione fiscale in Europa. Riforma profonda della magistratura. Senza queste tre riforme, gli italiani saranno sempre oppressi e nessuno sarà certo dei propri beni e della propria libertà. Oggi c’è una prospettiva di povertà, per questo sento dentro la responsabilità di impegnarmi”.

La crociata – Chi è il nemico?: “Ho avuto il grande merito di decretare la fine politica di Grillo alle Europee. La storia di Grillo si è fermata lì, oggi in Parlamento i suoi non contano nulla e nulla di quello che propongono viene preso in considerazione, non è più un pericolo e andrà verso un degrado inesorabile”. Perché un pericolo: “Il disegno politico dei 5 stelle è demenziale. Anche Grillo ha capito il fallimento e si sta staccando dalla sua creatura”. Ma la Lega ha superato Forza Italia: “Non si può resistere a un partito che va oltre 6 ore a settimana in tv”. Perché allora manca dalla tv?: “Perché ho avuto forte indicazione di non andarci, è una cosa imposta”. Allora il nemico: “Nel ’94 grazie a ma il partico comunista italiano non è andato al potere. Si chiamava Pds e aveva solo fatto un lifting. In due mesi ho portato i moderati a palazzo Chigi, ma poi ho subito i primi attacchi della magistratura…”.

Milan – Ma scusi il Milan potrà essere comprato da un imprenditore vicino al Partico comunista italiano. Lei poi è qui mentre gioca il Milan, quindi non le interessa più, lo vende?: “Il mondo del calcio è cambiato, sono entrati i petroldollari, Qatar versa 250 milioni di euro ogni anno al Psg. Una famiglia sola non può farcela, quindi sto cercando qualcuno che mi dia una mano e riportare il Milan protagonista come durante la mia presidenza”. Pentito di aver mandato via Allegri?: “Parliamo di cose serie, giocatori e allenatori non sono paragonabili ai problemi seri del nostro Paese”.

Matrimonio gay – In Irlanda è passato il referendum sui matrimoni gay e la sua compagna è molto sensibile sul tema: “Abbiamo in Forza Italia un dipartimento che se ne occupa. In un Paese civile non capisco perché una coppia di persone che siano di sesso diverso o dello stesso sesso non possano stare insieme e ricevere aiuto economico come un’eredità”.

Patto del Nazareno – Si ricompatterà con il Pd?: “Renzi ha chiesto 17 modifiche e il rapporto si è degradato. Abbiamo accettato anche le modifiche che meno ci piacevano, ma quando abbiamo nominato il PResidente della Repubblica, Renzi ha scelto da solo”. Nessun ritorno insieme: “Non ho niente in contrario con Renzi, lui è un professionista della politica, io sono imprenditore. Lui fa slogan e basta”. Ma anche lei presidente: “Io non ho mai fatto slogan senza crederci”.

Sono state pubblicate molte foto personali, anche con Dudù ormai famosissimo. Alcuni dicono che sono foto molto tenere, altri dicono che siano momenti di solitudine. Lei si sente felice?: “Io non so davvero cosa sia la felicità. Mi sento sereno, anche se preoccupato. Ho sempre fatto quello che sentivo il dovere di fare e ho sempra agito con rispetto anche nei confronti dei più umili”.

Lavoro, Papa Francesco contro precarietà, lavoro nero e la cultura dello scarto

Papa Francesco contro precarietà e nell'Aula e lavoro nero durante l'udienza alle Acli
Papa Francesco nell’Aula Paolo VI per l’udienza alle Acli (Ansa/Di Meo)

 “L’estendersi della precarietà, del lavoro nero e del ricatto malavitoso fa sperimentare, soprattutto tra le giovani generazioni, che la mancanza di lavoro toglie dignità, impedisce la pienezza della vita umana e reclama una risposta sollecita e vigorosa”. E’ quanto ha detto Papa Francesco durante l’udienza alle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (Acli).

Accolto da applausi nel corso dell’udienza, Bergoglio accenna “alla dimensione dei problemi” , a quella “inedita e veloce riproduzione delle disuguaglianze la cui ampiezza non possiamo permettere”. Per questo “dobbiamo proporre alternative eque e solidali che siano realmente praticabili”.

“Una risposta contro il “deo” denaro e contro cultura dello scarto”
Una risposta “sollecita e vigorosa” ha aggiunto il pontefice, “contro questo sistema economico mondiale dove al centro non ci sono l’uomo e la donna, ma il dio denaro, che è quello che comanda. E questo “deo” denaro, distrugge, e provoca la cultura dello scarto, si scartano i bambini perché si sfruttano e si uccidono prima di nascere. Si scartano gli anziano con non hanno cure dignitose, non hanno medicine, hanno pensioni miserabili”.

“Ma si scartano anche i giovani”, ha detto il Papa, perché “oltre il 40% non ha lavoro” e quindi, afferma, “sono materiale di scarto offerto in sacrificio al “deo” denaro, al centro di questo sistema egoistico” . “Non possiamo tarpare le ali a quanti, in particolare giovani, hanno tanto da dare con la loro intelligenza e capacità; essi vanno liberati dai pesi che li opprimono e impediscono loro di entrare a pieno diritto e quanto prima nel mondo del lavoro”. Poi elenca le quattro caratteristiche del Lavoro secondo la Chiesa: “Libero, creativo, partecipativo e solidale”. “Il lavoro  – ha spiegato Francesco – è succube di nuove oppressioni, dell’uomo su altri uomini, di nuove organizzazioni schiavistiche che opprimono i più poveri in particolare donne e bambini”, costretti “a un lavoro indegno”.

“Welfare non è un costo,è infrastruttura sviluppo”
“E’ una importante battaglia culturale – ha detto il Papa Francesco alle Acli – quella di considerare il welfare una infrastruttura dello sviluppo e non un costo”, ha detto il Papa. “La proposta di un sostegno non solo economico alle persone al di sotto della soglia di povertà assoluta, che anche in Italia sono aumentate negli ultimi anni, può portare benefici a tutta la società”.

Sentenza pensioni, è scontro istituzionale tra Consulta e Governo

Pier Carlo Padoan e Alessandro Criscuolo scontro sulle pensioni
Pier Carlo Padoan e Alessandro Criscuolo

Sulle pensioni è scontro istituzionale tra organi dello Stato. Venerdì il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan con garbo rileva alla Corte costituzionale che avrebbe dovuto valutare l’impatto economico sulla sentenza che ha bocciato il blocco 2012-2013 della rivalutazione per le pensioni superiori a tre volte il minimo.

Una decisione che ha messo a soqquadro i conti dello Stato senza considerare “il buco” che avrebbe creato nei conti pubblici, afferma il ministro Padoan in una intervista a Repubblica. “L’autonomia della Corte – ha sottolineato – è intoccabile” ma se ha “un’implicazione di finanza pubblica deve esserci una valutazione dell’impatto”. L’auspicio, dunque, che “in futuro l’interazione sia più fruttuosa”.

E sempre sul quotidiano di Ezio Mauro il presidente della Consulta, Alessandro Criscuolo difende queslla scelta “Eravamo e siamo sereni. La Corte, come sempre, ha giudicato secondo coscienza e secondo le regole. Non ho nessuna ragione – aggiunge – di coltivare una polemica con il ministro Padoan. Ma dare per scontato che la Corte dovesse acquisire i dati (dell’impatto sui conti pubblici, ndr) prima di decidere sulle pensioni mi sembra che non risponda all’attuale disciplina che regola il funzionamento della Consulta”.

“D’altra parte – prosegue -, acquisire questi dati a cosa doveva condurre? Forse all’accertamento del numero delle pensioni coinvolte? O sarebbero dovuti servire per formare il nostro convincimento? Ma tutto questo non corrisponde alla natura della Corte costituzionale, che opera come un giudice, e quindi non ha la possibilità di aspettare dati che, a tuttora, mi sembrano incerti, perché non si sa qualche sia l’entità del cosiddetto buco determinato dalla sentenza”. In sostanza Criscuolo dice a Padoan che l’impatto poteva essere anche di cento miliardi col rischio che lo Stato andava nel baratro, ma la Consulta ha osservato come un arbitro le regole dettate dalle leggi e dalla Costituzione.

Detto questo, “se il ministero dell’Economia aveva a cuore i dati sulle pensioni – osserva il presidente Criscuolo – poteva trasmetterli alla Corte”. “Il principio della sentenza – sottolinea – dovrebbe valere per tutte le pensioni, ma specialmente per quelle più basse”. Sul perché abbia fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte della bocciatura della legge Monti, Criscuolo spiega: “Mi è sembrato che ci fosse una violazione degli articoli 36 e 38 della Costituzione, nei quali si garantisce al lavoratore, fra l’altro, il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”. A chi gli fa notare, tuttavia, che anche l’articolo 81 della Costituzione garantisce il principio dell’equilibrio di bilancio il presidente della Consulta afferma che “questo principio effettivamente è stato costituzionalizzato, ma non spetta alla Corte garantirlo, bensì ad altri organi dello Stato”.

Il rilievo del ministro alla Corte costituzionale ha generato alcune reazioni politiche: Forza Italia chiede l’intervento del Quirinale. “È inaccettabile l’attacco del ministro Padoan alla Corte costituzionale. Inaccettabile ed eversivo”, dice il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, sostenendo che “occorre che intervenga il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella”. Padoan, dice ancora Brunetta, “chieda scusa o si dimetta”, mentre i deputati del Movimento Cinque stelle arrivano a parlare di “bestemmia istituzionale” commentando le parole del titolare di via XX settembre.

Al contrario, per il leader del Centro democratico Bruno Tabacci “sulla rivalutazione delle pensioni ha ragione il ministro dell’Economia, il giudizio della Corte non può essere asettico”. Dal fronte sindacale, il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, difende la Consulta: “Non è un ufficio del ministero dell’Economia e delle finanze. Ha il compito di valutare la coerenza delle leggi con la Carta” e, dunque, “una critica gliela si può rivolgere se si pensa che il suo pronunciamento sulla riforma Fornero non sia una interpretazione corretta della Costituzione”.

Ventitrè anni fa a Capaci venne ucciso dalla mafia Giovanni Falcone

Giovanni Falcone
Giocanni Falcone

Il 23 maggio 1992 veniva ucciso il magistrato antimafia Giovanni Falcone. Un attentato di Cosa nostra a Capaci, sulla strada che collega l’aeroporto Punta Raisi a Palermo fece saltare in aria mezza autostrada su cui viaggiavano le auto del giudice insieme alla moglie Francesca Morvillo e quella dei tre uomini della scorta.

A ventitrè anni di distanza, quella strage che scosse l’Italia e il mondo oggi sarà ricordata a Palermo da 40 mila studenti, e dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, presente il capo dello Stato, Sergio Mattarella, palermitano che già ha avuto un lutto familiare per mano della mafia.

Nell’aula bunker dell’Ucciardone, ci saranno anche i ministri della Giustizia, Andrea Orlando, e dell’Istruzione, Stefania Giannini. Una giornata della memoria di quel sabato del 1992 quando, alle 17.58 esplosero sotto l’autostrada che collega Palermo all’aeroporto 500 chili di tritolo che uccisero il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Rocco Di Cillo, Vito Schifani e il caposcorta Antonio Montinaro.

Sergio Mattarella a Palermo in ricordo di Falcone
Sergio Mattarella a Palermo in ricordo di Falcone

Fu “l’attentatuni”, come lo definit’ il killer mafioso Gioacchino La Barbera. Meno di due mesi dopo, il 19 luglio, un’altra bomba di Cosa nostra farà tremare la città scoppiando in via Mariano D’Amelio per assassinare il giudidce Paolo Borsellino, collega e amico d’infanzia di Falcone, e i cinque poliziotti che lo proteggevano, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano.

Anche questa strage sarà commemorata domani. Tra i due eccidio, qualcosa s’era rotto nelle coscienze e nella società e qualcosa cominciava a cambiare. Nacquero movimenti spontanei, lenzuola bianche appese ai balconi di Palermo diventarono simboli del rifiuto dlla mafia. Cgil, Cisl e Uil raccolsero quel sentimento di ribellione con una mobilitazione nazionale antimafia sotto lo slogan “L’Italia parte civile”.

A Palermo, il 27 giugno del 1992, arrivarono centomila persone da tutto il Paese e non solo, con novecento pullman, dieci treni, sei aerei e sette navi. Palermo si colorò di bandiere, cartelli e striscioni, si riempi di taccuini e telecamere e fu palcoscenico della prima grande manifestazione nazionale unitaria dei sindacati confederali per la legalità. E contro la cultura e la società dei boss.

“Ricordo sempre – ha detto Maria Falcone, sorella del giudice e presidente della Fondazione – che in Italia la vera guerra alla mafia si è scatenata dopo la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, quando la società civile è scesa in piazza e ha chiesto a gran voce allo Stato un’azione contro il crimine organizzato, degna di uno Stato civile”.

Cgil, Cisl e Uil chiesero allora che il “potere mafioso venga isolato nelle coscienze; indebolito nelle sue connivenze con i settori inquinati delle istituzioni, della pubblica amministrazione, dell’imprenditoria, dei partiti”, e si impegnarono a sostenere “con forza gli apparati dell’investigazione, della sicurezza, dell’azione giudiziaria”.

“Noi – ebbe a dire l’allora leader della Cisl Sergio D’Antoni illustrando l’iniziativa assieme a Bruno Trentin (Cgil) e Adriano Musi (Uil) – vogliamo dare testimonianza a Falcone determinando un moto popolare continuo e costante” che sia di “stimolo e pressione per tutti i poteri costituzionali”.

E per Trentin, il sindacato intendeva contribuire alla costruzione di “un rapporto nuovo fra le forze di pubblica sicurezza e il cittadino: snodo importante per un reale presidio del territorio”. La protesta dei confederali contro l’economia e la società mafiose si ripetè, con lo stesso slogan e ancora a Palermo, dieci anni dopo. Ora, 23 anni dopo, l’attuale segretario della Cisl Sicilia, Mimmo Milazzo, sottolinea che “il punto è non dimenticare. Non abbassare la guardia. Anzi, tenerla alta a tutti i livelli. Contro corruzione, ingiustizia, economia criminale. Prevaricazione parassitaria dei boss”. #ionondimentico

Bari, Elisoccorso "perde" il Policlinico, atterra in un campo e chiede informazioni

elisossorso si perde in volo a Bari
La strada con l’ambulanza di “recupero” dell’elisossorso nel campo (quotidianoitaliano.it Bari)

BARI – La scarsa “segnaletica nei cieli” del Mezzogiorno d’Italia ha fatto perdere la rotta a un elicottero del 118 con a bordo un ustionato grave. Il pilota, sorvolando i cieli pugliesi a un certo punto ha perso la “bussola” e non sapendo più dove andare ha tentato un atterraggio di fortuna in un campo abbandonato da dove ha chiesto informazioni ai passanti di una strada vicina. La storia incredibile, ma vera, è successa a Bari, in Puglia.

L’elisoccorso proveniva da Catanzaro con a bordo un uomo di Tropea che doveva essere trasportato al Centro Grandi Ustionati di Bari. “Scusate, dov’è il Policlinico?”, ha chiesto il pilota alla gente incredula. La scena è avvenuta a Bari, in via Matarrese, riportano dai giornali locali.

L’elicottero, con a bordo un pescatore con ustioni al volto e al torace, che doveva essere sottoposto ad un intervento di chirurgia plastica nel nosocomio ha fatto un atterraggio di fortuna su un terreno incolto perché il pilota non riusciva a individuare la vicina torretta di controllo del Policlinico e la pista per l’elisoccorso.

Elisossorso si perde in volo.
Elisossorso si perde in volo e atterra in un campo incolto (quotidianoitaliano.it Bari)

I passanti invece che dare informazioni che potessero confondere ancora di più il pilota, avrebbero convenuto con lui di chiamare gli operatori del 118 barese che sono arrivati in ambulanza a recuperare il paziente, con gli infermieri costretti a farsi largo tra le sterpaglie per raggiungere l’elicottero. Il pescatore, passato il “panico” dell’atterraggio di fortuna, è ora ricoverato al Policlinico di Bari. Le sue condizioni non sono gravi.

Matteo Renzi in Campania con De Luca: "Battiamo la camorra con il lavoro"

Matteo Renzi in Campania insieme a Vincenzo De Luca al comizio di Salerno
Matteo Renzi e Vincenzo De Luca al comizio di Salerno (Ansa/Fusco)

Matteo Renzi è in giro per le sette regioni che domenica 31 maggio andranno al voto per il rinnovo delle assemblee regionali. 23 milioni di italiani chiamati al voto per rinnovare anche sindaci e consigli comunali. Tra questi 18 capoluoghi di provincia.

Il premier oggi è stato in Campania, dove il centosinistra contro l’uscente Stefano Caldoro schiera Vincenzo De Luca, ex sindaco di Salerno riabilitato dal Tar. Un tour di qualche ora. Tanto quanto basta per garantire la presenza ad un uomo che l’establichment del Pd romano, segretario in testa, non gradiva molto. Poi le primarie hanno sciolto ogni dubbio.

E a Salerno che Renzi con il candidato Pd ha arringato gli elettori sui temi cari al mezzogiorno. Lavoro e camorra. “La Whirlpool di Carinaro non è solo il tema di un’azienda. Se arriva la desertificazione industriale di un territorio, lo Stato si arrende”, ha detto il premier aggiungendo che La camorra si combatte corpo a corpo creando occupazione sui territori”.

“Dobbiamo prendere un impegno”, promette. E cioè che “l’espressione Terra dei fuochi alla fine di questa legislatura dovrà appartenere al passato”.

“In questa campagna elettorale non pensiamo alle dinamiche del Pd. In questi dieci giorni, pancia a terra e testa alta, andate a far capire alle persone che questa campagna elettorale non è quella di De Luca o del Pd”, è quella in cui si “decide il futuro”. Se qualcuno, nel Pd, “vuole andar via, andrà via o resterà”, ha detto.

“Alla fine di questa campagna elettorale, la politica italiana non deve contare il numero delle Regioni vinte ma quanti posti di lavoro riusciremo a mettere in piedi rimettendo al centro, non contano vicende interne del partito ma la possibilità di vedere crescere i propri sogni da parte degli italiani”, ha detto Renzi.

“L’Italia ce la farà se smettiamo di occuparci di polemiche interne”, così Matteo Renzi rivolgendosi alla platea del Pd di Salerno. “Chi vuole discutere – ha aggiunto Renzi – lo farà nella sede naturale, che è quella del congresso. Ma adesso – ha concluso Renzi – occupiamoci della Campania, sosteniamo Vincenzo De Luca, e occupiamoci dell’Italia”

“In Liguria – conclude renzi – chi ha perso le primarie (Cofferati, ndr) è andato via con il pallone” con l’unico obiettivo di far vincere Berlusconi e Toti. Noi siamo una grande comunità, spesso ce ne diciamo di santa ragione, ma prima del destino del Pd viene il destino della nostra comunità”.

NOTIZIE DALLA CALABRIA

ITALIA E MONDO