8 Ottobre 2024

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Cuneo, ucciso un gioielliere durante un furto in villa. E’ giallo

La villa di Patrizio Piatti, il pensionato ucciso dai ladri nella frazione San Lorenzo, vicino Alba, nel Cuneese
La villa di Patrizio Piatti, il pensionato ucciso dai ladri nella frazione San Lorenzo, vicino Alba, nel Cuneese (foto da La Stampa)

CUNEO – Un imprenditore, Patrizio Piatti, 64 anni, è stato ucciso nella sua villa di Monteu Roero, frazione San Lorenzo, vicino Alba, nel Cuneese, in quello che sembrerebbe un tentativo di furto. L’omicidio è avvenuto stamattina intorno alle 6.40.

Probabilmente due persone si sono introdotte nella villa della coppia per commettere una rapina, ma sono stati sorpresi dal padrone di casa, un gioielliere in pensione.

La moglie ha raccontato ai Carabinieri della vicina stazione di una colluttazione con una persona, sorpresa a rubare, nel corso della quale sarebbe partito un colpo di pistola che ha colpito l’imprenditore alla testa. Il racconto della donna è al vaglio scrupoloso dei militari dell’Arma.

Secondo alcune fonti, la versione di Maddalena, 63 anni, moglie dell’orafo, non convincerebbe del tutto gli inquirenti, in quanto dalla casa non sarebbe stato portato via nulla. Ma probabilmente i killer, dopo le urla e gli spari sono scappati via senza rischiare oltre. In ogni caso i Carabinieri indagano a 360 gradi, anche nella vita privata del Piatti.

Secondo una prima ricostruzione, l’omicida sarebbe entrato nella villa con un complice. Forse utilizzando il garage. Appena dentro, Patrizio Piatti ha sentito dei rumori ed è andato a vedere da dove provenissero quando all’improvviso si sarebbe trovato davanti i due ladri armati e malintenzionati.

A seguito della colluttazione sarebbero partiti alcuni colpi di pistola, uno dei quali ha centrato lo sfortunato pensionato. Appena esplosi i colpi i due sono scappati. Le Forze dell’Ordine hanno allestito posti di blocco in tutta la zona. Ora è caccia aperta ai killer.

Nella villetta è giunta la Scientifica con il magistrato di turno per i rilievi di rito. Tutta l’area è stata transennata per non inquinare l’area dov’è maturato il delitto. L’omicidio di Patrizio Piatti ha suscitato molto clamore e timore tra i vicini della coppia nella frazione collinare. Non sono pochi i furti e le rapine registrati nelle provincia di Cuneo. Ma nell’omicidio Piatti gli investigatori battono tutte le piste.

Gli schiavisti deportano migranti, mentre la politica litiga e l'Ue guarda

Schiavisti deportano migranti nel Mediterraneo
Migranti nel Mediterraneo in una foto aerea

Nel giro di pochi giorni sono tra Sicilia e Calabria sono sbarcati quasi 6mila migranti. La scorsa settimana erano sbarcate circa 3.500 persone. Stamattina 1.085 migranti di diverse nazionalità sono approdati nei porti di Crotone e Corigliano Calabro a bordo delle navi Driade e Vega della Marina Militare. Tra gli immigrati ci sono oltre 150 minorenni e dieci donne incinte. Le condizioni di salute sono buone, è stato accertato ad un primo esame.

Mentre nel porto di Catania, nel pomeriggio, alle 16, è attraccata la nave della Marina militare britannica “Bulwark” con a bordo 1.143 migranti, tra cui nove donne incinte. I migranti sono stati tratti in salvo ieri in otto distinti interventi al largo della Libia, sette dei quali compiuti dall’unità navale britannica e uno dalla nave della Marina Militare ”Fasan”.

TRAFFICO SCHIAVISTI PROSEGUE E ALIMENTA SCONTRO POLITICO
Un traffico incessante di esseri umani nel Mare Nostrum, che avviene “nella totale indifferenza dell’Ue che nella suddivisione delle quote gira lo sguardo altrove”, ammoniscono fonti accreditate. In Italia, “lasciata sola” sono invece molte le polemiche politiche anche con toni accesi e qualche minaccia tra chi sostiene che la “misura è colma”, come affermano alcuni governatori del Nord e chi ritiene che l’idea di Roberto Maroni di diffidare i sindaci ad accogliere gli immigrati sia da considerare “demagogica”, come ha detto il governatore della Calabria, Mario Oliverio.

Franco Corbelli del Movimento Diritti Civili
Franco Corbelli del Movimento Diritti Civili

SINDACO CALABRESE: “NOSTRO IMPEGNO NON PUO’ DURARE A LUNGO”
Sempre in Calabria, il sindaco di Corigliano Calabria, Giuseppe Geraci, si schiera con il presidente della regione Lombardia: “Sono pienamente d’accordo con la posizione del Presidente della Lombardia, Roberto Maroni. Il nostro impegno non può durare all’infinito”.

CORBELLI (DIRITTI CIVILI) ANNUNCIA ESPOSTO CONTRO REGIONI RIBELLI
Il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli che ha annunciato un esposto denuncia alla Procura della Repubblica di Milano contro il Governatore della Lombardia Roberto Maroni. Nell’esposto, Corbelli chiede di “valutare se si configurano ipotesi di reato nelle affermazioni di Maroni sul trasferimento di fondi ai comuni per l’accoglienza dei migranti”, esposto che può presentare anche contro le regioni Liguria e Veneto.

SALVINI: “OCCUPEREMO LE PREFETTURE” “Come Lega siamo pronti a bloccare le prefetture e a presidiare tutte quelle strutture che a spese degli italiani qualcuno vuole mettere a disposizione di migliaia di immigrati clandestini”. Lo ha detto Matteo Salvini collocandosi sulla stessa “linea dura” espressa da Roberto Maroni, il quale ieri ha ipotizzato la riduzione dei trasferimenti regionali ai sindaci lombardi che dovessero accogliere nuovi migranti.

RENZI “DIAMO NOI INCENTIVI AI COMUNI PER ACCOGLIERE”
Chi entra nel dibattito ancora dal G7, in Baviera, è il premier Matteo Renzi che percorre il sentiero opposto a quello di Maroni, Zaia e Toti: “Dobbiamo dare incentivi, anche nel patto di stabilità, a quei comuni che ci danno una mano nel gestire l’accoglienza dei migranti”.

Renzi al G7 in Baviera. Di spalle il presidente Usa Barack Obama
Renzi al G7 in Baviera. Di spalle il presidente Usa Barack Obama

Un guanto di sfida che ha fatto molto animato il pomeriggio romano. Ieri il capo del governo aveva comunque ritenuto “insufficiente” il piano Ue sull’immigrazione.”Bisogna prendere atto – ammonisce il premier – che la situazione così com’è non va, ci siamo dati una tempistica da qui al Consiglio europeo, cercheremo di portare a casa dei risultati”, ha sottolineato Renzi dalla Germania. Per risolvere il problema dell’immigrazione “serve buonsenso”, ha detto Renzi ai governatori del Nord. E a Salvini ha replicato: “Ci vorranno settimane, è un lavoro di serietà. E’ facile dire “occupiamo le prefetture”, afferma il premier.

Studio Confcommercio: "Tra 15 anni Italia sarà a livelli pre-crisi"

Il Presidente di Confcommersio Carlo Sangalli durante l'assemblea di Milano 8-6-2015
Il Presidente di Confcommersio Carlo Sangalli durante l’assemblea di Milano 8-6-2015

La Commissione Europea in uno studio di tre anni fa aveva previsto che l’Italia avrebbe raggiunto i livelli economici “pre-crisi” nel 2023. Un dato che mandò in ansia non solo gli italiani, bensì tutti gli apparati politici, istituzionali e associativi. Oggi, quel termine fissato dall’Ue, secondo Confcommercio si allunga e di molto se la crescita in termini di Pil rimane quello attuale.

Agli attuali tassi di crescita di Pil, consumi e reddito disponibile, infatti solo tra 15 anni, nel 2027, si tornerà al Pil pro capite del 2007, ossia l’anno in cui scoppiò la bolla immobiliare negli Usa che ha scatenato una crisi senza paragoni nella storia.

“La spesa delle famiglie pre-crisi si rivedrà solo nel 2030. Il reddito disponibile nel 2034″, stima l’Ufficio Studi della Confcommercio. Per ridurre il recupero a 6-8 anni servirebbe un tasso di crescita doppio”.

Tra il 2007 e il 2014, ricorda lo studio Confcommercio, gli italiani hanno patito una riduzione in termini reali del 12,5% del Pil, del 14,1% per il reddito disponibile e dell’11,3% per i consumi. Il ritorno ai livelli di crisi viene stimato sulla base di una crescita dell’1,25% per Pil, dello 0,95% dei consumi e dell’1,05% per il reddito disponibile, a fronte di una variazione della popolazione in linea con le stime prodotte dall’Istat negli scenari di lungo periodo (+0,2%).

Quanto all’ipotesi di un tasso di crescita doppio che permetterebbe di tornare ai livelli del 2007 in 6-8 anni, l’Ufficio Studi Confcommercio nota comunque che “la nostra economia non sperimenta da tempo” tali valori. “L’attivazione rapida delle riforme strutturali – aggiunge -, il consolidarsi di un diffuso clima di fiducia favorevole e una credibile politica fiscale distensiva renderebbero questa sfida alla portata del nostro paese”.

Nota poi l’analisi di Confcommercio come le difficoltà a tornare ai livelli pre-crisi discendono da un “contesto altamente penalizzante in cui operano le imprese. “Le riforme devono correggere questi difetti che riducono la competitività e tengono bassa la produttività sistemica dell’Italia – viene spiegato -.

Ponendo a confronto alcuni indicatori di Italia e Germania, si rileva come per i nostri imprenditori sia molto più difficile fare impresa. I tempi della giustizia, la pressione fiscale, i costi di gestione, la contraffazione e l’abusivismo si associano ad una difficoltà a sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie”.

“Nel 2014 – nota quindi l’Ufficio Studi Confcommercio -, la capacità del tessuto imprenditoriale dei servizi di mercato si è ridotta in maniera significativa, mostrando, tra iscrizioni e cancellazioni di imprese nei registri delle Camere di Commercio, un saldo negativo di circa 70mila unità”. Grazie alla pur moderata crescita del Pil la demografia delle imprese è vista però in miglioramento, “con un rilancio delle iniziative imprenditoriali ed una frenata della forte emorragia di aziende finora registrata”.

Nel 2015-2016 Confcommercio si attende un ridimensionamento del saldo negativo a 17 mia unità, grazie prevalentemente all’incremento atteso nelle iscrizioni. Di fronte a un pil più debole, il saldo negativo peggiorerebbe a 27 mila unità.

Migliorano i consumi, con una crescita congiunturale ad aprile dello 0,5%, la più elevata degli ultimi due anni, dopo il -0,1% di marzo. L’incremento tendenziale è dello 0,8% (+0,4% a marzo). La crescita dello 0,5% registrata in particolare dall’Indicatore dei Consumi Confcommercio deriva da un aumento della domanda sia di servizi (+0,6%) e sia di beni (+0,4%).

A marzo era sceso dello 0,1%. Relativamente alle singole macro-funzioni di spesa, le variazioni positive hanno riguardato soprattutto i beni e i servizi per la mobilità (+2,5%), grazie al buon andamento delle vendite di auto ai privati, gli alberghi, i pasti e i consumi fuori casa (+0,9%) e i beni e i servizi per le comunicazioni (+0,6%). E’ stato invece modesto l’incremento registrato per i beni e i servizi per la cura della persona (+0,1%). Ed è stata stabile rispetto a marzo la domanda di alimentari, bevande e tabacchi e quella dei beni e servizi per la casa. In lieve calo la spesa per abbigliamento e calzature (-0,2%), in linea con il mese precedente, e per i beni e i servizi ricreativi (-0,1%).

Nel 2015 il pil crescerà dell’1,1% e i consumi dell’1,2%. Lo stima l’ufficio studi di Confcommercio che vede poi nel 2016 il pil crescere dell’1,4% e i consumi dell’1%. “La ripresa c’è, ma restano dubbi sulla sua intensità”, segnala Confcommercio, citando i “nuovi elementi di incertezza” a maggio e i cali della fiducia di famiglie (-2,1%) e imprese (-0,1%). Sono flessioni attribuibili al contesto interno e tali preoccupazioni “sono la principale insidia alla trasformazione della ripresa statistica in vera crescita economica”.

Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli durante l’Assemblea Generale di Confcommercio a Milano ha affermato che “molte famiglie e imprese fanno ancora fatica a percepire la ripartenza dell’economia nella realtà quotidiana”. C’è bisogno di segnali positivi, come Expo, che “rimette al centro del discorso italiano il turismo, la carta vincente dell’Italia”.

L’Italia e l’Europa “hanno bisogno di segnali positivi, di una “scossa” alla speranza come l’Expo, che rimette al centro del discorso italiano il turismo, la carta vincente dell’Italia”.

Per Sangalli “siamo finalmente davanti ai primi segnali di ripresa, anche se timida” e in più in una situazione in cui “l’estero conta tanto, sia in negativo che in positivo”. Ma al di là delle statistiche “molte famiglie e imprese fanno ancora fatica a percepire la ripartenza dell’economia nella realtà quotidiana”.

Addio vecchio termometro, arriva quello più preciso del mondo grazie al team di Gerardo Adesso

Studi sul termometro più piccolo e preciso del mondo
Studi sul termometro più piccolo e preciso del mondo (fonte Ansa/University of Nottingham)

Che avevamo detto addio al vecchio termometro al mercurio è cosa risalente almeno a 20 anni fa. Si sono fatti spazio termometri elettronici con sofisticati sensori che di tanto in tanto facevano le bizze del tipo: se avevi la febbre a 38 il marchingegno segnava 49. Ma la rivoluzione dell’avvenire sarà grazie ad una manciata di atomi che consentirà a un termometro futuristico di misurare con precisione la temperatura di cellule e nanocircuiti elettronici.

Lo ha progettato il gruppo di ricerca coordinato dall’italiano Gerardo Adesso, dell’università britannica di Nottingham. Pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, lo studio descrive il termometro, più piccolo e preciso del mondo, spiegando che è il più piccolo strumento di questo tipo che è possibile realizzare seguendo le leggi della fisica.

Lo strumento sarà capace di rilevare anche le minime fluttuazioni in aree microscopiche, come quelle che si trovano all’interno delle cellule. Questo termometro è basato su un sistema quantistico con due livelli di energia: è di un solo “quanto” (cioè la quantità minima di una grandezza fisica che può esistere in modo indipendente) per il livello minimo di energia, e di molti stati quantistici per livelli superiori di energia. I ricercatori hanno così determinato a livello teorico, combinando matematica, meccanica quantistica e termodinamica, i limiti di precisione di questo termometro in vari possibili scenari sperimentali.

Un vecchio termometro al mercurio
Un vecchio termometro al mercuriomometro

”Quando si progettano strumenti di misura – spiega Gerardo Adesso all’agenzia Ansa – si stabilisce la massima precisione raggiungibile per lo strumento. Noi lo abbiamo fatto per la misura della temperatura. Questo termometro si basa su uno o pochi atomi. Per misurare degli oggetti termici si possono usare dei singoli atomi o fotoni modificati, che devono avere un livello di energia particolare”.

Sapere questo, prosegue Gerardo Adesso ”può aiutare chi progetta tali strumenti a sapere quanto vicino è, o cosa manca, per raggiungere il maggior livello possibile di accuratezza”. Si potrà così migliorare la sensibilità di termometri che misurano le reazioni chimiche, biologiche e fisiche a livello di nanoscala, seguire il calore nei circuiti elettronici o monitorare le terapie di alcune terapie all’interno delle cellule.

Elezioni Turchia, crollo di Erdogan. Vince il "Podemos curdo"

Recep Tayyip Erdogan al seggio mentre vota in Turchia - Sconfitta per il "sultano" vince il "Podemos curdo"
Recep Tayyip Erdogan al seggio mentre vota in Turchia (Ansa/Ap)

Terremoto curdo in Turchia: dopo 13 anni ininterrotti al potere il partito islamico Akp del “sultano” Recep Tayyip Erdogan ha perso la maggioranza assoluta in parlamento inciampando sulla “scommessa folle” dell’ “Obama curdo” Selahattin Demirtas, che ha portato il suo partito Hdp nato nel 2014 oltre la micidiale soglia di sbarramento del 10%, conquistando 78 deputati.

Lo spoglio finale delle schede confermano la tendenza con risultati praticamente definitivi. Il partito Akp del presidente Erdogan si ferma a 258 seggi su 550 alle politiche turche, per cui non avrà la maggioranza.

Il trionfo del “Podemos curdo” – nella capitale del Kurdistan curdo Diyarbakir a migliaia sono scesi in piazza nella notte a cantare e ballare – è uno “schiaffo” per l’uomo che dal 2002 domina incontrastato il Paese. Nonostante la costituzione gli imponga di essere super-partes, ha fatto una campagna martellante per l’Akp, chiedendo in mille comizi 330 seggi per proclamarsi ‘superpresidente’ con pieni poteri.

“E’ l’ultima uscita prima della dittatura”, aveva avvertito prima del voto un’analista. Erdogan non solo ha perso la sua scommessa, ma il trionfo di Demirtas toglie la maggioranza e forse il governo al partito islamico. L’Akp, dopo lo spoglio del 96% delle schede, ha riferito Cnn Turk, resta il primo partito turco ma si ferma al 40,9% (contro il 50% alle politiche 2011) e a 259 deputati su 550, quindi sotto la maggioranza di 276 necessaria per formare un governo monocolore.

Il primo partito di opposizione, il Chp di Kemal Kilicdaroglu è al 25,2% (131 seggi), l’Mhp di Devlet Bahceli al 16,6% (82 seggi), l’Hdp al 12,4% (78 deputati). Insieme le opposizioni sono a 291 seggi. In teoria potrebbero formare una coalizione di governo. Sarebbe un ulteriore terremoto per il paese. Ma con ogni probabilità il “sultano” farà di tutto per impedirlo. Erdogan infatti, come prevede la costituzione, sarà l’arbitro del dopo elezioni. Un arbitro che però ha giocato finora da protagonista tutta la partita con la squadra avversaria. Vari scenari ora sono possibili. Erdogan può cercare di promuovere un governo di minoranza dell’Akp guidato dal premier uscente Ahmet Davutoglu fino a elezioni anticipate. Può anche cercare di promuovere un’intesa con uno dei tre partiti di opposizione.

Il più probabile candidato sarebbe il Mhp. Ma prima del voto i tre partiti di opposizione hanno escluso ogni alleanza con l’Akp, dopo avere denunciato per anni le spinte dittatoriali e islamiche del ‘sultano’ e la corruzione emersa con la Tangentopoli del Bosforo, affossata dal potere. Chp, Mhp e Hdp potrebbero cercare di trovare un’intesa – nonostante le scintille fra i curdi del Hdp e i nazionalisti del Mhp – almeno per togliere all’Akp le leve del potere fino a elezioni anticipate, che spetta al presidente decidere se e quando convocare. “È chiaro che ci sarà un governo di coalizione”, ha detto questa sera il segretario generale del Chp Gursel Tekin.

Il partito del ‘sultano’ ha perso consensi nel Kurdistan, dove sembra che Demirtas sia riuscito ad attirare parte del voto conservatore che alle politiche precedenti era andato a Erdogan, e anche nelle regioni lungo il confine con la Siria, dove la politica aggressiva del ‘sultano’, accusato di appoggiare i gruppi armati jihadisti, e la presenza di centinaia di migliaia di profughi siriani, provocano scontento. Il “Podemos curdo”, che ha fatto proprie parte delle idee libertarie della rivolta nel 2013 dei ragazzi di Gezi Park contro la deriva autoritaria e islamica imposta al paese da Erdogan, repressa con pugno di ferro, ha conquistato consensi oltre l’elettorato curdo. E ha ottenuto probabilmente l’appoggio di buona parte dei circa tre milioni di giovani che oggi votavano per la prima volta alle politiche. Il “sultano” aveva voluto fare di queste politiche una sorta di referendum sulla sua persona. E per la prima volta ha perso.

Teramo, agguato a Martinsicuro, ucciso davanti alla moglie

Il luogo dell'agguato a Martinsicuro (Teramo) dove è morto Roberto Pizi
Il luogo dell’agguato a Martinsicuro (Teramo)

TERAMO – Stava scendendo dall’auto quando è stato freddato, sotto casa, da uno o più colpi di arma da fuoco. La vittima è un uomo di 35 anni, Roberto Pizi. Ferita la moglie Maria che era alla guida dell’auto. Il grave fatto di sangue è accaduto ieri sera in via Vasco de Gama, angolo via Battisti a Martinsicuro, (Teramo). Tra le ipotesi dell’omicidio forse un regolamento di conti a seguito di una rissa scoppiata nel pomeriggio. Dalle prime informazioni sembrerebbe che gli assassini siano stati due. Le forze dell’ordine, da quanto si apprende, sono già sulle loro tracce.

L’omicidio è stato compiuto intorno alle 22 sotto l’abitazione dei coniugi che sono stati raggiunti dai colpi di arma da fuoco, sparati probabilmente da due persone, mentre i due stavano salendo in auto, una Clio grigia vecchio tipo.

I due killer dopo la sparatoria sarebbero poi fuggiti attraverso il cortile di un’abitazione vicina, facendo perdere le loro tracce. Sul posto sono arrivate un’ambulanza del 118 e la Croce Verde di Villa Rosa che hanno provveduto a trasportare la moglie della vittima all’ospedale.

Ad effettuare i rilievi scientifici sono stati i Carabinieri e gli Agenti della Squadra mobile di Teramo. Sul luogo è giunto il magistrato di turno, Bruno Auriemma.

Secondo informazioni apparse sui media locali, l’uomo si era trasferito nell’abitazione in via Vasco de Gama da appena un mese e risiedeva a Martinsicuro da cinque anni. Non aveva un’occupazione fissa e sbarcava il lunario con lavori saltuari.

Ancora ignoto il movente dell’agguato mortale, ma pare che gli inquirenti stiano seguendo la pista di una lite degenerata in rissa nel pomeriggio. Un violento diverbio che è proseguito fino a tarda sera, quando alle 22 quando i sicari hanno teso l’imboscata sparando contro l’auto del giovane Roberto Pizi che non ha avuto scampo.

Migranti, rivolta del Nord. Renzi al G7 ammette: "Ue insufficiente"

Immigrati alla deriva su su barconi in Libia
Immigrati alla deriva su su barconi in Libia (Ansa/Epa)

E’ rivolta sull’accoglienza dei migranti. Con l’Ue “largamente insufficiente”, dice il premier Renzi dal G7 in Baviera, la palla passa in mano direttamente a coloro che l’emergenza tra regioni e comuni devono gestirla. Ad scatenare le polemiche è la suddivisione delle quote (tutte italiane e non Ue) dopo che nel fine settimana sono state soccorse e salvati circa 3.500 migranti nel Mediterraneo.

MARONI AVVERTE I SINDACI: “VI TAGLIO RISORSE SE ACCOGLIETE CLANDESTINI”
Ira del governatore della Regione Lombardia, Roberto Maroni che ipotizza la riduzione dei trasferimenti regionali ai sindaci lombardi che dovessero accogliere nuovi migranti. “È un fatto gravissimo – afferma Maroni – Domani scrivo una lettera ai prefetti lombardi diffidandoli dal portare in Lombardia nuovi clandestini, poi anche ai sindaci dicendo loro di rifiutarsi di prenderli. A quelli che dovessero accoglierli ridurremo i trasferimenti regionali come disincentivo alla gestione delle risorse”.

ZAIA: “BASTA, SIAMO SATURI”
Gli fa eco Luca Zaia governatore del Veneto: “Smettiamola con l’ illusione di poter sopportare e gestire un esodo biblico”, che intervistato dal Corriere della Sera torna sui flussi di migranti. “Il Veneto – avverte – è una bomba che sta per scoppiare”. Se si deve trovare un tetto ai migranti? “Fino a quando è possibile farlo. In Veneto abbiamo 514mila immigrati regolari, pari a quasi l’ undici per cento della popolazione. Di questi, 42mila non hanno un lavoro. Insieme a Emilia Romagna e Lombardia siamo i più accoglienti. Basta”, sbotta Zaia.

TOTI: “NON ACCOGLIEREMO MIGRANTI”
“L’ho già detto: non accoglieremo altri migranti come faranno Lombardia, Veneto e Val d’Aosta. L’intervento di Maroni legittimo”. Quello dei migranti “è un problema che dovrebbe essere risolto a monte e invece viene scaricato a valle”. Così il neo governatore della Liguria, Giovanni Toti, commenta l’iniziativa di Roberto Maroni che ha minacciato lo stop ai trasferimenti per quei comuni che dovessero accogliere nuovi migranti.

Renzi al G7 in Baviera. Di spalle il presidente Usa Barack Obama
Renzi al G7 in Baviera. Di spalle il presidente Usa Barack Obama

RENZI: “BASTA DEMAGOGIA”, MA AL G7 AMMETTE L’INSUFFICIENZA DELL’UE
“Basta con la filosofia dello scaricabarile e giocare con la demagogia. Non basta fare comunicati stampa e slogan” per risolvere il problema dell’immigrazione, risponde il premier Matteo Renzi al G7 in Germania dove però davanti ai grandi ammette: “Le proposte che ha fatto l’Ue sulla suddivisione dei migranti al momento sono largamente insufficienti. Non è possibile pensare che ci siano 24mila persone da allocare tra siriani ed eritrei”, ha detto il premier Renzi parlando di immigrazione a margine dell’incontro del G7 in corso in Baviera. “È un primo passo ma ancora non ci siamo”, ha aggiunto. “Sui migranti servono regole per non lasciare l’Italia da sola” e su questo “stiamo cercando di coinvolgere i nostri partner europei”. Ma, ha anche precisato il premier, “È difficile” parlare di immigrazione e chiedere un coinvolgimento dell’Ue “quando alcune Regioni del tuo Paese dicono che il problema non li riguarda”.

CHIAMPARINO (STATO-REGIONI): “MARONI STRUMENTALE”
“Bisognerebbe avvertire Maroni che la campagna elettorale è finita”, commenta il presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino. “Mi sembra evidente la strumentalità politica di Maroni. Se volesse continuare a procedere su questa linea allora sarebbe più che giusto che il Governo togliesse alla Lombardia, al Veneto e alle altre Regioni che condividono queste posizioni i finanziamenti che lui vuole togliere ai Comuni che ospitano i profughi”. Chiamparino sottolinea poi che “un’eventuale interruzione dei trasferimenti ai Comuni sarebbe oggetto di innumerevoli ricorsi”.

FASSINO: “NON SONO REGIONI A DECIDERE POLITICA ACCOGLIENZA”
“Non è nei poteri di un presidente di Regione decidere quale politica di accoglienza di profughi persegue il nostro paese – ricorda il sindaco di Torino e presidente Anci, Piero Fassino – Tanto meno è accettabile che si minaccino in modo ritorsivo, e illegalmente, riduzioni di risorse ai comuni che ospitano profughi”.

 

Torino, scoppia pneumatico di un Boeing "Blue Air". Paura sul Torino Catania

Il boeing della Blue Air dopo l'atterraggio di emergenza a Torino
Il boeing della Blue Air dopo l’atterraggio di emergenza a Torino

Tanta paura ma alla fine è andata bene. Un boeing 737 della compagnia aerea Blue Air ha effettuato un atterraggio di emergenza all’aeroporto di Caselle Torinese da dove era appena partito per Catania.

Problemi al carrello durante il decollo hanno provocato lo scoppio di uno dei due pneumatici e il pilota ha prima allertato la torre di controllo per poi iniziare il rientro in pista.

L’atterraggio d’emergenza è riuscito e i 157 passeggeri tra cui i tre membri dell’equipaggio stanno bene, ma a bordo si è temuto il peggio dopo aver sentito un forte rumore dovuto allo scoppio della gomma. Tra i passeggeri, il portiere della Juventus Marco Storari di ritorno da Berlino dove è stata giocata la finale di coppa dei campioni.

La compagnia ha messo a disposizione un aereo sostitutivo ma tra i passeggeri c’è stato chi ha inteso raggiungere la Sicilia con mezzi alternaticvi, bus e treni.

L’allarme è scattato pochi minuti dopo il decollo, intorno alle 19.30. “Abbiamo sentito un forte rumore e ci siamo spaventati, anche se all’inizio non abbiamo capito cosa era accaduto”, racconta Marco Storari. “Ci siamo insospettiti soltanto quando abbiamo visto che l’aereo continuava a girare sopra Torino”, ha detto il portiere della Juve

Lo scoppio del grosso pneumatico è stato causato probabilmente dalla compressione tra la gomma, evidentemente fuor asse, e l’area interna al velivolo destinata al carrello. La forte pressione idraulica ha così provocato lo scoppio della gomma col conseguente boato sentito sia a bordo che nelle zone circostanti Caselle Torinese.

Appena il comandante del Blue Air ha avvisato dell’incidente la torre di controllo l’equipaggio ha informato i passeggeri che “l’aereo doveva rientrare a Torino per alcuni controlli tecnici”, e stato spiegato da alcuni passeggeri. Dopo un po’ di giri su Torino, in casi d’emergenza di questa natura ha “l’obbligo” di svuotare, ove possibile, in zone non abitate i serbatoi di carburante che in questo caso consistono in qualche tonnellata di cherosene.

Prima dell’atterraggio d’emergenza, il pilota ha effettuato un volo a bassa quota sulla pista, per consentire ai tecnici a terra di capire il problema. Subito dopo un atterraggio effettuato con una gomma fuori uso ma che non ha complicato la vita ai piloti.

Secondo quanto riportano alcuni media che hanno raccolto testimonianze, a bordo non vi sarebbero state scene di panico “ma in tanti abbiamo pregato”, afferma Maddalena, passeggera diretta in Sicilia. “In pochi minuti mi è passata davanti agli occhi tutta la vita – prosegue – e ho pensato soprattutto ai miei figli”.

La pista torinese è stata chiusa alcuni minuti, per consentire l’atterraggio, che è avvenuto come da prassi con lo schieramento in forza dei mezzi dei vigili del fuoco pronti a intervenire in caso di incendio.

Dal G7 ai "7 nani". Ancora sanzioni contro Mosca, l'unico vero partner dell'Ue

Angela Merkel e Barack Obama a Kruen prima del G7 a Elmau in Baviera - Ancora sanzioni contro Mosca (Reuters)
Angela Merkel e Barack Obama a Kruen prima del G7 a Elmau in Baviera (Reuters)

Dal G7 a Elmau, in Baviera, i grandi del mondo se ne escono con la decisione politica quasi unanime che bisogna rafforzare le sanzioni contro la Russia di Putin, rea di essere “aggressore” dell’Ucraina dopo la presa della Crimea da parte di Mosca.

Dal castello di Elmau sede del summit in Baviera, Obama insiste che “Bisogna tenere testa con fermezza all’aggressione russa in Ucraina”. Quanto poi all’alleanza tra Usa e Ue assicura che “siamo inseparabili, nell’Ue e nel mondo.

Oggi celebriamo una delle alleanze più forti che esistano al mondo”. Obama si è anche soffermato sulle sfide economiche per il vertice: “Discuteremo del futuro dell’economia mondiale, di una crescita forte che crei posti di lavoro e di una prospettiva di crescita salda dell’Ue”.

“Malgrado le nostre differenze di opinioni, gli Stati Uniti sono un Paese amico”, gli ha fatto eco la Merkel “un nostro alleato, un alleato essenziale con cui cooperiamo strettamente nell’interesse reciproco”.

Lo stesso presidente del Consiglio europeo Donald Tusk prima del G7 aveva detto: “Se qualcuno vuole parlare di sanzioni, la discussione potrà soltanto essere sul rafforzamento”.

Insomma, chi si aspettava un “ammorbidimento” dell’asse Usa Ue contro Mosca è rimasto ampiamente deluso. Un vertice basato sull’unica idea che è quella di non indietreggiare rispetto alla “folle decisione” di “isolare” Mosca dopo Maidan e la successiva annessione della penisola in Ucraina che ha determinato una sorta di seconda guerra fredda tra Russia e Occidente.

Un isolamento, quello dell’unico vero partner europeo, che fa solo male agli stati membri e mette in risalto due aspetti: da una parte tutta l’inefficienza dell’Ue che sembra ignorare le conseguenze “devastanti” sul piano economico; dall’altra una sorta di premio europeo alla politica estera di Barack Obama, ritenuta il vero tallone d’Achille della sua amministrazione a Whashington. Bocciata negli Usa, ma promossa a pieni voti dal resto dei “7 nani” che si riuniscono attorno al vuoto alla ricerca di una impossibile via d’uscita dalla crisi che sta inghiottendo tutti gli stati nazionali.

Aveva ragione Obama che sperava che il G7 coincidesse con la festa della birra di ottobre. Certamente tra le “schiumate” dell’Oktoberfest sarebbe uscito fuori un vertice più saggio.

Mafia Capitale, Luca Gramazio si difende: "Mai preso una lira"

Luca Gramazio
Luca Gramazio

“Non ho preso manco una lira”. Così Luca Gramazio, consigliere regionale di Forza Italia, ha detto al gip Flavia Costantini nel corso dell’interrogatorio di garanzia svolto nel carcere di Rebibbia, dove si trova detenuto nell’ambito della seconda inchiesta su Mafia Capitale.

L’atto istruttorio è durato oltre due ore durante le quali Gramazio, in base a quanto si apprende, ha respinto le accuse dando una sua versione dei fatti. L’interrogatorio si è svolto “in un clima sereno e collaborativo”. Luca Gramazio, a cui i pm di Roma contestano i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e la turbativa d’asta – relativamente alla gara da 60 milioni di euro per il Recup, il sistema di prenotazione unificato della Sanità – rappresenta una delle figure chiave di questa seconda tranche della maxi inchiesta sul malaffare capitolino. Per chi indaga l’esponente di Forza Italia rappresenta, infatti, la cerniera tra il presunto clan guidato da Massimo Carminati da Salvatore Buzzi e le amministrazioni locali.

“Marino e Zingaretti sono completamente altro rispetto alla cricca. Bisogna riconoscere i colpevoli veri, per troppo tempo si è sparato sul mucchio”. A sottolinearlo il segretario del Pd, Matteo Renzi, che assicura: “Non chiederò mai le dimissioni per un avviso di garanzia. Io ho anche un padre indagato a Genova. Se ragiono su avvisi di garanzia i miei figli non avrebbero dovuto vedere il nonno. Ho 5 sottosegretari indagati io credo che un cittadino è innocente fino a prova contraria”.

I dettagli dell'operazione e la struttura della cupola romana. (Ansa/Centimetri)I dettagli dell'operazione e la struttura della cupola romana.
I dettagli dell’operazione e la struttura della cupola romana. (Ansa/Centimetri)

Luca Gramazio, arrestato il 4 giugno 2015, era stato già indagato nella prima inchiesta del 2 dicembre scorso dove finirono in manette 37 persone insieme ai due presunti capi clan Salvatore Buzzi e Massimo Carminati.

Gramazio, secondo il gip Flavia Costantini è ritenuto il “collegamento politico” dell’organizzazione. L’esponente politico “svolge un ruolo di collegamento tra l’organizzazione da un lato e la politica e le istituzioni dall’altro, ponendo al servizio della stessa il suo “munus publicum” e il suo ruolo politico”, secondo il magistrato Gramazio “può ricondursi al capitale istituzionale di Mafia Capitale: quel sistema di relazioni con uomini politici, apparati burocratici, soggetti appartenenti a vario titolo alle istituzioni, che costituiscono il contatto privilegiato dell’organizzazione con il mondo di sopra”.

Ieri l’interrogatorio di garanzia in carcere a Rebibbia, in cui invece il consigliere di Forza Italia si difende e dice di non aver preso i soldi contestategli dalla procura di Roma.

Fifagate, "Germania influenzò mondiali '06 grazie ad armi all'Arabia"

Chuck Blazer, Sepp Blatter e Franz Beckenbauer
Chuck Blazer, Sepp Blatter e Franz Beckenbauer (Torsten Silz/AFP/Getty Images)

Fifagate. Dopo i sospetti su Francia ’98, gli inquirenti avrebbero accertato che la Germania influenzò l’assegnazione dei Mondiali di calcio 2006 a Berlino (dove vinse l’Italia in finale con i tedeschi) con una fornitura di armi all’Arabia Saudita e investimenti industriali per “addolcire” quei Paesi orientati a votare per altri. Lo scrive citando indiscrezioni, il quotidiano tedesco “Die Zeit”. C’è un po’ di tutto in questa storia dai contorni opachi. Presunte aggiudicazioni in cambio di denaro in tutto il ventennio blatteriano. E ogni quattro anni la storia, secondo quando emerge dall’inchiesta, il copione si ripeteva.

Prima del voto a luglio 2000 il Sudafrica sembrava avere più chance. All’ultimo minuto diversi Paesi asiatici cambiarono idea e la Germania la spuntò 12 a 11. Berlino sbloccò una fornitura di lanciarazzi a Riad, mentre Daimler investì in Sud Corea e Volkswagen e Bayer promisero investimenti in Thailandia e a Seul.

E dopo Qatar e Russia, erano finite nel mirino tre delle cinque passate edizioni dei Mondiali: Sud Africa, Francia e ora Brasile 2014. Le indiscrezioni arrivano mentre il numero uno della Federcalcio irlandese denuncia: la Fifa ha pagato 5 milioni di dollari all’Irlanda per chiudere il caso del fallo di mano di Thierry Henry nel playoff con la Francia, che contribuì all’eliminazione dell’Irlanda dai Mondiali del 2010. La Fifa ammette il fatto, ma precisa: era un prestito che poi è stato cancellato.

Nello spareggio con la Francia, nel novembre 2009, l’arbitro non vide il fallo di Henry, favorendo la rete di Gallas e l’eliminazione dell’Irlanda di Giovanni Trapattoni. Il caso destò enorme clamore e proteste contro la federazione internazionale, minacciata di essere trascinata in tribunale con una richiesta di danni. Rischio evitato grazie a un accordo extragiudiziale raggiunto tra il presidente Blatter e lo stesso il presidente della Federcalcio irlandese, John Delaney. “Questo avvenne un giovedì e il lunedì successivo l’accordo era firmato. E’ stato un ottimo accordo per la Fai”, sottolinea Delaney. La Fifa afferma che il prestito venne concesso “per porre fine a qualsiasi pretesa verso la Federazione stessa”, ma avrebbe dovuto essere rimborsato se l’Irlanda si fosse qualificata al Mondiale del 2014. Quando questo non è avvenuto, il prestito è stato cancellato.

Mentre il presidente dimissionario della Fifa, Sepp Blatter, annuncia che il processo di riforma dell’associazione è già stato avviato con l’obiettivo di un cambio significativo all’amministrazione e alla struttura della Fifa, l’Fbi non molla la presa. E accende il faro sui Mondiali del 2014, con l’attenzione a chiarire il rapporto fra il numero due della Fifa, il segretario generale Jerome Valcke, e l’ex numero uno del calcio brasiliano, Ricardo Teixeira. Teixeira non è per ora nell’elenco delle persone incriminate dal Dipartimento di Giustizia Usa, ma le autorità americane starebbero indagando su di lui. Texeira ha guidato il comitato organizzatore di Brasile 2014 fino a quando non ha lasciato il Paese nel 2012. Al vaglio ci sarebbero 1.000 documenti firmati dagli organizzatori dell’ultima Coppa del Mondo in vista del torneo.

Warner parla in tv: “Temo per la mia vita, dirò tutto”
L’ex vice-presidente della Fifa arrestato nella sua Trinidad e poi rilasciato su cauzione ha parlato in televisione e minacciato di rivelare tutto quello che sa. “Non manterrò più segreti per loro che hanno cercato di distruggere il Paese. Temo per la mia vita”. “Mi scuso per non aver rivelato prima questi fatti – ha aggiunto Warner – Non avrò più problemi a sollevare scandali. Neppure la morte fermerà questa valanga, ormai non si torna più indietro. Blatter sa perché è caduto. Anch’io”, ha detto l’ex numero due della federazione.

Governo Londra, pronti a ospitare Mondiali 2022
Intanto, l’Inghilterra è pronta ad ospitare i Mondiali di calcio 2022 nel caso in cui non si tenessero nel Qatar a seguito dello scandalo che ha colpito la Fifa. Lo ha detto alla Camera dei Comuni il ministro della Cultura britannico, John Whittingdale. Whittingdale ha sottolineato che ovviamente dovrebbe essere la Fifa a farsi avanti e chiedere all’Inghilterra di organizzare i Mondiali. ”Abbiamo le strutture in questo Paese e abbiamo organizzato una straordinaria candidatura, anche se senza successo, per ospitare la Coppa del mondo nel 2018”. Il ministro ha però aggiunto che appare improbabile si scelga un altro Paese europeo per il 2022 dopo i mondiali del 2018 che si tengono in Russia.

Mafia Capitale, indagato sottosegretario Castiglione (Ncd). Lui: "Sereno".

Giuseppe Castiglione  (Ncd) sottosegretario all'Agricoltura
Giuseppe Castiglione (Ncd) sottosegretario all’Agricoltura

L’indagine è vecchia di mesi e si collega direttamente all’inchiesta “Mafia Capitale uno e due, quella in cui sono indagati il sottosegretario all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione assieme ad altre cinque persone per turbativa d’asta nell’inchiesta, tutta catanese, sull’appalto per la gestione del Cara di Mineo, il centro di accoglienza per i richiedenti asilo in provincia di Catania, dove i pm hanno accertato un ruolo di primo piano anche di Luca Odevaine.

Su questo fronte sono impegnati i Pm di due Procure, quelle di Catania e di Caltagirone. Il sottosegretario Giuseppe Castiglione, deputato nazionale e coordinatore del Nuovo Centrodestra in Sicilia è indagato nella qualità di “soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo”. Gli altri cinque indagati sono: Giovanni Ferrera, nella qualità di direttore generale del Consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza, Paolo Ragusa, “nella qualità di presidente della Cooperativa Sol Calatino”, Luca Odevaine nella qualità di consulente del presidente del Consorzio dei Comuni, e i sindaci di Mineo e Vizzini, Anna Aloisi e Marco Aurelio Sinatra. Nel decreto la Procura ipotizza che i cinque indagati “tubavano le gare di appalto per l’affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011, prorogavano reiteratamente l’affidamento e prevedevano gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014”.

CASTIGLIONE: “SONO SERENO”
“In questa vicenda sono assolutamente sereno. Se riceverò un avviso di garanzia, se ci sarà una mia responsabilità, che io escludo assolutamente, non dovrà prendere provvedimenti qualcuno, ma li prederò io personalmente”. Lo ha detto a SkyTg24 il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione, in merito al suo coinvolgimento nell’inchiesta della Procura di Catania sull’ appalto per la gestione del Cara di Mineo. “Su questa vicenda – ha spiegato – ho massima serenità. Per la seconda volta in sei mesi si parla di un mio possibile coinvolgimento nella vicenda Cara. Io non ho ricevuto alcun avviso di garanzia. Faccio un plauso alla procura di Roma per il lavoro che ha fatto e anche a quella di Catania, stanno facendo un ottimo lavoro. Ho chiesto alla procura di Catania e di Caltagirone di essere messo a conoscenza di eventuali iscrizioni e formalmente mi hanno risposto che non ce ne sono. Io sono comunque a disposizione della procura, per qualunque circostanza loro ritengano utile per l’indagine”.

INTERROGATORI A REGINA COELI
Quella di oggi, intanto, è stata una giornata di interrogatori nel carcere romano di Regina Coeli per i primi esponenti politici finiti in manette nell’ambito della seconda tranche dell’inchiesta su “Mafia Capitale”. Il primo ad affrontare il Gip Flavia Costantini è stato Mirko Coratti, ex presidente dell’assemblea capitolina, che ha respinto l’accusa di corruzione. “Mai avuto rapporti, illeciti o di natura economica, con Salvatore Buzzi”.

“Basta leggersi le carte dell’inchiesta: non c’è una sola conversazione con lui, intercettata, che mi riguardi”, ha chiarito Coratti, che è difeso dall’avvocato Filippo Dinacci. Stando a quanto si è appreso, Coratti, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ha riferito al giudice che non ha mai beneficiato di somme di denaro di provenienza illecita e che mai gli sono stati promessi dei soldi da Buzzi o da soggetti vicini al presidente della cooperativa “29 giugno” per mettersi al servizio dell’organizzazione criminosa, come ipotizzato dalla procura.

Coratti avrebbe detto, tra l’altro, di non sapere nulla dei 10mila euro versati da Buzzi all’associazione “Rigenera (“non sapevo nulla di questi soldi”), peraltro regolarmente iscritti al bilancio, e ha ribadito al gip: “Buzzi di certo non parlava con me”.

Oltre a quello di Coratti oggi sono previsti gli interrogatori di dell’ex assessore della giunta Marino, Daniele Ozzimo, dell’ex responsabile del dipartimento affari sociali del Comune, Angelo Scozzafava e del vicepresidente della cooperativa La Cascina, Francesco Ferrara.

“I provvedimenti cautelari che hanno interessato alcuni propri dirigenti non riguardano in alcun modo reati di ‘mafià. Nessuno dei soggetti coinvolti è accusato di aver tenuto comportamenti ‘mafiosi”, è la precisazione del presidente del Cda della coop “La Cascina”, Giorgio Federici. “Il fulcro degli addebiti mossi nei confronti de ‘La Cascinà – ricorda Federici – riguarda il Centro di accoglienza dei richiedenti asilo-Cara di Mineo, sito nei pressi di Catania. A tal riguardo è ferma convinzione della cooperativa che le procedure di affidamento si siano svolte nel pieno rispetto della normativa vigente e conformemente ai criteri di evidenza pubblica”.

E mentre il Campidoglio stamane è blindato ai cronisti, dalle carte dell’inchiesta risulta che tra i 21 indagati a piede libero figurano, tra gli altri, Maurizio Venafro, già capo di gabinetto del Governatore Nicola Zingaretti e Marco Visconti, l’ex assessore all’Ambiente della giunta capitolina guidata da Alemanno.

Mafia Capitale, il timore per effetti internazionali delle inchieste

Massimo Franco per il Corriere della Sera

Il tentativo del Pd è di mostrare tolleranza zero verso i corrotti del partito, salvando la giunta di Ignazio Marino e quella regionale di Nicola Zingaretti. La strategia ha un doppio obiettivo.

Il primo è di impedire che i nuovi arresti dell’inchiesta «Mafia capitale» aggravino la frattura tra i partiti di governo e l’opinione pubblica. Il secondo è di mostrare una determinazione che oscuri le polemiche su Vincenzo De Luca in Campania. Il partito di Matteo Renzi è stato bersagliato da opposizioni e avversari interni per avere sostenuto la sua candidatura, nonostante una condanna che lo porterà ad essere sospeso dalla carica.

Massimo Franco, columnist del Corsera
Massimo Franco, columnist del Corsera

Palazzo Chigi appare deciso a difendere a oltranza Marino, per quanto controverso e poco amato: il sindaco come baluardo della legalità contro la «Mafia Capitale» scoperchiata dall’inchiesta del procuratore Giuseppe Pignatone.

Se questa è l’impostazione, qualunque richiesta di dimissioni viene definita come un aiuto alla criminalità. Il sindaco ha indubbiamente dalla sua parte il fatto di essere considerato un nemico «dai poteri criminali che ne auspicavano la caduta», come ricorda il commissario Matteo Orfini.

Si accredita la rottura tra il Pd del passato che «non si era accorto della guerra tra bande», e l’attuale, trasformandolo nella bandiera di una «antimafia capitale». E il premier rafforza la tesi, avvertendo che «chi ha violato le regole deve andare in galera e pagare tutto fino all’ultimo giorno». Tra i Democratici, tuttavia, serpeggia il dubbio che lo spostamento del fronte da Napoli alla capitale sia difficile da tenere. Orfini sostiene che il partito romano si sarebbe «rigenerato»: tesi accolta con cautela.

La domanda fatta sotto voce è che accadrebbe se nelle prossime settimane dovessero arrivare altri arresti, e il cerchio si stringesse ancora di più intorno alla giunta Marino e alla Regione Lazio guidata da Nicola Zingaretti, associato come garanzia di un nuovo corso virtuoso. L’idea che la magistratura abbia tolto «un ascesso» criminale è suggestiva, ma forse un po’ riduttiva. Non sembra tenere conto della pervasività della corruzione; delle sue ramificazioni e della sua profondità.

Per questo, non si esclude a priori la possibilità che il Comune sia sciolto dal prefetto e commissariato: sebbene tutti sappiano che si tratterebbe di una scelta politica traumatica, decisa a Palazzo Chigi. L’insistenza con la quale Lega, FI e soprattutto Movimento 5 stelle chiedono le dimissioni di Marino, punta probabilmente a impedirle. Verrebbero viste infatti come un cedimento o come un’ammissione di responsabilità. Ma esiste anche una preoccupazione più generale: sciogliere il Comune di Roma nell’anno del Giubileo sfregerebbe l’immagine internazionale dell’Italia. L’ennesimo attacco del Papa alla corruzione è un monito pesante.

Mafia Capitale, la Lupa di Roma da mungere come una mucca

 Il Campidoglio sede del consiglio comunale di Roma CapitaleSi arricchiscono di nuovi particolari le intercettazioni del secondo filone (o del prosieguo) dell’inchiesta “Mondo di Mezzo” condotta dalla procura di Roma che ieri ha decapitato pezzi da novanta della politica romana e laziale. A comandare i giochi erano sempre loro, i presunti boss di Mafia Capitale Salvatore Buzzi e Massimo Carminati già in carcere dal 2 dicembre scorso quando è scattata la prima mega operazione culminata con 37 arresti.

L’inchiesta di Pignatone ha fatto emergere come “l’associazione a delinquere che utilizzava il metodo mafioso a fini corruttivi” aveva in pugno il Campidoglio e non solo con consiglieri corrotti messi al libro paga dei soci di maggioranza della cricca che operava a cavallo di due giunte comunali, quella Alemanno e  quella attuale di Marino con riflessi al consiglio regionale del Lazio dove pure c’erano referenti come, fra gli altri, Luca Gramazio, ex capogruppo Pdl (poi Fi) sia al comune che nell’assemblea regionale.

Secondo i pm, l’associazione era molto interessata al business degli immigrati e alla gestione dei centri d’accoglienza. “La mucca per essere munta deve mangiare”, è la metafora usata dal presunto architetto dell’associazione Salvatore Buzzi che insieme all’ex nar Massimo Carminati, aveva messo in piedi una macchina trasversale per tanti quattrini all’ombra della Lupa di Roma.

In una telefonata del 15 ottobre 2014 – un mese e mezzo prima degli arresti del 2 dicembre – il manager delle cooperative parlava con Franco Figurelli, all’epoca appartenente alla segreteria del presidente del consiglio comunale Mirko Coratti, e prendendo spunto dalla richiesta di assunzione per una ragazza avanzata da Figurelli, rendeva chiara la sua filosofia.
Buzzi: “Ahò ma, scusa ma lo sai… la sai la metafora?
Figurelli: “Eh…”.
Buzzi: “La mucca deve mangiare”.
Figurelli: “Ahò, questa metafora io glielo dico sempre al mio amico, mi dice: ‘non mi rompere, perché se questa è la metafora lui ha già, già fatto, quindi non mi rompere’…”.
Buzzi: “Ma… fai fa… fagli un elenco…
Figurelli: “Salvatò…”
Buzzi: “Fagli un elenco della mangiatoia, digli, oh” (ridono)
Figurelli: “Salvatò, te voglio be… già me rompe… dice: ‘E’ possibile che Salvatore a noi ce risponde così?’, ho detto: ‘Ahò, che te devo di’, gli ho detto, ‘questa è la metafora che me dà il cammello e della cosa… quindi che te devo fà?’” (…)
Buzzi: “Sì, ma io investo su di te, lo sai che investo su di te”.
Figurelli: “Eh, meno male” (…)
Buzzi: “Ahò, però diglielo: ‘guarda che ha detto Buzzi che qui la mucca l’avemo munta tanto… (sovrapposizione di voci)”.

Vilipendio, chi critica il capo dello Stato non andrà in carcere

Francesco Storace, condannato a 6 mesi di carcere per vilipendio a Napolitano
Francesco Storace, condannato a 6 mesi di carcere per vilipendio a Napolitano

Un reato che viene da lontano quello del vilipendio al capo dello Stato. Un reato d’opinione che prevede ancora fino a 5 anni di carcere per ogni critica espressa contro il garante della Costituzione, ossia il presidente della Repubblica. Ma con il voto di giovedi al Senato forse cambia qualcosa, “in meglio” dice chi sta apportando le modifiche in parlamento.

Stiamo parlando dell’articolo 278 del codice penale che prevede le sbarre per chiunque offende l’onore e il prestigio del capo dello Stato. Qualcuno voleva abrogarlo perché limita la libertà di espressione e di opinione e la Costituzione vieta espressamente qualsiasi limitazione, ma con le modifiche si passa dalla pena del carcere a una sanzione pecuniaria. “Un piccolo passo avanti”, commenta qualcuno in Senato.

Il Ddl di modifica l’articolo 278 del codice penale è stato approvato a palazzo Madama con 195 sì, 3 astenuti e 21 no. Il provvedimento ora passa all’esame della Camera che dovrà dare il via definitiva dopo eventuali emendamenti al testo.

In sostanza, il capo dello Stato potrà essere criticato senza rischiare il carcere fino a 5 anni. Con le nuove norme approvate dal Senato sono previste infatti multe da 5.000 a 20.000 euro e, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la reclusione fino a due anni. L’articolo 278 del codice penale che prevedeva la detenzione da uno a cinque anni è stato modificato e il carcere è stato tramutato in una sanzione pecuniaria. Ad incassare l’ok di palazzo Madama il testo uscito dalla commissione Giustizia, senza alcuna modifica.

Non è stato un via libera condiviso da tutti: Lega e Sel si sono dichiarati contrari. Erika Stefani (Ln) e Peppe De Cristofaro (SEL-Misto) hanno in sostanza sottolineato come la “modifica di una norma del codice penale risalente all’epoca fascista rappresenti un compromesso al ribasso, mantenendo un reato di opinione che appare incompatibile con la tutela costituzionale della libera manifestazione del pensiero e del diritto alla critica politica”.

Anche Lucio Barani (Gal), Lello Ciampolillo (M5s) e Maurizio Gasparri (FI), annunciando il loro voto favorevole, hanno precisato che avrebbero preferito l’abrogazione del reato. Hanno invece sostenuto il testo, annunciando il voto favorevole, i senatori Carlo Giovanardi (Ap) e Giuseppe Lumia (Pd).

Il reato d’opinione e di critica resterà per chiunque oserà contraddire il capo dello Stato. Vi sono diverse correnti di pensiero sul Vilipendio. Certo, l’insulto e l”ingiuria sono una cosa, reati per cui già tutti i cittadini rischiano il processo se denunciati dalla parte offesa, ma la critica politica è ben altra cosa se rapportata al principio costituzionale che garantisce la libertà di pensiero e di espressione. Ne sanno qualcosa Bossi, Grillo, Pannella e molti altri che criticando il capo dello Stato hanno rischiato di essere incriminati per una norma di epoca fascista. Il leader della Destra, Francesco Storace è stato invece condannato a sei mesi di carcere (pena sospesa) per aver definito “indegno” l’allora presidente Napolitano.

Mafia Capitale, tutti contro Ignazio Marino: "Sei una vergogna". Renzi: "Chi sbaglia paga tutto"

Luca Gramazio durante l'arresto
Luca Gramazio durante l’arresto

Numerose le reazioni politiche dopo la seconda ondata dello tzunami di Mafia Capitale. Nel mirino delle opposizioni il sindaco di Roma Ignazio Marino e  il governo presieduto da Matteo Renzi che ha però subito affermato che chi ha responsabilità deve assumersele fino in fondo.

RENZI: “CHI HA SBAGLIATO PAGHI”
“Chi ha violato le regole del gioco – afferma il premier Matteo Renzi – è giusto che paghi tutto e fino all’ultimo centesimo e all’ultimo giorno. Un paese solido è quello che combatte la corruzione con grande decisione e grande forza, mandando chi ruba in galera. Naturalmente nel rispetto della presunzione di innocenza”.

MATTEO SALVINI (LEGA) ATTACCA SINDACO E GOVERNO
Il leader della Lega Matteo Salvini attacca non solo il sindaco di Roma Ignazio Marino ma ancheil governo Renzi: “Marino – afferma – deve dimettersi subito, tornando al voto al più presto, ma il governo dovrebbe rispondere. C’è un’interrogazione parlamentare della Lega del dicembre scorso sul centro immigrati di Mineo e adesso emergono porcherie proprio su quel centro. Marino a casa e il governo risponda in Aula”. “Se si torna alle elezioni NoiConSalvini ci sarà certamente per le elezioni al Comune di Roma. È la gente che ci chiama”.

SMENTITO DALLE FOTO. Salvatore Buzzi con il sindaco Ignazio Marino
Il presunto boss di Mafia Capitale Salvatore Buzzi con il sindaco Ignazio Marino

GIORGIA MELONI (FdI): “MARINO EVITI VERGOGNA ALLA CAPITALE DI EESSERE SCIOLTA PER MAFIA”
Gli fa eco la leader di Fratelli d’Italia – An, Giorgia Meloni che afferma: “Il sindaco Marino abbia la decenza di evitare alla Capitale d’Italia la vergogna di essere commissariata per mafia. Si dimetta e si torni alle urne il prima possibile. Ma non solo: il Parlamento – prosegue Meloni – discuta e voti subito la proposta di legge di Fratelli d’Italia per istituire una commissione d’inchiesta sui rapporti tra coop e politica e fare definitivamente chiarezza. Siamo stati i primi a denunciare lo scandalo del business legato all’accoglienza degli immigrati: un sistema ignobile di potere, nel quale degli schifosi corrotti senza scrupoli si arricchiscono sulle spalle dei disperati con i soldi degli italiani”.

SCILIPOTI, (FI): “MARINO PEGGIOR SINDACO”
Anche Forza Italia, con il senatore di Forza Italia, Domenico Scilipoti cheide al sindaco un passo indietro: “Ignazio Marino farebbe bene a dimettersi, non solo per i fatti di “Mafia Capitale” ma perché i romani lo ricorderanno come il peggior sindaco della storia repubblicana”.

BEPPE GRILLO (M5S): “MARINO DEVE DIMETTERSI”
E il Movimento Stelle non aspetta e lancia strali prima con Beppe Grillo, che scrive “Marino dimettiti per amore di Roma e rispetto dei cittadini”. Poi con il deputato Alessandro Di Battista, che chiama in causa il presidente del Pd Matteo Orfini, nominato commissario da Renzi dopo la prima retata del 2 dicembre scorso. “La vergogna non basta. Chi ha fatto da palo e non da commissario dovrebbe dimettersi all’istante”.

MARINO: “NON LASCIO, PROCURA STA SVOLGENDO LO STESSO LAVORO NOSTRO”
Igrazio Marino risponde un po’ a tutti e ribadisce il suo no alle dimissioni. “Credo – afferma – che la politica nel passato abbia dato un cattivo esempio ma oggi sia in Campidoglio che in alcune aree come Ostia abbiamo persone perbene che vogliono ridare la qualità di vita e tutti i diritti e la dignità che la Capitale merit”. “La linea amministrativa che abbiamo assunto in questi due anni di governo sta dimostrando che veramente, come avevo promesso in campagna elettorale, stiamo cambiando tutto. Una politica antica – prosegue – non solo nei metodi ma anche nei contenuti, e in alcuni casi gravemente colpevole è stata allontanata da me”. Il sindaco conclude affermando di essere “estremamente orgoglioso e felice del lavoro del procuratore Pignatone che, dal suo punto di vista e per la sua area di lavoro, sta svolgendo lo stesso tipo di compito che noi stiamo facendo dal punto di vista amministrativo”.

IL BLITZ DEL ROS
Il blitz si stamane del Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri (Ros) è scattato all’alba nelle province di Roma, Rieti, Frosinone, L’Aquila, Catania ed Enna. Nell’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip Flavia Costantini su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Roma coordinata da Giuseppe Pignatone, vengono ipotizzati a vario titolo i reati di associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori ed altro. Contestualmente agli arresti, sono state eseguite perquisizioni a carico di altre 21 persone indagate per gli stessi reati.

I provvedimenti riguardano gli sviluppi delle indagini condotte dal Ros nei confronti di “Mafia Capitale”, il presunto gruppo mafioso riconducibile a Massimo Carminati, ora in carcere. I 44 arresti di oggi scaturiscono dalla prosecuzione delle indagini avviate nel 2012 dal Ros e dalla procura di Roma che il 2 dicembre scorso avevano consentito di disarticolare l’organizzazione mafiosa capeggiata da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi.

In quella occasione vennero arrestate 37 persone accusate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio ed altri reati, con l’aggravante delle modalità mafiose e per essere l’associazione armata.

Secondo gli investigatori, gli accertamenti successivi a quella tornata di arresti hanno confermato “l’esistenza di una struttura mafiosa operante nella Capitale, cerniera tra ambiti criminali ed esponenti degli ambienti politici, amministrativi ed imprenditoriali locali”.

In particolare le indagini hanno documentato quello che gli inquirenti definiscono un “ramificato sistema corruttivo finalizzato a favorire un cartello d’imprese, non solo riconducibili al sodalizio, interessato alla gestione dei centri di accoglienza e ai consistenti finanziamenti pubblici connessi ai flussi migratori”.

Di seguito le persone arrestate

CARCERE
1 BOLLA Claudio
2 BUZZI Salvatore
3 CALDARELLI Claudio
4 CAPRARI Massimo
5 CARMINATI Massimo
6 CERRITO Nadia
7 CORATTI Mirko
8 DI NINNO Paolo
9 ESPOSITO Antonio
10 FERRARA Francesco
11 FIGURELLI Franco
12 GAMMUTO Emilio
13 GRAMAZIO Luca
14 GUARANY Carlo Maria
15 NACAMULLI Michele
16 OZZIMO Daniele
17 PEDETTI Pierpaolo
18 SCOZZAFAVA Angelo
19 TESTA Fabrizio Franco
DOMICILIARI
20 ADDEO Gerardo
21 ADDEO Tommaso
22 ALTAMURA Gaetano
23 BRAVO Stefano
24 BRUERA Marco
25 BUGITTI Emanela
26 CAMMISSA Domenico
27 CHIARAVALLE Pierina
28 COLA Mario
29 COLTELLACCI Sandro
30 DEI GIUDICI Santino
31 GARRONE Alessandra
32 MAGRINI Guido
33 MENOLASCINA Salvatore
34 MONGE Mario
35 MARINELLI Angelo
36 PAONE Brigidina
37 PARABITA Carmelo
38 PULCINI Daniele
39 SOLVI Paolo
40 STEFONI Fabio
41 TASSONE Andrea
42 TREDICINE Giordano
43 VENDITTI Stefano
44 ZUCCOLO Tiziano

Mafia Capitale, i favori alla coop "La Cascina" e i soldi a Odevaine

La sede della cooperativa "La Cascina" perquisita nell'ambito dell'inchiesta "Mondo di Mezzo" Mafia Capitale
La sede della cooperativa “La Cascina” perquisita dal Ros nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale (Ansa/Percossi)

Perquisizione alla coop “La Cascina”. Nel corso dell’operazione odierna che ha portato in carcere 44 persone nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale 2, è stata perquisita anche la sede della cooperativa “La Cascina”, ritenuta vicina al mondo cattolico, che gestisce il Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo in Sicilia (Cara).

PERQUISITO CENTRO PER ACCOGLIENZA RIFUGIATI: “CORRUZIONE PLURIMA E TURBATIVA D’ASTA” 
La perquisizione rientra nel quadro degli accertamenti sulla gestione degli appalti per i rifugiati. I manager della cooperativa “La Cascina”, secondo i pm erano “partecipi degli accordi corruttivi con Luca Odevaine” e hanno commesso presunti “plurimi episodi di corruzione e turbativa d’asta” dal 2011 al 2014, mostrando così una “spiccata attitudine a delinquere” per ottenere vantaggi economici. E’ questa l’accusa che il gip Flavia Costantini rivolge a Domenico Cammissa, Salvatore Menolascina, Carmelo Parabita e Francesco Ferrara, tutti manager della cooperativa siciliana.

Luca Odevaine e i presunti favori alla coop La Cascina
Luca Odevaine

PER ODEVAINE FINO A “20MILA EURO SE SI AGGIUDICAVANO GARA”
Per Ferrara è stato disposto il carcere, mentre nei confronti degli altri tre sono scattati i domiciliari. Secondo il gip, Odevaine, ex vicecapo di gabinetto con Veltroni sindaco, avrebbe ricevuto dai quattro “la promessa di una retribuzione di 10.000 euro mensili, aumentata a euro 20.000 mensili dopo l’aggiudicazione del bando di gara del 7 aprile 2014, per la vendita della sua funzione e per il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio in violazione dei doveri d’imparzialità della pubblica amministrazione”.

L’EX FUNZIONARIO DI ROMA “ORIENTAVA I FLUSSI VERSO LA CASCINA”
Nello specifico, Odevaine avrebbe tra l’altro orientato le scelte del Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, in modo da creare le condizioni per l’assegnazione dei flussi di immigrati alle strutture gestite dal gruppo La Cascina. Odevaine avrebbe inoltre fatto pressioni finalizzate a far aprire i centri per immigrati in luoghi graditi alla cooperativa e concordato con i manager il contenuto degli stessi bandi di gara, che venivano poi predisposti in modo da garantire l’attribuzione di un punteggio elevato alla stessa coop “La Cascina”.

Il gip nell’operazione di giovedi ha respinto la nuova ordinanza di custodia cautelare per Luca Odevaine, già in carcere a Torino da dicembre, cioè da quando è scattata la prima operazione Mafia Capitale

Quando Buzzi disse: "Migranti fruttano più della droga". Il gip: tangenti per Gramazio

Dall’alto in senso orario Giordano Tredicine, Daniele Ozzimo, Luca Gramazio e Mirko Coratti  - Nuovo arresto per Buzzi
Dall’alto in senso orario Giordano Tredicine, Daniele Ozzimo, Luca Gramazio e Mirko Coratti (Ansa)

“Il business dell’immigrazione frutta più della droga”. Salvatore Buzzi, arrestato insieme ad altre 37 persone il 2 dicembre scorso in una maxi retata della procura di Roma per corruzione e affari con i clan, non immaginava di essere intercettato dal Ros dei Carabinieri. Una delle frasi più “inquietanti”, tra quelle che ha fatto scattare la madre di tutte le inchieste su “Mafia Capitale”.

A distanza di qualche mese quella frase e tutta una serie di comportamenti ha dato ai magistrati, coordinati da Giuseppe Pignatone, la chiave per indagare a fondo in una storia fatta di corruzione e “favoreggiamento” dell’immigrazione attraverso un sistema collaudato dove a specularci sopra era una presunta associazione a delinquere che proprio sull’immigrazione aveva messo su una macchina per fare soldi, tanti soldi. Dopo appena sei mesi, gli inquirenti hanno dato seguito alla saga Buzzi-Carminati con un blitz che ha portato in carcere altre 44 persone, tra cui politici di spicco.

IN CELLA POLITICI E CONSIGLIERI COMUNALI
In manette l’ex presidente del Consiglio comunale di Roma, Mirko Coratti (Pd), e Luca Gramazio, ex capogruppo Pdl-FI prima al comune di Roma poi al Consiglio regionale del Lazio. In manette anche l’ex assessore alla Casa del Campidoglio, Daniele Ozzimo e Angelo Scozzafava, ex assessore comunale a Roma alle Politiche Sociali. I Ros hanno arrestarto anche i consiglieri comunali Giordano Tredicine, Massimo Caprari e l’ex presidente del X Municipio (Ostia), Andrea Tassone. I provvedimenti hanno riguardato anche alti dirigenti della Regione Lazio come Daniele Magrini nella veste di responsabile del dipartimento Politiche Sociali. Arrestati anche Mario Cola, dipendente del dipartimento Patrimonio del Campidoglio e Franco Figurelli che lavorava presso la segreteria di Mirko Coratti. Infine posto ai domiciliari il costruttore Daniele Pulcini.

NUOVO ARRESTO PER BUZZI. GIP NON CONVALIDA QUELLO PER ODEVAINE (ENTRAMBI GIA’ IN CARCERE)
Tra i destinatari del provvedimento di custodia cautelare figura ancora Salvatore Buzzi, presidente della “Cooperativa 29 giugno”, detenuto a Nuoro dallo scorso dicembre in quanto ritenuto uno dei capi dell’associazione di stampo mafioso assieme all’ex Nar, Massimo Carminati. Il gip Flavia Costantini ha invece bocciato la richiesta della procura di arrestare Luca Odevaine (già in carcere a Torino da sei mesi) e Giovanni Fiscon, ex dg di Ama, attualmente agli arresti domiciliari a Roma.

“UN SISTEMA CORRUTTIVO PER METTERE LE MANI SU CENTRI ACCOGLIENZA MIGRANTI”
Una “diffusa attività di condizionamento” attuata dalla presunta associazione mafiosa: tutto ciò grazie alla “rete di rapporti e al ramificato sistema tangentizio intessuti dal gruppo mafioso” con il coinvolgimento di “pubblici amministratori e pubblici ufficiali”. Le indagini del Ros hanno documentato, tra l’altro, “un ramificato sistema corruttivo per favorire un cartello di imprese, non solo riconducibili al sodalizio, interessato alla gestione dei centri di accoglienza e ai consistenti finanziamenti pubblici connessi ai flussi migratori”. Nella capitale, dicono gli investigatori del Ros impegnati nell’operazione, “c’era una struttura mafiosa, cerniera tra ambiti criminali ed esponenti degli ambienti politici, amministrativi ed imprenditoriali locali”.

GRAMAZIO, IL RUOLO DI COLLEGAMENTO E LE TANGENTI
“Luca Gramazio – spiega il gip Flavia Costantini nell’ordinanza di custodia cautelare per il consigliere regionale di Forza Italia – svolge un ruolo di collegamento tra l’organizzazione da un lato e la politica e le istituzioni dall’altro, ponendo al servizio della stessa il suo “munus publicum” e il suo ruolo politico”, secondo il magistrato Gramazio “può ricondursi al capitale istituzionale di Mafia Capitale: quel sistema di relazioni con uomini politici, apparati burocratici, soggetti appartenenti a vario titolo alle istituzioni, che costituiscono il contatto privilegiato dell’organizzazione con il mondo di sopra”.

L’esponente di Fi rappresenta “un collegamento che, sul piano politico, si traduce nella costruzione del consenso necessario ad assecondare gli affari del sodalizio; sul piano istituzionale, in materia di iniziative formali e informali intese per un verso a collocare nei plessi – sensibili per l’organizzazione – dell’amministrazione pubblica soggetti graditi, per altro verso nell’orientare risorse pubbliche in settori nei quali il sodalizio, in ragione del capitale istituzionale di cui dispone, ha maggiori possibilità di illecito arricchimento”. Per il gip, elabora “insieme ai vertici dell’organizzazione le strategie di penetrazione della pubblica amministrazione”. Non solo: L’esponente politico per favorire il gruppo di Carminati avrebbe ottenuto mazzette per oltre 100mila euro: 98 mila in contanti in tre tranche e 15mila euro con un bonifico”.

LE REAZIONI

Marino, dimissioni? Andiamo avanti
“Dimissioni? Continuiamo in questo modo. Stiamo cambiando tutto”, ha risposto il sindaco di Roma Ignazio Marino a chi gli chiede se avesse pensato di dimettersi dopo la nuova ondata di arresti per l’inchiesta su Mafia Capitale. “Credo che – ha aggiunto Marino – la politica nel passato abbia dato un cattivo esempio ma oggi sia in Campidoglio che in alcune aree come Ostia abbiamo persone perbene che vogliono ridare la qualità di vita e tutti i diritti e la dignità che la Capitale merita”.

Salvini: ‘Ecco chi guadagna, stop sbarchi e appalti’
“Mafia Capitale, altri 44 arresti per il business degli immigrati. Fermare subito le partenze e gli sbarchi, bloccare subito tutti gli appalti! Altro che buoni, accoglienti e solidali… sono ladri! Renzi e Alfano spargono clandestini negli alberghi di mezza Italia, capito chi ci guadagna?”. Così su Fb il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini.

Mafia Capitale, blitz dei Ros. 44 arresti per l'affaire migranti

Un frame tratto da un video delle intercettazioni dei Ros dell'operazione del 2 dicembre scorso
Un frame tratto da un video delle intercettazioni dei Ros dell’operazione del 2 dicembre scorso (Ansa/Ros)

Secondo capitolo dell’inchiesta “Mondo di Mezzo” della procura di Roma e dei carabinieri del Ros: 44 gli arresti in corso di esecuzione in Sicilia, Lazio e Abruzzo per associazione per delinquere ed altri reati. Ventuno gli indagati a piede libero. Sullo sfondo il business legato ai flussi migratori e alla gestione dei campi di accoglienza per migranti.

Il blitz dei Ros è scattato all’alba nelle province di Roma, Rieti, Frosinone, L’Aquila, Catania ed Enna. Nell’ordinanza di custodia cautelare, emessa su richiesta della procura distrettuale antimafia di Roma, vengono ipotizzati a vario titolo i reati di associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori ed altro. Contestualmente agli arresti, sono in corso perquisizioni a carico di altre 21 persone indagate per gli stessi reati.

I provvedimenti riguardano gli sviluppi delle indagini condotte dal Ros nei confronti di “Mafia Capitale”, il presunto gruppo mafioso riconducibile a Massimo Carminati, ora in carcere, operazione che portò in cella anche Salvatore Buzzi, presunto faccendiere delle coop. Sullo sfondo il business legato ai flussi migratori e alla gestione dei campi di accoglienza per migranti. 

Secondo gli investigatori, gli accertamenti successivi a quella tornata di arresti hanno confermato “l’esistenza di una struttura mafiosa operante nella Capitale, cerniera tra ambiti criminali ed esponenti degli ambienti politici, amministrativi ed imprenditoriali locali”. Leggi le intercettazioni del blitz dei Ros fatto a dicembre

In particolare le indagini hanno documentato quello che gli inquirenti definiscono un “ramificato sistema corruttivo finalizzato a favorire un cartello d’imprese, non solo riconducibili al sodalizio, interessato alla gestione dei centri di accoglienza e ai consistenti finanziamenti pubblici connessi ai flussi migratori”.

Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone quando il 2 dicembre diede il via al primo filone d’inchiesta “Mafia Capitale” lo disse a chiare lettere: “L’inchiesta prosegue, presto ci saranno altri arresti”. La Cassazione qualche mese fa aveva dato il via libera al “prosieguo delle indagini”. Scatta cosi la seconda puntata di “Mondo di mezzo”, un articolato sistema che ha fatto del business migranti una macchina per soldi, ben collaudata. Lo stesso Salvatore Buzzi, socio in affari con Massimo Carminati, disse che il il business sull’immigrazione fruttava più della droga.

GUARDA IL CLAMOROSO ARRESTO DI MASSIMO CARMINATI

Dopo lo scandalo che ha coinvolto l’ex capo di gabinetto di Veltroni, Luca Odavaine, adesso tra i politici coinvolti è finito anche Luca Gramazio, capogruppo del Pdl (poi Forza Italia) presso il Consiglio regionale del Lazio. Gramazio è stato arrestato all’alba con l’accusa di associazione mafiosa. L’esponente politico si era dimesso lo scorso dicembre da capogruppo di Forza Italia al consiglio regionale del Lazio quando risultò indagato nell’inchiesta madre condotta dalla procura di Roma.

ALTRI ARRESTI ECCELLENTI
Oltre a Gramazio tra gli arrestati ci sono anche l’ex presidente del Consiglio comunale di Roma, Mirko Coratti. In manette anche l’ex assessore alla Casa del Campidoglio, Daniele OzzimoAngelo Scozzafava, ex assessore comunale a Roma alle Politiche Sociali. I Ros hanno arrestato anche i consiglieri comunali Giordano Tredicine, Massimo Caprari e l’ex presidente del X Municipio (Ostia), Andrea Tassone. I provvedimenti hanno riguardato anche alti dirigenti della Regione Lazio come Daniele Magrini nella veste di responsabile del dipartimento Politiche Sociali. Arrestati anche Mario Cola, dipendente del dipartimento Patrimonio del Campidoglio e Franco Figurelli che lavorava presso la segreteria di Mirko Coratti. Infine posto ai domiciliari il costruttore Daniele Pulcini.

Tra i reati contestati ai 44 arrestati l’associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori e altri reati. Le misure cautelari sono state sollecitate al gip dalla Direzione distrettuale antimafia della procura di Roma. Perquisizioni sono in corso a carico di altre 21 indagati per gli stessi reati. In tarda mattinata la consueta conferenza stampa in cui i magistrati spiegheranno i dettagli della seconda mega operazione di Mafia Capitale.

Incidente in Pennsylvania (Usa), Tir contro Bus di italiani: 3 morti e 8 feriti

Authorities investigate the scene of a fatal collision between a tractor-trailer and a tour bus on Interstate 380 near Mount Pocono, Pa. Wednesday, June 3, 2015. Multiple people were killed more than a dozen were sent to hospitals. (ANSA/AP Photo/David Kidwell)
Il luogo dell’incidente in Pennsylvania visto dall’elicottero (Ansa/Ap)Tir

Bruttissimo Incidente in Pennsylvania. E’ di 3 morti e una decina di feriti, alcuni gravi, il bilancio di un incidente stradale dove un tir si è scontrato con un bus che trasportava turisti italiani.

L’incidente in Pennsylvania (Usa), è avvenuto poco dopo le 10 di questa mattina (ora locale), a 120 chilometri da New York, sulla Interstate 380. Sconosciuta la causa dello scontro tra i due grossi veicoli.

Secondo le prime informazioni, a bordo dell’autobus c’erano 14 passeggeri italiani, più la guida e l’autista (che è deceduto). E’ quanto si apprende da Alpitour, che ha organizzato il tour attraverso la controllata Viaggidea. Otto feriti sono stati portati in tre diversi ospedali della zona. Sullo stato di salute degli italiani feriti – precisano le fonti di Alpitour – non ci sono ancora indicazioni precise. Non si conosce al momento l’identità e la provenienza delle vittime.

Un referente del tour operator è al lavoro a New York per coordinare l’assistenza, come sta facendo la centrale operativa in Italia. Non ci sono ancora indicazioni certe neanche sulla provenienza dei turisti coinvolti, che sarebbero partiti con un volo di linea da Milano direzione New York.

Molti dei feriti sono stati trasporti in ospedale “privi di conoscenza” e due di questi sarebbero in condizioni critiche. Anche la Farnesina conferma che le autorità di polizia statale Usa hanno informato del decesso di tre persone, delle quali non hanno ancora fornito l’identità.

Il consolato italiano a Philadelphia si è subito attivato ed è in costante contatto con le autorità di Polizia e con i connazionali coinvolti, ed è impegnato a fornire l’assistenza necessaria, si apprende ancora al ministero degli Esteri.

Dalle immagini si vede il bus ancora in piedi e nella direzione di marcia, ma con la parte frontale completamente distrutta. Davanti un rimorchio che sembrerebbe avergli tagliato improvvisamente la strada. I testimoni raccontano di urla e grida provenire dal bus subito l’incidente. I soccorsi sarebbero arrivati tempestivamente.

Secondo quanto riferisce un’affiliata locale della Nbc news, in un aeroporto regionale vicino al luogo dell’incidente, Mount Pocono Regional Airport, le normali operazioni di volo sono state sospese, per permettere eventuali arrivi e partenze di aerei per il trasporto di feriti. La strada dove è avvenuto lo scontro, la Interstate 380, è stata inizialmente chiusa in entrambe le direzioni e solo da poco e’ stata parzialmente riaperta in direzione sud.

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